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Bollettino bimestrale - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n o 46) art. 1, comma 2, DCB Roma Anno LIX • Maggio-Giugno n. 3/2015 delle Figlie di S. Maria della Provvidenza Opera Femminile Don Guanella All’interno: Sentieri meditativi sui passi di san Luigi Guanella Borgonuovo di Piuro (So). Cascate dell’Acquafraggia

La Voce - 3/2015

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delle Figlie di S. Maria della Provvidenza, Opera Femminile Don Guanella

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Anno LIX • Maggio-Giugno • n. 3/2015

delle Figlie di S. Maria della ProvvidenzaOpera Femminile Don Guanella

All’interno:Sentieri meditativi

sui passi di san Luigi GuanellaBorgonuovo di Piuro (So). Cascate dell’Acquafraggia

In copertina: Borgonuovo di Piuro (Sondrio). Cascate dell’Ac-quafraggia. Si trovano poco sotto il paese di Savogno, dovedon Guanella è stato parroco diversi anni.

Periodico bimestraledelle Figlie di S. Maria della Provvidenza

Opera Femminile Don Guanella•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••CASA GENERALIZIA DELLA CONGREGAZIONEDELLE FIGLIE DI S. MARIA DELLA PROVVIDENZAPiazza S. Pancrazio, 9 - 00152 RomaTel. 06.58.82.082 - Fax 06.58.16.392 - www.cgfsmp.org

Direzione: Suor GIUSTINA VALICENTI

Amministrazione: Suor LETIZIA [email protected]

Redazione: Suor MARIA TERESA NOCELLATel. 06.58.09.361 - 06.58.99.043 - [email protected]

Con approvazione ecclesiastica

«LA VOCE» viene inviata ai componenti la Famiglia guanellia-na, agli amici e ai sostenitori delle Opere di Don Guanella.Eventuali altre richieste vanno inoltrate alla Redazione.

Ogni contributo sarà gradito e servirà a sostenere e migliorarequesta nostra rivista.

Potrete inviarlo tramite il nostro ccp N. 54079009 intestando a:ISTITUTO FIGLIE S. MARIA DELLA DIVINA PROVVIDENZAPiazza S. Pancrazio, 9 - 00152 Roma

Direttore responsabile: MARIO CARRERA

Autorizzazioni: Tribunale di Como n. 82 del 26-3-1957 Tribunale di Roma n. 17573 del 24-2-1979

Associato all’Unione Stampa Periodici Italiani

•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••AVVISO AI LETTORINel rispetto di quanto stabilito dalla legge n. 196/2003, concernen-te la “privacy” dei dati personali dei lettori, garantiamo la riserva-tezza di tali dati, che fanno parte dell’archivio elettronico di que-sto periodico, gestito dalla Congregazione delle Figlie di S. Mariadella Provvidenza, ente proprietario.• I vostri dati, pertanto, non saranno oggetto di comunicazione o

diffusione a terzi.• In qualsiasi momento si desiderasse apportare modifiche

o cancellazione, si potrà farlo scrivendo alla Redazione della rivista.

•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••Consulenza grafica: Giovanni Maccari

Fotocomposizione, selezioni e stampa: 3F PHOTOPRESS SNCdi Fantasticini S. & F.lli - Viale di Valle Aurelia, 105 - 00167 Roma

Finito di stampare nel mese di giugno 2015

ANNO LIX - N. 3 MAGGIO-GIUGNO 2015

Don Mario Carrera 1 Caro don Luigi (Guanella)

CHIESA NOSTRA MADRELa Redazione 2 L’Anno Santo della MisericordiaGiovanni Paolo II 4 Lo Scapolare della Madonna del Carmelo (a cura di suor M.T. Nocella) e san Giovanni Paolo IIPaolo Lorizzo 7 La storia e la tomba di san Pietro nella Necropoli vaticanaMons. Tonino Bello 11 Preghiera al Vescovo dei poveri e martire della pace Beato Oscar Arnulfo RomeroP. Giuseppe Santarelli 12 Dove chiuse i suoi giorni Maria: a Efeso o a Gerusalemme?

FAMIGLIA GUANELLIANA

Cooperatori guanelliani 14 Don Guanella di fronte alla morteDon Nino Minetti sdc 18 San Luigi Guanella. Cosa c’è nella sua eredità?Prof. Carlo Laudazi ocd 22 Seguendo la beata Chiara Bosatta. Profilo umano•spirituale

FINESTRE SUL MONDO 26 La Madonna dei brigantiMarco Spaggiari 29 Mauro, spiegami la vitaGianni Moralli 32 Don Giuseppe BuzzettiMons. Vincenzo Bertolone 34 Il sapore dell’acquaMichela Carrozzino fsmp 36 Milano ospita VI Congresso internazionale Mediterraneo senza handicapFrancesco Sapio 37 EXPO Milano 2015

VOCI DAL SILENZIOGilda Mori 39 Danze di volti intorno ad un’immagine

VIVERE LA FESTASilvia Fasana 42 Sentieri meditativi (a cura di suor M.T. Nocella) sui passi di san Luigi Guanella

TESTIMONIANZEMons. E. dal Covolo sdb 56 Educare con il cuore di don Bosco

VOCE FAMIGLIAOsvaldo Rinaldi 60 La santità del matrimonio: Luigi e Maria Beltrame QuattrocchiMons. E. dal Covolo sdb 62 Le lacrime di santa Monica e la conversione di sant’Agostino

PROPOSTE GIOVANIGilda Mori Cavedoni 65 Il dono dell’amicizia in Benedetta Bianchi PorroServizio civile ODG 68 Noi ci siamo! E tu? 69 GMG Cracovia 2016Esperienza Eremo Giovani 70 Spendersi nell’operare il bene 72 La pagina dei ragazzi.

C’era una volta un sasso... 73 Per i più piccoli da colorare

VITA GUANELLIANAAfghanistan (Kabul - PBK): 75 • Svizzera(Maggia CT - Casa Beato Luigi Guanella): 77• Germania (Procura guanelliana): 77 •Cosenza (Casa Divina Provvidenza): 79-81 •Roma (Casa S. Maria della Provvidenza): 82• Roma (Casa S. Pio X): 82 • Fratta Polesine(Casa Sacra Famiglia): 84-85 • Menaggio(Casa Giardino degli Ulivi): 86 • Pianello delLario (Casa S. Cuore): 88 • Trecenta (CasaSant’Antonio): 90 • Roma (Casa S. Maria del-la Provvidenza): 94

NELLA CASA DEL PADRESuor Virgilia Vitali: 95 • Suor Maria Teresa Cia-poni: 95 • Suor Giulia Fabani: 96

Sommario

1La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

Ai lettori

Caro don Luigi,sei passato in mezzo a noi come il Buon Samaritano.La tua persona non parlava solo di un sentimento d’amore,ma di un amore fatto carne nella sofferenzae nel disagio dei feriti nella vita.Tu hai camminato sempre sulla stradache dal Tempio di Gerusalemmeconduce agli accampamenti dei poveridesiderosi di affetto, di casa, educazione, compagnia.A ogni incontro lasciavi un profumo di santitàe un benefico contagio di imitazione.

Caro don Luigi,il tuo passo da montanaro fu instancabile.Camminavi con le mani piene di seme della speranza.In quei sentieri del disagioseminavi conforto, sorrisi, affettuose carezzeche rendevano gli occhi illuminati di gioiae riscaldavi i cuori per vincere il gelo di un futuro difficile.

Caro don Luigi,per te ogni persona era tuo prossimo, parente, fratello e sorella.In te le anime buone hanno trovato conforto,energie per perseverare nel bene.Le «pecorelle smarrite» scoprivano in te un padre accoglientesempre alla ricerca di frammenti di bontà da illuminare,far crescere e fruttificare.

Caro don Luigi,aiutaci a respirare con nostalgia il profumo della tua santità;sostienici nel nostro impegno di solidarietà verso il prossimobisognoso del nostro tempo e del nostro affetto.Ottienici da Dio di perseverare nella via del bene;aiutaci a capire che non possiamo essere contenti da solie a scrivere nella vita quotidiana pagine di Vangelo vivo.

Amen.

Don Mario CarreraDirettore responsabile La Voce FSMP

Caro don Luigi(Guanella)

della celebrazione penitenziale,con la quale il Santo Padre haaperto l’iniziativa 24 ore per il Signore.L’annuncio ufficiale e solennedell’Anno Santo è stato dato il12 aprile scorso, con la letturae pubblicazione presso la PortaSanta della Bolla nella Domeni -ca della Divina Misericordia, fe-sta istituita da san Giovanni Pao-lo II, che viene celebrata la II Domenica di Pasqua.

Le origini ebraiche

Anticamente, presso gli Ebrei, ilGiubileo era un anno dichiaratosanto che cadeva ogni 50 anni esi apriva al suono dello shofar.Era detto «anno della remissio-ne» o «della liberazione» o «delperdono», nel quale si doveva re-stituire l’uguaglianza a tutti i figlid’Israele. La legge del Giubileoregolava la questione socioeco-nomica: dava la possibilità adogni Israelita di ricominciare lavita di nuovo sulla base del-l’uguaglianza. Impediva perciòche si diventasse o troppo ricchio perpetui schiavi e poveri. Si di-fendeva la libertà di tutti, la giu-stizia sociale, l’uguaglianza tra ifigli di Israele, si proteggevano ideboli e la famiglia. Tutto ciòsi fondava sui principali fonda -menti religiosi, teologici ed etici del l’Antico Testamento: Dio è il

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 20152

CHIESA NOSTRA MADRE

La Redazione

L’Anno Santodella Misericordia

I

Lo shofar è usato per annunciare laluna nuova e le feste solenni(Numeri 10, 10; Ps 81, 4) così comeper proclamare l’anno del Giubileo(Levitico 25, 8-13).

L’Anno Santo straordinarioavrà inizio nel 50o della chiusuradel Concilio Vaticano II e si concluderàil 20 novembre 2016, nella solennità di Cristo Redell’Universo

l Giubileo della Misericor-dia avrà inizio con l’apertu-ra della Porta Santa in SanPietro nella solennità del-l’Immacolata Concezione

2015 e si concluderà il 20 novem-bre 2016, nella solennità di No-stro Signore Gesù Cristo, Re del -l’Universo.L’annuncio è stato fatto il 13marzo scorso, nel secondo an -niversario dell’elezione di Pa -pa Francesco, durante l’omelia

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

Signore del tempo e della storia,Dio il vero proprietario della ter-ra, Dio il liberatore di Israele.

Nella Chiesa cattolicaLa Chiesa cattolica ha dato algiubileo ebraico un significatonon socioeconomico, ma spiri-tuale. Consiste in un perdono ge-

nerale, un’indulgenza aperta atutti, e nella possibilità di rinno-vare il rapporto con Dio e il pros-simo. L’Anno Santo è sempreun’opportunità per approfondirela fede e vivere con rinnovato im-pegno la testimonianza cristiana.La tradizione dell’Anno Santo haavuto inizio nella Chiesa cattoli-ca con papa Bonifacio VIII, ilquale aveva previsto un giubileoogni secolo. Dal 1475 – per per-mettere a ogni generazione di vi-vere almeno un Anno Santo – ilgiubileo ordinario fu cadenzatocon il ritmo dei 25 anni. Gli AnniSanti ordinari celebrati fino adoggi sono 26. L’ultimo è stato ilGiubileo del 2000.La consuetudine di indire giubi-lei straordinari risale al XVI se-colo. Gli ultimi Anni Santi straor-dinari (che vogliono celebrareeventi straordinari) del secoloscorso sono stati quelli del 1933,indetto da Pio XI per il XIX cen-tenario della Redenzione, e quel-lo del 1983, indetto da GiovanniPaolo II per i 1950 anni della Re-denzione.Con il Giubileo della Misericor-dia Papa Francesco pone al cen-tro dell’attenzione il Dio miseri-cordioso che invita tutti a torna-re da Lui. L’incontro con Luiispira la virtù della misericordia.La misericordia è un tema moltocaro a Papa Francesco, che giàda vescovo aveva scelto come suomotto «Miserando atque eligen-do». Nel testo dell’edizione ita -

3La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

Cripta del duomo di Anagni, paese natio di Bonifacio VIII,il papa che ha dato inizio agli anni giubilari nella Chiesa cattolica.

Roma, San Pietro. Giovanni Paolo IIapre la Porta Santa dell’Anno Santo

ordinario del 2000.

liana dell’esortazione apostolicaEvangelii gaudium il termine mi-sericordia appare ben 31 volte.

La Porta SantaIl rito iniziale del Giubileo èl’apertura della Porta Santa, cheviene aperta solo durante l’AnnoSanto, mentre negli altri anni ri-mane murata. Hanno una PortaSanta le quattro Basiliche Papalidi Roma: San Pietro, San Gio-vanni in Laterano, San Paolofuori le mura e Santa MariaMaggiore. Le Porte Sante di que-ste altre basiliche verranno aper-te successivamente all’aperturadella Porta Santa della Basilicadi San Pietro.Il rito di aprire la Porta Santaesprime simbolicamente il con-cetto che, durante il Giubileo, èofferto ai fedeli un «percorsostraordinario» verso la salvezza.

Gesù ha detto: «Io sono la porta»(Gv 10, 7), per indicare che nes-suno può avere accesso al Padrese non per mezzo suo. I pellegri-ni nel varcare la Porta Santa con-fessano che Gesù Cristo è il Si-gnore e chiedono la grazia di rin-vigorire la fede in Lui, la speran-za nella sua misericordia, l’umil-tà e la docilità nella sua potenzasalvifica. n

Roma, San Pietro.Interno Porta Santa murata.

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 20154

CHIESA NOSTRA MADRE

Giovanni Paolo II(a cura di suor Maria Teresa Nocella)

Lo Scapolaredella Madonnadel Carmeloe san GiovanniPaolo II

San Giovanni Paolo II fu molto devoto della Madonna del Carmelo e si consacrò a lei in te-nera età, attrraverso lo Scapolare del Carmine.Nel suo libro autobiografico «Dono e Mistero.Nel 50o del mio sacerdozio» (1966), alla pagina

37 dell’edizione italiana leggiamo: «A Wadowice, c’era sullacollina un monastero Carmelitano, la cui fondazione ri -saliva ai temi di san Raffaele Kalinowski. Gli abitanti diWadowice lo frequentavano in gran numero e ciò nonmancava di riflettersi in una diffusa devozione per lo Scapolare della Madonna del Carmine.Anch’io lo ricevetti, credo all’età di dieci annie lo porto tuttora».Mons. Oder, postulatore della sua causa di canoniz-zazione, ha dichiarato che papa Giovanni Paolo IIportava lo Scapolare durante l’attentato, come di-mostra la foto di lui degente all’ospedale e il suosegretario, il card. Dziwisz, ha testimo-niato nel processo canonico che egli in-dossava sempre lo Scapolare di stoffa, èmorto di sabato ed è stato sepolto con lostesso Scapolare.Molti sono gli interventi in meritoallo Scapolare del Carmine datidurante il suo pontificato e ci è caroriproporre alcuni testi che possanoaccrescere in noi la devozione el’amore verso la Madonnadel Carmelo e il segno grandedella sua misericordia maternaoffertoci nello Scapolare.

