56
DALLADONNA DI PALAZZO ALLADONNA DI FAMIGLIA Pedagogia e cultura femminile tra Rinascimento e Controriforma FRANCESCO SBERLATI D ietro la civilta del Rinascimento si allunga l'ombradi una congiuntura antropologicae culturale straordinariamente in- novativa, con conseguenze determinantiper le successive epo- che della civilta moderna. Si tratta dell'interesse per la donna e la condizione femminile. Vale a dire, dell'interesse ideologicamente provocatorio per una figura la cui alterita e dissimiglianzarispetto ai canoni del maschilismo culturale dominante dal Medioevo in poi coinvolge tutti i piani dell'esistenza: anatomico, psicologico, mentale, sociale, professionale. Alla base di questo contributo c'e pertanto il tentativo di riconoscere, confrontando la documenta- zione fin qui nota, una svolta decisiva nei rapporti fra quei due principi fondamentali per la storia della nostra cultura che sono il femminile e il maschile. Questa svolta si situa storicamente tra gli anni Venti e la meta" del Cinquecento, fino all'inizio del Concilio di Trento (1545-1563), quando reazionarie scelte di politica reli- giosa e sociale respingeranno la dimensione e la funzione femmini- le in ruoli retrivi e subalterni, fortemente ridimensionati sul piano dell'incidenza culturale. In questi decenni la donna e al centro di un'attenzione intellettuale e anche mondana vivacissima. Le espo- nenti di maggior rilievo di questo 'femminismo' cinquecentesco mostrano una evidente contiguita con i modelli culturali piu accre- ditati dell'epoca, svolgendo talvolta un ruolo di primo piano all'in- Desideroesprimere la mia sincera gratitudine ai proff. Salvatore Camporeale e DavidQuint,le cui pazienti, puntuali e opportune osservazioni hanno contribuito a mi- gliorare questosaggio. Un grazie speciale va inoltre a tuttala comunita degli studiosi di Villa I Tatti,i quali mi hanno fornito suggerimenti ed indicazioni. 119 Casa Editrice Leo S. Olschki s.r.l. and Villa I Tatti, The Harvard Center for Italian Renaissance Studies is collaborating with JSTOR to digitize, preserve, and extend access to I Tatti Studies: Essays in the Renaissance www.jstor.org ®

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA … SBERLATI.pdf · Si tratta dell'interesse per la donna e la condizione femminile. Vale a dire, dell'interesse ideologicamente

Embed Size (px)

Citation preview

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

Pedagogia e cultura femminile tra Rinascimento e Controriforma

FRANCESCO SBERLATI

D ietro la civilta del Rinascimento si allunga l'ombra di una congiuntura antropologica e culturale straordinariamente in- novativa, con conseguenze determinanti per le successive epo-

che della civilta moderna. Si tratta dell'interesse per la donna e la condizione femminile. Vale a dire, dell'interesse ideologicamente provocatorio per una figura la cui alterita e dissimiglianza rispetto ai canoni del maschilismo culturale dominante dal Medioevo in poi coinvolge tutti i piani dell'esistenza: anatomico, psicologico, mentale, sociale, professionale. Alla base di questo contributo c'e pertanto il tentativo di riconoscere, confrontando la documenta- zione fin qui nota, una svolta decisiva nei rapporti fra quei due principi fondamentali per la storia della nostra cultura che sono il femminile e il maschile. Questa svolta si situa storicamente tra gli anni Venti e la meta" del Cinquecento, fino all'inizio del Concilio di Trento (1545-1563), quando reazionarie scelte di politica reli- giosa e sociale respingeranno la dimensione e la funzione femmini- le in ruoli retrivi e subalterni, fortemente ridimensionati sul piano dell'incidenza culturale. In questi decenni la donna e al centro di un'attenzione intellettuale e anche mondana vivacissima. Le espo- nenti di maggior rilievo di questo 'femminismo' cinquecentesco mostrano una evidente contiguita con i modelli culturali piu accre- ditati dell'epoca, svolgendo talvolta un ruolo di primo piano all'in-

Desidero esprimere la mia sincera gratitudine ai proff. Salvatore Camporeale e David Quint, le cui pazienti, puntuali e opportune osservazioni hanno contribuito a mi- gliorare questo saggio. Un grazie speciale va inoltre a tutta la comunita degli studiosi di Villa I Tatti, i quali mi hanno fornito suggerimenti ed indicazioni.

119

Casa Editrice Leo S. Olschki s.r.l. and Villa I Tatti, The Harvard Center for Italian Renaissance Studiesis collaborating with JSTOR to digitize, preserve, and extend access to

I Tatti Studies: Essays in the Renaissancewww.jstor.org

®

FRANCESCO SBERLATI

terno del complesso meccanismo che presiede alle scelte di gusto estetico e di concezioni ideologiche.'

L'attenzione accesa sulla donna, finalmente intesa come sog- getto dotato di una distintiva autonomia psicologica nei confronti del modello maschile, produce tutta una serie di opere2 nelle quali la dimensione femminile della gratia, della misura e della piacevo- lezza riceve una sorta di celebrazione teorica, collegata perlopiu agli alti livelli delle idee neoplatoniche e ficiniane ereditate dall'U- manesimo quattrocentesco.3 La cultura rinascimentale puo cosl da- re il via all'edificazione di una figura letteraria e artistica - quella della donna gratiosa, appunto - nella quale gradualmente si trala- scia la natura umana a favore del dato retorico e stilemico. Ancora una volta il Rinascimento traduce le idee in immagini, vale a dire in allegorie, in emblemi, in simboli. Anche il femminismo cultura- le cinquecentesco sembra ridursi, pertanto, nell'esibizione imitabi- le di figure topiche, nell'iterazione allegorica delle immagini te- stuali e visive, nella riproposizione quasi propagandistica di un modello di donna canonicamente libresco piuttosto che concreta- mente storico.4

1 Per un inquadramento storico di carattere generale si possono utilmente consulta- re i lavori di R. DE MAIo, Donna e Rinascimento, Milano, 1987; Storia delle donne in Oc- cidente, a cura di G. DUBY-M. PERROT, 5 voll., III, Dal Rinascimento all'eta moderna, a cura di N. ZEMON DAVIS-A. FARGE, Roma-Bari, 1991; M. ZANCAN, "La donna", in Let- teratura italiana, a cura di A. ASOR ROSA, V. Le Questioni, Torino, 1986, pp. 765-827, in part. pp. 788-811; G. SERVADIO, La donna nel Rinascimento, Milano, 1986; P. BENSON, The invention of the Renaissance woman: the challenge of female independence in the litera- ture and thought of Italy and England, Pennsylvania State U.P., 1992; Ambiguous realities: women in the Middle Ages and Renaissance, a cura di C. LEVINE-J. WATSON, Detroit, 1987; F. MEDIOLI, "Culture, Society and Women in Renaissance Italy", Nouvelles de la Republique des Lettres, 1994, n. 2, pp. 213-217. Per il periodo precedente a quello qui affrontato v. D. BACKHOUSE-PH. MADDERN-N. TOMAS, Women in Medieval and Renais- sance European history, c. 1100-1500: a bibliography, Melbourne, 1989. Per la nozione medievale di femminilita vedi ora M. BIANCO, "Le classificazioni femminili nella menta- lita medievale (sec. XII-XVI)", Nuova rivista storica, LXXIX, 1995, pp. 261-274.

2 M.-F. PIEJus, "Index chronologique des ouvrages sur la femme publies en Italie de 1471 'a 1560", in Images de la femme dans la litterature italienne de la Renaissance. Preiuge's misogynes et aspirations nouvelles: Castiglione, Piccolomini, Bandello, a cura di J. Gumi-A. RoCHON et al., Paris, 1980, pp. 157-165.

3 P. 0. KRISTELLER, "Neoplatonismo e Rinascimento", in Il neoplatonismo nel Ri- nascimento, a cura di P. PRINI, Roma, 1993, pp. 9-28.

4 C. JORDAN, Renaissance feminism: literary texts and political models, Ithaca, N.Y., 1990; S. FISHER-J. E. HALLEY, Seeking the woman in late Medieval and Renaissance wri- tings: essays in feminist contextual criticism, Knoxville, 1989; The crannied wall: women,

120

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

La componente femminile del Rinascimento italiano emerge chiaramente dalle testimonianze dei contemporanei e in particola- re dalle pagine di opere dedicate ad argomenti pedagogici e educa- tivi. Come e emerso sin dagli studi per molti aspetti pioneristici di Ruth Kelso e Conor Fahy, esse sono opere di grande importanza documentaria.5 Sono libri in se preziosi in quanto strumenti storici che ci consentono di ritrovare il significato piiu autentico del fem- minismo rinascimentale e che costituiscono un preciso filone di trattatistica interamente dedicata alle questioni della didattica e dell'educazione femminile. Ma prima di soffermarsi su di essa, oc- corre preliminarmente volgere un rapido sguardo a quello che vie- ne ritenuto il maggior documento letterario della nuova sensibilita rinascimentale verso la dimensione femminile, cioe il Libro del Cortegiano di Baldassare Castiglione.

Pubblicato nel 1528 e diviso in quattro libri, il Cortegiano ri- porta un dialogo immaginario che l'autore dice avvenuto nel 1506 presso la Corte di Urbino, nel quale gli interventi dei vari interlo- cutori servono a definire l'ideale sociale e culturale del perfetto uomo e della perfetta donna di Corte. In esso di fatto il lento pro- cesso di dissoluzione delle strutture concettuali della civilta% feuda- le e accompagnato dall'elaborazione cosciente di una iconologia che definirei 'neocavalleresca', dove nobilta e aristocrazia di Corte sono assunte entro l'orizzonte di maturazione di una identita cul- turale cortese. Nel Cortegiano la donna riveste grande importanza. Alla costruzione di un nuovo modello di femminilita tutto cinque-

religion, and the arts in early modem Europe, a cura di C. A. MONSON, Ann Arbor, 1992; I. MACLEAN, The Renaissance notion of woman: a study in the fortunes of scholasticism and medical science in European intellectual life, Cambridge-New York, 1980; Women in the Middle Ages and the Renaissance: literary and historical perspectives, a cura di M. B. ROSE, Syracuse, N.Y., 1986; M. L. KING, Women of the Renaissance, Chicago, 1991; S. F. MATTHEWS GRIECO, "La Querelle des femmes nell'Europa del Rinascimento", Quaderni storici, XXV, 1990, pp. 683-688.

S R. KELSO, Doctrine for the Lady of the Renaissance, Urbana Ill., 1956; C. FAHY, "Three early Renaissance treatises on women", Italian Studies, XI, 1956, pp. 30-55. Piu recentemente vedi M. L. LENZI, Donne e madonne. L'educazione femminile nel primo Ri- nascimento italiano, Torino, 1982. Inoltre vedi S. F. MATTHEWS GRIEco, "Persuasive Pictures: Didactic Prints and the Construction of the Social Identity of Women in 16th Century Italy" in Culture, Society and Women in Renaissance Italy, a cura di L. PANIZZA, Oxford, 1996, in corso di stampa. Sono molto grato a Sara Matthews Grieco per avermi concesso di leggere il suo importante studio prima della pubblicazione ed inoltre per avermi gentilmente fornito alcune notevoli segnalazioni, pur non condividendo intera- mente la tesi da me esposta in questo articolo.

121

FRANCESCO SBERLATI

centesco Castiglione dedica infatti l'intero terzo libro del Cortegia- no, mentre in tutta l'opera assai frequenti sono i passi in cui la conversazione riflette sulla necessita di una definizione di sensibi- lita femminile sganciata dagli stereotipi misogini ed orientata inve- ce in direzione di una acquisita emancipazione sociale e culturale. La comprensibilita della dimensione femminile da parte del pub- blico colto del primo Cinquecento e forse uno degli aspetti pii'u si- gnificativi del Cortegiano, nel quale prende forma e sostanza il ca- none rinascimentale della bellezza muliebre. Direi anzi che cio che contraddistingue il Cortegiano da quella triade di libri giustamente individuata da Amedeo Quondam,6 vale a dire il Galateo di Gio- vanni Della Casa, La civil conversazione di Stefano Guazzo e ap- punto il Cortegiano, consiste proprio nei numerosi passi che infor- mano circa la nuova rappresentazione di femminilita e le modalita attraverso le quali essa si impone quale cifra stilistica predomi- nante.

Nel libro di Castiglione il rapporto concettuale che si profila dietro il dialogo degli interlocutori e di natura tale da risultare espressione di una civilta davvero moderna, al cui interno la don- na occupa una funzione di primaria levatura. Un tratto predomina sugli altri nella nuova figura di donna cosl ben codificata nel Cor- tegiano, quello forse che meglio esprime la portata rivoluzionaria della femminilita cinquecentesca. E l'insistenza ripetuta e piiu vol- te ribadita sull'erudizione della donna, sulla sua educazione lette- raria e artistica, sulle sue frequentazioni intellettuali e librarie, sul- le sue capacit"a di apprezzare e stimare le prove piiu difficili e com- plesse della cultura rinascimentale. Alla donna del Rinascimento e richiesta una preparazione culturale simile ed equivalente a quella dell'uomo, il suo 'sapere' deve essere altrettanto robusto ed eleva- to, pena l'emarginazione sociale. La questione non e da sottosti- mare, poiche esprime una svolta culturale, e direi persino antropo-

6 A. QUONDAM, "Introduzione" a STEFANO GuAzzo, La civil conversazione, a cura di A. QUONDAM, 2 voll., Modena, 1993, I, p. xi.

7 G. FUMAGALLI, "Donne bibliofile italiane", L'Esopo, XV, 1993, pp. 9-22. Inol- tre vedi M. E. Rossi CHINELLI, Isabella Sforza e i letterati del suo tempo. Per una ricogni- zione della presenza femminile nella cultura piacentina del Rinascimento, Piacenza, 1992; F. AMBROSI, "Libri e lettrici in terra veneta nel sec. XVI. Echi erasmiani e inclina- zioni eterodosse", in Erasmo, Venezia e la cultura padana nel '500. Atti del XIX Con- vegno di Studi Storici, Rovigo, 8-9 maggio 1993, a cura di A. OLiviEi, Rovigo, 1995, pp. 75-84.

122

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

logica, di fondamentale importanza per la storia delle idee in eta moderna. Una tale dimensione femminile, a meta tra erudizione e gratia, emerge nel Cortegiano proprio 1a dove si insiste sul valore civile assunto dall'educazione culturale. Questa va intesa non co- me mera erudizione fine a se stessa, vissuta in ambito privato ed individuale, ma al contrario come efficace strumento di partecipa- zione sociale, talvolta ostentando ed esibendo, se le circostanze lo consentono, una formazione intellettuale maturata attraverso una partecipe frequentazione dei classici latini e volgari, e nel contem- po sforzandosi di rivivere i modelli biografici da questi appresi.

Pertanto, e gia stato osservato da interpreti autorevoli, il Cor- tegiano di Baldassare Castiglione esprime compiutamente l'ideale femminile di indubbia predominanza nella cultura e nella societa cinquecentesche.8 Questa valutazione del libro di Castiglione non e inopportuna ne incongruente. Basti considerare il fatto che in maggioranza la trattatistica di pedagogia femminile coeva indica nel modello di donna espresso nel Cortegiano l'obiettivo a cui ten- dere, il risultato da raggiungere tramite un percorso educativo che sembra per l'appunto impostato con lo scopo preciso di pervenire gradualmente alla formazione di una perfetta donna di palazzo. Dal Cortegiano provengono le indicazioni e le prescrizioni meglio connotate sul piano della prassi didattica. I riflessi culturali di questa pedagogia femminile sono di primo ordine giacche dimo- streranno grande influenza nella vita artistica e letteraria del Rina- scimento, esaltando il ruolo della donna nella societa civile ed inci- dendo a fondo sull'assetto estetico ed espressivo dell'epoca.9

8 G. SACCARO BATIISTI, "La donna, le donne nel Cortegiano", in La corte e il "Cor- tegiano": I. La scena del testo, a cura di C. OSSOLA, Roma, 1980, pp. 219-250; M. ZAN- CAN, "La donna e il cerchio nel Cortegiano di B. Castiglione. Le funzioni del femminile nell'immaginario di corte", in Nel cerchio della luna. Figure di donna in alcuni testi del XVI secolo, a cura di M. ZANCAN, Venezia, 1983, pp. 13-56; D. A. DRAFTON, Politics and the praise of women: political doctrine in the Courtier's third book, New Haven-Lon- don, 1983; V. FINucci, The Lady Vanishes. Subjectivity and Representation in Castiglione and Ariosto, Stanford, 1992. Vedi anche le segnalazioni di M. Pozzi, "Rassegna biblio- grafica. Rassegna di studi rinascimentali IV", Giornale storico della letteratura italiana, CLXXI, 1994, pp. 96-132, in part. pp. 127-130.

9 G. PATRIZI, "II libro del Cortegiano e la trattatistica sul comportamento", in Let- teratura italiana, a cura di A. ASOR ROSA, III/2. Le forme del testo. La prosa, Torino, 1984, pp. 855-890; M. AURIGEMMA, "La civil conversazione e i trattati sul comporta- mento", in La letteratura italiana. Storia e testi, a cura di C. MUSCErrA, IV/I. II Cinque- cento. Dal Rinascimento alla Controriforma, Roma-Bari, 1973, pp. 493-537. A. GAGLIAR- DI, La misura e la grazia. Sul "Libro del cortegiano", Torino, 1989.

123

FRANCESCO SBERLATI

Esaminero qui alcuni esempi di questa trattatistica pedagogica, richiamando i testi pi'u significativi dedicati all'educazione femmi- nile pubblicati tra gli anni Quaranta e Sessanta del Cinquecento. Questa circoscritta limitazione cronologica tra le due meta del XVI secolo ci permettera di vedere in che modo, entro un arco temporale assai breve, le concezioni inerenti alla femminilita subi- rono drastici mutamenti ed involuzioni. Tramite selezionati speci- mini esemplificativi potremo agevolmente farci un'idea dei canoni sui quali era impostata l'educazione di una donna d'estrazione so- ciale alta, appartenente ad una famiglia dell'aristocrazia o della grande borghesia mercantile e latifondista con aspirazioni nobilia- ri. Tuttavia, prima di procedere nell'esame di queste opere, credo sia opportuno fornire sin d'ora un avvertimento preliminare. Ai fi- ni di una lettura storicamente aderente, capace insomma di evitare interpretazioni anacronistiche proiettando su di esse la nostra sen- sibilita di moderni, occorre tenere nel debito conto il carattere re- pressivo di questi manuali di pedagogia, talvolta con dichiarati in- tenti inibitori. Ovviamente alla donna e concessa ora una dignita ed un ruolo impensabili sino a qualche decennio prima, e le vengo- no riconosciuti meriti e capacita di indubbia rilevanza. Cio nono- stante, non va dimenticato che il fine ultimo di questi educatori consisteva nel mantenere il controllo sociale della femminilit'a tra- mite un'opera di istruzione preventiva tendente ad evitare l'im- porsi di posizioni culturalmente eversive. Anche se i dilatati oriz- zonti mentali del Rinascimento avevano consentito l'emergere e il diffondersi di una nuova idea di femminilita, sul piano concreto delle testimonianze documentarie scopriamo in realta che la condi- zione storica della donna, sia pure arricchita dalla dignita culturale di recente conquistata, era socialmente ancora irreggimentata nel tradizionale ordine tripartito degli 'stati' verginale, maritale e ve- dovile. II suo ruolo non aveva altre dimensioni all'infuori di que- ste tre: vergine in attesa di matrimonio, di frequente con un uomo impostole da legami di interesse dinastico o finanziario; sposa e madre; casta vedova devota alla memoria del marito. Tre fasi ine- vitabili che ne scandiscono preordinatamente, salvo rarissime ecce- zioni, la vicenda biografica ed esistenziale.

