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I STITUTO P ROFESSIONALE PER I S ERVIZI C OMMERCIALI , T URISTICI E S OCIALI LA DONNA Un modello di forza e di determinazione

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ISTITUTO PROFESSIONALE PER I SERVIZI COMMERCIALI , TURISTICI E SOCIALI

LA DONNA

Un modello di forza e di determinazione

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INDICEPremessa ……………………. …………………………………………………………pag 4

Storia : Suffragette ………………………………………………………………………pag 5

INGLESE

Virgina Woolf

STORIAsuffragette

ITALIANOSibilla Aleramo

DIRITTOArt.37 : La donna

lavoratrice

ECONOMIA A.La maternità

LA DONNAUn modello di forza e di determinazione

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Italiano : Sibilla Aleramo ……………………………………………………………….pag

Inglese ……………………..………………………………pag

Diritto : ………………………………………………………………...pag

Economi : ………………………………………………………………….pag

PremessaIl titolo assegnato al percorso intende chiarire la volontà da parte mia di svolgere una trattazione della donna, ovviamente nei limiti delle mie competenze e tenendo presente che la ‘‘ questione femminile è più complessa. Pertanto ho ritenuto opportuno considerarne unicamente alcuni aspetti particolari.Intenzionalmente ho scelto due sostantivi, quali ‘‘forza’’ e ‘‘ determinazione’’, che non definiscono unilateralmente la dimensione ed il soggetto femminile,

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poiché ciò risulterebbe inevitabilmente parziale, riduttivo, se non assolutamente inadeguato .La scelta tematica operata è stata condotta essenzialmente sulla base di fatti storici avvenuti . Ho tentato di compiere un’indagine retrospettiva: ho inquadrato la problematica selezionando nell’ambito della storia. Della letteratura italiana, inglese , diritto, economia, alcuni modelli femminili che mi sono parsi particolarmente significativi valorizzandone la varie modalità di esplicazione della propria forza e dei propri diritti come viene emanato dal codici civile dalla costituzione nel art.37 .

LE SUFFRAGETTE

Con il termine suffragette si indicavano le appartenenti a movimento di emancipazione femminile nato per ottenere il diritto di voto delle donne (dalla parola ‘‘suffragio’’ che significa dichiarazione della propria a volontà in procedimenti elettivi o deliberati quali il voto). Inseguito la parola suffragetta ha finito per indicare, in senso lato, la

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donna che lotta o si adopera per ottenere rinascimento della piena dignità delle donne, coincidendo in parte il termine femminista.

Questo movimento è tipicamente moderno e nasce in Francia durante la rivoluzione francese, quando nel 1792 Olympe de Douges presentò al governo rivoluzionario una "Declaration des Droits des Femmes" nella quale venivano richiesti per le donne tutti i diritti civili e politici. Al di là della Manica, poi, circa una anno dopo, venne pubblicato un libro intitolato "Vindication of the Rights ofWoman" di Mary Wollstonecraft che segnò l'inizio del movimento femminista in Inghilterra. In seguito, grazie al testo dell'inglese Jhon Stuart Mill, "The Subjection of Woman" del 1869, le donne inglesi ottennero il diritto di voto nei consigli municipali e nei consigli di contea (1880). Nel 1903 sorse un movimento politico femminista che lottò, con comizi e manifestazioni pubbliche, per ottenere il diritto di voto, o suffragio, per le donne: le militanti furono chiamate suffragette. Per fare breccia nella resistenza della società britannica, esse ricorsero, alla lotta aperta. Disturbarono i comizi dei deputati, incendiarono negozi, edifici pubblici, fino ad ottenere, nel 1918, il diritto di voto.Per tutto l'800, le femministe statunitensi lottarono non meno tenacemente di quelle inglesi, senza ricorrere, però, ad azioni violente: loro manifestazioni tipiche furono parate, cortei con fiaccole e striscioni, comizi e marce di protesta cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica. Proprio negli Stati Uniti, tuttavia, si verificò, all'inizio del secolo, un terribile episodio che la giornata della donna ricorda tuttora: l'8 marzo 1908 morirono durante un improvviso incendio, in una azienda tessile di New York, 129 operaie riunitesi in sciopero all'interno dell'edificio.

Non riscontrando i risultati sperati, le suffragette inglesi passarono, così, a forme di protesta più violente; così nel 1912 proclamarono la "Guerra delle vetrine" prendendo a sassate ogni negozio londinese. Nel 1913 il movimento suffragista ebbe anche la sua prima martire: una giovane inglese, Emily

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Davinson, che si gettò sotto la carrozza reale durante un affollato derby e rimase uccisa.Il movimento femminista aveva fatto, però, molta strada non solo in Inghilterra e negli Stati Uniti, ma anche in quasi tutti i paesi d'Europa, dove le donne riuscirono ad eguagliare l'uomo in tutti i campi e ad ottenere, persino, il diritto di voto. La donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell'uomo. L'esercizio dei diritti naturali della donna non ha altri limiti se non la perpetua tirannia che le oppone l'uomo. Questi limiti devono essere infranti dalla legge, dalla natura e dalla ragione (dalla dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, Francia 1789). Se la donna ha il diritto di salire sul patibolo deve avere anche il diritto di salire sulla tribuna (Olimpia de Gouges, autrice fatta ghigliottinare da Robiespierre nel 1793).

Durante la rivoluzione francese le donne cominciarono a rivendicare concretamente i propri diritti e la parità con l'altro sesso. La parigina Felicita de Keralio elaborò un "Quaderno delle rivendicazioni della Donna" nel quale si afferma che, facendo parte anch'essa della società, era logico che, accanto ai numerosi doveri, avesse anche dei diritti, primi fra tutti quelli politici. Furono quindi le parigine, soprattutto, a organizzare la loro protesta divulgando le loro idee e creando dei veri propri "Club Femminili". Ma i rivoluzionari uomini non accolsero le proteste, negando loro non solo il diritto di voto ma persino il diritto di associazione. I Club femminili furono quindi sciolti. 

