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GIS e opere d’arte: applicazioni inusuali Laura Baratin. Università degli Studi di Urbino, DiSPeA, Scuola di Conservazione e Restauro [email protected] Sara Bertozzi. Università degli Studi di Urbino, DiSPeA, Scuola di Conservazione e Restauro [email protected] Franco Fazzio. IsCR Roma - [email protected] Gaetano La Bella. 3D Target srl - [email protected] Elvio Moretti. Università degli Studi di Urbino, DiSPeA, Scuola di Conservazione e Restauro [email protected] Antonella Purpura. Galleria d’Arte Moderna di Palermo – [email protected] Parole chiave: Termografia, Spatial Analyst, Contour, Dipinti su tela ABSTRACT Molti hanno la percezione che scienza e arte siano mondi in antitesi, separati e distinti, anche se in realtà sono complementari e questo rapporto è reso evidente dall’uso della tecnologia. Le varie APP tramite Smartphone consentono una lettura dell’opera d’arte che può travalicare l’osservazione e ci consente di avere anche una lettura scientifica dei materiali, delle tecniche e dei fenomeni legati al degrado. Il precario stato di conservazione spinge la tecnologia ad esplorare applicazioni inconsuete, o comunque “border line”, e in questo ambito la Scuola di Conservazione e Restauro dell’Università di Urbino utilizza ArcMap ed ArcScene non solo per lo studio dei siti archeologici, cosa ormai consueta, ma anche per l’analisi delle facciate nel restauro architettonico e per lo studio morfometrico di dipinti su tavola, tele, affreschi e mosaici: alcuni risultati sono stati presentati in precedenti edizioni della Conferenza EsriI. Continuando sulla strada delle applicazioni GIS non consuete e in collaborazione con la Galleria D’Arte Moderna di Palermo presentiamo i primi risultati di una indagine termografica su un dipinto di M. Campigli, “Le nozze” (Olio su tela, 1934) cercando di localizzare possibili disomogeneità termiche della superficie pittorica quali indicatori di possibili difetti e/o danneggiamenti destinati nel tempo a trasformarsi in usure irrimediabili. La termografia infrarossa, impiegata nell’ambito dei beni culturali, è una tecnica capace di localizzare discontinuità superficiali e sub-superficiali, disomogeneità strutturali e la presenza di difetti o anomalie eventualmente presenti, generalmente su una superficie muraria e qui applicate su un dipinto, visibili come diversa risposta termica spettrale. Le elaborazioni tendenti a visualizzare le zone di distacco della pellicola pittorica dal supporto utilizzano lo Spatial Analyst e in particolare il Contour. La ricerca è ancora in corso e si prevede di integrarla successivamente associando anche metodi di rilievo 3D su altre opere presenti in Galleria. 1. Introduzione Con il termine “analisi spaziale” o “statistica spaziale” si definisce l’insieme di metodi e tecnologie che permettono di estrarre informazioni dai dati di norma geografici ma più in generale dalla loro distribuzione spaziale indipendentemente da un posizionamento rispetto ad un sistema geodetico. Tramite alcune e ben definite elaborazioni il dato diventa informazione nel momento in cui un utilizzatore si prefigge un determinato scopo. L’efficacia del risultato dipende naturalmente dalla qualità dei dati di input ma anche dalle procedure di elaborazione e dall’efficacia della loro visualizzazione sulla mappa. Quindi la prima cosa da tener presente sono le query che vengono utilizzate per estrarre dal database le informazioni, altrettanta importanza assumono l’overlay (analisi multistrato) e il buffer. Quasi sempre indispensabile risulta l’interpolazione spaziale che consente di elaborare una superficie statistica che rappresenti la variazione di una certa grandezza indipendentemente dai punti di campionamento. L’analisi spaziale comprende una molteplice varietà di tecniche, molte ancora nella loro fase di sviluppo iniziale. Viene comunque utilizzata, naturalmente con diversi approcci analitici e applicazioni, in una grande varietà di campi diversi che vanno dall'astronomia all’ingegneria, dall’agricoltura all’ecologia, dal la gestione delle reti a quella dell’inquinamento, dalle dinamiche socio-demografiche a quelle economiche e così via in molti altri settori. Nel caso specifico si intende applicare questa metodologia per lo studio di problematiche legate alla conservazione e al degrado di dipinti su tela, utilizzando come dati di input quelli derivanti da alcuni rilievi tramite metodo termografico di tipo attivo effettuati sul dipinto di M.

