Caressa Paolo - Variazioni Su Un Tema Di Borges

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    03/05/13 Variazioni su un tema di Borges

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    Variazioni su un tema di

    Borges, I

    Paolo Caressa (1994)

    Nel suo libro di saggi Otras inquisicciones (Emec, BuenosAires, 1960), Jorge Lus Borges pubblic il breve saggio Laesfera de Pascal, presentandolo come la storia di una metaforadella storia universale... Le suggestioni provocate dal brevescritto sono cariche di spunti matematici, e mi sono tornate allamente nel leggere un articolo di M.Eden pubblicato nel volume

    Mots (Hermes, Paris, 1990) che raccoglie una serie di scrittidedicati a M.P.Schtzenberger. Lo scopo di questa nota quindi unicamente quello di collegare questi lontani e diversi

    scritti, tracciando in qualche modo un percorso, frutto pi delcaso che della ricerca sistematica, fra le visioni geometrichedell'ermetismo antico e le elucubrazioni della scienza moderna.L'eterogenea pletora di dati raccolti ci che ho da offrireall'attonito lettore.

    Qual' il geometra che tutto s'affiggePer misurar lo cerchio, e non ritrova,

    pensando, quel principio ond'elli indige,

    Tal'era io a quella vista nova:Veder voleva come si convenneL'imago al cerchio e come vi s'indova;

    Ma non eran da ci le proprie penne:Se non che la mia mente fu percossaDa un fulgor in che sua voglia venne.

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    A l'alta fantasia qui manc possa;Ma gi volgeva il mio diso e 'l velle,S come rota ch'igualmente mossa

    L'amor che move il sole e l'altre stelle.

    Cos, mirabilmente, si conclude il Paradiso di Dante, il qualedichiara esplicitamente di non essere in grado di descrivere n dicomprendere la visione divina cui si trova dinanzi, e con la qualetermina, quasi spossato, l'intero poema. notevole il fatto che il poetascelga come termine di paragone il problema della quadratura delcerchio, questione oscura e misteriosa ai suoi tempi.

    Il costume intellettuale di usare paragoni geometrici nel descrivere

    questioni teologiche inafferrabili non esclusivo di Dante, ma si trova intutta la letteratura metafisica classica. Infatti, nell'antichit, la teologia ela visione del mondo erano un tutt'uno: le entit metafisiche venivanocomunque "localizzate" in qualche posto, seppur ultraterreno, e quindierano passibili di descrizione geometrica.

    Cos l'universo degli antichi, ad esempio l'universo aristotelico chedominava la Weltanschauung medievale, comprendeva luoghigeometricamente determinati ove risiedevano le potenze sovrannaturali e

    Dio stesso. La famosa descrizione delle sfere concentriche pi o menonumerose che circondano la Terra, centro del Creato, stata unmodello geometrico dominante nel Medioevo. Queste descrizioni nonhanno perduto il loro fascino n la loro suggestione: in particolare laquestione pi interessante riguarda l'ultima sfera del Creato, checorrisponde poi all'Empireo. A proposito di questa, San Bonaventuraafferma che "contiene ogni cosa e non contenuta in null'altro" (omniacontinens et a nullo alio contenta), cos come Campano da Novara(astronomo, medico e cappellano di Urbano IV, noto per un commento

    a Euclide) dichiara che la superficie "convessa" del cielo Empireo nonha altro oltre s.

    Queste opinioni sembrano esprimere una concezione geometricamoderna, secondo la quale gli oggetti geometrici non devononecessariamente essere pensati come immersi in uno spazio euclideo,ma possono essere considerati a s stanti (il che ci fa pensare alleveriet riemanniane della relativit generale, i modelli moderni dellospazio-tempo).

    La questione pu essere ancora pi sottile (e fuorviante) se siconsiderano le coincidenze numeriche fra le concezioni cosmogonicheantiche e moderne: i 9+1 cieli medievali e la segnatura 9+1 dello spazio-

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    tempo di Witten (su questo argomento e sul confronto superstringhe-tomismo, si veda O. Pekonen, The Heavenly Spheres Regained, TheMath. Intell. 15 (1993), 22-26).

    Un dato che per noi moderni pu apparire arbitrario l'incessantericorrenza della forma sferica in questo tipo di discussioni di, per cosdire, geometria/metafisica. Questo facilmente spiegato se si considera

    che la concezione degli antichi della geometria e delle figuregeometriche era totalmente euclidea: il concetto fondamentale sul qualesi fondavano le definizioni e le argomentazioni geometriche era quello di"distanza", perch direttamente sperimentabile nel mondo fisico (a suavolta non sempre distinto dal mondo geometrico) tramite la vista ed iltatto. La necessit di misurare lunghezze, aree e volumi ha dato originealle prime astrazioni della gometria, e la simmetria e la perfezione dellefigure geometriche elementari sono sempre state affiancate alla

    simmetria ed alla perfezione dei numeri interi.Cos Platone, nel Timeo (VIII) spiega perch la sfera sia la forma

    perfetta e divina:

    [...] [il Demiurgo] form un corpo levigato ed omogeneo in tuttii punti equidistanti dal centro, e intero e perfetto, risultante dacorpi perfetti, e postavi nel mezzo un'anima, non soltanto ve ladistese interamente, ma con essa lo avviluppo anche al di

    fuori, e cos form un cielo circolare, che si muovecircolarmente, unico e solitario, ma per propria virtautorigenerantesi, non bisognoso di nessun altro, e capace diconoscere e amare a sufficienza se stesso. E per tutte questeragioni il demiurgo lo gener.

