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La battaglia di Quistello LI XIIII SETTEMBRE MDCCXXXIIII GLI ALEMANI SORPRESERO LI GALISARDI AL FIUME SECCHIA . A QUISTELLO, CON MOLTA PRIGIONIA, E MORTI DE’ SECONDI CON PERDITA DEL LORO CAMPO, E BAGAGLIO : E ALL XV S. BENEDETTO.

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La battaglia di Quistello

LI XIIII SETTEMBRE MDCCXXXIIII GLI ALEMANI SORPRESERO LI GALISARDI AL FIUME

SECCHIA . A QUISTELLO, CON MOLTA PRIGIONIA, E MORTI DE’ SECONDI CON PERDITA DEL LORO CAMPO, E

BAGAGLIO : E ALL XV S. BENEDETTO.

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Quadro tel tempo, dipinto da P. Mazzocoli, conservato nella Galleria Comunale di Guastalla

Un grande esercito di Gallo-Sardi al comando di Carlo Emanuele III figlio del re Amedeo II, forte di 58.000 uomini schierato in sinistra di Secchia da Bondanello fin giù a Schiappa, fronteggiava un nemico altrettanto numeroso di Austriaci con a capo il conre di Konigseck, in destra Secchia. La posizione dei due eserciti era dunque cosi: la sinistra di Secchia tenuta dal re Carlo Emanuele con due luogotenenti. Il duca di Broglie nel quartiere generale della Gaidellina e il maresciallo Coigny a Zottole, di fronte a Quistello, la destra di Secchia, dal conte Koenigseck, avente il quartiere generale a Quingentole. L’urto avvenne la notte del 14 settembre 1734. Sorpresi nel sonno il duca di Broglie alla Gaidellina, e Coigny a Zottole, subirono perdite considerevoli: 3.500 prigionieri, 500 morti, gran numero di feriti.

Comm. UGO RUBERTI

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La battaglia di Quistello

15 settembre 1734 episodio della Campagna d’ Italia durante la Guerra di Successione di Polonia (1733-38). Un contingente franco-piemontese, al comando del maresciallo Broglie, è attaccato di sorpresa e sbaragliato da truppe austriache, entrate in Italia al comando di Koenigseck.

Dizionario delle battaglie Arnoldo Mondadori Editore Storia Illustrata 1966/68

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LE GUERRE DI SUPREMAZIA

Durante la prima metà del settecento furono combattute quasi ininterrottamente guerre di predominio che mutarono profondamente gli equilibri politici determinatisi nel secolo precedente fra gli Stati europei.

Già la rivoluzione d'Inghilterra, borghese e puritana, aveva rotto il quadro omogeneo dell'Europa assolutista, tipico del Seicento: la monarchia in questo paese era diventata costituzionale e la borghesia era riuscita anzitempo ad affermare la propria egemonia sul piano economico. Il risultato di questo processo storico era stato lo sviluppo della nazione inglese e l'inizio della formazione del suo impero coloniale.

Inghilterra e Francia dominarono la scena politica della prima metà del secolo XVIII, la prima migliorando la struttura costituzionale del suo stato, la seconda rimarcando il carattere assolutistico del regime che ormai contrastava con le trasformazioni sociali avvenute in Francia e con la cultura illuministica che si stava diffondendo ormai nel paese.

Le guerre di supremazia si aprirono con quella per la successione spagnola che vide trionfare la politica inglese dell'equilibrio tra gli Stati. Successivamente, nel corso delle guerre per la successione polacca e per la successione austriaca e durante la guerra dei Sette Anni ( che concluse questa fase di conflitti europei ), si ebbe uno spostamento delle tradizionali alleanze. Alla rivalità franco - austriaca si venne a sostituire un'alleanza fra Borboni e Asburgo: negli stessi anni si stabiliva, come vedremo, il patto di famiglia fra i Borboni di Spagna, Francia, Napoli e Parma. Questi due blocchi di nazioni alleate erano pronti a fronteggiare l'egemonia marittima e commerciale dell'Inghilterra e la nascente potenza militare della Prussia.

La guerra di successione spagnola aveva assicurato all'Inghilterra il dominio sui mari ed all'impero austriaco quello sul continente.

Le due successive guerre europee furono condotte ancor più all'insegna del principio dell'equilibrio e della diplomazia.

La prima di queste si svolse intorno alla corona della Polonia. Questo paese era stato in passato la maggiore potenza dell'Europa orientale, ma le sue istituzioni politiche e sociali erano ormai invecchiate di fronte agli sviluppi dello stato assoluto nei paesi confinanti. Non solo la monarchia polacca era elettiva, cosa che creava spesso crisi più o meno gravi di successione, la dieta (assemblea) della nobiltà era in grado di opporsi a qualunque sforzo in direzione di un rafforzamento delle strutture statali. Nel 1733 le manovre della dieta per l'elezione regia furono fortemente influenzate dalle strategie politiche delle grandi potenze; ne risultò una guerra tra Francia ed Austria, combattuta non in Polonia ma sul Reno ed in Italia, mentre la Polonia stessa veniva invasa dalla Russia. La guerra, conclusa con un compromesso nel 1738, dimostrò che la Polonia era ormai diventata solo un oggetto della politica europea. In conseguenza della guerra disuccessione polacca l'Austria perse i suoi domini nell'Italia meridionale (costituita in regno indipendente sotto la dinastia dei Borboni di Napoli). Nel corso del mezzo secolo successivo la situazione della Polonia non fece che aggravarsi e attraverso tre momenti decisivi d'intervento straniero (1772, 1792 e 1795) i polacchi persero la loro indipendenza politica e il loro paese fu spartito fra Russia, Austria e Prussia. La Francia e l'Inghilterra non poterono in alcun modo intervenire, perché la Francia era travagliata da una profonda crisi statale che sfociò nella “ grande rivoluzione “, e l'Inghilterra era totalmente assorbita nella lotta contro i coloni americani, insorti contro il suo dominio.

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Si era da poco conclusa la guerra di successione polacca quando la morte dell'imperatore Carlo VI (1740) provocò la ripresa delle ostilità .

Prima di morire l'imperatore, che non aveva eredi maschi, aveva emanato la Prammatica Sanzione, secondo la quale era consentita la successione al trono all'erede di sesso femminile, la figlia Maria Teresa. Questa però non venne riconosciuta da Federico II di Prussia, che, spalleggiato dalla Francia, occupò subito la Slesia, dando così inizio alla guerra di successione austriaca (1740 - 1748). L'Inghilterra interessata alla conservazione dell'equilibrio europeo e rivale della Francia in campo coloniale, si schierò dalla parte di Maria Teresa, che poté così

resistere all'attacco e conservò la corona; ella dovette però cedere a Federico II la ricca e importante regione della Slesia.

Pochi anni dopo, dal desiderio di rivincita dell'Austria e dai contrasti coloniali anglo-francesi trasse origine la Guerra dei Sette Anni (1756 -1763), nella quale peraltro rovesciate le alleanze, l'Inghilterra si schierò con la Prussia, e la Francia con gli Asburgo. La Prussia, resistendo validamente alla soverchiante coalizione dei nemici, riuscì a conservare la Slesia e consolidò il proprio prestigio sia nel mondo germanico sia in campo internazionale; l'Inghilterra, strappando ai Francesi quasi tutti i possedimenti americani, si affermò come la massima potenza marittima e coloniale del mondo.

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Guerra per la Successione di Polonia.

Morto nel 1733 Augusto II di Sassonia, re della Polonia, l’Austria e la Russia sostennero l’elezione a nuovo Re di Polonia di Augusto III di Sassonia. Svezia e Francia sostenevano Stanislao Leszczynski, un nobile polacco, suocero di Luigi XV. Scoppiò la guerra, che ebbe ripercussioni in Italia, perché la Francia si assicurò l’allenza di Carlo Emanuele III di Sardegna, che condusse molto bene la campagna in Italia (vittorie di Parma e Guastalla 1734), occupazione Piemontese della Lombardia, occupazione del Napoletano da parte degli Spagnoli alleati dei Francesi. La guerra terminò con la Pace di Vienna (1738) con i seguenti risultati : la Casa d’Austria ebbe la Lombardia, Parma e Piacenza; Carlo di Borbone, duca di Parma e Piacenza ebbe Napoli e la Sicilia; Carlo Emanuele III ebbe Novara e Tortona, Stanislao Leszczynski ebbe in possesso vitalizio la Lorena; Francesco Stefano di Lorena ebbe il Granducato di Toscana, Augustio III di Sassonia fu eletto Re di Polonia.

