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end Periodico bimestrale - Roma n.5/2001 - Reg. n.3330 del Trib. di Torino il 4/10/1983 - Sped. in Abb. Post. Art. 2 Comma 20/c Legge 662/96 - Roma n. 5/2001 Taxe Percue novembre dicembre 2001 Periodico bimestrale end 116 116 lettera lettera O Dio, Ci hai creato con il soffio dello Spirito; Ci hai riscattati con il soffio dello Spirito; Ci santifichi nella tua Santa Chiesa con il soffio dello Spirito. Affinché noi siamo gli uomini di questo soffio, Affinché la nostra carne, il nostro sangue, Affinché la nostra vita, le nostre attività, le nostre sofferenze, Non siano che un’ispirazione costante del soffio dello Spirito Santo, Non per noi, no, ma per la salute del mondo. Noi siamo chiamati a rimanere pigramente in Te, a nasconderci in Te, Siamo chiamati a essere nel tuo amore. Per spingerci al di fuori, per disperderci al vento, Per gettarci con raffiche di vento ai quattro angoli del mondo, O Signore, occorre che Tu venga con tutta la Tua impetuosità, O Signore, occorre che tu venga con tutta la Tua forza, O Signore, occorre che tu venga con tutta la Tua potenza, O Signore, fa venire su di noi la Pentecoste! E’ per questo, Signore, che noi ti ringraziamo, Se incominciamo a sentire il Tuo Spirito, Che urla e agisce, che vuole forzarci, che vuole spingerci, E che con foga ci vuole portare via! Signore, anche se l’angoscia ci brucia, Anche se la viltà si fa assillante, noi ti supplichiamo, Non ascoltare la nostra angoscia, non ascoltare la nostra stanchezza, Prendici interamente, prendici carne e sangue, Prendici corpo e anima, prendici cuore e spirito! Prendici interamente nel tuo sacro turbine, Affinché ci sia permesso di soffiare, di spandere e di accendere Il tuo Santo Amore Erick Przywara Contiene Scheda Sessione Primaverile

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O Dio,Ci hai creato con il soffio dello Spirito;Ci hai riscattati con il soffio dello Spirito;Ci santifichi nella tua Santa Chiesa con il soffio dello Spirito.

Affinché noi siamo gli uomini di questo soffio,Affinché la nostra carne, il nostro sangue,Affinché la nostra vita, le nostre attività, le nostre sofferenze,Non siano che un’ispirazione costante del soffio dello Spirito Santo,Non per noi, no, ma per la salute del mondo.Noi siamo chiamati a rimanere pigramente in Te, a nasconderci in Te,Siamo chiamati a essere nel tuo amore.

Per spingerci al di fuori, per disperderci al vento,Per gettarci con raffiche di vento ai quattro angoli del mondo,O Signore, occorre che Tu venga con tutta la Tua impetuosità,O Signore, occorre che tu venga con tutta la Tua forza,O Signore, occorre che tu venga con tutta la Tua potenza,O Signore, fa venire su di noi la Pentecoste!

E’ per questo, Signore, che noi ti ringraziamo,Se incominciamo a sentire il Tuo Spirito,Che urla e agisce, che vuole forzarci, che vuole spingerci,E che con foga ci vuole portare via!

Signore, anche se l’angoscia ci brucia,Anche se la viltà si fa assillante, noi ti supplichiamo,Non ascoltare la nostra angoscia,non ascoltare la nostra stanchezza,Prendici interamente, prendici carne e sangue,Prendici corpo e anima, prendici cuore e spirito!Prendici interamente nel tuo sacro turbine,Affinché ci sia permesso di soffiare, di spandere e di accendereIl tuo Santo Amore

Erick Przywara

Contiene Scheda

Sessione Primaverile

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INDICE

Note di redazione . . . . . . . . . . . . . pag. 3

Corrispondenza ERICristiani: rivisitate i sacramentidel battesimo e della cresima . . . . . . . . . . . . . pag. 6Battezzati e cresimati al centro del mondo. . . pag. 9

Notizie internazionaliCollege Internazionale delleEquipe Notre Dame a Houston. . . . . . . . . . . . pag. 11

EditorialeDue appuntamenti importanti . . . . . . . . . . . . pag. 13

Formazione permanenteBeati i perseguitati... beati gli afflitti . . . . . . . pag. 16L’unica consolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 22

Vita di coppia nel quotidianoAbbandonarsi in Lui. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24L’annuncio delle beatitudininella vita di coppia e per il mondo. . . . . . . . . pag. 26

Giorni EndL’incontro di Equipe Italia a Napoli . . . . . . . . pag. 28

Dalle EquipesPensieri sulle beatitudini . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 34

Dagli EquipiersA proposito di Matteo 5,4 . . . . . . . . . . . . . . . pag. 39Dio serve l’uomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 42A confronto con le beatitudini . . . . . . . . . . . . pag. 45Un’esperienza di pilotaggio . . . . . . . . . . . . . . pag. 47Perugia - Assisi: in marcia per la pace . . . . . . pag. 49

CondivisioneBeati gli afflitti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 52

Il nostro tempoLe nostre complicità con l’ingiustizia . . . . . . . pag. 54Terrorismo dell’Impero . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 58

Sestante. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 62

“Beati gli afflitti”

Spedizione Lettera n.115 ottobre 2001Chiusura redazione Lettera n.11615 dicembre 2001

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Non sono gli afflitti che mancanonella nostra epoca, come del resto

sempre nella storia drammatica dell’u-manità; sono presenti tra noi, nono-stante si tenti di spingerli spesso aimargini delle nostre città e della nostrabuona coscienza.

Oggi anche le leggi dei paesi d’occi-dente si ingegnano per tenerli a bada,lontani dal banchetto del benessere odal miraggio dell’opulenza, comunquedalla paura di tanti che avvertono lamiseria vicina come una minaccia allapropria condizione di angosciata difesadelle posizioni acquisite.

Gli afflitti sono qui, avanguardiedi un’immensa moltitudine di poveriche impoveriscono sempre più; chi liconsolerà? E cosa vuol dire chesaranno consolati?

Non possiamo credere che questocompito spetti a Dio, sebbene vi sianodichiarazioni forti in tal senso nella

scrittura “Io, io sono il tuo consolato-re…” (Is 51, 12); noi sappiamo che ilDio della storia entra nella vicendaumana solo attraverso uomini e donneabbandonati in lui, che rendono possi-bile che Egli divenga consolazione perchi sopravvive senza speranza.

Non possiamo attenderci interventimiracolistici, né chiederli nella preghie-ra: in Cristo Gesù il nostro Dio ha affi-dato ai credenti il mondo perchédivenga come lui lo attende, perchévenga il suo Regno.

E’ tempo che i credenti diano lapossibilità a Dio di diventare storia pergli afflitti, è tempo che sorgano uomi-ni e donne così amanti dell’Amore,della Giustizia, della Misericordia, dellaTenerezza, del Perdono, … da nonpoter fare a meno di porre gesti eazioni d’amore, di giustizia, di miseri-cordia, di tenerezza, di perdono …

Il grande mistero dell’Incarnazione

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NOTE DI REDAZIONE

Beati gli afflitti,perché saranno consolati.(Mt 5,4)

“Lettera delle Equipes Notre Dame”Periodico bimestrale della “Associazione Equipes Notre Dame”Corso Cosenza, 39 - 10137 Torino - Tel. e fax 011/52.14.849www.equipes-notre-dame.it

Direttore responsabile: Luigi GrossoRealizzazione grafica: Pubbligraph - RomaDisegni: Enzo CampioniEquipe di redazione: V. e O. Pasquariello, G. e I. Natalini, E. ed E. Campioni;

L. e S.M. Gatti; S. e F. Farroni, don C. MolariStampa: Union Printing - RomaTraduzioni dal francese a cura di: M. BiselliRedazione: V. e O. Pasquariello

Via A. Balabanoff, 82 - 00152 Roma - Tel. 06/40.70.014

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questo è possibile; con lui è possibilediventare uomini e donne capaci diconsolare perché pieni di fede, diamore e speranza, colmi cioè dellaVita di Dio in noi.

Al lora avremo parole nuove,atteggiamenti inediti, capacità ina-spettate, frutti dello Spirito per inostri fratelli che attendono Dio, ilConsolatore, e in noi lo vedrannocarezzarli, sostenerli, lottare per laloro dignità e giustizia.

Le coppie cristiane sanno bene cosasignifica essere afflitti e trovare nell’al-tro accanto chi diviene capace di con-solazione nelle tante tempeste dellavita, sanno bene cosa significa essereraggiunti dalla tenerezza dell’altroquando si vive un periodo di oscurità,di sfiducia in sé e di depressione.

La vita di coppia ha queste oscuritàe anche sappiamo queste grazie, scin-tille di Dio che si accendono in unoper l’altro, momenti di gratuità, squarcidi sereno nel buio di tante paure.

Tutto questo non è intimità soloprivata, è apprendimento di Dio dallemani e dall’abbraccio dell’altro, perchédivenga storia per il mondo, in parti-colare per gli ultimi, per gli afflitti.

Che il Signore di ogni consolazionefaccia di noi dei consolatori.

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NOTE DI REDAZIONE

per il quale Dio entra nella storia soloattraverso modalità e concretezzeumane, come nell’uomo Gesù, chiede anoi di essere accolto.

Solo divenendo sempre più abban-donati alla sua Parola, lasciando quan-to non serve alla Vita, deponendopotere, sopraffazione, avidità del dana-

ro, conflittualità, competizione, ricercadi gratificazione, possiamo fare spazioa Dio in noi, aprirci al bene ed esserepian piano sempre più capaci di con-solazione, essere vicini agli afflittisenza temere di perdere nulla.

Nel discorso delle Beatitudini Gesùannuncia che è venuto il tempo in cui

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NOTE DI REDAZIONE

A tutti i lettori (e scrittori) della Lettera ENDVi ricordiamo che i contributi per la lettera vanno inviati a:

Silvia e Fabrizio FarroniVia Prospero Farinacci, 41 - 00165 Roma

Tel. 06/6620253 - Fax 06/50748181

Silvia e Fabriziosono molto contenti di ricevere gli articoli anche

per posta elettronica all’indirizzo [email protected] direttamente su dischetto con qualunque versione di Word.

Vi segnaliamo il nuovo indirizzo dei Resp. di Equipe Italia:Carlo e Maria Carla Volpini

Via Angelo Ranucci, 5 - 00165 Romatel: 06 63 83 251

Vi ringraziamo e scriveteci numerosi.Vi ricordiamo che la brevità degli articoli consente la pubblicazione

di un maggior numero di contributi.

La pace come giustizia

Una volta nelle nostre chiese, non c’eranulla di più gradito alle orecchie dellagente che sentir parlare di pace, con le ine-sauribili variazioni sul tema e con tutti glisvolazzi calligrafici di cui la sacra eloquen-za era maestra. Sembrava che per scaval-care il confine tra guerra e pace non cifosse bisogno di altro che di un piccolosforzo di buona volontà. Tutto sommato,un discorso d’ordine. Che non procuravafastidi. E che, al massimo, in caso di guerra,bastava agitare lo spettro dei divini casti-ghi su chi l’aveva provocata. Poi le cose sisono complicate quando abbiamo fattoattenzione a quello che anche Isaia ci haricordato: “la pace è frutto della giustizia”.

Da quando la pace ha cominciato apresentarsi in pubblico con le compagnia unpo’ sospetta della giustizia, quello dellapace non solo è diventato il discorso piùdestabilizzante, ma che ha fatto capire tan-tissime cose. Che non ci potrà mai esserepace finché i beni della terra sono cosìingiustamente distribuiti. Che guerra non èsolo il tuono dei cannoni o l’esplosione delleatomiche o materiale chimico, ma la sem-plice esistenza, anche se subita in rassegna-to silenzio, di questo violento sistema eco-nomico. L’assurdo non è che nel mondo cisiano ricchi e poveri, ma che i ricchi diventi-no sempre più ricchi sulla pelle dei poveriche diventano sempre più poveri. Che l’assedella pace o della guerra non passa tantotra l’Est e Ovest, ma tra Nord e Sud; trapopoli ricchi e terzo mondo, sprofondato neidebiti e sull’orlo dell’abisso.

Forse ciascuno di noi con le mille vio-lenze pubbliche e private che consumaogni giorno, è complice e titolare dei foco-lai della guerra.

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egli ha avuto bisogno di appoggiarsi aLui: «Padre, se vuoi, allontana da mequesto calice! Tuttavia non sia fatta lamia, ma la tua volontà! » (Lc 22, 42).Già qualche minuto prima egli avevaprevenuto i suoi discepoli dicendo loro:«Pregate, per non cadere in tentazione»(Lc 22, 41), come se avesse detto loro:« Pregate per essere coerenti e agire inaccordo con ciò in cui credete»

Essere «incorporati nella Chiesa epartecipi della sua missione» è la con-seguenza logica di ciò che è statodetto in precedenza. Non siamo statibattezzati solo per ricevere il donoimpagabile di divenire figli di Dio e difar parte di Cristo e della sua Chiesa.Di più, abbiamo contratto l’obbligo dipartecipare alla sua missione: procla-mare il Vangelo a tutte le nazioni.

E per ciò che riguarda noi coppiedelle END, Papa Giovanni Paolo II ci dicechiaramente di “Rispondere all’appellodella Chiesa per una nuova evangelizza-zione fondata sull’amore umano e sullavita della famiglia. Oggi la Chiesa ha for-temente bisogno di laici sposati ricchi diuna formazione in cui fede e vita si nutri-scano vicendevolmente. Le coppie cristia-ne hanno anche un dovere missionario edil dovere di aiutare le altre coppie, alle

quali si augurano di comunicare la loroesperienza e di manifestare che Cristo èla fonte della vita coniugale.“(Giovanni Paolo II – 50° anniversariodella Carta) - (La Guida delle END.Cap. XI , La Missione; b) Missionenella Chiesa).

Di conseguenza, un cristiano che silimita a «credere» e che si rifiuta di«agire» in maniera coerente non è un cri-stiano a pieno diritto. Allo stesso modo,una coppia delle END che «fa parte» delMovimento, ma che si rifiuta di diventare«membro attivo, ovvero missionario»diviene un membro atrofizzato.

b) Il sacramento della Cresima

Che cosa dice il Catechismo dellaChiesa Cattolica? Cita la LumenGentium, la costituzione conciliaresulla Chiesa: “Attraverso il sacramentodella Cresima, il legame dei battezzaticon la Chiesa è reso più perfetto, essi siarricchiscono con la forza specialedello Spirito Santo e sono così obbligatiin maniera più forte a diffondere edifendere la fede con la parola e conl’azione, veri testimoni del Cristo.”(LG11, Catechismo della ChiesaCattolica. N° 1285).

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CORRISPONDENZA ERI

Cristiani: rivisitatei sacramenti del battesimo

e della cresima

Carissimi amici, in questa occasionevorremmo invitarvi ad una rifles-

sione nello stesso tempo semplice eprofonda, che ci conduca a rivedere ilnostro modo di vivere i sacramenti delBattesimo e della Cresima.

a) il sacramento del Battesimo:

Secondo l’insegnamento dellaChiesa, con il Battesimo siamo statiliberati dal peccato e siamo diventatifigli di Dio e discepoli di Gesù Cristo.Inoltre, siamo stati accolti nella Chiesae resi partecipi della sua missione.

Essere perdonati, r igenerati eincorporati in Cristo, è un dono chepossiamo comprendere solo attraversola fede. Ma la fede è un dono di Dio,

unito alla grazia del Battesimo.Tuttavia la fede non si limita al «cre-dere», quello che non possiamo com-prendere. La fede ci spinge più lonta-no: «credere» e «agire» coerentementecon quello in cui crediamo. E’ questoil problema fondamentale del cristianodi ogni epoca, ed in particolare oggi:la coerenza tra fede e vita.Esattamente quello che ci ha insegna-to Gesù con l’esempio di tutta unavita vissuta in piena coerenza e sigilla-ta con la morte in croce.

Ma Gesù ci ha insegnato qualcosain più: giungere alla piena coerenza trail nostro credo ed il nostro comporta-mento non è possibile senza l’aiutoesplicito di Dio. Nel momento stesso incui Gesù ha offerto al mondo la solen-ne testimonianza di coerenza, accet-tando liberamente la morte in totaleaccordo con la volontà di suo Padre,

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CORRISPONDENZA ERI

Constanza e Alberto AlvaradoERI

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E’ opportuno riflettere tranquillamentesul nostro battesimo e sulla nostra

cresima, in questi tempi segnati da avve-nimenti così dolorosi? Sentiamo in noitutto il dolore che si è abbattuto sugliStati Uniti. In Francia la città di Tolosa haconosciuto un terribile dramma con l’e-splosione di una fabbrica chimica. InMedio Oriente le tensioni non cessano diessere strazianti. Altrove nel mondo sisusseguono i conflitti e le crisi economi-che introducono nuove sofferenze.

A mani nude, forse con il cuoreangosciato, possiamo trovare nel nostrobattesimo un punto d’appoggio? Equando portate i vostri figli al battesi-mo quale prospettiva offrite loro?L’acqua del battesimo purifica. L’acquadel battesimo vivifica.

L’immersione battesimale fa attra-

versare le acque della morte. E non èsolo la comunità che accoglie il bat-tezzato. E’ Cristo stesso che ci apre lastrada. Con lui affrontiamo – dal bat-tesimo e per tutta la nostra vita – ipericoli ed il male sotto tutte le sueforme. Con Lui resuscitato veniamosospinti verso la vita nuova.

Diciamo bene « nostro battesimo »,perché il sacramento d’ingresso nellacomunità cristiana consacra la nostracondizione di figli di Dio e membri delcorpo di Cristo. Per mezzo di Cristo edel suo Spirito noi siamo incorporatinel popolo di Dio, in questo corpounico che è la Chiesa che Gesù haamato al punto di sacrificarsi per essa(cfr Ef 5, 25).