    Si confronti questa opinione con il seguente passaggio che copiodall'incomincio delDe rivolutionibus orbium clestium di Copernico(1453):

    Per prima cosa osserviamo che il mondo sferico, sia perchquesta la pi perfetta fra le forme, totalmente integra e non

    bisognosa di altre compagini; sia perch fra tutte le figurequella pi capiente e che meglio conviene a custodire tutte lealtre, sia anche perch ogni parte distinta del mondo, intendo ilSole, la Luna e le stelle, constano di tale forma; sia perch tuttele cose tendono a questa forma, come appare nelle gocce

    d'acqua e negli altri corpi liquidi, quando sono lasciati a sestessi. perci nessuno potr dubitare che tale forma sia ancheda attribuirsi ai corpi divini

    Ragioni analoghe hanno spinto i pensatori antichi a ritenere perfetto il

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    moto circolare. Scrive Plotino nelleEnneadi (II, 2-1)

    Perch [il cielo] si muove di moto circolare? Perch imital'intelligenza. [...] In un cerchio il centro naturalmente immobile, ma se anche la circonferenza fosse tale, sarebbe unimmenso centro. Essa girer piuttosto intorno al suo centro.

    Cos il movimento circolare, legato alla forma sferica, perfetto. Laperfezione della forma sferica, e del moto circolare, implicano chequesti non si addicono non solo all'universo ma a Dio medesimo. Cosil presocratico Senofane, vissuto fra il VI e V secolo a.C., sostenendol'impersonalit di Dio, che contrapponeva al culto degli di, lo raffigurcome una sfera, reputando questa forma la meno inadatta arappresentare l'unit e la perfezione. Parmenide di Elea, vissuto circamezzo secolo appresso, cos si esprime nel suo Poema sulla Natura,

    in un frammento riportato dallo scettico Sesto Empirico, nella sua operaContro i matematici (VII):

    [l'Essere] compiuto da ogni lato simile alla massa di una sferarotonda, di uguale forza dal centro in tutte le direzioni; che egliinfatti non sia n un po' pi grande n un po' pi debole qui o l necessario.

    Autorevoli commentatori, come Mondolfo (cfr. Zeller, Mondolfo,La filosofia dei Greci, IV, La Nuova Italia, Firenze, 1961) e Calogero(Storia della logica antica, Laterza, Bari, 1961) attribuiscono unavalenza dinamica a queste opinioni, che riecheggia anche nel passo delTimeo citato in precedenza.

    L'immagine di Dio come una sfera (infinita, o dinamicamentetendente all'infinito, come il pensiero presocratico lascia intendere) riaffiorata negli scritti ermetici, il cui corpus si caoticamente edeterogeneamente ampliato a partire dal III secolo d.C., e checompendiano la sapienza antica iniziata da Hermes Trismegistus figuramitica, (il nome dice: Mercurio tre volte sapiente), leggendario re-mago,identificato anche col dio egizio della sapiena Toth (ritratto di solitocome babuino scriba), che avrebbe regnato per 3226 anni e scritto36525 libri; Giamblico, nel suo I misteri dell'Egitto diminu, nel vanotentativo di rendere credibili questi dati, il novero dei volumi a 20000 eClemente Alessandrino, nei suoi Stromata, li ridusse ragionevolmente a42. Di questa opera mitica non restano che dei frammenti, tessere forse

    di un unico mosaico, che vanno sotto il nome di Corpus Hermeticum.In uno di questi scritti frammentari troviamo (si tratta dell'Asclepio)

    la seguente formula, evidenziata per la prima volta dal teologo franceseAlanus de Insulis sul finire del XII secolo:

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    Dio una sfera intellegibile, il cui centro in ogni parte e la cuicirconferenza inaccessibile.

    Questa inimmaginabile configurazione geometrica sembra ricorrerenel pensiero post-medievale in forme assai diverse, eppur preservandoil suo carattere originario; Borges, che ne ricostruisce la storia nel libroOtras inquisicciones (Emece, Buenos Aires, 1960) afferma chel'immagine di una simile e inconcepibile sfera una metafora il cuiiterarsi perdurer ab eterno.

    Fra le sue manifestazioni, qui ricordiamo quella emersa nel De lacausa, principio et uno di Giordano Bruno, dove (libro V) si legge

    [...] sicuramente possiamo affirmare che l'universo tuttocentro o che il centro dell'universo per tutto, e che lacirconferenza non in parte alcuna per quanto differente dalcentro, o pur che la circonferenza per tutto, ma il centro nonsi trova in quanto che differente da quella.

    (Bruno qui con "universo" intende il riflesso immanente, e dunquepassibile di indagine razionale, dell'Uno, cio del Dio che, per suanatura, imperscrutabile agli intelletti umani). Questa visione viene poiripresa da Pascal che scrisse, come rammenta Borges:

    La natura una sfera infinita il cui centro in tutte le parti e lacirconferenza in nessuna.

    ma che, nel manoscritto originale, scrisse "spaventosa" in luogo di"infinita".