I principali fatti d’arme in Italia della Guerra di Successione Polacca

Battaglia di BITONTO (Ba) 25 27 maggio 1734

- Forze in campo: 6.500 fanti e 1.900 cavalieri austro- russi contro 10.000 Spagnoli. - Vittoria degli Spagnoli. - Comandanti: degli Spagnoli il conte di Montemar, per gli imperiali il principe Pignatelli di Belmonte. Gli imperiali hanno circa 1.000 perdite tra morti e feriti e numerosi prigionieri ; 300 uomini soni le perdite degli Spagnoli. Cadono in seguito a questa sconfitta, uno dopo l’altro, tutti i castelli del regno e le guarnigioni tedesche passano al servizio di Carlo III di Borbone, re delle Due Sicilie.

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Battaglia di Parma 29 giugno 1734

- Forze in campo: truppe franco-piemontesi contro Imperiali austriaci. - Vittoria dei Francesi - Comandanti: dei Francesi i marescialli di Coigny e di Broglie; dei Piemontesi il re Carlo Emanuele III; degli Imperiali il principe di Wurttemberg. La battaglia si accende presso Parma in quanto il duca Carlo di Borbone (a cui appartiene la citta’) si batte contro gli Austriaci ( tutta la guerra non è che un pretesto per colpire il predominio imperiale in Europa). Nel combattimento la perizia strategica del Coigny e del Broglie (formatisi alla scuole dei grandi comandanti del tempo del Re Sole e appoggiati anche dalle truppe Piemontesi) conduce la causa degli alleati anti-imperiali alla vittoria. Battaglia di Guastalla (Re) 19 settembre 1934

- Forze in campo: Austriaci dell’esercito Imperiale contro Franco-piemontesi. - Vittoria degli alleati Franco-piemontesi - Comandanti: degli alleati il re di Sardegna Carlo Emanuele III di Savoia e degli Imperiali il maresciallo Koenigseck. Il Koenigseck attacca i Franco-piemontesi schierati dinanzi a Guastalla; la battaglia sembra volgersi a favore degli Imperiali, ma Carlo Emanuele III traendo forze dall’ala destra e dalle riserve con abile manovra li ricaccia. Il Koenigseck si ritira, avendo perduto 7.000 uomini, 4 bandiere e 5 cannoni. Gli alleati hanno 5.000 perdite. La vittoria dà fama di condottiero a Carlo Emanuele III. Dizionario delle battaglie Arnoldo Mondadori Editore Storia Illustrata 1966/68

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Le operazioni militari della guerra di successione polacca.

Tratto da

Alla morte di Augusto II , re di Polonia, nel 1733, la maggior parte della Dieta del popolo polacco si espresse per il ritorno al trono del Leszczynski, battendo il candidato sostenuto dalla Russia, Augusto III di Sassonia, nonostante le pressioni alla frontiera di un corpo di spedizione russo di circa 50.000 uomini. Alla notizia dell’elezione a re di Stanislao I, le truppe russe entrarono in Polonia “per riportare

ordine e legalità”. Augusto III chiese l’intervento anche dell’Austria, che sebbene inizialmente si fosse espressa a favore del ritorno al trono del Leszczynski , decise poi di inviare un contingente militare in Alta Slesia per “controllare il succedersi degli eventi”. Contemporaneamente truppe prussiane venivano inviate in rinforzo ai Sassoni per garantire l’elezione di Augusto III. Nonostante una eroica e disperata difesa

sulla Vistola, i Russi sconfissero l’esercito di Stanislao I ed entrarono in Varsavia, procedendo ad eleggere, il 5 ottobre 1733, Augusto III a re di Polonia. Leszczynski si rifugiò con i suoi fedeli, in attesa del promesso e sperato aiuto francese, nella fortezza di Danzica e si preparò a sostenere l’inevitabile assedio. Alla notizia della elezione di Augusto III , il re di Francia Luigi XV dichiarò guerra e scese in campo contro

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la Russia, Prussica ed Austria. L’Europa venne di nuovo scossa da un fremito di guerra e subito si accodarono alla Francia, in base ad accorsi neanche troppo segreti, il regno di Sardegna e la Spagna, entrambe desiderose di allargare i propri domini a scapito dell’Austria. I francesi allestirono due armate, una passò il Reno ed occupò la fortezza di Khel per poi dirigersi verso la Lorena, la seconda venne inviata in Italia a dar manforte all’alleato piemontese. Gli spagnoli contemporaneamente prepararono un grosso contingente di truppe da inviare in Italia per la conquista dei regni di Napoli e di Sicilia.

I primi scontri della guerra, furono sul fronte renano, ma alla metà del mese di ottobre anche il fronte italiano si mise in movimento. Gli ultimi mesi del 1733 videro una timida e prudente avanzata francese verso i territori imperiali oltre il Reno, ben contenuta dalla sagacia tattica e strategica di quel grande condottiero austriaco che fu il principe Eugenio di Savoia, ma soprattutto una veloce e travolgente offensiva piemontese in Lombardia. Carlo Emanuele III, che aveva assunto il comando di tutte la armate franco-ispano-sabaude in Italia (un complesso di circa 70.000 uomini), guidò le sue truppe contro il debole presidio austriaco della Lombardia comandato dal feldmaresciallo conte di Daun e, rapidamente, prese senza colpo ferire Vigevano il 29

ottobre e Pavia il 30, poi passò il Ticino e si diresse a Milano. Qui la guarnigione austriaca, agli ordini del marchese Visconti, si rinchiuse nel castello, mente la città si arrendeva il 3 novembre. Dopo aver disposto un corpo di 8.000 uomini per il blocco, il re di Sardegna portò il suo esercito contro la fortezza imperiale di Pizzighettone e la cinse d’assedio. Caduta la Gera d’Adda, Pizzighettone si arrese con l’onore della ermi l’8 dicembre. Frattanto, ai primi di novembre in Toscana era sbarcato il contingente spagnolo, agli ordini di don Carlo di Borbone. Questi, non appena le truppe occuparono i presidi imperiali toscani (zona di Orbetello, promontorio dell’Argentario), chise ed ottenne dallo stato pontificio il libero passo per il regno di Napoli. Il 5 dicembre anche Cremona si arrese ai franco-sardi ed il 15 Carlo Emanuele III diede il via allo scavo di trincee sotto gli spalti del castello di Milano. Dopo un’accanita resistenza, il 29 dicembre il marchese Visconti fece sventolare bandiera bianca ed il presidio si arrese.

Il 1734 su aprì con l’assedio di Novara che durò dal 3 al 7 gennaio e per il presidio imperiale si concluse con la solita resa con l’onore delle armi ed il passo fino a Mantova. Il 5 gennaio fu presa Serravalle ed il 29 iniziò l’assedio del castello di Tortona che capitolò il 5 febbraio. Frattanto ai primi di gennaio 30.000 russi iniziarono ad

assediare Danzica, chiudendo lentamente, ma inesorabilmente, tutte le vie di accesso alla città, compresa quella marittima. Poi su tutti i fronti di guerra i rigori invernali costrinsero i vari eserciti ad uno stallo in attesa dell’arrivo della primavera. Questa sosta giunse assai provvidenziale per la fortuna delle armi imperiali in Italia, dai primo di marzo infatti cominciarono a giungere dal Tirolo gli effettivi di una nuova armata di 50.000 uomini agli ordini del generale Mercy. Anche gli spagnoli avevano inviato ulteriori truppe in Toscana e si sentivano ormai pronti a marciare verso Napoli e la Sicilia. Le maggiori incertezze regnavano all’ interno del comando generale franco-sardo: l’anziano maresciallo de Villars era in continuo disaccordo col re di Sardegna sull’indirizzo strategico da adottare. Infatti l’ottuagenario comandante francese premeva per un’offensiva nel modenese, il re sabaudo invece non voleva allontanarsi troppo dall’appena conquistata Lombardia.