Nonostante l'insuccesso in Francia, il movimento di emancipazione femminile dilagò in altri paesi. In Inghilterra, nel 1792, apparve una " rivendicazione dei diritti della Donna", scritta da Mary Wollstonecraft, che nei paesi anglosassoni fu considerata la Bibbia del femminismo. Ma ci volle la rivoluzione industriale perché le donne potessero dimostrare concretamente l'importanza del loro ruolo della società.La diffusione delle idee democratiche e socialiste e la crescita dei sindacati avevano prodotto un miglioramento delle condizioni di lavoro anche della donna. Nei paesi più avanzati, infatti, furono sancite innumerevoli leggi che controllavano il numero delle ore di lavoro svolte da tutte le operaie di sesso femminile, riconoscendo a esse anche i permessi di maternità. Tuttavia, però, la donna continuò ad essere tenuta in una condizione di inferiorità sia nella vita sociale che in quella familiare: nel lavoro, per esempio, erano meno salariate rispetto agli uomini, non potevano frequentare l'università e non avevano ancora ottenuto il diritto di voto in paesi come l'Italia. Proprio per rivendicare quest'ultimo diritto, nella seconda metà dell'Ottocento, nacquero i primi movimenti delle suffragette, così chiamate perché rivendicavano il suffragio femminile.

Il movimento in Italia

In italia dopo la Prima Guerra Mondiale le suffragette ottennero i primi successi: dovettero sostituire gli uomini partiti per il fronte, lavorando nelle fabbriche e assumendo i ruoli chiave della società. Quando il conflitto ebbe termine non fu più possibile negare loro il diritto di voto. Nel 1919 le donne ottennero l’emancipazione giuridica, ampliando le funzioni di tutela, vedendosi riconosciuta la facoltà commerciale e facendo abolire l’obbligo dell’autorizzazione maritale sulla gestione dei propri beni e per rendere testimonianza in giudizio. Nel1923 le donne italiane ottennero il diritto di voto alle elezioni amministrative, ma tale diritto non trovò applicazione a causa della riforma fascista degli enti locali.

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L'Italia ha raggiunto l' unità solo nel 1861: prima di allora, dalle alpi alla Sicilia, era frazionata in un mosaico di stati e staterelli talvolta persino ostili tra loro; un simile stato di cose non facilitava certo la diffusione della coscienza femminile. Nel nostro paese, quindi, la lotta per l' emancipazione della donna si accese in ritardo rispetto al resto dell' Europa, anche perché la rivoluzione industriale vi giunse solo verso la fine del secolo scorso; ma quando anche l'industria italiana dovette contare su un'alta percentuale di manodopera femminile la "questione donna" cominciò a interessare un po' a tutti. Il quadro sociale era complessivamente molto arretrato, anche per il forte influsso conservatore della Chiesa cattolica: alle donne venivano sconsigliate le attività fuori casa, le letture libere, l’istruzione superiore e universitaria.Ai primi nuclei femminili organizzati aderirono in un primo tempo le donne della borghesia alle quali si affiancarono successivamente le masse femminili cattoliche e socialiste. Tra queste ultime, sostenute dal partito socialista, si distinsero in modo particolare Giuditta Brambilla,Carlotta Clerici e Anna Kuliscioff; un notevole contributo alla divulgazione della condizione femminile, da secoli relegata in uno stato di assoluta inferiorità, giunse anche dal romanzo autobiografico "Una donna" di Sibilla Aleramo. 

Nel 1910 le rappresentanti delle associazioni femminili italiane parteciparono al Primo Congresso Internazionale Femminile di Copenaghen, durante il quale l'8 Marzo fu dichiarato Giornata Nazionale della Donna. Anche le nostre suffragette, tuttavia, dovettero attendere ancora dei decenni prima di ottenere il diritto al voto. Questo venne infatti riconosciuto solo nel 1945 da un decreto di Umberto di Savoia, ultimo re d'Italia. In realtà, una proposta in tal senso era già stata fatta nel 1912 durante il governo Giolitti, che aveva concesso proprio in quell'anno, il diritto di voto a tutti gli uomini maggiorenni: ma il nostro Parlamento aveva bocciato tale proposta. Nonostante tutte queste dure lotte, però, possiamo affermare con certezza che la vera parità dei sessi sia stata raggiunta solo sulla "carta": cioè la stabilisce la legge ma non l' opinione pubblica; non è raro, infatti, notare persone stupirsi nel vedere una donna guidare un aereo, una nave, ... L' antifemminismo è ancora vivo, dunque, presso larghi strati della società: persino in coloro che -a parole - si proclamano favorevoli alla parità.

Il movimento negli USA 

Nel gennaio del 1918, il Senato degli Stati Uniti d'America approvava, con la prescritta maggioranza dei due terzi dei presenti, il diciannovesimo Emendamento costituzionale che poneva termine, dopo settant'anni, alla lunga lotta condotta dalle suffragette americane per ottenere il diritto di voto. L'Emendamento di cui si parla così recitava: "Il diritto di voto conferito ai cittadini degli Stati Uniti non potrà essere negato o