    Qui voglio rimarcare come queste argomentazioni si fossero spintemolto pi oltre nell'opera di Nicola Cusano, ed in particolare nella sua

    Dotta ignoranza. Quivi Cusano dimostra come un triangolo ed un

    cerchio infiniti siano la medesima cosa, al fine di dimostrare laragionevolezza del dogma della trinit divina, e rende pi complesso edelaborato il dettame ereditato, consciamente o inconsciamente, dallatradizione ermetica e neoplatonica. Leggiamo nel libro I, cap.XII:

    Altri ancora, che si sono sforzati di raffigurarsi l'unit infinita,dissero Dio cerchio infinito. E coloro che considerano di Diol'esistenza assolutamente in atto, dissero che egli come unasfera infinita.

    Il paragone che azzarda Cusano quello del triangolo infinito, e lefigure che sembra suggerire ricordano la rappresentazione schematica

    del piano proiettivo con le tre

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    Rappresentazione del piano proiettivo P2: le coordinateomogenee [x0,x1,x2] sono legate a quelle cartesiane (x,y)

    comex=x1/x0 ey=x2/x0.

    rette corrispondenti agli assidelle coordinate omogenee:x0,

    x1, x2. Scrive ancora Cusano,nel libro I, cap.XXI:

    Il cerchio figura perfetta

    dell'unit e della semplicit.Abbiamo gi dimostatoche il triangolo [infinito] cerchio. [...] Questi

    pensieri si evidenziano nelcerchio infinito senza

    principio e senza fine,eterno, in modo indivisibilequanto mai uno e tale da

    abbracciare tutto. E poich si tratta si un cerchio massimo,anche il suo diametro massimo. Ma poich non possonoesservi pi massimi [dimostrazione per assurdo basata sulla

    presunta unicit dell'infinito] quel cerchio quanto mai uno tale che il suo diametro circonferenza. Un diametro infinito haun punto medio che all'infinito. E il solo punto medio ilcentro. Perci contro, diametro e circonferenza sono la stessacosa.

    Partendo da questi presupposti, nel libro II, cap.XI, scrive:

    Il centro del mondo coincide con la circonferenza. Ma il mondonon ha circonferenza. Se avesse un centro, il mondo avrebbeanche una circonferenza, e avrebbe in se stesso, al suo interno,l'inizio e la fine, e avrebbe limiti in rapporto a qualcos'altro e, aldi fuori del mondo vi sarebbe dell'altro e vi sarebbero altriluoghi ancora. Affermazioni tutte senza verit. Essendo

    impossibile che il mondo si racchiuda fra un centro corporeo eduna circonferenza, il mondo risulta inintellegibile, eDio stesso ne centro e circonferenza.

    Osserviamo come in questo passo ritorni l'opinione citata inprecedenza di San Bonaventura e Campano da Novara sulla nonesistenza di altri luoghi di l dal cosmo: esso non immerso in nessunaltro spazio ultraterreno. Infine, nel libro II, cap.XII, Cusano formula la

    sua versione del dictamen giunto da Hermes Trismegistus a Pascal:La macchina del mondo avr il centro ovunque, e lacirconferenza in nessun luogo, poich la sua circonferenza ed il

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    suo centro sono Dio, che dappertutto e in nessun luogo.

    Non il caso di insistere ulteriormente sulla ricchezza tematicadell'opera di Cusano i cui riferimenti matematici divengono spessol'asse portante di intere argomentazioni. Allontaniamoci quindi (nonsenza una punta di rimpianto) dal filosofo rinascimentale, avvicinandocial contempo al presente.

    Un pensatore dell nostro secolo che ha tributato a Cusano ilriconoscimento dovuto stato Hermann Weyl: come noto, il grandeintellettuale tedesco non solo ha lasciato un'orma profonda nellematematiche moderne, ma ha anche contribuito al dibattito filosoficodella prima met del novecento intorno ai fondamenti del pensieroscientifico. nella prima di tre conferenze tenute alla Yale University nel

    1931 che Weyl fa esplicito richiamo alla dotta ignoranza di Cusano inrelazione al problema della concezione del divino nel mondo moderno.L'aspetto geometrico ed aritmetico delle simmetrie naturali il punto di

    partenza delle argomentazioni di Weyl, che cita Kepler nel passo

    La scienza dello spazio unica ed eterna, ed un'immaginedello spirito di Dio.

    in cui riecheggiano le opinioni di Bruno e Cusano, e sviluppa il suodiscorso nel quale, latente, dietro osservazioni caute e pacate, in Weyls'avverte la stessa tensione che abbiamo gi letto in Bruno e Cusano:Weyl ovviamente non fa esplicito riferimento al motto antico del qualeabbiamo tracciato la storia, poich un moderno, ben conscio delledifferenze fra mondo matematico e mondo fisico, ma ci non gliimpedisce di esprimersi cos:

    La mera postulazione del mondo esterno non spiega, in realt,

    proprio ci che si supponeva dovesse spiegare, e cio il fattoche io, in quanto sostanza che agisce e percepisce, mi trovocollocato in tal mondo; la questione della sua realt inseparabilmente connessa con la questione del render contodella sua armonia retta fra le leggi matematiche. Ma ilfondamento definitivo della ratio che governa il mondo lo

    possiamo trovare solo in Dio; un aspetto della sostanzadivina.