Alla metà di marzo don Carlo alla testa di 30.000 uomini attraversò i domini pontifici ed il 27 dello stesso mese passò il confine del regno di Napoli, che non aveva che 10.000 uomini da contrapporgli, sparpagliati però inutilmente in vari presidi. Il 12 aprile gli spagnoli entrarono a Napoli. Il 6 maggio anche l’ultimo castello della città si arrendeva e gli austriaci si ritirarono verso la fortificata Bitonto.

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Intanto alla fine di aprile, sul fronte renano una ben congegnata offensiva francese portò alla conquista della Lorena, ma la tattica temporeggiatrice del principe Eugenio non consentì ulteriori avanzate.

In Italia, vista l’inazione franco-sarda, il Mercy progettò un attacco nel parmense per andare poi ad attaccare le basi logistiche degli spagnoli ed alleviare così la pressione sul regno di Napoli. Il 2 maggio 45.000 austriaci passavano il Po e minacciavano sia il parmense che il modenese. Il de Villars scongiurò Carlo Emanuele di inseguire il nemico, ma il Savoia ritenne trattarsi solo di una finta e preferì migliorare le sue difese in Lombardia con la conquista della cittadina di Curtatone. Anche quando il Mercy entrò a Luzzara e Suzzara, minacciando il fianco dello schieramento alleato, il re sabaudo non si mosse. Il Maresciallo de Villars allora rassegno le sue dimissioni e passò il comando francese al generale Coigny. Il 25 maggio circa 5.000 imperiali tentarono un colpo di mano su Colorno, ma furono respinti dalla guarnigione. Il 26 ritentarono con più successo, ma due giorni più tardi 6.000 francesi ripresero nuovamente il controllo di Colorno.

Il 25 maggio si svolse a Bitonto la battaglia risolutiva per la conquista del regno di Napoli: 15.000 spagnolo comandati dal Montemar sconfissero 6.500 austriaci del generale Belmonte. Era l’atto finale, la presa

delle ultime roccaforti imperiali era solo una questione di settimane, se non di giorni (con l’eccezione di Capua che resistette fino al 24 novembre).

In giugno il Mercy condusse il suo esercito oltre il fiume Enza e minacciò Parma da sud-est, ma Carlo Emanuele III si era ormai deciso a portare il grosso delle sue forze oltre il Po e si schierò a nord della città. Convinto che il Mercy non avesse immediata intenzione di attaccarlo, il resabaudo tornò a Torino al capezzale della moglie Polissena, lasciando il comando al neopromosso (con il Broglie) maresciallo Coigny. Invece il 25 giugno Mercy fece muovere le sue truppe, circa 37.000 uomini, ed il 28 si attestò sul torrente Baganza. Coigny allora, deciso a dar battaglia, spiccò in ricognizione i reggimenti Champagne e Picardie con tutti i granatieri disponibili (36 compagnie di cui 7 sarde), al comando del generale Guerchois. L’incontro trai due schieramenti avvenne quasi per caso, dopo le 10 del 29 giugno, 2 Km a nord-ovest di Parma, all’altezza del convento della Crocetta. I franco-sardi fecero appena in tempo a chiedere i rinforzi ed a trincerarsi tra gli orti e i caseggiati della Crocetta che si scateno l’assalto delle fanterie imperiali. Falliti i primi attacchi frontali, anche grazie all’efficace fuoco di 5 cannoni leggeri francesi, il Mercy ordinò un assalto sull’ala destra dello schieramento alleato. Questo ebbe maggior successo, ma i rinforzi guidati

dal Coigny riuscirono a turare la falla appena in tempo, anche se la situazione rimaneva critica. Purtroppo per gli austriaci il Mercy fu allora ucciso da una cannonata ed il principe di Wurttemberg valutò male la situazione e diede l’ordine che si suonasse la ritirata. Questa poi, per l’imperizia di molti ufficiali superiori, si trasformò quasi in una rotta. Gli alleati però non ne seppero approfittare e già il 30 giugno, presa Guastalla ed un migliaio di prigionieri, fermarono le loro cavallerie dal proseguire l’inseguimento. La battaglia di Parma costò agli imperiali la perdita di 6.500 uomini, tra morti, feriti e prigionieri, nonché l’uccisione di una dozzina di generali, tra cui il comandante in capo Mercy. Gli alleati ebbero poco più di 4.000 perdite.

Nel mese di luglio, mentre gli imperiali attendevano l’arrivo del nuovo comandante, il conte Lotario Koenigsegg, gli alleati occupavano tutto il reggiano ed il modenese ed il comando ritornava a Carlo Emanuele III che sostituiva il maresciallo Coigny, ferito nella battaglia di Parma.

Frattanto il 7 luglio, dopo 135 giorni di assedio, cadeva la fortezza di Danzica. Pochi giorni prima, travestito da marinaio, Stanislao Leszczynski era riuscito ad attraversare le linee russe e dopo un viaggio pieno di insidie e pericoli era infine giunto in Francia sano e salvo.

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Il maresciallo Koenigsegg appena giunto in Italia fece del suo meglio per riorganizzare le sue truppe e tentare quindi di portare soccorso

all’esercito asburgico del sud Italia

Mentre glia alleati, ma soprattutto i francesi, stavano già pensando ai quartieri invernali, il Koenigsegg con i rinforzi appena giuntigli organizzò

un attacco di sorpresa alle posizioni franco-sarde sul fiume Secchia. Divise le sue forze in tre colonne di fanteria e tre di cavalleria e poco prima

dell’alba del 15 settembre piombò di sorpresa sui campi francesi nel tratto di fiume tra Quistello e Bondanello (Gaidella-Gaidellina). Data la pessima

sorveglianza, la sorpresa fu totale e persino il maresciallo Broglie fu costretto a scappare in camicia da notte. Solo l’intervento della cavalleria e della

fanteria sarda (in particolare i dragoni del Genevese e i fanti delle Guardie) riuscì in qualche modo a rallentare l’azione nemica attorno a Quistello, ma

alla sera del 16 settembre gli alleati avevano perso, oltre a tutto il bottino di guerra, ben 7.500 uomini, perlopiù prigionieri. Il sacrificio di diversi

battaglioni e squadroni alleati però aveva permesso alla gran parte dell’esercito di ritirarsi abbastanza ordinatamente seguendo l’argine maestro del Po

lungo la direttrice Motteggiana-Guastalla. Da parte loro gli imperiali lamentarono poco meno di 1.000 perdite tra morti e feriti. Anche se qualcosa in

più poteva essere fatto nell’inseguimento del nemico in fuga (tagliando verso Pegognaga, anziché tallonare gli alleati, si poteva giungere a Guastalla in

metà tempo ed imbottigliare l’esercito avversario, con il rischio però di ritrovarsi in zone palustri e non facilmente percorribili), il nuovo comandante del

fronte italiano non poteva esordire meglio.

Il 19 settembre ci fu la battaglia di Guastalla.

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Articolo apparso su la vaca ad Main numero unico dell’agosto 1969

LA GUERRA FRA GLI AUSTRIACI E I GALLO-SARDI.

LA BATTAGLIA DI QUISTELLO Alla fine del 1600 il duca Ferdinando Carlo di Nivers venne dalla Francia ed, essendosi spenti i Gonzaga, scese a Mantova ed ereditò i diritti sul nostro territorio. Ma avendo, in special modo i suoi eredi, mostrato simpatia più per il re cristianissimo di Francia, che per l’imperatore d’Austria, al quale dovevano obbedienza, questi li mise al bando e a mezzo amministratore cesareo, sciolse gli abitanti dal giuramento di fedeltà ai Gonzaga-Nivers. Con questo atto si concludeva definitivamente la giurisdizione dei Gongaga sulle nostre terre. Seguirono venti anni di pace, ma nel 1733 in seguito alle guerra di successione, anche la nostra plaga fu teatro di nuove lotte e anche i quistellesi dovettero subire le conseguenze della guerra fra l’inperatore di Austria e i Gallo-Sardi. Dopo alterne vicende il fulcro della guerra si spostò intorno al nostro paesello. Gli austriaci, al comando del generale di Konigseck, strinsero il loro fronte e stettero ad osservare i movimenti dei loro nemici Gallo-sardi dal quartier generale di Quingentole. I Gallo-Sardi si erano schierati alla sinistra della Secchia da S.Siro fino a Bondanello, lungo un fronte di oltre nove chilometri e tenevano sulla destra del

fiume Secchia il nostro paese. I loro quartieri erano a S. Benedetto Po, dove era di stanza il re di Sardegna, alla Gaidellina (corte dirimpetto alla Gaidella dalla parte di Quistello) sede delle truppe del generale Broglie e a Zottole dove vi era l’accampamento del Coigny. Il conte di Konigseck., comandante della truppe austriache, aveva, soprattutto a mezzo di ufficiali travestiti da frati, saggiato i punti deboli dello schieramento Gallo-Sardo e, in tal modo, stava preparendo quella sorpresa che da tempo meditava.