San Giovanni Paolo II incoronala statua della Madonna del Carmine

a Torrespaccata (14.12.1986).

«Flos Carmeli»

In questo mese di luglio (il gior-no 16, celebriamo) il ricordo del-la beata Vergine Maria del MonteCarmelo, tanto cara alla pietà delpopolo cristiano in tutto il mon-do, e legata in modo speciale allavita della grande Famiglia reli-giosa carmelitana.Il pensiero va alla sacra monta-gna (del Carmelo), che nel mon-do biblico è sempre consideratacome simbolo di grazia, di bene-dizione e di bellezza (Carmelovuol dire giardino). Su quellamontagna i carmelitani dedica-rono alla Vergine Madre di Dio,«Flos Carmeli», che possiede labellezza di tutte le virtù, la loroprima chiesa, esprimendo così lapropria volontà di affidarsi com-pletamente a lei e di legare indis-solubilmente il proprio servizio aMaria con quello «in ossequio aCristo» (cfr. «Regola carmelita-na», Prologo).I grandi mistici carmelitani han-no inteso l’esperienza di Dio nel-la propria vita come un «cammi-no di perfezione» (santa Teresadi Gesù), come una «salita delMonte Carmelo» (san Giovannidella Croce). In questo itinerarioè presente Maria. Ella – invocatadai carmelitani come madre, pa-trona e sorella – diviene, in quan-to Vergine purissima, modellodel contemplativo, sensibile al-l’ascolto e alla meditazione dellaParola di Dio e obbediente allavolontà del Padre per mezzo diCristo nello Spirito Santo. Perquesto nel Carmelo, e in ognianima profondamente carmelita-na, fiorisce una vita d’intensa co-munione e familiarità con la Ver-

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gine santa, quale «nuova manie-ra» di vivere per Dio e di conti-nuare qui in terra l’amore del Fi-glio Gesù a sua madre Maria.Una particolare grazia della Ma-donna verso i carmelitani, ricor-data da una veneranda tradizio-ne legata a san Simone Stock, siè irradiata nel popolo cristianocon tanti frutti spirituali. È loScapolare del Carmine, mezzodi affiliazione all’Ordine del Car-melo per parteciparne i beneficispirituali, e veicolo di tenera e fi-liale devozione mariana (cfr. PiiXII «Nemini Profecto Latet»).Mediante lo Scapolare i devotidella Madonna del Carmineesprimono la volontà di plasma-re la loro esistenza sugli esempidi Maria – la madre, la patrona,la sorella, la Vergine purissima –,accogliendo con cuore purificatola parola di Dio e dedicandosi al

servizio zelante dei fratelli. (An-gelus, 24.7.1988)

È aiuto e difesa nei pericoli

Lo Scapolare è un abito che evo-ca, da una parte, la protezionecontinua della Vergine Maria inquesta vita e nel transito alla pie-nezza della gloria eterna; dall’al-tra la consapevolezza che la de-vozione verso di Lei deve costi-tuire una «divisa», cioè uno stiledi vita cristiana, intessuta di pre-ghiera e vita interiore (Udienzagenerale, 12 settembre 2001).La Memoria della Beata Verginedel Monte Carmelo è particolar-mente cara a tutti i devoti dellaMadonna del Carmine. Pure io,fin dalla mia giovinezza, porto al

Haifa, Basilica del Monte Carmelo, Statua della Madonna ivi venerata sotto il nome di Beata Vergine del Monte Carmelo.

Scapolare del Carmine. La parola«scapolare» indica una stoffa che i monaci indossavano sopra l’abitoreligioso durante il lavoro manuale. Col tempo assunse un significatosimbolico: quello di portare la croce di ogni giorno, come i discepoli e i seguaci di Gesù. In alcuni Ordinireligiosi, come nel Carmelo, lo Scapolare divenne segno della loroidentità e della loro vita.

mio collo lo Scapolare della Ver-gine e mi rifugio con fiducia sot-to il mantello della Beata VergineMaria, Madre di Gesù. Auguroche lo Scapolare sia per tutti,particolarmente per i suoi fedeliche lo portano, aiuto e difesa neipericoli, sigillo della pace e segnodella tutela di Maria (Udienza ge-nerale, 16 luglio 2003).

È un «abito», è comunione con Maria

Per i Membri della Famiglia car-melitana Maria, la Vergine Ma-dre di Dio e degli uomini, non èsolo un modello da imitare, maanche una dolce presenza di Ma-dre e Sorella in cui confidare.Giustamente santa Teresa di Ge-sù esortava: «Imitate Maria econsiderate quale debba essere lagrandezza di questa Signora e ilbeneficio di averla per Patrona»(Castello interiore, III, 1, 3).... Il ricco patrimonio marianodel Carmelo è divenuto, nel tem-po, attraverso la diffusione delladevozione del santo Scapolare,un tesoro per tutta la Chiesa. Perla sua semplicità, per il suo valo-re antropologico e per il rapportocon il ruolo di Maria nei confron-ti della Chiesa e dell’umanità,questa devozione è stata profon-damente e ampiamente recepitadal popolo di Dio, tanto da trova-re espressione nella memoria del16 luglio, presente nel Calendarioliturgico della Chiesa universale.

Nel segno dello Scapolare si evi-denzia una sintesi efficace di spi-ritualità mariana, che alimentala devozione dei credenti, ren-dendoli sensibili alla presenzaamorosa della Vergine Madrenella loro vita. Lo Scapolare è es-senzialmente un «abito». Chi loriceve viene aggregato o associa-to in un grado più o meno intimoall’Ordine del Carmelo, dedicatoal servizio della Madonna per ilbene di tutta la Chiesa (cfr. For-mula dell’imposizione dello Sca-

della Vergine Santissima, non so-lo lungo il cammino della vita,ma anche nel momento del tran-sito verso la pienezza della gloriaeterna; dall’altra, la consapevo-lezza che la devozione verso diLei non può limitarsi a preghiereed ossequi in suo onore in alcunecircostanze, ma deve costituireun «abito», cioè un indirizzo per-manente della propria condottacristiana, intessuta di preghiera edi vita interiore, mediante la fre-quente pratica dei Sacramenti edil concreto esercizio delle operedi misericordia spirituale e cor-porale. In questo modo lo Scapo-lare diventa segno di «alleanza» edi comunione reciproca tra Ma-ria e i fedeli esso infatti traducein maniera concreta la consegnache Gesù, sulla croce, fece a Gio-vanni, e in lui a tutti noi, dellaMadre sua, e l’affidamento del-l’apostolo prediletto e di noi aLei, costituita nostra Madre spi-rituale.

«Anch’io lo porto sul mio cuore»

Di questa spiritualità mariana,che plasma interiormente le per-sone e le configura a Cristo, pri-mogenito fra molti fratelli, sonouno splendido esempio le testi-monianze di santità e di sapienzadi tanti Santi e Sante del Carme-lo, tutti cresciuti all’ombra e sot-to la tutela della Madre.Anch’io porto sul mio cuore, datanto tempo, lo Scapolare delCarmine! (Dal Messaggio ai dueSuperiori dell’Ordine CarmelitanoAntico e Riformato, 25 marzo2001) n

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 20156

Giovanni Paolo II: «Anch’io lo ricevetti,credo all’età di dieci anni e lo porto

tuttora...

... porto sempre sul cuore lo Scapolare del Carmine».

polare, nel «Rito della Benedizionee imposizione dello Scapolare»,approvato dalla Congregazioneper il Culto Divino e la Disciplinadei Sacramenti, 5.1.1996). Chi ri-veste lo Scapolare viene quindiintrodotto nella terra del Carme-lo, perché «ne mangi i frutti e iprodotti» (cfr. Ger 2, 7), e speri-menta la presenza dolce e mater-na di Maria, nell’impegno quoti-diano di rivestirsi interiormentedi Gesù Cristo e di manifestarlovivente in sé per il bene dellaChiesa e di tutta l’umanità (cfr.Formula dell’imposizione delloScapolare, cit.).Due, quindi, sono le verità evoca-te nel segno dello Scapolare: dauna parte, la protezione continua

Imposizione dello Scapolare del Carmine.

7La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

Paolo Lorizzo*

* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orien-tali e specializzato in Egittologia pres -so l’Università degli Studi di Roma de«La Sapienza». Esercita la professione diarcheologo.

CHIESA NOSTRA MADRE

La Necropoli vaticana

l complesso della Necropoli va-ticana è una delle aree archeo-logiche più conosciute e me-glio conservate del patrimonioarcheologico della Capitale. In-

dubbiamente l’importanza della ne-cropoli è anche e soprattutto detta-ta dalla presenza della tomba del-l’apostolo Pietro – martirizzato, se-condo una delle tradizioni, all’inter-no del circo di Caligola e Nerone (lacui fondazione è in corrispondenzadella navata sinistra della Basilica)e sepolto nelle vicinanze – per poiessere riscoperta dall’archeologaMargherita Guarducci nel 1953.Spesso però si tende a trascurare iltessuto urbano ove si colloca la zo-na «necropolare», il contesto monu-mentale di grande interesse archeo-logico, ma anche una tradizionestorica di indubbio valore scientifi-co. È ancora sostanzialmente con-troversa l’origine del nome del colleVaticano, dove due ipotesi si con-tendono la paternità del nome. Laprima sostiene che il nome derividalla divinità romana Vaticanus, undio secondario del pantheon roma-no, protettore del neonato durante i

I

La storia e la tombadi san Pietro

nella Necropolivaticana

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 20158

primi vagiti. La seconda ipotesi(in realtà più accreditata) si fon-da sul verbo latino vaticinàri(predire, vaticinare), riferito allapresenza nel luogo di numerosioracoli legati al culto e alla pre-dizione del futuro, probabilmen-te fin dall’epoca etrusca (aruspi-cina), così come confermato daPlinio il Vecchio (...).

Il martirio di san Pietro

«Tu ti chiamerai Pietro e su que-sta pietra edificherò la mia Chie-sa» (Matteo 16, 18). Questa cele-bre frase fu pronunciata da Gesùquando incontrò Simone per laprima volta.L’intento di Gesù è quello di dareuna futura guida alla Sua Chiesae, per farlo, sceglie Simone cheda quel momento in poi si sareb-be chiamato Kefas e cioè «pie-tra», «roccia» (poi trasformato in«Pietro») attraverso il quale Gesùavrebbe dato continuazione al-l’opera da Lui iniziata.L’apostolo Pietro adempirà allaprofezia di Gesù facendosi marti-rizzare sul colle Vaticano sottol’impero di Nerone tra il 64 e il67 d.C.Secondo la tradizione, venne cat-turato e rinchiuso nel carcereMamertino insieme all’apostoloPaolo. Qui convertirono i lorocarcerieri (i santi Processo eMartiniano), che furono battez-zati con l’acqua fatta scaturire daPietro (mediante il segno dellaCroce) dalla Rupe Tarpea.Appena battezzati, i carcerieritentarono di far fuggire i dueapostoli, ma vennero scoperti egiustiziati. Seppur quanto narra-to affondi le sue radici nella tra-dizione leggendaria (dunque conpochi fondamenti storici), restail dato concreto della fondazionedella chiesa di San Pietro in Car-cere, voluta da papa Silvestro Isul luogo della prigionia degliapostoli fin dal IV secolo, a testi-moniare l’arcaicità della tradi -zione.In seguito, Pietro riuscì comun-que a fuggire dal carcere e, pri-ma di giungere presso la via con-

Per non sbagliare, si guardisempre al Papa, che è la stellapolare. Egli solo basta, anchese tutti gli sono contrari: peg-gio per quelli che fraintendonola sua parola.O mia vezzosissima pecorina,Chiesa di Gesù Cristo, mia ma-dre! Io voglio essere tuo, unagnellino che danza nel campodella Chiesa e s’allieta festo-

so, e poi corre a nutrirsi pres-so il seno della mamma, dacui sgorgano rivi di latte: ilfrutto della grazia che il Signo-re porge ancora oggi e sinoalla fine al suo Pontefice, per-ché a sua volta, il buon Padrelo faccia scorrere perché tuttine abbiano vita.

San Luigi Guanella

IL PAPA È LA STELLA POLARE

Giovanni Paolo II in preghiera sulla tomba di san Pietro.

9La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

Si narra che le reliquie vennerosegretamente traslate nottetem-po e trasportate presso le cata-combe di San Sebastiano che lecustodirono fino a quando ven-nero nuovamente trasferite (quel -le di Pietro vennero riportate inVaticano, mentre quelle di Paoloportate in via Ostiense).L’ipotesi però scricchiola non po-co. Ci si chiede infatti perchéostentare con un mausoleo sot-terraneo la presenza dei corpi deidue martiri e soprattutto apparemolto improbabile la traslazionedelle reliquie per poi spostarlenuovamente.Questo tipo di tradizione è pro-babilmente spinta dal ritenerel’elemento cristiano sempre pre-sente e ruotante intorno alle reli-quie degli Apostoli, anche nei pe-riodi di persecuzione dove la loropresenza sarebbe stata pratica-mente impossibile.Si presume in realtà che dopo es-sere stato martirizzato, l’ApostoloPietro venne deposto in una tom-ba semi-anonima nei pressi delcirco di Caligola e soltanto intor-no alla metà del II secolo le reli-quie vennero trasferite all’internodi un piccolo monumento funera-rio, chiamato «edicola di Gaio»,dove vi rimasero fino all’atto del-la scoperta, celate e protette dallesuccessive edificazioni.