Uniti a lui, siamo uniti a tutti gliuomini che Dio ama, come proclamavail messaggio angelico il giorno dellaNatività (cfr Lc 2, 14).

Questi uomini, vicini o lontani, cre-denti o scettici, fedeli o smarriti, tutti,

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CORRISPONDENZA ERI

Battezzati e cresimatial centro del mondo

Padre François FleischmannC.S. ERI

Il tema è dunque lo Spirito Santo.Giorni fa abbiamo udito la doman-

da ingenua, ma allo stesso tempoprofonda, che un bambino di appenatre anni faceva ai suoi genitori: “Papà,mamma, che cos’è l’aria... ?” Certo, dif-ficile rispondere in maniera semplice echiara. “Figlio mio, quando il vento sof-fia tu lo senti anche se non lo vedi. E’l’aria di cui tutti abbiamo bisogno perrespirare e vivere”.

Subito ci viene in mente la rispostache Gesù diede a Nicodemo per spie-gargli che cos’è lo Spirito: “Non timeravigliare se t’ho detto: dovete rina-scere dall’alto. Il vento soffia dovevuole e ne senti la voce, ma non sai didove viene e dove va: così è di chiun-que è nato dallo Spirito” (Gv 3, 7).

Lo Spirito Santo è allora una realtàcome l’aria, che noi, cristiani attivi,abbiamo bisogno di comprendere, diaccettare e soprattutto di vivere.Altrimenti il nostro cristianesimo nonsarebbe che apparenza e noi resterem-mo sempre come cristiani languidi,senza ossigeno. Pertanto è necessariorendere attivo lo Spirito in noi; ma loSpirito non agisce senza la collabora-zione dell’uomo. Ecco, una volta di

più, l’importanza della preghiera per-sonale e della preghiera coniugale, inquesto caso come coppie cristianedelle END.

Cari amici, il mondo di oggi si trovaalla vigilia di una nuova crisi di civiltàsimile a quella che hanno vissuto iprimi cristiani. Tuttavia questo nondeve costituire motivo di scoraggia-mento ma, al contrario, di ottimismocristiano. Tocca a noi! E’ il momentodi alzarci in piedi! E’ il momento dirivitalizzare i nostri sacramenti delBattesimo e della Cresima e di assume-re con decisione il ruolo che il Signoreci chiede in questo mondo, in quest’o-ra! Uniti nella preghiera vi abbracciamocon tutto il cuore.

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CORRISPONDENZA ERI

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In luglio si è tenuto a Houston, StatiUniti, il Collège Internazionale nel

quale, ogni anno, sono stabiliti gliOrientamenti e le decisioni riguardantiil nostro Movimento.

Il Collège riunisce, insieme ai membridell’Equipe Responsabile Internazionale(ERI), i responsabili di tutte le Super-Regioni del mondo ai quali si sonoaggiunti, per la prima volta, la metà deiresponsabili delle regioni collegate diret-tamente all’Equipe Internazionale.Quest’anno dunque avevamo la fortunadi avere al Collège i responsabilidell’Africa, del Canada e della Siria.

Questo incontro si svolgeva alla lucedell’Orientamento ricevuto a Santiago diCompostella: “Coppia cristiana sposata

nella Chiesa e nel Mondo“. Ogni Super-Regione ha portato il suo contributo allariflessione sui punti che compongonoquesto Orientamento. Nei prossimi mesisarà pubblicato un documento in 4 lin-gue che raggrupperà tutti gli interventi,tra cui quello di padre Fleischmann su“la coppia alla luce del Vaticano II“.

In questo Collège abbiamo anchepotuto migliorare i legami delle équipemondiali stabilendo 4 zone, ciascunadella quali è stata affidata ad una cop-pia dell’ERI. Sono state create 5Equipe satelliti per permettere all’équi-pe responsabile di lavorare più inprofondità sugli argomenti che costi-tuiscono le nostre attuali priorità:- la ricerca sulla coppia ed il sacramen-to del Matrimonio

- la missione nella Chiesa e nel Mondo- la formazione degli équipier- i metodi e la pedagogia del movimento- la comunicazione

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NOTIZIE INTERNAZIONALI

College Internazionaledelle Equipe Notre Dame

a Houston

tutti chiamati a ricevere il dono dellamisericordia divina, ad avanzare versoil cammino della luce eterna.

E’ vero che, una volta battezzati, ciresta una strada da percorrere, le cuitappe possono essere difficili, che ilmondo lascia trasparire più la morte ele divisioni che l’armonia della vita.

Ma rinascere ha un senso, non nesiamo testimoni? Non siamo emozionatiper la testimonianza di Giovanni Paolo II,questo vecchio fragile che va in Ucraina,in Kazakistan o in Armenia a incoraggia-re delle Chiese così a lungo nascoste,ridotte al silenzio o votate al martirio, eche vediamo oggi rivivere generose efeconde dopo una vera resurrezione?

Battezzati, dobbiamo interrogarcisui segni della vita, sui doni della vita,sul peso dell’amore anche nell’ora dellaprova, sul sorriso e la dignità dell’han-dicappato, sulle solidarietà coraggioseche le prove fanno emergere…

Confermati nello Spirito già presen-te in noi dal battesimo, noi siamo for-tificati dal coraggio della speranza,dall’amore fraterno e dall’approfondi-mento della verità ultima dell’uomo;siamo testimoni dei doni ricevuti; rico-nosciamo la capacità di donarci nellavita della coppia, della famiglia, dellaChiesa: noi non siamo preservati dalla

prova; ma possiamo avanzare saldi,aperti agli altri, solidali con i piccoli e ipoveri, grazie alla presenza fedele diCristo Salvatore e dello Spirito di san-tità. Nello Spirito, noi siamo già inmissione a partire dalla nostra casa,Chiesa domestica.

Quando leggerete questo messag-gio, Papa Giovanni Paolo II avrà cele-brato la beatificazione di Luigi e MariaBeltrame Quattrocchi, quasi nostricontemporanei. Marito e moglie, essisono proposti come modelli alla Chiesaper la santità della loro vita, nella con-dizione ordinaria della vita familiare.

Che il loro esempio vi rafforzi nellasperanza, anche nel corso delle traversiepiù dure. Che sia concesso agli sposi bat-tezzati e cresimati di far sbocciare i donidel battesimo e della cresima condivisicon il sacramento dell’Alleanza, per un’a-zione di grazie, per propagare la speran-za, per irradiare in seno alla comunitàumana lo splendore e la fedeltà di Diomanifestata in Gesù Cristo!

Uniamoci alla preghiera della Chiesa:che lo Spirito Santo, che è Signore e dàla vita, santifichi la nostra offerta di per-sone per unirci sempre meglio al Cristosacrificato per la moltitudine, e che loSpirito Santo ci accordi di essere uncorpo solo ed un’anima sola in Cristo!

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CORRISPONDENZA ERI

Gérard e Marie Christine de RobertyResponsabili dell’Equipe Internazionale

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Al centro dell’anno di équipe trovia-mo due appuntamenti significativi

che segnano il cammino del nostroMovimento: il primo Incontro Nazionaledei Consiglieri Spirituali (4/5 marzo) e laSessione Nazionale (24/28 aprile prima-verile 28 agosto / 1 settembre estiva).

Padre Angelo Epis, C.S. di EquipeItalia e Carlo e Maria Carla Volpini,responsabili Super Regionali, ne pre-sentano il significato e gli obiettivi.

Consigliere spirituale nelle End:un carisma per la Chiesa.

Il percorso di questi anni alla risco-perta dell’appartenenza e dei servizinelle END, ha permesso agli équipiers

di fare l’esperienza di mini sessioni conuna positiva ricaduta sulla vita dellecoppie. La presenza del Consigliere spi-rituale non può, a sua volta essere tra-scurata. Da un lato la difficoltà di tro-vare presbiteri disponibili a vivere que-sto cammino, dall’altro lo stile che iconsiglieri spirituali assumono nelleéquipes pongono una serie di interro-gativi e di riflessioni che vanno messiin comune per cercare le strade piùadatte nella fedeltà a questo donodello Spirito fatto alla Chiesa.

Il movimento End, pur qualifican-dosi come itinerario di spiritualitàconiugale, non vede e non vuole lafigura del presbitero o del consiglierespirituale come una presenza di ungarante, o di un assistente religioso. E’una presenza di arricchimento recipro-co! Muovendo dalla comune esperien-za di Dio coppia e consigliere spiritualeportano nella riunione e nella vita del-l’équipe la ricchezza della loro voca-

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EDITORIALE

Due appuntamentiimportanti...

Padre Angelo EpisC.S. Equipe ItaliaCarlo e Maria Carla VolpiniResp. Super Regionali

Queste équipe satelliti sono stateposte sotto la responsabilità di Carlo eMaria Carla VOLPINI, coppia dell’Italia,che sono entrati a far parte dell’ERI,come John ed Elaine COGAVIN, coppiadell’Irlanda. L’équipe Comunicazione èsotto la responsabilità di Philippe eBrigitte DENEY che assicurano ilSegretariato Generale del Movimento.

I nostri amici Americani ci hannoaccolto calorosamente, e molti di noihanno avuto l’occasione di incontrare iresponsabili di molte regioni USA.

Cogliamo l’occasione per comuni-care loro tutta la nostra amicizia eassicurare le nostre preghiere dopogli avvenimenti che hanno colpito illoro paese.

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NOTIZIE INTERNAZIONALI

Ricordi

Cara amica Lalla,sei volata in cielo per raggiungere la Pace Eterna.Grazie per gli anni che hai passato con noi nell’équipe, grazie per la tua semplicitàe la tua freschezza. Stiamo soffrendo molto perché abbiamo perso te e la coppiache tu formavi con Pierdo. Mai come ora ci accorgiamo che quando due personesi amano non ci sono solo due entità ma se ne forma una terza che è qualcosadi estremamente grande, importante e sacro.Chiediamo al Signore che aiuti Pierdo e i suoi tre gioielli Matteo, Marta e Marcoe tutti noi ad accettare questa esperienza e un domani a intravedere anche soloun po’ il significato che Tu hai voluto dare a questa precoce partenza.

Caro don Gino,anche a te, grazie per i quattordici anni che hai passato con noi. Ci manca orala tua semplicità, la serenità e la discrezione con cui partecipavi alle riunioni“serie” e alle “cene”, alla ospitalità in oratorio quando con i bimbi piccolifesteggiavamo il Natale e lo scambio dei doni che i figli aspettavano con gioia.

Equipe Savigliano 3Settore Savigliano

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studio e di vita intorno a questa realtà.Insieme vogliamo compiere questo

cammino di approfondimento sulmatrimonio che è, come gli altri sacra-menti, un sacramento della vita quan-do diviene segno efficace di una realtàtrascendente, una celebrazione dellavita fatta di gesti di accoglienza, diperdono e di amore. L’uomo e la donnanel loro patto d’amore riflettono ilmistero dell’alleanza di Cristo e dellaChiesa ma soprattutto nel matrimoniorendono attuale questa alleanza e par-tecipano di ciò che essa significa: laprogettualità dell’amore di una coppiadiventa allora il segno vivente di un’al-leanza incarnata. Questa affermazioneapre ampi spazi di ulteriori riflessionialcune delle quali saranno condivisecon noi da teologi e coppie chiamatecome relatori, altre saranno frutto delnostro pensiero e delle elaborazionicondivise nelle équipes di formazione.

Se nell’Antico Testamento l’alleanzacelebrata era anche l’Alleanza ripetuta-mente rinnovata, anche la nostra allean-za d’amore, il nostro matrimonio, nonpuò essere altro che un segno sacramen-tale permanente e questo ci impegna adun’attenzione continua alla fedeltà alpatto d’amore. Ma come parlare difedeltà oggi in una stagione segnata da

un marcato soggettivismo e da grandi econtinui mutamenti delle persone, dellesituazioni, degli eventi? La fedeltà èdavvero un restringimento della proprialibertà? Dobbiamo vivere una fedeltàall’amore o amore alla fedeltà?

Una celebrazione liturgica, ricca disimboli e di significati, ha dato inizioalla nostra storia coniugale: come pos-siamo oggi imparare a vivere la liturgiadella vita?

La nostra storia è vissuta con e traaltre storie di vita e di persone: qualevalenza può avere la comunità eccle-siale in riferimento alla vita degli sposiche ne fanno parte?

Le Sessioni del nostro Movimentohanno sempre rappresentato, oltre cheun momento significativo e forte dellavita END, anche un’occasione di gran-de confronto su temi che appartengo-no in modo specifico alla nostra vita dicredenti e un punto di avvio per nuovetappe di cammino e di crescita perso-nale e comunitaria. Esserci è desideriodi ricerca continua del senso da darealle nostre scelte di vita e di fede, èoccasione di fecondità per ognuno dinoi sia a livello di pensiero che di rela-zioni interpersonali, è esperienza dicomunità ecclesiale in uno spazio diamicizia, di studio e di preghiera.

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EDITORIALE

zione in uno scambio di fedeltà a Dioche chiama. Questo scambio ha comefonte la grazia propria del sacramentodel Battesimo e insieme di quei sacra-menti che coppia e consigliere spiritua-le vivono: matrimonio e ordine inprimo luogo. Il metodo delle riunioniEND diventa pertanto lo strumento dicrescita per gli uni e per gli altri.

Questo modo di vivere l’esperienzanelle èquipes è dunque una ricchezzaper tutti, ma diventa anche un aspettoa volte problematico per le diversecaratteristiche dei singoli e dei gruppi.Nella lettura delle nostre équipes tro-viamo le situazioni più disparate: dachi fa il direttore spirituale, chi il cate-chista, chi il confessore… Siamo certiche la ricchezza di questo camminonella Chiesa debba sgorgare dallaconoscenza dei documenti delle END,ma anche dalla ricchezza delle espe-rienze di ciascuno di noi. Per questol’incontro del 4 – 5 marzo vuole essereanzitutto una occasione di incontro edi scambio per conoscerci e per arric-chirci insieme, ma anche per ascoltarcie interrogarci ( coppie e consiglieri spi-rituali) sulle strade da percorrere insie-me. La presenza di Mons. Bonetti,incaricato della CEI per la pastoralefamiliare ci aiuterà anche a vivere la

comune appartenenza alla Chiesa e arivedere il nostro cammino di edifica-zione del Regno.

Nell’attesa di incontrarci mi sembra-no significative le motivazioni chel’Apostolo Paolo portava: “Ho un vivodesiderio di vedervi, per rinfrancarmi convoi e tra voi mediante la fede che abbia-mo in comune io e voi.” (Rm 1,11s).

La Sessione: “Ti farò mia sposae tu conoscerai il Signore”(Os 2, 21-22)

La Sessione nazionale avrà pertema il sacramento del matrimonio inuna linea di continuità con quantoaffrontato ed approfondito lo scorsoanno sul “sacramento”.

Sembrava a Equipe Italia che ancorauna volta, e in modo sempre più con-sapevole, fosse necessario per ilMovimento confrontarsi su questotema che è al centro della nostra vita diuomini e di credenti. In questi ultimitempi anche la Chiesa è tornata ad unafocalizzazione sulle problematichelegate alla famiglia, con una riscopertapositiva del valore in sé della coppia equesto ci impegna, nel carismadell’END, a sentirci chiamati ad unasempre più profonda consapevolezza di

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EDITORIALE

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Gesù, ha vissuto concretamente lapagina evangelica delle Beatitudini,soprattutto quella che si riferisce alnostro tema. Non ci sono scuse: nonpossiamo più dire che ciò che ha dettoGesù è realizzabile praticamente daLui solo, non possiamo scusarci dicen-do “Lui è il Figlio di Dio, noi poverimortali...”, come hanno fatto i primifrancescani nei confronti della Regolache san Francesco voleva donare allasua famiglia religiosa, stracciata inquanto era improponibile per la mag-gioranza ciò che secondo loro appar-teneva all’esperienza personale ed irri-petibile di Francesco.

Paolo è un uomo normale, comenoi. Eppure la sua conoscenza profon-da del Signore Gesù lo porta ad entrarenella schiera degli “apostoli”, gli invia-ti, coloro che sono chiamati da Dio atrasmettere la sua Buona Novella, adaccogliere e ridonare a tutti l’unicaragione di vita e di gioia: “Cristo èRisorto! Ha vinto la morte!” Paolotrova la vita, per questo affronta lamorte. Paolo viveva nella morte (vio-lenza, arroganza, persecuzione), equando gli è stata annunciata la feli-cità (cioè la beatitudine), quando Gesùgli si è fatto conoscere come Signore

di tutto e di tutti, datore di vita e disperanza, non ha esitato a seguirlo.Discepolo, colui che segue il maestro eda lui apprende la verità della qualeera assetato; apostolo cioè mandato atrasmettere a tutti ciò che gli era statodonato. Possiamo rifugiarci nuova-mente in un’altra scappatoia dicendoche “non ci riguarda?” Possiamo direche noi non siamo apostoli, nonabbiamo ricevuto ufficialmente daGesù il compito di trasmettere quelloche Egli nella sua bontà e misericordiaci ha donato? Possiamo forse limitarcia pensare che i successori degli apo-stoli sono “solo” i Vescovi?

Anche le scienze umane ci diconoche evitare un ostacolo non serve aniente: lo ritroveremo, e forse un po’più alto da qualche altra parte.Scappare di fronte alla realtà cedendoalla paura, la sindrome dello struzzo, èfonte di nevrosi che minano il normaleequilibrio psico-fisico. Negare di averepaura vuol dire esserne succubi. Nonvoler guardare in faccia le cose cosìcome sono significa “falsare” la realtà,costruirsene un’altra parallela, fittizia,virtuale. Rimandiamo il vero problemaa quando tale “bolla dì sapone”, nellaquale ci siamo rinchiusi, si romperà.