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GIS e opere d’arte: applicazioni inusuali

Laura Baratin. Università degli Studi di Urbino, DiSPeA, Scuola di Conservazione e Restauro – [email protected] Sara Bertozzi. Università degli Studi di Urbino, DiSPeA, Scuola di Conservazione e Restauro – [email protected] Franco Fazzio. IsCR Roma - [email protected] Gaetano La Bella. 3D Target srl - [email protected] Elvio Moretti. Università degli Studi di Urbino, DiSPeA, Scuola di Conservazione e Restauro – [email protected] Antonella Purpura. Galleria d’Arte Moderna di Palermo – [email protected] Parole chiave: Termografia, Spatial Analyst, Contour, Dipinti su tela ABSTRACT Molti hanno la percezione che scienza e arte siano mondi in antitesi, separati e distinti, anche se in realtà sono complementari e questo rapporto è reso evidente dall’uso della tecnologia. Le varie APP tramite Smartphone consentono una lettura dell’opera d’arte che può travalicare l’osservazione e ci consente di avere anche una lettura scientifica dei materiali, delle tecniche e dei fenomeni legati al degrado. Il precario stato di conservazione spinge la tecnologia ad esplorare applicazioni inconsuete, o comunque “border line”, e in questo ambito la Scuola di Conservazione e Restauro dell’Università di Urbino utilizza ArcMap ed ArcScene non solo per lo studio dei siti archeologici, cosa ormai consueta, ma anche per l’analisi delle facciate nel restauro architettonico e per lo studio morfometrico di dipinti su tavola, tele, affreschi e mosaici: alcuni risultati sono stati presentati in precedenti edizioni della Conferenza EsriI. Continuando sulla strada delle applicazioni GIS non consuete e in collaborazione con la Galleria D’Arte Moderna di Palermo presentiamo i primi risultati di una indagine termografica su un dipinto di M. Campigli, “Le nozze” (Olio su tela, 1934) cercando di localizzare possibili disomogeneità termiche della superficie pittorica quali indicatori di possibili difetti e/o danneggiamenti destinati nel tempo a trasformarsi in usure irrimediabili. La termografia infrarossa, impiegata nell’ambito dei beni culturali, è una tecnica capace di localizzare discontinuità superficiali e sub-superficiali, disomogeneità strutturali e la presenza di difetti o anomalie eventualmente presenti, generalmente su una superficie muraria e qui applicate su un dipinto, visibili come diversa risposta termica spettrale. Le elaborazioni tendenti a visualizzare le zone di distacco della pellicola pittorica dal supporto utilizzano lo Spatial Analyst e in particolare il Contour. La ricerca è ancora in corso e si prevede di integrarla successivamente associando anche metodi di rilievo 3D su altre opere presenti in Galleria. 1. Introduzione

Con il termine “analisi spaziale” o “statistica spaziale” si definisce l’insieme di metodi e tecnologie che permettono di estrarre informazioni dai dati di norma geografici ma più in generale dalla loro distribuzione spaziale indipendentemente da un posizionamento rispetto ad un sistema geodetico. Tramite alcune e ben definite elaborazioni il dato diventa informazione nel momento in cui un utilizzatore si prefigge un determinato scopo. L’efficacia del risultato dipende naturalmente dalla qualità dei dati di input ma anche dalle procedure di elaborazione e dall’efficacia della loro visualizzazione sulla mappa. Quindi la prima cosa da tener presente sono le query che vengono utilizzate per estrarre dal database le informazioni, altrettanta importanza assumono l’overlay (analisi multistrato) e il buffer. Quasi sempre indispensabile risulta l’interpolazione spaziale che consente di elaborare una superficie statistica che rappresenti la variazione di una certa grandezza indipendentemente dai punti di campionamento. L’analisi spaziale comprende una molteplice varietà di tecniche, molte ancora nella loro fase di sviluppo iniziale. Viene comunque utilizzata, naturalmente con diversi approcci analitici e applicazioni, in una grande varietà di campi diversi che vanno dall'astronomia all’ingegneria, dall’agricoltura all’ecologia, dal la gestione delle reti a quella dell’inquinamento, dalle dinamiche socio-demografiche a quelle economiche e così via in molti altri settori. Nel caso specifico si intende applicare questa metodologia per lo studio di problematiche legate alla conservazione e al degrado di dipinti su tela, utilizzando come dati di input quelli derivanti da alcuni rilievi tramite metodo termografico di tipo attivo effettuati sul dipinto di M.