Il sepolcro di san Pietro

Quando l’apostolo Pietro vennesepolto, come già precedente-mente illustrato, in una tomba«terragna» nei pressi del circo diCaligola, la sua memoria rimasevivida nelle menti dei primi cri-stiani, ma l’ubicazione della suatomba venne ben presto dimenti-cata a causa del fatto che i cri-stiani, in quei rari periodi in cuinon venivano perseguitati, eranoconsiderati sospetti e quindi im-possibilitati a praticare libera-mente la propria fede.Soltanto con la stipula a Milanodel famoso editto «di Tolleranza»(promulgato nel 313 con l’accor-do tra l’imperatore d’OccidenteCostantino e l’imperatore d’Orien -

solare Appia (l’attuale via AppiaAntica) dove ebbe la visione diGesù che lo invitava a rientrarein città, transitò nei pressi del-l’area che in seguito verrà occu-pata dalle terme di Caracalla (altempo c’erano horti, ville e giar-dini).Qui perse la fascia che aveva allagamba (attualmente conservatapresso la Chiesa dei Santi Nereoe Achilleo) e per questo il luogosacro venne anche detto «in fa-scicola».Tornato a Roma, venne nuova-mente catturato dai soldati diNerone e crocifisso, per sua stes-sa richiesta, a testa in giù.La data della crocifissione è piut-tosto controversa. Alcuni studio-si antichi ritengono sia av venutanel 64 d.C., mentre altri la fannoslittare al 29 giugno del 67 d.C.,contemporaneamente al martiriodi san Paolo.Come precedentemente accenna-to, ci sono due tradizioni legateal luogo preciso in cui l’apostolovenne martirizzato.La prima ritiene si sia svolto tradue grandi monumenti sepolcrali(la Meta Romuli e il TerebinthusNeronis) nei pressi dell’area «ne-cropolare» del colle, mentre laseconda sostiene che sia statomartirizzato all’interno del circodi Caligola, una cui parte dei re-sti sono attualmente conservatisotto la navata sinistra della Ba-silica.Il tratto della Necropoli vaticanache ospita la tomba di Pietro sitrova in corrispondenza della na-vata centrale della Basilica Vati-cana e la tomba in corrisponden-za dell’altare posto al di sotto delBaldacchino realizzato dal Ber-nini.Nonostante l’attribuzione dellatomba nella Necropoli vaticanain seguito alla scoperta avvenutanel 1953 ad opera della studiosaMargherita Guarducci, ci sonoalcune difficoltà nel ricostruire ilquadro storico degli eventi tra ilmartirio e la collocazione defini-tiva dei suoi resti.L’ipotesi più accreditata è quellache ritiene che i resti di Pietrovennero sepolti non lontani dal

luogo del martirio, soprattuttoper creare quel legame tra la se-poltura e il luogo «di sofferenza»dell’apostolo.È anche possibile ipotizzare chevenne sepolto in un terreno diproprietà di persone compiacentile quali, se non proprio dichiara-tamente cristiane (sarebbe statosicuramente pericoloso per loroesporsi, soprattutto in un’epocain cui i cristiani erano chiara-mente osteggiati), quantomenoerano accondiscendenti.Il corpo venne deposto all’inter-no di un sarcofago collocato inuna cripta, probabilmente situa-ta lungo la vicina via Cornelia.I resti dei due Apostoli (pare cheanche quelli dell’apostolo Paolotrovarono identica ed attigua si-stemazione) vennero traslati nel258 durante l’impero di Gallieno,in quanto la loro conservazioneera messa in pericolo dal poterecentrale.

Roma. Basilica di San Pietro.Il baldacchino di Gianlorenzo Berninisi eleva sulla tomba di san Pietro.

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(quelle che oggi chiamiamo «se-polcri di famiglia»), erano in par-te destinate come «colombario»,altre erano invece delle vere eproprie domus, onde poter sep-pellire i defunti appartenenti adintere famiglie. Alcune sono ric-camente decorate da marmi pre-giati, sarcofagi intarsiati, pavi-menti in mosaico e affreschi pa-rietali, questi ultimi spesso ripro-ducenti scene di vita quotidiana,elementi floreali ed animali, non-ché scene di banchetto.La prima campagna di scavi ven-ne effettuata nel decennio 1939-1949 durante tutto l’arco dellaSeconda Guerra Mondiale, nono-stante fosse sempre presente il ti-more di alterare irrimediabil-mente il contesto archeologicopiù importante della cristianità,ma anche di creare danneggia-menti alla basilica soprastante, lecui fondazioni costantinianepoggiavano su una colmata diterra che aveva completamenteseppellito la necropoli.Per l’occasione, infatti, tutte letombe monumentali vennero pri-vate della loro copertura ed inte-ramente riempite di terra, ondeevitare futuri cedimenti della ba-silica.Nel 1950 venne dato l’annuncioda papa Pio XII del ritrovamentodella tomba di Pietro ma nondelle sue reliquie, rinvenute treanni dopo dall’archeologa/epi-grafista Margherita Guarducci,rinvenute poco distanti dall’origi-nario luogo di sepoltura.Le reliquie erano avvolte in unpanno di porpora intessuto di filid’oro, le cui analisi hanno evi-denziato appartenere ad un uo-mo di circa 60/70 anni d’età (at-tualmente ricollocate nella nic-chia originale).Nonostante non si abbia l’assolu-ta certezza della reale apparte-nenza delle reliquie al «Principedegli Apostoli» (anche se il pan-no color porpora intrecciato confili d’oro rappresenti un indizioimportante), la spinta della fedenon porrà mai alcun dubbio neicuori di ciascun fedele.

Da Zenit, 6-13 e 20aprile 2013

te Licinio), si pose fine alle per-secuzioni e venne sancita, dalpunto di vista religioso, la neu-tralità dell’impero.Successivamente, con l’editto diTessalonica voluto dall’imperato-re Teodosio nel 380, il cristiane-simo divenne ufficialmente l’uni-ca religione dell’impero.Questo diede modo ai cristiani diacquisire quella libertà che per-mise di edificare luoghi di culto(spesso costruiti in aree cultualipagane o nei pressi delle sepoltu-re dei martiri), ad imperituragloria e lode a Dio.In seguito al martirio dell’aposto-lo Pietro, venne edificata unapiccola edicola funeraria (defini-ta «Trofeo di Gaio» dal nome delpresbitero che ne ordinò l’edifi-cazione) che contenesse le suereliquie ma, contrariamente aquello che si è portati a pensare,i pellegrinaggi sulla sua tombafurono molto numerosi, proba-bilmente fatti «con discrezione»e scaglionati nel tempo.Questi episodi sono testimoniatidai molti graffiti in lingua latinaritrovati nei pressi del cosiddetto«Muro G», una piccola strutturaintonacata di rosso su cui si ap-poggia l’edicola funeraria.Un’iscrizione in particolare atti-rò, all’atto del ritrovamento, l’at-tenzione degli studiosi, in quantoi termini PETR[...] ENI[...] ven-nero interpretati come «Pétr[os]enì» cioè «Pietro è qui» oppure«Pétr[os] en i[réne]» tradotto co-me «Pietro in Pace».Il «Trofeo di Gaio» venne inglo-bato dall’imperatore Costantinoall’interno di un’altra edicola piùgrande, ricordata dallo storicoEusebio di Cesarea.È su questo monumento costan-tiniano che vennero edificati neltempo gli altari di Gregorio Ma-gno (590-604), di Callisto II(1123) e di Clemente VIII nel1594, poi coperto dal baldacchi-no del Bernini posizionato incorrispondenza della cupola mi-chelangiolesca.L’avvio degli scavi alla ricercadella tomba di Pietro fu piuttostocasuale. Tutto iniziò quando pa-pa Pio XI decise di farsi seppelli-

Le straordinarie immagini dellanecropoli vaticana venuta alla lucecon gli scavi voluti da Pio XI; si notal’ingresso di questi mausolei che in

realtà erano vere e proprie abitazioni,che vennero sotterrate per creare lefondamenta della primitiva basilica

costantiniana di San Pietro.Attraverso gli scavi è stato possibile

accedere alla tomba di Pietro.

re, alla sua dipartita, in un ango-lo specifico delle Grotte Vatica-ne, che risultò essere troppo an-gusto per potervi collocare il sar-cofago. Decisero quindi di abbas-sare il livello del pavimento, madurante le operazioni di scavo siintercettò un cornicione di untetto, in seguito identificato co-me il cornicione di una tombamonumentale.Il ritrovamento indusse lo StatoPontificio ad approfondire le ri-cerche fino a quando si identifi-cò un’intera necropoli formatada tombe pagane e cristiane, lacui datazione si inoltra fino allaseconda metà del III secolo d.C.Le grandi tombe monumentali

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gliezze del linguaggio misurato efarle dire a viso aperto che la cor-sa alle armi è immorale, che laproduzione e il commercio deglistrumenti di morte sono un cri-mine, che gli scudi spaziali sonooltraggio alla miseria dei popolisterminati dalla fame, che la cre-scente militarizzazione del terri-torio è il distorcimento più bar-baro della vocazione naturaledell’ambiente.Prega, vescovo Romero, perchéPietro che ti ha voluto bene e chedue mesi prima della tua morteti ha incoraggiato ad andareavanti, passi per tutti i luoghidella terra pellegrino di pace econtinui audacemente a confer-mare i fratelli nella fede, nellasperanza, nella carità e nella di-fesa dei diritti umani là dove essivengono calpestati.Prega, vescovo Romero, perchétutti i vescovi della terra si fac-ciano banditori della giustizia eoperatori di pace, e assumano lanonviolenza come criterio erme-neutico del loro impegno pasto-rale, ben sapendo che la sicurez-za carnale e la prudenza dellospirito non sono grandezze com-mensurabili tra loro.Prega, vescovo Romero, per tutti ipopoli del terzo e del quarto mon-do oppressi dal debito.Facilita, con la tua implorazionepresso Dio, la remissione di questidisumani fardelli di schiavitù.Intenerisci il cuore dei faraoni.Accelera i tempi in cui un nuovoordine economico internazionaleliberi il mondo da tutti gli aspi-ranti al ruolo di Dio.E infine, vescovo Romero, pregaper noi qui presenti, perché il Si-gnore ci dia il privilegio di farciprossimo, come te, per tutti colo-ro che faticano a vivere.E se la sofferenza per il Regno cilacererà le carni, fa’ che le stig-mate, lasciate dai chiodi nellenostre mani crocifisse, siano feri-toie attraverso le quali possiamoscorgere fin d’ora cieli nuovi eterre nuove. n

L’

Preghieraal Vescovodei poverie martiredella paceBeatoOscarArnulfoRomero

CHIESA NOSTRA MADRE

Il beato mons. Oscar Arnulfo Romero,martire salvadoregno della giustizia,

della fede e della pace.

Mons. Tonino Bello

arcivescovo martiredi El Salvador, mon-signor Oscar ArnulfoRomero, è stato beati-ficato il 23 maggionel suo Paese natale.

L’annuncio è stato dato dal po-stulatore della causa di beatifica-zione, l’arcivescovo Vincenzo Pa-glia, presidente del Pontificio con-siglio per la famiglia. MonsignorRomero fu assassinato in odiodella fede il 24 marzo 1980.Come diversi testimoni hanno af-fermato, «Romero venne uccisoper il suo amore per la giustizia eper la profonda carità che avevaverso i più deboli».Lo vogliamo ricordare con la pre-ghiera di mons. Tonino Bello,mentre lo veneriamo beato marti-re della Chiesa di Cristo, oggi piùche mai Chiesa dei martiri.

Noi t’invochiamo

Noi t’invochiamo, vescovo deipoveri, intrepido assertore dellagiustizia, martire della pace: ot-tienici dal Signore il dono dimettere la sua Parola al primoposto e aiutaci a intuirne la radi-calità e a sostenerne la potenza,anche quando essa ci trascende.Liberaci dalla tentazione di de-curtarla per paura dei potenti, diaddomesticarla per riguardo dichi comanda, di svilirla per timo-re che ci coinvolga.Non permettere che sulle nostrelabbra la Parola di Dio si inquinicon i detriti delle ideologie.Ma dacci una mano perché pos-siamo coraggiosamente incarnar-la nella cronaca, nella piccolacronaca personale e comunitaria,e produca così storia di salvezza.Aiutaci a comprendere che i po-veri sono il luogo teologico doveDio si manifesta e il roveto ar-dente e inconsumabile da cui eglici parla.Prega, vescovo Romero, perchéla Chiesa di Cristo, per amore lo-ro, non taccia.Implora lo Spirito perché le rove-sci addosso tanta parresia da far-le deporre, finalmente, le sotti-

custodisca la tomba dove fu col-locato il corpo della Vergine pri-ma della sua assunzione al cielo.A riguardo è stata data importan-za a un testo apocrifo siriaco delIII-IV secolo, dal titolo: Transitodi Maria, scartato dalla Chiesaper il suo contenuto fantastico,ma preso in considerazione dagliarcheologi e dagli studiosi.L’autore siriaco fa parlare diret-tamente lo Spirito Santo che diceagli apostoli: «Giunto il mattino,prendete la signora Maria e an-date fuori Gerusalemme per lastrada che conduce a capo valle,ai piedi del Monte degli Ulivi.Qui sono tre grotte: una esterna,

che è larga; un’altra più dentro;infine una piccola camera inter-na con un banco di roccia rialza-to nella parete orientale. Introdu-cete la benedetta e deponetela suquel banco e rimanete al suo ser-vizio finché io non ve lo dica. Equando gli apostoli arrivaronoalle grotte che si trovavano a ca-po valle, entrarono e trovaronoin quella più interna un bancoroccioso e vi deposero sopra ilcorpo della signora Maria» (A.Smith Lewis, Apocrypha Siriaca,Londra 1902, XI, pp. 50-51).Dopo l’alluvione del 1972, con ilconsenso dei greci ortodossi,proprietari del luogo, e degli ar-meni, incaricati della sua ufficia-tura, il padre Bagatti, attraversooculate indagini archeologiche,ha confermato l’esistenza delletre grotte, due delle quali furonotagliate dai bizantini per creareun deambulatorio intorno alla

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CHIESA NOSTRA MADRE

P. Giuseppe Santarelli *

Dove chiuse i suoi giorniMaria: a Efesoo a Gerusalemme?

Gerusalemme, ingressoalla tomba di Maria.

* Da: Il Messaggio della Santa Casa - Lo-reto, n. 3, marzo 2015

In passato molto si discussesul luogo del «transito» diMaria e della sua tomba.Due luoghi si contendevanol’onore: Efeso e Gerusalem-

me. Nel lontano 1936, l’eruditomariologo Emilio Campana po-teva affermare: «Per l’una e perl’altra vi sono argomenti in proed in contro. Sì che nello stadioattuale della documentazione re-lativa non sarebbe possibile arri-vare ad una conclusione decisi-va» (Maria nel dogma cattolico,quarta edizione, III, Torino 1936,p. 1136).Dopo le acquisizioni archeologi-che, soprattutto ad opera di pa-dre Bellarmino Bagatti, Gerusa-lemme appare a riguardo il luogopiù sicuro ed Efeso viene messaa lato. È ormai opinione comunedegli archeologi e dei biblisti chela chiesa dell’Assunzione, postavicino alla Grotta del Getsemani,

tomba. L’archeologo ebbe mododi riportare a nudo le pareti e dianalizzare la roccia originale,

confrontando l’insieme con i te-sti apocrifi siriaci sul Transito diMaria. L’accurata analisi e lo stu-

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dio comparativo con il testo apo-crifo e con la necropoli del I se-colo, che si trovava ancora intor-no alla tomba, inducono a ritene-re autentica la tradizione localesulla tomba di Maria.Non mancano testimonianzesuccessive. Ad esempio, il pelle-grino Giacomo di Sarug, mortonel 521, ha lasciato scritto chel’apostolo Giovanni e gli altri«avevano deposto la madre delFiglio di Dio in una caverna se-polcrale, sopra un banco di pie-tra». Al tempo di Teodosio I ilGrande (379-395), nel Getsemanifu costruita una chiesa, sotto laquale si trovava il sepolcro dellaVergine.Varie vicissitudini, anche edili-zie, nei secoli successivi lo inte-ressarono (cfr. A. Bernardo, NellaTerra della Bibbia, Terni 1998, pp.365-68).La Tomba di Maria ancora oggiviene mostrata ai pellegrini ecommuove il loro animo. n

Si prega dinanzi alla statua che ricorda il transito di Maria al cielo.