II valore emblematico di tali materiali educativi si riconosce con esattezza nel trattato di Galeazzo Flavio Capella (o Capra, stan-

124

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

do alle precisazioni di Maria Luisa Doglio 1), intitolato Della ec- cellenza et dignita delle donne, uscito dapprima a Roma presso Francesco Minicio Calvo nel 1525 e poi a Venezia presso la tipo- grafia di Gregorio de Gregoriis nel 1526, ben tre anni prima, si noti, della pubblicazione del Cortegiano. Ingiustamente dimentica- to, questo libro condensa in se una gamma vasta e complessa di componenti culturali, perlopi'u di estrazione tipicamente umanisti- ca, delle quali sara necessario fornire un rapido resoconto. In pri- mo luogo va detto che gia il titolo rappresenta una sorta di preciso manifesto culturale, fedele e solidale al progetto insieme etico ed ideologico dell'antropocentrismo quattrocentesco. Esso richiama infatti per analogia e affinit"a una robusta e teoricamente motivata tradizione filosofico-letteraria, ricalcando alla lettera, dopo oppor- tuna traduzione dal latino al volgare, titoli di opere quali l'Oratio de dignitate hominis di Giovanni Pico della Mirandola o il De ex- cellentia ac praestantia hominis di Bartolomeo Facio. Opere fonda- mentali per la speculazione neoplatonica del XV secolo, con pieni e diretti meriti nell'enuclearsi di un preciso filone antimedievale. Nel Quattrocento occorreva sottrarre al monopolio divino le capa- cita umane di costruire il proprio destino e la propria fortuna. Nel Cinquecento occorre sottrarre al monopolio della cultura maschili- sta il diritto della donna di influire sulla propria vita tramite scelte coscientemente eseguite. E prevale decisamente nel trattato di Flavio Capella l'amplificazione dei tratti antimisogini a favore di una riconciliazione dei sessi in nome di un ideale di dignita umana non scevro da ragioni sostanzialmente umanistiche.

Ribadita a piZu riprese, l'idea dell'imitazione di un modello mu- liebre letterariamente accreditato come principio pedagogico basi- lare rappresenta il sostrato concettuale su cui Flavio Capella edifi- ca il suo manuale. L'imitazione ed emulazione di un canone com- portamentale desunto dai testi (e non dalla vita o dall'esperienza) sono il fulcro intorno al quale si dispone la proposta educativa for- mulata nel Dell'eccellenza et dignita delle donne. Tutto sta nel repli- care il modello esemplare assunto quale regola e norma di vita ci- vile, mediante la realizzazione di un ordine delle somiglianze che

10 GALEAZZO FLAVIO CAPRA, Della eccellenza e dignita delle donne, a cura di M. L. DOGLIO, Roma, 1988, pp. 5-7. Vedi L. D'AsciA, "Galeazzo Flavio Cajella traduttore di Erasmo", Lettere italiane, XLII, 1990, pp. 66-68.

125

FRANCESCO SBERLATI

punta a ridurre, se non ad azzerare, l'espressione delle peculiarita individuali e soggettive. Di qui il lungo elenco di figure femminili del passato fornito dall'autore, delle quali si pongono in evidenza le virtiu meglio omologabili alle necessit"a della cultura e sensibilita femminile cinquecentesca, con lo scopo preciso di fornire all'edu- canda un repertorio di modelli biografici prima ancora che psicolo- gici ai quali attenersi per conseguire uno stato socialmente elevato. La donna di mondo, adatta alla civil conversazione1' che si tiene nelle sale dei palazzi signorili, come suggerito nel Cortegiano, deve essere capace di equipararsi ad uno stereotipo divenuto dominan- te, altrimenti eccedera la misura apparendo stravagante o eccentri- ca. Flavio Capella insiste sul concetto di misura con argomenti conformi all'idealizzazione della donna elaborata da Castiglione, denunciando altresl sul piano storico-letterario il processo d'asse- stamento concettuale che si va compiendo tra gli anni Venti e Trenta del XVI secolo. I cambiamenti di struttura e di contenuto che tale processo attua rispetto ai modelli di femminilit"a ereditati dal Quattrocento si comprendono solo a partire da una prospetti- va che non mi sembra eccessivo definire di forte laicizzazione, tanto da riuscire ad oggettivare con misura critica, in nome di una elitaria superiorita culturale, il distacco progressivo dalle conven- zioni religiose che regolavano in senso coercitivo la vita sociale della donna. La documentazione letteraria mostra chiaramente la latitudine del propagarsi di questo sviluppo antitradizionale nella prima meta" del Cinquecento, anche in aree marginali o comunque periferiche.

La misura, cifra stilistica ed insieme ideologica della gratia, di- pende nondimeno da una mentalit"a sofisticatissima, difficilmente comprensibile per i nostri parametri moderni. La quale e assimila- bile teoricamente all'intellettualizzazione neoplatonica dell'amore, inteso come funzione metafisica e psicologica della tendenza alla deificazione. In questo percorso di emblemi ed allegorie mentali, che si snoda attraverso la ricapitolazione simbolica dell'immagine della donna-dea elaborata dalla mitologia classica, e ben evidente quel programma culturale che i traduttori di Aby Warburg hanno

11 GuAzzo, op. cit. (vedi nota 6), Libro II, vol. I, pp. 163-172.

126

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

definito "rinascita del paganesimo antico"."2 Si tratta di un itine- rario mentale, e direi anzi razionale, basato sul mimetismo lettera- rio nei confronti del reale, sulla metamorfosi spirituale e la risolu- zione definitiva delle passioni. Un tale itinerario, strumento di fu- ga da una realta costrittiva verso la rievocazione nostalgica di un passato ideale cristallizzato nella memoria letteraria, conserva in- tatta la sua misura culturale nei numerosi trattati che il secolo XVI ha dedicato alla codificazione di una filosofia dell'amore. Tra questi mi limito qui a ricordare, per fornire qualche rapida indica- zione di testimonianze, il Libro de natura de Amore (1525) di Ma- rio Equicola, i Dialoghi d'Amore (1535) di Leone Ebreo, il Ragio- namento nel quale si insegna a' giovani uomini la bella arte d'Amore (1545) di Francesco Sansovino, lo Specchio d'Amore (1547) di Bar- tolomeo Gottifredi, il Della infinita di Amore (1547) di Tullia d'A- ragona, il De pulchro et Amore (1531) di Agostino Nifo, aristoteli- co professore di filosofia morale all'Universita di Padova, fino al testo forse piiu importante del secolo per profondit"a e robustezza di contenuti teoretici, l'Amorosa filosofia di Francesco Patrizi. An- che l'amore, tra filosofia e arte (per la precisione l'ars latina col suo significato etimologico), deve necessariamente essere 'misura- to', vale a dire risolto minuziosamente entro una controllata vel- leita di elevazione morale, di innalzamento ad un livello etico su- periore. Pertanto, la vita sociale della donna di mondo del Rina- scimento si costruisce artificialmente come una biografia in cui e dislocato il reticolo memorabile dei modelli esemplari da imitare e replicare. Ogni gesto, ogni parola rinvia ad un testo, ad una cita- zione. Vivendo, essa riscrive un'esistenza femminile preesistente ritenuta esemplare e dunque degna di essere imitata.

Non si discosta dal tracciato educativo indicato da Flavio Ca- pella il trattato, simile anche nel titolo, De nobilitate et praecellen- tia foeminei sexus del medico e astrologo Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim.'3 Steso dapprima in latino verso il 1509 e poi impresso ad Anversa nel 1529, il trattato di Agrippa fu pub- blicato in Italia dall'editore Gabriel Giolito de' Ferrari a Venezia

12 A. WARBURG, La rinascita del paganesimo antico. Contributi alla storia della cultu- ra, trad. G. BING, Firenze, 1966, pp. 4-46; vedi inoltre le fini osservazioni di KRIsTEL- LER, op. cit. (vedi nota 3), pp. 14-23.

13 HENRI CORNEILLE AGRIPPA, De nobilitate et praecellentia foeminei sexus, a cura di R. ANTONIOLI et alii, Geneve, 1990.

127

FRANCESCO SBERLATI

nel 1549 col titolo Della nobiltd et eccellenza delle donne nella tra- duzione approntata da Alessandro Piccolomini, lui stesso, come vedremo, autore di un'opera dichiaratamente 'femminista'. Non diversamente da queUe di Capella e Castiglione, le prescrizioni fornite dal trattato di Cornelio Agrippa sembrano connotate da un'insistenza speciale sull'imitazione, cioe sulla emulazione topica di un seletto catalogo di figure femminili.'4 Ma c'e nel libro di Agrippa un dato ulteriore che sara opportuno non sottostimare. Si tratta del procedimento retorico che conduce alla celebrazione del- la donna tramite la riproposizione di un formulario di iconologie verbali desunto dai libri antichi e moderni piiu famosi del tempo. La donna stessa, secondo l'idea insegnativa espressa nel Della no- bilta et eccellenza delle donne, deve imparare in primo luogo a 'ri- cordare', a ripercorrere nell'ordine della memoria la casistica degli stilemi e dei comportamenti socio-culturali a lei piiu adeguati. L'e- ducazione umanistica che le verra impartita serve pertanto al com- pito di rammentare. La sua erudizione dipendera dalla sua capaci- t'a di 'ritenere' nella memoria quanto le e stato insegnato. E, que- sto, un dato importante poiche si connette direttamente alla di- scussione quattro-cinquecentesca sull'ars memoriae e agli schemi

14 Le donne la cui vicenda biografica costituisce un exemplum, e dunque un model- lo da emulare secondo il precetto normativo dell'imitatio umanistica, sono perlopiCu addi- tate da Agrippa in personaggi biblici (in particolare vetero-testamentari) e in personaggi dell'antichita greco-romana. Cosi l'autore enumera ed allinea i nomi di Sara, Rebecca, Betsabea, Judith, Susanna, Ester (donne che alla bellezza hanno saputo aggiungere una grande virtui). Accanto a queste donne della tradizione giudaico-cristiana, queue conse- gnate dalla tradizione classica: Argia sposa di Polinice, Giulia sposa di Pompeo, Porcia sposa di Catone, Cornelia dei Gracchi, Messalina sposa di Sulpicio, Alceste sposa di Ad- meto, Didone di Cartagine, le romane Lucrezia e Sulpicia, la volsca Camilla, le greche Ifigenia e Cassandra. Queste ultime sono ottimo esempio di casto e fedelissimo amore o di tale forza morale che neppure di fronte alla minaccia della morte rinunciarono ai valo- ri della verginita e del pudore. Non mancano neppure esempi di donne dalla piiu recente epoca medievale, altrettanto generose nel testimoniare una esistenza che merita di essere ripetuta ed imitata dalle donne del Rinascimento. Cosl Agrippa richiama le vicende bio- grafiche di Teodolinda, figlia del re di Baviera, la quale convertl al Cristianesimo i Lon- gobardi; di Gresilla, sorella dell'imperatore Enrico I, che convertl gli Ungari; di Clotil- de, figlia del re dei Burgundi, che convertl i Franchi. Insomma Agrippa fornisce alla pe- dagogia femminile del Cinquecento un repertorio assai vasto di biografie di donne rite- nute modelli primari a cui tendere, o a cui ispirare la propria esistenza. Ancora una vol- ta, nel pieno rispetto delle norme che regolano la civilta del Rinascimento, occorre imita- re, emulare, ripetere, ri-scrivere, riesumare. Qualsiasi innovazione individuale o soggetti- va e decisamente da rigettare, se non e corroborata da un precedente modello assunto come auctoritas o come guida.

128

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

analogici di 'memoria artificiosa' da essa esperiti. " Tuttavia, quel- lo che importa precisare in questa sede e il fatto che, attraverso il percorso della florida trattatistica sulla pedagogia femminile, si co- stituisce rapidamente un'innovativa tradizione di studi sulla don- na, irrobustita dall'assimilazione dei materiali classici recentemen- te rivivificati per merito dell'Umanesimo quattrocentesco, ma so- prattutto attualizzata tramite la sperimentazione di equilibri inedi- ti in cui collocare i variati apporti dissodati dall'emergere del fem- minismo.

Si tratta di una vicenda che resta e predomina in quanto sto- riograficamente distintiva. La mediazione della cultura femminile rappresenta cio che meglio caratterizza la tipica coesistenza rina- scimentale di tanti messaggi eterogenei e talora antagonistici, poi- che proprio dall'intelligenza della questione femminile sembra pro- venire la risposta piiu originale a questa crisi di crescita. L'attec- chimento precoce dei valori femministi e la fortuna della pedago- gia femminile dimostrano appunto un rapporto privilegiato con le istanze piiu ricettive della cultura rinascimentale. II trattato di Agrippa esprime compiutamente questa nuova dimensione femmi- nile, tanto che restera a lungo, lo vedremo, il libro principe della trattatistica sulla donna nel XVI secolo. Al De nobilitate si richia- meranno infatti, talora derivandone interi passi, gli autori piiu at- tenti e meglio informati, come Domenichi e Piccolomini.

Una tramatura eterogenea di apporti e materiali fortemente in- novativi, e talvolta persino eversivi rispetto alle persistenti catego- rie articolate sul principio della misoginia, e riconoscibile senza ec- cessive difficolta alla base di un altro importante libro di pedago- gia femminile del Cinquecento. Si tratta de La nobilta delle donne di Ludovico Domenichi, uscito a Venezia presso Gabriel Giolito de' Ferrari nel 1549. E anch'esso costruito, come il Cortegiano di Castiglione, sullo schema del dialogo: cinque interlocutori 'ragio- nano' sulla nuova concezione di femminilita che il Rinascimento ha imposto alle coscienze piiu avvertite dell'epoca. Come si deduce infatti dalle pagine piiu significative del libro, la presenza attiva delle donne all'interno dei circuiti piu avanzati della civilt'a rina-

15 L. BOLZONI, La stanza della memoria. Modelli letterari e iconografici nell'eta della stampa, Torino, 1995; La cultura della memoria, a cura di L. BOLZONI-P. CORSI, Bologna, 1992.

129 9

FRANCESCO SBERLATI

scimentale sembra saldamente assestata ed ammessa senza pudori, talora con ruoli arditamente vicini a posizioni estreme della cultu- ra riformatrice.

Anche per Domenichi, come per Castiglione, il destinatario ideale della sua opera e una dama sufficientemente educata e raffi- nata da comprendere ed apprezzare le prove piiu erudite della let- teratura e dell'arte. Nell'austera serieta del dibattito riportato nel- la Nobilta delle donne, il nuovo messaggio mira innanzitutto a fare spazio ad un'immagine elevata della donna in ambito sociale e cul- turale, espressione umana in senso pieno di una dimensione psico- logica e nel contempo ostensione pubblica di una funzione civile. Ma l'altra faccia della passione letteraria che conquisto il pubblico signorile e cortigiano del Cinquecento ha invece il profilo restritti- vo e proibitivo del manuale di comportamento. Su questo orizzon- te, le esigenze insegnative ed educative si saldano con le istanze coercitive radicate nell'ideologia rinascimentale, quelle della com- postezza, della misura, della gratia, istanze con le quali anche il trattato di Domenichi pare stringere relazioni stabili. Vedremo piu oltre le conseguenze di questo atteggiamento durante le politiche reazionarie dell'eta conciliare e post-tridentina. Soffermiamoci ora su questo importante libro di Ludovico Domenichi.

Nell'affrontare il complesso dialogo di Domenichi preferirei tralasciare gli aspetti pedagogici e meramente didattici. Punterei invece ad un attento esame dei materiali ideologici in esso esposti. Un dato tuttavia mi sembra non sia stato ancora segnalato, sfuggi- to come pare alla disamina a tutt'oggi eseguita dagli studiosi di settore. E cioe che il dialogo di Domenichi deriva in gran parte dal trattato di Cornelio Agrippa, dal quale riprende le argomenta- zioni essenziali nonche l'impianto concettuale che ne sostiene l'in- tera struttura. Anzi, il libro di Domenichi si configura talvolta co- me una puntuale traduzione italiana del De nobilitate di Agrippa. Non e questa la sede piiu adeguata per affrontare distesamente una problematica filologica cosl complessa. Nondimeno, forniro qui al- cune rapide prove di questa dipendenza, accostando alle citazioni da Domenichi i corrispondenti passi prelevati dal libro di Agrippa. Sar'a pertanto agevole notare la relazione genealogica che lega, co- me antigrafo ad apografo, il De nobilitate di Cornelio Agrippa a La nobilta di Ludovico Domenichi. Tuttavia un indubbio merito di originalit'a fortemente modernista va riconosciuto all'opera di Do-

130

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

menichi, nonostante le frequenti ripetizioni di fondamentali luo- ghi agrippiani. E quello di aver fornito un manuale in forma di dialogo, secondo istanze di parenesi apodittica in cui le opinioni reciprocamente contrarie vengono esposte e dibattute in modo equanime. II dialogo e appunto la 'forma' pi'u persuasiva dell'espo- sizione scientifica e filosofica, opposta e contraria alla forma del trattato, nella quale una sola voce esprime le sue opinioni senz'af- fatto confrontarsi con convinzioni diverse. Nel trattato e assente il dissenso. Nel dialogo si tenta al contrario di persuadere e con- vincere gli oppositori a mutare le proprie opinioni. II De nobilitate di Agrippa, fermo restando le sue posizioni d'avanguardia all'in- terno della cultura cinquecentesca, e appunto un trattato.

Un vero e proprio scarto differenziale di cultura si coglie nella Nobiltd delle donne, in cui sono distribuite concezioni straordina- riamente moderne relative alla donna e alla sua funzione sociale, tali da maturare una sorta di femminismo talvolta esasperato. Non solo viene asserita e consolidata la convinzione di una equanime parita fra i sessi, ma si propende anzi per affermare con argomenti assolutamente originali la superiorita della donna rispetto al- l'uomo.

Nelle pagine iniziali della Nobilta delle donne, Domenichi at- tacca senza mezzi termini i pregiudizi misogini e maschilisti che l'eta sua ha ereditato dal Medioevo, il quale a sua volta li aveva derivati dalla civilta classica. In particolare egli si scaglia contro gli antichi Greci, primi responsabili della sottovalutazione culturale e sociale della donna. E colpa dei Greci e della loro presunzio- ne omocentrica se la condizione femminile ha patito nei secoli in- giuste posizioni di subalternita, ridotta alla funzione procreatrice e in tutto sottoposta all'uomo. Ecco come Domenichi polemizza aspramente contro questo principio gerarchico che definisce "falsa openione":

Gli scrittori Greci, i quali essendo sopra tutte I'altre nationi del Mondo instabili e vantatori, s'imaginarono fra loro ch'agli antichi non fosse dato il cuore di poter celebrare le Donne, perche in esse non si tro- vasse quella bonta che fosse degna d'esser lodata dagli uomini. Et cosl continuando in questa loro falsa openione, essendosi in quegli affatto la verita perduta per essere eglino naturalmente dall'ambitione e vanagloria accecati, mossi anco dallo sfrenato amore di loro stessi, cominciarono in- degnamente a preporre il maschio alla femina, ponendo quegli in cielo e

131

FRANCESCO SBERLATI

quelle di maniera abbassando che non volevano che di loro si tenesse piiu conto che delle galline si faccia, le quali solo per fare uova nutrite sono, pensando che la Donna solamente per far figliuoli si debba mantenere. [...] Anzi, a torto le volsero poco meno che serve riputare [...]. Ne di cio rimanendo contenti, s'imaginarono la donna dovere in tutto accomodar- si et essere all'uomo sottoposta. E da questo errore per giudicio de' cieli n'incorsero in un altro peggiore, che fu lo stimare la loro compagnia dannosa [I...]. Et perche questa dannosa openione oggi anco in molti re- gna, et per aventura molto piiu in quegli che molto piiu degli altri sono reputati valere, io, che nacqui e sono e saro sempre servo delle Donne, [...] mi sono nuovamente messo a scrivere questo ragionamento, non tanto per celebrar le Donne, le quali al mio parere poco n'hanno biso- gno, ma per onore e difesa degli uomini; e di quegli massimamente che, come io, si sono dati ad amarle e servirle, di ch'esse sopra ogni altra co- sa del Mondo dignissime sono.16

Dopo questo incisivo esordio tendente ad abbattere l'ingiusti- ficato pregiudizio della inferiorit"a femminile, una vera pars de- struens che mira a decostruire il tradizionale ordine gerarchico dei ruoli sociali, Domenichi passa ad esporre, tramite la conversazione dei dialoganti e in particolare le opinioni espresse dal visconte Pierfrancesco, quella che potremmo indicare come la pars con- struens della sua ideologia femminista. In questa sezione la donna assume una importanza eccezionale, non constatabile in altri simili testi coevi. Per la prima volta nella storia della cultura occidentale le sacre scritture bibliche sono chiamate a deporre a favore dell'e- mancipazione femminile. Poiche e stata creata per ultima, la don- na e al primo posto nella scala delle preferenze divine. Se la se- quenza della creazione, cosi come e testimoniata dalla Genesi, se- gue un ordine di graduale avvicinamento alla sostanza divina, cioe nella trafila minerale-vegetale-animale-uomo-donna, e lecito allora ritenere la donna, e non l'uomo, la creatura piu prossima al princi- pio emanatore dell'universo. La donna, non l'uomo, e il fine ulti- mo della creazione. Il dato e di capitale importanza, e si rivelera%

16 LUDOVICO DOMENICHI, La nobilta delle donne, Venezia, 1549, pp. lv-2r. Nelle citazioni dai testi cinquecenteschi mi attengo a criteri conservativi. Mi limito a distin- guere u da v, ad eliminare h etimologico, ad unire o dividere le parole secondo l'uso gra- fico moderno, a regolarizzare punteggiatura ed accenti, a sciogliere il compendio per la congiunzione in e davanti a consonante, in et davanti a vocale, a sciogliere infine il titu- lus per le nasali.