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limitato dagli Stati Uniti o da uno degli Stati in considerazione del sesso". La nuova disposizione, per il vero, entrò definitivamente in funzione solo il successivo 26 agosto 1920, quando il Tennessee, secondo la procedura richiesta dalla Carta costituzionale, la ratificò, ultimo tra gli Stati.Da allora, le donne americane ottennero (peraltro, precedute da poche altre fra cui le neozelandesi e le australiane) di poter votare senza alcuna limitazione. In realtà, si può dire che fu la prima guerra mondiale ad imprimere una improvvisa accelerazione alla questione e a portare alla vittoria il movimento suffragista. Infatti, quando Woodrow Wilson era entrato alla Casa Bianca il 4 marzo 1913 - dopo avere sconfitto Theodore Roosevelt e William Taft l'anno precedente - per prima cosa, aveva respinto un altro Emendamento inteso a dare il voto alle donne sostenendo che dovevano essere i singoli Stati dell'Unione e non il governo federale a controllare e decidere il diritto di voto. Un po' meno di cinque anni dopo, però, quando i soldati americani cominciarono a morire in Europa, tutto cambiò e, improvvisamente, lo stesso Wilson - confermato alla Casa Bianca nel 1916 - fu autore di una inattesa apparizione al Senato per appoggiare proprio l'approvazione di quello che diventerà il diciannovesimo Emendamento.

Nel corso dei secoli la donna è potuta diventare qualcuno, nonostante ciò, le antiche difficoltà non sono ancora completamente scomparse. La presenza della donna, più frequentemente di un tempo, nelle professioni e nelle funzioni prima riservate all'uomo, indica che la condizione femminile è senza dubbio migliorata. 

SIBILLA ALERAMO

Rina Faccio, conosciuta con il nome di Sibilla Aleramo, nasce ad Alessandria il 14 Agosto del 1876. Per motivi di lavoro del padre cambiò spesso città fino a stabilirsi a Porto Civitanova Marche dove cominciò a lavorare presso uno stabilimento industriale. All'età di quindici anni viene sedotta da un collega e per riparare al danno nel 1893 si sposano. Ciò segnò in modo indelebile la sua esistenza e

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nella sua autobiografia "Una Donna" critica il rapporto coniugale e lo definisce oppressivo e frustrante. Tentò il suicidio e quando si riprese cominciò a concretizzare le sue aspirazioni umanitarie e socialistiche e cominciò a scrivere racconti e articoli giornalistici. Erano gli anni 1898-1910. Sibilla scrisse che il femminismo si concentrava ora nelle letteratura e nella spiritualità, nella

rivendicazione della diversità femminile, credeva infatti in una spiritualità femminile e cioè nel fatto che tra uomo e donna c'è una spiritualità diversa. Le donne sono intuitive e hanno un contatto più rapido con l'universo producendo così una poesia sconosciuta al mondo maschile. Nel 1899 si trasferisce a Milano dove dirige il giornale "L'Italia Femminile".Nel 1902 la sua relazione amorosa con il poeta Damiani la spinse ad abbandonare la famiglia e a trasferirsi a Roma. Qui legò una nuova relazione con G. Cena, direttore di

una rivista e animatore di iniziative democratiche e unitarie. A Roma entrò in contatto con l' ambiente intellettuale e artistico (come Grazia Deledola).Nel 1906 pubblicò "Una Donna" che rappresentava un concentrato di tutti i modi positivi e negativi che lei nel corso della sua carriera modulerà in forme diverse; a partire dall'autobiografismo pieno di autocontemplazione. Intensificò la sua attività femminista e unitaria soprattutto promuovendo l'istruzione del mezzogiorno(Agro-pontino, Maccarese ancora paludosi e malsani).Conobbe Emilio Cecchi, con il quale mantenne una grande amicizia, e poi Marinetti e D'Annunzio col quale instaurò una corrispondenza. Dopo la relazione con Cena ne ebbe altre più o meno lunghe per lo più con intellettuali e artisti fino a quando non incontrò il giovane Matacotta al quale restò legata dal 1936 al 1946.Parlò di tutti i suoi amori nelle sue opere evidenziando il fatto che la vita e la letteratura fossero legate in modo inscindibile.Nel 1919 venne pubblicato il suo secondo romanzo "Il Passaggio". Continuò a pubblicare altri libri e raccolte di poesie e spesso parlava della sorte di donna-poeta.

Scrisse anche un poema drammatico in tre atti "Endimione" in cui rappresenta la relazione che lei aveva avuto con Tullio Bozza e che era finita tragicamente con la morte di lui.Le sue condizioni economiche erano cattive in quanto era alla continua

ricerca di mezzi di sostentamento. Negli anni della guerra le sue condizioni peggiorarono. Nel 1946,finita la guerra, si iscrisse al PCI e iniziò un'attività di conferenze e congressi. Continuò il suo impegno politico e a scrivere i suoi Diari in cui dava sempre più immagini di se. Sibilla Aleramo morì a Roma

SIBILLA ALERAMO E IL FEMMINISMOSibilla Aleramo, in una prosa del 1911 ("Apologia dello spirito femminista", compresa nel volume "Andando e stando"), scriveva: " Il femminismo, movimento sociale, È stato una breve avventura, eroica all’inizio, grottesca sul finire, un’avventura da adolescenti, inevitabile ed ormai superata". L’istanza femminista si era ora riversata sul lato letterario e spirituale, sulla rivendicazione della "diversità" femminile e della necessità della "libera estrinsecazione dell’energia femminile". Negli anni del suo apprendistato, l’Aleramo era

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stata attiva nel movimento per l’emancipazione della donna, collaborando a riviste e giornali, e partecipando alle campagne più significative, come quelle per il voto alle donne e per la pace, contro l’alcolismo, la prostituzione, la tratta delle bianche.

Nel 1899, trasferitasi a Milano, accolse l’offerta di dirigere "L’Italia femminile", un settimanale fondato dalla socialista Emilia Mariani, al quale impresse un carattere più politico e d’attualità. In questo periodo entrò in contatto con molte attiviste di rilievo del movimento femminista, tra le quali Alessandrina Ravizza, ricordata in seguito in "Una donna".