Campigli, “Le nozze” (Olio su tela, 1934) attualmente presso la Galleria d’Arte Moderna di Palermo (Figura 1). Il metodo si basa nel rilevare l’emissività, cioè la quantità di energia termica irradiata dall’oggetto dietro sollecitazione termica, modificando quindi le condizioni stazionare dell’oggetto indagato. L’energia emessa dal corpo sotto forma di radiazione elettromagnetica, nella parte di frequenza della banda dell’infrarosso, viene captata dalla termocamera, e trasformata, mediante apposita elaborazione, in immagine termica i cui diversi livelli cromatici sono correlati ai livelli di temperatura della superfice indagata. La termografia attiva, usata in questa indagine, applica, in fase di analisi, una debole alterazione termica al soggetto indotta tramite sorgenti di calore al fine di verificarne le caratteristiche specifiche e comportamenti termici in funzione del tempo. Questa consente di distinguere le differenze di proprietà termofisiche dei materiali grazie alle loro diverse modalità naturali di riscaldamento-raffreddamento.

Figura 1 Massimo Campigli, “Le nozze” (Olio su tela, 1934) GAM - Galleria d’Arte Moderna Palermo. La ricerca è ancora in una fase iniziale e questi che vengono presentati sono i primi dati in assoluto che riguardano le indagini sullo stato di conservazione di un dipinto tramite termografia attiva ed applicazioni GIS, il problema è certamente complesso e non ancora né chiaramente definito né adeguatamente risolto, ma questa prima nota vuole aprire una discussione che parte dalla metodologia da applicare durante il rilievo per arrivare poi a definire le migliori pratiche per la elaborazione dei dati tramite ArcGIS. 2. L’esigenza

Il restauro di un'opera d'arte si deve basare su di una raccolta dati più ampia possibile che va dalle fonti storiche alle analisi a carattere tecnico-scientifico, entrambe finalizzate alla conoscenza approfondita dell'oggetto, in modo da impostare nella maniera più corretta possibile l’intervento. L'esame scientifico non può e non deve essere fine a sé stesso, ma deve costituire la base per una collaborazione interdisciplinare che, attraverso una valutazione globale, potrà suggerire le più corrette conclusioni (Faldi e Polini,1987). L’elemento con cui ci si confronta, sempre in fase di analisi, è la sua superficie pittorica, sede dell’intervento e fonte di importanti informazioni. Sulla superficie è possibile mettere in evidenza