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FORMAZIONE PERMANENTE

Beati i perseguitati...beati gli afflitti

“Ritengo che Dio abbia messo inmostra noi, gli apostoli ultimi fra

tutti, come uomini condannati a morte;poiché siamo diventati uno spettacoloal mondo, agli angeli e agli uomini. Noisiamo pazzi a causa di Cristo, ma voisiete sapienti in Cristo; noi siamodeboli, ma voi siete forti; voi siete ono-rati, ma noi siamo disprezzati. Fino aquesto momento, noi abbiamo fame esete, siamo nudi, schiaffeggiati e senzafissa dimora, ci affatichiamo lavorandocon le nostre proprie mani; ingiuriati,benediciamo; perseguitati, sopportia-mo; diffamati esortiamo; siamo diven-tati, e siamo tuttora, come la spazzatu-ra del mondo, come il rifiuto di tutti”.1Cor 4, 9-13

Questo testo che leggiamo in unadelle lettere più importanti di san

Paolo ci pone un problema. Perchéquando leggiamo le pagine evangeli-che delle Beatitudini, inconsapevol-mente non riusciamo totalmente asfuggire alla rilettura che ne ha fattola teologia luterana, che le ha resepagine talmente elevate da diventareirrealizzabili, lontane, impossibili peril cristiano medio; pagine dunqueriservate solo “ai perfetti” (nasce diqui la famosa e sottile distinzione fra“consigli evangelici” riservati ai reli-giosi e “comandamenti” rivolti a tutti,inesistente nel testo matteano), orimandate al tempo dell’escatologia,ai “tempi ultimi”, ai tempi dei “beati”appunto quali li intendiamo noi, i tra-passati che già godono della visionebeatifica paradisiaca.

E allora questo testo della letteraai Corinti è scomodo. Ci parla di unuomo, Paolo, uno dei primi al qualetanti seguiranno, che ha sperimentatosulla sua pelle la verità delle parole di

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FORMAZIONE PERMANENTE

Marco Chiolerio OCDC.S. Savona 1

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più a Lui che ai profeti di sventura,credono di più alle sue parole suppor-tate dai fatti che non all’evidenza diciò che hanno sotto gli occhi tutti igiorni: “la nostra momentanea, leggeraafflizione ci produce un sempre piùgrande, smisurato peso eterno di gloria,mentre abbiamo lo sguardo intentonon alle cose che si vedono, ma a quel-le che non si vedono; poiché le cose chesi vedono sono per un tempo, ma quelleche non si vedono sono eterne”.(2Cor 4,17-18).

Cosa possiamo e dobbiamo faredunque per vivere le afflizioni quoti-diane e le eventuali persecuzioni acausa della nostra fede come “beati-tudine”, come felicità e non tristez-za, come vanto e non vergogna,come dono e non come attacco vio-lento ed assurdo da parte di un diocattivo e geloso?

Fermarci innanzitutto. Compiereuna riflessione profonda, trovare spazidi silenzio per meditare, ascoltare,approfondire la Parola di Vita che DioPadre ci rivolge tramite il suo SpiritoSanto nelle Scritture. E allora la primacosa che emergerà da questa letturaumile ed attenta è che Dio è il Dio

della Vita, sempre e comunque. Egli“non gode della morte di chi muore -parola del Signore Dio - convertitevi evivrete” (Ez 18,32), dice tramite il pro-feta Ezechiele in uno dei momenti piùbui della storia di Israele. Egli “elimi-nerà la morte per sempre, il Signore Dioasciugherà le lacrime su ogni volto” (Is25,8). Ha creato tutto per la vita, per ilcanto, per la libertà. Ha mandato suoFiglio come luce per coloro che abita-no nelle regioni della morte (Is 9,2 -testo della liturgia natalizia).

Mettere in dubbio questo è ferirlo.Se davanti ad un’operazione da affron-tare, un decesso di persone care, unaqualsiasi sofferenza ci induriamo nellasfida, ci sentiamo defraudati dalSignore, imprechiamo e lottiamo conDio come con un nemico... siamoancora come Giobbe, non ancora comeGesù Cristo, non ancora come Paolo.

Intendiamo bene. Anche Giobbe faparte della Scrittura Sacra, ispirata, emeno male. Anche questo tipo diatteggiamento, quando dettato da unareale condizione di prolungata soffe-renza, nel silenzio di Dio, amato esempre rispettato, è chiamato da Diostesso un dire “cose rette” (Gb 42,7).Ma è altrettanto vero che ci sono molti

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San Paolo parla di questo in termi-ni bruschi, in un’altra lettera, polemicae inquieta, importantissima per lanostra “libertà” cristiana: “Tutti coloroche vogliono far bella figura nellacarne, vi costringono a farvi circoncide-re e ciò al solo fine di non essere perse-guitati a causa della croce di Cristo”(Gal 6,12). Egli sottolinea questoatteggiamento come “anti-evangelico”,ci mette in guardia contro ogni edul-corazione, travisamento e manipola-zione del messaggio di Gesù:

“Nessuno vi impedisca di consegui-re il premio, compiacendosi di pratichedi poco conto e nella venerazione diangeli, seguendo le proprie pretesevisioni, gonfio di vano orgoglio nellapropria mente carnale, senza esserestretto al Capo, dal quale tutto il corporiceve sostentamento e coesione permezzo di giunture e legami, realizzandocosì la crescita secondo il volere di Dio”(Col 2,18). Si tratta di lasciar perderel’accessorio, puntando unicamenteall’essenziale: divenire discepoli, segua-ci del Gesù che conosciamo dalVangelo (non da qualche altro, viventenella mente di alcuni). Si tratta dismetterla di essere troppo condizionatidalla “brutta figura”, dall’estetica, dal

“cosa dirà la gente”, dal rispettoumano. Tutto intorno a noi ci lancia lostesso messaggio, in questo tragicoinizio di Terzo Millennio. La nostranormale “crescita” di persone e quindidi credenti in Cristo passa attraversouna unione più stretta e più salda conil Capo, Cristo Gesù, il Vivente che “hale chiavi della morte e del mondo deimorti” (Ap 1,18).

Gesù nella sua vita terrena, veroDio e vero uomo allo stesso tempo,“offrì preghiere e suppliche, con fortigrida e lacrime a Colui che potevaliberarlo dalla morte, e fu esaudito perla sua pietà; pur essendo il Figlioimparò l’obbedienza dalle cose chepatì” (Eb 5,7-8). Proprio perché haattraversato il tunnel del dolore, dellasofferenza fisica e psichica, la pauradi morire (sudore di sangue), proprioperché in questa massima solitudine èrimasto fiducioso, semplice, fedeleall’amore misericordioso del Padre,senza mai dubitarne, ha potuto “dive-nire causa di salvezza eterna per colo-ro che gli obbediscono” (Eb 5,9; NovoMillennio ineunte 25-26).

Questi ultimi sono coloro che,ascoltando ed accogliendo il suo mes-saggio e la sua testimonianza, credono

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stiani. Si vive come fossimo ancoraschiavi e mendicanti, mentre in Cristoabbiamo già tutto. Sembra che a volteci riesca difficile sbarazzarci dal timo-re del male, non perché non possia-mo, ma perché non vogliamo, nonaccettiamo di entrare nel timore diColui che ci ha già liberati, ma atten-de il nostro consenso, la nostra ade-sione fiduciosa, la nostra fede: “iltimore del Signore è fonte di vita, libe-ra dai lacci della morte” (Pr 14,27). Setemiamo ancora qualcosa, se nonsiamo fiduciosi, se siamo ancoraschiavi di molte fobie, non abbiamoancora il primo dono dello SpiritoSanto ai credenti , i l t imore delSignore, e pertanto dobbiamo impe-gnarci a chiederlo umilmente a Coluiche ce ne vuole fare dono. Chi teme ilSignore non teme niente: per questoPaolo ci può scrivere quello che hascritto, e la sua testimonianza è veri-tiera, come pure quella dei martiri cheentravano cantando nelle arene, enon certo per esorcizzare l’angoscia,come qualche psicologo afferma, noncertamente solo per quello. E’ lagioiosa sicurezza di chi, avendo vintoin sé le energie del male e dellamorte, può trasformare la violenzasubita in “offerta”, in dono di sé,

prendendo in mano la propria vitaresponsabilmente.

Proprio come Cristo: “non sei tu aprendere la mia vita, sono io che ladono!” Gesù era cosciente che il donodella propria vita doveva essere portatofino in fondo, a qualunque costo.Gesù sapeva che il dono di sé nell’a-more può comportare il dono della vitastessa, fin dalla sua prima predica aNazaret (Lc 4). Ma per chi ama vera-mente nessun sacrificio è troppo gran-de: “chi pecca contro di Me danneggiase stesso, quanti mi odiano amano lamorte” (Pr 8,36), “l’amore è forte comela morte” (Ct 8,6).

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altri testi che ci riportano l’esperienzamillenaria di credenti che hanno attra-versato le stesse regioni desolate dellasofferenza, della persecuzione, delsilenzio di Dio, anche prima del sacrifi-cio unico e irripetibile di Gesù, e chehanno reagito in tutt’altro modo. Ilproblema non potrebbe essere quelloche ci riteniamo inconsciamente“immortali”? Non esiste nella nostravita e nelle nostre società una certa“rimozione della morte e della soffe-renza?” La risposta ovviamente è affer-mativa, ed è stata dimostrata ampia-mente da numerosi saggi ai qualirimando. E allora la seconda cosaimportante che ci regala una letturaattenta della Parola di Dio, dopo averscoperto la bontà del Creatore e il suoamore alla vita, è la verità su noi stessi.

Da sempre l’uomo sa di essere fra-gile: il dono della vita è sperimentatocome un dono bellissimo e grandissi-mo, ma sempre “appeso ad un filo”,sempre attaccato da energie di morte,sempre da difendere in un equilibrioprecario. “Ricorda Signore quanto èbreve la mia vita, perché quasi un nullahai creato ogni uomo? Quale viventenon vedrà la morte, sfuggirà al poteredegli inferi?” (Sal 89,47-49). Non pos-

siamo far finta di non sapere chedovremo morire, non possiamo conti-nuare a nascondere ai nostri figli ilnonno o la nonna defunti, per “nonimpressionarli”... è un furto! La morteappartiene alla più fondamentale edoriginale esperienza antropologicaumana, in tutti i tempi e in tutte leculture. Evitare di pensarci non serve aniente, esattamente come pensarcitroppo: se ne rimane schiavi. Noi cri-stiani siamo stati liberati da Cristo, cicrediamo? “Poiché dunque i figlihanno in comune la carne e il sangue,similmente anch’egli ebbe in comune lestesse cose, per distruggere, mediantela sua morte colui che ha l’imperodella morte, cioè il diavolo, e liberaretutti quelli che dal timore della morteerano tenuti schiavi per tutta la lorovita” (Eb 2,14). Siamo già da tempostati liberati dalla “paura della morte”che ci tiene schiavi, che ci impediscedi essere liberi, di andare incontro alnostro destino, qualunque esso sia,con la gioiosa consapevolezza di chi sache la sua vita è fragile e fugace comel’erba del campo, ma scelta e preziosa,e amata da Dio.

Sembra che queste cose sianodimenticate, trascurate da molti cri-

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derli come ovvii diritti.Non si può, infatti, non vedere

quanto lo stile e l’atteggiamento dellapretesa faccia parte in misura più omeno marcata dell’aura che ci circonda.

Verrebbe da chiedersi se tale enfasidecisamente utopica, benché sviluppa-ta senza alcun riferimento religioso,almeno da un certo punto in poi dellanostra storia, non contenga in sé unatraccia precisamente dello sguardo‘consolatorio’ sull’umanità portato dalcristianesimo fin dalle origini. In effet-ti questo sguardo voleva e vuole esse-re di vera consolazione, cioè di effetti-vo intervento sui bisogni reali dell’uo-mo. E deriva dalla rivelazione che Dioha fatto di se stesso come ‘Dio grandee misericordioso’.

Tuttavia, il cristianesimo lottò elotta in ogni modo per togliere dallatesta degli uomini l’idea secondo cuiessi sarebbero i padroni in partenzadella felicità e la fonte piena ed esau-riente del suo soddifacimento.

Tale lotta è di lunga data e si chiamatradizionalmente polemica antiidolatrica.

Essa ci dice che, se vincesse l’ido-latria dei nostri bisogni, o ci verrebbe-ro imposti come beni assoluti (anostra illusoria e forzata consolazio-

ne) beni relativi e arbitrari o divente-remmo progressivamente incapaci dipercepire, oltre la sfera del nostrosoddisfacimento, il grido di chi nullapuò pretendere e di tutto abbisogna.E avremmo così un mondo diviso trachi può permettersi di pretendere echi è costretto solo a impetrare,appunto, consolazione.

Le sirene consumistiche del nostromondo ce ne rendono vistosa testimo-nianza né più né meno come quelledel secolo da poco trascorso ci sma-scherarono quanto poco reali fossero idecantati paradisi in terra.

Resti pure, dunque, il valore con-solatorio della fede perché ce n’èveramente bisogno nella misura pro-prio del realissimo bisogno dell’uomogiusto di ricevere consolazione inquella che è una delle sue maggioriafflizioni: il non vedere sovente giu-stizia intorno a sé; mentre Qualcunoben la vorrebbe.

Per chi è seriamente preoccupato dicreare un mondo come Dio vuole e, allimite, subisce persecuzione sappiamoda tanti esempi di ieri e di oggi che incerti casi rimase e rimane come unicaconsolazione Dio solo.

E pare che basti.

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L’unica consolazioneBeati coloro che sono nella tristezza: Dio li consoleràBeati i perseguitati per aver fatto la volontà di Dio:

Dio darà loro il suo regno.

Spesso si disse e si dice che la religio-ne e il cristianesimo in particolare

sono solo validi per consolare gli uomi-ni, ma non per risolvere i loro problemi.

Questa lettura critica della fedeassume qualche volta persino il famosorimprovero di Gesù a Giuda e agli apo-stoli:’I poveri li avrete sempre con voi’,per affermare che la religione e ilCristianesimo sarebbero in grado diconservare un senso, solo fino a quan-do nel mondo dureranno pianti emiserie da consolare.

Tolta l’irrisione che talora si accom-pagna a questi giudizi, resta l’idea difondo secondo la quale il fatto di cre-dere darebbe voce solo ad anime debo-li, in condizione di bisogno.

Sottinteso che, evaso il bisogno, non

resterebbe più alcuno spazio autenticoper la sopravvivenza della fede.

E’ una scommessa che inseguecome filo sotterraneo nascosto unaparte notevole della storia ideale inparticolare del nostro occidente.

E ciò portò il nostro occidente,appunto, ad un eccezionale livello diattenzione al conseguimento delbenessere fino a concepirlo come unorizzonte normale e, talora assoluto,del vivere personale e collettivo, anchea prescindere da qualsiasi riferimentoreligioso. Una sorta di tensione verso ilsuperamento sotto ogni punto di vistadella necessità, del bisogno, perinstaurare una condizione della vita incui l’uomo fruisca di autonomia piena,di libertà emancipata da qualsiasi per-cezione di dipendenza se non da sestessi e, soprattutto, in uno statopotenziale di illimitata soddisfazionedei propri bisogni al punto da preten-

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FORMAZIONE PERMANENTE

Don Ermis SegattiTorino 40 Settore C

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Ci muoviamo ancora pesantemente,un po’ legati, con le stampelle, ma giàlo riconosciamo non solonell’Eucarestia, ma anche sotto le sem-bianze del coniuge, del fratello e delpadre. I non cedenti dicono che l’uomo“inventa” Dio quando ha bisogno diattaccarsi a qualcosa per sopravvivere;bene, io sono felice di dire “ho bisognodi attaccarmi a Lui e dire grazie perchéè Lui che ha “inventato” me. Il Signoredavvero viene di persona in spirito ecarne e nelle altre persone, mi dà tutto,mi parla e mi fa simile a Lui.

A volte me ne dimentico quando miaffanno e sbuffo come una vecchialocomotiva; poi Lui mi scioglie i freni e

riparto. Durante la giornata io e miomarito ci aiutiamo ricordandoci spessola preghiera e poiché siamo così diversie viviamo le stesse cose in tempi diversi,o l’uno o l’altra sentiamo questa neces-sità e gioia e ce la trasmettiamo perciòcon molta frequenza. Voglio raccontareancora una piccola esperienza che hovissuto poco tempo fa, riguardo allabeatitudine degli afflitti.

Abbiamo è un’amica molto malata.Venerdì scorso, ormai per l’ultima voltastava ancora sulla sedia a rotelle, spossa-ta, la testa sulla spalla. Ora è quasi incoma, dico quasi perché nessuno lo saed anche in questi stati comatosi si sco-prono negli ammalati degli spiragli diluce. Le avevo parlato dell’adorazione alSantissimo, sembrava molto triste per“non poter più fare queste cose”, si eraespressa con molta difficoltà. Allora, miè venuto di dirle “facciamo insieme ado-razione al Signore vivo che tu hai quinel tuo cuore”. Ho iniziato con un canto“Davanti al Re” e poi altri dolcissimicanti di lode: quanta gioia! La nostraamica ha pianto gli ultimi lacrimoni diamore e non so se gioia o dolore oentrambi. In quel momento era beata ?

Lo sarà certamente... non so e nonoso dire altro, ma amata lo è moltissi-mo da nostro Signore Gesù.

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VITA DI COPPIA NEL QUOTIDIANO

Abbandonarsiin Lui

Ho spesso scherzato con una miaamica d’infanzia, quando la vedevo

triste : “su, dì le orazioni, ridille e vedraiche ti passa...”. Più o meno recitano cosìi versi di rimembranze scolastiche delPascoli. Me ne rammento ora che pernoi, coppia, la preghiera è diventataimportante anche se vissuta in mododecisamente diverso da ciascuno di noi.Mi chiedo ora se saremmo mai entrati afar parte di questo universo meraviglio-so di amore che è la preghiera in cuiviviamo, sia singolarmente nel colloquiointimo del cuore, che nella nostra tantosospirata unità di coppia traballante escalcagnata, se non avessimo conosciu-to insieme il dolore fino dai primi annidi matrimonio : dolori di maternità epaternità, lunghe lontananze, distacchipsicologici.

Non sempre, né subito, né in modo

continuativo il dolore ha portato il suofrutto di pace, forse perché non dipen-deva più di tanto da noi, ma dovevaessere Grazia.