Nel romanzo "Una donna" È evidente il fatto che siamo ancora in una cultura intrica d’ideologie socialiste, umanitarie e soprattutto femministe. Sibilla Aleramo, inoltre, intensificò il suo impegno nel movimento femminista e nelle iniziative umanitarie, dalla creazione delle scuole nell’Agro romano, alla partecipazione al Comitato per promuovere l’istruzione nel Mezzogiorno. Fu presente al I congresso femminile nazionale indetto dal Consiglio nazionale delle donne italiane. Pubblicò diversi articoli sulla "Tribuna", articoli concernenti il movimento femminista.

L’autrice di "Una donna" È la femminista militante, la progressista battagliera, la narratrice essenziale e oggettiva.

‘‘UNA DONNA’’

Il romanzo "Una donna" (1906), opera autobiografica di Sibilla Aleramo, inizia con il ricordo della fanciullezza libera e spensierata della protagonista e presenta i vari personaggi attraverso un lento e

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graduale crescendo delle loro singole individualità soffermandosi su alcune figure chiave:  Il padre, la madre, il marito, il figlio, il profeta, descritti nella storia sono tutte persone che hanno interagito in modo significativo con la vita della scrittrice. Il nodo di tutto è la disuguaglianza costruita  a partire dal sesso e il nemico è il  sistema che la civiltà ha edificato attraverso il tempo. All’età di dodici anni la Aleramo si trasferì  da Milano in una cittadina del mezzogiorno perché il padre aveva ottenuto la direzione di un’industria chimica. Dopo pochi anni che si trovava nel nuovo paese, la protagonista interruppe gli studi e venne impiegata regolarmente nella fabbrica diretta dal padre. Un’epoca di grandi cambiamenti e di crisi della famiglia borghese fa da scenario agli episodi salienti della vita della scrittrice ; il passaggio dal mondo del lavoro, al quale era stata avviata dal padre, a un matrimonio violento e senza amore, a cui fu costretta, la videro interpretare un ruolo che odiava, quello di donna moglie e madre in cui era richiesto l’annientamento del proprio Io. L’esempio più vicino era quello di sua madre vittima  lei stessa di un matrimonio sbagliato che l’aveva spinta in  depressione e poi al suicidio. Da queste vicende individuali nasce l’esigenza della scrittrice di cercare attraverso la scrittura una sua identità. Il combattere per trovare qualche trascendenza alla semplice volontà di fuga e l’arrendersi di fronte al richiamo imperativo di fedeltà alla propria legge e alla propria vita, creano un’atmosfera nella storia in cui il tempo, che scorre monotono, fa da cornice a tutta quella serie di avvenimenti che serviranno a rendere la giovane donna finalmente “padrona della scelta”."Una donna" è un complesso sviluppo narrativo in cui la struttura e i personaggi, divengono parte di quel meccanismo reale che rivela tutta la forza di una vita segnata dalla passione per l’avventura intellettuale e artistica e che fa pensare ad una forma di confessione minuziosa, un diario frammentato e rifuso a posteriori. In questa opera prevale la rivendicazione sociale di un ruolo femminile paritario a quello maschile. In una prosa del 1911 ("Apologia dello spirito femminista", compresa nel volume "Andando e stando"), scriveva che il femminismo come movimento sociale era stato una breve avventura, eroica all’inizio, ma grottesca sul finire, un’avventura da adolescenti, inevitabile ed ormai superata. Il suo carattere femminista si era riversato sul lato letterario e spirituale, sulla rivendicazione della "diversità" femminile e della necessità della "libera estrinsecazione dell’energia femminile".  In realtà, il libro divise le femministe e le scrittrici, che riconoscevano la particolarità di quella “coscienza evoluta”, ma ne prendevano le distanze, identificando il bambino come l’unica vera vittima; la rivista femminista “Vita internazionale” la giudicò come orgogliosa, egoista e priva di forza, incapace al sacrificio estremo.Nelle liti col marito la giovane cercava di tenere duro, per far crescere il figlio con una mente libera e aperta. Dalle liti però si passò alle percosse e la ragazza stremata decise di partire, ma quando lo comunicò al marito, lui disse che avrebbe acconsentito purché il piccolo fosse rimasto con lui. La donna, divisa tra il desiderio di realizzare se stessa e l’istinto materno, partì e tornò a Milano dove si trovava la sua famiglia, con la speranza che nel giro di pochi giorni avrebbe fatto in modo che suo figlio la raggiungesse. Ma i giorni passarono così come i mesi e gli anni e il suo piccolo a Milano non venne mai. Le lettere che la madre gli scriveva non ebbero mai una risposta, la protagonista allora, soffrendo in silenzio, decise di scrivere un libro per far si che le parole in esso contenute lo raggiungessero, permettendogli di comprendere le scelte che aveva compiuto Lo scopo che l’autrice si prefigge è quello di mostrare per la prima volta “l’anima femminile moderna”, capace di tramutare l’essenza di una vita in arte. E proprio attraverso ogni forma d’arte e di libero pensiero l’Aleramo si era attivata nel movimento per l’emancipazione della donna, collaborando a riviste e giornali, e partecipando alle campagne più significative di sensibilizzazione, da quelle per il voto alle donne a quelle per la pace, contro l’alcolismo, la prostituzione e la tratta delle bianche. 