Si arrivò cosi alla sera del 14 settembre 1734. Il Konigseck divise il suo esercito in due parti: una al comando

del generale Valdek, l’altra al comando del principe di Wirtemberg. La prima colonna parte da Quingentole e, passando per Nuvolato, ha il compito di oltrepassare Quistello, impadronirsi del ponte di barche sulla Secchia e piombare sugli alloggiamenti del generale Coigny. La seconda colonna al comando del generale Wirtemberg si avviò seguendo per un tratto Fossalta e, dopo la chiavica Castigliona, attraversare le campagne e passando a guado il fiume alla Gaidella, doveva sorprendere la truppe del quartiere del generale Broglie alla Gaidellina.

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La riuscita del piano doveva dipendere dalla rapidità e concomitanza del movimento dei due tronconi dell’esercito. Perciò il comandante della seconda colonna, avendo un percorso superiore di due chilometri rispetto all’altra, fece montare i fanti in groppa con i cavalieri e così arrivò prima dell’alba del 15 a circa 500 metri dall’argine di fronte alla Gaidellina. Qui sostò riordinando le truppe, diede le ultime istruzioni e rincuorò i soldati promettendo un ricco bottino. La prima colonna del generale Valdek intanto giunse e sostò a Sanguinetto preparando ad impadronirsi di Quistello per dare l’assalto finale a Zottole.

Alle prime luci dell’alba ebbe inizio il movimento concorde dei due tronconi dell’esercito del generalissimo Konigseck. Wirtemberg, guadata la Secchia assalta la Gaidellina, la circonda, ne uccide i difensori ed irrompe nella casa dove il generale marche di Broglie stava dormendo. Questi trova appena il tempo di scappare per una porta posteriore in camicia da notte. Il Ruberti racconta così la scena: “bisogna figurarsi Broglie, ancora intontito dalla sorpesa, galoppando a gambe nude, aggrappato al collo del cavallo, gelato dall’aria frizzante dell’ora quasi antelucana, e si capisce bene allora le matte risate che fecero in Francia quando lo seppero”.

Intanto il generale Valdek a Quistello, colto il nemico ancora sotto le tende, avviluppati gli uomini, afferrati i fasci d’erme prima che quelli vi potessero mettere le mani, determinò uno scompiglio tale che i francesi si sbandarono ovunque. Il re di Sardegna, che come detto sopra aveva il suo quartiere generale a S. Benedetto Po, chiamato dal rumore dei messi accorsi, non seppe nemmeno lui come arginare la fuga. Fatto sta che, indugiando gli austriaci a raccogliere l’immenso bottino, riuscì ai franco-sardi di arrestarli dietro gli argini di fossa Madama, dove cadde il generale Valdek. Le perdite dei collegati (Gallo-Sardi) furono gravissime. I prigionieri furono 3.500, i morti 500 senza i feriti e immenso il bottino, fra cui argenterie e 10.000 “coppie” in contanti, un elenco delle spie e la stessa tenda del re di Sardegna stimata ben 100.000 fiorini. Così terminò la battaglia di Quistello che gli storici francesi chiamano “ l’echec de Quistello” cercando di dargli le minori proporzioni che possono. Questo spargimento di sangue fu inutile, come inutili sono tutte le guerre, perché non ebbe alcun risultato. Infatti l’anno seguente furono firmati i preliminari di pace e le cose furono sistemate pressapoco come lo erano prima della guerra, restando su queste terre il dominio di casa d’Austria.

Francois-Marie de Broglie (1671-1745) fu generale e maresciallo durante il regno li Luigi XIV e Luigi XV. Servì durante la guerra di successione polacca in Italia nel 1733-35. Promosso maresciallo di Francia nel 1734. Nel 1742, durante la guerra di successione austriaca, che si distinse come supremo comandante dell’armata francese in Germania. Ottenne il titolo di duca di Broglie nel giugno del 1742 per i suoi successi in Boemia del 24 e 25 maggio dello stesso anno.

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Nel 1924 , ad illustrare l’opera , allora grandiosa, dell’apertura del nuovo ponte in cemento sulla Secchia, venne stampata una pubblicazione che conteneva anche una parte storica curata dal cav. Ugo Ruberti, storico locale ed autore dell’opera”Quistello nei secoli andati”. Da quell’ opuscolo è tratto il seguente capito.

Cav. UGO RUBERTI

RICORDI STORICI LA BATTAGLIA DI QUISTELLO

Ed ora riportiamoci in sinistra di Secchia sulla piattaforma del ponte opposta a quella, donde, nella presenza del rialzo di terra traemmo la regione di discorrere del vecchio castello. E cioè, sullo socco del nuovo ponte, sull’argine che sta al di là del fiume. Ecco a’suoi piedi la Corte Zottole, antichissimo nucleo di fabbricati di cui è notizia in documenti poco dopo il 1000. Superiormente al corso del fiume, a circa tre chilometri, un’altra corte esisteva, come esiste tuttodì: ed era chiamata la Gaidellina. Orbene: tutto al lungo di questo argine di sinistra del Secchia a partire dal Bondanello, giù fino in Schiappa, era schierato nel 1734 un grande esercito di Gallo-Sardi al comando di Carlo Emenuele III, figlio di Re Amedeo II di Savoia. Questo esercito forte di 58.000 uomini, fronteggiava un nemico altrettanto numeroso di Austriaci con a capo il conte di Konigseek mandato da Vienna. Era questi un uomo di gran nome guerresco, di gran valore e pratico dei luoghi. La guerra traeva le sua ragioni d’essere dalla successione del regno di Polonia e doveva avere il suo epilogo qui da noi.

La posizione dei due eserciti era dunque così: la sinistra del Secchia era tenuta dal re Carlo Emanuele coi suoi luogotenenti, il duca di Broglie avente il quartiere generale alla Gaidellina, il maresciallo di Coigny a Zottole. La destra del Secchia dal conte Carlo di Konigseek col quartiere generale a Quingentole. Già da tempo parecchio i due eserciti erano di fronte e nulla faceva sospetta una vicina azione, quando giunse la sera del 14 settembre. L’istante di agire era arrivato.

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Konigseek divise il suo esercito in due parti: una sotto il comando di Valdeck, l’altro sotto il comando del principe di Wirtemberg: il primo scendendo da quietamente per la strada che da Quingentole passa per Nuvolato, doveva assaltare il paese di Quistello, e presolo, pel ponte che i Gallo-sardi intrattenevano sul Secchia, piombare negli alloggiamento di Coigny a Zottole. Wirtemberger avviato co’ suoi per un tratto verso Fossalta, doveva, dirigendo da questa, dopo la chiavica Castigliona, attraversare rapidamente le campagne tra l’attuale strada che conduce a San Giacomo e l’argine di Secchia, passare a guado il fiume e sorprendere il quartiere di Broglie alla Gaidellina. Le vie ove esistevano, erano buone; dove non c’erano, per la stagione asciutta che correva, c’erano le campagne stesse, che in radura facevano da strada dappertutto. Il piano così concertato andava assolutamente bene; la riuscita avrebbe dipeso dalla rapidità del movimento: poiché, dal quartier generale di Quingentole alle mete proposte rispettivamente alle colonne austriache, intercedevano, cinqu miglia per quella del Valdeck e sette per quella del Wirtemberg. Ora che fa costui? Per sminuire il tempo necessario al maggior suo percorso, fa montare i suoi fanti in groppa ai cavalieri, e così arriva, prima dell’alba del 15 a seicento passi dell’argine di Secchia e rimpetto all’alloggiamento della Gaidellina. Quivi protetto dall’ergine fa sosta e intende silenziosamente al riordino definitivo, prima di procedere all’assalto.