    Piuttosto che un modello geometrico, Weyl lascia intendere che,come termine di paragone, come analogia cusaniana, il modelloinsiemistico quello che pu evocare suggestioni teologiche corrette.Cos la teoria cantoriana del transfinito d lo spunto a Weyl per le

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    seguenti riflessioni:

    Noi rigettiamo la tesi della finitezza categoriale dell'uomo, sianella sua forma statica [...], sia nella sua forma teistica,specificamente luterano-protestante [...] Al contrario l'intelletto libert all'interno delle limitazioni dell'esistenza; aperto versol'infinito. vero che Dio, cos come l'infinito attuale, non pu enon potr essere compreso dall'intelletto; Dio non pu penetrarenell'uomo attraverso la rivelazione, n pu l'uomo penetrane inlui attraverso la percezione mistica. L'infinito attuale pu esseresolo rappresentato simbolicamente.

    (si noti l'ultimo periodo, che riecheggia una nota sentenza di Gauss.)Rileggendo questo passo di Weyl, due altre concezioni tornano allamente: gli interventi teologici di Cantor e Planck.

    Georg Cantor, partendo dalla sua teoria degli insiemi e cercando digiustificare il concetto di insieme che tentava di formalizzare, arriva aspiegare la plausibilit e l'esistenza degli insiemi con la plausibilit el'esistenza di Dio:

    Una dimostrazione parte dal concetto di Dio, e dalla massimaperfezione dell'essenza di Dio trae come prima conclusione lapossibilit di creare un transfinitum ordinatum [la gerarchia

    totalmente ordinata dei numeri ordinali]. Passa poi a concluderedalla sua divinit e gloria la necessit della riuscita dellacreazione reale del transfinitum.

    Azzardo qui, in modo empio e blasfemo, una versione cantoriana deldictamen sulla natura di Dio il cui riaffiorare nella storia del pensierostiamo considerando:Dio un insieme i cui sottoinsiemi sono ovunquee che non contenuto in nessun altro. Aggiungo anche che questaformulazione mal posta: un tale insieme sarebbe l'insieme degliinsiemi, e il paradosso di Russell diverrebbe una dimostrazione perassurdo della non esistenza di Dio!

    Pi ragionevole, Max Planck sembra sostenere alcune delle opinionidi Weyl, quando in una sua conferenza del 1937 afferma:

    Niente quindi ci impedisce, anzi una nostra inclinazioneintellettuale tendente ad una concezione unitaria del mondo loesige, di identificare tra loro i due poteri operanti su tutto,

    eppure pieni di mistero, l'ordinamento del mondo della scienza eil Dio della religione [...] Partendo da ci egli [lo scienziato]cerca di avvicinarsi il pi possibile, sulla via della ricercainduttiva, a Dio e al suo ordinamento del mondo come scopo

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    supremo, eternamente irraggiungibile.

    Ecco di nuovo espressa, da un fisico, l'inintellegibilit dell'infinitoattuale (in qualche modo identificato con Dio nel miglior spirito

    plotiniano) gi espressa da Weyl. Ma questo ci porta fuori stradarispetto al percorso che stiamo seguendo e tracciando allo stessotempo, e che parte, cronologicamente, dalla sfera infinita di Parmenide.Prendendo spunto tuttavia dal passo di Cantor sopra riportato, nonsembra inopportuno riprendere il discorso insiemistico e logicosull'esistenza di Dio.

    Mentre Weyl sembra postulare l'esistenza del mondo e da questaintuire l'esistenza di Dio, e tuttavia non azzarda nessun tentativo diriesumare una "teologia razionale" (pure in voga ai suoi tempi, nel postConcilio Vaticano I), nella quale gli enti metafisici sono rappresentati

    simbolicamente e manipolati con le regole della logica formale, un suograndissimo coevo, Kurt Gdel, si spinge pi in l.

    La dimostrazione ontologica dell'esistenza di Dio elaborata da Gdel di difficile reperimento: ne ho trovato tracce nel volume di Hao Wang

    Reflections on Kurt Gdel (MIT Press, Cambridge, 1987) dal qualecopio ci che segue. Intanto Gdel introduce i concetti, distinti daglioggetti, che considera enti intenzionali (congettura, seguendo Frege,che gli insiemi siano estensioni di concetti). Chiama poi positivi e

    negativi i concetti che fanno riferimento ad entit morali. Allora la lineadel ragionamento di Gdel la seguente:

    Assioma 1 (Dicotomia) Un concetto positivo se e solo se la suanegazione negativa.

    Assioma 2 (Chiusura) Un concetto positivo se necessariamenteimplicato da un concetto positivo.

    Teorema 1 Un concetto positivo consistente (cio pu avere delle

    istanze).DefinizioneD divino se e solo D soddisfa tutti i concetti positivi.Assioma 3Essere divino un concetto positivo.Assioma 4Essere un concetto positivo logico, dunque necessario.DefinizioneUn concetto P l'essenza di x se e solo se x soddisfa P (cio

    se P(x) vero) e se P minimale rispetto a questa propriet.

    Teorema 2Se x divino allora "essere divino" l'essenza di x.DefinizioneNE(x) se e solo se x ha una propriet essenziale (cio tale

    che sia la sua essenza). Se vale NE(x) allora si dice che x esistenecessariamente.

    Assioma 5Essere NE God-like.Teorema 3Necessariamente esiste qualche x tale che x divino.

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    Ovviamente sarebbe interessante vedere la dimostrazione in tutti idettagli (senza contare del problema dell'unicit: in genere in Matematicasi procede per assurdo, ma Gdel era molto attento alle istanzeintuizioniste, che rigettano questo metodo di dimostrazione, e chisscome avrebbe proceduto in questo caso). Non credo comunque che le

    opere di Gdel in corso di pubblicazione riportino i suoi scritti inproposito.