tutto ciò che non è visibile ad occhio nudo (composizione dei materiali, tecnologie di preparazione, tecniche esecutive, ripensamenti, etc.). Nel campo del restauro vengono già impiegate una serie di tecniche diagnostiche volte a uno studio analitico-scientifico dell’opera, associate a tecnologie sempre più all’avanguardia per il rilevamento e la modellazione. In particolare già da qualche anno il nostro gruppo di ricerca si è impegnato ad utilizzare il GIS per questo tipo di applicazioni cercando di sfruttare la sua flessibilità e adattabilità a diversi scenari e alle svariate potenzialità di analisi ed elaborazione dati. Anche se l’applicazione di questo strumento per lo studio di tele e dipinti su tavola può apparire decisamente insolito, da alcune applicazioni pratiche si rivela uno strumento con grandi potenzialità e un potente ausilio in fase di valutazione e identificazione degli elementi caratterizzanti la superficie di un’opera. Con questi studi intendiamo quindi affiancare ad indagini diagnostiche fisiche e chimiche, rilievi informatici automatici degli elementi visibili, che di norma vengono effettuati dal restauratore non solo per ridurre al minimo il grado di soggettività ma anche per lasciare una documentazione esauriente sulle decisioni adottate. La piattaforma ArcGIS di ESRI offre una gamma di estensioni e tools per l’analisi delle superfici di grande interesse. In particolare le estensioni Spatial Analyst, 3d Analyst e Patch Analyst sono strumenti nati per l’analisi del territorio e del paesaggio che viene effettuata tramite elaborazioni spaziali di tipo qualitativo e quantitativo, ma che possono essere utilizzati anche per lo studio della superficie di un dipinto, attuando un semplice cambiamento di scala che consenta comunque di sfruttare le potenzialità dello strumento (Baratin et al. 2014a). Inoltre ArcGIS 3D Analyst fornisce anche strumenti per la visualizzazione avanzata, l’analisi e la generazione di superfici 3D. L’applicazione di questo strumento a dei dipinti su tavola parte sempre dal concetto di analisi della superficie come se si trattasse di un ipotetico territorio, creando quindi modelli di elevazione che facciano emergere facilmente possibili problemi di deformazione dei supporti, anche grazie a restituzioni simboliche in grado di valutare le distribuzioni dei valori nelle diverse elaborazioni. Patch Analyst, estensione sviluppata da Geomatics Services Group, si basa invece sull’individuazione e analisi delle patch che compongono un paesaggio con relativa modellizzazione degli attributi ad esse associati. Vengono valutati quantitativamente i pattern spaziali caratterizzando le patch tramite una serie di indici che consentono un’analisi metrica del paesaggio, definita Landscape Metrics. Anche in questo caso, con un adeguato cambiamento di scala, gli elementi della superficie pittorica possono essere paragonati, come indicato da Henriques e. Gonçalves (2010), a classi di uso del suolo per ottenere una descrizione quantitativa di pattern spaziali. La superficie pittorica viene vista come un territorio frammentato e associando ad una specifica patch un suo valore legato al colore oppure a possibili patologie, si può procedere ad analisi areali e di complessità delle forme sia per quanto riguarda la restituzione iconografica di un’opera, valutando anche possibili modificazioni di approccio pittorico di uno stesso artista in quadri differenti, sia riguardo a lacune o elementi di degrado della superficie e del supporto pittorico. I risultati che si ottengono tramite le applicazioni GIS allo studio delle superfici pittoriche, oltre a costituire un sicuro aiuto per le fasi di restauro, realizzano anche un prezioso database a livello di documentazione, diventano uno strumento efficace per l’analisi diacronica nel caso di un monitoraggio nel tempo e vanno a definire una vera e propria buona pratica per la conservazione programmata. Per quanto riguarda specifiche applicazioni di queste metodologie si rimanda a Baratin et al. (2016) e Bertozzi et al. (2015). Sulla base di questi studi si è pensato che poteva costituire un ulteriore passo in avanti per questo tipo di ricerche estendere i rilievi utilizzando anche la termografia, si tratta naturalmente di un primo tentativo effettuato grazie alla collaborazione della Galleria d’Arte Moderna di Palermo che ha consentito di esaminare, per puro interesse scientifico, il dipinto “Le Nozze” di Massimo Campigli, un olio su tela del 1934. Da una prima analisi effettuata all’opera, visto la capacità di monitorare ampie zone di superfice, si è restituita una mappa termica completa dell’oggetto indagato. Di seguito si è posta l’attenzione a due piccole aree significative sospette di possibili difetti viste le differenze termiche che presentavano. Rilevando, inizialmente il microclima dell’ambiente che ospita l’opera, si è proceduto a sollecitare termicamente artificialmente le micro aree, mediante un riscaldamento superficiale posizionando una sorgente termica frontale all’oggetto a distanza fissa e le fonti di riscaldamento, in questo caso due lampade alogene di 400W ciascuna, poste a 45° rispetto la normale alla superficie al fine di ottenere un uniformità di radiazione sull’oggetto. Il dipinto è stato continuamente riscaldato per due minuti circa sino a creare un sufficiente gradiente termico di 8-10°C. Monitorando l’energia emessa sia in fase di riscaldamento che in fase di raffreddamento, per le diverse inerzie termiche dei punti indagati, si sono restituite mappe termiche rappresentanti comportamenti termici anomali e differenti riferiti alla materia pittorica.