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VIRGINA WOOLF

Biography

Virgina Woolf was born in london in 1882 in a house in hyde park gate from both parent to widowers remarriage. His father, Sir Leslie Stephen was a great writer, critic and mountaineer. His mother, Julia Princsep Stephen (1846-1895), was born in India By Dr.John and His wife Mary Pattle Jackson and later moved to England with his mother, where he beagn a career as a model for painters such as Edward Burne-Jones.In Victorian times women were not allowed to attend school, however Virginip’s mother taught her latin and frech and her father let her read.Virginia’s brother thoby appear immediately tilt their literary and give life to a newspaper home Hyde Park Gate News, they write up stories and create a family diary. According to the memoirs of Woolf, the most vivid and happy memories of his childhood were not those of London but the days spent in the town of saint ives in with Meredith and Henry JamesMemories and impressions of those family vacations cam together later as a literary influence to most successful of his wrintings, to the lighthouse. However, the period happiness does not last.

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Virginia is a femmist activist eithim the movement for women’s suffragette anda reflects several times in his works on women . IN A Room of One’s Own in 1929 in the theme of discrimination and the role of women in Three Guineas of 1938 sees the depth of human dominant figure in contemporary history.In the summer of 1940 the last public work , between the Acts, while Britain is at war.Meanwhile her depression in becoming more violent anda pressing. Virginia likes to surround with people but when one falls in the state of anxiety and mood swings typical of the disease. Contributing to the increase of his phobias ad the progress of the war. Finally on March 28,1941 he filled his pockets with stones and drowned herself in the river Ouse, not far from home, near Rodmell.Her ashes were buried in the garden of Monk’s House in Rodmell under an elm. Virginia has suffered from headaches that have forced her to bed for months.

A ROOM OF ONE’S OWN

A room of one’s own was published for the first time October 24,1929 and was based on a series of lectures at Newnham and Girton college, Cambrige 1928.The paper examines the possibility of women being able to produce work as good as that of William Shakespeare, among other topics. In a particular section, Woolf invented a fictional character, that of Judith ‘ ‘ Shakespeare’s to illustrate that a woman with the same gifts of the bard would have seen all denied the opportunities given to him to develop the talent, just because being are closed to women. But woolf does not well only on thi also examines the careers of several female author bubtly refers to many of the most important intellectuals.

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ARTI 37: LA DONNA LAVORATRICE

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo d’età per il lavoro salariato.La repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione."L’articolo 37 è dedicato in particolar modo alla tutela del lavoro delle donne e dei minori. Per l’epoca in cui fu scritto ben si può affermare che abbia largamente anticipato il costume sociale. Molte norme di legge che sancivano discriminazioni oggi inammissibili hanno resistito a lungo, prima di essere sostituite da una disciplina conforme al principio costituzionale della parità tra uomo e donna in materia di lavoro. La condizione della donna ha percorso un lungo e faticoso cammino d’emancipazione che non si è ancora completato. Non è necessario andare a ritroso di secoli, ma soltanto di pochi decenni per trovare nella legislazione italiana norme giuridiche che non attribuivano alle donne gli stessi diritti dell’uomo. La legge 17 luglio 1919, n. 1176 sopravvissuta quasi integralmente fino al 1960 escludeva per esempio le donne da tutte le professioni che implicavano <>. Conseguentemente erano escluse dall’incarico di direttore generale presso qualsiasi Ministero, di ragioniere generale dello Stato, dal ruolo diplomatico e consolare, dalla Magistratura di ogni ordine e grado; alle donne era precluso perfino l’accesso alle carriere di concetto presso la Corte dei conti e presso le segreterie degli uffici giudiziari. La Corte costituzionale, chiamata a decidere sulla diversa età pensionabile (55 anni per le donne, 60 per l'uomo) he dichiarato che il principio affermato dall'art, 37 non significa un livellamento generale, nè uguaglianza meccanicamente applicata e

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che "sussistono innegabilmente particolai attitudini dell'uno e dell'altro sesso idonei a determinati uffici e di tali attitudini il legislatore può tenere discrezionalmente conto". La legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sulla tutela della lavoratrice madre detta norme sul divieto di licenziamento fino a un anno di età del bambino, fissa il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, il trattamento economico, il diritto di riposo giornaliero per alimentare il bambino , le assenze facoltative e il diritto di astensione dal lavoro in caso di malattia del bambino di età inferiore ai tre anni.

Lontano dalle "stanze dei bottoni" Le donne, nel corso degli anni, si sono ritagliate molti spazi nel mondo del lavoro, grazie alla loro professionalità ed alla loro adattabilità alle mutevoli condizioni del mercato. Tranne casi sporadici, si può affermare che le donne si trovano in ogni settore professionale, anche se in misura più o meno consistente. Non ci si deve, però, far trarre in inganno. Infatti, sebbene le donne ottengano un posto di lavoro, in genere si tratta di un'occupazione di basso rango: un lavoro noioso e ripetitivo, con uno scarso livello di responsabilità. Lo scatto professionale, di solito, è riservato ai colleghi. Nei centri decisionali, continuano a sedere gli uomini, nonostante la scelta possa essere effettuata anche nei confronti di una donna. Il problema, spesso, consiste nel fatto che per quanto concerne la qualifica di top manager, non esistono dei criteri specifici. Ossia la chiamata avviene nominalmente, e colui che effettua tale scelta, la fa sulla base delle proprie preferenze, piuttosto che in riferimento a delle regole ben precise. Lo scatto di carriera, inoltre, è spesso ostacolato (per le mamme lavoratrici) dal periodo di assenza dal posto di lavoro, dovuto alla "maternità". Pochi mesi, sono infatti sufficienti, per rendere obsolete e inutilizzabili le capacità professionali dell'impiegata, che al suo ritorno si trova bloccata ogni possibilità di migliorare la propria posizione. Stesso discorso vale per le donne, che in un periodo della loro vita lavorativa e per ragioni molteplici, hanno scelto il "part time". Coloro, che hanno preferito questa strada, tornando all'impiego "full time" sono considerate impiegate di "serie B", e pertanto non hanno la possibilità di aspirare ad una posizione di maggiore responsabilità. Una situazione, quest'ultima, condivisa anche dai colleghi, che hanno vissuto la stessa esperienza. Infine l'altro grande problema è rappresentato dall'accesso ai corsi di formazione aziendale, spesso indispensabili, per acquisire la competenza necessaria, per ottenere la tanto desiderata "promozione". Gli orari dei corsi, spesso infatti, non rientrano nell'orario lavorativo. Le donne che hanno una famiglia a carico non possono permettersi, nella maggior parte dei casi, di protrarre troppo a lungo la loro lontananza da casa e pertanto devono rinunciarvi. Oppure, i corsi di perfezionamento professionale sono di frequente riservati a delle categorie d'impiegati, che già occupano una posizione di responsabilità. In questo modo, quindi, le donne ( egli uomini) che non ricoprono tali incarichi, non possono disporre degli strumenti necessari per conseguire i titoli necessari ad occupare una posizione dirigenziale. Le donne, tuttavia, danno un gran peso alla formazione. Da una recente ricerca della CGIL, è emerso che i giovani (ed in particolar modo le giovani) sarebbero disposti a rinunciare ad una parte del loro stipendio, in cambio di un corso di formazione all'interno dell'azienda in cui lavorano. La famiglia costituisce uno degli ostacoli più insormontabili per una donna che lavora. I tempi del lavoro moderno ed i tempi della famiglia non coincidono. La cura dei figli, del coniuge e della famiglia in generale è affidata e delegata interamente anche alla donna lavoratrice, che deve riuscire a conciliare i propri