132

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

gravido di conseguenze per il successivo sviluppo della sensibilit"a femminile. Ecco quello che scrive Domenichi, capovolgendo una acquisizione in primo luogo teologica e dottrinale, stabilmente se- dimentata per lunghi secoli nella civilta dell'Occidente giudaico- cristiano:

Considerando dunque le Scritture, e cominciando dal principio della creatione, dico che la Donna nello esser creata ha avuto dignita maggiore assai dell'uomo. Noi sappiamo che tutte le cose, le quali sono state fatte da Dio, specialmente in questo fra loro differenti sono: che alcune di quelle perpetuamente rimangono incorrottibili, et altre sono sottoposte alla cor- ruttione et alla mutatione. E Dio nel crearle questo ordine tenne, che in- cominciando dal piu nobile di uno, fin'i nel nobilissimo dell'altro. Perche prima creo gli Angeli incorrottibili e le anime, conciosiacosa ch'e opinione di Agostino che l'anima del primo nostro padre Adamo, anzi che fosse creato il corpo, fu creata insieme con gli Angeli. Creo i corpi incorrottibili, sl come sono i cieli e le stelle; et anco gli elementi incorrottibili, ma pero sottoposti a varie mutationi, e di questi tutte l'altre cose soggette alla cor- ruttione compose, procedendo dai piu vili per ciascun grado di dignita di nuovo ascendendo alla perfettione dell'universo. Di qui primieramente uscirono i minerali, dapoi i vegetali, le piante e gli alberi, poscia le piante animali, finalmente gli animali brutti, appresso i reptili, i pesci, gli uccelli e i quadrupedi. Ma nell'ultimo creo due uomini simili a se, il maschio pri- ma e poi la femina, nella quale si compirono i cieli e la terra et ogni loro or- namento. Percioche il creatore del tutto, poi ch'egli ebbe creato la femina, si riposo in quella dalle fatiche sue, come non gli restasse piu di creare al- cuna cosa piu onorata di lei: et in essa tutta la sapienza e potenza del fatto- re si termino et ebbe fine, et oltra di lei altra creatura non si trova, ne ima- ginar si puote. Essendo adunque la Donna l'ultima creata, fine e compi- mento perfettissimo dell'opere di Dio, mi negherete voi ch'ella per la sua somma eccellenza non sia dignissima sopra tutte l'altre creature? Che sen- za lei il mondo gia in tutto perfettissimo e in ogni cosa compiuto sarebbe stato imperfetto [...]. Cos'i la Donna, mentre si fabrico il mondo, fra tutte le create cose in quanto al tempo fu l'ultima; e la medesima, per auttorita e per dignita, fu la prima nel concetto della mente di Dio [...]. La donna fu la ultima opra che facesse Iddio e da lui introdotta in questo mondo come regina di esso in un real palazzo gia preparato per lei, ornato e compiuto di cio che fa bisogno. Debitamente dunque e amata, riverita et osservata da ogni creatura, et ogni creatura meritamente a lei e soggetta et la ubedisce, essendo ella Regina e fine di tutte.l'altre creature e perfettione e gloria in tutti i modi perfetta. 17

17 Ibid., pp. 19v-20v, con alcuni tagli.

133

FRANCESCO SBERLATI

Come si e gia anticipato sopra, le idee qui espresse da Domeni- chi ripetono in realta quelle esposte un ventennio prima da Corne- lio Agrippa. Dal confronto col De nobilitate et praecellentia foemi- nei sexus si potra verificare questa derivazione, la quale pare vin- colata ad una aderenza tale da mantenere pressoche inalterato, dietro il figmentum del volgarizzamento, persino il dato linguistico e lessicale.'8 Tuttavia, il libro di Domenichi oltrepassa la specula- zione filosofica agrippiana per volgersi invece verso una dimensio- ne assai piiu concreta. Nel testo di Domenichi, a differenza di quello di Agrippa, e riconoscibile un tipo femminile che sa adope- rare efficacemente sul piano sociale gli strumenti di cui e in pos- sesso, primi fra gli altri l'intelligenza e la bellezza. Inoltre, la straordinaria profondita del suo spessore culturale rende La nobil- ta delle donne non solo un convincente manuale di comportamento (dunque di galateo) e di civil conversazione, ma anche e soprattutto un repertorio selezionato di doti e virtCu femminili, un inventario

18 Cfr. AGRICOLA, op. cit. (vedi nota 13), pp. 52-53, con alcuni tagli: "Scrutemur itaque Scripturas (ut aiunt) et ab ipso creationis initio sumentes exordium, quid dignita- tis mulier ipsa in primo productionis ordine supra virum sortita est, disseramus. Scimus quaecumque a Deo Optimo Maximo facta sunt, hoc potissimum differre, ut quaedam eorum perpetuo maneant incorruptibilia, quaedam corruptioni ac mutationi subjecta sint, atque in his creandis Deum hoc ordine progressum, ut a nobiliori unius incipiens, in nobilissimum alterius desineret. Itaque creavit primum incorruptibiles angelos, et ani- mas: ita namque Augustinus animam primi nostri parentis ante corporum productionem una eum angelis creatam fuisse. Porro creavit incorruptibilia corpora, ut coelos ac stellas, ac elementa incorruptibilia quidem, sed variis mutationibus obnoxia, ex quibus caetera omnia quae corruptioni subjecta sunt, conflavit ex vilioribus per singulos dignitatis gra- dus, rursus ascendendo ad universi perfectionem procedens. Hinc primum mineralia pro- dierunt, post vegetabilia, plantae, et arbores, deinde zoophita, demum animantia bruta per ordinem, reptilia, natantia, volantia, quadrupedia. Postremo vero creavit sibi similes homines duos, marem inquam primum, et postremo foeminam, in qua perfecti sunt coe- li, et terra, et omnis ornatus eorum: ad mulieris enim creationem veniens creator, quie- vit in illa, ut nihil honoratius creandum prae manibus habens in ipsaque conclusa et con- summata est omnis creatoris sapientia, atque potestas, ultra quam non reperitur creatura alia, nec excogitari potest. Cum itaque mulier sit ultima creatura ac finis, et complemen- tum omnium operum Dei perfectissum, ipsiusque universi perfectio, quis eam negabit super omnem creaturam praecellentia dignissimam, sine qua mundus ipse jam ad unguem perfectissimus, et numeris omnibus absolutus fuisset imperfectus, qui non aliter quam in creaturarum omnium longe perfectissima perfici potuit. [...] Sic mulier dum creatur mundus inter omnia creata tempore fuit ultima, eadem cum authoritate, tum dignitate in ipso divinae mentis conceptu omnium fuit prima [...]. Mulier autem fuit postremum Dei opus introducta a Deo in hunc mundum, velut ejus regina in regiam sibi jam para- tam, ornatam et omnibus muneribus absolutam. Merito igitur illam omnis creatura amat, veneratur observat, meritoque ili omnis creatura subjicitur atque obedit, quae omnium creaturarum regina est atque finis, et perfectio et gloria modis omnibus absoluta".

134

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

ben catalogato degli stilemi letterariamente piiu autorevoli nella descrizione anatomica e psicologica della donna rinascimentale."9

II libro di Domenichi e importante per comprendere fino a che punto si estremizzarono certe posizioni del femminismo cinque- centesco, talora, come in questo caso, pericolosamente vicine all'e- resia. E ovvio che l'interpretazione del testo biblico data da Do- menichi e forzata e strumentale, sicuramente fuorviante rispetto al tracciato dell'ortodossia cattolica, a tal punto che verso l'autore in piU di un caso saranno indirizzati gli sguardi attenti e minacciosi dei censori inquisitoriali. La scelta di Domenichi e comunque co- raggiosissima, ammesso che sia sincera e convinta. In tal modo prende corpo, entro la Nobilta delle donne, un femminismo che persegue l'azzeramento definitivo delle convenzioni maschiliste ancora fortemente radicate in molte zone della cultura cinquecen- tesca. Non si mira piiu a delineare un equilibrio paritario e simbio- tico tra il maschile e il femminile, ma ad imporre un modello an- tropologico che non mi sembra esagerato definire 'ginecocentrico', non confrontabile ne equiparabile agli altri modelli di femminilita elaborati dalla tradizione.20 Nell'opera di Ludovico Domenichi, in cui pur gioca un forte ruolo la componente anticlericale, le conse- guenze estreme di questa rivoluzione femminista sono evidenti nell'afflusso di idee vicine all'eterodossia, in particolare la dove le argomentazioni epidittiche sembrano dipendere dall'assimilazione di apporti culturali estratti dai consolidati circuiti che auspicavano una radicale renovatio spirituale ed ecclesiatica.2"

19 Per la retorica letteraria della descriptio puellae tra Quattro e Cinquecento si ve- da il recente, esauriente contributo di G. Pozzi, "Il ritratto della donna nella poesia d'i- nizio Cinquecento e la pittura di Giorgione", in Sull'orlo del visibile parlare, Milano, 1993, pp. 146-171 e, sempre nello stesso volume, "Nota additiva alla descriptio puellae", pp. 173-184.

20 Sviluppano adeguatamente questo tema, cruciale nella cultura femminile del Ri- nascimento, gli studi di F. DAENENS, "Superiore perche inferiore: il paradosso della su- periorita della donna in alcuni trattati italiani del Cinquecento", in Trasgressione tragica e norma domestica. Esemplari di tipologie femminili dalla letteratura europea, a cura di V. GENTILI, Roma, 1983, pp. 11-41; EAD., "Doxa e paradoxa: uso e strategia della retorica nel discorso sulla superiorita della donna", Nuova D. W. F., 25-26, 1985, pp. 27-38.

21 Non sara pertanto senza preciso significato rammentare che all'eta di trentotto anni Domenichi venne arrestato e condannato al perpetuo carcere a Firenze dall'Inquisi- zione per aver tradotto dal latino in volgare e pubblicato la "Nicomediana" del riforma- tore Calvino (stampata appunto a Firenze, ma sotto il falso luogo di stampa di Basilea). Solo l'interessamento di Cosimo granduca di Toscana, tramite l'abile mediazione diplo-

135

FRANCESCO SBERLATI

Vi e un altro aspetto della Nobilta delle donne che merita alme- no un accenno. Si tratta dell'attenzione dedicata al corpo femmi- nile, capolavoro della natura e della creazione divina. La ragione dell'avvenente bellezza della donna sta nel fatto che I'anima fem- minile e piiu nobile dell'anima maschile: e la bellezza, per gli uomi- ni del Rinascimento, e frutto della bonta. Se dunque i corpi delle donne sono assai piiu belli e piiui delicati di quelli degli uomini, e manifesto segno che le loro anime sono necessariamente piu degne ed eccellenti. II processo di laicizzazione antifideistica che s'indi- vidua nell'orditura generale del dibattito diviene evidentissimo nell'ampia parte che Domenichi dedica alla celebrazione anatomi- ca della donna. Il corpo femminile e descritto passando minuziosa- mente in rassegna l'elenco dei suoi componenti fisici. L'anima re- sta solo subo sfondo, quasi come cautela alle eventuali critiche dei detrattatori, mentre il corpo irrompe sulla scena con la sua travol- gente fisicita. Le forme dell'anatomia femminile, ritenute stru- mento privilegiato delle tentazioni del demonio per tutto il Me- dioevo,22 assumono, nella cultura rinascimentale, una connotazio- ne di aurea armonia estetica. Anche qui, come nel Cortegiano, il piacere della vista e della cura del corpo assume una rilevanza de- cisiva. Ma nel libro di Domenichi e dato scorgere in piiu un ele- mento di edonismo sensuale, e direi addirittura tattile, che manca nel libro di Castiglione. Leggiamo quest'altro brano estratto dalla Nobiltd delle donne, un autentico manifesto della bellezza femmi- nile nel Cinquecento:

II corpo Donnesco e dilicatissimo a vedere e toccare: la carne tene- rissima, il color chiaro e bianco; la pelle lucida e polita; la testa bella, la chioma vaghissima, i capegli dilicati e sottili, splendenti e lunghi; il vol- to venerabile; lo sguardo allegro e ridente; la faccia formosissima sopra tutte le cose; il collo candido; la fronte spatiosa, serena e rilucente. Ella ha gli occhi e piiu vivi e lucenti assai, e di amabile allegrezza e gratia

matica di Paolo Giovio, lo sottrasse alle prigioni delle Stinche. Notizie su questo oscuro ed assai poco documentato episodio si possono trovare in GIROLAMO TIRABOSCHI, Storia della letteratura italiana, Venezia, 1796, VII/VIII, pp. 1008-1009. Vedi inoltre D. AGUZ- zi BARGAGLI, "La difesa di valori etici nella trattatistica sulla nobilta del secondo Cin- quecento", Rinascimento, XXIX, 1989, pp. 377-427, in part. per Domenichi pp. 387- 390, con bibliografia.

22 M. PILOsU, La donna, la lussuria e la chiesa nel Medioevo, Genova, 1989; per l'e- ta rinascimentale vedi S. F. MATTHEWS GRIECO, Ange ou diablesse: la representation de la femme au XVIe siecle, Paris, 1991.

136

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

adornati, sopra i quali stanno le ciglia composte in sottilissimo giro. Le quali da un piano onesto et egualmente distante son divise, dal cui mez- zo discende il naso eguale, e ritirato a diritta misura. Sotto il quale e la bocca bella et gratiosa per le tenere labra conformemente fatte, fra le quali per picciolo riso si veggono biancheggiare i minuti denti, e colloca- ti con ordine eguale, e risplendenti non altramente che avorio [...]. D'in- torno poi levansi le mascelle e le gote tenere et morbide, piene d'onesta e colorite a guisa di vermiglie rose. II mento ritondetto e grato per la convenevole concavita, sotto il quale sta il collo schietto et alquanto lun- go, elevato dalle ritonde spalle. La gola delicata e bianca, sostenuta da mediocre grassezza. La voce e la favella soave, il petto ampio e rilevato, vestito egualmente di carne, con le poppe sode e con la rotondit"a di quelle insiememente e del corpo. I fianchi morbidi et il dosso piano e di- ritto; le braccia lunghe, le mani schiette; le dita ritonde e lunghe, con le giunture ben disposte; i fianchi e le coscie onestamente carnose. Le estremita delle mani et dei piedi finiscono in giro circolare, et tutte le membra ottimamente nodrite. Aggiugni a queste bellissime et lodevoli parti il caminar maturo, i passi modesti e gravi, il movimento onesto, i gesti degni. Oltra di cio nella misura, nell'ordine, nella figura, et nella dispositione di tutto il corpo sommamente in ogni cosa e bellissima. Et in tutto l'ordine delle creature non e spettacolo si maraviglioso, ne mira- colo tanto riguardevole.23

La fonte di Domenichi, ancora una volta, va segnalata nel De nobilitate di Enrico Cornelio Agrippa, il quale elenca, in maniera non dissimile, le varie componenti del corpo femminile, tessendo- ne le lodi ed indicandolo come creazione di grado superiore rispet- to al corpo dell'uomo: "Praecellit mulier virum materia creatio- nis". A questo proposito Agrippa introduce pure una sottile di- stinzione dottrinale: "Vir itaque naturae opus, mulier opificium Dei". Dopodiche egli passa ad enumerare le sensuali doti anatomi- che della fisicita femminile, fornendo un repertorio di stilemi poi messo a frutto da Domenichi.24 Non devono tuttavia fuorviare

23 DOMENICHI, op. cit. (vedi nota 16), pp. 24r-25r. 24 AGRIPPA, op. cit. (vedi nota 13), pp. 55-56: "Hinc mulieris corpusculum omni

aspectu tactuque delicatissimum, caro tenerissima, color clarus et candidus, cutis nitida, caput decorum, cesaries venustissima, capilli molles, lucidi et protensi, vultus augustior, prospectusque hilarior, facies omnium formosissima, cervix lactea, frons expeditus, spa- tiosus et splendidus, oculos habet vibrantiores micantioresque, amabili hilaritate et gra- tia contemperatos, supra hos supercilia in tenuem gyrum composita, eademque cum de- cora planitie, decenti distentia divisa, e quorum medio descendit nasus aequalis et intra

137

FRANCESCO SBERLATI

certi estesi recuperi da Agrippa, l'importanza dei quali non va so- vrastimata. Essi sono assimilati in profondita, sedimentati, meta- bolizzati, poi rielaborati e direi persino risemantizzati all'interno della generale concezione 'femminista' che sottende La nobilt2 del- le donne. E, questo di Domenichi, un libro di fondamentale rile- vanza nella storia della cultura moderna, che segna una fase capi- tale e decisiva nell'enuclearsi di un autentico filone di cultura al femminile. Al di la della tenace polemica nei confronti degli ste- reotipi misogini di derivazione medievale, va piuttosto sottolinea- ta la componente ideologica che connota il libro di Domenichi: nel senso di una consapevole apertura alla femminilita intesa come ca- tegoria spirituale, ora finalmente accreditata, di cittadinanza entro la civilt"a del Rinascimento. Attraverso il percorso elaborato dalla Nobilt2 delle donne si oltrepassa infatti quel senso di sospetto ma- schilismo ancora largamente avvertibile persino nei passi piu inno- vativi del Cortegiano di Castiglione. Anche la fonte agrippiana e adoperata da Domenichi in maniera assai scaltrita. I precetti di pedagogia e di comportamento femminile espressi nella Nobilta tendono ad assecondare lo sviluppo di una formazione all'interno della quale l'elemento psicologico prevale su quello culturale, men- tre la dimensione etico-morale, cos"i fortemente codificata dal De nobilitate di Agrippa, cede all'irrobustirsi dell'ambito privato ed individuale. L'erudizione stessa, oltre che strumento di parteci- pazione sociale (come vuole Castiglione), consente anche di con- quistare ed acclarare una femminilit'a di suprema grazia, austera

rectum modum cohibitus, sub quo os rutilum, et tenellis labris conformi compositione venustum, intra quae tenui risu dentes emicant, minutili et aequo ordine locati, eburneo candore nitentes [...]. Circumsurgunt maxillae genaeque tenera mollitie, roseo fulgore rubentes, verecundiaeque plenae, ac mentum orbiculare, decenti concavitate jucundum. Sub hoc collum habet gracile et longiusculum rotundis ex humeris erectum, gulam deli- catam et albicantem, mediocri crassitie fultam, vocem et orationem suaviorem, pectus amplum et eminens, aequali carne vestitum cum mamillarum duritie, illarumque simul ac ventris orbiculari rotunditate, latera mollia, dorsum planum et erectum, brachia extensa, manus teretes digitosque concinnis juncturis protensos, ilia coxaque habitiores, suras carnosiores, extrema manuum pedumque in orbicularem ductum desinentia, singulaque membra succi plena. Ad haec incessus gressusque modestus, motus decentior, gestus di- gniores, totiusque praeterea corporis ordine atque symmetria, figura ac habitudine longe lateque in omnibus speciosissima, nullumque in tota creaturarum serie, neque spectacu- lum adeo mirandum, neque miraculum perinde spectandum". Su questo passo agrippia- no vedi G. BERRA, "La storia dei canoni proporzionali del corpo umano e gli sviluppi in area lombarda alla fine del Cinquecento", Raccolta vinciana, 1993, n. 25, pp. 159-310.