La Misericordia però ha inglobatotutto, luci ed ombre e ci fa continua-mente parte del suo stesso amore eperdono, anche l’uno verso l’altra.Oggi ci sentiamo amati ed al sicuro, lestesse cose che fino ad ieri ci angustia-vano, ci fanno sentire sì piccoli e biso-gnosi, ma proprio per questo ....abbia-mo con noi la coperta di Linus!Sappiamo che ogni situazione pianopiano evolve...dove? come? Non cono-sciamo i passi a venire. “Lascia la tuaterra e va ...”: si addice alla scelta sbal-lata - almeno all’apparenza - di unfiglio, alla malattia di una personacara, a qualsiasi disastro.

Ogni occasione di abbandono ciavvicina e si trasforma nel trionfo diCristo e dalla pace si arriva alla comu-nione profonda in Lui.

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VITA DI COPPIA NEL QUOTIDIANO

Adriana e Peppo MolinariSavona 1

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quel padre buono e misericordioso ein cuor nostro speravamo che tuttopotesse cambiare e sistemarsi. Lei sene è andata, il dolore mi accompagnaancora adesso ed in un certo senso miha cambiata.

Sono improvvisamente cresciuta, nonpiù la ragazzina sognatrice di un tempoma la donna eternamente infelice.

Silvio, quel ragazzo meraviglioso acui io ho cambiato la vita, si trovava esi trova tuttora a sostenermi, ad aiu-tarmi, ad accettarmi come sono ora.Ricordo che in quei momenti così tristiil nostro sostegno era la preghiera ecredere nell’amore di Cristo morto erisorto per noi, fattosi carico dellenostre debolezze, Ecco, ora Silvio si facarico delle mie sofferenze come ioallora feci con lui, ci sosteniamo avicenda con la preghiera, con l’amore,semplice, puro, incondizionato chenulla vuole in cambio.

“Lo Spirito del Signore Dio è su dime perché il Signore mi ha consacratocon l’unzione….per consolare tutti gliafflitti, per allietare gli afflitti di Sion,

per dar loro una corona invece dellacenere, olio di letizia invece dell’abitoda lutto, canto di lode invece di uncuore mesto” (Is. 61,1-3).

Dentro di noi c’è un dono prezioso,quello dello Spirito, che è sempredisponibile, efficace, quel consolatore acui forse entrambi non riuscimmo adaprire il cuore ma ci aiutò a consolarel’altro, a riconoscerci poveri e ad affi-darci a Lui, i l Cristo che in queimomenti ci portava tra le sue braccia.

Ringrazio il Signore per averci fattointraprendere questo cammino che ciporta a consolare, ad ascoltare chi ci èvicino e non solo. Grazie per l’amore,per lo spirito che ci fa capire l’altro, ilcollega, l’amico, il familiare e ci aiuta anon giudicare. Grazie per Silvio che sacapirmi nei momenti di sfiducia e sainfondermi speranza, quella speranzache un giorno si completerà in Lui

“…tergerà ogni lacrima dagli occhi enon ci sarà più la morte, né lutto, nélamento” (Is. 61,1-3).

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VITA DI COPPIA NEL QUOTIDIANO

L’annuncio delle beatitudininella vita di coppia

e per il mondo

Quando sogni di essere felice pro-getti e conti tutto sul futuro;

immagini una famiglia unita, serena,piena di amore. Quando pensi che iltuo domani sarà tuo marito, i figli, igenitori, serenamente insieme, uniti;scorci di vita familiare dove regna l’a-more, la pace e la serenità: sei ancorauna ragazzina che sino a quel momen-to ha costruito il suo castello, in fondonon chiedevo la luna! Desideravo solouna famiglia, la mia famiglia.

Io e Silvio ci siamo conosciuti quin-dici anni fa all’inizio dell’estate, per luiè stato “amore a prima vista”, la suamamma era mancata da poco dopoanni di sofferenza, la chiamano lamalattia dell’anima…. lui continuava aripetermi che lo avevo “salvato” cheaccanto a me aveva riscoperto Dio eritrovato lo stimolo per camminare

verso di Lui … la mia semplicità, il miocredo religioso, le piccole attività svoltein parrocchia, l’ascolto, l’amore. Cinqueanni di fidanzamento e finalmente arri-va il giorno più bello della nostra vita,il giorno del “sì!”. Eravamo felici, man-cava solo lei, la sua mamma, ma senti-vamo che in qualche modo era comun-que presente. Ad interrompere quelsogno, al rientro dalla luna di miele, lamalattia di mia mamma; il mondo microllò addosso, non ci credevo e nonaccettavo che avessi dovuto perderla.Fu un anno terribile dove dovevo essereforte per i miei cari ma nel profondodel mio cuore soffrivo terribilmente.

Avevamo tutti la speranza chesarebbe guarita. Ricordo ancora imomenti passati al suo fianco la sera,sul suo letto, recitando il rosario eaffidandoci al Signore: sono ricordiindelebili. Entrambe credevamo nell’a-more, nel Suo amore, nell’amore cheunisce un figlio alla madre, al padre,

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VITA DI COPPIA NEL QUOTIDIANO

Rita e Silvio MarchesinVarese 12

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Successione dei Volpini allaSuperRegione:

ogni Coppia Responsabile Regionalepresenta i nomi che sono emersi dalconfronto nella propria Regione. Conpiacere si nota che molte sono le con-vergenze e che i criteri adottati per ognisuccessione di servizio sono stati tenutipresenti nelle diverse proposte. Loscambio di idee e le riflessioni unani-mamente condivise portano a stabilire idiversi nominativi delle coppie cui saràchiesta la disponibilità per questo servi-zio.

Con lo stesso criterio e la stessamodalità si affronta la questione dellesuccessioni per la Regione Centro e perquella Sud Est: per la fine dell’anno siavrà una Equipe Italia davvero rinnovata!

Sessione Nazionale 2002:con l’aiuto di Adria e Piero Gallo,

presenti tra noi a nome dell’équipe diservizio “Aquila e Priscilla” (che ha con-dotto uno studio approfondito sulsacramento del matrimonio), si discuto-no diverse proposte di svolgimentodella prossima sessione nazionale chevuole tenere conto, come già stabilito,del lavoro di approfondimento elabora-to dalla suddetta équipe di servizio(particolarmente apprezzato per lo

spessore dei contenuti e l’impegno pro-fuso ) ma anche delle valutazioni pre-cedentemente espresse da Equipe Italia,in base ai risultati dell’ultima sessione.Si dà quindi vita ad un progetto chetuttavia nei prossimi mesi dovrà ancoraessere rifinito e meglio definito sia neicontenuti sia nella realizzazione.

Archivio informaticoe sito Internet:

ancora una volta si ribadisce lanecessità di coordinare al meglio lediverse realtà già presenti e quelle invia di creazione dei diversi siti locali e sisollecitano tutti i responsabili di questoservizio a mettersi in contatto con ilsito principale, e in particolare conAldo e Antonella Pizzini di Torino, cop-pia responsabile per questo incarico alivello italiano, per evitare inutili ripeti-zioni di documenti e per organizzareuna “legenda “ di orientamento nellaricerca di quanto inserito nei vari siti.

Incontro Nazionaleper i Consiglieri Spirituali:

si terrà a Villa Campitelli, a Frascati(Roma), il 4 -5 marzo 2002.

Tutti siamo consapevoli dell’impor-tanza di questo momento perché per laprima volta si tenta un incontro a livello

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GIORNI END

L’incontro di Equipe Italiaa Napoli

Il primo incontro di Equipe Italia,dopo la Sessione per Responsabile di

Settore di Ciampino, si è tenuto dal 23al 25 novembre 2001 a casa diMarinella e Vittorio Matteo aVarcaturo, una località nell’interlandnapoletano.

La sera del venerdì, davanti adun’ottima pizza, abbiamo dato spazioalla messa in comune insieme ai nostriospiti ed a Maria e Paolo Mauthe,Responsabili del giovane SettoreCampania : si è creato subito un belclima di gioiosa accoglienza e diautentica compartecipazione di vita.

L’ospitalità nelle varie case degliequipiers, crea momenti di intensacomunicazione e voglia di conoscersi,per cui spesso si fanno le ore piccole…ma sono occasioni d’incontro che nonsi vogliono perdere.

Il sabato si inizia alle 9,00 perun’intensa giornata di lavoro.

Quest’anno abbiamo scelto di riflette-

re e pregare intorno alla Lettera apostoli-ca del Papa “Novo millennio ineunte” .Questa viene presentata nelle linee difondo da padre Angelo: il senso del ripar-tire da Cristo, la riscoperta dell’Eucaristiacome centro della nostra fede, il Volto dacontemplare, la scelta di Cristo comeMaestro, l’invito “duc in altum” rivolto atutti, lo Spirito che spinge tutti ad esserecostruttori, sono questi ed altri i pensieriche vale la pena approfondire insieme.Questa Lettera del Papa ci appare semprepiù come un documento fortementesignificativo e ci accompagnerà nella pre-ghiera anche nei prossimi incontri diEquipe Italia di quest’anno.

Fiorella e Gianni Morosini poiintroducono, con alcuni personalispunti di riflessione, il momento dipreghiera relativo, in particolare, alprimo capitolo della Lettera apostolica.

Si passa poi a trattare i diversipunti previsti da un ordine del giornosempre molto denso.

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GIORNI END

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e di preghiera che dovrà condurre ilMovimento al Raduno del 2006.

Convegno CEIin preparazione all’Incontrodelle famiglie con il Papa.

Tenutosi a Roma a fine ottobre 2001sul tema “La Famiglia Soggetto Sociale”.Maria Carla e Carlo, padre Angelo,Fiorella e Gianni, che vi hanno parteci-pato per il nostro Movimento, esprimo-no brevemente alcune loro considerazio-ni. Le valutazioni sono globalmentepositive per quanto riguarda la qualitàdei relatori e l’approfondimento dei con-tenuti sociali e giuridici, ma non è sem-brato che sia stato approfondito inmodo adeguato il tema del valore edella spiritualità della famiglia. A taleproposito comunque si comunica a tuttigli équipiers che tutte le relazioni ascol-tate sono depositate, in fotocopia, pres-so la segreteria END di Torino a disposi-zione di chiunque volesse procedere aduna più specifica documentazione. Perquanto invece concerne la motivazionedi una non iscrizione dell’END al Forumdelle Famiglie, Associazione presente inun ruolo quasi protagonista alConvegno stesso, Equipe Italia ribadisceche mentre è giusto e doveroso coglieretutte le occasioni di partecipazione e di

confronto sul piano culturale, nonappare opportuno essere presenti inmodo più attivo come adesione ad unprogetto specifico elaborato e portatoavanti dal Forum stesso in quanto l’ENDall’esterno può presentare solo la storiadel proprio Movimento, ed ogni coppia,a qualsiasi livello di servizio, non puòassumere decisioni che coinvolgononelle scelte altre coppie.

Verso sera, dopo l’intensa giornata dilavoro, interrotta solo da un ottimopranzo preparatoci dagli amici napoleta-ni, ci si avvia verso la parrocchia diS.Luca , dove è parroco don CarloVillano, Consigliere spirituale dell’équipeNapoli 7, per la Celebrazione Eucaristicaanimata da una festosa assemblea diéquipiers campani e da un folto e “esu-berante” numero di bambini. Alla fine cisi ritrova nei saloni della parrocchia perun incontro di presentazione di EquipeItalia e di conoscenza reciproca. La pre-senza di molte coppie giovani, accom-pagnate da tanti festosi bambini, rispec-chia la giovinezza di questo Settore eriscalda di speranza il nostro animo.

La mattina della domenica iniziacon una breve riflessione di padreAngelo sulla festività di Cristo Re,meditando sul Salmo 41. Poi si prose-gue nei nostri lavori.

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GIORNI END

nazionale dei nostri Consiglieri. Le coppieResp. Regionali si impegnano in modoparticolare a motivare alla partecipazionequei Consiglieri che stanno svolgendoattualmente un servizio, oltre che nelleproprie équipes di base, nelle diverseéquipes di Settore e in quelle di Regione.

La Sessione inizierà lunedì 4 marzonel primo pomeriggio e terminerà conil pranzo del martedì 5.

La liturgia di questo incontro èaffidata al Settore di Reggio Calabria.

I relatori, già invitati e confermati,saranno Mons. Bonetti, direttore dellaPastorale Familiare per la CEI, e padreAngelo Epis, Consigliere spirituale diEquipe Italia. Quanto alla quota di par-tecipazione, fissata in 80.000 lire pro-capite per l’hotel, si invitano le équipesdi base, di Settore, di Regione, ad andareincontro alle necessità dei loro sacerdotiaiutandoli sia nelle spese di soggiorno siain quelle di viaggio per permettere lorodi prendere parte a questo forte momen-to della vita del Movimento.

Verifica del lavoro svoltonei laboratori a Sassonecon i Responsabili di Settore:

ciascuna coppia Resp. Regionale pre-senta una sintesi scritta approfondita esignificativa del lavoro svolto mettendo

al servizio degli altri quanto emerso neidiversi gruppi di lavoro. Positivi i riscon-tri globali di questa nuova metodologia,dalla quale emerge l’importanza di riap-profondire il ruolo dei diversi servizi,soprattutto quello relativo alla Coppia diCollegamento. Poiché a livello nazionalequesto tema è stato di recente affronta-to nelle minisessioni sui servizi, si riman-da alle singole Regioni la valutazione diun riesame della questione, invitandocomunque tutti a utilizzare i documentigià pubblicati al riguardo.

Sessione Internazionale per leCoppie Responsabili di Regione:

I Volpini informano che, per deci-sione dell’ERI, a Roma dal 18 al 23gennaio 2003 si terrà una SessioneInternazionale che vedrà riunite più di400 persone tra Coppie SuperRegionali, Regionali e Responsabilidella Lettera.

Tale incontro, posto a metà circadel tempo che intercorre tra unRaduno Internazionale e l’altro, ha l’o-biettivo di fare il punto sul camminosvolto dagli équipiers del mondorispetto agli orientamenti lanciati dalraduno di Santiago 2000 e di preparareinsieme, in un clima di collegialitàsempre più ampia, il percorso di lavoro

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GIORNI END

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davanti ad un bel camino ardente. La serenità dei giorni trascorsi

insieme è stata tuttavia offuscata dal-l’aggravarsi della malattia dellamamma di Maria Mauthe che poi, pur-troppo, è venuta a mancare nei giorni

successivi il nostro rientro a casa.Prima di lasciarci abbiamo affidato

in modo particolare questa situazioneal Signore insieme ad altre nostreintenzioni e al bene di tutte le coppiedel nostro Movimento.

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GIORNI END

Vita dei Settori.Ogni coppia Regionale presenta in

modo più accurato e approfondito soloalcuni aspetti della propria Regione sucui si ritiene opportuno discutere e con-frontarsi, dal momento che precedente-mente era stato inviato a tutti gli altriregionali un ampio resoconto dellasituazione generale. Si ribadisce l’im-portanza dell’alternanza dei servizi e diuna formazione permanente per nonaffidare nessun servizio in modo super-ficiale e all’ultimo momento. Si ribadi-sce l’importanza di strutturare l’incontrod’inizio d’anno con le coppie Resp. diéquipe come una giornata formativapiù che informativa e si chiede di pro-gettare una griglia per il Bilancio delleéquipes di fine anno. Poiché la questio-ne era stata già discussa e risolta neglianni precedenti e in alcuni Settori già sifa uso di tali griglie, ci si impegna ascambiarle reciprocamente tra iRegionali perché siano nuovamenteproposte ai Settori.

Per quanto riguarda l’organizzazio-ne delle Giornate si ribadisce l’impor-tanza che ogni Settore programmi duegiornate l’anno specificamente secon-do le linee e gli obiettivi delle END evi-tando di appoggiarsi ad altre esperien-ze di spiritualità che hanno sicuramen-

te il loro valore, ma con le quali dob-biamo operare un confronto senzaperdere la nostra identità.

I Gaggero informano sulla diffusio-ne delle END in Sardegna: si è infattiformata una prima équipe grazieall’impegno di diffusione profuso dadon Nino Carta, un sacerdote che ètornato in Sardegna dopo una lungamissione in Brasile, dove ha formato eguidato molte équipes, e dalla coppiaGiovanna e Piergiovanni Grasso diRoma. Questa équipe viene attualmen-te pilotata dai Cebrelli di Genova.

Sono state chieste da alcune équi-pes modalità e canali per effettuaregemellaggi con équipes straniere. IVolpini si impegnano a chiedere sug-gerimenti all’ERI. A tale propositoCarlo, visto anche il riflesso positivonelle varie équipes di una significativaapertura all’internazionalità, invita amettere come punto importante nellafutura Sessione per Resp. di Settore,una riflessione proprio sul valore del-l’internazionalità del Movimento.

Terminiamo i nostri lavori con unMagnificat insieme alle coppie che sisono rese disponibili per rendere piùproficuo possibile il nostro lavoro pen-sando… al nostro corpo e facendocigustare un’eccellente pastiera finale

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GIORNI END

LA BALLATA DEI FIORI

Se io vivessi a New Yorkporterei un fioresulla tomba di Jack il pompiere.E di Johnny l’inserviente.E poi di Hèlene, cameriera.

Poi ancora altri fioriper Paul il bancariodel piano ottantanovee per il pubblicitariodall’antico nome italiano.

Un fiore per ciascuno lascerei sulle macerie,sulla bianca polvere delle profezie.E certo li bagnerei di pianto, amaro e silente,come quello che verso su ognivittima innocente.

Ma non vivo a New Yorke non so se è fortuna.Un accidente di cui non mi lamento.Sto ad ovest di Genova che amo, riamato.Passo tanto tempo con persone ferite,che la catastrofe l’hanno avuta nella vita.Tra queste una è morta proprio ieri.

Si chiamava Peo, aveva occhi neri.Lineamenti aveva ed espressionedi quegli attori di secondo piano,che fanno il carattere del cinemae rendono immortale la visione.