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impegni professionali, con quelli familiari a scapito del suo rendimento e del suo tempo libero. Questo implica, che una donna con famiglia potrebbe assentarsi più spesso dal luogo di lavoro rispetto ai propri colleghi, per accudire un figlio malato, o per accompagnarlo dal medico. Ciò influisce sulla disponibilità dell'impiegata, che non può, per ovvie ragioni dedicarsi "anima e corpo" al proprio lavoro. Ciò costituisce una discriminante per i datori di lavoro, sia al momento dell'assunzione (non è raro che durante un colloquio di lavoro venga richiesto alla candidata se ha figli o se intende averne), sia al momento della promozione. La proposta di legge sui congedi parentali, che il ministro per gli Affari Sociali, Livia Turco, ha presentato alle Camere, potrebbe essere una buona ricetta, ma non risolutiva di un problema più profondo. Non a caso una delle esigenze più sentite dalle lavoratrici, riguarda la diversa organizzazione del lavoro sulla base dei tempi femminili, che richiedono una maggiore elasticità in virtù del lavoro di cura che le donne effettuano all'interno della società. Generalmente parlando, questi ostacoli potrebbero essere facilmente rimossi attraverso un provvedimento legislativo, o più agevolmente attraverso il buon senso, destinato ad avere effetti più duraturi. Il problema, però, è soprattutto di natura culturale. La società italiana, infatti, non riconosce ufficialmente e pienamente il ruolo e i diritti della donna lavoratrice. Inoltre nonostante i numerosi sforzi in questa direzione, la società italiana è ancora pervasa da una serie di pregiudizi, basati sulla sessualità, che rimandano ad uno stereotipo femminile inesistente, spesso responsabile delle difficoltà che le donne incontrano nel mondo del lavoro.

Le molestie sul lavoro

Uno dei problemi principali, che le donne incontrano sul posto di lavoro sono le "avance" poste in atto dai colleghi e/o dal "principale". Si tratta di un problema molto grave, che non ha una soluzione, eccettuando l'abbandono del posto di lavoro (spesso unica risorsa economica del nucleo familiare), o nel migliore dei casi il trasferimento. In ogni caso l'avanzamento di carriera è oramai escluso, poiché in molti casi la donna viene trasferita in settori dove non c'è possibilità di migliorare la propria posizione professionale. Il paradosso sta nel fatto che la

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donna molestata viene ulteriormente penalizzata dai provvedimenti dell'ufficio del personale, quando, in realtà è la parte lesa. La conseguenza è che la molestia rimane un fatto privato della donna, che per pudore personale non condivide con nessuno il suo dolore. I colleghi e la famiglia avanzerebbero le proprie perplessità sulla veridicità del suo racconto, affermando che è nell'atteggiamento (nell'abbigliamento, nel comportamento o nell'aspetto) della donna la causa di eventuali proposte, o di eventuali libertà, che il collega o il capo si sono permessi di prendere. In Italia attualmente in assenza di una normativa dettagliata in tema di molestie sul lavoro, si può ricorrere agli artt.4 ed 8 della Legge 125/91: "Realizzazione parità uomo - donna", in base ai quali si prevede la "Possibilità di agire in giudizio contro il datore di lavoro per atti o comportamenti che portino ad una discriminazione anche indiretta sui lavoratori in ragion del sesso"; la legge prevede anche "l'istituzione del consigliere di parità, che ha l'obbligo di rapporto all'autorità giudiziaria per i reati di cui venga a conoscenza nell'esercizio delle sue funzioni". In caso di molestie inoltre, si può ricorrere alle norme circa gli atti di libidine violenta, atti osceni, atti contrari alla pubblica decenza, violenza privata e aggressione; oppure all'artt.660 del Codice Penale, "molestia o disturbo". Oppure, si può ricorrere al reato di "Abuso di atti di ufficio, concussione", e all'artt.2087 del Codice Civile: "dovere dell'imprenditore di fare il necessario per tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro". Queste disposizioni di legge, tuttavia, non sono sufficienti per assicurare la tutela della donna molestata. Il problema di fondo consiste nel fatto che non sempre la molestia sessuale è oggettivamente riscontrabile, in quanto spesso si tratta di gesti "innocui" (un regalo non gradito, un eccessivo contatto fisico, discorsi sulla propria sessualità), che, però, nel loro insieme hanno gli effetti di una violenza psicologica. Ciò nonostante, queste norme anche se non sono esaurienti e dettagliate in materia di molestie possono costituire egualmente un valido supporto legislativo. Le istituzioni hanno sentito, comunque, la necessità di elaborare una normativa "ad hoc" per le molestie sul lavoro. Infatti è stato presentato un disegno di legge, che tratterà questa materia con maggiore specificità.