Gli ufficiali percorrono le file, dando le ultime istruzioni e incuorando i soldati: anzi li fanno sicuri della vittoria e del conseguimento del cautissimo bottino, nel saccheggio dell’abitazione istessa del generale nemico. Nella colonna di Valdeck intanto, giunta ormai allo strabello di Sanguinetto, eguali esortazioni avevano luogo, e identica preparazione per l’assalto del paese di Quistello, e la presa dell’ alloggiamento di Coigny a Zottole. Spuntati appena i primissimi albori, incomincia il movimento decisivo, combinato su due punti. Wirtemberg guadato uil Secchia si gitta a precipizio sulla Gaidellina: circonda la cascina, ne ammazza i difensori, e irrompe nella casa dove dorme il Broglie. Questo povero marchese Broglie desto di soprassalto, trova pur la via di scappare, in camicia, da una porta di dietro! Fu miracolo! Il Sig. di Charaman, suo nipote, aveva fatto in tempo a sellare un cavallo, e porgerlo allo zio intento che egli stesso cadeva prigioniero. Bisogna figurarsi Broglie, ancora intontito dalla sorpresa, galoppando a gambe nude, aggrappato al collo del cavallo, gelato dall’aria frizzante dell’ora quasi antelucana – e si capisce bene le matte risate che ne fecero poi in Francia quando lo seppero. La cascina andò a bottino, e tutte le robe del Broglie furono preda dei soldati. Ugual fazione compiva intanto Valdeck a Quistello, nell’ora istessa. Colti i nemici sotto le tende, afferrati i fasci d’armi, avviluppati gli uomini del Coigny a Zottole, lo scompiglio era indescrivibile.

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I francesi si sbandavano esterrefatti un po’ dappertutto. Il disastro sembrava irreparabile. Il re di Sardegna (era in quei giorni alloggiato ed ospite dei frati, nella celebre abbazia di San Benedetto), chiamato dal rumore e dai messi frettolosi, non sapeva qual partito prendere, né come sbrigarsi in tanto funesto intricamento. Fatto sta, che riavendosi a poco a poco generali e soldati e indugiando da parte loro gli austriaci nel raccogliere l’immenso bottino, riuscì agli alleati di arrestare il nemico dietro gli argini della Fossa Madama. Non vi durarono molto, ma fatto questo primo nodo, ebbero però agio di organizzare una ritirata che non potè dirsi addirittura uno sfacelo. Il povero e valoroso Valdeck cadeva sull’argine di Fossa Madama ucciso da una palla di cannone.

Le perdite degli alleati furono dunque gravi assai. Ebbero prigionieri 3.500 uomini, 500 morti, senza contare i feriti. Il bottino perduto salì ad una somma grande. Oltre a una quantità di viveri e di arnesi da guerra, gli austriaci s’impadronirono di tutte le tende del campo nemico, fra le quali quella del re di Sardegna stimata del valore di 100.000 fiorni, e di tutte le sua argenterie con diecimila doppie in contanti.

Dice a questo punto uno storico : “ Gli Austriaci presero anche la cancelleria con tutte le filza delle lettere, ed una lista di spie sulla quale trovaronsi scritti non pochi nomi, da non essere sospettati. Non si sa comprendere come a fronte di tedeschi vicini, tante ricchezze e tante provvisioni e tante gelose carte fossero accumulate e con tanta negligenza si guardassero”.

E così fu compiuta questa fazione che gli storici francesi chiamano “l’echec de Quistello” , cercando di dargli le minori proporzioni che possono.

Quattro giorni dopo, un nuovo fortissimo cozzo tra l’esercito imperiale e i collegati avvenne a Guastalla, dove morì l’altro luogotenente di Konigsek, il prode principe di Wirtemberg, l’assalitore della Gaidellina. Vinsero qui i collegati : ma inutilmente per le sorti della guerra. “ Cette éclantante revenche de Quistello – dice Martin – qui avait couté bien du monde aux alliés, n’eut aucune suite. Des flots de sang avait coulè sans resultat en Lombardie depuis six mois « .

Nell’ anno seguente furono firmati i preliminari di pace e, le cose, poco su poco giù, si sistemarono come lo erano prima della guerra, restando incontestato sopra queste nostre terre, il dominio di Casa d’Austria.

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Ottavio: dall'archivio privato, lettere dal fronte 1734-1747 CopyRight, tutti i diritti riservati, per informazioni scrivere a: [email protected]

Una lettera datata 22 settembre 1734 narra e commenta i fatti d’arme di Quistello avvenuti la settimana precedente

Il destinatario della missiva, Cav. Girolamo de Manzini, nobile di Capodistria, segretario del Gen. Giovanbattista d`Empser, gia' comandante dell'artiglieria sabauda, si trovava allora nella capitale del Regno di Sardegna per motivi di salute, dopo essere stato di presidio a Chambery come Ufficiale del Reggimento "Torino" nel 1736, come si desume da un`altra lettera a lui indirizzata dal Marchese di Meana. Il fratello del Girolamo, Giovanni, fu al servizio della Repubblica Veneta dal 1700, nel 1728 fu nominato Capitano Ingegnere su proposta del Maresciallo di Schulemburg, un altro fratello, Bortolo, fu capitano della piazza di Docastelli ,in Istria.

Repertorio dei documenti: senza indicazione di localita`, 22 settembre 1734, mitt: Anonimo

Note al documento

o Mantova e' saldamente in mano agli Imperiali che il 29 giugno erano stati sconfitti a Parma.

o Nel luglio dell'anno successivo inizieranno le trattative che porteranno all'Armistizio di Mantova del 1 dicembre 1735.

o L'anonimo, anche se probabilmente e' un combattente savoiardo, dimostra scarsa stima per l'esercito alleato, sia con l'implicita critica allo

sfarzo degli "equipaggi"privati e delle argenterie, sia nell'uso del termine"letargo".

Egli loda inoltre la "fina diretione" dell'Ainesech, il piano d'inganno e la sorpresa, la vittoria tedesca nonostante l'attacco si sia svolto in

inferiorita' numerica. La lezione subita dai franco-piemontesi e` sentita come uno "schok" salutare, foriero di ripensamenti e cambiamenti che

poi, di fatto, si ebbero.

o Come ogni buon militare l'Anonimo ha buone capacita' di previsione, come Italiano, conclude con l'auspicio di tempi migliori per la Patria.

o Anche se per l'analisi storica del testo rimandiamo alla storiografia ufficiale, e' opportuno sottolineare la presenza del Duca di Savoia, il gran

numero di prigionieri, la presenza devastante di truppe "croate".

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22 settembre 1734

Appo la prima notitia della sorpresa fece l'esercito all'accampam.n di

Quistello con la Prigionia di 1000 Francesi e la fuga del rimanente di quel

corpo composto da m/5 huomini s'anno nuovi avisi che proseguendo i

Tedeschi l'esito fortunato si sijno avanzati a' S.Benedetto ove esisteva il

campo Maggiore e sorpresi gli Alleati si sijno dati alla fuga abbandonando

il posto,il bagaglio,le tende,li Magazzeni,e quella piccola cassa di Guerra

inserviente per le stesse truppe.

Il bottino fatto dai Tedeschi viene raguagliato sij Thesoro,mentre

ritrovando argenterie per uso de Generali et delli altri Uff.li Magg.ri i

loro equipaggi privati che secondo la nazione riescono sempre

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magnifici,munizioni poi e provedimenti in gran copia fu' fina diretione del

Co:Ainesech mostrar di non poter operare,per poi aver a sorprendere li

nemici in tal maniera.

Vogliono li piu' che se Croati non s'avessero perduto a bottinare

haverebbero sorpresi e fatti prigionieri di Guerra il Duca di Savoia,

Moigni'Maresciallo la cui disgratia soffre al presente il figlio del

Marescial Broglio.2oo e piu' Ufficiali di rango e 4000 soldati furon fatti

passar subito in Mantova, continuano ancora li Cesarei a inseguire

gl`Alleati i quali si vuole retrocedino in buon ordine di Guerra.Vien detto

anche che il Ainisech gli abbi puntato la battaglia, ma che sii stato ricusato.

Di questo pero' non se ne ha certezza abbandonarono li Savoiardi Reggio,

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Modena, et altri luochi con suoi Presidij e di questi si suppone rimarranno

poi priggionieri. Ogni momento si sta attendendo notizie.