    Dimostrazioni simili erano gi state date da Cartesio e da Leibniz,sulla base del classico argomento di Sant'Anselmo d'Aosta, ilcosiddetto argomento ontologico, che si pu riassumere come segue:si parte dal concetto (innato in ogni uomo per ipotesi) di Dio qualeessere perfetto o necessario, e si conclude, senza rifarsi all'esperienzaempirica (cio a priori) l'esistenza di questo essere, che caratteristica

    essenziale della sua perfezione o necessit (in breve: Dio cos perfettoche fra i suoi attributi v' l'esistenza).

    L'interesse della dimostrazione di Gdel triplice: intanto l'autorit diGdel stesso spinge a prenderla in considerazione dal punto di vistadell'argomentazione formale; poi il grado di precisione con la quale formulata, che la rende esteticamente interessante; infine il fatto che siastata elaborata negli anni '70 del XX secolo! Conchiuder quil'argomento, certo di aver sconcertato il lettore, ricordando la seguenteconfutazione delle dimostrazioni ontologiche dell'esistenza di Dioelaborata dal teologo tedesco Hans Kng:

    L'argomento ontologico si era interrogato sull'esistenza di unessere perfettissimo e necessario. Ma che un tale essere esistarealmente non si potuto dimostrare, in quanto dal concettosoltanto pensato di qualcosa non segue necessariamente la suarealt.

    Gdel aggira in parte questa critica introducendo assiomi in qualchesenso platonici: il platonismo implica l'esistenza di Dio (congetturo chesia equivalente). A questo proposito (vale a dire a proposito dineoplatonismo, sebbene di stampo pi antico), amo citare le sapienti

    parole dello pseudo-Dionigi, quando nella sua prima lettera a Gaiomonaco, afferma che

    Egli stesso [Dio] invece situato al di sopra dell'intelligenza e

    dell'essere: proprio perch totalmente sconosciuto edinesistente, esiste in modo sovraessenziale ed conosciuto inuna maniera che trascende l'intelligenza. La totale ignoranzaspinta al massimo grado identica alla conoscenza di colui che

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    si trova al di sopra di tutti gli esseri conoscibili.

    cio Dio non solo inconoscibile (come Weyl e Plank ricorderannoquindici secoli dopo) ma anche inesistente, in qualsiasi modo si vogliaintendere la parola "esistere"...

    En passant vorrei far notare come sia Weyl che Gdel diedero un

    contributo alla questione cosmologica: Weyl si occup della teoriaeinsteiniana della Relativit Generale fornendone una eleganteformulazione variazionale e scrivendo uno dei primi trattati,Raum, Zeit,

    Materie sull'argomento divenuto ormai un classico; Gdel trov nel1949 nuove soluzioni delle equazioni cosmologiche di Einstein che

    prevedono un universo "rotante" che compie una rotazione completaogni 70 miliardi di anni e che prevede la possibilit di viaggiare nel

    passato; questa immane sfera ricorda in modo inquietante quella

    platonica: era quindi d'obbligo rubricarlo in questa sede, dedicata allastoria della sfera di Pascal.

    Tornando a Kng, questi nel suo libro Existiert Gott? (Piper&Co.,Mnchen, 1978) sembra proporre una visione mondana e storica diDio, fortemente intrisa di neohegelismo. Una lettura spregiudicata eradicale di questo libro sembrerebbe indurre a credere che la visione diDiodi Kng quasi materialistica (bruniana?), cio che Egli non sia altrodall'universo e dalla sua evoluzione. Questa interpretazione mi tornata

    alla mente nel leggere un saggio, di M.Eden, apparso nel volumecollettivo Mots (Hermes, Paris, 1991), ed intitolato God, Man andScience. L'analisi di questo recente lavoro chiuder il cerchio iniziatocon la sfera di Parmenide.

    Variazioni su un tema di

    Borges, II

    Le speculazioni della cosiddetta "teologia razionale" tendono adessere relegate fra i ricordi del passato, o fra le dabbenaggini dimalaccorti teologi contemporanei. Eppure il percorso cvheabbiamo seguito nella prima parte di questa nota ci ha portato

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    fino agli anni '70 del XX secolo: vedremo qui come nel 1990, adopera di uno scienziato, nuove concezioni razionalistiche di Diosiano state elaborate; ci porremo dunque la finalit di prenderesul serio queste elucubrazioni ed argomentarci sopra, sperandodi contribuire, pigri, inetti ed eretici come siamo, alla confusioneed al disappunto del lettore.

    Dio una sfera intellegibile il cui centro inogni parte e la cui circonferenza in nessuna.

    La storia di questo enunciato, cui si dato un modesto contributo

    nel nostro precedente intervento, ci ha condotti alla considerazione delrapporto fra immaginazione geometrica e metafisica. Avevamo

    promesso una breve trattazione delle spregiudicate concezionigeometrico-teologiche che Murray Eden professa nel suo saggio God,

    Man and Science (in M.Lothaire (ed.)Mots, Hermes, Paris, 1991), edavevamo tratto spunto, per introdurre le pi o meno farneticanti (di cisi lascia il giudizio al benevolo lettore) opinioni di Eden, dalle ben pirazionali e e prudenti concezioni del teologo Hans Kng, famosa quantodiscussa voce della moderna teologia cattolica.