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LA maternitàa tutela della maternità è un principio

La tutela della maternità è un principio fondamentale sancito dall’articolo 37 della Costituzione: la legge italiana garantisce la protezione della salute della lavoratrice madre e il diritto del bambino ad un’adeguata assistenza. Nel corso del tempo si è modificata la disciplina della tutela della maternità per venire incontro a diverse esigenze. La maggiore novità ha riguardato i “congedi dei genitori”, che garantiscono un sostegno ampio ed effettivo non solo alla maternità ma anche alla paternità.

Il congedo di maternità

Il cosiddetto congedo di maternità è una forma di tutela ampia e flessibile,garantita durante la gravidanza e nei primi mesi di vita del bambino o dell’ingressoin famiglia di un bambino per adozione o affidamento.

La gravidanza

a legge vieta di far lavorare le donne nei due mesi precedenti la data presuntadel parto (astensione obbligatoria ante partum) e nei tre mesi successivi alladata effettiva del parto (astensione obbligatoria post partum).Nel caso in cui la data effettiva del parto sia successiva a quella presunta, l’astensioneobbligatoria ante partum è prolungata fino alla data della nascitaeffettiva del bambino.Negli ultimi anni è stata introdotta la cosiddetta flessibilità dell’astensioneobbligatoria che consente alla lavoratrice dipendente di ritardare il periododi assenza obbligatoria fino a un mese prima della data presunta del parto, e

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di potere così usufruire di quattro mesi di astensione obbligatoria dopo la nascitadel bambino.La flessibilità viene concessa a condizione che il medico specialista delServizio Sanitario Nazionale (o con esso convenzionato) ed il medico competenteai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro (il medicoaziendale, nelle aziende dove è previsto un obbligo di sorveglianza sanitaria)attestino che ciò non può portare danno alla salute della madre o delbambino.Se non è previsto sul posto di lavoro il medico competente, è compito dellospecialista del Servizio Sanitario Nazionale (o con esso convenzionato) certificarel’assenza di ogni situazione pregiudizievole dopo aver preso visione dell’attestatodel datore di lavoro.Nel caso in cui il bambino nasca morto, o deceda successivamente al parto, lalavoratrice ha comunque diritto alle prestazioni economiche per i tre mesisuccessivi al parto, o per un periodo maggiore in casi di parto prematuro.Per poter esercitare questo diritto è necessario presentare prima dell'inizio del periodo di congedo previsto dall'art. 16, D. Lgs. n. 151, del 2001, un certificato rilasciato da un medico ginecologo del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato, al datore di lavoro e all'INPS. La lavoratrice è tenuta altresì a presentare, entro trenta giorni, la dichiarazione di nascita del figlio. L'art. 17 del D. Lgs. n. 151 del 2001, cit. stabilisce che quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli è prevista l'anticipazione del congedo di maternità a tre mesi dalla data presunta del parto. Durante il periodo di astensione obbligatoria la lavoratrice percepisce l'80% della retribuzione. Il periodo di congedo di maternità viene conteggiato per il riconoscimento dell'anzianità di lavoro. (ferie, tredicesima, progressione della carriera). Inoltre, le ferie e le altre assenze spettanti alla lavoratrice non possono essere godute contemporaneamente ai periodi di congedo.

IL CONGEDO PARENTALE

Terminato il periodo di congedo di maternità, è possibile richiedere ulterioriperiodi di assenza per assistere il bambino.Il congedo parentale (astensione facoltativa) può essere richiesto anche dalpadre ed è riconoscibile fino agli otto anni di età del bambino.Le lavoratrici autonome possono goderne in misura ridotta, fino ad un massimodi tre mesi, entro il primo anno di vita del bambino, e non è previstoche possa usufruirne il padre.Il congedo parentale è utilizzabile come segue: 6 mesi, continuativi o frazionati, per la madre; 6 mesi, elevabili a 7, continuativi o frazionati, per il padre; 10 mesi, continuativi o frazionati, qualora sia un solo genitore a prendersicura del bambino. La condizione di genitore “solo” viene riconosciuta nelcaso in cui l’altro sia morto, abbia abbandonato la famiglia o non abbia riconosciutoil figlio. L’affidamento ad un unico genitore deve risultare daun provvedimento formale.

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L’astensione può essere goduta in un’unica soluzione o frazionata; in quest’ultimocaso, per calcolare un mese si sommano le giornate di assenza di ciascunperiodo fino a raggiungere i 30 giorni.I congedi parentali dei due genitori non possono superare complessivamenteil limite di dieci mesi (undici se il padre fruisce della elevazione).Anche i genitori adottivi o affidatari possono usufruire del congedo parentaleed i limiti di età del bambino sono superiori a quelli previsti per i figli biologici(si vedano le pagine 12 e 13).La disciplina sin qui descritta si applica per ciascun figlio, fino agli otto anni di vita.In caso di parto gemellare o plurigemellare ciascun genitore ha diritto a fruire, perogni nato, del numero di mesi di congedo parentale previsti per un solo figlio.La regola è valida anche nell’ipotesi di adozioni ed affidamenti di più minori il cui ingressoin famiglia avvenga nella stessa data.