E’ morto Peo.Dopo trent’anni di manicomioe venti di accoglienzain una casa di sobrietà e di pazienza.E’ morto quasi cieco, improvvisamente.

A lui porterò il fiore, nato per New York.Sulla sua tomba verserò il mio pianto.Un fiore fra i tanti, il primo che m’incontra.Un fiore giusto, di giustizia vera.Un fiore profumato d’uguaglianza.Di qua e di là dell’Oceanoabbraccerà Peo e i figli del massacro.

Hanno grandi doni i fiori.E una grazia veramente rara.Sono così diversi, per forme e colori,eppure uguali sono tutti,per tutti sono uguali.

Angelo Guarnieri (20/9/2001)

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avvilente deprezzamento delle propriecapacità, ma riconoscimento sereno,lucido e sincero della nostra vera situa-zione. La mitezza ci insegna ad entrarenei nostri limiti, aprendoci alla fiduciae alla speranza in Dio, che ci ama epuò tutto. È la forza dell’amore chevince il male con il bene, che contrap-pone la dolcezza all’arroganza, la nonviolenza alla violenza; l’accoglienza alrifiuto. la gratuità al possesso, l’umiltàalla vanagloria, la pazienza all’aggres-sività, la fedeltà al tradimento. È laconseguenza di un cuore trasformatodall’amore. Il mite, perciò, ama senzamisura, donandosi con coraggio aglialtri e al mondo intero. Tutto gliappartiene, perché ha un cuore liberoche gli consente di vivere ogni cosacon distacco, in quanto non sua econsiderata come dono all’umanità.

Anna e Piero

La nostra prima reazione alla richie-sta di condividere con gli altri equipiersuna breve meditazione intorno ad unadelle Beatitudini («Beati i perseguitati acausa della giustizia») è stata di smarri-mento: come cogliere l’attualità delmessaggio evangelico? Come declinarlonell’effettività del matrimonio e della

famiglia? Superato lo sgomento iniziale,però, abbiamo deciso di deporre la scor-za della superficialità sbrigativa e dilasciarci illuminare dallo Spinto Santo,traendo spunto dall’acuto e insiemeconcreto commento al vangelo diMatteo di Bruno Maggioni. Ne riportia-mo, a titolo introduttivo, alcuni stralci, anostro giudizio particolarmente signifi-cativi: «Le beatitudini sono il cuore delmessaggio di Gesù. Ma sono ancheinquietanti, e per questo è facile inter-pretarle in modo accomodante … ildiscorso è rivolto a tutti: non solo aidodici e non solo al popolo giudaico,ma a tutti … La beatitudine … è unatteggiamento concreto e attivo … èaffrontare la persecuzione per il vangelo,è capacità di amare: possiamo dire, insintesi, che è la scelta dei poveri… Beati iperseguitati a causa della giustizia. Ildiscepolo si trova ad affrontare dellesofferenze in più, dei disagi che gli ven-gono dalla sua decisione per il Regno. Eal fondo di questa sofferenza trova unaconsolazione: la persecuzione è il segnoche si è dalla parte di Cristo. Gioite edesultate, ha detto Cristo. Un possibilepeccato del discepolo è quello di avereabbandonato tutto per il Regno, e diessere per questo triste. È chiaro a que-sto punto che gli orientamenti fonda-

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DALLE EQUIPES

Pensierisulle Beatitudini

Siamo fermamente persuasi che ladiversità è sinonimo di ricchezza,

specie se scaturita dal terreno evange-lico e animata dallo Spinto Santo, che«soffia dove vuole e ne senti la voce,ma non sai da dove viene e dove va».

È con questo convincimento che lecoppie della nostra équipe hanno ade-rito alla richiesta di portare ciascunaun proprio contributo alla meditazionesul tema delle Beatitudini (Mt 5,10; Lc5,4; 6, 21b; 6,22). Ognuna ha eviden-ziato un aspetto differente, ha coltouna diversa implicazione, ha dato allariflessione sull’argomento una diffe-rente sfumatura, ora più personale econcreta, ora più spirituale, ora piùattinente all’odierno contesto sociale,ora più dilatata e universale. Le propo-niamo di seguito, rispettandone la

varietà e l’originalità.Per noi, figli della civiltà dell’im-

magine, dove ciò che conta è apparire,ingrandire e colpire e la sapienza sem-bra essere quella egocentrica ed egoi-sta del darla a bere il meglio possibile,l’umiltà sembra non costituire più unavirtù. Questo fenomeno ci porta allaconsiderazione di autosufficienza e disovrastima di noi stessi, fino a quandonon troviamo l’ostacolo che ci mettedi fronte ai nostri limiti. Allora arriva-no la disperazione e le tragedie chetutti i giorni vediamo. Ci accorgiamoche per trovare ristoro l’unica strada èquella insegnata dal Maestro. Non èun insegnamento marginale delVangelo, quello sull’umiltà e la mitez-za, anche se facciamo finta di esserce-ne dimenticati. La nostra pace e lanostra serenità stanno nel ritrovarequesta antica via, percorsa da Gesù edai suoi migliori discepoli.

L’umiltà non è un’umiliazione, cioè

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DALLE EQUIPES

Equipe Calolzio 1

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stizia”. Secondo le categorie moraliumane, il giusto è chi riceve ciò che sie meritato, cioè il corrispettivo del suocomportamento. La giustizia divina ètutt’altra cosa: va oltre (e talvolta con-tro) la Legge, perché ha come misural’amore. Nella società attuale, pertanto,saranno i più deboli ad essere perse-guitati, nel senso indicato dalla beati-tudine. Di fatto, saranno quelli definitidal Vangelo come «ultimi». Al tempo incui fu scritto il Vangelo, erano i paga-ni, i peccatori le prostitute, i poveriche, in quanto tali, non erano in gradodi rispettare tutte le prescrizioni cultu-rali imposte dai farisei di stretta osser-vanza. Ai nostri giorni, gli ultimipotrebbero essere tutti quelli a cui lavita non va come dovrebbe: le personesenza speranza, convinte che la lorosorte non è modificabile, che nonvedono alcuna possibilità di recuperarela loro dignità di uomini. Quando cisoffermiamo a meditare, singolarmenteo in coppia, sulla nostra posizione dicreature nei confronti di chi ci ha fattodono della vita, ci domandiamo sesiamo sufficientemente perseguitatiper causa della giustizia; se, in altritermini, ci sappiamo donare agli altri,se siamo coscienti che in ogni essereumano c’è sempre qualcosa di assoluto

che trascende ogni situazione sociale.Abbiamo constatato che per noi è rela-tivamente facile ascoltare le esigenze,le necessità del nostro prossimo e farcisentire vicini, senza chiusure aprioristi-che; più difficile invece ci risulta ilvedere sempre in lui l’immagine di Dio.Siamo convinti comunque che ci siaun ostacolo non indifferente da supe-rare, per vivere questa beatitudine.Come insegnavano Paolo e gli apostoli,«non bisogna lasciarsi vincere dal male,ma vincere col bene il male». Gesù sirivolge direttamente ai perseguitati:«vostro è il regno dei cieli». La beatitu-dine non offre progetti economici, néprogetti politici, ma una speranza soli-da, perché sostenuta e garantita dallaSua croce. La beatitudine si rivolge atutti i cristiani, impegnandoli in unpercorso di conversione. Se noi avremola passione della giustizia, e non soloun vago interessamento, l’impegnosarà totale, quotidiano, perchécoscienti che la parola ‘giustizia’ nelVangelo ha un significato globale, uni-versale: non solo giustizia per il singo-lo, per quelli che stanno dalla nostraparte, ma per tutti, senza distinzione.Lo stile del discepolo, del cristiano, èinconfondibile: rifiuta la violenza e sapagare il prezzo della persecuzione. Si

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DALLE EQUIPES

mentali indicati dalle beatitudini sonodue: aprirsi al dono di Dio (fede) e per-mettere che questo dono si allarghi aifratelli e crei una comunità (carità)… Ein tutto questo c’è una costante. Laparola “beatitudine” indica gioia.L’esistenza che si modella sulle beatitu-dini è paradossalmente un’esistenzagioiosa, un meglio, non un peggio …».

Come può, allora, una coppia cri-stiana tradurre, o quantomeno tentaredi vivere lo spinto delle beatitudininella quotidianità del proprio rapportoconiugale e familiare, nella cerchiadegli amici, nell’ambito lavorativo, nelpiù ampio contesto sociale? Se pensia-mo alla nostra esperienza personale epassiamo in rassegna gli anni trascorsiinsieme, dobbiamo riconoscere di averea volte sofferto, avvertendo tra noi onei confronti degli altri svariate formedi persecuzione. Riteniamo sia espe-rienza comune di quanti si sposano inCristo il venire fraintesi, derisi, disprez-zati, o l’essere oggetto di critiche, mal-dicenze, persino manovre vendicative,per avere difeso strenuamente i valoriin cui credono, per essersi schierati afavore di chi è più debole, contrastan-do così la mentalità corrente; per averelottato, con l’intento di costruire unmondo più giusto, anche a rischio di

divenire impopolari, per non avereceduto ai compromessi allettanti, peressersi mostrati disponibili a rinunciarealla tranquillità ovattata di un’intimistachiusura a due. Dobbiamo riconoscereinoltre che quando abbiamo subito leincomprensioni, i dispetti, le angheriecon atteggiamento vittimistico (ed unapunta sottile di autocompiacimento),o, peggio, inerte e sfiduciato, la nostraafflizione si è rivelata sterile, addirittu-ra controproducente. Ogni volta in cuici siamo adoperati invece per affronta-re i momenti duri, gli attriti interperso-nali, l’impopolarità con serena deter-minazione, consapevoli del nostroimpegno e insieme della nostra fragi-lità “Se il Signore non costruisce lacasa, invano faticano i costruttori. Se ilSignore non custodisce la città. invanoveglia il custode. Invano vi alzate dibuon mattino e tardi andate a riposare,per mangiare un pane di sudore: ilSignore lo darà ai suoi amici nelsonno”, la persecuzione ha rappresen-tato un prezioso contributo alla nostramaturazione di vita e di fede.

Marialuisa e Ambrogio

Riteniamo sia opportuno soffer-marci sul significato del termine “giu-

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DALLE EQUIPES

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Beati gli afflitti…

…perché sanno dire grazie, e illumi-narsi di gioia anche per una piccola,insignificante premura che sentonorivolta a sé, una risposta gentile, unaindicazione appropriata, un attimo ditempo in più dedicato a una spiegazio-ne. È una delle prime cose che hannocolpito Paola all’ospedale di Trasteveredove presta servizio durante la settima-na, al limite fra lavoro e volontariato. Èun mosaico di umanità dolente che sirivolge ai medici, alle assistenti sociali,ai mediatori culturali, agli psicologi eagli altri operatori dell’ospedale: vecchie poveri del quartiere, senza fissa dimo-ra, barboni, immigrati senza assistenza,zingari, tossicodipendenti, alcolisti, per-sone costrette alla prostituzione, schia-ve e schiavi del piacere degli altri.

Basta attraversare il fiume e varcarela soglia del settecentesco fabbricato,per trovarsi in mezzo a una babele diidiomi, di fogge, di pigmenti, di biso-gni. È una tradizione che continua:infatti una lapide marmorea, sullaparete del grande atrio dell’Istituto,ricorda a chi entra che l’ospedale fufondato nell’anno santo 1725 dal papaBenedetto XIII per accogliere e curare imalati di Roma e i pellegrini che giun-gevano nella città da tutta Europa,specialmente i poveri e gli esclusiaffetti da malattie della pelle, soprat-tutto la lebbra e la scabbia.

Nel Servizio di Medicina delleMigrazioni si fa ricerca, si scrivono testi,si fanno interventi a convegni interna-zionali, si svolgono missioni all’estero,ma poi si torna in prima linea. C’è il bar-bone che soffre di diabete o di malattievascolari, tipiche di chi sta immobile perore su uno scalino o su di una panchina,c’è l’alcolista con la cirrosi e il fegato a

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DAGLI EQUIPIERS

A proposito diMatteo 5,4

Paola e Antonio D’AmicoRoma 21

compromette, suscita problemi, disagi,non ricorre a mezzi non evangelici,neppure per fare prevalere il Vangelo.L’impegno è indubbiamente al di sopradelle nostre capacità, ma Gesù ci dice:«Perché siete così paurosi?» (Mc 4, 40).Sono necessari serenità e impegno, maila paura ci deve bloccare e farci rin-chiudere in noi stessi.

Luisa e Giorgio

Pensando alla persecuzione cisembra che non riguardi noi, almenoattualmente. Questa terribile parolaevoca tanto sangue e lacrime sparsenel corso del secoli a causa di guerredi religione, di sopraffazioni sui piùdeboli e indifesi, magari con la scusadi diverse idee politiche. Anche oggi,mentre pensiamo a questo, da qual-che parte tante persone vengono per-seguitate. Noi ci sentiamo impotentidi fronte a tale dolore e possiamosolo supplicare Dio di ispirare il benea tutti.

Nel nostro piccolo però possiamodire che alcune volte, se non proprioperseguitati, abbiamo avvertito tensio-ne e non accettazione delle nostrescelte. Perché quando si tenta di sce-gliere di favorire i più deboli che ci

vivono accanto, pur con fatica, ci vienedetto “`tanto peggio per voi”, non civiene dato aiuto e si è pure screditati?Non e forse anche questa una sottilepersecuzione? Gesù comunque ci dàuna risposta chiara: «Quale meritoavete ad amare coloro che vi amano?».Egli vuole da noi qualcosa di moltodiverso; «Amate i vostri nemici, pregateper i vostri persecutori, perché siatefigli del Padre vostro celeste» (Mt 5,38-48). La nostra esperienza di pregareper coloro dai quali non ci sentiamoamati ci ha aiutato sentire veramenteliberi e sereni, perché ci ha aiutato asentirci veramente tutti fratelli di vita,tutti bisognosi di conforto e di pace.solo in questo modo ci è possibile nonessere persecutori a nostra volta.Infatti, rispondere con il male al maleporta solo infelicità.

Sembrerebbe debolezza non rispon-dere con l’offesa a chi ci ha fatto deitorti; invece, questo modo di compor-tarci ci procura intima gioia e forza percontinuare nella speranza. Non èimpresa facile, ma solo guardando esforzandoci di seguire Colui che è«mite ed umile di cuore». avremo l’aiu-to e la certezza di essere incamminatisulla giusta strada.

Mariella e Gianni

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DALLE EQUIPES

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… perché saranno consolatiL’afflizione chiama l’aiuto, sollecita

risposte e conforto. La sofferenza deglialtri, prima o poi, stimola e risveglial’attenzione di chi in quel momentonon è afflitto, turba, disturba, ecostringe a muoversi, a fare qualcosaper alleviarla, non fosse altro che percalmare un proprio senso di colpa.

… saranno consolatiAlle afflizioni chiaramente indivi-

duabili come tali, guerre, disastri natu-rali, malattie incurabili, si accompa-gnano quelle che quotidianamenteognuno di noi sperimenta, e il peso diqueste sofferenze, oltre che dalla lorooggettiva gravità, è dato dall’intensitàdi dolore che si prova, dalla sensibilitàpersonale. Nessuno può conoscerlo senon chi lo subisce. Ma chi, oltre a gri-dare al momento dell’angoscia “Diomio, Dio mio, perché mi hai abbando-

nato?” riesce, anche solo con un filo divoce, ad aggiungere “A Te affido lamia vita” trova sempre risposta.

Il Consolatore che il Signore hapromesso è accanto a noi, e ci si offreattraverso il cuore e le mani delle crea-ture che Dio ci mette vicino.

… saranno consolatiRicordiamo una singolare, provo-

catoria espressione di Tonino Bello:Abbiamo sempre insegnato che biso-gna consolare gli afflitti, ma nonabbiamo mai invertito le parole dicen-do che bisogna affliggere i consolati…essere una spina nel fianco dellagente che vive nelle beatitudini dellesue sicurezze…

Questo accade le troppo rare volteche riusciamo a scuoterci dall’apatia, anon evitare il rapporto con chi soffre, alasciarci coinvolgere nei suoi problemi, aspezzare il tempo, le forze, la vita con…

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pezzi, il tossico in crisi di astinenza chechiede aiuto per sé o, a volte, per unamico; il piccolo accattone che non rie-sce più a respirare, dopo una giornata diveleni ai semafori; la prostituta chedomanda sicurezza, ma non può o nonvuole smettere il mestiere; il pensionatopovero, che ha bisogno di una medica-zione; lo straniero, il clandestino, che haavuto un incidente sul lavoro o è statoferito in una rissa, e si trascina saltellan-do su una stampella di fortuna…

A due passi dal prestigioso edesclusivo centro di Roma e dai piùimportanti palazzi del potere, èimpressionante constatare quanti, pro-vati da molti tipi di afflizioni, cercanodi sopravvivere, sentendosi umiliati difronte a coloro che si atteggiano apotenti, vincenti, che credono di aversempre ragione e pensano che infondo, quegli sconfitti, la loro sventurase la sono meritata.

beati gli afflitti…… perché sanno risorgere. In quegli

sconfitti, infatti, quando essi avvertonoche le loro sofferenze sono considerate etrattate con delicatezza e rispetto, subitoriaffiora una scintilla di fiducia e distima di sé, un guizzo di dignità, e per-sino di orgoglio. Nel Servizio è bandita

la parola utenza, e mal tollerata la paro-la caso. Sono esclusivamente personequelle che si presentano, e hanno dirittodi cura e di assistenza, e non dovere digratitudine verso dei benefattori.