In occasione della canonizzazione del milione e mezzo dimartiri armeni – uccisi dall’impero ottomano dal 1915 al1917 perché armeni e perché cristiani – avvenuta il 23aprile scorso a Etchmiadzin, poco distante dalla capitaleErevan, il Santo Padre Francesco ha inviato un messaggioal popolo Armeno. Ecco alcune parti del messaggio:

«... un secolo è trascorso da quell’orribile massacro che fuun vero martirio del vostro popolo, nel quale molti inno-centi morirono da confessori e martiri per il nome di Cri-sto (cfr. Giovanni Paolo II e Karekin II, Dichiarazione co-mune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001)...Ci è data un’occasione propizia di pregare insieme nel-l’odierna celebrazione, in cui proclamiamo Dottore dellaChiesa san Gregorio di Narek..., monaco del X secolo,che più di ogni altro ha saputo esprimere la sensibilitàdel vostro popolo...: “In virtù della sua potenza, io credocon una speranza che non tentenna, in sicura attesa, rifu-giandomi nelle mani del Potente... di vedere Lui stesso,nella sua misericordia e tenerezza e nell’eredità dei Cie-li” (San Gregorio di Narek, Libro delle Lamentazioni, XII).La vostra vocazione cristiana è assai antica e risale al301, anno in cui san Gregorio l’Illuminatore guidò allaconversione e al battesimo l’Armenia, la prima tra le na-zioni che nel corso dei secoli hanno abbracciato il Vange-lo di Cristo. Quell’evento spirituale ha segnato in manie-

ra indelebile il popolo armeno, la sua cultura e la suastoria, nelle quali il martirio occupa un posto preminente,come attesta in modo emblematico la testimonianza sa-crificale di san Vardan e dei suoi compagni nel V secolo...Questa fede ha accompagnato e sorretto il vostro popo-lo anche nel tragico evento di cento anni fa...Questa dolorosa ricorrenza diventi per tutti motivo di ri-flessione umile e sincera e di apertura del cuore al per-dono, che è fonte di pacee di rinnovata speranza.Per noi cristiani, questo siasoprattutto un tempo fortedi preghiera, affinché ilsangue versato, per la for-za redentrice del sacrificiodi Cristo, operi il prodigiodella piena unità tra i suoidiscepoli. In particolare rin-saldi i legami di fraternaamicizia che già unisconola Chiesa Cattolica e laChiesa Armena Apostolica.La testimonianza di tantifratelli e sorelle che, iner-mi, hanno sacrificato la vita per la loro fede, accomuna lediverse confessioni: è l’ecumenismo del sangue, che con-dusse san Giovanni Paolo II a celebrare insieme, duranteil Giubileo del 2000, tutti i martiri del XX secolo».

Dal Vaticano, 12 aprile 2015Francesco

FRANCESCO AGLI ARMENIEcumenismo del sangue

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 201514

«Credo che questa mia malattiame l’abbia mandata la Provvi-denza di Dio per piovere sullaCasa grazie straordinarie: pati-menti straordinari, grazie straor-dinarie... Oh, mi intendo col Si-gnore per l’Istituto, per voi: nondesisto dal dire a Dio parole difuoco!...Del mio risanamento ho davanti

alla mente talora l’idea come d’unpurgatorio per me e per voi..., mapenso anche che il mio male sia diquelli che fanno salir su in Para-diso... Dio penserà a voi: nessunoquaggiù è necessario: c’è la Prov-videnza che vi aiuterà!...Morire! Paradiso!... Io sto “in ma-nu Domini”... Vogliate tutti se-guirmi! seguirmi coll’eseguirequesto programma: Pregare e pa -tire! preghiera e patimento! prega-re e patire!» (Como, 11 ottobre1915)

La fiducia nella Provvidenza

Tutto il cammino terreno perdon Guanella è stato costante-

Cooperatori guanellianiNord Italia • SvizzeraD

Don Guanelladi fronte alla morte

Storia Spiritualità Carisma

FAMIGLIA GUANELLIANA

«Chiuderò gli occhi dando addioalla terra alla quale non ho maiattaccato il cuore...»

(san Luigi Guanellafoto del 1913).

on Guanella, prevedendoormai vicina la fine delsuo pellegrinaggio terreno,ci offre insegnamenti pre-

ziosi, bagliori di luce con cui ri-schiarare l’immagine grave dellamorte.

Il «patire»

Indubbiamente anche per luil’esperienza della morte è stataaccompagnata da una dolorosapurificazione.Non sciupiamo nulla con nostreriflessioni. Ascoltiamolo...Sul bollettino «La Divina Provvi-denza 1915» vengono riportate lesue ultime parole pronunciatequalche giorno prima di morire:

un orizzonte luminoso e serenoavvolgeva il suo animo.

«Altri si preoccupano e chiedonoansiosamente: “Ma quando donGuanella chiuderà gli occhi, chifarà per lui?”. Egli chiuderà gli oc-chi dando addio alla terra allaquale non ha mai dato il cuore, esalutando i suoi che confida con-tinueranno assai meglio di lui leopere da lui fondate.Queste opere sono, come lui stes-so, del Signore. Chi ha fede, credefermamente che Colui che ha su-scitato persone e opere, saprà con-tinuarle anche senza di lui, atomoperduto nello spazio.Questo povero atomo, ogni se -ra, raccomanda a Dio sé e lesue opere tanto care al suo cuore,poi si abbandona a placidissimo sonno».

fondazioni della Provvidenza. In-tanto per progredire occorre, ripe-to, spirito di fiducia nella Provvi-denza del Signore, spirito di lavo-ro e di sacrificio, spirito di pre-ghiera. Così si è fatto quel pocoche si è fatto, e si è arrivati a que-sta vecchia età, e il Signore com-patirà i molti difetti e terrà contodel bene che si è fatto. Se si con-serva, se si apprende, se si diffon-de questo spirito, l’opera crescerà,prospererà».

Un inno alla vita

È significativo citare un terzo in-segnamento che don Guanella ciha lasciato, forse il più suggesti-vo. Si tratta di un’esperienza dalui vissuta nell’ultima estate della

sua vita. Pellegrino in Svizzera,dopo la celebrazione dei Vespridell’Assunta, detta l’«Addio allaValle Calanca». Don Pozzi, parro-co di Arvigo (Grigioni, Svizzera),unico testimone del momento,rimase fortemente impressionatodalla sua figura e con fedeltà netrascrisse il messaggio. Confida:

«Don Luigi era veramente spiri-tualizzato e maturo per il Cielo alquale volò due soli mesi dopo.Nessuna penna è atta a tratteggia-re la sua bontà mostrata in queigiorni e noi non lo tentiamo nep-pure.Pareva che tutti volesse racchiude-re nel suo gran cuore per donarli aDio...Non è possibile a noi descriverel’entusiasmo suo: egli stesso l’haespresso nel suo “Addio alla Val-le”...».

Sono pagine che non racchiudo-no un «addio» triste, rassegnato,né tantomeno ribelle, ma purcon un tono di soffusa nostalgia,esprimono un inno alla vita, allacreazione. Come ben scrive donGuanella stesso, l’«addio» ha ilsapore di un «arrivederci».

«Addio, Valle Calanca!Tu mi hai aperto le tue angusteporte e mi hai introdotto fra le go-

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mente guidato e sorretto dallaProvvidenza.Avvicinandosi alla morte, la fidu-cia nell’azione della Provvidenzasfocia nell’abbandono totale del-la sua persona, della sua opera...,

E ancora...

«La Provvidenza mi guidò dovun-que. Non temetti mai né per i de-biti, né per la vita; la Provvidenzaè quella che fa per noi, e non c’èdunque nulla a temere. Anche ora,nelle attuali vicende dolorose e tre-pidanti, non temo: c’è la Provvi-denza che vigila su di noi: tuttodipende dal tenerla amica col con-fidare in Essa e col tener lontanoil peccato. È così che sono sorte le

«Questo povero atomo, ogni sera,raccomanda a Dio sé e le sueopere tanto care al suo cuore, poisi abbandona a placidissimosonno»

(san Luigi Guanella).

SI CAMPASSE...

Si campasse er nostro san Luigie vedesse er papa Bergojoje direbbe certo: «Santità,io me morodar bene che Ve vojo!».

E papa Francesco:«Caro don Guanella,j’arisponnerebbericorda ai Servi tuoiche a Carità è a loro stella!

E che, per sarvà st’umanità,– dije pure – come Francesco,sempre amino Sora Povertà!».

Cosimo (Mino) Urso27.01.2015

le e fra gli scogli, lungo il fiumeche prende nome da te; m’hai fattovedere le ricchezze delle tue bosca-glie, la poesia dei tuoi verdi prati,tutti a ripido pendio, e mi haiaperto davanti allo sguardo i fera-ci pascoli de’ tuoi estesi monti;m’hai fatto gustare la taciturnitàsilenziosa della tua stagione estivae mi hai aperto la mente a scorge-re e ad ammirare in te la maestàdi Dio che manifesta “in monti-bus” la sublimità sua, la sua bon-tà, la sua provvidenza ammirabi-le. [...]Addio, Valle Calanca! Fatti amarecome tu meriti, e che i figli del tuoseno non siano facili a staccarsida te e permettere che una madregloriosa diminuisca ne’ suoi fi-glioli e lasciare tramutarsi in ter-reno sterile la tua ferace fecondità.Non ti dico pertanto addio, ma ar-rivederci!».

«Radici vincolanti». La consegna

Quale «consegna» don Guanellaci prospetta dinnanzi al misterodella morte e del morire?

• Vivere o morire e ancora, sapervivere o saper morire per Cristo eper la causa del Regno ogni gior-no, nelle piccole e grandi vicendedella vita. In questa capacità, inquesto slancio interiore semprenuovo, si decide la vitalità delnostro carisma e ha senso, anco-ra oggi, la testimonianza di noiguanelliani nella Chiesa: laici,cooperatori, suore, sacerdoti.

Si tratta allora di ritrovare «radi-ci molto salde e in qualche modovincolanti» così come affermavadon Piero Pellegrini. «La preghie-ra e il sacrificio, queste sono legrandi tracce che credo di potercogliere agli inizi. Sono forse unpo’ pesanti, ma sono delle origini,quindi forse più dure da vivere eda capire... credo che queste sianoradici molto salde e in qualchemodo vincolanti».

• In secondo luogo, dalla medi-tazione costante sul morire do-vremmo cogliere delle indicazio-

passaggio pasquale che permettel’ingresso definitivo e pieno nellaComunione dei Santi, cui già suquesta terra don Guanella ce neha richiamato con convinzionel’appartenenza.

«Sì, sì, credete, sperate, amate lapiccola comunione dei santi nellaCongregazione vostra, tutte peruna e una per tutte, vive o morte,tutte per una e una per tutte nellaterra e nel cielo».«La Chiesa di Gesù Cristo è unafamiglia. La carità di Gesù Cristounisce i cuori dei membri di que-sta ammirabile società. Filotea, oquanto devi amare per effondere ilcuor tuo a tutti i fratelli che ti cir-

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ni utili per noi e per i poveri chela Provvidenza ci affida, affinché,come don Guanella auspicava,«nel cammino della vita tutti ap-prodino a mèta felice».

E quale «consegna» don Guanel-la potrebbe fare a ciascuno dinoi? Probabilmente questa.

• Nella visione di una mèta futu-ra di gioia, saper scoprire nuoveluci sul significato della malattia,della sofferenza, della morte stes-sa.

Malattia... sofferenza... morte:esperienze comuni ad ogni uomonon viste come «impedimenti»,bensì come espressioni di quel

«Addio, Valle Calanca, anzi, non addio, ma arrivederci!»(san Luigi Guanella, agosto 1915).

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trattieni con qualche freddura tuain sollevarli. O sono là per nessu-na colpa tua e tu li puoi sollevarecon poderoso vigore».

Egli ha saputo fare del misterodella morte una meditazione co-stante e familiare.Ciò lungi dal portarlo ad estra-niarsi dalle vicende terrene, gliha consentito, anzi, di vivere finoin fondo le difficoltà, le angoscee le speranze con equilibrio inte-riore, serenità, fiducia. Nel mon-do tutto è fugace, solo le realtàeterne appagano la sete di infini-to propria del cuore dell’uomo.Così ha testimoniato il confratel-lo don Martino Cugnasca:

«In don Guanella era il pensierodel Paradiso e l’operare per conse-guirlo che faceva brillare sul suoviso un continuo sorriso, spec-chio di quell’allegrezza che dentrolo riempiva, anche quando le diffi-coltà materiali lo rendevano qual-che volta pensieroso, soggiungevasubito che non valeva la pena an-gustiarsi per le cose temporali,perché terra e denaro ce n’è sem-pre in abbondanza.Dio a tempo opportuno non lo la-scia mancare, l’importante è sal-vare l’anima e andare in Para -diso». n

condano! Solleva il guardo e scor-gi: de’ tuoi fratelli altri sono in Pa-radiso; tu li hai aiutati per ascen-

dere. Altri sono in purgatorio; for-se ve li hai mandati tu col malesempio di qualche difetto, o ve li

«Terra e denaro ce ne sono sempre in abbondanza. Dio a tempo opportunonon lo lascia mancare, l’importante è salvare l’anima e andare in Paradiso»

(san Luigi Guanella).

PROGRAMMADI CHIUSURA DELCENTENARIO

• 23-25 ottobre 2015Celebrazioni nelle Case eProvince.

• 25 ottobre 2015Messa RAI dal Santuario diComo.

A Roma

• 1-5 novembre 2015Raduno dei superiori di tuttele Case guanelliane nel mondo.

• 6-8 novembre 2015Convegno internazionale sulFondatore.

• 9-11 novembre 2015Assemblea internazionale deiCooperatori guanelliani.

• 12 novembre 2015Incontro con il Papa e chiusu-ra del centenario nella solenni-tà della Madonna Madre dellaDivina Provvidenza.

• 13-16 novembre 2015VII Consulta generale dellaCongregazione dei Servidella Carità.

• 13 novembre 2015Inizia il Consiglio d’istitutodelle Figlie di S. Maria dellaProvvidenza.