138

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

ed amabile nel contempo, eppure vissuta nell'intimita soggettiva e personale.

Ad accrescere il valore di questa trattatistica sulla donna, della quale e possibile qui solo indicare per campioni esemplificativi la misura delle energie coinvolte, si aggiunge una mediazione lettera- ria di primaria importanza per la storia culturale del XVI secolo. La lirica petrarchistica, di gran moda nella prima meta del Cinque- cento, risulta in ampia misura coinvolta in questo processo di apertura ai caratteri femminili.25 L'immissione innovativa dell'i- dentita femminile entro il sistema culturale del Rinascimento con- duce ad una forte presenza delle donne tra le personalita intellet- tuali piCu autorevoli dell'epoca, contribuendo in tal senso ad un ampliamento e allargamento dei ruoli tradizionalmente assegnati all'esclusiva competenza maschile. A questo proposito occorrera precisare che nessuna altra epoca della letteratura italiana ha potu- to contare un numero cosl elevato di poetesse e scrittrici, ne in passato ne in futuro, e bisognera attendere l'et"a contemporanea per vedere ancora cosl tante donne dedicarsi all'esercizio della scrittura poetica. Nella sua Storia, Girolamo Tiraboschi colse assai bene questa numerosa presenza di donne scrittrici, mostrando an- cora una volta la lungimiranza del suo senso critico e storico. Egli scrive infatti: "Niuna cosa ci fa maggiormente conoscere qual fos- se il comune entusiasmo in Italia per lo studio della volgar Poesia, quanto il vedere le piui nobili dame rivolte a coltivarla con sommo ardore, di niuna cosa maggiormente pregiarsi quanto del titolo di

25 G. TOFFANIN, "Le donne poetesse e Michelangelo", in II Cinquecento, Milano, 1929, pp. 354-367; E. BONORA, "Le donne poetesse", in Storia della letteratura italiana, a cura di E. CECCHI-N. SAPEGNO, IV. II Cinquecento, Milano, 1966, pp. 241-258; M. AURIGEMMA, "II genere lirico: modelli, tendenze, personalita", in La letteratura italiana. Storia e testi, op. cit. (vedi nota 9), pp. 375-435, in part. pp. 383-391; M. ZANCAN, "Fi- gure di donna. Testi letterari del XVI secolo: fonti - scritture - percorsi critici", Nuova D. W. F., 25-26, 1985, pp. 27-38; L. BORSETTO, "Narciso ed Eco. Figura e scrittura nel- la lirica femminile del Cinquecento: esemplificazioni e appunti", in Nel cerchio della lu- na, op. cit. (vedi nota 8), pp. 171-223. Per le singole personalita vedi A. GREco, "Vitto- ria Colonna", in Letteratura italiana. I Minori, Milano, 1969, II, pp. 977-986; G. DOLCI, "Gaspara Stampa", ibid., pp. 1315-1326; ID., "Veronica Franco", ibid., pp. 1401-1412; L. MONTELLA, "La poesia di Laura Terracina e la scrittura 'al femminile' ", in I Gaunico e il Rinascimento menidionale. Atti del Convegno di studi, Montecorvino Rovella (10-12 aprile 1988), a cura di A. GRANESE-S. MARTELLI-E. SPINELLI, Salerno, 1992, pp. 429- 443. Infine il recente ed esaustivo volume miscellaneo Les femmes ecnivains en Italie au Moyen Age et a la Renaissance. Actes du colloque international, Aix-en-Provence, 12-14 novembre 1992, Aix-en-Provence, 1994.

139

FRANCESCO SBERLATI

poetesse".6 L'erudito abate modenese dedica ben otto paragrafi (xvii-xxiv) della sua opera alle scrittrici del Cinquecento, giungen- do persino a polemizzare con un suo autorevolissimo collega, il ge- suita Francesco Saverio Quadrio, poiche questi ha tralasciato di informare adeguatamente su alcune di esse, peccando in tal modo di eccessiva semplificazione. Cos'i lamenta Tiraboschi: "Alcune pero sono state omesse, o sol di passaggio accennate dal Quadrio, che degne erano di piiu distinta menzione".27 Gi'a alla fine del XVIII secolo, dunque, le menti piiu accorte e meglio preparate av- vertivano la necessita di sottolineare l'importanza storica di una cosi diffusa letteratura al femminile, non in seguito ripetutasi fino ai piZu recenti decenni del Novecento. D'altra parte un grande sto- rico della letteratura come Carlo Dionisotti vide proprio nel "con- tributo delle donne" il riconoscimento di una nuova societa let- teraria italiana imposta dalla tendenza espansiva e associativa della cultura rinascimentale. Nella letteratura femminile egli indi- vidua infatti "la prova piiu vistosa di tale novita e mutamento", precisando con la solita efficace lapidarieta: "Soltanto nella let-

26 TIRABOSCHI, op. cit. (vedi nota 21), p. 1130. 27 Ibid., p. 1137. Si noti che nella lunga trattazione fornita da Tiraboschi, e com-

presa tra le pp. 1130-1152, si ricordano numerose autrici e poetesse i cui nomi sono poi del tutto scomparsi dalle moderne storie letterarie, le quali si limitano a rammentare per- lopiiu? solo le piu note. Pertanto enumero qui di seguito le donne letterate affrontate dal- l'indagine di Tiraboschi, al fine di operare un tentativo per sottrarle al baratro dell'o- blio: Lucrezia Borgia, Argentina Pallavicina, Gentile Volta, Vittoria Colonna, Veronica Gambara, Maria di Cardona, Porzia Malvezza, Angiola Sirena, Tullia d'Aragona, Ga- spara Stampa, Lucrezia Gonzaga, Laura Terracina, Eleonora Falletti, Claudia della Ro- vere, Anna Ottavia degli Scaravelli, Maddalena Pallavicini, Livia Torniella Borromeo, Laura Battiferri Ammannati, Isotta Brembati, Chiara Matraini, Isabella Morra, Lucrezia Marinella, Lucrezia Bebbia Sassatelli, Virginia Salvi, Virginia Accoramboni, Maddalena Salvetti Acciaiuoli, Barbara Cavalletti, Modesta Pozzo, Lucia Bettani, Ersilia Cortese, Tarquinia Molza, Veronica Franco, Maria Spinola, Ippolita Sforza Bentivoglio, Cecilia Bergamina, Camilla Scarampa, Violante Gardona, Costanza da Novellara, Caterina Pio- vene, Camilla Valenti, Olimpia Morato. Sono, come si vede, numerosissime (ne ho trala- sciato alcune). Ma e indubbio che il fenomeno della letteratura femminile del Cinque- cento rappresenta uno degli episodi pHi vistosi e sotto certi aspetti piu inusuali di nove secoli di letteratura italiana. Per scrupolo documentario avverto che le informazioni date da Girolamo Tiraboschi derivano in maggioranza dalla antologia Rime diverse d'alcune nobilissime e virtuosissime donne, pubblicata da Ludovico Domenichi a Lucca nel 1559. E la scelta del curatore andra necessariamente valutata tenendo ben presente quanto su di lui si e detto sopra, a proposito del suo dialogo su La nobilta delle donne. II riferimento polemico e invece a FRANCESCO SAVERIO QUADRIO, Della storia e della ragione d'ogni poe- sia, II, Milano, 1741, pp. 154-161.

140

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

teratura del medio Cinquecento le donne fanno gruppo. Non pri- ma ne poi".28

Queste donne letterate provengono da ambienti sociali etero- genei, il che e significativo dell'estendersi del processo di emanci- pazione culturale anche presso gli strati meno elevati. Sono talvol- ta nobili dame dell'aristocrazia come Vittoria Colonna o Veronica Gambara o la giovanissima Isabella Morra. Sono talaltra esponenti di spicco dell'alta borghesia cittadina come Barbara Torelli Strozzi o Laura Ammannati Battiferri o Laura Terracina. Sono personaggi dello spettacolo come Isabella Canali Andreini, attrice di grandis- simo successo verso la meta del secolo. Sono addirittura meretrici come Tullia d'Aragona, Gaspara Stampa e Veronica Franco.29 So-

28 C. DIONISOrrI, "La letteratura italiana nell'eta del concilio di Trento", in Stonia e geografia della letteratura italiana, Torino, 19844, pp. 227-254, in part. pp. 237-238. Tra i piiu recenti contributi vedi almeno Veronica Gambara e la poesia del suo tempo nel- l'Italia settentrionale. Atti del Convegno (Brescia-Correggio, 17-19 ottobre 1985), a cura di C. BOZZETTI-P. GIBELLINI-E. SANDAL, Firenze, 1989; A. CARMINATI, "L'appassionata Gaspara Stampa, poetessa veneziana", Ateneo Veneto, XXVII, 1989, pp. 277-289; M. Rusi, "Una foscarina del Cinquecento: Gaspara Stampa", Cnitica letteraria, XVII, 1989, pp. 275-284; M. DIBERTI LEIGH, Veronica Franco. Donna, poetessa e cortigiana del Rina- scimento, Ivrea, 1988; C. VECCE, "Petrarca, Vittoria, Michelangelo. Note di commento a testi e varianti di Vittoria Colonna e di Michelangelo", Studi e Problemi di Critica Te- stuale, 44, 1992, pp. 101-125; G. RABITrI, "Vittoria Colonna, Bembo e Firenze: un caso di ricezione e qualche postilla", ibid., pp. 127-155; S. M. PAGANO-C. RANIERI, Nuovi do- cumenti su Vittoria Colonna e Reginald Pole, Citta del Vaticano, 1989. Per le edizioni di testi: VERONICA FRANCO, Rime, a cura di S. BIANCHI, Milano, 1995; VERONICA GAMBA- RA, Le Rime, a cura di A. BULLOCK, Firenze-Perth, 1995; CHIARA MATRAINI, Rime e Let- tere, a cura di G. RABITTI, Bologna, 1989; GASPARA STAMPA, Rime, a cura di R. CERIEL- LO, Milano, 19762.

29 D'altronde, in certi ambienti intellettuali la frequentazione delle meretrici (o "cortigiane", come si diceva nel Cinquecento), soddisfaceva ad un tempo le abitudini maschili e la preoccupazione di salvaguardare la nuova idea di femminilita. Tullia d'Ara- gona, una delle piiu celebri e ricercate "cortigiane" del tempo tra Venezia, Ferrara, Sie- na e Firenze, intrattenne relazioni non solo strettamente culturali con Bernardo Tasso, Claudio Tolomei, Gerolamo Fracastoro, Benedetto Varchi, Francesco Maria Molza. E proprio grazie ai meriti della sua produzione poetica e letteraria, a Tullia fu revocato, con delibera medicea del 10 maggio 1547, l'obbligo di indossare il velo giallo (in base al- la disposizione emanata da Cosimo il 19 ottobre 1546, nello stato fiorentino le cortigia- ne erano infatti tenute ad indossare pubblicamente un velo giallo). Anche Veronica Franco e a Venezia una cortigiana rinomatissima, professione che ha ereditato e appreso dalla madre. Veronica e intima amica di pittori famosi come Jacopo Tintoretto, che le dedico un ritratto, di sovrani come Enrico III re di Francia, di intellettuali stranieri di passaggio in Italia come Michel de Montaigne, il quale la ricordera nel suo Journal. D'al- tra parte e ormai serenamente riconosciuto il ruolo socialmente attivo svolto dalle mere- trici nella civilta italiana del Rinascimento: vedi P. CIBIN, "Meretrici e cortigiane a Ve- nezia nel '500", Nuova D. W. F., 25-26, 1985, pp. 79-102, con ampia bibliografia; F.

141

FRANCESCO SBERLATI

no infine devote dame autrici di rime spirituali come Francesca Turrini e Chiara Matraini. Sono, come si vede, donne diversissi- me tra loro per estrazione sociale e ruolo professionale, eppure tutte unite dalla passione per l'esercizio della letteratura,30 divenu- to anche per loro, come per gli uomini, uno strumento per ascen- dere i gradini non facili della societa cinquecentesca. Nonostante l'evidente diversita delle esistenze individuali, cio che accomuna queste donne e la maturata coscienza del diritto di decidere della propria vita. L'immagine devota della casta sposa sottomessa al marito, nella quale i tabNu degli ecclesiastici e dei mistici ebbero fa- cile gioco a trionfare sulla sensibilitNa e sulla psicologia femminili, perlopiiu ridotte a manifestazioni di umiltNa o ad espressioni di fe- dele ortodossia inclini persino alla mortificazione della donna, e scalzata da questa vigorosa emergenza di una dimensione femmini- le che rivendica per se tutti gli aspetti dell'esistenza materiale, compresi quelli comunemente additati come peccaminosi e lascivi. Ne e un caso che il piiu importante manuale di mestieri del XVI secolo, cioe La piazza universale di tutte le professioni del mondo di Tomaso Garzoni, uscito la prima volta a Venezia nel 1588 dalla stamperia di Giovan Battista Somasco, dedichi alla professione della meretrice un esteso ed eruditissimo discorso.3'

Come s'e detto, la maturazione cinquecentesca che conduce al- l'esito assai peculiare del femminismo si situa fra gli anni Venti e Cinquanta del XVI secolo, ma con scie di epigonismo fino alla me- tNa meridiana del secolo, dentro il cuore dell'epoca controriformi- sta. Stando alle testimonianze letterarie, il periodo che presenta tratti di speciale innovazione, distaccando la sua cifra stilistica e ideologica dalle consuetudini antiuxorie proprie dell'Umanesimo

BAUSI, " 'Con agra zampogna'. Tullia d'Aragona a Firenze (1545-48)", Schede umanisti- che, nuova serie, 2, 1993, pp. 61-91. In part. per la questione dell'abbigliamento vedi R. RAINEY, "Dressing Down the Dressed-Up: Reproving Feminine Attire in Renaissance Florence", in Renaissance Society and Culture. Essays in Honor of Eugene F. Rice Jr., a cu- ra diJ. MONFASANI-R. G. MUSTO, New York, 1991, pp. 217-238.

30 M. L. DOGLIO, Lettera e donna. Scrittura epistolare alfemminile tra Quattro e Cin- quecento, Roma, 1993; A. R. JONES, The currency of Eros: women's love lyric in Europe, 1540-1620, Bloomington, 1990.

31 TOMASO GARZONI, "Delle meretrici, et de' loro seguaci in parte. Discorso lx- xiiij", in La Piazza universale di tutte le professioni del mondo, Venezia, 1588, pp. 592 sgg. Per un inquadramento socio-letterario della questione vedi Lettere di cortigiane del Rinascimento, a cura di A. ROMANO, Roma, 1990. Inoltre L. LAWYNER, Lives of the Courtesans. Portraits of the Renaissance, New York, 1987.

142

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

quattrocentesco, risulta imporsi negli anni immediatamente suc- cessivi alla pubblicazione del Cortegiano. In questa fase la cultura della femminilita, metabolizzata entro un processo di assimilazio- ne, appare gia organica all'asse paradigmatico del Rinascimento, assorbita senza difficolta entro quell'opera di coordinamento che sembra presiedere a tutto lo svolgimento dell'avventura intellet- tuale cinquecentesca. In nome di un ideale di eleganza misurata e di equilibrio, la cultura del femminismo si manifesta nella pienez- za delle sue acquisizioni, oltre che tramite l'emergere delle donne poetesse, in personalit"a maschili che invitano ad aprirsi ad oriz- zonti sociali piiu larghi di quelli tradizionalmente ammessi.

Nella sua cronistoria editoriale, riflette bene le successive fasi di tale maturazione il Dialogo nel quale si ragiona della bella crean- za delle donne di Alessandro Piccolomini, pubblicato dapprima a Venezia nel 1539 dalla stamperia di Curzio de' Navo e poi piu volte ristampato per almeno un ventennio, come dimostra l'edizio- ne uscita nel 1562 a Venezia presso il tipografo Domenico Farri. II Dialogo di Piccolomini, conosciuto anche con il titolo La Raf- faella dal nome della protagonista, e un testo assai particolare nella trattatistica femminile del Cinquecento, e merita piu di una men- zione per certe specificita della cultura che elabora.32 II Dialogo propone una morale edonistica intimamente sentita, che guarda con favore agli aspetti piui sensuali dell'esistenza umana, in perfet- to accordo con i nuovi ideali sostenuti da Domenichi. Le argomen- tazioni esposte nel libro di Piccolomini insistono su una nuova de- finizione del rapporto fra i sessi e del concetto di amore, giungen- do addirittura ad una legittimazione teorica dell'infedelta'. Due so- no le protagoniste del Dialogo di Piccolomini: Margarita, una gio- vane sposina senese trascurata dal marito, e Raffaella, una non piu giovane ma scaltrita donna che si offre di dare alla prima consigli su come valorizzare al meglio la sua femminilita. II modello retori- co ed epidittico sul quale e costruito il libro e quello della madre che, sulla base della sua esperienza, dispensa alla figlia insegna- menti e suggerimenti su come comportarsi nei confronti degli uo- mini. Nell'opera di Piccolomini, per la precisione, Margarita non e

32 E pubblicato in Trattati del Cinquecento sulla donna, a cura di G. ZONTA, Bari, 1913, pp. 1-67 (di qui le citazioni). Su Piccolomini 'femminista' vedi Images de la femme, op. cit. (vedi nota 2).

143

FRANCESCO SBERLATI

figlia di Raffaella. Ma quest'ultima, significativamente, si compor- ta come se lo fosse, e non perde occasione in tutto lo svolgersi del- la conversazione per precisare che lei, Raffaella, si rivolge a Mar- garita come se questa fosse la sua "figliuola", specificando: "che cos'i ti posso chiamare per il tempo e per la affezzione".3

Alla base delle argomentazioni esposte tramite il discorso di Raffaella si intravede il motivo umanistico della giovinezza che fugge e della felicit"a che va vissuta hic et nunc, senza nulla rinvia- re alle incertezze del domani. Nondimeno, per quanto sfruttato, questo motivo appare in Piccolomini non semplicemente riesuma- to dall'archivio delle memorie letterarie, ma anzi rielaborato pro- prio in funzione di una nuova definizione del ruolo sociale della donna, oltre che di una nuova idea di femminilita. Tutto il Dialo- go di Piccolomini e proteso ad una esaltazione dell'amore autenti- co, senza lacci ne vincoli sociali. La donna ha tutto il diritto di scegliere chi amare e a chi concedersi. II matrimonio, istituzione sacra ed inviolabile per la tradizionale educazione cristiana, e in realta% niente di piui che una forma di aggiustamento sociale, un compromesso dal quale derivare vantaggi economici e formali. Es- so serve perlopiui come paravento, come schermo dietro il quale ri- pararsi e salvare le apparenze di rispettabilit"a e onesta. Ma esso non puo e non deve impedire che gli autentici e sinceri sentimenti amorosi di una donna abbiano il loro gioioso e piacevole corona- mento. Raffaella non perde occasione per scagliarsi polemicamente contro questa fasulla forma di legame affettivo, rivendicando in primo luogo il diritto al piacere delle effusioni e dello scambio ero- tico. A cio non servono naturalmente i mariti, perche "le carezze e i piaceri co' mariti son poco manco sciapiti e disutili che sieno a queste monache i trastulli dei lor passatempi".34 Anzi, sostiene Raffaella, "con li mariti basta a finger d'amarli, e questo gli basta a loro".35

Il tratto piu significativo del Dialogo di Piccolomini sembra es- sere quello relativo alla liberta dei costumi. Nelle sue dichiarazioni

33 ALESSANDRO PICCOLOMINI, Dialogo de la bella creanza de le donne, p. 11. II rap- porto madre-figlia e piu volte specificato da Raffaella: cosl a p. 64: "Burlero io una che io tengo in luogo di figlia? Non pensare, che non lo farei mai"; a p. 67: "Ti ringrazio, figliuola mia: ci sara tempo a ogni cosa"; a p. 42: "Uh! non dir, figliola mia!".