    La frase riportata in calce evoca in noi suggestioni geometriche: daun lato possiamo facilmente immaginare una "sfera infinita" come unasfera di raggio infinito, il cui centro effettivamente ubiquo: se per sferasi intende "luogo di punti equidistanti da un punto detto centro" ovvioche ogni punto dello spazio racchiuso da una sfera di raggio infinito hadistanza infinta (quindi uguale al raggio) della superficie sferica che localizzata all'infinito, per l'appunto.

    V' tuttavia qualcosa di antiestetico e fuorviante in questoragionamento e, visto che abbiamo la geometria proiettiva adisposizione, non possiamo che pensare che la superficie di una talesfera non sia altri che il piano improprio, e che quindi la sfera pienainfinita altri non sia che lo spazio proiettivo; tuttavia, se lo spazio

    proiettivo imparentato con una sfera, questa sfera S3 (la sferatridimensionale che racchiude una palla quadridimensionale), poich lospazio proiettivo ne quoziente topologico. Quindi l'immagine di una

    sfera infinita (che immaginiamo dinamicamente come una sfera che siespande all'infinito) non significativa. Piuttosto le fascinazioni dellageometria proiettiva possono fornire spunti pi raffinati per tradurre ildictamen da noi discusso in termini esteticamente accettabili.

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    Il vizio essenziale che invalida, ed anzi rende deliranti le osservazioniprecedenti, la concezione metrica della sfera: secondo la definizioneeuclidea di luogo di punti equidistanti dal centro il concetto di sfera

    perde semplicemente senso quando le distanze divengono infinite, equindi la metrica si banalizza. Diversamente potremmo pensare diutilizzare caratterizzazioni topologiche della sfera per immaginare la

    sfera infinita. Ad esempio la prima cosa che viene in mente che lasfera compatta: la compattezza una propriet puramente topologicae, sebbene la nostra forma mentis euclidea ci forzi a figurare uncompatto come qualcosa di limitato, il che collide in qualche modo conl'idea di infinit che deve far parte dell'immagine che andiamoformandoci, il barlume infantile della visione topologica del mondo

    potrebbe sugegrirci la generalit del concetto di compattezza, dellaquale uno degli esempi pi clamorosi il teorema di Tikhonov: cos ilcubo di Hilbert, che il prodotto cartesiano di infinite copie del

    segmento [0,1], compatto pur avendo infinite dimensioni. La sfera adinfinite dimensioni poi ben nota conoscenza ai topologi algebrici, chene hanno argomentato, ad esempio, la contraibilit... Ma risaputo (odovrebbe esserlo): la topologia pu essere pi mistica ed iniziatica dellateologia.

    Un ulteriore segno della inusitata semplicit della concezionegeometrica sopra considerata si evince ponderando sul fatto che, ainostri giorni, esiste una teoria geometrica del mondo, che la relativitgenerale, la quale ci pone in una variet differenziabile, con metrica diLorentz (non euclidea) e soprattutto non compatta (la compattezzaimplicherebbe l'esistenza di paradossi temporali). Come si vede, laraffinatezza delle teorie geometriche moderne rende imbarazzantetrattare dell'immanenza di Dio e di una sua presunta bruniana ocomunque panteistica identificazione col mondo.

    Eppure non tutto pare perduto: esistono ancora solfeggiatori delpensiero che si dilettano in acrobazie geometrico-teologiche, e MurrayEden uno di questi. Nel suo saggio si sofferma su molti aspetti dellanatura divina, epper io ne prender in considerazione solo gli spuntiattinenti alla nostra oziosa discussione.

    Eden inizia la sua esposizione enunciando gli assiomi fondamentaliche bene postulare per accettare la sua discussione: l'esistenza delmondo (assioma materialista) e l'esistenza di Dio (assioma teista). Unaltro assioma che Eden assume, e che lega i due precedenti, che dioabbia creato il mondo, in un qualche senso che probabilmente non puspecificarsi meglio.

    Eden improvvisa anche qualche timida argomentazione contro lenegazioni di uno o pi di questi assiomi, argomentazioni opache in

  • 7/30/2019 Caressa Paolo - Variazioni Su Un Tema Di Borges

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    verit, e che non mi sembrano paragonabili al serio studio di HansKng, del quale avr modo di parlare, argomentazioni, dicevo, sullequali non voglio soffermarmi e che sono volte a negare il nichilismo(che nega il mondo e Dio), l'ateismo (che nega Dio ma non il mondo) el'idealismo berkleyano (che nega il mondo ma non Dio).

    Una ulteriore assunzione che esista un solo Dio: le argomentazioni

    addotte da Eden in favore di questo postulato sono deboli: si limita adire che pi divinit potrebbero entrare in conflitto fra loro. Su questoassioma ci sarebbe molto da dire: mi limito ad osservare che unaconcezione ragionevole di Dio ne contempla anche l'unicit: infatti ilconcetto abramico che Eden sembra professare implicanecessariamente l'unicit (pi di in uno stesso universo vuol direl'assenza di un Dio). Un raffinato argomento dato nei Capp.II-III dellaCitt virtuosa da Abu Nasr al-Farabi; qui mi limito ad abbozzare una

    dimostrazione per assurdo (come quasi ogni dimostrazione di unicit):se esistesse pi di un Dio soddisfacente ai tre assiomi di Eden, allora,postulando anche la coerenza del mondo e dei fenomeni naturali, il cherende possibile ad esempio la ripetitivit delle osservazioni e quindi lascienza, il terzo assioma darebbe immediatamente un assurdo. Unulteriore spunto di interesse potrebbe essere indagare l'unicit di Dionell'mbito del sistema di assiomi che Gdel usa per formalizzare la

    prova ontologica dell'esistenza di Dio: visibilmente i sistemi di Weyl,Gdel ed Eden sono diversi.