E quando le sollecitazioni e il dolo-re non sono tanto distruttivi da soffo-care ogni istinto di resistenza e la stes-sa forza vitale, conducendo alle piùgravi forme di depressione e di autodi-struzione, alla follia, al suicidio, la sof-ferenza molto spesso sveglia energie,fa emergere capacità che non pensava-mo di avere.

beati gli afflitti… … perché sono tante le cose che la

sofferenza insegna: umiltà, franchezza,essenzialità... Cadono le sovrastrutturee si arriva a una verità su se stessisenza illusioni, anche se poi l’istinto disopravvivenza e di conservazione aiutaa riedificare molti steccati e costruzionidifensive, generando di nuovo dissimu-lazione, rabbia, aggressività, violenza.Ma toccante è in genere la solidarietàche si crea fra i sofferenti, la prontezzaa percepire il bisogno dell’altro, a con-dividere, ad aiutarsi, ad affidarsi. Piùpronto a far questo è sempre qualcunoche, in qualche modo, è stato provatodall’afflizione.

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Io non condivido le tue idee,ma lotterò con tutte le mie forze perché tu come me,

possa esprimere liberamente il tuo pensiero.

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non sia racchiuso nel grido di Gesù; labuona notizia è proprio il fatto che Luisia lì, anche nel sepolcro. Gesù non milibera dalla morte, bensì nella morte.

Nella rappresentazione della lavan-da dei piedi Gesù si inginocchia davan-ti a Pietro, quindi lo immaginiamoinginocchiato anche davanti a Giuda,in un gesto che si può definire di dol-cissimo perdono.

Il capo di Gesù, coperto dal mantodella preghiera, si immerge nel grembodell’altro, a significare la ricerca dellacomunione con l’altro, l’ascolto privodi pregiudizio e possessività dellapovertà dell’altro per farlo rivivere.

Ancora nel quadro, il volto di Gesùnon si vede se non nel catino conte-nente l’acqua ed è sovrapposto ai piedidi Pietro. Troviamo il volto di Dio neinostri piedi piagati, che a volte sba-gliano strada.

L’abbandono nella preghiera alPadre ha portato Gesù qui, nel grembodi Pietro, nel grembo dell’uomo… LaKenosi, la via discendente, di Gesù è ilfrutto della sua preghiera.

Nella lavanda dei piedi Gesù ha

“perso la faccia”, stravede per te. Nondevi conquistare l’amore di Dio.Lasciati amare piuttosto. In questigiorni di meditazione più che a pensa-re a cosa dobbiamo fare, don Stefanoci ha invitati a chiederci quante voltenon ci siamo lasciati amare gratuita-mente, senza restituire, quante voltesiamo stati perdonati.

La resistenza di Pietro (“Non milaverai mai i piedi”) è l’orgoglio dell’au-tosufficienza, la difficoltà di ritenere didover qualcosa a qualcuno, a credereche Dio mi ami davvero tanto .Quella diPietro è la logica che tutto va guada-gnato, do ut des. Quanta ansia e agita-zione inutili ci procuriamo perché fon-diamo il valore di noi stessi sul modo incui gli altri reagiscono con noi.

La fede non è accettare che Gesù èDio, ma che Dio è quest’uomo Gesù,in ginocchio davanti a noi che ci lavai piedi.

Il servire è azione divina (anche infamiglia), non il comando, il potere.

I fondamentalisti pensano che l’uo-mo serve Dio e si fanno martiri.

Infine l’abbraccio di Pietro (“Nonsolo i piedi, ma anche le mani e ilcapo”) esprime da una parte la paura

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Il dipinto di Sieger Koder è stato lostrumento efficace per la meditazio-

ne centrata sulla “lavanda dei piedi”(Gv 13,1-17) condotta con simpaticamaestria da don Stefano Colombodurante gli esercizi spirituali dei settoridi Cassano M. e Busto Arsizio lo scor-so settembre.

Riassumere in una pagina unameditazione così ampia e coinvolgentenon è possibile. Sicuramente ha lascia-to dentro di noi una traccia indelebilee uno spiraglio di luce efficace percomprendere un po’ di più il misterodi Cristo.

La lavanda dei piedi è in sé ungesto semplice, quotidiano, umile chediventa qui un gesto rivoluzionario(neppure ad uno schiavo si poteva

chiederlo), sconvolgente perché qui“Dio serve l’uomo”.

Gesù ha scelto la via discendente,non una volta ma più volte. In ognimomento decisivo della sua vita haseguito liberamente la via che lo por-tava in basso.

Dopo aver vissuto volontariamen-te per 30 anni in mezzo alla gente diNazareth come uno sconosciuto ini-zia la sua vita pubblica mettendosi infila tra i peccatori per ricevere il bat-tesimo (morirà anche in mezzo aipeccatori). Gesù ci presenta così unDio potenza di un amore che si spo-glia di tutto e servo; ed è proprionella povertà assoluta sulla croce(“Padre, perché mi hai abbandonato”)che lo incontriamo, là dove pensiamoche sia assente, quando tocchiamo inostri limiti, nella disperazione.

Non c’è grido di disperazione che

Dio servel’uomo

Savina e Walter RivaBusto Arsizio

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Il “discorso della montagna” di Gesùe’ un segno forte del superamento

del Vecchio Testamento. Il vero cristia-no non si deve accontentare di rispet-tare i dieci comandamenti, ma vienechiamato da Gesù a fare qualcosa dipiù. Questo passo del Vangelo ci inter-roga fortemente sui nostri comporta-menti quotidiani. Noi cristiani di oggimeditando sui comandamenti ci sen-tiamo tutto sommato tranquilli: non cisogneremmo mai di rubare, di uccidereo di commettere adulterio. Questo,apparentemente, ci potrebbe fare sen-tire a posto con la coscienza. In realtàCristo ci chiede molto di più.

Calando il discorso della montagnanel nostro XXI secolo ci accorgiamoche il mondo in cui viviamo è in realtàmolto lontano dallo spirito cristiano. Ipoveri in spirito, i miti, i misericordiosi

chi sono oggi? Forse i poveri di spiritosono coloro che non fanno sfoggio diricchezza, gli umili, quelli che ante-pongono il servizio per gli altri alleambizioni personali, quelli che dedica-no il loro tempo e le loro energie alprossimo anziché mettersi esclusiva-mente al servizio di se stessi. I mitisono quelli che non conoscono l’arro-ganza e la prevaricazione.

Sono quindi “beate” le persone chenon approfittano delle circostanze persopraffare il prossimo per i propri inte-ressi. I misericordiosi non giudicano,non conoscono il pettegolezzo, anzi,se subiscono un torto perdonano.Sono dunque tutte persone “fuorimoda”, danno “scandalo” per causa diCristo e spesso sono derise perché nonsi allineano al pensare comune. Inparole povere sono quelli che la genteaddita spesso come “fessi”.

Pensiamo che oggi ogni piccologesto quotidiano possa avere implica-

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A confronto conle Beatitudini

Alfonso e Cristina MaffezzoliLecce 12

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di perdere Gesù e dall’altra il desideriodi essere completamente sanato, diseguire Gesù sulla via discendente.

Sullo sfondo del quadro si intrave-dono l’ostia e il calice: l’Eucarestia èl’immergersi di Gesù nel mio grembo,

nel mio cuore, è il perdono dolcissimo,è un Dio che si fa “mangiare”.

Nell’Eucarestia impariamo a servire;il pane è il nutrimento necessario pervivere il servizio.

Quando ti sei svegliato questa mattina ti hoosservato e ho sperato che tu mi rivolgessila parola anche solo poche parole, chiedendola mia opinione o ringraziandomi perqualcosa di buono che era accaduto ieri. Però ho notato che eri molto occupato a cercare il vestito giusto da metterti perandare a lavorare. Ho continuato adaspettare ancora mentre correvi per la casaper vestirti e sistemarti e io sapevo che avrestiavuto del tempo anche solo per fermartiqualche minuto e dirmi: “Ciao”.Però eri troppo occupato. Per questo hoacceso il cielo per te, l’ho riempito di colori edi dolci canti di uccelli per vedere se così miascoltavi però nemmeno di questo ti seireso conto.Ti ho osservato mentre ti dirigevi al lavoro eti ho aspettato pazientemente tutto il giorno.Con tutte le cose che avevi da fare,suppongo che tu sia stato troppo occupatoper dirmi qualcosa.Al tuo rientro ho visto la tua stanchezza eho pensato di farti bagnare un po’ perchél’acqua si portasse via il tuo stress. Pensavodi farti un piacere perché così tu avrestipensato a me ma ti sei infuriato e hai offesoil mio nome, io desideravo tanto che tu miparlassi, c’era ancora tanto tempo.Dopo hai acceso il televisore, io ho aspettato

pazientemente, mentre guardavi la TV, hai cenato, però ti sei dimenticato nuovamentedi parlare con me, non mi hai rivolto la parola.Ho notato che eri stanco e ho compreso iltuo desiderio di silenzio e così ho oscurato losplendore del cielo, ho acceso una candela,in verità era bellissimo, ma tu non eriinteressato a vederlo. Al momento di dormire credo chefossi distrutto.Dopo aver dato la buona notte alla famigliasei caduto sul letto e quasi immediatamenteti sei addormentato. Ho accompagnato il tuosogno con una musica, i miei animalinotturni si sono illuminati, ma non importa,perché forse nemmeno ti rendi conto che iosono sempre lì per te.Ho più pazienza di quanto immagini.Mi piacerebbe pure insegnarti ad averepazienza con gli altri. TI AMO tanto che aspetto tutti i giorni unapreghiera: il paesaggio che faccio è solo per te.Bene, ti stai svegliando di nuovo e ancorauna volta io sono qui e aspetto senza nientealtro che il mio amore per te, sperando cheoggi tu possa dedicarmi un po’ di tempo.

Buona giornata...

Tuo papà DIO.

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Una ammissione di colpevolezza èindispensabile per definire la corni-

ce entro la quale verrà sistemato il qua-dro e per essere sinceri fin dall’inizio.

Sono stato sempre contrario alpilotaggio perché avevo la certezza,ma era solo sensazione, che altre cop-pie fossero più preparate di quella cheio e mia moglie componiamo da qua-rant’anni e dintorni.

Da ragazzo pensavo che chi pre-gava con le palpebre abbassate, latesta inclinata e le mani perennemen-te e teneramente giunte pregavameglio di me. Poi mi sono convinto,e lo sono tuttora, che anche la miapreghiera interrotta qualche volta daricordi o da pensieri estranei a quelmomento di raccoglimento era accet-tata dal Destinatario.

Quella classifica mentale mi ha

accompagnato, anche se non più vin-cente, fino ai miei attuali sessantaanni abbondanti ed ho sempre pensa-to che quelle coppie capaci di richia-mare durante una conversazione unversetto della Bibbia, un articoloapparso su Lettera END, una frasedetta da un cardinale fosse più indi-cata al pilotaggio.

Era un errore, ma l’ho scopertotardi e non mi consola l’espressione“meglio tardi che mai”. Ho persotempo e non ho messo a disposizionedel Movimento la mia capacità e quelladell’altra metà della coppia.

Quando si è presentata la possibi-lità di pilotare una nascente équipe inMolise mi sono proposto, e con mesempre l’altra metà che compone lacoppia da tanti anni, più per motivigeografici ed affettivi che per certezzadi predisposizione. Avevo lavorato aCampobasso e conservavo ricordi tal-mente piacevoli che ero disposto a

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Un’esperienzadi pilotaggio

Ettore e Virginia BecattiniSulmona 3

zioni per noi spesso impensabili madirette verso comportamenti anticri-stiani, anche se ciò ovviamente accadeinvolontariamente. La complessitàdella nostra società è tale per cui siasul lavoro che ogni giorno le nostreazioni possono determinare eventi ecause molto diverse da quelle che ciaspettiamo. Come esempio forse appa-rentemente paradossale basti pensarealla scelta di un prodotto al supermer-cato. Tale scelta premia così la strate-gia di produzione e vendita di unaazienda rispetto ad un’altra in base aprincipi di prezzo o qualità ma certa-mente non “etici”. Sappiamo se la pro-duzione di quel prodotto avviene nelrispetto del diritto dei lavoratori, deiminori, dei lavoratori del terzo mondoe dell’ambiente? Involontariamente(ma quanto?) potremmo contribuire aldiffondersi di comportamenti certa-mente non cristiani.

Aderire al Vangelo significa oggifare una scelta controcorrente, in alcu-ni casi anche all’interno della comunitàdei cosiddetti credenti spesso tali solonella forma. Tale scelta deve esserechiara, anche a costo di essere “impo-polare”; ma, ci assicura Gesù, allalunga premia il cristiano permettendo-gli di ottenere la vita eterna. In realtà

l’esperienza insegna che vivere piena-mente la parola di Dio porta i suoifrutti già in questa vita anche se ciòspesso accade dopo molto tempo: ifrutti si raccolgono molto tempo dopoavere seminato.

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Ogni uomo

Ogni uomo che ti passa vicinoè tuo fratello.Le persone alle quali staiabitualmente accanto lo sonoancora di più.Avvicinale come se le avessiconosciute da sempreGli uomini troppo spesso,non sono cattivi, ma frustratinell’affetto.Consenti loro, aiutandolidiscretamente, di potersi aprire.Sappi sorridere molto,giacché il sorriso creaun ambiente.Sii uomo del sorriso,ma non del compromessoSforzati di acquistareun sano senso dell’umorismo:il mondo è già troppo serioed ha bisognodi essere sdrammatizzato.

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“Marcia della Pace Perugia-Assisi: ioc’ero!”, questa la scritta sul fazzo-

letto che molti portavano al collo per25 sudatissimi chilometri di pace. I piùfieri, i bambini; numerosi, sulle lorogambette o in passeggino, i disabilisulle carrozzelle e perfino un cane,Oliver, trotterellava convinto, fazzolet-to al collo, in quella calca accaldata.Molti, ma non tutti, perché eravamotalmente numerosi, al di sopra di ogniaspettativa e previsione, che in tantisiamo rimasti senza.

Il clima ci ha fatto la migliore acco-glienza: rara domenica assolata, addi-rittura estiva, in questo eccezionaleautunno caldo e piovoso.

La folla coloratissima e festosa chegremiva la piazza del raduno, aPerugia, ha vissuto i primi momenti diincertezza, all’inizio, nella fatica di

snodare un corteo che non trovavastrade larghe abbastanza per contener-la, scalpitante al desiderio di iniziare ilpercorso, ha continuato a partire perore e ore mentre la testa del corteoraggiungeva quasi Assisi.

Ogni gruppetto, piccolo o più nume-roso, aveva avuto modo di sbizzarrire lafantasia e l’estro artistico, esprimendosiin striscioni originali per chiarire la pro-pria identità o appartenenza.

I più banali, quelli delle organizza-zioni sindacali o di partito; i piùnumerosi quelli portati dai ragazzidell’Agesci – ordinatamente in divisa –davvero insperatamente tanti e parte-cipi, da tutte le città d’Italia; i piùfantasiosi quelli delle aggregazionigiovanili più disparate, quelli dei bam-bini delle scuole, presenti anche loro,almeno per un tratto; i più compostiquelli di piccole associazioni di pen-sionati pimpanti; puntuale risposta aduna provocazione ricevuta la sera pre-

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Perugia - Assisi:in marcia per la pace

Donatella CànniciGenova

qualsiasi sacrificio pur dì tornare inmaniera continuativa, anche se sal-tuaria, in quella zona.

Ero disposto pure al sacrificio delpilotaggio che comportava il supera-mento della mie convinzioni sullecapacità ed un via vai di 175 chilome-tri, sia in andata che in ritorno.

E’ stata la decisione più bella cheho preso negli ultimi anni, ma nonper i ricordi che ho rinverdito, né pergli amabilissimi molisani che ho rin-contrato, ma per l’équipe che ... stavoper scrivere “ho aiutato a crescere”.

Quella équipe con i suoi compo-nenti ha aiutato me e mia moglienella nostra coppia.

E’ vero, abbiamo insegnato ilmetodo END nei limiti che noi stessiconserviamo, abbiamo affrontatoassieme i libretti verdi, ci siamo visticostretti a “preparare la lezione”, maquello che abbiamo ricevuto è superio-re, decisamente superiore, a quello cheabbiamo dato.

Mi sono pentito di aver pensatoad un pilotaggio in ottica geo-socio-logico-affettiva con qualche rifischiodi piacevoli ricordi mai sopiti e sem-pre richiamati alla mente.

Il pilotaggio ha arricchito più lamia coppia che quelle che hanno

dato vita alla nuova équipe.Parlo della nuova realtà nella sua

interezza perché ogni équipier, singoloo come componente una coppia, èstato generoso in sentimenti, in bontà,in predisposizione ad apprendere.

Tutti uniti attorno alla guida spiri-tuale che ha dato il suo contributocon tratto paterno.

Io e mia moglie siamo tornati arric-chiti e siamo convinti che tutte le cop-pie dovrebbero cimentarsi in un pilo-taggio perché al contributo di crescitache il Movimento riceve, si accompa-gna un miglioramento personale per lacoppia pilota. In economia si chiama“valore aggiunto”.

Mi viene da pensare che una nuovaesperienza di pilotaggio potrebbeavere, per me e mia moglie, una sfu-matura di egoismo. Andremmo nuova-mente a guadagnare.

A Ripalimosano non abbiamolasciato una fetta della nostra prepara-zione END, non abbiamo lasciato unpoco del nostro cuore come si dicecomunemente ma abbiamo trovatouna famiglia alla quale ci sentiamofraternamente legati.

“l’altra parte della coppia”

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ancora, ma sul serio; i gruppi diimmigrati, i palestinesi rappresentantidelle loro popolazioni provate dallaguerra, le “donne in nero” - a luttoper le loro simili, private di ognilibertà - le donne con il “burka”: tuttisi sono uniti a questa fiumana digente in marcia, condividendo lafesta, e portando la testimonianza delloro dolore, perché la volontà di pacenon si accontenti di urlare e danzarein una domenica di sole, ma fondi leradici e inventi progetti nella consa-pevolezza dei drammi di un mondo,da risollevare

“Un popolo di pedoni”, scrivevaErri DeLuca, a commento; pedoni intutti i sensi, con “i piedi in terra” di chisa che non basta dire “no”, ma ènecessario anche leggere la realtà eindividuare delle alternative; di chimarcia leggero, con poco bagaglio,vestito sobriamente, perché il percorsoé lungo e faticoso, le mani da stringeretante, gli abbracci da intrecciare, lastanchezza da sostenere; e più deglieffetti personali, è meglio tenere alto

tra le mani, lo striscione, a confermare:“ci siamo anche noi”; per una voltaquindi, giovani e adulti, e bambini eportatori di handicap, più leggeri, amani libere, per esprimere anche così lavolontà di eliminare ogni tipo di bar-riera o di ostacolo alla pace.