Le armi Tedesche da questo fatto riprendono forza benche in minor

numero a' nemici e riaquistano l'onore delle armi che pareva offuscato. Non

cosi'de` Francesi e Savoiardi assieme che per verita` pare un sogno che

uscisero da quel letargo havendo un Generale inimico a vista e che potessero

dormire tanti sonni tranquilli. Il fine sara' curioso e da questo ponno

cambiar faccia le cose d'Italia.

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Il 19 dicembre 1734 sulla “ The Pennsylvania Gazette” fu pubblicato questo articolo a firma di Benjamin Franklin che illustrava e commentava i

fatti d’arme avvenuti sul nostro territorio.

Benjamin Franklin (17 gennaio 1706 - 17 aprile 1790) fu un giornalista, pubblicista, autore, filantropo, abolizionista, scienziato, diplomatico e inventore statunitense, nonché un protagonista della Rivoluzione americana.

È conosciuto soprattutto per i suoi esperimenti con l'elettricità. Fra le altre cose inventò il parafulmine, il catetere e le pinne. Era appassionato di meteorologia e anatomia. Nel 1736 creò la prima unione di pompieri volontari, la Union Fire Company.

Nel 1754 alcuni elementi del suo piano di unione delle colonie furono inseriti negli articoli della Confederazione, il primo documento governativo degli Stati Uniti d'America. Nel 1776 contribuì alla stesura della dichiarazione di indipendenza americana. Nel 1787 partecipò alle riunioni in cui venne scritta la costituzione americana, il documento che rimpiazzò gli articoli della confederazione. Benjamin Franklin fu l'unico dei Padri Fondatori che partecipò alla stesura di tutti e tre i più importanti documenti degli Stati Uniti d'America.

Nel 1968 è stato inserito nella International Swimming Hall of Fame, la Hall of Fame internazionale del nuoto, per il contributo al nuoto come praticante e istruttore. Fu un sostenitore, già nel XVIII secolo, della necessità di insegnare nuoto a tutti, inserendolo nei programmi scolastici.

Era un profondo conoscitore del filosofo Leibniz, il pensiero economico e il programma repubblicano. A proposito dell'opportunità di una Banca Nazionale d'America scrisse: "Vedete, un Governo legittimo può sia spendere che prestare denaro in circolazione, mentre le banche possono soltanto prestare cifre considerevoli attraverso i loro biglietti di banca promissori, per cui questi biglietti non si possono né dare né spendere se non per una piccola frazione di quelli che servirebbero alla gente. Di conseguenza, quando i vostri banchieri in Inghilterra mettono denaro in circolazione, c'è sempre un debito fondamentale da restituire e un'usura da pagare. Il risultato è che c'è sempre troppo poco credito in circolazione per dare ai lavoratori una piena occupazione. Non si hanno affatto troppi lavoratori, ma piuttosto pochi soldi in circolazione, e quelli che circolano portano con sé un peso senza fine di un debito impagabile e usura.

In tutta la sua vita ha inventato, oltre al parafulmine, le pinne, il contachilometri, le lenti bifocali (non vedeva né da vicino, né da lontano, così per non cambiare continuamente paia d'occhiali trovò la soluzione), il catetere, la sedia a dondolo, l'armonica a bicchieri (Glassarmonica), lo stetoscopio e l'ora legale. Sembra fosse anche giocatore di scacchi, e viene attribuita a lui la frase: "Gli scacchi non sono solo divertimento ma rispecchiano la vita". Franklin definiva il ".mangiar carne "un delitto ingiustificato". Era diventato vegetariano a sedici anni perché si era accorto che "apprendeva più in fretta aveva maggior acume intellettuale.

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Variant Accounts of a Battle

As there is nothing more partial than the Accounts given of Battles, all of them lessening or magnifying the Loss or Gain on either Side, just as the Writers are affected; we find it necessary to publish several Accounts on both Sides, when there has been any important Action, that so the Reader may be the better enabled to form a true Judgment: And therefore to the Relations we have already publish'd of the late important Battle in Italy, we shall add the following.

Guastalla, Sept. 18. Long had the brave Count Koningsegg meditated Revenge for the fatal Battle of Parma, and Relief for the Honour of the Imperial Arms, by giving the Allies some desperate Blow. He had made several Attempts, but was constantly betrayed; his Designs always took Air, and he could never discover the Traitors: At last, however, he has carried them into Execution. There is an old Saying in Lombardy, That if a Man would execute any Grand Design, he must take Care to possess himself of the Seraglio, (a Spot of Ground between Mantua and the Po). Count Merci neglected this Advice; but Count

Koningsegg thought it very just and solid, and posted the 4000 Croatians there, supported by three Regiments of Horse under the Command of General Berlinger, whom he ordered to act along the Oglio as Opportunity should offer. On the 4th, Count Koningsegg ordered the whole Army to be upon its Guard, and every Man in his Post, as if he had received Notice that he should be attacked by the Allies. About Five o'Clock in the Evening, he gave Orders, at the same time that he discovered to them the Design he was going to execute. The Guards were doubled, and Notice was given, that no Person should stir out of the Camp without Leave. The Retreat was beat, as usual, that they might hear it in the Enemy's Camp; and the Trumpets having flourished as at other times, every one retired. At Midnight the Army began its March in three Columns, and in Order of Battle, the Soldiers only in their Wastecoats, without Coats or Knapsacks; We shall find enough in the Enemy's Camp, said their Officers to them, if you have any Hearts. 13,000 Foot and 6 Regiments of Horse advanced first towards the Secchia above Quistello, and forded it, there not being above three Foot Water. The Count de Waldebeck staid with his

Brigade facing Quistello, to make a faint Attack there, as soon as he should hear that they had surprized the Head-Quarters at Bondanello. The French had at Quistello, (which they had well retrenched) 1000 Men and nine Pieces of Cannon; and they had at that time above sixty Officers there. As soon as the Germans had passed the Secchia, they fell upon the Marshal de Broglio's Quarters, who was so sound asleep, that our Granadiers were in his Court-Yard, before he was well awake: Fifty Men and the Officers of the Guard made some Resistance, to give him Time to make his Escape at the back Door in his Shirt, with his Breeches in one Hand, and his two Sons in the other. The Guard then surrendered; and we advanced to the Bridge over-againstQuistello, and carried that Quarter; but here the Count de Waldebeck was killed, greatly lamented. During these Preliminaries, the Army advanced apace, and fell upon the Count de Broglio's Body, which consisted of 28 or 30 Battalions, who fled in their Shirts and left their very Arms behind them. The brave Regiments of the King and Picardie were among these; every Man made the best Shift he could for himself, and

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carried the Alarm to the Right. The Marshal de Coigny made the Troops under his Command take Arms, all in a Hurry and Disorder, and was advancing to the Right; but perceiving that the Imperial Army was marching towards him in three Columns, he halted and called a Council of War; and the Imperialists just then moving towards their Left, it was imagined that they would endeavour to cut off the Army's Retreat towards the Bridge of Guastalla; and therefore it was instantly resolved to make a Retreat that way in the best Order they could. Some Battalions were left with Artillery in the neighbouring Cassines, to stop the Enemy; but those Troops made but a very slender Resistance, and were obliged to yield themselves Prisoners of War. Count Koningsegg seeing the Enemy's Disorder on all Sides, sent 10,000 Men this way, under the Command of Prince Lewis of Wirtemberg, and advanced towards San Benedetto, where were the Head-Quarters of the Savoyards: The King of Sardinia made his Escape in his Night-Gown and Slippers; but two Regiments of his Troops were cut off from the rest and taken. Some Squadrons of Dragoons and the Hussars broke and

put into Disorder the Enemy's Rear-Guard, who are divided into Bodies of 2 or 3000 Men each, most of them without Arms, Baggage or Artillery, which we hope to cut off and take one after the other; for we are still pursuing them. The Booty already taken, amounts to upwards of 15 Millions of Livres; for we have taken the Arms of one Third of the Gallo-Sardinick Army, all the Artillery, 12 or 1500 Waggons, all the Baggage, heavy and light, all the Tents; and between 6 and 8000 Prisoners. There were doubtless 1000 or 1200 of the Enemy killed. Never was seen such Confusion. But the Generals who suffered themselves to be thus surprized, how will they come off.

Next here follows a more particular Account of the Second Battle between the same Armies, which happened on the 19th of Sept. viz.