    L'assioma seguente di Eden quello che potrebbe chiamarsi"assioma panteista forte": Dio materiale. Eden ammette che lecorrenti teologiche tendono a considerare Dio immateriale e riconoscein questo una caduta verso il paradosso dualista, denunciato in modolucido ad esempio dal logico Smullyan in An unfortunate dualist (inThis book needs no title, Prentice Hall, 1980), secondo il quale un Dioimmateriale non pu interagire col mondo materiale (questione che risalea Cartesio, come ben noto). Eden pretende di dimostrare questoassioma panteista forte al modo degli scolastici, utilizzando unaversione forte dell'assioma materialista: tutto ci che esiste materiale.Allora, per l'assioma teista, Dio materiale.

    Questo punto ci consente di ricondurci alla discussione dalla qualeeravamo partiti: infatti se Dio materiale allora possiamo darne unmodello geometrico, esattamente come facciamo per l'universo.

    Il passaggio che rende bene l'idea della concezione di Dio di Eden

    quello che traduco qui di seguito:

    Un argomento sollevato a favore di un Dio immateriale cheLui/Lei sia dovunque. come se Dio fosse distribuito

  • 7/30/2019 Caressa Paolo - Variazioni Su Un Tema Di Borges

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    uniformemente nelle quattro dimensioni della fisica classica eforse anche nelle dieci (o pi) dimensioni postulate da alcunifisici moderni. In tali circostanze difficile capire come Dio

    possa avere una densit finita in un universo illimitato.Naturalmente, l'universo potrebbe essere limitato e quindil'integrale della massa di Dio sull'universo sarebbe finito [...] Ad

    esempio agisce ogni elemento di volume della massa di Dioindipendentemente? Se cos, in che senso Dio unitario?Altrimenti, c' un centro di controllo ed in che modo differiscedal resto di Dio?

    (il lettore tragga le conclusioni che vuole dal passo precedente: io miastengo da ogni commento, simulando una imparzialit che invero non

    posseggo.)

    Prendiamo comunque sul serio questo brano: la conclusione cuigiunge Eden che Dio non dovunque, ma in grado di percepire ognicosa ovunque: questo crea tuttavia ulteriori problemi: infattiun'attivitpercettiva richiede sempre un'intervento sull'ambiente (perchavviene per tramite di una interazione) e se Dio materiale, comeassume Eden, pure soggetto al principio di indeterminazione diHeisenberg nel suo interagire col reale, ed ogni osservazione che Lui/Lei(per dirla con Eden) compie ltera il fenomeno osservato. Gli effettidissipativi dovuti all'osservazione, ed il fatto che un'osservazione

    richiede comunque energia complicano ulteriormente la questione. Edennon pu nascondersi il problema e prova a trarsi d'impaccio dicendocomunque cheLui/Lei non pu avere pi energia di una pulce o pimassa di un neutrino.

    In realt i problemi non finiscono qui: il concepire la materialit diDio conduce ad un panteismo per cos dire estremo: se Dio materialeallora soggetto alle stesse leggi che regolano i fenomeni materiali, leggifissate da lui medesimo. Questo pu non essere del tutto paradossale,

    ma pone diversi problemi, primo fra tutti che senso dare alla frase "Dioha creato il mondo", che Eden ritiene esser vera (e quindiimplicitamente non priva di significato).

    D'altra parte, se Dio materiale, dovrebbe essere incluso nelcmputo di ci che vi , vale a dire l'universo stesso. Ma, se Dio fa

    parte dell'universo non sembra ragionevola affermare che lo abbiacreato, a meno di non intendere in qualche modo esotico la semanticadel verbo "creare". Tutto ci mi pare riecheggiare la credenza(condivisa dalle religioni orientali ad esempio) che l'universo non abbiamai avuto inizio (e specularmente che non avr mai fine), e che la

    presunta singolarit del Big-Bang sia illusoria (cosa che i fautori deltempo immaginario, nel senso dei numeri complessi, ritengono vera):

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    ma inutile pontificare su questo, vi sono miriadi di saggi pi o menodivulgativi (e pi o meno farneticanti) che affrontano la questionedell'inizio dei tempi.

    Per concludere questa verbosa divagazione vorrei proporre le piprudenti opinioni del teologo Hans Kng, gi citato, che propone unamondanit di Dio in un senso neo-hegeliano che, per quanto intriso

    della farraginosa e rude simmetria dei sistemi tedeschi ottocenteschi, mipare teologicamente pi sensata delle tesi enunciate dallo scienziatoMurray Eden. Cito testualmente alcuni brani dal suo ponderoso trattatodedicato al problema dell'esistenza di Dio, a costituire una sorta diriassunto della storia di questa misteriosa questione.