3. La soluzione

Alla base di tutte le elaborazioni “GIS Based” vi sono i dati che si ottengono dal rilievo, si parte quindi da una definizione di ordine generale dove viene introdotto il concetto di relazione tra rappresentazione e contenuto. Rilievo “come disciplina che si avvale di tutte le scienze e di tutte le tecniche che possono contribuire alla lettura, alla misurazione, alle analisi degli oggetti nei suoi aspetti morfologici, materici, strutturali, palesi e nascoste.” Tutte le tecniche utilizzate hanno l’obiettivo di pervenire ad una rappresentazione corretta oltre che metricamente esatta del bene considerato sottolineando il problema della qualità e della verificabilità del rilievo sia sotto l’aspetto della lettura e della interpretazione dell’oggetto, sia sotto l’aspetto della misurazione, sia infine sotto quello della rappresentazione. (Baratin et al., 2014). La prima fase nello sviluppo del progetto GIS prevede l’acquisizione dell’immagine complessiva del dipinto, rettificata e di tutti i dettagli ad alta risoluzione creando un progetto in ArcMap non basato su di un sistema di riferimento geodetico ma a cui vengono attribuite coordinate metriche nelle proprietà generali dei layers, utilizzando semplicemente il piano di coordinate cartesiane XY per posizionare l’immagine. I raster e le elaborazioni grafiche che verranno quindi utilizzate, dovranno essere adeguatamente scalate per ottenere le misure corrette e consentire successive analisi areali. Non essendoci georeferenziazione si è stabilito di portare i layer a livello dell’asse X, identificata da un apposito shape di linee creato come base, in modo da poter avere i diversi rilievi (fronte e retro), su uno stesso sistema di riferimento per un confronto. Se sono previste rappresentazioni del retro della tela oppure della tavola questi dovranno essere trasformati “a specchio”, ruotando la restituzione grafica di 180° lungo un’asse verticale finché arrivi a corrispondere al fronte per consentire l’Overlay e identificare possibili correlazioni tra gli elementi presenti sul retro del dipinto ed elementi di degrado riscontrati sul fronte. L’ortofoto viene georeferenziata tramite il Georeferencing e nel caso ci siano già elaborazioni grafiche del dipinto create in ambiente CAD adeguatamente scalate, ci sarà una coincidenza oppure semplicemente una traslazione sull’asse X.

Figura 2 Ortofoto del dipinto di Massimo Campigli, “Le nozze” con il posizionamento tramite l’utilizzo del Georeferencing dei due rilievi tramite termocamera. Denominati Rilievo IR000377 quello di sinistra e Rilievo T00048IR quello di destra.

Il posizionamento spaziale è un elemento base fondamentale e per quanto concerne il dipinto di Massimo Campigli, dopo il rilievo è stato impostato un progetto tramite ArcMap con unità di misura in mm e con il successivo inserimento dell’ortofoto come appare in Figura 2. L’ortofoto viene posizionata, ridimensionata per definirne le dimensioni corrette e utilizzata come base per la georeferenziazione delle termografie acquisite in formato TIFF (Tagged Image File Format), che deve essere il più accurata possibile, diventando poi la base di tutte le successive elaborazioni. A questo livello di sviluppo del progetto è possibile convertire l’immagine T00048IR.tif, quindi in formato raster, della termografia in formato vettoriale attraverso lo strumento Contour della Toolbox che permette appunto di creare delle isolinee dei contorni da una superficie raster. Un esempio è riportato nella Figura 3, relative alla termografia T00048IR, posizionata sulla destra nella Figura 2. Nella stessa Figura 3 si può osservare che le interrogazioni possibili, visti i dati presenti nella tabella degli attributi riguardano solo la distribuzione delle terne RGB, in particolare nell’immagine è stata selezionate ed è visibile in azzurro il valore CONTOUR = 160. Questa metodologia ci consente di visualizzare tutti i valori delle terne RGB ma non ci permette di risalire ai loro reali valori di temperatura, quindi si ottiene in questo modo solo un risultato parziale e non particolarmente soddisfacente, dal momento che il nostro intento è quello di poter gestire ed elaborare tramite GIS i valori di temperatura realmente acquisiti tramite il rilievo. Pertanto bisogna procede con un altro metodo.