A chi aspetta

I due genitori possono utilizzare il congedo parentale anche contemporaneamente: il padre,infatti, può fruirne nel periodo in cui la madre è in congedo di maternità o quandobeneficia dei riposi giornalieri per allattamento.Il padre ha un diritto individuale al congedo, per cui ne può usufruire anche qualora la madre non ne abbia un diritto.Il congedo parentale è riconosciuto a tutti i lavoratori che abbiano un rapportodi lavoro dipendente, dall’inizio e durante il periodo di astensione facoltativa.Sono esclusi: gli addetti ai servizi domestici; i lavoratori a domicilio; i lavoratori iscritti alla Gestione separata.Per tutte le altre categorie il diritto all’indennità giornaliera si esaurisce immediatamentese, nel corso del periodo di astensione, il rapporto di lavorocessa o viene sospeso.L’indennità spetta, se il bambino è vivente, per tutto il periodo di congedoparentale. Se il bambino decede nel corso del periodo richiesto, il diritto cessaautomaticamente dal giorno successivo alla morte.Il periodo di congedo parentale può essere sospeso dall’insorgenza di unamalattia debitamente certificata.

Quanto spetta

L’indennità di congedo parentale è pari al 30% della retribuzione media globalegiornaliera (calcolata con gli stessi criteri previsti per il congedo di maternità),la domandai genitori che intendono chiedere il congedo parentale devono presentareall’Inps e al datore di lavoro la domanda di congedo (il cui modulo è disponibilepresso le sedi Inps e sul sito dell’Istituto www.inps.it, nella sezione “moduli”)allegando la seguente documentazione: certificato di nascita, da cui risulti la paternità e la maternità o analoga certificazioneda cui risultino gli stessi elementi, o anche dichiarazione sostitutiva

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(sempre che la documentazione non sia già stata presentata); dichiarazione di responsabilità dell’altro genitore (non richiedente), cheattesti gli eventuali periodi di congedo parentale di cui ha usufruito per ilfiglio (con indicazione del datore di lavoro, per i lavoratori dipendenti); analoga dichiarazione del richiedente che attesti i periodi di congedo parentale eventualmente già goduti; impegno di entrambi i genitori a comunicare eventuali e successive variazioni.

GARANZIE PER L E LAVORATRICI MADRILa legge prevede alcune forme di tutela che garantiscono alla lavoratrice madre,nella generalità dei casi, il mantenimento del posto di lavoro e il pagamentodell’indennità anche in caso di dimissioni.Il divieto di licenziamentoUna delle forme più importanti di tutela del lavoro della madre è costituitadalla particolare disciplina in materia di licenziamento.La legge, infatti, vieta al datore di lavoro di licenziare la lavoratrice dall’iniziodella gestazione fino al compimento di un anno di età del bambino (ovvero,in caso di adozione o affidamento, fino ad un anno dall’ingresso del minorein famiglia).Il divieto di licenziamento si applica inoltre alle seguenti situazioni particolarie vale per i periodi descritti: in caso di bambino nato morto o deceduto entro il periodo di astensioneobbligatoria post-partum, fino allo scadere dei tre mesi (quattro in caso diflessibilità, cinque in caso di parto prematuro) dal giorno del parto; in caso di decesso del bambino tra i tre mesi ed un anno di età, per diecigiorni dalla data della morte.Eccezioni al divieto di licenziamentoIl divieto non è assoluto, poiché la legge prevede eccezioni.E’ infatti ammesso il licenziamento nei seguenti casi: per colpa grave della lavoratrice, considerata giusta causa per la risoluzionedel rapporto di lavoro. Se il licenziamento per giusta causa avviene durantei periodi di congedo di maternità, la lavoratrice non perde il diritto all’indennitàdi maternità; per cessazione dell’attività aziendale; per scadenza dei termini nei contratti a tempo determinato; in caso di esito negativo del periodo di prova.Le addette a lavorazioni stagionali, licenziate per cessazione dell’attivitàaziendale, hanno diritto, fino al compimento di un anno di vita del bambino,alla precedenza nella riassunzione in caso di ripresa dell’attività stagionale, ameno che non si trovino ad usufruire del periodo di astensione obbligatoria.In caso di dimissioniLa legge interviene a tutelare la lavoratrice riconoscendole l’indennità di maternitàanche nel caso in cui presenti le dimissioni nel periodo che va dall’iniziodella gestazione fino al compimento di un anno di vita del bambino (ovvero,in caso di adozione, fino ad un anno dall’ingresso del minore in famiglia).Per evitare, inoltre, che dietro le dimissioni si celi in realtà un licenziamentoda parte del datore di lavoro, le dimissioni presentate in tale periodo vannocomunicate per la loro convalida al Servizio Ispettivo del Ministero delLavoro competente per territorio.

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I congedi per maternità ai fini pensionisticiIl periodo di congedo di maternità vale a tutti gli effetti per il calcolo dell’anzianitàdi servizio, con tutto ciò che ne deriva (maturazione ferie, mensilità aggiuntive,scatti di anzianità, progressioni di carriera e tutto ciò che è previsto daicontratti collettivi).Il periodo di congedo di maternità è inoltre considerato come periodo utileper la pensione. L’accredito della contribuzione (detta figurativa) viene effettuatodall’Inps su richiesta della lavoratrice. Anche se la madre partorisce in unperiodo in cui non presta alcuna attività lavorativa, può, con una apposita domandaall’Inps, chiedere l’accredito della contribuzione figurativa del periodocorrispondente al congedo di maternità (due mesi prima e tre mesi dopo il parto).L’accredito viene riconosciuto a condizione che, al momento della domanda,l’interessata possa far valere almeno cinque anni di contribuzione.E’ inoltre possibile il riscatto, cioè il pagamento in proprio dei contributi, anchedel periodo corrispondente al congedo parentale.