34 Ibid., p. 14. 35 Ibid., p. 55.

144

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

Raffaella infrange ogni consuetudine sociale, delineando uno sce- nario straordinariamente innovativo all'interno della cultura cin- quecentesca. La casta fedelta matrimoniale e per lei una norma che va accuratamente elusa, addirittura violata in maniera spregiu- dicata e con un sottile velame di ipocrisia. Dal suo punto di vista, tutto cio non costituisce reato o peccato: e solo l'unica via di fuga dalle proibitive restrizioni sociali concessa alla donna. E una stra- tegia di finzioni e dissimulazioni, una trama di piccoli inganni do- mestici ed innocue bugie pubbliche, resa necessaria dalle condizio- ni talvolta mortificanti in cui essa e costretta a vivere. Vediamo come si sviluppa il percorso della eversiva esposizione di Raffaella. In primo luogo, in maniera solidale e concorde all'antichissimo principio delle pubbliche virtiu e dei vizi privati, occorre preoccu- parsi di salvaguardare una immagine ufficiale che non desti sospet- to alcuno. Tutto sta nelle apparenze esterne, sulle quali si basa l'o- pinione dei piiu. Ecco come Raffaella spiega e giustifica a Margari- ta la necessita dello sdoppiamento tra la dimensione pubblica e quella privata dell'esistenza di una donna, affinche essa sia reputa- ta onesta e senza errore:

Perche hai da sapere che l'onore o il biasimo non consiste principal- mente nel fare ella una cosa o non la fare, ma nel credersi che la faccia o non credersi; perche l'onore non e riposto in altro, se non ne la stima- zione appresso agli uomini. Peroche, se '1 sera alcun segretissimamente o ladro o omicida o simili, e sera tenuto lealissimo e giusto, tanto e a pun- to, quanto a l'onore, come se non avesse quei vizi; e cosl per il contra- rio, essendo uomo dabbene e tenuto scelerato, le virtiu sue gli sono poco men che vane e superflue. E questo parimente si ha da dir d'una donna, l'onor de la quale non consiste, come t'ho detto, nel fare o non fare (che questo importa poco), ma nel credersi o non credersi. [...] E per questo una donna ha da sapere usare ogni arte, non di non far la cosa, ma di non dar cagione che si abbia da trovare istorie sopra de' casi sUoi.36

Strettamente connessa a questa inclinazione verso una meno restrittiva dimensione degli affetti amorosi, sembra essere la con- cezione di 'peccato' che trapela dalle parole di Raffaella. E una idea di peccato improntata soprattutto alla tolleranza, alla com- prensione e al perdono. E il "peccatuzzo" di gioventZu nato dal

36 Ibid., pp. 42-43.

145 10

FRANCESCO SBERLATI

naturale sfogo degli amorosi sensi, dalla rivendicazione di una femminilit"a che non intende piiu rinunciare agli impulsi vitalistici che si percepiscono con fremito e trepidazione, e che in fondo rendono l'esistenza ricca di piacevoli emozioni. Una tale nozione di colpa o peccato puo a prima vista sembrare senza pudori e deci- samente liberatoria. Ma essa acquista importanza al di lai del di- scorso 'pedagogico' di Raffaella poiche si inscrive nel piiu ampio processo di laicizzazione della societ'a del primo Rinascimento, il quale si risolve qui in uno smaliziato disincanto verso la conse- guenza intimidhtoria della punizione. E piuttosto il motivo evan- gefico del perdono a prendere risalto e consistenza, e a permeare di se l'idea di una emancipazione femminile nata dalla consapevo- lezza della debole caducita umana. Nel brano che segue si potran- no agevolmente riconoscere le principali ragioni di fondo del Dia- logo di Piccolomini: il senso della brevita della giovinezza e il mo- nito di approfittare di essa prima della sua fugace scomparsa; l'i- dea di una tolleranza nei confronti di chi e indotto a commettere peccato dall'assecondare certe naturali disposizioni della fisicita umana; infine, ma soprattutto, la necessita di una reformatio pro- fonda del tradizionale modo maschilista di pensare la donna. E evidentissima, nell'impianto concettuale del Dialogo di Piccolomi- ni, questa aspirazione ad un radicale rinnovamento:

Io t'ho gia detto, Margarita, e ridico di nuovo che, se fosse possibile, sarebbe benissimo fatto appresso a Dio non far mai un minimo pecca- tuzzo, anzi viver come una romita fra paternostri e rosai e discipline. E Dio '1 volesse che si potesse fare, che non ci sarebbon tanti peccatori al mondo! Ma perche io, per la prattica cho ho, conosco chiaramente che noi siam nati peccatori, e che bisogna per forza far una di queste due co- se: o sfogar la malizia, col commetter un poco di qualche erroruzzo, in gioventiu; over errar poi in vecchiezza con maggior danno e vergogna, e pentirsi de la gioventiu passata invano, e cader per questo in desperazio- ne; per fuggir dunque tanta ruina, conosco essere necessario ed utile lo sfogare gli animi negli anni giovani, nei quali Dio piiu facilmente perdo- na ed il mondo scusa piiu, e piZu par che acconvenga e rida quel che si faccia. [...] Ti conseglio da figliuola, che tu hai (salvando sempre la mo- destia ed onesta tua) da passare i tuoi anni giovenili allegramente, e pen- sare che non vengano se non una volta, e che un medesimo piacere in quel tempo giova e diletta infinitamente ed e scusato da tutti e perdona-

146

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

to da Dio con l'acqua santa; e ne la vecchiezza poi e deriso da ognuno, aggrava la conscienzia assai e porta pochissimo diletto e piacere.37

Nella sua apologia dell'adulterio e dell'infedelta coniugale, Raffaella affronta tematiche e questioni che sorprendono per le modalita con cui sono sviluppate. Cosl a proposito delle tecniche femminili di seduzione, sulle quali insiste a lungo e in maniera dettagliata. Ancora una volta spicca tra gli altri motivi quello della bellezza e della cura del corpo. Occorre che la donna sappia ren- dersi attraente agli occhi degli uomini: la sua vista deve provocare in essi piacere e desiderio, talora turbamento. Di qui l'attenzione che nel Dialogo si dedica al vestire, alla cosmesi, alle acconciature, perfino alla lingeria, in modo da evidenziare adeguatamente queUe forme anatomiche che suscitano nell'uomo "maggior contentez- za". Inoltre, come gi"a teorizzato nel Cortegiano, alla donna e ri- chiesto un portamento garbato e conveniente ("portatura"), unita- mente a movenze e gestualita di molta grazia ("azzione").38 Tutta- via una simile cura del corpo e dell'aspetto fisico non deve natu- ralmente essere fine a se stessa, ne la gratificazione che ne deriva limitarsi agli sguardi ammirati e compiaciuti degli osservatori ma- schili. Al contrario, ogni attenzione dedicata ad accrescere la bel- lezza di una donna deve naturalmente servire a mantenere accesa e rovente la fiamma dell'amore. Ecco come l'esperta Raffaella sprona la giovane e ingenua Margarita:

E che ti credevi? Pensavi forse che i piaceri de le giovani consistesse- ro in essere un poco piiu mirata o manco, o simil frivolezze? Meschina a te, che Dio proprio mi ti ci ha mandata! Oime, una bellezza com'e la tua aveva a invietirsi intorno a la rocca ed a le cenere? Per questo credi che Dio te I'abbia data? Quanto starebbe bene a queste tali, che Dio le facesse bruttissime come furie, poiche non san conoscere il bene quando 1'hanno! E che val, semplicella che tu sei, la belta e I'altre buone parti in una donna, senza amore? [...] Amor rifiorisce in altrui la cortesia, la gen- tilezza, il garbo del vestire, la eloquenza del parlare, i movimenti agra- ziati ed ogni altra bella parte; e, senza esso, son poco apprezzate, quasi come cose perdute e vane.39

37 Ibid., p. 34. 38 Ibid., pp. 16-30. 39 Ibid., pp. 60-61.

147

FRANCESCO SBERLATI

Alla fine, dopo l'incessante opera di convincimento di Raffael- la, Margarita si persuadera a commettere adulterio. Acconsentira% finalmente alle richieste di un corteggiatore che si e dimostrato fe- dele e costante, Aspasio, guarda caso segnalatole proprio dalla acu- ta Raffaella. Seguendo il principio dantesco di "Amor, ch'a nubo amato amar perdona", Margarita scopre in se I'ardore e il senti- mento per costui e si mostra ormai svincolata dalle norme sociali che le impedivano la felicita:

[...] voglio esser savia per l'avenire, e non lassiar passar questa ven- tura, e renderli il cambio de l'amor che mi porta, e maggior, s'io potro. B massime che io mi ci sentiva incinata prima a costui, io non so in che modo; ma mi spaventavan quelle cose ch'io vi ho detto. Ma, conoscendo oggi, per le vostre parole, ch'una giovine e necessitata, per fuggir mag- gior errore, sfogar l'animo alquanto in gioventiu, e dicendomi voi per certe le buone parole di messer Aspasio e l'amor che mi porta, mi risol- vo in tutto a donarmegli per tutto '1 tempo che mi resta di vivere.40

Nel Dialogo di Piccolomini, al di lIa del consueto schema retori- co della disposizione dialogica e dell'apparente leggerezza degli ar- gomenti affrontati, c'e un'organicita d'ideazione ed un'unit'a d'im- pianto concettuale che non possono lasciare indifferenti. Questa connotazione si esprime non solo entro un'aurea misura letteraria, ma anche nell'atteggiamento di solidale coerenza con le posizioni pi,u avanzate della cultura femminile cinquecentesca. Ne sara sen- za significato il fatto che un uomo della levatura intellettuale di Piccolomini, un magister tra i piiu quotati del Cinquecento, fra i maggiori esperti di aristotelismo del suo tempo, senta l'esigenza di esprimere nel Dialogo della bella creanza della donna motivazioni personali intrinsecamente connesse con le istanze piu coraggiose della cultura femminista rinascimentale.

Non tutti gli autori cinquecenteschi che si occuparono della donna hanno alle spalle, come Castiglione o Piccolomini, un ap- profondito magistero assorbito alle fonti della cultura umanistica

40 Ibid., p. 65. Vedi A. BALDI, "La Raffaella di Alessandro Piccolomini: il trattato volto del gioco", in Passare il tempo. La letteratura del gioco e dell'intrattenimento dal XII al XVI secolo. Atti del Convegno, Pienza (10-14 settembre 1991), 2 voll., Roma, 1993, II, pp. 665-677; M. F. PIEjUs, "L'Orazione in lode delle donne di Alessandro Piccolomi- ni", Giornale storico della letteratura italiana, CLXX, 1993, pp. 524-545, e la Postilla di A. Di BENEDETTO, ibid., pp. 545-551.

148

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

classica e quattrocentesca. Alcuni di loro svelano concezioni di- pendenti da una mentalita di stampo medievale e perlopiiu contra- stanti con le posizioni piiu avanzate espresse dall'acceso dibattito di quegli anni. Un esempio di trattato pedagogico attardato su po- sizioni arretrate e difficilmente omologabili ai parametri che ab- biamo fin qui analizzato puo essere tranquillamente additato ne La institutione di una fanciulla nata nobilmente di Giovanni Miche- le Bruto, uscito ad Anversa presso il tipografo Christophe Plantin nel 1555 in una curiosa edizione bilingue italiana e francese. An- che se depurati da certe severita dell'originario codice medievale e amplificati in una direzione antropologica tipicamente signorile, gli schemi didattici applicati alla pedagogia femminile qui risento- no ancora in maniera determinante del vecchio ordine tripartito di vergine, moglie e vedova. Inoltre, sul piano spirituale manca quel forte senso della religiosita che si vorrebbe imprimere all'intero trattato, sicche anche gli exempla derivati dall'agiografia delle san- te e dalla biografia delle donne virtuose del passato hanno scarsa forza dimostrativa, essendo complessivamente male amalgamati al- lo svolgersi della tecnica espositiva. Eppure, nonostante questi evidenti limiti, l'opera di Michele Bruto assume importanza per- che testimonia il radicale mutamento di rotta degli orizzonti cultu- rali cinquecenteschi, imposto con severa determinazione dalla Controriforma e dalle direttive di restaurazione sociale emanate dal Concilio di Trento tra il 1545 e il 1563. In quegli anni si assi- ste infatti ad una opera di coercizione delle coscienze tendente a salvaguardare l'ortodossia cattolica dal pericoloso dilagare delle confessioni riformate. L'obiettivo e quello di reimporre il predo- minio, nella vita laica e sociale, delle convenzioni devozionali e delle norme dottrinali. La fede, prima ancora di essere un moto di autentica spiritualita individuale, si esprime come una serie di leg- gi confessionali che regolano l'esistenza di ogni individuo, sugge- rendogli scelte quasi obbligate ed indirizzandolo verso uno stile di vita nel quale il rispetto per le pratiche istituite dai decreti conci- liari assume una determinante rilevanza. All'infuori di questo schema c'e il territorio dell'eresia e la minaccia dell'Inquisizione.

La rinnovata attenzione per la donna e la condizione femmini- le, cosl come emerge dalle testimonianze che abbiamo finora esa- minato, segna la sua fase terminale con la pubblicazione nel 1554 de II libro della bella donna di Federico Luigini, uscito per le cure

149

FRANCESCO SBERLATI

di uno dei piiu abili filologi cinquecenteschi, Girolamo Ruscelli, a Venezia presso l'editore Plinio Pietrasanta."1 E l'ultimo esempio di trattatistica femminile che risulta essere fedele alle innovazioni femministe espresse dalle personalita sopra evocate, l'anello termi- nale di una catena di opere dedicate alla celebrazione della donna intesa prima di altro come soggetto anatomicamente e psicologica- mente diverso dal maschio, eppure connotato, piiu dell'uomo, da un profondo senso di umanit'a. Si puo asserire che II libro della bella donna chiude un'epoca, segnando il passaggio traumatico e non indolore dalla meta% del secolo innovativa e spregiudicatamen- te progressista alla meta conservatrice ed arroccata su guardinghe posizioni di difesa dell'ordine stabilito. II trattato di Federico Lui- gini assomma infatti nella sua articolazione le posizioni variamente caratterizzate della cultura femminista, riassumendo nel modello di donna in esso elaborato i tratti contenutistici che piui hanno contribuito ad accrescere ed acclarare l'ambiziosa ma intellettual- mente educata idealita femminile. Alla base del Libro della bella donna c'e prima di tutto la nozione di misurata ed armoniosa gra- tia diffusa da Castiglione, unitamente a quella della eccellenza, no- bilta e dignita femminile cosi appassionatamente sostenuta da Fla- vio Capella, Cornelio Agrippa, Ludovico Domenichi, Alessandro Piccolomini. Motivazioni, queste, che si svilupparono intorno alle esperienze piui elevate della frenetica vita letteraria e artistica del primo Cinquecento, aperta ad una varia ed estrosa competitivita con la dimensione femminile, specialmente intesa nei modi di un efficace realismo che si addice alla perfezione al recupero del cor- po e della sua gradevole fisicita. Ma tali motivazioni sono drastica- mente ridimensionate, se non talora azzerate, dalle profonde tra-

41 Pubblicato in Trattati del Cinquecento sulla donna, op. cit. (vedi nota 32), pp. 221-305. Le parti piiu interessanti de II libro di Luigini sono quelle che testimoniano una decisa apertura verso gli aspetti 'fisici' della femminilita. Cosi, ad esempio, la lunga e sensualissima descrizione del corpo della donna (pp. 249-252), con una insistenza talvol- ta imbarazzante sulle "parti vergognose" (pp. 253-255); cosl l'apologia della nudita fem- minile, intesa anche da Luigini come capolavoro della Natura (p. 258); cosl l'importanza data alla bellezza esteriore (p. 273), prima ancora che a quella interiore dell'anima. Co- me i trattatisti che l'hanno preceduto, anche Luigini intende l'esistenza femminile come biografia che imita e replica un precedente modello di vita muliebre. Di qui i numerosi esempi di donne virtuose ch'egli allega (pp. 284-289), additati appunto come "vite" da emulare da parte delle donne cinquecentesche che aspirano a condurre una esistenza sot- tratta alle norme e ai pregiudizi del maschilismo. Argomenti simili in VINCENZO SIGONIO, La Difesa per le donne, a cura di F. MARRI, Bologna, 1978, pp. 71 sgg.

150

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

sformazioni degli istituti socio-culturali indotte dabo status contro- riformista. Nel disegno culturale della Controriforma, ordinato in senso di controllo strategico gi'a verso il 1560, e perseguito I'azze- ramento delle acquisizioni non immediatamente equiparabili all'as- setto sociale imposto dall'eta post-conciliare.

La consistenza di tanti messaggi diversi e talora antagonistici caratterizza la metNa del XVI secolo. Abla consolidata dimensione di una femminilita emancipata, quale istanza compatta e stabile, inizia a contrapporsi il ramificato lavoro preparatorio della reazio- ne controriformista. Presa dal suo rapporto privilegiato con la con- dizione femminile delle corti signorili e delle aule cortigiane, la cultura rinascimentale ha tralasciato di occuparsi di un ceto pre- borghese che sta dando vita ad una intensa circolazione di idee, e che viene sostenuto da un'attivita professionale coordinata secon- do criteri assai redditizi. In tal modo, essa ha offerto facilmente il fianco al contraccolpo della cultura clericale, le cui spinte sociali piiu genuine e radicate provengono dal basso. E si tratta perlopiiu di spinte che si pongono in aperto contrasto con l'organizzazione sociale del rapporto uomo-donna maturato in ambito nobiliare. Un istruttivo esempio piiu documentario che letterario (data la scarsa qualita della produzione) di questa transizione alquanto caotica agli inizi della seconda meta del XVI secolo puo venire dall'area romagnola, una zona periferica e marginale contesa dai Malatesta di Rimini e dai Montefeltro di Urbino, ma all'epoca gia ufficial- mente sotto la giurisdizione pontificia.

Vista la fluidita della situazione culturale verso gli anni Sessan- ta del Cinquecento non stupisce che nelle opere dedicate alla cul- tura e al ruolo femminile ben poche siano le componenti ispirate alla seria concretezza del dibattito primocinquecentesco. Un docu- mento notevole sul piano storico e culturale (ripeto, non su quello letterario), e rappresentato dal poemetto in ottave La Bellezza del- le donne di Malatesta Fiordiano da Rimini,42 uscito appunto a Ri- mini per i tipi di Giovanni di Nicola da Modena nel 1562. E un libretto di poche carte (non numerate), degno di menzione poiche

42 Le poche notizie storiche e biografiche su questo inconsueto e curioso personag- gio sono a tutt'oggi raccolte in C. TONINI, La coltura letteraria e scientifica in Rimini. Dal secolo XIV ai primordi del XIX, 2 voll., a cura di P. DELBIANCO, Rimini, 1988, I, pp. 293-314 (1a ed. 1884).

151

FRANCESCO SBERLATI

attesta una corrispondenza del tutto superficiale ed esteriore con la cultura filo-femminista del primo Rinascimento, e nel contempo una piena aderenza alle istanze reazionarie di certi recuperi ma- schilisti richiamandosi al solito regesto di luoghi comuni misogini.