Figura 3. Immagine del rilievo tramite termocamera dell’immagine tif T00048IR acquisito nel progetto GIS dopo l’elaborazione del raster tramite lo strumento Contour disponibile nella 3D Analyst della toolbox. Trattandosi di dati vettoriali sono possibili interrogazioni ma nella tabella degli attributi si dispone soltanto dei dati relativi alle 256 terne RGB è non è possibile risalire ai reali valori di temperatura. Passare a gestire tramite GIS i reali valori del dato termometrico rilevato non è un processo automatico ma è necessario lavorare sul dato reale convertendo l’immagine radiometrica T00048IR.eir, formato raster radiometrico, in formato ASCII tabellare (file T00048IR_matrice.txt) capace di essere gestito in ambiente GIS. In questo studio che rappresenta all’attuale stadio di sviluppo un vero e proprio progetto pilota è stata analizzata in particolare l’immagine T00048IR perché era quella che presentava, ad una analisi preliminare, i dati più interessanti. Dopo una prima fase di esportazione del dato da software termografico NRG PRO ver. 1.994 si è proceduto alla conversione e alla trasposizione dei dati in ambiente Microsoft Excel (file T00048IR_matrice.csv). Questo dato importato in ambiente GIS è stato definito come file radiometrico puntuale dove ogni punto ha rappresentato il reale valore di temperatura realmente restituito tramite elaborazione termometrica dei parametri di emissività e del fattore di forma

della superficie rilevata. In Figura 4 si può osservare come ogni punto dello shapefile corrisponda al centro del pixel della griglia raster, mentre nella tabella degli attributi appare ora l’informazione relativa al suo valore di temperatura registrata durante il rilievo. Questo era il nostro primo obiettivo che con una procedura abbastanza semplice è stato raggiunto. I record presenti nella tabella degli attributi sono 76.800, corrispondenti ad una immagine raster di 320x240 pixel, la sovrapposizione tra il raster e la distribuzione dei punti è visibile nella Figura 5.

Figura 4. Layer puntuale rappresentanti i valori termici opportunamente sovrapposti ai pixel RGB dell'immagine T00048IR.TIFF

Figura 5. Vista generale del dato con sovrapposizione layer puntuale del dato termometrico con l'immagine RGB del file T00048IR.TIFF

Nella Figura 6 si nota come l’interpolazione del dato termico reale restituisce il termogramma con ogni sfumatura di colore, e quindi di temperatura reale, con precisione maggiore rispetto al dato statico jpeg con le sole informazioni sul colore e non sul dato termico, obiettivo principale del nostro studio.