Mantua, Sept. 24. We have here the following Particulars of the Battle fought the 19th near Guastalla. Count Konigsegg broke up from Luzara the 16th about Nine in the Morning, and at Ten he ordered the Enemy, who were posted under Guastalla, to be attack'd by seven Battalions of Foot and 12

Companies of General Valpereve and Colmenero, who made the Onset in a very brave and intrepid Manner. The Enemy pour'd on fresh Troops continually; whereupon our Troops were reinforc'd with 17 Companies of Grenadiers and 19 Battallions of Foot: Then the Action became general in a Moment, and thereupon we order'd 50 Squadrons to engage: The Enemy's Horse were then on a Plain, where they were, most advantageously posted behind the Cassines, very deep Ditches, and a great many Bushes, from whence they made a terrible and constant Fire upon our Men, which prevented our knowing their Number. The Generals Valpareve and Colmenero were killed in the Beginning of this Attack, as were all the Field Officers; so that only one Lieutenant-Colonel was at the Head of the seven Battalions who began the Attack. The Prince of Wirtemberg was killed in the Middle of this Action, when his Presence was most necessary to lead on the Foot. Count Koningsegg then seeing that it was impossible for him to break the Enemy's Cavalry, after a continual Fire of about six Hours,order'd his Army to retire, which they did in so good Order, that the Enemy durst not pursue him; and he

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went and encamped at Luzara, where his Army was encamped the Day before. Notwithstanding the great Loss of Officers above-mentioned, whereby the Attack was something slackened, and our Troops brought into some disorder, our Men did not retire or lose one Inch of Ground, till they were ordered to draw off from the Field of Battle. The Number of our killed and wounded Men amounts to between 4 and 6000. For six or seven Hours nothing was to be seen but Fire and Sword, Dead and Wounded, and Rivulets of Blood. The Field of Battle was indeed left to the Enemy, where they could find nothing to give them Occasion to boast of a Victory; for as the Fire on both Sides was equally strong and continual, we judge their Loss must be equal to ours. The Velt Marshal Konnigsegg has been join'd since the last Battle by 4000 Croatians and three Regiments of Horse. His Excellency is actually making new Dispositions for another Combat. The Retreat of the Imperial Army was owing to the unhappy Loss of the Prince of Wirtemberg, and the Wounds receiv'd by the Generals Valpariso and Watchtendonck; most of the prime Officers were also disabled, by which means none but Lieutenant-

Colonel de Uhlenfeld was left to command the seven Battalions engag'd in the heat of Action. Our Loss amounts to between 4 or 5000 Men; that of the Enemy must be as considerable, if not larger. Paris, Octo. 6. By our last Account from Italy the Battle of the 19th past was very bloody; for during the Combat wherein the Enemy had between 12 and 13000 kill'd and wounded, they sent away 200 Waggons full of wounded Men; but towards the End, being press'd closely, were oblig'd to leave 900 wounded in the Field, whom our General had remov'd in order to be taken care of. We reckon between 6 and 7000 killed and wounded on our Side. After the Battle the Enemy intrench'd themselves on the Banks of the Po, over-against Burgo-Fort, where they have a Bridge to retire over into the Mantuan in case of Occasion. On the 3d Te Deum was sung in the Church of Notre Dame for the signal Victory in Italy. London, Octo. 5. Letters from Paris intimate, that his Most Christian Majesty has been pleas'd to order 100,000 Crowns to be distributed among the Officers who lost their Equipages, when Count Koninsegg surpriz'd the

Marshal de Broglio's Quarters; and at the same Time sent Instructions to Marshal Coigny, to inform him of the Number of Officers who had been kill'd in the Surprize, as well as at the Battle, in order to settle Pensions upon their Widows and Children. A private Letter from Paris, dated the 29th, tells us, that the Germans, on the 19th being Sunday, with uncommon Valour attack'd the Allies in their Intrenchment at Guastalla. At 10 the whole Armies were engaged, Sword in Hand. The Fight lasted till 5 in the Afternoon, when the Germans retired, without being pursued, to Luzara, and left behind them some Pieces of Cannon, and a few Colours and Standards. That 15000 Men were kill'd on both Sides, among them 800 Officers. That Marshal de Coigny was wounded, M. d'Harcourt lost one Arm. 'Tis agreed on all Hands, that the Allies were much superior in Number, notwithstanding which, putting the two Actions together, the Loss on both Sides was supposed to be equal.

The Pennsylvania Gazette, December 19, 1734

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I diversi resoconti di una

battaglia.

Non c’è nulla di più parziale dei resoconti

riguardanti le battaglie, da entrambe le

parti tutti esaltano o sminuiscono la

sconfitta o la vittoria, esattamente come

accade a chi ne scrive i resoconti. Noi

riteniamo necessario pubblicare, quando ci

sono delle operazioni importanti, numerosi

resoconti di entrambe le fazioni, cosicché il

lettore sarà in grado di crearsi un giudizio

reale. Alle relazioni che abbiamo già

pubblicato sull’ultima importante battaglia

in Italia, aggiungiamo la seguente versione.

Guastalla, 18 settembre. Per lungo tempo il

coraggioso conte Koningsegg ha meditato

vendetta per la fatale battaglia di Parma e

per riscattare l’onore dell’armata

imperiale. Egli aveva condotto molteplici

attacchi, ma era stato costantemente

tradito, i suoi piani andavamo sempre

all’aria e non aveva mai scoperto i

traditori. Alla fine comunque era sempre

riuscito a mettere in atto i suoi piani. C’è un

vecchio modo di dire in Lombardia: se un

uomo ha delle grandi ambizioni e mire di

predominio, egli deve assicurarsi di

possedere il” Serraglio” ( un lembo di terre

tra Mantova e il Po). Il conte Mercy ignora

tale avvertimento, ma il conte Koningsegg

lo considera efficace e posiziona lì 4000

croati, supportati da tre reggimenti di

fanteria sotto il comando del generale

Berlinger, al quale ordina di agire lungo

l’Oglio appena gli fosse capitata

l’opportunità. Il quattro, il conte

Koningsegg ordina a tutta l’armata di stare

in guardia e a ogni uomo di stare al suo

posto, come se avessero ricevuto notizia di

poter essere attaccati dagli alleati. Verso le

5 del pomeriggio, egli dà gli ordini e

contemporaneamente spiega il piano che

andrà ad eseguire. Le guardie erano

raddoppiate e venne dato l’ordine che

nessuno poteva uscire dal campo senza

autorizzazione. Il nemico doveva sentire

battere la ritirata nel campo e le trombe

dovevano sentirsi come di consueto, quando

ci si apprestava al riposo. A mezzanotte

l’armata cominciò la sua marcia in tre

colonne e, secondo l’ordine di battaglia, i

soldati avevano solo le loro uniformi senza

cappotti o zaini: “troveremo abbastanza nel

campo nemico” gli dissero gli ufficiali.

13.000 soldati e 6 reggimenti a cavallo

avanzarono prima verso il fiume Secchia

vicino Quistello e lo guadarono, non

c’erano più di tre piedi d’acqua. Il conte De

Waldebeck si fermò con la sua brigata di

fronte a Quistello, per condurre un debole

attacco non appena avessero sentito che gli

altri avevano sorpreso il Quartier Generale

a Bondanello. I francesi avevano a

Quistello ( dove si erano ben trincerati)