II poemetto di Fiordiano - che in appendice pubblica pure un sonetto in lode di Laura Ammannati Battiferri43 - riduce alla sem- plice celebrazione estetico-anatomica la dimensione della femmini- lit"a. Elaborando una combinazione retorica di quegli elementi che abbiamo gia visti amplificati in uno spazio ideologico da Agrippa, Domenichi, Castiglione, Piccolomini e Luigini, anche Fiordiano da una seletta immagine della propria concezione di femminilita. La sua espressivita linguistica si apre alle forme estreme dell'iconi- smo della scrittura, spingendo la sua mano al ripristino (ma a puro scopo imitativo) di quella impostazione letteraria in cui si rispec- chiava fedelmente la proposta di femminilita culturale dei primi decenni del Cinquecento. Eppure nei versi di Fiordiano, nono-

43 A quanto mi risulta il sonetto e pressoche sconosciuto. Pertanto lo trascrivo qui in un'edizione semidiplomatica, limitandomi a sciogliere le abbreviazioni e a regolare se- condo l'uso moderno apostrofi ed accenti. II sonetto e contenuto nelle due carte finali del poemetto di Fiordiano Malatesta, sicche non ci sono dubbi sulla sua attribuzione. Come ho gia detto, il libretto non ha la numerazione delle pagine ed anche la cartulazio- ne dei fascicoli risulta essere alquanto incerta e malsicura a causa di alcune mutilazioni. Derivo il testo dall'esemplare de La Bellezza delle donne conservato a Rimini presso la Biblioteca Gambalunghiana e segnato 4.N.IV.20 (vedi nota 44). Ritengo che il sonetto possa essere ragionevolmente datato fra la fine degli anni Cinquanta e i primi dei Ses- santa del Cinquecento.

Alla Signora Laura Battiferra. Donna che i piiu famosi semidei

cantando agguagli, onde di Pindo il monte piu che mai bel per te verdeggia, e il fonte altier sen' va de i sacri rivi Ascrei;

se gia fu chiaro il nome di colei 5 che a Daphne bella e al padre di Fetonte splendor accrebbe, e impresse nella fronte porto tante d'honor palme e trophei;

hor piiu che mai sonar Laura immortale s'udra con alto et honorato grido; 10 merce de i dolci tuoi divini accenti;

felice in ver poi che per te sei tale che con stupor delle piiu dotte genti, hoggi illustri te stessa e il tuo bel nido.

Sulla Battiferri vedi ora V. KIRKHAM, "Laura Battiferra degli Ammannati's First Book of Poetry. A Renaissance Holograph Comes out of Hiding", Rinascimento, XXXVI, 1996, pp. 351-391.

152

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

stante il permanere di un'accentuata colorazione sensuale ed edo- nistica, sono del tutto assenti espliciti segni di confluenze con tale proposta o di affini sviluppi intellettuali. Lo spessore ideologico che per solidita e complessita esercitava un influsso decisivo sul versante stilistico ed estetico appare ormai come azzerato nell'im- passe manieristica. II dato marcatamente sensualistico, tutto prote- so ad una disposizione laica verso le piacevoli fattezze del corpo femminile, non basta piiu a giustificare le radici ideologiche della dimensione femminile. La celebrazione della donna e qui giustifi- cabile solo sul piano dell'iconologia, ma non e confermata su quel piano etico-civile che qualche decennio prima abbiamo visto sov- venzionato e accolto nel cuore della civilta signorile. Sara suffi- ciente leggere qualche ottava della Bellezza delle donne per render- si conto di quanto limitate siano le informazioni di Fiordiano circa le fasi e le misure degli apporti di cultura al femminile:

[I] Alta fra l'altre alquanto e di statura,

con artificio tal fu in ciel formata, con tal proportion, con tal misura che a tutti gl'occhi in ogni parte e grata. Larghe le spalle, e stretta la cintura, l'un' e l'altra anca alquanto rilevata, la gamba schietta, dritta ha la persona vero di leggiadria specchio e corona.

[II] Bionda, lunga, sotil, lustra, annellata

la chioma e che '1 mio cor dolce incatena; bianca polita et ampla, e in giro alzata la fronte piiu che '1 ciel chiara e serena; nero e sottile e il ciglio, e delicata la guancia di vermiglie rose piena; neri son gli occhi bei soavi e ardenti, veri strali d'amor gravi e pungenti.

[III] Sorge nel mezo il profilato naso,

alto, schietto e gentil di quel colore che in bianca nube il sol, quando a l'occaso s'inchina, suol formar col suo splendore.

153

FRANCESCO SBERLATI

Sembra la bocca di Pandora il vaso, si pretiosa e ricca e dentro e fuore, dove lucide perle sono i denti, e le labra rubin vaghi e splendenti.

[IV] II collo bianco e tondo di alabastro

mobil colonna par proprio al sembiante, di cui non fece mai martel ne incastro di Phidia opra sl bella o di Timante. Il petto fatto dal sopremo Mastro tutto e d'un puro latte tremolante; le pome rilevat' e sode e tonde vie piu ch'avorio son polite e monde.44

La concezione di femminilita espressa da Fiordiano e tutta fa- scinosa ed estetica, percepita per esibire la riproposizione di un ideale di bellezza muliebre ormai ampiamente collaudato. E per- tanto il sigilo di quel modello di mentalita maschile che non senza fondamentali ragioni culturali verra di 11 a poco gradualmente stra- tificato nella civilt"a manierista e seicentesca. La dimensione della femminilita e sentita come corresponsabile delle modalita% di scrit- tura estetica, ma niente piu ormai autorizza un'identita femminile che rammenta un soggetto storico e morale coerentemente identi- ficato. Tutta la femminilita rimane nell'ombra di una topica reto- rica e letteraria che ne esalta la descrizione e la quantificazione della bellezza. La sostanziale valutazione della donna in termini di servitium intellettuale o etico-civile, o di diversita morale per ri- spondere ad esigenze antropologiche, e praticamente rimossa. A questa distribuzione retorica di timbri espositivl tesi sapientemen- te ad inquadrature di primo piano verso un'immagine di femmini- lita ormai divenuta convenzionale, si accompagna un processo di rallentamento dell'emancipazione sociale della donna, anzi un compiuto straniamento rispetto alla cerchia degli ideali femministi

44 Cito da MALATESTA FIORDIANO DA RimINI, La Bellezza delle donne, Rimini, 1562. Come ho gia precisato, l'opuscolo non ha le carte numerate. Le ottave qui riporta- te si trovano in corrispondenza dei fascicoli Aiii r - Aiiii v. La numerazione delle ottave tra parentesi quadre e mia, ma non segue l'ordine originale che esse hanno nel testo di Fiordiano. Per ragioni di esemplificazione documentaria, ho ritenuto piiu' efficace questa modalita di citazione.

154

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

del primo Cinquecento. E lo dimostra proprio Fiordiano, il quale recupera nelle ottave conclusive della Bellezza delle donne uno de- gli stereotipi piiu banali e scontati del filone maschilista e misogi- no, quello della "mutevolezza" come caratteristica dominante nel- l'orizzonte dell'identit'a femminile:

Le donne son volubili e incostanti, sempre pronte a cangiar pensieri e voglie; vaghe vedersi intorno mille amanti, e ripportar da ogniun triomphi e spoglie. False ne i cori, e dolci ne i sembianti, non mai satie di lagrime o di doglie, facil a dar, e a tor, d'Amor i frutti, cagion di mille incendi, stratij e lutti.45

E il gusto del trascrittore e dell'emulatore quello che predomi- na in Fiordiano Malatesta. Egli altro non e che un fedele compila- tore che assembla in sequenze paratattiche materiali di prestigio, svuotati della loro valenza ideologica o culturale, poi ricomposti e tenuti insieme in artificiosa unita. Nell'eta della Controriforma, la tipologia rinascimentale che forniva il quadro storico-culturale di una donna pensata secondo un progetto mirato ad intendere come punto di forza una rinnovata societa civile, e annullata all'interno di una sistemazione letteraria ormai perlopiui disposta a farsi assi- milare all'ordinamento tridentino. Sul piano dei contenuti, tutta- via, non sara inessenziale notare un'importazione passiva di mo- delli di femminilita aristocratico-nobiliari all'interno della inci- piente civilta borghese. Le eroine esaltate come esempi di bellezza appartengono alla memoria storica dell'erudizione mitologica, alla rievocazione nostalgica di un'utopia collettiva. L'identita femmini- le di tali eroine non regge al rischioso confronto con l'identita pre- sente di soggetti storici femminili che confermano dialetticamente la loro differenza sociale e culturale. Mirando a preservare gli equilibri sociali meno abbienti, ed anzi talora alleandosi con essi, la politica di controllo controriformista concentra le energie sul- l'imposizione di un nuovo ruolo da attribuirsi alla donna, in netto contrasto con gli stilemi cortigiani del primo Cinquecento, ma for-

45 Ibid., c. Diiii r.

155

FRANCESCO SBERLATI

temente collegato alle spinte dell'operosa vitalita cittadina ed ex- trasignorile.

Certe opzioni ideologiche della Controriforma non sono peral- tro inedite. Sicuramente riconducibile agli anni di poco successivi al 1540 e l'innesto di istanze spiritualistiche all'interno delle strut- ture mentali e operative della pedagogia femminile. Questa dire- zione religiosa impressa ora alla letteratura didattica e addebitabi- le alla complessa modificazione subita dalle pratiche di devozione tradizionale dopo la diffusione in Europa delle confessioni prote- stanti e riformiste.46 Alla pedagogia non e piu solamente richiesto di impartire alla donna una educazione erudita, poiche occorre in aggiunta insegnarle a salvaguardare gli autentici dogmi cristiani dalle correnti scismatiche delle eresie luterana e calvinista. Un ten- tativo di fondere la prassi della didattica femminile con esigenze autentiche di elevazione religiosa e facilmente identificabile in un trattato del filosofo ed umanista spagnolo, ma a lungo attivo in Italia, Juan Luis Vives, dal titolo De l'istitutione de la femina cri- stiana, uscito a Venezia nel 1546 presso l'editore Vincenzo Valgri- si. Nel libro di Vives l'argomentazione pedagogica e didascalica a favore dell'erudizione letteraria della donna riemerge intatta e con le stesse motivazioni che abbiamo visto in altri testimoni della trattatistica cinquecentesca. Tuttavia, si scorge nel De l'istitutione de la femina cristiana una maggiore incidenza della formazione reli- giosa della donna, sulla quale si insiste frequentemente tramite il diretto ricorso dell'exemplum mutuato dall'agiografia di beate e sante. Sul piu vasto orizzonte della ricezione sociologica, il manua- le di Vives indica esplicitamente quale portata abbia avuto la dif- fusione del rinnovamento religioso e spirituale avvenuto nel corso del Cinquecento. Fermo restando le radicali innovazioni rispetto ai pregressi canoni misogini e maschlisti, si evince purtuttavia dall'opera di Vives la divulgazione di un modello femminile con- notato da una profonda adesione agli schemi religiosi che regolano

46 Women in reformation and counter-reformation Europe: public and private worlds, a cura di S. MARSHALL, Bloomington, 1989; R. H. BAINTON, Women of the Reformation in Germany and Italy, Minneapolis, 1971. Ne esiste ora una traduzione italiana ampliata rispetto all'originale: ID., Donne della Riforma in Germania, in Italia e in Francia, Intro- duzione di S. PEYRONEL ROMBALDI, Torino, 1992. In part. per la realta italiana vedi A. VALERIO, "Domenica da Paradiso e la mistica femminile dopo Savonarola", Studi medie- vali, XXXVI, 1995, pp. 345-354.

156

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

il ruolo della donna nella societa. In quanto fanciulla devota e sot- tomessa moglie e madre timorata di Dio, la donna merita ogni ri- spetto. Ma all'infuori di questi ruoli essa perde ogni decoro e ogni decenza, esponendosi al giusto disprezzo dell'opinione comune. Se uniformata alle convenzioni del sistema clericale, la donna e una figura dalle attrattive seducenti, che gode di un prestigio spirituale pari a quello dell'uomo. Se osa porsi all'esterno di tale sistema, o in una posizione di critica distanza, alora essa diviene figura so- spetta e finisce coll'essere oggetto della diffidenza generale. Perde dunque la ragione primaria della sua esistenza: quella di vivere in funzione del marito.47

Nell'epoca della Controriforma si assiste ad una progressiva trasformazione del concetto di femminilita. II nodo problematico riguarda innanzitutto il diffondersi ed il radicarsi di quelle spre- giudicate istanze femministe che abbiamo fin qui visto nelle loro implicazioni teoriche. Giusto a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del XVI secolo, in coincidenza con lo svolgersi del Con- cilio di Trento, la discussione sul ruolo sociale della donna assume evidenti connotati di revisione e ripensamento. Le acquisizioni del femminismo primo-cinquecentesco (quello degli anni Venti e Tren- ta del secolo), sono ricondotte entro il piiu ampio dibattito intorno ai collegamenti culturali ed istituzionali fra fede cattolica e societa civile. L'avvio di questo largo dibattito sulla cultura dei decenni immediatamente precedenti all'epoca conciliare coinvolse, com'era naturale, anche quella idea di donna e di femminilita cosl pericolo- samente innovativa. Anzi, il suo innesto sperimentale nel corpo delle tradizioni artistico-letterarie rinascimentali venne precoce- mente ritenuto la causa piiu grave e principale del deprecabile de- cadimento dei costumi. E in effetti, a ben guardare, nel Rinasci- mento la vicenda delle forme artistiche e letterarie si incarna nella fortuna storica dei modelli sociali e antropologici. Nella tradizione materiale di essi, la concezione femminista s'intreccia e si connet- te con argomenti ed idee aperti a innovare, talora a sovvertire, l'ordine tradizionalmente costituito, sulla spinta di motivazioni certo non allineabili ai principi conservativi sulla base dei quali l'i- stituzione clericale fonda la sua autorita%. Pertanto occorreva con-

47 D. FRIGO, "Dal caos all'ordine: sulla questione del 'prender moglie' nella tratta- tistica del sedicesimo secolo", in Nel cerchio della luna, op. cit. (vedi nota 8), pp. 57-93.

157

FRANCESCO SBERLATI

trastare il predominio di queste nuove forme di femminilita liber- taria e antitradizionale, tentando di ripristinare una immagine di donna che sembra coniugarsi con quella misogina di stampo me- dievale.

Cio non fu del tutto possibile. Nella realta storica del Cinque- cento s'e compiuta ormai la saldatura ideologica e culturale al fem- minile. Nell'ottica della ricezione sociologica, le istanze di quel nuovo stile di femminilita, approfondito nella sua umanita ed affi- nato nell'arte, si svelano gia profondamente assorbite ed assimila- te, trovando accoglienza presso le coscienze piiu avvertite del tem- po. Difficile, dunque, bandirle. Simili condizioni rendevano neces- saria la ricerca della mediazione. Tale mediazione e evidente al massimo grado negli estremi prodotti di pedagogia femminile for- niti dalla meta antimeridiana del XVI secolo. A siffatti cambia- menti di contenuto sembra alludere tra gli altri il Dialogo della cu- ra familiare di Sperone Speroni, uscito la prima volta assieme agli altri Dialogi nel 1542 a Venezia dalla tipografia dei Figliuoli di Al- do, dei quali si ebbero nel corso di un cinquantennio ben nove edizioni, sino a quella uscita sul limitare del secolo presso Roberto Meietti a Venezia nel 1596. Nel Dialogo di Speroni l'innesto del- l'elemento femminista, proveniente dai territori culturali d'avan- guardia, all'interno della tradizionale cerchia chiusa della donna vergine-sposa-madre, si risolve perlopiiu in una apologia celebrato- ria della moglie.48 Rigettate le pregiudiziali antiuxorie dell'Umane- simo quattrocentesco, essa diviene figura essenzialmente positiva e in certa misura autonoma, poiche essenziale alla prosecuzione del- la genealogia parentale, alla educazione della prole, al sostenta- mento e all'amministrazione della micro-economia familiare. Certo la donna sembra non disporre di alcuna autonomia decisionale, poiche dipendente dalle decisioni che prendono per lei il padre prima, il marito poi. Nondimeno essa riveste un ruolo di impor- tanza determinante all'interno dell'ambiente domestico, svolgendo funzioni dalle quali dipende il consolidamento del patrimonio fa- miliare.49

48 M. D'AMELIA, "Marito e moglie. II Dialogo della cura familiare di Sperone Spe- roni", Memoria, I, 1981, pp.76-86.

49 La donna nell'economia - secc. XIII-XVIII. (Atti della XXI Settimana di studi, Prato, 10-15 aprile 1989), a cura di S. CAVACIOCCHI, Firenze, 1990; E. CASALI, " 'Eco- nomica' e 'creanza' cristiana", Quaderni storici, XLI, 1979, pp. 555-583; D. FRIGo, II

158

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

La Controriforma biasima il modello di donna che abbiamo vi- sto imporsi nei primi decenni del XVI secolo e ne raccomanda al- tri. La struttura sociale che si riassume bene negli schemi tradizio- nali della vergine, della moglie e della vedova viene reimposta con un vigore ideologico pari solo alla misura delle energie coinvolte sul piano della prevenzione.i0 Occorre estirpare certe deprecabili e talora peccaminose costumanze femminili divenute dominanti ne- gli anni recenti, ma occorre ancor piiu prevenirne ed evitarne l'ul- teriore diffusione. Sulla base di questo mutato orizzonte, nei trat- tati di pedagogia femminile stesi nella seconda meta% del Cinque- cento le esigenze di restaurazione spirituale si saldano con le istan- ze insegnative, dando origine ad una sorta di parenesi didattico-e- dificante. non esperita nei testi antecedenti. Di questi trattati ne ricordero qui solo due. Si noti che gia dai rispettivi titoli essi esprimono orientamenti programmatici di evidente tendenza con- servatrice. II primo e quello dovuto a Giulio Cesare Cabei, intito- lato Ornamenti della gentildonna vedova e uscito a Venezia presso Cristoforo Zanetti nel 1574. In esso la condizione della vedovanza si risolve in un isolamento di tipo monacale, interamente dedicato

padre di famiglia. Governo della casa e governo civile nella tradizione dell' "Economica" tra Cinque e Seicento, Roma, 1985. Per un esempio proveniente dall'Italia meridionale vedi A. MAZZOLDI Di FINzI-CONTINI, "Ricerche sulla vita familiare nella Sicilia del '500: I'ar- chivio dei Sardo", Studi Storici Luigi Simeoni. Istituto per gli Studi Storici Veronesi, XLII, 1992, pp. 55-66. Per l'Italia del Nord vedi M. P. ZANOBONI, " 'De suo labore et merce- de me adiuvabit': la manodopera femminile a Milano nell'eta sforzesca", Nuova rivista storica, LXXVIII, 1994, pp. 103-122. Interni di famiglia. Patrimonio e sentimenti di figlie, madni, mogli, vedove. II Friuli tra medioevo ed eta moderna. Atti del Convegno, Udine (4 dicembre 1992), a cura di R. CORBELLINI, Udine, 1994; sul quale vedi R. SARTI, "Donne e famiglia. A margine di un volume sulla realta friulana", Rassegna degli Archivi di Stato, LIV, 1994, pp. 675-688.

50 G. ZARRI, "Orsola e Caterina. fl matrimonio delle vergini nel secolo XVI", Rivi- sta di storia e letteratura religiosa, XXIX, 1993, pp. 527-554; EAD., "Disciplina regolare e pratica di coscienza: le virtiu e i comportamenti sociali in comunita femminili (secc. XVI- XVIII)", in Disciplina dell'anima, disciplina del corpo e disciplina della societa tra medioevo ed eta moderna. Atti del Convegno internazionale di studio, Bologna (7-9 ottobre 1993), a cura di P. PRODI-C. PENUTI, Bologna, 1994, pp. 257-278. Per la tutela giuridica della fi- gura della moglie durante l'eta controriformista vedi A. RIGO, "Giudici del Procuratore e donne 'malmaritate'. Interventi della giustizia secolare in materia matrimoniale a Venezia in epoca tridentina", Atti dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, CLI, 1992-93, pp. 241-266. Inoltre A. GATTI, "Il sistema assistenziale femminile a Mantova tra '500 e '700", Civilta mantovana, XXIX, 1994, pp. 5-21; L. SEBASTIANI, "Gruppi di donne tra convivenza e assistenza", in La citta e i poveri. Milano e le terre lombarde dal Rinascimento all'eta spagnola, a cura di D. ZARDIN, Milano, 1995, pp. 101-115.