Forse le polemiche per l’annuncia-ta partecipazione di chi ha votato perl’intervento armato, forse il ricordoancora bruciante dei fatti di Genova,comunque la preoccupazione per legrandi concentrazioni di folla, i ltimore dei possibili, così detti “infil-trati”, tanti fattori insieme, avevanocolorato la vigilia dei partecipanti diun po’ di tensione e di incertezza;incoraggiato i negozianti e i gestoridegli esercizi pubblici della zona aserrare i loro battenti, negando servi-zi preziosi; ma fra Perugia e Assisi,quest’anno l’armonia tra diversi, latolleranza, la gioia dell’incontro erapiù forte di ogni difficoltà, ha saputocogliere la sfida e rispondere conordine, compostezza, allegria, conproposte di pace.

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cedente, durante uno dei tanti talk-show televisivi, lo striscione di altriragazzi e adulti insieme: “Noi siamochiesa”; tristemente vero quellodell’Unione Atei: “Per fare le guerre,le religioni non sono indispensabili,ma aiutano molto”.

Ogni età, portava se stessa e il suodesiderio di dire no alle soluzioni vio-lente, la sua chiarezza nel fare propo-ste alternative: “acqua, cibo e lavoroper tutti” era lo slogan della marcia;anche nella fatica, ogni età esprimevail meglio di se stessa: sfoderava lamigliore disponibilità all’accoglienza,alla festa, alla collaborazione, allacapacità di superare i disagi, che eranomille e uno in più di quanto si potesseprevedere, anche rispetto alle prece-denti esperienze di marcia.

Disagi per il numero dei parteci-panti e per il clima, ambedue imprevi-sti; ma soprattutto per la scarsa acco-glienza di un’amministrazione chenon ci ha favorito il percorso, costrin-gendoci, per alcuni tratti a “scollina-re”, che non ha saputo o volutoattrezzare punti di ristoro e neanchepossibilità di raccogliere rifiuti: e dellebottigliette d’acqua, che il sole cocen-te costringeva a consumare a migliaia,ne abbiamo fatto ordinate montagno-

le, ai lati della strada. Ma nessunaintolleranza, nessun disordine, nean-che nessun malumore, ha dato rispo-sta a questo esplicito rifiuto, solosolidarietà reciproca, entusiasmo diessere così numerosi e diversi, volontàdi conservare un clima di festa e paci-fico, in sintonia con le migliori inten-zioni di partenza, nonostante la notteinsonne, in pullman, che ha precedutola marcia per la maggior parte deipartecipanti.

I giovani erano tanti, e hannosaputo testimoniare di non essere solocapaci ad organizzarsi “contro”, né diessere solo discotecari, o video dipen-denti, abituati alla vita comoda; gliadulti hanno stupito: dopo gli anni“caldi” delle grandi manifestazioni dipiazza e le conseguenti “ritirate”, unpo’ deluse, un po’ disincantate, hannosaputo cogliere l’eccezionalità delmomento e rispondere con rinnovatoentusiasmo e pacata consapevolezza;le giovani famiglie con bimbi a carico,nell’età in cui anche i più “impegnati”si lasciano sfiancare dalla routine di“panni, pappe, popò e pipì”, sonousciti in strada, ci hanno aspettato suiprati, si sono messi in marcia, testi-moniando anche ai loro piccoli lacapacità di giocare, di “giocarsi”

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Mi sembra di aver capito che Dioesaudisce sempre le nostre richieste(ovviamente quando sono sensate),perché ci ama e vuole esclusivamente ilnostro bene. Ma solo Lui conosce cosaserva maggiormente ad ognuno di noi,per la nostra personale “purificazione”(perché Lui ci vuole “perfetti come per-fetto è il Padre che è nei cieli”); per cui“i suoi tempi non sono i nostri tempi, lesue vie non sono le nostre vie”.

Noi dobbiamo quindi abbandonarcinelle Sue braccia di Padre amoroso ecredere (anche contro ogni evidenza) esperare contro ogni speranza, che laprofezia di Isaia ha trovato, con lavenuta di Gesù, il suo compimento e,quindi, si compirà anche, prima o poi,per ciascuno di noi (prima o poi, per-ché per Lui “mille anni sono come ungiorno, e un giorno come mille anni”).La profezia di Isaia è questa: “Dite aglismarriti di cuore: coraggio non temeteecco il vostro Dio viene, giunge la ven-detta, la ricompensa divina; egli viene asalvarvi. Allora si apriranno gli occhidei ciechi e si schiuderanno gli orecchidei sordi: Allora lo zoppo salterà comeun cervo, griderà di gioia la lingua delmuto, perché scaturiranno acque neldeserto, scorreranno torrenti nella

steppa. La terra bruciata diventerà unapalude, il suolo riarso si muterà in sor-genti d’acqua”. (Is 35, 4 -7)

I miracoli per così dire “estempora-nei”, avvengono anche, come sonoavvenuti ai tempi di Gesù, ma sonosolo dei segni più evidenti (concessiciper “puntellare”, di tanto in tanto, lanostra nuda fede), segni per dimostrareche, con la venuta di Gesù, è arrivatala salvezza per ognuno di noi, e ilParadiso sarà la nostra eredità!

“Signore, io credo, ma aumenta lamia fede; fa che non soccomba nellaprova, perché sento che la disperazione èsempre in agguato, e liberaci dal male!”

CONDIVISIONE

Beatigli afflitti

In questi giorni di forte sofferenza,sono riuscita a tenere ben stretta la

mano a Gesù, come quando un bam-bino ha il terrore di qualcosa e siaggrappa saldamente al suo papà oalla sua mamma. Mi sono sentita unitaalla Croce di Cristo ed ho offerto tuttala mia sofferenza e tutta me stessaperché “venga il suo Regno”. A volte,questo credere nel valore dell’offerta,veniva come coperto dal velo del dub-bio, ma ho cercato, con forza e deci-sione, di strapparlo.

Sono arrivata ad urlare di essereesausta ed il Signore, che “mi scrutae mi conosce”, mi ha concesso un po’di tregua e mi ha ossigenata; hovisto, in questo, la sua tenerezza neimiei confronti.

Così come i momenti di oscurità edi sconforto di uno della coppia, sono

quasi di stimolo all’altro, (lo definirei“costrizione amorosa occulta”) nell’evi-denziare i più reconditi aspetti positivio i miglioramenti.

In questo dolore che mi fa piange-re, il Signore mi rigenera, perché mistimola a non crogiolarmi nel miodolore, quasi per trovare una sorta diricompensa, ma a mettere in pratica labeatitudine che dice “beati gli afflittiperché saranno consolati”, e la Paroladi Gesù che dice: “tu, quando digiuni,profumati la testa e lavati il volto, per-ché la gente non veda che tu digiuni,ma solo Tuo Padre che è nel segreto, e ilPadre tuo, che vede nel segreto, tiricompenserà” (Mt 6,17).

Il Signore mi rigenera perché, ciòche è successo, è stato per me unsecco aiuto nel mettere in pratica la“Parola di vita” che ho scelto da sem-pre, ma con pochi risultati, per quantomi sforzassi: “Imparate da me che sonomite ed umile di cuore”.

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CONDIVISIONE

Una coppia d’équipe(che vuole restare nell’anonimato)

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etico: ciò che si è fatto e si sta facendocontro il terrorismo rimane nei limitidella legittima difesa, o presenta la figu-ra, almeno in alcuni casi, della ritorsione,dell’eccesso di violenza, della vendetta?È chiaro che il diritto di legittima difesanon si può negare a nessuno, neppure innome di un principio evangelico. Maoccorre una continua vigilanza e uncostante dominio su di sé e delle propriepassioni individuali e collettive per far sìche nella necessaria azione di prevenzio-ne e di giustizia non si insinui la voluttàdella rivalsa e la dismisura della vendetta.Si era avuta l’impressione che questiprincipi di cautela fossero presenti neiprimi giorni della reazione ai terribiliattentati dell’11 settembre.

Ma ora a che punto siamo? Non haforse l’ansia di vittoria e il dinamismodella violenza preso la mano, dimi-nuendo la soglia di vigilanza sulle azio-ni dl guerra che potrebbero essere nonstrettamente necessarie rispetto agliobiettivi originari e soprattutto colpirepopolazioni inermi? E, qui che il princi-pio della legittima difesa viene messogravemente in questione: esso non puòessere impunemente scavalcato senzacreare più odi e conflitti di quanto nonpretenda risolverne. Sembra questo inparticolare il caso, è doloroso dirlo, di

quanto continua a succedere in manie-ra crescente in Medio Oriente. Da unaparte un terrorismo folle e suicida con-tro cittadini pacifici e anche tanti bam-bini, un terrorismo che non conduce danessuna parte e che suscita un crescen-do di ira, indignazione e orrore.Dall’altra atti di rappresaglia che è dif-ficile definire ancora come operazionidi legittima difesa, che colpisconopopolazioni inermi, e anche qui tantibambini. Vi si aggiungono in più vere eproprie azioni belliche, dì fronte allequali anche l’osservatore più imparzialee sinceramente desideroso e convintodel bisogno di una piena sicurezza peril paese che così agisce, non riesce piùa cogliere quale sia quella strategiadella pace e della sicurezza che pure èsempre nel desiderio di tutto quelpopolo la cui sopravvivenza è essenzia-le per il futuro della pace nella regionee nel mondo.

C’è un’ulteriore domanda. Moltosemplice, evangelica. Suona così: checosa ci direbbe oggi Gesù su quantoabbiamo evocato fin qui? Che cosa cisuggerirebbe nello spirito del Discorsodella Montagna, nel quadro delle beati-tudini dei misericordiosi e degli opera-tori di pace? Gesù rimanda alla radice

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IL NOSTRO TEMPO

Riportiamo due contributi autorevoli che possono aiutare la nostrariflessione in questo drammatico periodo di violenza planetaria

che stiamo vivendo, di cui non possiamo prevedere gli esiti; l’unicacertezza che abbiamo, come ha affermato il Papa, è che solo il perdono

e la comprensione delle ragioni dei più deboli della storia possonoe debbono essere alla base di un nuovo ordine internazionale

da cercare con rispetto e speranza.

Le nostre complicitàcon l’ingiustizia

Sono molte le domande che si poneoggi l’uomo della strada di fronte

alle notizie e alle immagini televisive diquesti giorni. La prima riguarda gliautori dei gesti di terrorismo, a partiredai più clamorosi e micidiali, in partico-lare quelli connessi col suicidio dell’at-tentatore, ed è la domanda sul “perché”.

Ci si chiede in quali oscuri meandridella coscienza possano albergare talisentimenti di odio, di fanatismo politico ereligioso, quali risentimenti personali esensi di umiliazione collettiva possanoessere alla radice di simili folli decisioni.Ma ci dobbiamo anche chiedere: ci siamonoi tutti davvero resi conto nel passato,rispetto ad altre persone e popoli, quanto

grandi ed esplosivi potessero a poco apoco divenire questi risentimenti e quan-to nei nostri comportamenti potesse con-tribuire, e contribuisse di fatto, ad attiz-zare nel silenzio vampate di ribellione e diodio? Ma non posso, a proposito di que-sta prima domanda, non sottolineareanche la tremenda responsabilità di chi,magari dotato di grandi mezzi di fortuna,ha imparato a sfruttare questi risentimen-ti e li fornisce di strumenti di morte,finanziando, armando e organizzando iterroristi in ogni parte del mondo, forseanche vicino a noi.

Emerge nel cuore della gente ancheuna seconda domanda, di natura politi-ca e militare: il tipo di operazioni che sivanno facendo contro il terrorismo saràefficace? Anche a questa domanda nonosiamo dare una risposta. Essa è peròconnessa strettamente con la seguente.

La terza domanda è infatti di tipo

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Carlo Maria Martini

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così importante sapere se ciò si avve-rerà presto. In fondo, come dicevaBonhoeffer: “Per chi è responsabile ladomanda ultima non è: “come me lacavo eroicamente in questo affare” ma:“quale potrà essere la vita per la gene-razione che viene?”. Solo da questadomanda storicamente responsabilepossono nascere soluzioni feconde”. Lapace è il più grande bene umano, per-ché è la somma di tutti i beni messiani-ci. Come la pace è sintesi e simbolo ditutti i beni, così la guerra è sintesi esimbolo di tutti i mali. Non si può maivolere la guerra per se stessa, perché èsistematica violazione di sostanzialidiritti umani. Vi saranno al limite casidi legittima difesa di beni irrinunciabili.Però il contrasto all’azione ingiusta,non di rado doveroso e meritorio, deverestare nei limiti strettamente necessariper difendersi efficacemente. Potrannoanche essere necessarie coraggioseazioni di “ingerenza umanitaria” einterventi volti alla restituzione e almantenimento della pace in situazionia gravissimo rischio. Ma non sarannoancora la pace. Pace non è solo assenzadi conflitto, cessazione delle ostilità,armistizio. Pace è frutto di alleanzedurature e sincere, (enduring covenantse non solo enduring freedom), a partire

dall’Alleanza che Dio fa in Cristo per-donando l’uomo. In virtù di questaunità e di questa alleanza ciascunovede nell’altro anzitutto uno simile asé, come lui amato e perdonato, e se ècristiano legge nel suo volto il riflessodella gloria di Cristo e lo splendoredella Trinità. Può dire al fratello: tu seisommamente importante per me, ciòche è mio è tuo. Ti amo più di me stes-so, le tue cose mi importano più dellemie. E poiché mi importa sommamenteil bene tuo, mi importa il bene di tutti,il bene dell’umanità nuova: non piùsolo il bene della famiglia, del clan,della tribù, della razza, dell’etnia, delmovimento, del partito, della nazione,ma il bene dell’umanità intera: questa èla pace. Ogni azione contro questo“bene comune”, questo “interessegenerale” affonda le radici nella paura,nell’invidia e nella diffidenza, genera iconflitti e nutre gli odi che causano leguerre. Ci vorrà una intera storia esuperstoria di grazia per compiere que-sto cammino. Ma è questa la pace cheè meta della vicenda umana.

* Estratto dall’omelia tenutail 6 dicembre a S.Ambrogio a Milano,apparso su La Repubblicadel 7 dicembre 2001.

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profonda di tutti questi mali, cioè allapeccaminosità di tutti, alla connivenzainteriore di ciascuno con la violenza e ilmale, ripetendo per ben due volte: «Senon vi convertite, perirete tutti allostesso modo». Egli invita a cercare inciascuno di noi i segni della nostracomplicità con l’ingiustizia. Ci ammo-nisce a non limitarsi a sradicarla qui olà, ma a cambiare scala di valori, acambiare vita. Gesù non intende pernulla togliere a ciascuno la sua concre-ta responsabilità. Ognuno è responsabi-le delle sue azioni e ne porta le conse-guenze. Per questo Gesù disse a Pietroche tentava di difenderlo con la forzaquando vennero per arrestarlo: «Rimettila spada nel fodero, perché tutti quelliche metteranno mano alla spada peri-ranno di spada». Gesù sa che ciascunodeve prendere le sue decisioni morali difronte alle singole situazioni. Ma gliimporta molto di più segnalare chetutti gli sforzi umani di distruggere ilmale con la forza delle armi non avran-no mai un effetto duraturo se non siprenderà seriamente coscienza di comele cause profonde del male stanno den-tro, nel cuore e nella vita di ogni perso-na, etnia, gruppo, nazione, istituzioneche è connivente con l’ingiustizia.Anche se lasciamo al Signore della sto-

ria il calcolo dei tempi sappiamo che èben possibile che maturi di nuovo inOccidente, forse proprio sotto la spintadi eventi cosi drammatici, la percezioneche è necessario un cambio di vita, l’a-dozione di una nuova scala di valori. Inun articolo recente si parlava, a propo-sito di tale riconoscimento, di«Apocalisse», nel senso etimologico diun “alzare il velo” di “una rivelazione”(Enzo Bianchi, Le apocalissi dell’11 set-tembre, La Repubblica 27.10.01). Inquesto contesto si tratta di una rivela-zione del male in cui siamo immersi,dell’assurdità di una società il cui dio èil denaro, la cui legge è il successo e ilcui tempo è scandito dagli orari diapertura delle borse mondiali. Unasocietà che giunge quasi al ridicolonella sua ricerca affannosa di investi-menti virtuali, di transazioni puramentemediatiche e che pretende di esportaremessianicamente questo modo di vede-re in tutto il mondo. È questa la globa-lizzazione che è giusto rifiutare. Se ciòvale per l’economia e la politica, perchénon dovrebbero aprirsi anche nelcampo della moralità nuovi spazi perun rinnovato impegno di serietà e digiustizia, per una ricerca del significatoprofondo della vita, per una maggioreapertura sul mistero di Dio? Ma non è

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morti sono frutto del terrorismo. Quelloche io chiedo è che rimettiamo in discus-sione un sistema che non fa altro che crea-re morti ovunque, e se noi ricchi pensiamodi salvarci arrivando ad una sicurezzaimpermeabile, ci illudiamo. E’ una presa ingiro autentica e l’America adesso l’hadimostrato. Non c’è sicurezza se non nellagiustizia che porterà frutti di pace. E’ tuttoterrorismo alla fine. Quello che io chiedo èla messa in discussione di un’apartheideconomica che consente al 20% delmondo di vivere da nababbi, consumandol’80% delle risorse di questo mondo,lasciando l’80% del mondo a vivere sullasoglia di povertà e per un miliardo e mezzodi persone nella miseria assoluta. Questo èterrorismo come quello che ha colpito NewYork e Washington.