    La metafisica greca classica, quale venne recepita dalla teologiacristiana, era un primo, ma per noi insufficiente passo verso il

    superamento dell'ingenua comprensione antropomorfica di Dio(ad es. Omero): un'accentuazione della fondamentale differenzafra Dio e divino da una parte, e mondo e uomo dall'altra.Platone stato colui che [...] ha introdotto nella storia culturaledell'Occidente la divisione dualistica della realt [...] Per lacomprensione di Dio, ci equivale a una netta separazione fra ilmondo divino delle idee, con al vertice l'idea di Bene [si pensialla dimostrazione di Gdel], e il mondo sensibile dell'apparenzaformato di materia cattiva. Aristotele giunse invece a tirare gi

    dal cielo le idee divine e sovramondane di Platone, per porlenelle cose di questo mondo. Ma in tal modo diventa ancor piincolmabile l'abisso fra il Primo Principio e il mondo [...] Infatti,

    per questo essere divinopuro (actus purus) ogni autenticorapporto col mondo denuncerebbe anche una carenza(potentia). Anche Plotino [...] vede l'Uno divino separato dalmondo [...] La teologia cristiana [...] ha corretto in molti modi ildualismo greco: per la teologia classica dei Padri della Chiesa e

    del'alta scolastica, Dio immanente al mondo proprio perch lotrascende. La teologia cristiana, per, lungo la storia, ancherimasta ancorata in molti modi al dualismo [...] Descartes [...] ha

    persino inasprito questo dualismo [...] Hegel, infine, fu coluiche, dopo altri, cerc con Fichte e Schelling, di operare unamediazione. Ma soltanto Teilhard [de Chardin] e [Alfred N.]Whitehead, alla luce dell'odierna unitaria visione scientifica delmondo, vedono Dio e il mondo nella loro unit, senza perquesto eliminare le differenze.

    Dispiace che il teologo tedesco non abbia citato il suo illustreconterraneo Weyl nel concludere le sue riflessioni, comunque questo

    brano riepiloga sinteticamente la storia dell'idea di mondanit divina:

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    quale posto debbano avere in questa storia le elucubrazioni di Eden nonmi chiaro; il lavoro di Eden ricco anche di altri spunti, non meno

    problematici, sui quali non possiamo (non vogliamo (non dobbiamo?)?)soffermarci...

    Faccio solo notare come la concezione geometrica di Dio cheavevamo rintracciato fin dai presocratici, trovato esplicitamente nel

    pensiero ermetico ed inseguito attraverso tutto il filone neoplatonico delpensiero occidentale, giungendo a Pascal (da dove abbiamo cominciatoseguendo lo spunto di Borges) mai ha raggiunto la complessit tecnicadi Eden, perch nemmeno i pi sfrenati mistici del passato avrebberomai immaginato di poter integrare sulla massa di Dio...

    Un pensiero, forse un'inquietudine, spero d'aver suscitato nellamente del lettore: ormai siamo abituati al fatto che gli scienziati (in

    particolare i fisici che hanno a che fare con questioni ultime (o prime?)

    come l'origine dell'universo) esprimano giudizi ed opinioni metafisichenel loro linguaggio tecnico, spesso utilizzando le loro conoscenzescientifiche anche per immaginare e concepire Dio, ma dobbiamo ancheabituarci al fatto che le opinioni dei teologi in materia possano esseremolto pi prudenti, e forse ragionevoli, di quelle degli scienziati.

    Visto che questa corposa nota stata costruita attorno a parolealtrui, citate forse non sempre a proposito, non posso che concluderlaaffidando ad un autore la cui esistenza dubbia quanto quella di Dio,l'ultima parola in materia di mondanit divina. Si tratta delle paroleconclusive della Teologia Mistica del presunto Dionigi Aeropagita:

    parlando della causa universale (cio di Dio) afferma che

    non n anima, n intelligenza, e non possiede nimmaginazione, n opinione, n parola n pensiero; che essastessa non n parola n pensiero; e che non oggetto n didiscorso n di pensiero. Non n numero, n ordine, n

    grandezza, n piccolezza, n uguaglianza, n disuguaglianza, nsomiglianza n dissomiglianza; non sta ferma n si muove, nrimane quieta n possiede una forza, n nua forza; non luce;non vive e non vita; non n essenza, n eternit, n tempo;non ammette neanche un contatto intellegibile; non n scienza,n verit, n regno, n sapienza; non n uno, n unit, ndivinit, n bont; non neppure spirito, per quanto nesappiamo; non n figliolanza, n paternit, n qualcuna dellecose che possono essere conosciute da noi o da qualche altroessere; non nessuno dei non-esseri, e nessuno degli esseri; ngli esseri la conoscono in quanto esiste; e neppure essaconosce gli esseri in quanto esseri. A proposito di essa, nonesistono n discorsi, n nomi, n conoscenza; non tenebra, n

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    luce, n errore, n verit; non esistono affatto, a proposito diessa, n affermazioni n negazioni: quando facciamo delleaffermazioni o delle negazioni in sguito ad essa, noi nonl'affermiamo n la neghiamo. In effetti, la causa perfetta edunitaria di tutte le cose al di sopra di ogni affermazione; el'eccellenza di colui che assolutamente staccato da tutto e al di

    sopra di tutto superiore ad ogni negazione.

    POSTILLA 2002: Frugando nella rete ho scoperto un bel saggio diChiara Richelmi, decisamente pi "professionale" ed interessante diquello da me qui presentato, dedicato all'armonia delle sfere celesti nella

    Divina Commedia e che si apre con una citazione borgesiana sullasfera di Pascal.

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