159

FRANCESCO SBERLATI

all'esercizio delle pratiche devozionali in attesa di ricongiungersi con l'anima del marito. II secondo e opera di Onofrio Zarrabini, intitolato De gli stati verginale, maritale e vedovile e pubblicato dal- l'editore Francesco de' Franceschi a Venezia nel 1586, trattato che piiu di altri verte sulla drastica reimposizione del sistema di va- lori tradizionale. Direi anzi che in esso e pressoche interamente ri- pristinato il modello medievale di femminilit"a. Solo la necessita di scandire nel libro le tappe materiali della vita della donna, dalla giovinezza alla maturit'a alla vecchiaia, permette al trattato di Zar- rabini di aprirsi agli spazi della contemporaneita.

Eppure questo trattato ha un suo intrinseco valore, che e in- sieme pedagogico e documentario. Zarrabini non si rivolge alla ari- stocratica classe della gentildonna, della dama nobile. Egli elabora invece un progetto di vita destinato alle donne di quel ceto che con definizione anacronistica potremmo chiamare 'borghesia'. Nel suo modello di antropologia femminile le caratteristiche dominanti sono quelle dell'orizzonte psicologico mercantile. La donna che egli intende educare e formare e organicamente immersa in una concreta esistenza di classe. Non vive isolata nell'austero palazzo signorile circondato dalla campagna, ma partecipa alla movimenta- ta dimensione cittadina. Poco importa se il suo livello di erudizio- ne non sarat tale da consentirle di affrontare ardue e complesse questioni di teologia o di filosofia o di scrittura letteraria. Quello che e determinante nella sua educazione formativa riguarda le ca- pacit"a individuali di partecipare all'amministrazione del patrimo- nio familiare, dal quale dipendono il sostentamento e la crescita della prole. Dal momento che la sua partecipazione al fare del suo tempo si modula secondo la scansione esistenziale della crescita biologica e anagrafica, la donna e al centro della vita quotidiana. Essa deve naturalmente conservare nel proprio scaffale i testi edi- ficanti e didattici che i religiosi o i moralisti approntano per l'edu- cazione sua e dei suoi figli. Ma deve soprattutto dimostrare con- suetudine con i principi cardini della societNa borghese e mercantile premoderna: il legame di famiglia, la maternita e la discendenza, la prosapia, l'eredita, il banco commerciale del marito, i conti e le quantificazioni delle sostanze disponibili, le scelte con finalita re- munerative, il corredo e la dote delle figlie.51

51 TH. KUEHN, Law, family and women: toward a legal anthropology of Renaissance

160

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

Questa dimensione femminile che definirei 'protoborghese' emerge a chiari tratti dai documenti benissimo studiati da Chri- stiane Klapisch-Zuber, documenti del catasto fiorentino dal 1427 all'eta del Concilio di Trento, ora conservati presso l'Archivio di Stato di Firenze. Come e stato efficacemente esposto dalla stu- diosa, il modello sociale di donna verso la meta del Cinquecento andava rapidamente orientandosi in direzione di forme di schietta modernita, e tuttavia ancora interamente risolto nell'etica della fa- miglia. All'interno della sua casa la donna e regina. Ma tutta la sua esistenza si dibatte nelle questioni della preparazione al matri- monio, del rito nuziale, della dote e dei doni di nozze, nel governo della casa e della eventuale servitu, della maternita, della devota educazione della prole, del corredo per le figlie, della vedovanza. Non sono ammesse per lei altre mansioni ne altre occupazioni, tanto meno quelle intellettuali che abbiamo visto essere invece al- quanto diffuse nei primi decenni del secolo. Questo modello fem- minile di transizione, non piiu cortigiano-nobiliare ma non ancora schiettamente borghese, e accolto in piena consapevolezza dalla nuova generazione di autori che scrivono di pedagogia e didattica femminile. Esso sembra anzi maturato e perdipiiu legittimato dal- l'auctoritas testamentaria, e pertanto in perfetto accordo con le di- sposizioni tridentine, nel Discorso sopra la nobilta delle donne di Tomaso Garzoni, pubblicato nel 1588 a Venezia presso Giovanni Domenico Imberti, unitamente ad altri scritti di aedificatio devo-

Italy, Chicago, 1991. Inoltre S. F. MATTHEWS GRIECO, "Arte, ideologia sociale e rap- presentazione della famiglia e della vita coniugale nell'Italia moderna", in Matrimoni ita- liani, a cura di M. DE GIORGIO-C. KLAPISCH-ZUBER, Roma-Bari, 1996, pp. 251-283.

52 C. KLAPISCH-ZUBER, La famiglia e le donne nel Rinascimento a Firenze, Roma-Ba- ri, 1988; vedi anche EAD., "The Genesis of the Family Tree", I Tatti Studies, 4, 1991, pp. 105-129; EAD., "Les femmes dans les rituels de l'alliance et de la naissance "a Floren- ce , in Riti e rituali nelle societ2 medievali, a cura di J. CHIFFOLEAU-L. MARTINES-A. PA- RAVICINI BAGLIANI, Spoleto, 1994, pp. 3-22; J. BROWN-J. GOODMAN, "Women and Indu- stry in Florence", Journal of Economic History, XL, 1980, pp. 73-80. Inoltre vedi N. TOMAS, A Positive Novelty: Women and Public Life in Renaissance Florence, Clayton (Victoria), 1992. Per l'epoca precedente vedi F. FURLAN, "Verba non manent. La donna nella cultura toscana fra Tre e Quattrocento", Intersezioni, XVI, 1996: Le donne nella storia e nella cultura, a cura di A. BATTISTINI, pp. 259-274. Vedi anche i contributi rac- colti in Ilaria del Carretto e il suo monumento. La donna nell'arte, la cultura e la societa del '400. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Lucca (15-17 settembre 1994), a cura di S. TOUSSAINT, Lucca, 1995.

161 11

FRANCESCO SBERLATI

zionale rivolti in primo luogo al pubblico femminile.53 Testimone prezioso, in quegli stessi anni Ottanta, di una concezione di fem- minilit'a in cui si delinea un reticolo serrato di mediazioni tra istanze rinascimentali e posizioni post-conciliari e ancora il Discor- so della virtu femminile di Torquato Tasso, uscito a Venezia nel 1582 dalla stamperia di Bernardo Giunta. Si noti di passaggio che il mutato orizzonte culturale e ideologico fa avvertire le sue riper- cussioni anche sul piano delle forme retoriche in cui si elabora il messaggio letterario. Allo schema articolato e polifonico del 'dialo- go', basato appunto sulla compresenza di una pluralita di voci, e subentrato lo schema irreggimentato e monotonale del 'discorso'. II 'discorso' e una riedizione in forma retorica del 'trattato'.

II modello di mentalita, oltre che di femminilita, che sta alla base del moderno concetto di famiglia, intesa anche come cellula di un piu vasto tessuto sociale tenuto insieme da coesioni aggrega- tive, e un prodotto della Controriforma. La Controriforma facilita l'ascesa della donna borghese e asseconda la decadenza della don- na aristocratica. Nondimeno, anche la cultura della femminilita elaborata nell'epoca controriformista esprime forti tensioni di rin- novamento sociale. Le figure femminili primocinquecentesche di cortigiane, poetesse, coltissime dame di palazzo, muse ispiratrici di artisti e letterati, divengono rapidamente minoritarie. Al loro posto si installa la perfetta donna schiettamente 'borghese', tutta chiesa e famiglia, il cui modello sociale dominera praticamente con indisturbata prevalenza sino all'emergere del movimento femmini- sta nel nostro secolo.

Questo sconvolgimento radicale dei modelli sociali di femmini- lita e fedelmente testimoniato da un trattato pedagogico di grande importanza culturale. Al suo interno avviene infatti il processo di sostituzione e scambio dell'archetipo aristocratico con l'archetipo borghese. Su di esso occorrerNa dunque soffermarsi, fornendo piiu di un chiarimento. Mi riferisco al Della institution delle donne di Lodovico Dolce, uscito una prima volta nel 1545 e poi riedito per ben quattro volte nel corso del Cinquecento. Per la nostra analisi mi serviro dell'edizione del 1560, stampata a Venezia da Gabriel

53 TOMASO GARZONI, Le vite delle donne illustri della Scrittura Sacra: con l'aggiunta delle vite delle donne oscure e laide dell'uno e l'altro Testamento e un Discorso in fine sopra la nobilta delle donne, a cura di B. COLLINA, Ravenna, 1994.

162

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

Giolito de' Ferrari. E, per 1'ennesima volta, un trattato in forma di dialogo, diviso in tre libri secondo i restaurati canoni degli 'sta- ti' tradizionali. II primo libro si occupa della fanciulla vergine, il secondo della moglie, il terzo della vedova. Due soli sono gli inter- locutori: un austero precettore a cui Dolce affida l'esposizione del- le sue opinioni ed una mansueta educanda di nome Dorotea. Mi Ii- mitero qui a offrire una disamina del primo libro della Institution, dove si affronta l'educazione della giovane.

Anche sul piano dell'enunciazione si comprende subito e con chiarezza fino a che punto sia giunto il processo di esautoramento di un modello di donna fino a pochi anni prima apertamente cele- brato dagli intellettuali di punta della civilta rinascimentale. Non solo quella sofisticata immagine di donna colta e erudita viene ri- mossa, ma addirittura Dolce si sente legittimato a deprecarla e de- riderla. E molto meglio che la donna si adoperi per riapprendere le sue peculiari mansioni domestiche e casalinghe, abitudinarie occu- pazioni andate perdute durante il femminismo del primo Cinque- cento, piuttosto che perseguire il raggiungimento di una raffinata educazione letteraria.54 La comunicazione di Dolce non si sottrae al piglio polemico. Egli liquida senza tentennamenti le acquisizioni femministe stratificate nell'ideologia cortigiana, che ritiene danno- se e vanitose. A proposito dell'abbandono dei tradizionali uffici familiari da parte delle aristocratiche donne dedite all'esercizio in- tellettuale, Dolce espone da subito la sua lamentosa requisitoria:

O ventosa vanita, o delicatezza dannosa delle Nobili del nostro seco- lo! Poiche queste s'i recano a vergogna quello che in tutte le et"a fu di sommo onore alle Donne d'alta fortuna, e celebrate per molte virt'u.5

Non si sottraggono a questa opera di sarcastica demolizione della figura femminile profondamente erudita neppure le ambizio- ni intellettuali ostentate da molte donne dell'epoca. Qual e dun- que lo scopo, egli si chiede, di una educazione letteraria cosi insi- stita? A cosa puo giovare una erudizione sofisticatissima? Dove condurranno quei ragionamenti senza fine che si tengono nelle sa-

54 L'involuzione culturale di alcuni settori della societa" del tardo Rinascimento e ben documentata e descritta da P. F. GRENDLER, The rejection of learning in mid-Cinque- cento Italy, New York, 1966.

55 LODOVICo DOLCE, Della institution delle donne, Venezia, 1560, p. 1 lr.

163

FRANCESCO SBERLATI

le dei palazzi signorili? A tali occupazioni intellettuali e senza dub- bio preferibile il tradizionale lavoro della donna, sua specifica mansione rimasta inalterata nel corso dei secoli. Le convinzioni di Dolce sono espresse in un passo nel quale l'ironia e talmente acce- sa da rasentare la canzonatura o la burla:

Che faranno elle? Consumeranno sempre le ore tra la moltitudine delle Damigelle e de' Cortegiani? Quali ragionamenti saranno i loro? Parleranno sempre di motti e d'argutie? 0 pure novelleranno? Non avran(n)no questi ragionamenti mai fine? A che daranno poi opera? Pen- seranno - mi risponder"a alcuno. I pensieri femminili sono per lo piiu ve- loci, instabili, leggieri, erranti, e non sanno dove fermarsi. Leggeranno: ottimo esercitio, al quale primieramente debbono indrizzarr l'animo. Ma sempre non si puo leggere: e lo stare in ocio, come piui inanzi si dira, e cosa tanto dannosa che nulla piiu. [...] Ma gli onesti lavori sempre dilet- tano, e dopo le fatiche sono i riposi piu grati. Conchiudo che le nostre Donne non dovrebbono disprezzar quel lavoro che alle passate e stato in ogni tempo, come s'e% veduto, onorevole e di sommo pregio.16

II "lavoro" a cui si riferisce Dolce e ovviamente quello relati- vo all'amministrazione domestica e al buon governo della casa. Nell'ideologia controriformista non sono contemplate altre funzio- ni per la donna che non siano direttamente riconducibili al ruolo di sposa e madre. Ci sono questioni ben piu importanti da sbriga- re, che non lo stare a leggere libri o discutere sulle varie teorie in essi esposte. La Institution, lo si vedra, non da adito ad equivoci su questo punto dell'educazione femminile.

Marchiato dalla volonta della mediazione tra l'espressione di una cultura femminile non piu% definibile in modo univoco ed una adesione alla ideologia controriformista, il libro di Dolce rende ri- conoscibile con sicurezza il desiderio di allontanare la letteratura dalla figura femminile, e reciprocamente di distanziare e dissociare la donna dalla frequentazione dell'delite colta. Le letture della don- na dell'et"a controriformista saranno pertanto di carattere rigorosa- mente religioso e spirituale.7 Due infatti sono i principi sui quali

56 Ibid., pp. llv-12r. 57 Per il complesso rapporto tra cultura femminile e religiosita nel periodo che va

dal Rinascimento agli albori del Barocco, vedi G. ZARRI, Le sante vive. Cultura e religiosi- ta femminile nella prima eta moderna, Torino, 1990; Donna, disciplina, creanza cristiana dal XV al XVII secolo, a cura di G. ZARRI, Roma, 1996; Donne e fede. Santita e vita reli-

164

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

deve basarsi la sua educazione: il devoto rispetto per l'ortodossia religiosa e il governo della casa. Su questi due punti l'autore della Institution e chiarissimo. Ecco cio che egli prescrive a proposito:

Come la fanciulla sara pervenuta in eta atta a imparar lettere [...], voglio che alora il padre consideri in lei due fini: l'uno la religione, e l'altro il governo della casa. E secondo questi due fini s'affatichi di fare ch'ella si ammaestri nelle discipline virtuose e negli esercitij che conven- gono a chi ha ad essere Donna di famiglia. Nelle discipline porremo la contezza di Dio e dell'onesto, quella pertinente al componimento dell'a- nima e questa alle attioni del corpo. Negli esercitij si contener'a il gover- no et i lavori.58

Questa fanciulla modesta e pudica, le cui principali virtiu sono timidezza e vergogna, contrasta non poco con l'archetipo femmini- le sostenuto da trattatisti come Domenichi o Castiglione o Picco- lomini. A lei, futura donna 'borghese', perfetta moglie e madre ti- morata di Dio, viene impartita una educazione improntata su cri- teri che non mi sembra fuori luogo definire 'domestici', vale a dire perseguendo una sorvegliata acquisizione di capacitNa anche ammi- nistrative ed organizzative inerenti alle necessit"a del mantenimen- to del milieu familiare, ma in ogni caso escludendo ogni occasione di otium letterario. E piuttosto il negotium, il mestiere specifico tradizionalmente attribuito alla donna, ad acquisire rilievo nelle argomentazioni di Dolce. II governo della casa, principale mansio- ne della maritata, onorevole e di sommo pregio ma caduta in disu- so a causa del velleitarismo intellettuale delle gentildonne rinasci- mentali, emerge nell'opera di Dolce come un aspetto essenziale della femminilita borghese, contribuendo cos'i a corroborare uno

giosa in Italia, a cura di L. SCARAFFIA-G. ZARRI, Roma-Bari, 1994; D. ZARDIN, Donna e religiosa di rara eccellenza. Prospera Corona Bascape', i libri e la cultura nei monasteri mila- nesi del Cinque e Seicento, Firenze, 1992; F. MEDIOLI, "Fedeli, infedeli, dubbiose. Reli- giosita e storia delle donne", Quaderni storici, XXVIII, 1993, Pp. 933-938; A. GROPPI, I conservatori delle virtu. Donne recluse nella Roma dei papi, Roma-Bari, 1994; M. ROMA- NELLO, "La donna tra Cinque e Seicento: un ruolo in evoluzione tra Chiesa e societa. Alla radice degli istituti femminili di vita apostolica", Quaderni franzoniani, VIII, 1995, pp. 11-19; A. FACCHIANO, Monasteri femminili e nobilt2 a Napoli tra Medioevo ed eta mo- derna, Altavilla Silentina, 1992; infine A. JACOBSON SCHUTTE, "Come costruirsi il corpo di una santa", Studi storici, XXXIII, 1992, pp. 127-139.

58 DOLCE, op. cit. (vedi nota 55), p. lOv.

165

FRANCESCO SBERLATI

stereotipo di donna impostosi nei secoli a venire. Ecco come egli celebra questa attivita femminile:

Io [ ...] consiglio bene [...] che non solo questa fanciulla s'addestrasse nelle facende particolari della casa (che molte ne sono), s'i come in ador- nare una camera, acconciare un letto, far che tutte le massaricie fami- gliari siano divisate con ordine et a luoghi loro in modo che paia che tut- ta la casa da ogni parte goda e sia piena d'allegria; ma etiandio della cu- cina, imparando il modo di cucinare e di ordinar le vivande, le quali vor- rei che per la maggior parte fossero curate et amministrate da lei. Per- cioche ci sono sempre piiu grati que' cibi che vengono dalle mani delle nostre o sirocchie o mogli o figliuole che abbiamo, che non sono quegli altri che vengono dalle fanti.

E trova alla fine anche il gusto di prendersi gioco di quelle nobil- donne o aristocratiche che snobisticamente si sottraggono all'eser- cizio di queste funzioni:

Ben so io che alcune delicate Madonne si faranno beffe e mi scherni- ranno (se questi ragionamenti pervenissero alle orecchie loro), ch'io vo- glia occupar nella cura della cucina (le) loro figliuole!59

D'altra parte il confronto con il modello di donna che abbiamo appreso dalla lettura di Piccolomini e Domenichi rivela ormai solo insanabili divergenze. Va comunque detto che quando scrive il Della institution delle donne, Dolce ha gia lavorato a lungo sui testi letterari piiu diffusi dell'epoca e conosce pertanto assai bene quel- l'ideale di donna cos'i affine a certe posizioni del neoplatonismo, nonche quella trattatistica sull'amore cortese che lo sostiene e lo giustifica socialmente. Ma i tempi non sono piiu gli stessi. Nella sua funzione di pedagogo, Dolce deve tener conto di componenti nuove che sono il risultato di una transizione storica assai com- plessa, la quale non e piiu disposta a tollerare aperture verso appor- ti d'estrazione non palesemente ortodossa. Come professionista at- tivo nelle officine editoriali di Venezia, capitale mondiale della stampa nel Cinquecento, Dolce ha contatti con letterati e artisti, con gli esperti filologi commentatori dei classici latini e volgari, con gli intellettuali allora piiu produttivi, persino con le dame col- tissime dell'aristocrazia veneta. Ma sono gli stessi ambienti edito-

59 Ibid., p. 12v.

166

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

riali che vedono proprio in quegli anni la circolazione frequente dei censori inviati dal Sant'Uffizio per vigilare sul rispetto delle posizioni ortodosse cosl come sono state di recente codificate dalle direttive tridentine. Sono gli anni del controllo e della revisione inquisitoriale di ogni libro pubblicato,60 dei processi per eresia ra- pidamente istruiti, della repressione sociale e ideologica.