(…) Se c’è un sistema di apartheideconomica che sta producendo il disastropiù totale, è perché viviamo dentro quellasituazione di lebbra che è chiamata eco-nomia di mercato, il liberismo dove ognu-no fa quello che vuole. E’ la legge di mer-cato il nuovo Dio. Questa è davvero unadelle grandi lebbre che fa sì che così tantagente venga sacrificata al moloch deidenaro. C’è una leadership della politicache non è più politica ma semplicementesusserviente all’economia. La nostra è unapolitica lebbrosa che si è venduta e pro-

stituita come il re della terra alla bestia,così fa la politica oggi. C’è una lebbramilitare che è spaventosa: riusciamo aspendere 900 miliardi di dollari all’anno inarmi, mentre basterebbero, ci dice laBanca Mondiale, 13 miliardi di dollariall’anno per debellare per un anno lafame e i problemi legati alla sanità. Lanostra è follia pura. Questo sistema diapartheid economica sta in piedi, lo ripe-to, solo perché ha la forza delle armi. Iricchi spendono e spandono in armi. GliStati Uniti stanno rinnovando l’armamen-tario atomico per 60 miliardi di dollari, sistanno proiettando verso lo scudo spazia-le con Bush. Questa è la vera ragione delnostro disastro e del nostro terrorismo.Questa incredibile lebbra militare è legataad una politica becera che ha passato lamano al libero mercato, alle multinazio-nali, ma soprattutto alla finanza, perchéoggi il cuore dell’economia è la finanza.

(…) Ciò di cui abbiamo più bisognosono autentici valori. E’ ora che noi cri-stiani - e lo dico con molta sincerità -riusciamo ad uscire da questa trappolamortale che induce a pensare che noisoltanto siamo “i buoni”. Ci sono tantis-simi valori fuori dalla Chiesa e nelle altrereligioni. Follereau aveva capito moltobene come legare tutte le lebbre e alloraper favore smettiamola di pensare che io

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(Dall’intervento al Convegno nazionale Aifo;Assisi 2 - 4 novembre 2001)

Terrorismo dell’Impero

(…) Stiamo vivendo un momentoparticolarmente difficile, un momentodelicatissimo. (…).

Dall’attacco dell’11 settembre scorso,alle torri di New York e al Pentagono, ècome se qualcosa di nuovo fosse avvenuto.Sono eventi epocali che hanno fatto fareun balzo di qualità all’immaginario umano.Quello che sembrava quasi impossibileprima, adesso lo vediamo, è qui. E’ unmomento drammatico, soprattutto per ilcuore dell’impero. Mai esso si era sentitocosì toccato e mai aveva sperimentato lasofferenza umana così da vicino. Prima lasofferenza era sempre alle frontiere dell’im-pero, oggi è il cuore dell’impero che hacominciato a sanguinare e questo ha fattoscattare dei meccanismi incredibili. però ionon posso accettare che ci siano “morti diprima classe” e “morti di seconda classe”,che ci sia gente per cui si piange e si innal-zano bandiere e ci siano tantissime personedi cui nessuno piange la morte. Non possoaccettare, che ci siano “morti di serie A” e

“morti di serie B”. L’uomo è un’unica eindivisibile realtà, ogni uomo ha un volto,ogni uomo è un volto del mistero, ogniuomo ha la sua dignità e ogni uomo è unfine a sé. Se io piango i 5 mila morti diNew York e Washington, devo con altret-tanta forza piangere i 30-40 milioni di per-sone che vengono immolate ogni anno almoloch del denaro, che muoiono per famee che nessuno piange. Devo piangere tuttaquesta gente, ragazzini e ragazzine diKorogocho, che muoiono come le moscheper l’AIDS e nessuno li piange. Questo nonè giusto. Se abbiamo morti di serie A chepiangiamo, dobbiamo piangere tutti, dob-biamo piangere i 2 milioni e mezzo di per-sone trucidate in Congo da una guerraassurda fatta per ottenere le ricchezze. E’questo che l’impero e il cuore dell’impero,l’Europa e l’America, devono capire: che seoggi c’è gente che muore, non è soltantoper il terrorismo internazionale - il quale ègiusto venga perseguito - ma c’è molta piùgente che muore per il nostro terrorismoeconomico e militare. Ammazzare genteper fame è terrorismo, ammazzare genteper guerre assurde come quelle in Congo oin Sierra Leone è terrorismo. Tutte queste

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Padre Alex Zanotelli

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passato per la cura di queste malattieescono dalla produzione e non si investeper offrirne di nuovi. Mentre le multina-zionali farmaceutiche, in genere apparte-nenti ai paesi industrializzati, si dedicanoa ricercare e a produrre cure per le cosid-dette malattie legate a stili di vita: obe-sità, sterilità, impotenza, nei paesi poverile persone a basso reddito muoiono perbanalissime malattie infettive.Ricordiamoci che proprio in questo sensol’Africa rappresenta di nuovo una delleespressioni più gravi di questa apartheidsanitaria mondiale. Su 34 milioni di ma-lati di AIDS, l’Africa ne ha 24 milioni esono destinati alla morte in breve tempo.AIDS e fame diventano un fuoco in-credibile che avanza e distrugge. Eccoperché mi fanno sorridere i G8 chehanno avuto il coraggio - bel coraggio -di destinare 1 miliardo e 300 milioni didollari alla lotta contro l’AlDS. Una presain giro autentica: diviso per 34 milionisarebbe qualcosa come 600 lire per cia-scuno di questi ammalati. A che servo-no? Basterebbe che i G8 avessero presola decisione politica di dire alle case far-maceutiche che hanno fatto abbastanzasoldi e che adesso questi farmaci antiAlDS li devono vendere a prezzi accessi-bili ai poveri. Sarebbe bastato questo perrisolvere il più grande problema di

apartheid sanitaria nel mondo. Eccol’importanza di ritornare alle decisionipolitiche. La politica deve diventaresovrana, deve ritornare a guidare la polise il mondo. Non possiamo lasciare ilmondo nelle mani dell’apparato militare.Dobbiamo tornare effettivamente allalegalità, alle decisioni politiche comuni ditutta la famiglia umana. Ecco l’impor-tanza fondamentale del momento chestiamo vivendo.

(…) “Il primo mondo è simile ad un’i-sola d’oro contro la quale si infrangonoda ogni parte le onde dell’infelicità altrui.Come impedire che l’oceano della mise-ria, che si alza in maniera sempre piùtempestosa, sommerga e inghiotta nelsuo furore le varie isole d’oro”. Cita quin-di Proust: “Una grande questione socialeconsiste nel sapere se la parete di vetroproteggerà eternamente il banchettodegli animali meravigliosi e se gli uominioscuri, che scrutano avidamente nellanotte, non verranno a prenderli nel loroacquario per divorarli”. Parole terribili -dice il vescovo Grechi - che risuonanoalle nostre orecchie come una fatidicaprofezia. Quanto è accaduto a New Yorke Washington è l’ago che ha toccato ilcuore dell’impero. Quello che vedremod’ora in avanti sarà ancora più spavento-so, se non ci decideremo a cambiare.

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amo e sono a posto, salvo il mondo. Nonsalvo un bel niente. L’amore è fonda-mentale alla mia conversione, però iodevo rendermi conto che sono parte diun mondo che è profondamente egoista,basato sull’ingiustizia più profonda e seio non cambio questo mio mondo eco-nomico, politico e militare, tutto il mioamore non serve a nulla. Dobbiamoessere capaci di passare dal personale allostrutturale, dal personale al culturale.Questa è stata anche la grande visione diFollereau: non è possibile concepire didebellare la lebbra solo combattendocontro la lebbra, bisogna combatterecontro tutte le lebbre. Se noi spendessi-mo un po’ più di soldi per debellare certemalattie anziché in aerei che bombar-dano adesso l’Afghanistan, credo chequesto mondo sarebbe più un piccoloparadiso che un inferno terrestre. Vi dicotutto questo proprio da qui da questaKorogocho che è l’emblema dell’assur-dità ma in piccolo è il mondo. Nairobi ha4 milioni di abitanti, oltre 2 milioni diquesti sono costretti a vivere nell’1,5%della terra di tutta Nairobi. Questa terranon appartiene ai poveri ma al governo,il quale può sbattere fuori i baraccaticome e quando vuole. Più grave ancoraè il fatto che l’80% di questi baraccati inuna terra che non è loro paga l’affitto,

non possiedono neanche la baracca. Ec-co in piccolo la situazione mondiale. Daquesta Korogocho che davvero soffre, daquesta apartheid economica di Nairobi -perché davvero di questo si tratta - glianimali selvaggi per i casti occhi dei turi-sti bianchi sono trattati molto meglio inKenia degli uomini, dove in un’arealunga 1,5 Km e larga 1 Km sono accata-state 100 mila persone. Questo è profon-damente ingiusto, è peccato. Anche voi,lottando contro l’apartheid sanitaria,state lottando contro l’apartheid econo-mica. Viviamo in una situazione di puraapartheid sanitaria. Il fatto che la lebbrasia in crescendo anziché in diminuendola dice lunga. Non ci sono soldi per farericerche sulla lebbra perché non interessaalle grandi case farmaceutiche, non inte-ressa ai ricchi e una volta che il bacilloha prodotto resistenza nei corpi deimalati non c’è più nulla da fare. Eccol’assurdità. Leggevo poco tempo fa, e miha fatto una grande impressione, che loscarso potere d’acquisto dei malati poveriè anche una delle ragioni per cui il 90%del denaro investito in ricerca e sviluppodei nuovi farmaci è destinato ai problemisanitari che riguardano il 10% dellapopolazione mondiale, mentre solo lo0,2% riguarda polmonite, diarrea etubercolosi. I farmaci che si usavano in

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le nostre famiglie, non si può più tacerle,neanche in nome dello “spirito di sacrifi-cio” che pare, peraltro, latitante.In questo percorso di coscientizzazione, acercare la radice e il come di questi inter-rogativi, a tentare percorsi di crescita, ciaccompagna Giovanni Scalera nel suolibro con il suo vissuto di “uomo felice ,che ha cura del debole” (cfr Sal 40)Psicoterapeuta e credente, sa che lavicenda umana e l’avventura della fedesono tanto mescolate tra loro da nonpoterne separare i percorsi; ci insegnaperciò a valorizzare l’una al servizio del-l’altra per recuperare il senso umano etrascendente della nostra esistenza.L’itinerario, in 17 capitoli, illumina letappe indispensabili al singolo per cono-scersi ed accettarci, quindi per maturareed osare l’incontro: lasciare il padre e lamadre per divenire coppia. A questopunto allora, il tema dell’intimità, dellatenerezza e della corporeità; della gestio-ne degli inevitabili conflitti, come dell’ac-coglienza del tempo dell’invecchiamento,per poter vivere riconciliati. La feconditàdella coppia é proposta anche come con-divisione e impegno nel mondo; è affron-tato poi il tema del lavoro e della neces-sità di “liberarlo” perché non diventi alibiper facili fughe e origine di dissapori. Su tutto il percorso è luce l’esperienzadelle numerose difficoltà che l’autore haaccolto, sostenuto, accompagnato,ascoltando coppie, nell’esercizio dellaprofessione. Indirizza, previene, tenta

una lettura propositiva e rasserenante deinecessari momenti di “empasse”. La lettura in chiave di fede dei temi dell’e-sistenza, offre una prospettiva aperta altrascendente, ma non si sostituisce allachiarezza dell’impostazione psicologica,all’approfondimento delle dinamiche rela-zionali, per proporre strumenti adeguatialla maturazione del singolo e per il supe-ramento dei conflitti.La semplicità della narrazione, ci aiuta avivere con sana sdrammatizzazione lanostra e l’altrui fatica e ci offre gli stru-menti per tentare con umiltà l’esperienzadi “accompagnare” l’altro, il nostro prossi-mo più vicino, nel liberante percorso delrecupero di sé e del senso della vita.Recensione di Donatella Floris

Luigi GhiaL’alfabeto della coppiaElle Di Ci, 1997Un vocabolario per crescere in dueUn cammino per la coppia in ordine alfa-betico: spunti di meditazione, cioè, ordi-nati secondo le lettere dell’alfabeto.Non un percorso, quindi, a misura del“passo” della coppia - che solitamentediventa più esigente nel procedere del cam-mino - ma una sorta di vocabolario, doveogni argomento può dare lo spunto per ini-ziare o per completare, per approfondire oper verificare un itinerario “a due”.Occasioni per fermarsi dal ritmo quotidia-no e scegliere di crescere insieme, secondoaltri tempi, quelli della vita spirituale che

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Erri De Luca, Ora prima,edizioni QiqajonComunità di Bose, 2001Un’ ora “salvata” dal resto del giorno.Questa breve raccolta di riflessioni ci“restituisce, in disordine,una parte mini-ma del dono di poter frequentare leparole della Scrittura.” (p.6) Sfogliare la Bibbia, un’ora prima di intra-prendere il lavoro operaio era, per loscrittore, “afferrare qualcosa da ogninuovo giorno, prima di farselo portarevia dalla stanchezza.” (p. 5)Quell’ora, all’alba lo faceva sentire tra ipochi operai felici di buttarsi giù presto dalletto; un’ora come una caparra; “brandellidi un giorno sbranato, come segno che nontutto il tempo affidato é perduto.” (p. 5)Erri De Luca precisa di non potersi defi-nire ateo, ma non credente. Partendodall’origine greca della parola, formatada “teo”, Dio e preceduta dall’alfa priva-tiva, l’ateo è colui che si priva di Dio. Dafrequentatore assiduo della Parola, lettain ebraico per poterla penetrare nelprofondo, lo scrittore si ostina in questaintimità mattutina, pago di sentirsi len-tamente incontrato da ogni parola . Maresta un non credente. Uno che non sarivolgersi con il “tu” confidenziale allaScrittura e al suo autore. De Luca hapubblicato brevi saggi per i tipi diFeltrinelli, cimentandosi ora con il genereautobiografico, ora con la Bibbia, comu-nicandoci la sorpresa di sentirsi, da alcu-

ne di quelle pagine, “trovato.” Amico e frequentatore della Comunitàmonastica di Bose, ha anche curato la tra-duzione e pubblicato alcuni libridell’Antico Testamento : Esodo/Nomi,Giona/Ionà e Koélet/Ecclesiaste, offrendo-ci il prezioso contributo di uno studiosoche si lascia incontrare dalla Scrittura,libero da precomprensioni o interpretazio-ni indotte da cultura o educazione. Maquesto agile volume, costituisce novità,che non si può collocare tra i numerosicommentari, per l’originalità delle libererisonanze della Parola, in una persona chene è appassionata ma che continua a pro-fessarsi “uno che non crede.” (p.7)Il titolo: Ora prima, (pp.125) ci confermaquale spazio importante abbia avuto etuttora conservi, la Scrittura, nella vitadell’autore.

Giovanni Scalera Incontrarsi e poi...,Elle Di Ci editriceConoscersi meglio, per diventare capaci dipiù amore.Basta la fede, a leggere, interpretare edaccogliere le alterne vicende dell’esisten-za? Basta essere innamorati per capirsi?“Tiene” l’amore, nel percorso felice o tor-mentato, che gli anni regalano al nostromatrimonio, alla nostra vita di famiglia?Al di là della moda del momento, può lapsicologia aiutarci a conoscerci meglio perdivenire più capaci di amare?Queste e altre domande oggi interpellano

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converte la logica dell’ efficienza in spazidilatati dove l’attività non si evidenziaperché è tutta interiore.Strumenti di lavoro per chi si occupa dipastorale familiare, per gruppi di coppiegià formate o in procinto di diventare tali,che desiderino trovare o rinvigorire la pro-pria dimensione, sia da un punto di vistaumano, che di fede.Tra le righe, tutta la ricchezza dell’espe-rienza dell’autore come operatore dei“Centri di Preparazione al Matrimonio”,ma anche – prezioso stimolo per chi legge– le sue riflessioni sul pensiero dei “gran-di” che gli hanno “fatto strada”. Un note-vole patrimonio di citazioni tratte daCalvino o Becket, Lévinas o Mounier,Kierkegard, Girard o Balducci, La Valle eLacroix - per citarne solo alcuni - chediventano così compagni di viaggio.Ci sentiamo “a casa” tra queste pagine, inuna comunione di pensiero, di tensione, didesideri, con chi vive la fatica quotidiana,gli occhi e il cuore ben orientati verso un dipiù che dal quotidiano vuole e può fiorire.Anche se lo leggiamo quasi d’un fiato,questo testo resta sul comodino, comeuno strumento a cui ritornare per cogliereaspetti trascurati in una prima lettura, chesi fanno chiari a mano a mano che diven-tano in noi esperienza, nel procedere dellanostra vita di coppia; come un “vademe-cum” che ci invita ad approfondire il pen-siero dei numerosi autori citati; come ilpiccolo seme del Vangelo che può farnascere grandi alberi.

Menghini-Righero, Le radici dell’amore, Effatà Editrice, Cantalupa 2000.Un libro sul fidanzamento“Abbiamo voluto offrire, a partire dallonostra esperienza” spiega Patrizio “uncontributo di riflessione a tutti i fidanza-ti che desiderano vivere questo specialis-simo periodo della loro vita come cam-mino spirituale”.“In queste pagine” continua Cristina“sono raccolte preghiere e riflessioniche ci hanno accompagnato durante ilfidanzamento.Questo libro non è stato pensato a tavo-lino, è nato dalla nostra esperienza spiri-tuale. Nelle nostre intenzioni non vuolessere un manuale di istruzioni, unaguida, né tantomeno un trattato, quantopiuttosto il diario di bordo della nostrapreghiera a due, un diario che vogliamocondividere con quanti, come noi, sento-no il desiderio di “fondere in una solavoce” la loro preghiera”.Il testo illustra i diversi momenti e tipidi preghiera facendoli seguire da alcu-ni schemi.I destinatari sono in primo luogo i fidan-zati ma anche tutte quelle coppie disposi che vogliono iniziare o approfondi-re il proprio itinerario spirituale.“Pregare in due” riprende Patrizio “non èfacile, come non è facile pregare da soli.Però sì può provare!”

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