• 19 dicembre 2015Messa di ringraziamentonelle Case e Province nel173o compleanno del Fon-datore.

• Anno 2016Capitolo generale delle Fi-glie di S. Maria della Provvi-denza.

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Don Nino Minetti sdc

San Luigi GuanellaCosa c’è nella sua eredità?

Una carità arricchita

(...) Riprendiamo il cammino(verso) il Centenario della mortedel santo Fondatore. Siamo par-titi dal significato e dalla riso-nanza che i confratelli e le conso-relle della prima ora attribuironoal doloroso distacco. Ma ci fu inparallelo il grande interesse pre-stato da discepoli ed estimatorialla eredità morale e spiritualeche l’uomo, il sacerdote, il fonda-tore Guanella lasciava.Per intanto nessuna attenzione oquasi venne data agli aspetticomplementari della sua perso-nalità. Quindi non si parlò dellasingolare confidenza che donLuigi aveva avuto con la penna econ la carta stampata. Né dellasua vistosa corrispondenza, nédelle categorie interpretative dalui usate per commentare le vi-cende politico-sociali tra le qualiera passato. Né si insistette sullarete di ricoveri, asili, scuole di la-voro, colonie agricole, stazionicattoliche, oratori cui aveva datovita.Si puntò subito a descriverne lalimpida ispirazione interiore, lareligiosità forte e tenace, la pras-si caritativa per tanti versi nuo-va ed originale. Lo fece molto be-ne, ad esempio, il Numero unico,dedicato al grande Benefattore,curato dalla redazione del gior-

FAMIGLIA GUANELLIANA • Storia Spiritualità Carisma

Fraciscio (Sondrio). Don Guanella inun’opera dell’artista N. Viry. Di lui sipuntò subito a descriverne la limpidaispirazione interiore, la religiositàforte e tenace, la prassi caritativa pertanti versi nuova ed originale.

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nale diocesano L’Ordine e diffusoper la città di Como a migliaia dicopie. In particolare, l’articoloLavorare e soffrire di don Gioac-chino Cachat si distinse per l’ac-cento posto sulla forza propulsi-va e la motivazione profondache mossero don Guanella versoil mondo degli ultimi, fino a la-sciarvi «orme così vaste del suopassaggio»:«Non occorre che noi diciamo dilui che fu un santo. Diciamopiuttosto, sopra le caste spogliedel sacerdote Guanella, che fuun miracolo di carità, in cui sisommano insieme volontà diazione, volontà di bene, volontàdi sacrificio per il conforto, perla gioia, per il sollievo anche diuna minima sofferenza dei nostrifratelli...Oggi l’ho visto così l’umile egrande don Guanella morto. Sulcatafalco in chiesa, fra lumi efiori, circondato dai suoi chieri-ci, davanti a una schiera di pic-cole nere suore prostrate in ora-zione... L’avevano vestito per laMessa: le mani giunte in un rosa-rio color perla, troppo ricco. For-se quello che adopra in paradiso.

tale si ritenne ed operò sempre intutti gli anni della sua vita con fe-deltà mai smentita» (ib. p. 196).E, nel commentare il dono rice-vuto dal suo grande amico edestimatore, il Cardinale ebbe adefinirlo una carità arricchita,rifacendosi a san Paolo che,nell’elogio della carità nella lette-ra ai Corinti (cfr. 1 Cor 13, 4), leaffida come scorta, come compa-gne inseparabili, «le più belle vir-tù cristiane, la pazienza, la beni-gnità, la generosità. Ebbene tuttequeste virtù furono anche l’orna-mento della vita di don Guanel-la» (ib. p. 197), affermò il Cardi-nale. Il quale volle indugiare an-che sulle ultime parole con cuisan Paolo chiude l’eloquente pa-negirico della carità, applicando-le «al lacrimato sacerdote che cista dinnanzi nella serena pacedella morte: La carità crede, spe-ra e tutto sopporta (1 Cor 13, 7)».«Don Guanella credeva nella mi-seria del povero, non con quellacredulità che non sa distinguerela vera povertà dalla millantata,ma con quella espansione di cuo-re, per cui si immedesimava del-la sofferenza del povero, se ne

Certo non quello che deve averusato in terra per contare le infi-nite Ave Maria della sua vita...Nella morte egli era fermo final-mente: cereo, sereno, chiuso edevoto nel camice bianco che gliscendeva fino ai piedi. Larghipiedi, di buon camminatore, tesiin due rustiche scarpe da farpensare che anche su in cielodon Guanella debba ora moltosalire prima di trovare il suo po-sto... E cosa manca a quella te-sta? Il bel cerchietto dei santi ol’ultimo progetto per un istitutonei paesi delle nuvole?» [LDP 11(1915) 189-190].Tutto dedicato alla carità saràanche l’elogio funebre del cardi-nal Ferrari, il 28 ottobre 1915.Egli lo chiamò subito per nome,«il bel nome, che scolpisce nellasua più vera caratteristica la fi-gura morale di don Luigi Gua-nella: Servo della Carità».«Nella sua carriera terrena cosìamò chiamarsi, così chiamò i sacerdoti suoi cooperatori e per

Don Guanella fu un miracolo di carità,che lasciò «orme vastesul suo cammino».

convinceva al punto di dedicaretutte le sue forze per sollevarla.La sua speranza non cedette maie fu rimeritata dall’aiuto costantedella Provvidenza, così che allamorte non gli dovette venir menoil conforto di vedere l’opera suavasta, consolidata ormai.Tutto sostenne pur di riuscire inquel servigio nobilissimo dellacarità cui si era dedicato, consa-crando tutto se stesso in unacontinua immolazione dura espinosa... Onde a lui si potrebbe-ro applicare quelle parole che fu-rono dedicate a san Ambrogio:Se a lui è mancato il martirio,egli non è mancato al martirio»(ib. p. 198).

Una vita di fede e di amore

Della sua religiosità forte e tena-ce se ne interesserà, tra le altreagenzie di stampa, il Corriere del-la Sera, partendo dalla notorietàdi cui godeva don Guanella: «Eraun nome popolare a Milano.Molti sanno chi era don Guanel-la, altri hanno semplicementenell’orecchio questo nome: manon v’è chi non ne abbia sentitoparlare» (ib. p. 204).Soprattutto negli ambienti piùumili si discorreva di don Gua-nella confidenzialmente, quasifosse un parente di tutti.«Dalla sua alta e solida figura dimontanaro – scrive il giornale

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milanese – spiravano forza e te-nacia. Questa energia fisica euna serena, ricca bontà d’animohanno fatto di lui un sacerdotecombattivo, che accanto alla pre-ghiera amava unire opere fattivedi carità.Prima invocava una grazia, poi simetteva all’opera per realizzarla.Non ne aveva i mezzi, ma sentivache sarebbero venuti.Aveva la fede. Anche con nientecredeva alla possibilità di tutto»(ib. pp. 204-205).Su questo tono scriveva anche LaSera, supplemento allora del Cor-riere:«Poeta del Cristianesimo, come iprimi apostoli della religione,don Guanella sentì la bellezzadella fede come il profumo distornelli francescani.E divise le sofferenze di quelliche piangevano e saziò la famedegli affamati e alleviò i doloridegli ammalati. Le sofferenze de-gli altri divennero le corone dispine della sua anima candida enobilissima. Tutta la sua vita èstata una battaglia di fede e diamore.E si è battuto così tutti gli anni,tutti i giorni, coi timidi, coi catti-vi, coi deboli, colle difficoltà piùgravi e più forti opposte dagli uo-mini e dalle cose al suo cammi-no»... Buono, santo, laborioso, fuun combattente nelle file dellaChiesa.Non un soldato semplice. Nonun gregario. Ma qualcosa di più.

Figlie di S. Maria della Provvidenza e Servi della Carità (nella pagina a fianco) sulle orme di don Guanella.

Un apostolo. Ricondusse nellanostra epoca febbrile e tormen-tosa la bella poesia fraterna disan Francesco.Rinnovò il Cantico del sole. Chia-mò tutti fratelli... Tutti i buoni diqualunque fede lo devono rim-piangere» (ib. pp. 205- 206).Un’altra caratteristica che vienesottolineata, in quelle ore conci-tate susseguenti alla morte, è si-curamente la prassi caritativa

«Larghi piedi, di buon camminatore,tesi in due rustiche scarpe...».

(don G. Cochat)La sua energia fisica e la serena

e ricca bontà d’animohanno fatto di lui un apostolo

mosso verso il mondo degli ultimi.Camminiamo anche noi,

sua eredità, lungo i sentieri fioriti della caritò.

da lui seguita nella sua eroica de-dizione. Credeva negli altri. Si of-fendeva quando i suoi collabora-tori erano colti dalla sfiducia.Eleggeva a protagonisti delle suestorie individui comuni, metten-doli di fronte a eventi tali da mo-dificare o dare un senso alle loroesistenze.«Da tutti sapeva ricavare qualchecostrutto. Tutti, a qualunquecampo appartenessero, sapevarenderseli amici e trarli soave-mente nell’orbita sua, cooperato-ri delle sue sante imprese».

«Preti, andate alla piazza»

«Soprattutto fu l’uomo della Prov -videnza, l’esempio più cospicuodella protezione di Dio su chiconfida in Lui.Vinse le sue battaglie con la fede,sconfessando apertamente quellafilantropia burocratica ed irreg-gimentata, catafratta di preventi-vi, di consuntivi, di mandati, ditutele, di approvazioni, di legali-smi, di sorveglianze che sciupa-no tre quarti dei redditi in qui-squiglie regolamentari, inariden-do ogni attività fattiva e sono ilprototipo della filantropia del se-colo “laicista e usuraio”...I suoi ospizi funzionano senzaburocrazia. Non sono necessariné certificati, né domande. Bastadire d’aver sofferto. E le portedelle Case della Divina Provvi-

denza si aprono... Don Guanellacosì raggiunse l’incredibile. Sep-pe preparare, combinare, orga-nizzare le opere più belle e cari-tatevoli per alleviare le pene al-trui» (ib. pp. 206-207).Alcuni commentatori coglieran-no nel suo stile anche quella vi-gorosa chiamata a superare se-colari separatezze, quando esor-tava tutti coloro che lo circonda-vano ad uscire dalle sacrestie.Si voleva, in un momento cosìsolenne della morte, mostrarlaquasi come una delle ultime vo-lontà del morente.In vita don Guanella l’aveva ri-volta più volte ai suoi sacerdoti«per rispondere con i fatti allavoce del Papa che grida:

“Se volete salvare la società, Pre-ti, andate alla piazza”» (LDP,1901, p. 81).«Uscite, signori, uscite dal San-tuario; siate di chiesa, ma non vistate tutto il giorno.E quando uscite, andate al popo-lo, parlategli il suo linguaggio,ditegli e provategli che voi com-prendete i suoi interessi e che voisaprete assumerne la difesa...Sì, il mondo una volta veniva anoi, ora ci volge le spalle; unavolta non avevano che da stare alnostro posto; ma adesso convie-ne uscire dalla sacrestia sottopena di restare in una colpevolee inonorata solitudine» (ib. 1896,p.11).L’equilibrio ed il rispetto cheemergono da queste testimonian-ze oggi valgano anche per noi.In essi si comprenderà il vero si-gnificato di quel viva la fatica,che don Guanella addita a chi sipone al suo fianco, nel primoscritto alle sue Congregazioni,dove affida loro le sue Massimedi spirito e descrive il suo Metodod’azione (1888-1889). n

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Don Guanella elesse a protagonisti delle sue storie individui comuni.

Don W. Baniak sdc, in missione in Germania.

Ai suoi sacerdoti don Guanellachiedeva di rispondere con i fattialla voce del Papa che gridava:«Se volete salvare la società,

Preti, andate alla piazza»(La Divina Provvidenza, 1901, p. 81).

dalla dolcezza della suora, lo di-mostrano le espressioni che usaper tratteggiarne la figura: «Gio-vinetta di statura più piccola chegrande, sottile sottile, ha il voltocome trasparente; un bel voltocome di madonnina, di colorebruno, con tinture rosse allaguance, e come un velo vermigliotrasparente che lo abbellisce». IlGuanella sembra conquistatodella leggerezza quasi angelica disuor Chiara; la chiama «l’angio-letto della casa... tutta a tutti»,con «un volto angelico». Il Gua-nella tiene anche ad affermarecon certezza che «suor Chiara haportato dinanzi al tribunale divi-no la sua battesimale innocenza;fu sempre un angelo d’inno -cenza, perché fu martire di peni-tenza».

Il Guanella ricorre all’immaginedella lepre e della colomba peresprimerne la mitezza e a quelladel leoncino e dell’aquila per far-ne risaltare la fortezza: «La suorChiara si faceva tutta a tutti... ti-mida come una lepre e pur fortecome un leoncino»; «era colom-ba e quasi aquila». Ricorre alleimmagini per evidenziare gliaspetti che sembrano contrastan-ti della psicologia della beata, mache invece sono complementari ene mettono evidenza la sua for-tezza d’animo e tenacità di vo-lontà. Da una parte c’è la timi-dezza e dall’altra la ferma volon-tà di volere vivere sempre nellaradicale obbedienza. Questi dueelementi che sembrano contra-stanti, invece costituiscono la pa-lestra in cui Chiara affina il suo

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Prof. Carlo Laudazi ocd

L

Profiloumano•spirituale

«Giovinetta distatura più piccolache grande, sottilesottile, ha il voltocome trasparente;un bel volto come dimadonnina, dicolore bruno, continture rosse allaguance, e come unvelo vermigliotrasparente che loabbellisce»(don L. Guanella).

FAMIGLIA GUANELLIANA • Storia Spiritualità Carisma

Seguendo la beata Chiara Bosatta

Aspettoumano-psicologico

a lettura degli scritti (disan) Luigi Guanella sullabreve esistenza di suorChiara Bosatta, come pri-

ma cosa, suscita la sensazione diuna sua intensa partecipazionealla storia umana e spiritualedella ventottenne religiosa. Leg-gendoli, si ha la sensazione cheegli sia rimasto affascinato ecompiaciuto della figura, dellastoria e soprattutto della profon-da spiritualità di suor Chiara. LaBosatta, infatti, pur giovanissi-ma, è arrivata alla vetta della tra-sformazione in Cristo percorren-do la via della purificazione dolo-rosa, caratterizzata più dall’espe-rienza dell’assenza e del rifiutoda parte di Dio che da specialifavori celesti.L’ammirazione e il compiacimen-to di don Guanella per suor Chia-ra emergono dal genere lettera-rio, a volte poetico e floreale,usato per descriverne la figura,l’aspetto esteriore, il carattere, ilcomportamento e l’itinerario spi-rituale. L’uso dell’immagine flo-reale: come la rosa, la viola, il gi-glio olezzante ne rivela la tene-rezza di padre spirituale e diFondatore: «Dina era una rosa dicarità verso Dio, una viola diumiltà nella famiglia, un giglio dipurezza fra le compagne [...].Cresceva come un giglio olezzan-te». Che sia rimasto conquistato

spirito per le cose di Dio, e si for-tifica per quel distacco radicaleche la porterà a sostenere la duraesperienza della lontananza eperfino del rifiuto da parte diDio.Per descriverne la trasparenzainteriore il Guanella si serve del-l’immagine dell’acqua cristallinache sgorga dalla roccia; «era ter-sa come l’acqua cristallina delmonte». La mitezza e la fortezzahanno fatto di suor Chiara, se-condo il Guanella, uno «stru-mento maneggevole, atto a pie-garsi, sensibile alla voce di Dioed a quella di superiori». Il Gua-nella nel descriverne la persona-lità evidenzia gli aspetti che piùspiccano in lei; di lei dichiarache è «di bello ingegno, di vo-lontà ferma, forte nell’applica-

do al cuore sentiva ripetersi: Beatiqui lugent, quoniam ipsi consola-bunt».