100 uomini, 9 cannoni e anche più di 60

ufficiali. Non appena i tedeschi passarono

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la Secchia, essi attaccarono il quartiere del

maresciallo De Broglio, che era

addormentato e i nostri granatieri erano già

nel suo cortile prima che lui fosse

completamente sveglio: 50 uomini e gli

ufficiali della guardia cercarono di opporre

resistenza per dargli il tempo di scappare

dalla porta posteriore con addosso la

camicia da notte, i calzoni in una mano e i

suoi due figli nell’altra. Poi la guardia si

arrese e l’avanzata giunse fino al ponte di

fronte a Quistello per espugnare quel

quartiere, ma lì il conte De Waldebeck fu

ucciso e grande fu il compianto. Durante

questa fase iniziale l’armata avanzò

velocemente e attaccò l’armata del conte

De Broglio, che consisteva di 28 o 30

battaglioni, i quali fuggirono in camicia

abbandonando le armi. Tra essi vi erano i

coraggiosi reggimenti del re e il reggimento

Picardie, ogni uomo fece il meglio che

poteva e trasmisero l’allarme all’ala destra

dello schieramento. Il maresciallo De

Coigny raccolse le truppe sbandate sotto il

suo comando e le armò, il tutto fu eseguito

in fretta e nella confusione. Egli iniziò ad

avanzare sulla destra, ma intuendo che

l’armata imperiale stava marciando verso

di loro divisa in tre gruppi, si fermò e

convocò un consiglio di guerra. Poiché gli

imperiali si stavano muovendo verso la loro

sinistra; essi supponevano che stessero

cercando di bloccare la ritirata

dell’esercito verso il ponte di Guastalla;

quindi si decise immediatamente di ritirarsi

nel miglior ordine possibile. Alcuni

battaglioni con l’artiglieria furono lasciati

nelle vicinanze delle Cassine per fermare il

nemico, ma questi fecero una resistenza

davvero esigua e furono obbligati a

consegnarsi come prigionieri di guerra. Il

conte Koningsegg, vedendo il disordine del

nemico da ogni parte, inviò 10.000 uomini

sotto il comando del principe Lewis di

Wirtenberg e avanzò verso S.Benedetto,

dove era situato il quartier generale dei

Savoia. Il re di Sardegna scappò con

addosso la camicia da notte e le pantofole

ma due reggimenti delle sue truppe furono

bloccati e catturati. Alcuni squadroni dei

Dragoni e degli Ussari imperiali portarono

scompiglio nella retroguardia dei nemici

che erano divisi in corpi di 2000 o 3000

uomini ciascuno, molti di loro senza armi ,

bagagli o artiglieria, con l’intenzione di

bloccarli e di catturarli uno dopo l’altro:

già li stavano inseguendo. Il bottino già

catturato era di valore superiore a 15

milioni di Livree, prese le armi di un terzo

dell’armata gallo-sarda, tutta l’artiglieria,

1200 o 1500 carri, tutti i bagagli, leggeri o

pesanti, tutte le tende e tra i 6000 e 8000

prigionieri. C’era senza dubbio 1000 1200

nemici uccisi. Non si era mai vista tanta

confusione. Ma i generali, umiliati ed

avviliti per essere stati così presi di

sorpresa, come avrebbero reagito?.

Qui di seguito presentiamo ora un

resoconto più dettagliato della seconda

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battaglia tra le due stesse armata, che ebbe

luogo il 19 settembre.

Mantova, 24 settembre. Qui di seguito

raccontiamo i particolari della battaglia

combattuta il 19 nei pressi di Guastalla.

Alle 9 del mattino del 16, il conte Konigsegg

irrompeva da Luzzara e verso le 10

ordinava che i nemici, posizionati sotto

Guastalla, fossero attaccati da 7 Battaglioni

di fanteria e 12 Compagnie del Generale

Valpereve e Colmenero, i quali eseguirono

l’assalto con molto coraggio e audacia. Le

fanterie si riversarono senza sosta sul

nemico, le nostre truppe furono rinforzate

con 17 compagnie di granatieri e 19

battaglioni di fanteria. In poco tempo si

scatenò la battaglia dove vennero utilizzati

anche 50 squadroni. In seguito intervenne

la cavalleria nemica: essi erano

vantaggiosamente posizionati dietro le

Cassine, dove vi erano fossi profondi e

innumerevoli cespugli e arbusti, da dove

essi facevano un terribile e costante fuoco

sui nostri uomini, ostacolando la loro

azione. I generali Valpereve e Colmenero

furono uccisi all’inizio dell’attacco e la

stessa sorte toccò a tutti gli ufficiali di

quella battaglia, pertanto solo un Tenente-

colonnello era alla testa dei 7 battaglioni

che iniziarono l’attacco. Il principe di

Wirtemberg fu ucciso nel mezzo di questa

azione, quando la sua presenza era

maggiormente necessaria per guidare la

fanteria. Il conte Konigsegg capì che per lui

era impossibile sopraffare la cavalleria

nemica pertanto, dopo un fuoco continuo di

circa 6 ore, ordinò alla sua armata di

ritirarsi. I suoi uomini eseguirono l’ordine

in maniera così ordinata che i nemici non

si fidarono ad inseguirli; egli se ne andò e

si accampò a Luzzara, dove la sua armata si

era accampata il giorno prima. Nonostante

la grande perdita degli ufficiali sopra

menzionati, a causa della quale l’attacco fu

in qualche modo ridotto e si verificarono

dei disordini nelle nostre truppe, i nostri

uomini non indietreggiarono e non persero

un millimetro di terreno, finchè non fu loro

ordinato di ritirarsi dal campo di battaglia.

Il numero dei nostri uomini uccisi e feriti

ammontava tra i 4000 e i 6000. Per 6 o 7

ore non si vide altro che fuoco e armi, morti

e feriti e rivoli/ruscelli di sangue. Il campo

di battaglia fu effettivamente lasciato ai

nemici, ma qui essi non poterono trovare

niente che gli desse l’occasione di vantarsi

per la vittoria. Poiché il fuoco ed entrambi

gli schieramenti erano ugualmente forti e

persistenti, noi riteniamo che le loro perdite

siano uguali alle nostre. Il maresciallo

Konigsegg è stato raggiunto dall’ultima

battaglia da 4000 croati e 3 reggimenti di

cavalleria. Sua Eccellenza sta

effettivamente preparando nuove

disposizioni per un’altra battaglia. La

ritirata dell’armata imperiale fu causata

dalla sfortunata perdita del principe

Wirtemberg e dalle ferite inferte ai Generali

Valpariso e Watchtendonck, inoltre molti

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dei primi ufficiali furono mutilati, pertanto

il tenente-colonnello de Uhlenfeld fu

lasciato a comandare i 7 battaglioni

impegnati alla testa dell’azione. Le nostre

perdite ammontano tra i 4000 e 5000

uomini; quelle dei nostri nemici devono

essere di pari entità, se non più ampie.

Parigi, 6 ottobre. Dall’ultimo resoconto

dall’Italia, la battaglia dello scorso 19 fu

molto sanguinosa. Durante il

combattimento nel quale i nemici ebbero tra

i 12000 e 13000 morti e feriti, essi

inviarono 200 vagoni pieni di uomini feriti.

Però, poichè verso la fine della battaglia

essi erano strettamente incalzati, furono

obbligati a lasciare 900 feriti sul campo, i

quali furono spostati per ordine del nostro

generale per poterli curare. Noi calcoliamo

tra i 6000 e 7000 morti e feriti dalla nostra

parte. Dopo la battaglia i nemici si

trincearono sugli argini del Po, sopra

Borgoforte, dove essi hanno un ponte per

ripiegare nel mantovano in caso di

necessità. Il 3 fu cantato il Te Deum nella

chiesa di Notre Dame in occasione della

vittoria in Italia.

Londra, 5 ottobre. Lettere da Parigi fanno

capire che sua Maestà desiderava ordinare

che 100.000 corone fossero distribuite tra

gli ufficiali che avevano perso il loro

equipaggiamento quando il conte

Konigsegg aveva attaccato di sorpresa

l’alloggio del maresciallo Broglio, e allo

stesso tempo aveva mandato istruzioni al

maresciallo Coigny e lo aveva informato sul

numero di ufficiali che erano stati uccisi

nell’attacco a sorpresa e nella battaglia,

per poter consegnare i sussidi alle loro

vedove e ai loro bambini. Una lettera

privata da Parigi, datata il 29, ci informa

che i tedeschi domenica 19 attaccarono con

straordinario coraggio gli alleati nelle loro

trincee a Guastalla. Alle 10 l’intera armata

era impegnata con le armi in pugno. Lo

scontro durò fino alle 5 del pomeriggio,

quando i tedeschi si ritirarono a Luzzara

senza essere seguiti e lasciarono dietro di

loro alcuni cannoni, alcune insegne e

stendardi. 1500 uomini furono uccisi da

entrambe le parti, tra essi 800 ufficiali. Il

maresciallo Coigny fu ferito, il maresciallo

d’ Harcourt perse un braccio. Tutti

concordano che gli alleati erano di numero

superiore ciò nonostante , mettendo insieme

le due azioni, si suppone che le perdite

siano uguali da entrambe le parti.

La Gazzetta della Pennsylvania,

19 dicembre 1734

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