Figura 6. Confronto tra il raster RGB del dato termico T00048IR (a sinistra) e il raster interpolato dei dati termometrici reali sulla destra. Una ulteriore fase di studio sulla superficie del dipinto ha visto l’utilizzo di strumenti di elaborazione tridimensionale, utilizzando i dati di temperatura come fossero Elevation da valutare su una superficie terrestre, in particolare creando un TIN e applicando interpolazioni. Le reti irregolari triangolari TIN sono un mezzo digitale per rappresentare la morfologia di una superficie, ottenute dalla triangolazione di Delaunay, che assicura che nessun vertice si trovi all'interno del cerchio circoscritto dei triangoli della rete. Se il criterio di Delaunay è soddisfatto ovunque sul TIN, l'angolo minimo interno di tutti i triangoli è massimizzato e si tende ad evitare triangoli lunghi e sottili per quanto possibile. Il TIN che si ottiene dai punti del file T00048IR_Temp°C è rappresentato da una fitta rete di triangoli i cui vertici sono costituiti dai 76.800 punti, ognuno dei quali presenta come dato altimetrico il valore di temperatura registrato durante il rilievo. Il risultato è riportato in Figura 7 dove sulla sinistra il TIN è visualizzato tramite il contour, mentre a destra è stata scelta una visualizzazione tramite 32 classi con il metodo dell’Equal Interval. Naturalmente sta all’operatore utilizzare la visualizzazione più opportuna o più efficace tra quelle disponibili nel “Classifying numerical fields for graduated symbology” non escludendo la possibilità di intervenire anche attraverso l’impostazione “Manual” che permette di definire le interruzioni di ogni classe. La fase di interpolazione dei punti consente di elaborare una superficie statistica continua partendo da una serie di punti noti. ArcGIS applica questa operazione attraverso una serie di tools (IDW, Spline, Natural Neighbor ecc.) che consentono di effettuare analisi relative alla distribuzione delle temperature registrate. Un esempio è riportato in Figura 8 in cui viene mostrata una interpolazione spaziale ottenuta utilizzando la tecnica Spline e una visualizzazione a 32 classi con il metodo del Natural Breaks (Jenks). Come si può notare, pur non presentando grandi variazioni rispetto al TIN, si possono apprezzare piccole differenze che andrebbero indagate più nel dettaglio. Sono state effettuate anche altre interpolazioni ottenendo sempre una conferma della validità del metodo. Volendo tentare un’interpretazione dei dati, si può affermare che dall’esame del rilievo T00048IR si nota una significativa corrispondenza con l’immagine pittorica. Sono ben riconoscibili i capelli della ragazza e questo poteva essere un risultato abbastanza atteso e poco significativo, vi è però un’area sub-circolare

nella zona centrale del rilievo, messa bene in evidenza anche dall’andamento delle linee del Contour, che potrebbe rappresentare un notevole problema relativo alla pellicola pittorica, evidenza che andrebbe ulteriormente indagata con molta attenzione dai restauratori.

Figura 7 Confronto tra la visualizzazione del TIN_T00048IR tramite il “Contour” sulla sinistra e quella tramite “Elevation” con impostate 32 classi e utilizzando il metodo dell’equal interval.

Figura 8 Visualizzazione del risultato ottenuto utilizzando lo “Spline” per l’interpolazione e visualizzando il dato con impostate 32 classi e il metodo del “Natural Breaks (Jenks)”.

Figura 9 Visualizzazione del TIN tramite il Contour con in trasparenza l’immagine del dipinto relativa al rilievo T00048IR si può notare come vengano evidenziati con estrema precisione alcune anomalie riscontrate in una piuttosto vasta area subcircolare nella parte sinistra e al centro

4. Il cambiamento Questo lavoro ha l’obbiettivo principale di creare una effettiva interoperabilità tra i dati rilevati tramite termografie su dipinti e la loro gestione attraverso uno strumento molto articolato come il GIS che tramite i suoi tools è in grado di fornirci molte diverse soluzioni a livello di elaborazione e molteplici visualizzazioni dei dati elaborati. In conclusione visti i risultati ottenuti con questo lavoro che rappresenta soltanto un primo passo nell’utilizzo della termografia per l’analisi di dipinti su tela possiamo dire che l’indagine termografica ad infrarossi, considerati anche i tempi di rilievo estremamente rapidi, potrebbe rappresentare un valido supporto alla realizzazione di un quadro di conoscenze preliminari per ogni tipologia di intervento di restauro. Inoltre lo sforzo di rendere interoperabili i dati ottenuti tramite il rilievo termografico con l’elaborazione in ambiente GIS, ci consente di analizzare, interpretare e restituire mappe termiche reali tramite una grande varietà di visualizzazioni. Altro vantaggio, è stato quello di ottenere in questo modo un dato multistrato e multi-rappresentazione spettrale del dipinto che produce una diagnosi completa confermando l’individuazione di possibili anomalie.

Riferimenti

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