Umiltà non timidezza

A questo punto mi sembra impor-tante dire una parola sul giudizioespresso sulla personalità diChiara Bosatta. Leggo che si as-socia o meglio si stabilisce un le-game intrinseco tra la timidezzae la poca stima che la suora ha disé, ciò che a me invece non sem-bra esatto. Leggendo, infatti, gliscritti della beata e conoscendol’alta considerazione che il Gua-nella ha di lei, tale associazionenon sembra esserci. Pertanto misento di proporre una lettura del-la timidezza di suor Chiara diver-sa da quella che si trova in La sto-ria di suor Chiara. Mi sembra dipercepire che, secondo le affer-mazioni fatte in La storia di suorChiara, la timidezza derivi dallapoca stima di sé e dal ritenersi in-capace di contrapporsi. Certo, datutti si afferma la timidezza disuor Chiara, dalla sorella suorMarcellina a don Guanella, peròintenderla come conseguenzadella poca stima di sé mi sembratroppo forzato. Nonostante lapresenza della timidezza, a mesembra di poterla leggere nella li-nea dell’umiltà, anzi azzarderei diassimilarla all’umiltà; cioè la ti-midezza potrebbe essere letta co-me scelta di non apparire, di nonoccupare mai la scena, di non es-sere protagonista, ma di viverenell’ombra e nella assoluta dipen-denza. Il suo interesse spiritualeprimario era ed è stato sempre lacontemplazione, questa aveva sudi lei un fascino avvolgente, percui preferiva di essere ritirata eraccolta in se stessa e di non avercontatti con la gente esterna.La chiave che autorizzerebbe anon leggere la timidezza comeconseguenza della poca stima disé può essere fornita dalla letteraalla mamma che si trova in Qua-derno dei compiti. Non mi sembraazzardato ritenere che questa let-tera, anche se sotto forma dicompito, rappresenti solo un

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zione», di indole «timida», «sen-sibilissima, di cuore riconoscen-te». Completa la descrizioneesaltandone la compostezza dimodi nel parlare, la dipendenzaesemplare, la discrezione e laprudenza.Il padre spirituale non manca dirilevarne l’aspetto psicologico:

«è timida di carattere e, nel mede-simo tempo, ardita nelle cosedell’anima, sorride sempre, ha gliocchi spesso rossi e inondati di la-crime [...]. Sorrideva sempre, madi nascosto piangeva assai di cuo-re [...]. Piangeva per timidità dinatura, piangeva più nobilmenteper sensibilità di spirito: ella vole-va, voleva grandi cose, e scorgevadi non potere..., e intanto soventee di nascosto piangeva. Ma in fon-

«Dina erauna rosa di caritàverso Dio,una viola di umiltànella famiglia,un giglio di purezzafra le compagne [...].Cresceva comeun giglio olezzante»

(don L. Guanella).

esercizio letterario, ma riveli an-che un senso autobiografico. Percui, da essa possiamo ricavare lachiave di lettura per capire il sen-so della timidezza di Chiara. E lachiave è offerta dall’espressione«è follia il preferirsi pei doni rice-vuti», la quale rivela una profon-da consapevolezza spirituale cheporta, appunto, a non servirsi deidoni ricevuti per vantarsi edemergere sugli altri. La Luigiadella lettera, quindi, è Dina. Ciòche autorizza a considerare la let-tera-compito come chiave per co-gliere il vero senso della timidez-za di Chiara, è anche il fatto chelei fa questo componimento al-l’età di 24 anni e quattro di vitareligiosa, quindi è già avanti nelcammino spirituale. Ora, nellalettera-compito la ventiquattren-ne confessa di praticare pocol’umiltà, poiché si permette di«disprezzare» le compagne «tar-de d’ingegno e meschine d’intelli-genza»; perciò, consapevole che«è follia preferirsi pei doni rice-vuti», promette di usare con tutte«una benigna carità». Rivolgen-dosi idealmente alla mammascrive:

«Nulla ti voglio nascondere:l’umiltà è ben poco praticata; iosprezzo le compagne tarde d’inge-gno, m’indispettisco vedendole bi-sognose di ripetute spiegazioni, lederido e metto in burla i loro dettie la loro meschina intelligenza.Quanto mi confondo e arrossiscodi sì disapprovevole condotta! Per-donami, cara mamma, la tua Lui-gia ha preso una determinazione,che sarà invariabile e ti procureràla più lieta e soda consolazione.D’ora in avanti userò con tutte be-nigna carità, il compatimento ilpiù cordiale, ricordandomi che èfollia il preferirsi pei doni ricevu-ti, giacché questi non costituisco-no nessun merito personale».

Le affermazioni, «è follia il prefe-rirsi per i doni ricevuti», e la «de-terminazione irrevocabile» pensoche esprimano molto chiaramen-te da una parte la consapevolezzadi avere ricevuto doni dal Signo-re, e dall’altra la libera scelta del-la riservatezza assoluta e del -

l’umiltà da parte sua. La timidez-za, quindi, non è sinonimo di«poca stima di sé», né questa co-me causa della timidezza: sonodue cose ben diverse tra loro.Non si discute che Chiara sia ti-mida per carattere, ma ciò nonautorizza per nulla associare latimidezza alla «mancanza di sti-ma di sé» o all’«incapacità di con-trapporsi». Il non contrapporsipuò essere conseguenza della«determinazione irrevocabile» dinon apparire protagonista, né diprendere iniziative per conto pro-prio, né di dare suggerimenti ai

superiori, ma di dipendere in tut-to e per tutto dall’obbedienza. Silegge, infatti, in Cenni biograficila seguente affermazione di donGuanella: «Suor Chiara in casaera nulla ed era tutto: ella nonmoveva dito di mano o di piedesenza il merito dell’obbedienza,ma intanto, perché buona e per-ché istruita ed abile a molti lavoriin famiglia, perciò era cercata evoluta da tutte, e quando essamancava pareva aver perduto undito della mano». Don Guanellascrive di lei che era sì, «timida dicarattere, ma nel medesimo tem-

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Per descrivere la trasparenza interiore di suor Chiara, don Guanellasi serve dell’immagine dell’acqua che sgorga dalla roccia:

«Era tersa come l’acqua cristallina del monte».

po, ardita nelle cose dell’anima».Che l’umiltà, per Chiara, è statala prospettiva in cui ha indirizza-to tutta la sua esistenza, lo si puòdedurre da quanto è affermatonegli scritti del Guanella; peresempio, in Un fiore di virtù daterra trapiantato in cielo, egli scri-ve che «suor Chiara eleggeva persé l’ultimo posto, soggettavasi atutte le leggi, sottoponevasi ancheai minori di sé; serviva in ogni uf-

ficio ancor più vile, ricusava ogniposto onorevole. Si sommise in-teramente; non gli restava piùnulla del suo: tutto aveva dato aDio». Più avanti afferma che era«l’ultima per elezione e pur laprima nel promuovere l’avanza-mento». Che la timidezza non siaconseguenza della poca stima disé e dell’incapacità di contrap-porsi, lo si può dedurre anche dalfatto che Chiara, quando le veni-

va chiesto un colloquio dalle per-sone esterne alla comunità, ben-ché si schernisse ed esprimesse lasua inadeguatezza tuttavia, unavolta andata all’incontro,

«ascoltava con amorevolezza e ri-spondeva poche parole, ma sì benaggiustate che gli altri erano ap-pieno soddisfatti. Era come unprendere e dare del pane di vita. Chipartiva sentivane, senza sapere ilperché, un contento al cuore, ellache rimanevasi godeane di poterneattendere agli uffici della sua casaed a sé nel miglior modo possibile».

C’è ancora il fatto che il Fondato-re aveva vera stima per Chiara, laconsiderava infatti «strumentoatto, ossia pieno di buona volontàe attitudine» per una nuova fon-dazione, perché vedeva in lei lacapacità di essere strumento chenon teme di «perire vittima di la-voro per riuscire nelle imprese digloria al Signore».A dimostrazione che non rispon-de a verità l’affermazione sullapoca stima di sé da parte di suorChiara, è il criterio che lei espri-me per valutare l’autenticità diuna vocazione per la «Piccola Ca-sa»: «Noi dobbiamo raccoglierequelle anime che ci fanno bene,che Dio chiama, che sono confor-mi di spirito, che sono in edifica-zione della piccola opera; quelleche dimostrano altrimenti sonoda allontanarsi».Vogliamo chiudere questo discor-so riportando quanto la stessabeata dice nella lettera scritta daPianello verso la metà di settem-bre 1884 e indirizzata a don LuigiGuanella: «Il brutto demonio miha sempre tentato di pensieri disuperbia, di stima propria. Nonpoteva dir parola, non fare la piùpiccola azione, che subito venivainnanzi con delle lodi e con milleinganni per farmi credere qual -cosa». n

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Genziane alpine, fiori tanto cari a suor Chiara: «La timidezza di suor Chiaraa me sembra di poterla leggere nella linea dell’umiltà, cioè la scelta

di non apparire, di non essere protagonista,ma di vivere nell’ombra e nell’assoluta dipendenza» (p. Carlo Laudazi).

Suore guanelliane a Pianello del Lario,il paese natale della beata Chiara,che don Luigi considerava:«strumento atto, cioè pienodi buona volontà e attitudineper una nuova fondazione».

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runci, prestò asilo propizio aquei poveri diavoli che, per una odue coltellate date in un momen-to di ira o gelosia, si erano con-dannati a menare la vita gramis-sima del «bandito», ossia di coluisulla cui testa c’era il bando e avolte anche la taglia.

Ma (per me) erano santi, queibriganti, in confronto dei loroconfratelli di oggi, dipinti diuno o altro colore, mafiosi, ra-pinatori, sequestratori... Ri-

schiavano la pelle a ognimomento, e a prezzo diquali sacrifici!Dovuto alla sua posizione

strategica, il Santuario dellaCivita era passaggio obbli-

gatorio per quelle bande sem-pre braccate, che andavano e

venivano tra Fondi, Campodi-mele e Roccaguglielma, lesti neldarsela a gambe quando incom-beva il pericolo, come solleciti atornare quando di fare «riforni-menti» si trattava.Tutte le volte che si sono fermati

La Madonna dei briganti

P

FINESTRE SUL MONDO

Sfogliando LA VOCE degli anni passati

Edicola con l’icona bizantinadella Madonna della Civita.

Santuario Maria SS. sul Monte Civita (Itri, Latina).

Storia o leggenda?

unti solidi ci sono. Ilmoltiplicarsi dei maternifavori; l’edicola, la cap-pella, e una e altra e altra

chiesa; il quadro che ancora esi-ste, fatto oggetto di plurisecolarevenerazione da parte di santi e diturbe popolane; l’albero che è an-cora lì, nascosto nello spessoredell’ancona (icona, ndr).Una volta c’era una finestrella,dietro l’altare: la gente si pigiavaper vedere l’albero; ma poi sichiuse, per evitare la grande ir-riverenza che si produceva alsacro luogo e il disturbo du-rante le funzioni.

v v v

Nella foga del dire mi accorgoche sto allontanandomi dall’ar-gomento. E i briganti?...Dunque, è da sapere che in que-ste zone il brigantaggio regnòpiù volte.La catena dei monti Ausoni, chesi articola con quella degli Au-

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sul pio luogo (almeno per quantodicono le cronache) sono statiabbastanza «educati».Anzi, una volta, hanno persinolasciato una buona offerta per fa-re una «calcaia»; però – siccomela farina nel diavolo va in crusca– così già la prima «infornata» dicalce si bruciò tutta. Quello che,sì, domandavano sempre damangiare e bere, accontentando-si anche di pane e fave. In quan-to al vino, oh, questo sì!...Una volta non ce n’era. Vollerougualmente fare una visita allacantina. Le botti suonavano avuoto. Non importa.Un brigante lancia una ferocecoltellata nella pancia di una...ed eccoti zampillare vino.Fu per quello che lasciarono lasuddetta elemosina.

v v v

A questo punto mi do-mando: al loro passare,non avranno mai rivoltouna preghiera, unsaluto alla Madon-na della Civita cheforse da piccinicon la mammaerano venuti a ve-nerare?Nulla di strano.Sappiamo diqualche capoche aveva il co-raggio di com-parire in paesenel giorno del-la sagra e di pren-dere parte allaprocessione.Sta il fatto che la Madonna nonabbandonava i suoi figli briganti.Una volta a un capo, certo Ferro,si fece sognare più volte, inti-mandogli di cambiar condotta,se non voleva finir male.Ferro contò ai compagni. Lo bef-farono. Lui però, assieme a unaltro, si decise al «gran ritorno».Concertò la resa.Si presentò al Santuario; fece ledevozioni penitenziali del caso;

si consegnò; lo manda-rono nelle Fiandre a fa-re la guerra: si coprì digloria.I compagni restanti fe-

cero davvero mi-sera fine. In ungiorno di neb-biaccia, mentre

stavano nei loronascondigli neipressi della Ci-vita, a uno diessi scappòun colpo diarma dafuoco.Forse stavafacendo pu-

lizia al «trom-bone». Di so-prassalto gli

altri, credendo di essere stati sor-presi dalla polizia, impugnano learmi e... spara tu che sparoanch’io, si stripparono reciproca-mente.Scendendo per la vecchia mu-lattiera che porta a Itri, ancoroggi vi additano il luogo, battez-zato col nome di «fossa del ma-cello».

v v v

Panorama che si gode dalla terrazza del Santuario della Madonna della Civita:la piana di Fondi, il golfo di Gaeta.