Dalle pagine della Institution questa complessa e sedimentata stratificazione delle componenti balza evidente. Nondimeno, la caratteristica che meglio esprime il rispetto per la condizione fem- minile nell'eta della Controriforma va a mio avviso individuata nella consapevole formulazione di un programma educativo che sceglie la via della persuasione e non dell'imposizione, del convin- cimento e non della coercizione. IE questo uno dei meriti precipui della Controriforma, fermo restando certi limiti oscurantisti. Si tende a sollecitare lo sviluppo di predisposizioni innate, di asse- condare inclinazioni che emergono spontaneamente, ma sempre nel pieno rispetto dell'ortodossia cattolica. Questa concezione sa- ra alla base della proposta straordinariamente innovativa di ratio

60 P. F. GRENDLER, Culture and censorship in late Renaissance Italy and France, Lon- don, 1981; ID., The Roman Inquisition and the Venetian press, 1540-1605, Princeton, 1977. Per piiu recenti indagini e documenti d'archivio si veda ora M. INFELISE, "Note per una ricerca sull'editoria veneziana del '500", in La stampa in Italia nel Cinquecento. Atti del Convegno, Roma (17-21 ottobre 1989), a cura di M. SANTORO, 2 vol., Roma, 1992, II, pp. 633-640; A. ROTONDO, "Editoria e censura nel Cinquecento", ibid., I, pp. 71-88; M. JACOVELLO, "Proteste di editori e librai veneziani contro l'introduzione della censura della stampa a Venezia (1543-1555)", Archivio storico italiano, CLI, 1993, pp. 27-56; M. MARSILI, "Battaglia giurisdizionale a Venezia per l'applicazione dell'indi- ce clementino", Cultura e scuola, XXXII, 1993, pp. 98-106; U. Rozzo, "In margine agli Indici dei libri proibiti italiani del 1549 e 1554", La Bibliofilia, XCII, 1990, pp. 311- 321. I testi degli Indici sono pubblicati in Index de Venise, 1549, Venise et Milan, 1554,a cura di J. M. DE BuJANDA-R. DAVIGNON-E. STANEK, Introduction historique de P. F. GRENDLER, Sherbrooke (Quebec), 1987. Notizie di rilievo anche in A. STIPCEVIC, "La censura veneziana e il libro in Dalmazia", in II libro nel bacino adniatico (secc. XV-X- VIII), a cura di S. GRACIOTTI, Firenze, 1992, pp. 43-50. Inoltre per una visione d'insie- me sul mercato editoriale veneziano si veda il libro di C. Di FILIPPo BAREGGI, Il mestiere di scrivere. Lavoro intellettuale e mercato librario a Venezia nel Cinquecento, Roma, 1988, sul quale si tengano presenti le notazioni di A. GANDA, "A proposito del libro di Claudia di Filippo Bareggi sul lavoro intellettuale e il mercato librario a Venezia nel Cinquecen- to", Nuova rivista storica, LXXVII, 1993, pp. 646-651. Per un quadro storico piiu gene- rale sull'attivita dell'Inquisizione nella seconda meta del Cinquecento e assai istruttivo il volume miscellaneo, L'Inquisizione romana in Italia nell'eta moderna. Archivi, problemi di metodo e nuove ricerche. (Atti del seminario internazionale, Trieste, 18-20 maggio 1988), Roma, 1991.

167

FRANCESCO SBERLATI

studiorum avanzata da Ignazio da Loyola e dalla Compagnia ge- suitica.

A ben guardare anche la scelta espositiva di Dolce non esclude il diretto ricorso agli strumenti parenetici e suasori, talora persino epidittici ed apologetici, strumenti retorici che la sua competenza professionale gli consentiva di adoperare con efficace padronanza. In materia di formazione della giovane donna, Dolce mostra infat- ti una totale adesione alla dottrina cattolica.i II fine ultimo della sua educazione culturale e individuato in una sorta di erudizione religiosa basata sulla lettura dei testi sacri opportunamente revisio- nati dalle disposizioni conciliari ed offerti alla fruizione dei devoti con un ampio corredo di informazioni esplicative che servono ad orientare il fedele verso una retta interpretazione. Dunque siamo all'opposto del protestantesimo, che auspica un ritorno alla lettura diretta delle fonti testamentarie senza mediazioni di commenti o glosse o apparati esegetici. Per Dolce gli studi delle lettere fanno le donne ammaestrate e contribuiscono ad affermare la loro one- sta, ma questi studi non hanno valore in se. Essi servono per acco- starsi con una migliore preparazione alle buone dottrine, perche non si puo ascendere all'altezza della cognizione di Dio se non per gradi. Occorre allora impartire alla giovane donna una educazione che gradualmente la conduca ad affrontare autonomamente 1'ar- dua lettura di quei libri da cui trarre i principi che devono regola- re la sua intera esistenza. Questi gradi sono naturalmente rappre- sentati dagli studi letterari, purificati com'e ovvio da tutti quei te- sti connotati da tracce lascive e peccaminose. Ecco un breve passo della Institution che puo venir addotto ad esempio di questo per- corso educativo, e merita di essere letto attentamente:

Perche adunque il primo fine al quale si dee indrizzare la nostra fan- ciulla ragionevolmente abbiamo posto (essere) la religione, la quale e ap- poggiata sopra un solo capo, che e Cristo, Signore e conservator nostro, la prima dottrina che debbono cercare i padri d'imprimer nel tenero cuore della figliuola sia esso Cristo. II che fare non si potra se ella non conosce lui esser suo creatore e suo redentore. Et non potra similmente venire a notitia di questo [...] se non per via delle Scritture, nelle quali

61 Si discosta parzialmente da quella qui esposta l'interpretazione che ne da A. CHEMELLO, "L'Institution delle donne di Lodovico Dolce ossia 1' 'insegnar virtu et hone- sti costumi alla Donna' ", in Trattati scientifici nel Veneto fra il XV e il XVI secolo, a cu- ra di E. RIONDATO et alii, Vicenza, 1985, pp. 103-134.

168

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

si contengono i maravigliosi misterij delle sue parole. [...] Onde la prin- cipale dottrina, come io dico, saranno le sacre lettere, cioe Cristo.62

II trattato di Dolce si mostra quindi alquanto ossequioso alle prescrizioni stabilite dalla legislazione controriformista. Ma egli e e resta, innanzitutto, un uomo di lettere, non un precettore reli- gioso. Tra le caratteristiche intrinseche di quest'opera vorrei infat- ti sottolineare il notevole rilievo assunto dai materiali esplicita- mente orientati in direzione di pedagogia letteraria, rilievo che ac- quisisce un significato ancora maggiore qualora si tenga conto de- gli austeri costumi indotti dal clima di repressione culturale di quegli anni. Questa connotazione e inoltre particolarmente evi- dente la dove, sull'esempio fornito anni prima da Castiglione, ac- canto alle esigenze dell'educazione culturale della donna si scorge un preciso canone di prescrizioni sociali e norme comportamentali. I libri da leggersi cambiano per registro e contenuto, ma la funzio- ne edificante che ad essi viene attribuita resta intatta. L'adatta- mento della tradizione letteraria agli schemi insegnativi dell'epoca controriformista avviene sulla base di severi criteri selettivi ten- denti a porre in posizione subalterna, e talvolta addirittura ad escludere con forza proibitiva, i testi e le opere piiu difficilmente allineabili ad un principio educativo moralistico e religiosamente ortodosso. Una chiara dimostrazione di questo processo selettivo e offerta appunto dal Della institution delle donne di Dolce, dove egli elenca letture da farsi e nel contempo letture da evitarsi, se- condo canoni di veto che rinviano all'ideologia propria dell'Index librorum prohibitorum.

Quali sono ora i libri che vanno letti? E quali, invece, vanno attentamente evitati? Vediamolo attraverso l'elenco che ne fa Dol- ce. Per prima cosa bisogna preoccuparsi della cognizione di Dio. Per essa saranno sufficienti i due sacri volumi del Vecchio e del Nuovo Testamento, da leggersi pero non senza l'ausilio delle espo- sizioni che hanno fornito i dottori della patristica: dunque la gio- vane leggera anche Ambrogio, Agostino, Girolamo. Una particola- re cautela occorrer'a invece per gli autori moderni che si occupano di cose sacre, facendo attenzione a coloro che espongono la scrit- tura non secondo il vero sentimento, ma a soddisfazione del mon-

62 DOLCE, op cit. (vedi nota 55), pp. 17r-v.

169

FRANCESCO SBERLATI

do e ad utile di se medesimi. L'accenno riguarda ovviamente i teo- logi riformati che hanno accettato i principi delle confessioni pro- testanti. Quanto alle discipline morali, la giovane studiera Platone e Seneca, e tutti quei filosofi dai quali si possono trarre santi e onesti costumi. Lo studio della filosofia non e tuttavia indispensa- bile alla formazione culturale della donna, perche gia da sole le sa- cre lettere forniscono un'esauriente educazione etica, insegnando a sufficienza tutto quello che pertiene alla buona vita. Nondimeno la filosofia puo anche costituire talora oggetto di studio, ma essa non e essenziale: la si puo coltivare per aggiungere un ornamento alle doti dell'educanda, o per aver sempre in che tenere occupato l'animo suo. D'altra parte, il padre non deve essere cos'i severo da vietarle la lezione, di tanto in tanto, di quei libri che si occupano di cose umane, vale a dire, nel cifrato linguaggio di un Dolce con- troriformista, di poesia e di letteratura. Anche da essi si derivano a volte buoni esempi. Ma e vero che bisogna farne scelta.

Molti libri che si trovano nella letteratura latina e bene che non siano veduti ne letti dalle oneste donne. In pratica vanno schifati tutti i poeti, eccetto Virgilio, ma non da leggersi tutto, e alcune parti di Orazio, quelle piiu caste e piu morali. La giovane dovra invece essere indotta a leggere Prudenzio, Prospero d'Aqui- tania, Giovenco e Lattanzio, Paolino da Nola. Tra i moderni che hanno scritto in latino di argomenti morali andranno letti Jacopo Sannazzaro (autore del De partu Virginis) e Marco Gerolamo Vida, animatore della Controriforma e autore del poema Christias, sulla vita di Cristo. Tra gli scrittori di prosa la giovane donna potra tranquillamente vedere tutte le opere di Cicerone. Allo stesso mo- do le saranno di notevole giovamento gli storici come Livio, Sallu- stio, Curzio Rufo, Svetonio, Tacito. Queste letture sono impor- tanti perche dalle lezioni di Cicerone altro non si puo raccogliere che esempi di virtu e buoni consigli, giacche la storia e maestra di vita. Della letteratura volgare si fuggano tutti i libri lascivi, come si fuggono le serpi e gli animali velenosi. Tra quelli che si debbono fuggire, le novelle di Giovanni Boccaccio (cioe il Decameron) ter- ranno il primo luogo. Tra quelli che meritano di esser letti, primi saranno il Canzoniere di Petrarca e la Commedia di Dante. Nel pri- mo si troveranno, insieme con le bellezze della poesia volgare e della lingua toscana, esempi di onestissimo e castissimo amore. Dal secondo si derivera un eccellente ritratto di tutta la filosofia

170

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

cristiana. A questi andranno accompagnate le opere del dottissimo cardinale Pietro Bembo, l'Arcadia del Sannazaro, i Dialoghi morali di Sperone Speroni.3 Questo l'indice approntato da Dolce per l'e- ducazione della giovane, il quale significativamente cos'i conclude:

Ma non pero la mia discepola sia tanto intenta a sl fatti studij che el- la lasci da parte i lavori convenienti, et essendo congiunta a marito, i go- verni della casa, perche questo non ricerca Iddio.

II trapasso dal modello di femminilit'a dei primi anni del Cin- quecento al modello della seconda meta del secolo e in pratica av- venuto e restera stabilmente confermato nei secoli successivi. Ma prima di archiviare questo testo di Lodovico Dolce, cosl importan- te sul piano delle testimonianze storiche, si rendono necessarie al- cune considerazioni. Abbiamo fin qui percorso il tracciato diacro- nico della concezione rinascimentale di femminilita. Siamo partiti dalla constatazione del successo sociale e letterario arriso ad un ideale di donna che rompeva ogni legame con i pregiudizi misogini del Medioevo, dei quali si ebbero continuazioni nella radicata tra- dizione antiuxoria dell'Umanesimo. Una concezione di femminili- ta davvero eversiva e sovvertitrice, che mirava ad instaurare una rinnovata definizione dei ruoli sociali. Una tale concezione era ba- sata in primo luogo sul processo di acculturamento della donna, sulla sua crescente incidenza intellettuale. Per sapere ed erudizio- ne, per conoscenza e sapienza, la donna doveva essere in grado di confrontarsi e competere con l'uomo, di uguagliarlo e, se necessa- rio, superarlo.

Apprendiamo per contro dal libro di Dolce che quel sapere multidisciplinare in apparenza cosl congeniale alla nobildonna del primo Cinquecento, delineato su un reticolo serrato di difficili me- diazioni e di reciproci influssi che le consentiva di conversare in posizione paritaria con filosofi e poeti, linguisti e teologi, politici e diplomatici, quel sapere e divenuto inutilizzabile ed inservibile nella realta storica della civilta controriformista. L'acculturamento della donna segna cosl un ritorno a posizioni di partenza pre-rina- scimentali, alle quali viene ricondotto pure il suo ruolo sociale. La cultura erudita non rappresenta piu il suo tratto inconfondibil-

63 Ibid., pp. 18r-19v. Da p. 19v anche la prossima citazione nel testo.

171

FRANCESCO SBERLATI

mente moderno. Al primo posto vengono ora le sue capacit"a di amministrare l'ambito familiare. Capacita che sono si anche di or- dine organizzativo e finanziario, ma che sono prima di tutto capa- cit"a fabrili, tattili, manuali e gestuali, capacit'a manifatturiere, di minuta ma preziosa manovalanza domestica. Nella donna dell'eta della Controriforma le mani vengono prima del cervello. II gover- no della casa viene prima dello studio. Si veda a questo proposito, per concludere, un altro passo derivato dalla Institution di Dolce:

Quanto all'imparare fu giudicato da savi uomini che fosse poco tem- po tutto il corso della vita. Pero io posso credere che non si convenga diterminare alcun fine cosi alla donna come all'uomo, se non in quanto all'uomo e mestiero la cognition di piiu discipline, essendo egli tenuto di procurar non pur l'utile di se stesso e della sua famiglia, ma il bene della sua Republica o del suo Prencipe, e parimente degli amici. Ma la donna, in cui altro non si ricerca che '1 governo della casa, vorrei che ella fosse rivolta allo studio della filosofia morale senza piiu, percioche non dee es- ser maestra di altrui che di se medesima et de' suoi figliuoli, e non le ap- partiene tenere scola o disputar tra gli uomini.64

La divisione dei saperi sulla base dei sessi e qui chiaramente distinta. La cultura ritorna ad essere una prerogativa esclusiva- mente maschile. Per chiudere il discorso su Dolce e sulla pedago- gia femminile nella seconda metNa del XVI secolo, rammentero la battuta illuminante di Dorotea, la giovane educanda protagonista della Institution delle donne, da lei pronunciata durante il procedi- mento educativo che abbiamo finora descritto. Essa vale nella sua lapidaria semplicita come monito terminale di una prassi pedagogi- ca e nel contempo come efficace immagine simbolica di una condi- zione femminile destinata a perdurare nel tempo. Ecco le scarne ma incisive parole di Dorotea:

Diro bene che il saper cucire a noi donne tanto appartiene, quanto a voi uomini il sapere scrivere.61

L'immagine e a mio avviso bellissima e tale da acquistare so- stanza iconologica. Tra l'indice e il police della mano destra, con l'ausilio di un lieve movimento del polso, la penna e l'ago esprimo-

64 Ibid., p. 18r. 65 Ibid., p. 12v.

172

DALLA DONNA DI PALAZZO ALLA DONNA DI FAMIGLIA

no simbolicamente la suddivisione degli ambiti professionali e la precisa divaricazione del sapere. Dorotea non si limita a distingue- re il cucire e lo scrivere. Distingue soprattutto il sapere cucire dal sapere scrivere. La differenza tra i sessi si fonda in eta moderna anche su di una distinzione gerarchica e qualitativa dei corrispetti- vi saperi.6

Amplissima e immediata fu dunque la risistemazione avviata dalla Controriforma. La cultura al femminile del primo Cinque- cento e ridotta pressoche al silenzio, accorpata a quel bagaglio di esperienze intellettuali assai precocemente archiviate. La trattati- stica sulla donna e sulla sua educazione sembra ora preoccupata a garantire intenzioni edificanti piiu che didattiche, entro un quadro di stampo espressamente religioso e fideistico.67

Nell'avviare a conclusione questo discorso mi limitero ad una sola osservazione. Detto in drastica sintesi, nel suo insieme la cul- tura femminile del Rinascimento non riuscira a delineare e a im- porre una propria identita. Nei primi decenni del Cinquecento, questa cultura al femminile non poteva che limitarsi a replicare i modelli culturali sino ad allora trattati esclusivamente dagli autori maschili. Per essere legittimata e riconosciuta, la cultura femmini- le primo-cinquecentesca ha dovuto necessariamente equipararsi e allinearsi agli schemi di monopolio maschile.68 In sostanza, non ha prodotto ne inventato nulla di nuovo. Solo con la Controriforma essa trovera il modo per immettersi in una gerarchia differenziata

66 J. BROWN, "A Woman's Place was in the Home. Women's Work in Renaissance Tuscany", in Rewriting the Renaissance. The Discourses of Sexual Difference in Early Mo- dern Europe, a cura di M. W. FERGUSON-M. QUILLIGAN-N. J. VICKERS, Chicago, 1986, pp. 206-226; P. SIMONS, Gender and sexuality in Renaissance and Baroque Italy: a working bibliography, Sydney, 1988; Sex and gender in historical perspective, a cura di E. MuIR-G. RUGGIERO, Baltimore, 1990.

67 Per un istruttivo confronto con la situazione non dissimile degli altri paesi euro- pei vedi J.-C. MARGOLIN, "Reflexions sur l'education des filles au XVIe siecle: avec les ecolieres de La guirlande des jeunes filles (1564) de Gabriel Meurier", in L'educazione e la formazione intellettuale nell'eta dell'Umanesimo. Atti del II Convegno internazionale, 1990, a cura di L. ROTONDI SECCHI TARUGI, Milano, 1992, pp. 127-154. Affronta gli ar- gomenti qui discussi, ma entro una diversa prospettiva, anche S. S. MACCHIETTI, "Per una pedagogia dell'educazione femminile in Italia nei secoli XVI e XVII", Quaderni franzoniani, VIII, 1995, pp. 21-54.

68 K. FIETZE, Spiegel der Vernunft. Theorien zum Menschsein der Frau in der Anthro- pologie des 15. Jahrhunderts, Paderborn, 1991; e i saggi raccolti in Rinascimento alfemmi- nile, a cura di 0. NiccoLI, Roma-Bari, 1991. Per l'aspetto ideologico della questione ve- di G. BOCK, Storia, storia delle donne, storia di genere, Firenze, 1988.

173

FRANCESCO SBERLATI

di saperi che oggi diremmo sessuati. La seconda met"a del Cinque- cento esprime infatti un progetto mirato ad una sistemazione sto- rica il cui intendimento prevalente sembra essere quello di integra- re le differenze, di omologare l'eterogeneo. Si punta pertanto a comporre un'immagine virtualmente univoca della societa, inglo- bando al suo interno tutte le anime e le personalita. In questo quadro la donna trova collocazione dignitosa e rispettabilissima proprio in quanto soggetto diverso dall'uomo, alla quale spettano funzioni e compiti diversi da quelli attribuiti all'uomo. La Contro- riforma non vuole una donna che sia una replicata immagine di uno stereotipo maschile: la vuole donna proprio in quanto diversa dall'uomo. Cosi come e stata intesa durante l'etta moderna, la don- na e paradossalmente un'invenzione della Controriforma.

174