SI RACCONTA

«Un giorno nostro Signore,facendo un giro in paradiso,vide certe facce equivoche ene chiese spiegazione a sanPietro: “Come mai sono riu-scite a entrare qua dentro?Mi pare che tu non sorveglibene la porta”.Pietro, tutto mortificato, ri-spose: “Signore, io non ciposso fare niente”. E Gesù:“Come non ci puoi fare nien-te? La chiave ce l’hai tu. Fa’ iltuo dovere, sta’ più attento”.“Dopo qualche giorno, il Si-gnore fa un altro giro e vedealtri individui dalla facciapoco raccomandabile.“Pietro, ho visto certe altrefacce, si vede che tu non con-trolli bene l’entrata”.E Pietro: “Signore, io non ciposso fare niente e non cipuoi fare niente neanche tu”.E il Signore: “Neanche io?Oh, questa è grossa”.“Sì, neanche tu” ribatté Pie-tro: “Tua madre ha un’altrachiave. È tua madre che li faentrare”».

San Pio da Pietrelcina

La venerata immaginedella Madonna della Civita.

Ma c’è un fatto più bello ancora.Nell’anno santo 1825, il PapaLeone XII si era impegnato perla generale conversione; e avevapuntato soprattutto sulla elimi-nazione del brigantaggio attra-verso le forze spirituali.Allo scopo, mobilitò zelanti pre-dicatori.In queste terre lavorò moltol’apostolo dei briganti, san Ga-spare Del Bufalo. Celebre fu lasua predicazione a Gaeta, infio-rettata di miracoli.Nella missione di Itri spiegò pureil suo fervore e condusse alla Ci-vita il popolo itrano pellegrino.I frutti non mancarono.Mentre a Roma, in settembre, ilfamigerato Gasparone con altri49 briganti e brigantesse si arre-se «umilmente», il 27 del succes-sivo ottobre si presentò un altrotemibile capo: Michelangelo Ma-caro detto Mezzapenta, flagellodella zona di Fondi.Persuaso da quattro sacerdoti,tra i quali don Domenico D’Et-torre – che per causa di lui dovet-te soffrire prigionia – ascese il sa-cro monte della Civita con quat-tro compagni.Fecero una grande «Pasqua» epoi quali miti agnelli si conse-gnarono per essere portati all’iso-la di Pantelleria.Il meglio di questi fatti è sfuggito

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alla penna: le drammatiche lottedello spirito... il lavorio dellaGrazia... Il balsamo del confortosparso su quelle sanguinanti feri-te dell’anima dalla mano della«Buona Mamma Civitana».

L’Innominatoda La Voce n. 3/1976

Il Santuario della Madonna dellaCivita si staglia sul Monte Fusco(673 s.l.m.), detto della Civita.È come un balcone tra Ausoni eAurunci con belvedere sul Tirreno.Si trova dal medioevo al centrodei sentieri che conducevano alGolfo di Gaeta, alla Ciociaria,all’Abruzzo: le popolazioni di que-sti comprensori e regioni continua-no da secoli a coltivare la partico-lare venerazione per la Madonnadella Civita.Il monte della Civita acquisì impor-tanza grazie alla venerazione delritratto della Madonna Odigitria,che la tradizione volle attribuirealla mano di S. Luca evangelista.Per un evento miracoloso il ritrattobizantino, forse scampato all’ico-noclastia, come accadde per altriesemplari, fu rinvenuto su un lec-cio sul monte Fusco e da allora,forse prima del Mille, luogo e me-ta dei pellegrinaggi.

Itri (Latina). Santuario Madonna della Civita, esterno.

Itri (Latina). Santuario Madonna della Civita, interno.Dietro la sacra immagine è statomurato l’albero di elce su cui si è posato il quadro ed ha operato un miracolo verso un pastorellosordomuto.

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senza parole per la profondi -tà di quello scritto e per la suaforma.Non era un testo da cui cercaredi estrapolare una canzone, maera tutto scritto in metrica per-fetta, con una struttura ben defi-nita composta da strofa, ponte,ritornello chiaro (con la ripeti-zione della frase) e addirittura lospecial (la parte di canzone incui la musica cambia).Tutto questo lo aveva realizza-to «scrivendo» attraverso gli oc-chi.Per un danno avuto alla nascita,Mauro infatti non ha la possibili-tà di controllare i suoi gesti mo-tori come vorrebbe.Non riesce quindi a camminare,ad afferrare gli oggetti, a coordi-nare il movimento utile a dar for-ma alle parole con la voce... malui capisce tutto.Anzi ha dei giudizi sulla realtà

molto più profondi che la mag-gior parte delle persone che ioabbia mai incontrato.Il testo di «Spiegami la vita» èsolo uno dei tanti esempi.Mauro quindi comunica guar-dando con le pupille degli occhile lettere scritte su di un alfabe-tiere di plexiglass.Ed è così che ha scritto anchequesta canzone.La cosa stupefacente è che, comedetto, nonostante non abbia pos-sibilità di suonare o cantare, hadimostrato di avere una capacitàmusicale interna molto più spic-cata della media delle personecosì dette «normali».Il fatto di aver scritto un testo co-sì perfettamente in metrica e cosìperfettamente strutturato nellaforma artistica della canzone, di-mostra che Mauro, dentro di lui,aveva in testa anche la musicadel brano.

Mauro, spiegami la vita

FINESTRE SUL MONDO

Marco Spaggiari

M

Marco Spaggiari,autore dell’articolo,con Mauro Giusti.Entrambi autori del canto:Spiegami la vita.

auro Giusti è uno de-gli artisti più profondie autentici che abbiaavuto la fortuna di co-

noscere. Non è uno di quelli checercano di darsi per forza una ri-sposta. Lui è uno di quelli che sacondividere le proprie domande,senza la pretesa di fornire rispo-ste, ma con la capacità di aprireuna prospettiva.Dopo esserci conosciuti ed esser-ci visti alcune volte, Mauro midisse che aveva scritto una can-zone.Sapevo che aveva scritto poesiebellissime e che stava lavorandoad un racconto.Ma quel testo non era niente ditutto questo, quel testo per luiera una canzone.Appena lo lessi, rimasi subito

prime note Mauro mi fece un ur-lo dei suoi, di quelli che esprimo-no approvazione e gioia. Il ritor-nello c’era... poi strofa, ponte,special, stesura del brano..., in 45minuti la scrittura del brano erafinita.Non mi era mai capitato di finireuna canzone in così poco tempo.La cosa è stata davvero magica.Corsi in studio e registrai subitola versione chitarra-voce in unpaio d’ore..., alla sera portai il cda Mauro. Ascoltare insieme laprima bozza del disco fu una gio-ia incredibile per entrambi.Da quel momento in poi, oltreche amici, io e Mauro diventam-mo anche «soci» come dice lui.Iniziammo ad essere invitati a

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 201530

tra gli autori della musica ita -liana.Documenti, burocrazia, tasse...,ma anche tante agevolazioni, di-sponibilità ed entusiasmo per ve-nire incontro a questa idea cosìunica nel suo genere.Il giorno 10 novembre 2014Mauro diventa a tutti gli effettiun autore della musica Italiana,e «Spiegami la vita» è depositatanel database SIAE con il numerodi repertorio 142570614, tra lecanzoni che hanno fatto la storiamusicale del nostro paese.Mauro Giusti testo, Marco Spag-giari voce. Eravamo soci.A questo punto ci trovavamo difronte ad un nuovo inizio. Aspet-tare ancora?

Così, dopo esserci conosciuti, miha chiesto di «fargli da mano» edi «fargli da voce» per dare for-ma a questa musica.Un altro esempio di vita cheMauro regala a tutti ogni giorno.Lui non sta fermo a lamentarsidi quanto la vita sia stata ingiu-sta, ma lui VUOLE fare, VUOLEvivere. Lui dice che «volere è riu-scire» e gli dispiace che la gentepensa che lui «sia tonto»..., per-ché dice che la maggior partedella gente «vive dormendo» enon vede niente.Lui invece VUOLE esprimeretutto ciò che ha dentro e non hamai paura a chiedere una manoagli altri.Lui dice sempre: «Se io che nonposso nemmeno alzarmi da soloper andare in bagno sono riusci-to a correre una mezza maratonadi 21 km, grazie ad un gruppo dipodisti che ha spinto la mia car-rozzina da corsa, vuoi dire cheNIENTE è impossibile per nessu-no... nella misura in cui non ab-biamo paura di chiedere una ma-no a qualcun altro».Nella sua genialità e umiltà,Mauro ha chiesto quindi a me didare forma alla sua canzone.Io abituato a scrivere canzoni intesto e musica da zero, non ave-vo mai provato a scrivere unamusica su di un testo già finito.Ma dopo qualche giorno ero dalui con la chitarra dicendo: «Pro-viamo».Iniziai a fare delle prove e dicia-mo che «la beccai subito». Alle

«Non mettete all’ultimo posto chi devestare al primo» (san Luigi Guanella).

suonare in giro il brano e, ovun-que andavamo, la gente rimane-va scossa, colpita e commossa.Alla fine, quando io e Mauro ri-salivamo in pulmino per tornareindietro, ci guardavamo sempredicendo: «Li abbiamo schiantatitutti, rock’n roll!» e ridevamocontenti.E più questa cosa andava avanti,più mi accorgevo di quanto Mau-ro fosse una ricchezza per tutti...e che quello che stavamo portan-do in giro aveva un effetto di-rompente, che non poteva nonfarsi sentire.Ebbi così l’idea di telefonare inSIAE per chiedere quale fosse laprocedura per iscrivere Mauro

No, non era più il caso. Questacosa era troppo potente per esse-re imbrigliata in sterili logichediscografiche.Questa cosa era nata esplodendodalla vita, e come tale dovevacontinuare ad esplodere.Così gli dissi: Mauro ho deciso. Ilbrano te lo produco io. Ne vado aparlare con il nostro storico pro-duttore artistico, Alex Bagnoli.Quando parlai ad Alex della cosa, lui che aveva già cono -sciuto Mauro ad un nostro con-certo (in cui suonai «Spiegamila vita» in versione chitarra-voce), accettò con entusiasmo,dicendo che una cosa così bellae importante l’avrebbe fatta sen-

«Tutti possono essere strumenti di bene» (san Luigi Guanella).

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za badare alle condizioni lavora-tive standard.Diedi la notizia a Mauro, lui fuentusiasta..., ma mi disse cheeravamo soci e che lui voleva as-solutamente contribuire per me-tà alle spese di studio.Il brano porta in sé una magiatale che la sua produzione in stu-dio finisce in tempo di record.Ed ecco «Spiegami la vita».Mi piace finire questa presenta-zione con un piccolo aneddotosulla scrittura di questo testo, dicui non ho dovuto modificareneppure una sillaba di quantoscritto da Mauro, perché tutto siincastrava alla perfezione.Arrivati all’ultimo ritornello, misentii di proporre una cosa: «Perme Mauro c’è bisogno di unaconclusione forte a questo testostupendo, una frase finale chenon hai ancora detto e che dia ilsenso a queste domande». Pensa-vo dovesse pensarci un po’ su, in-vece si fece portare la lavagna eall’istante scrisse «Spiegami per-ché... non puoi farlo insieme ame».La risposta a certe domande sulsenso della vita non ce l’ha nes-suno ed è inutile trovare una fra-se fatta da farsi andare bene.Lui come al solito con una fraserovescia la prospettiva del pro-blema: la vita è troppe volte stor-ta, il senso non torna... ma da-vanti alle sue domande, anzichéandare avanti a testate ognunoper conto suo, tu spiegami per-ché non possiamo affrontarla in-sieme.E qui credo che si apra una pro-spettiva in grado di cambiareogni cosa. «Farlo insieme» cam-bia le cose.Ed è qui che la vita inizia ad ave-re più spiegazioni... proprio nelpunto in cui, il nostro mondosempre più frammentato in mi-liardi di solitudini, le ha perse.

Si ringraziano la lettrice signoraIvana, mamma di Mauro, e la si-gnora Gilda Mori per l’invio diquesta toccante testimonianza.

La redazione

Piano, piano la vita va avantiE non riusciamo a starle dietroMi sembra di rincorrerlaper provareA fermarla e vivere.Qualche secondo in più,Le emozioni che mi regala,Ma parto sempre in svantaggioE lei è già andata avanti!

Rit. Spiegami perché non possofermare il tempo.Spiegami perché non si puòtornare indietro.Spiegami perché,spiegami perchéCerti momenti si vivonouna volta sola.

La strada è lunga, ma le personeche ho a fiancoSono tante, sono loroChe compongonopasso dopo passoIl mio percorso ed allora.Non è più importanteSe la strada comincia a salirePerché a spingermiC’è sempre qualcuno.

Rit. Spiegami perchénon posso fermare il tempo.Spiegami perchénon si può tornare indietro.Spiegami perché,spiegami perchéCerti momenti si vivonouna volta sola!

Io non mi fermoe passo dopo passoContinuo il mio percorsoE tutto ciò che verràLo vivrò!

Rit. Spiegami perché non possofermare il tempo.Spiegami perché non si puòtornare indietro.Spiegami perché,spiegami perchéNon puoi farlo insiemeNon puoi farlo insieme a me!

Non puoi farlo insieme a me!... spiegami perché,Spiegami perché...Non puoi farlo insiemeNo puoi farlo insieme a me!

SPIEGAMI LA VITA

Testo di Mauro Giusti • Musica di Marco Spaggiari

«Nessunosia lasciato indietro»(san Luigi Guanella).

con il compito di Assistente spiri-tuale.C’è la testimonianza di un alun-no, Vittorio Sposetti che, mentreun giorno stavano giocando nelcortile della scuola, dal campani-le di San Lorenzo suonò il «toc-co» di una agonia e don Giusep-pe interrompe la ricreazione di-cendo: «Silenzio, c’è gente chepiange» ed improvvisa una breveriflessione sul significato della vi-ta ed i ragazzi ne rimangono af-fascinati.Non trascura l’attività pastorale edi buon grado supplisce nelleparrocchie e lo vediamo a Gor-dona, a Colorendo, a Bodengo, aMaslianico, a Isola, a Sommaro-vina, a Uschione.Don Giuseppe era un espertoscalatore, rocciatore, arrampica-tore e nei momenti liberi dellascuola partiva, quasi sempre insolitaria, per raggiungere unavetta, una cima, una guglia e lavasta catena della Valle Spluga,della Val Bregaglia, della Val Co-

déra, della Val Musino, della ValMalenco erano, come si suol di-re, «pane quotidiano» delle suenumerose escursioni.Non lasciava scritto dove era di-retto perché tante volte andava eritornava in giornata e senza chenessuno lo sapesse. Alle volte ac-cettava anche i ragazzi e special-mente i nipoti ai quali, oltre cheda guida, spiegava con pazienzail comportamento da tenere nel -l’affrontare la montagna di fron-te ai rischi ed agli imprevisti.È da sottolineare che questa«passione» per la montagna lamaturerà largamente in semina-rio e «vero» scalatore dimostra diesserlo tra il 1905 ed il 1907, al-lora ventenne, con le traversate,in solitaria, della Cima Codéra,Bocchetta del Conco, BocchettaVal di Piana, Monte Gruf, LaBassetta, Sasso Becché, Conca diDroso, Monte Beleniga, Bocchet-ta Praga, Bocchetta Schiesone,Pizzo di Prata, Cima Garzonetta,Sasso Manduino... e proprio inquesto vasto Gruppo, una dellesue cime verrà immortalata co-

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Don Giuseppe Buzzetti

N

FINESTRE SUL MONDO

Sacerdote, educatore, alpinista

Gianni Moralli

Il Pizzo Stella (Sondrio):quante volte

ha ammirato da lassùl’incantevole panorama

sottostante?

asce il 31 maggio 1886 aChiavenna e viene bat-tezzato il giorno dopo.Riceve la Cresima il 2

maggio 1897 dal vescovo di Co-mo mons. Teodoro Valfrè di Bon-zo ed a settembre, undicenne,entra in Seminario a Como dadove uscirà «sacerdote», ordina-to il 21 maggio 1910 dal Vescovo,mons. Pietro Vigano, su delegadel Vescovo diocesano mons. Al-fonso Archi.A quei tempi era necessario il«benestare» del parroco per ac-cedere agli Ordini sacri e leggia-mo che don Leopoldo Moioli, ar-ciprete di Chiavenna, così dissedel novello sacerdote: «Giovanedi buona sì civile che religiosacondotta e provata la sua voca-zione allo stato ecclesiastico perla sua pietà, onestà e studio».Don Giuseppe sceglie di dedicar-si all’insegnamento dei giovaninelle scuole elementari, per cuidopo il diploma statale lo vedia-mo a Verceia, a Menarola, aChiavenna anche presso l’IstitutoImmacolata dove insegna latino

me «Punta Buzzetti», per la pri-ma volta da lui raggiunta, comequasi tutte le cime ricordate.Ci ritornano attuali due partico-lari, primo quando, quindicenne,per una infezione al piede destroviene trasferito nel seminario diVentimiglia, su consiglio medico.Non interrompe gli studi liceali-filosofici e le sue condizioni psi-co-fisiche migliorano di molto,anche se gli rimarrà un leggerostrascico della gamba destra. Diesemplarità nel comportamentodi vita comunitaria si merita unpubblico riconoscimento, conmedaglia d’oro, dal SeminariumVentimiliense «Virtuti Prae-mium» (vocazione - bontà d’ani-mo - disponibilità al servizio -decisioni equilibrate - amantedella montagna - generosità -preghiera - studio...). Secondo,

quando in famiglia non ci capa-citavano della tenace resistenzaalle fatiche esplorative dellamontagna, quando ritornava do-po giorni di assenza il commentoera «come al po’ rivach».Era un po’ la sua mania, quelladi salire in montagna per tappeimpegnative «in solitaria» e chepurtroppo gli costò la vita.Arriviamo all’11 luglio 1934quando, sconsigliato per le avver-se condizioni, lascia la CapannaGiannetti per la Punta Torelli,dopo essere arrivato in vetta alPizzo Badile il giorno preceden-te. Si ritiene che... per la fittanebbia... abbia perso il sentieromaestro e di don Giuseppe non

si è saputo più nulla. Sulla PuntaTorelli lascia l’ultimo suo mes-saggio (recuperato successiva-mente): «Ore tredici, tempo brut-to, partenza per Bresciadiga»...A Uschione, domenica 15 lugliolo attendevano per la Messa festi-va dove però non giunge e... siperdono le sue tracce; ha solo 48anni!Lo vogliamo ricordare nell’80o

della sua scomparsa e chissà maise un giorno in mezzo ad uno diquegli anfratti rocciosi dove abi-tano solo le aquile..., proprio unadi esse lo riporterà in vetta..., conil suo nodoso bastone sul qualeaveva impresso la passione diCristo.

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Don Giuseppe Buzzetti, chiavennasco,esperto scalatore e rocciatore.

Lago azzurro in Valle Spluga.Don Giuseppe partiva quasi sempre

in solitaria per le sue amate vettee per la vasta catena

della Valle Spluga,tanto cara anche al nostro

don Guanella.

La Punta Buzzetti, da lui raggiuntaper la prima volta e a lui dedicata.

Ogni volta che raggiungeva unameta prefissata, si inginocchiavabaciando quella «reliquia» conun ampio segno di croce.Ricordiamo che, a chi gli dicevadi fermarsi un po’..., lui rispon-deva: «A me piace andare e semuoio in montagna è la mortepiù bella, sono più vicino al Si-gnore»..., perché lui scalava l’As-soluto! n

oco avvezzi al-la sua priva-zione, gli uo-mini non san-no di qual

prezzo sia un po’ d’ac-qua dolce».Ne è passato di tempoda quando, agli inizidell’Ottocento, lord By-ron affidava ai suoiscritti la riflessione sulvalore, non solo econo-mico, del prezioso li-quido. Due secoli dopo,poco o nulla sembra es-sere cambiato in termi-ni di consapevolezza.Tanto che dal 1992 il 22di marzo, per iniziativadell’Onu, si celebra intutto il mondo unagiornata dedicata pro-

L’editoriale dell’arcivescovo di Catanzaro-Squillace �sulla Giornata mondiale dell’acqua

sottolineato l’importan-za, esortando a guarda-re ad essa non solo co-me bene destinato asoddisfare un bisogno,per quanto primario. Eche sia così lo ricordaquella tetrade aggetti-vale che san Francescoha dedicato nel suoCantico a «sor’acqua»:«Utile et humile et pre-tiosa et casta». Si trat-ta, infatti, di una realtàveramente «utile etpretiosa», principiodella composizione or-ganica e della stessa so-pravvivenza dell’uomo,che presenta diversiprofili di interesse so-ciale, politico e bioeti-co-ambientale (atten-

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 201534

Il sapore dell’acquaFINESTRE SUL MONDO

Mons. Vincenzo Bertolone

prio all’acqua, con l’in-tento di educare al cor-retto rapporto con le ri-sorse idriche, in unabiosfera in cui l’acquasi prevede sempre me-no disponibile per tuttigli esseri umani.Nel mondo, già oggi cir-ca 900 milioni di perso-ne non hanno la sicu-rezza di un bicchiere diacqua potabile al gior-no. Non appare, certo,casuale, allora, che an-che il Pontificio Consi-glio Iustitia et Pax, nel2002, abbia visto nellanecessità di garantirel’accesso all’acqua unapriorità, riprendendoun’istanza di cui già laGaudium et Spes aveva

«P

diamo un’enciclica di papa Fran-cesco su tutto questo). Nella quo-tidianità essa viene vista comeuna benedizione, una fonte di vi-ta, una minaccia o una necessità;niente la può sostituire. Per que-sto è venerata, usata come un’ar-ma, maledetta quando ce n’ètroppa o troppo poca. Anche sot-to il profilo spirituale, ha un si-gnificato di rilievo: la parola ma-jim, «acqua», risuona oltre 580volte nell’Antico Testamento, co-me l’equivalente greco hydor ri-torna un’ottantina di volte nelNuovo, ad indicare una costella-zione di realtà che ruotano attor-no a questo elemento così pre-zioso, a partire dal pericolosojam, il «mare», o dal più dome-stico Giordano, il fiume del bat-tesimo di Giovanni il Battezzato-re, passando attraverso le piogge,le sorgenti, i fiumi, i torrenti, icanali, i pozzi, le cisterne, il dilu-vio, l’oceano. Per non parlare deiverbi legati all’acqua come bere,abbeverare, aver sete, dissetare,versare, immergere.Così l’acqua è per eccellenza sim-bolo di Dio, sorgente di vita, se-gno della Parola divina senza laquale si soffoca e si è aridi, sim-bolo della sapienza divina effusain Israele. Annunzia l’era messia-nica e la rinascita dell’umanità,diventando l’emblema di Cristo –soprattutto nel rito battesimale –ed il segno della vita nuova, e perquesta via si trasforma nel conte-nuto di un’etica della giustizia edella responsabilità: l’acqua dellavita crea in ciascuno il cuorenuovo, capace di carità piena, diascolto responsabile delle neces-sità del fratello, sino a ricondur-re al centro focale dell’agire di unDio che mira a costituire gli abi-tanti del pianeta come soggetti dico-responsabilità per gli esseriumani e per il creato donatoci, edunque ad essere solidali, adesempio, verso coloro i quali diacqua ne hanno ben poca, o a ri-chiedere che l’acqua non diventiun bene suscettibile di commer-cio, per di più nelle mani di po-chi. Liscio e trasparente. Propriocome l’acqua. Quella di fonte, equella dello spirito. n

In bagno

• Chiudi il rubinetto mentre ti lavii denti: risparmierai 20 litri.

• Sai quanto consumi facendo ilbagno? Ben 150 litri, l’equiva-lente di tre docce. Chiudi l’ac-qua mentre ti insaponi sotto ladoccia: risparmierai 30 litri.

• Se puoi, installa il sistema adoppio scarico per il wc. Riducila quantità d’acqua nella cas-setta di scarico: il consumo di-minuirà del 10%.

• Fai attenzione al rubinetto chegocciola: risparmierai 15.000 li-tri l’anno.

• Usa la lavatrice solo a pieno ca-rico: risparmierai 20.000 litri.

• Non lasciare aperto il rubinettoquando ti fai la barba.

In cucina

• Usa la lavastoviglie solo a pie-no carico. Leggi il libretto diistruzioni per informazioni econsigli.

• Lava i piatti in una bacinella,possibilmente dopo l’uso.

• Lasciare in ammollo le stovigliene facilita la pulizia. Inoltre, uti-lizza l’acqua di cottura della pa-sta, ha un alto potere sgrassan-te e detergente.

• Aggiusta i rubinetti che perdo-no: si possono sprecare fino a

40 litri d’acqua in un solo gior-no.

• Applica un frangigetto sui rubi-netti. In questo modo, l’acqua inuscita si miscelerà con l’aria e iconsumi si ridurranno del 40%.

In giardino

• Innaffia le piante verso sera,quando il sole è calato: l’acquaevaporerà molto più lentamen-te.

• Ricicla, per i fiori e le piante,l’acqua con cui hai lavato fruttae verdura.

• Installa un impianto di irrigazio-ne a goccia. Se puoi, raccoglil’acqua piovana e riutilizzalaper il tuo giardino.

E infine...

• Quando lavi l’automobile usa ilsecchio: risparmierai 300 litri.

• Se vedi qualcuno che spreca ac-qua, faglielo notare!

• Ricordati che il risparmio idricopassa attraverso una buonamanutenzione di rubinetti, guar-nizioni e tubature.

• Il controllo periodico del conta-tore ti aiuterà a capire se ci so-no perdite.

+ http://www.acquabenecomune.org

35La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

COME EVITARE SPRECHI DI ACQUA

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 201536

Il Congresso si articolerà in tresessioni di lavoro:

• ISTRUZIONE, FAMIGLIA EDISABILITÀ

• LAVORO, RIABILITAZIONE EDISABILITÀ

• DISABILITÀ E CITTADINAN-ZE DIFFICILI

Seguirà una tavola rotonda su Lasfida della disabilità nei contestimultireligiosi.L’incontro rappresenta l’occasio-ne per uno scambio tra varie cul-ture e religioni, e uno spazioconcreto per accompagnare i va-ri Paesi in un dialogo costruttivoin ambito di prevenzione, forma-zione e informazione.L’Associazione vuole favorire lapartecipazione al Convegno delmaggior numero possibile diPaesi in via di sviluppo, africanie extra Comunità Europea, perpresentare buone prassi e nellostesso tempo stimolare, attraver-so la formazione, quei Paesi che

hanno ancora piena necessitàdi apprendere servizi di cura edi aiuto, a supporto della per-sona con disabilità.Mediterraneo senza handicap(www.mediterraneosenzahan-dicap.org), ispirandosi all’ope-ra e al pensiero di san LuigiGuanella, propone, nell’ambitodella disabilità, di diffondereuna cultura umanistica, ric-chezza e punto di forza di tut-to il Mediterraneo. Questoevento si svolge in coincidenzaprovvidenziale con i festeggia-menti per il centenario dellamorte di san Luigi Guanella(1915-2015).L’Associazione si rivolge nonsolo ai Paesi che hanno confinigeografici nel Mediterraneo,ma anche a quei Paesi chesimbolicamente entrano a far-ne parte, condividendo e con-frontandosi con una culturache considera ogni essereumano una persona umana, nedifende i diritti e l’accompagnanella crescita personale e nellosviluppo all’interno della Co-munità.

Informazioni/iscrizioni

[email protected]. /Fax +39 06 5809918

Milano ospitaVI Congresso internazionale

Mediterraneosenza handicap

Michela Carrozzino fsmp

L’ Associazione Mediter-raneo senza handicaponlus, in occasionedell’Expo 2015, orga-

nizza per il 19, 20 e 21 ottobre2015, a Milano, il VI Congres-so Internazionale: UGUA-GLIANZE DIFFICILI E MON-DI DELLA DISABILITÀ.Il Congresso viene realizzatoin collaborazione con il Centrodi Ateneo di Bioetica dell’Uni-versità Cattolica del SacroCuore e la Fondazione IRCCSIstituto Neurologico Carlo Be-sta di Milano.Da sempre il tema dell’ugua-glianza è un tema difficile. Ledifferenze fra gli uomini sonoinfatti molteplici e sin troppoevidenti: fisiche, culturali, am-bientali, storiche, economiche,religiose – e così il riconosci-mento dell’uguaglianza diven-ta complesso.Nell’affermare il riconoscimen-to dell’uguaglianza fra gli uo-mini la disabilità è una dellesfide più importanti. Esistono,infatti, diverse forme di disabi-lità e diverse immagini delladisabilità, così che spesso nonrisulta possibile comprendereciò che le accomuna. Noi par-tiamo dal presupposto che è lanostra condizione umana ciòche accomuna le persone.

2015 si confronta con il problemadel nutrimento dell’uomo e dellaTerra e si pone come momento didialogo tra i protagonisti della co-munità internazionale sulle princi-pali sfide dell’umanità... Milioni dimetri quadri, più di 140 Paesi e Or-ganizzazioni internazionali coinvol-ti, oltre 20 milioni di visitatori atte-si... I Paesi mostreranno il megliodelle proprie tecnologie per dareuna risposta concreta a un’esigenzavitale: riuscire a garantire cibo sano,sicuro e sufficiente per tutti i popoli,nel rispetto del Pianeta e dei suoiequilibri».Allora: come ignorare tale propostae non cogliere una tale occasioneper farne una vetrina visibile e ri-dondante da dove gridare al mondointero, ancora e più forte, la necessi-tà di rendere attuale e concreta lacarità evangelica?

Il Cardinale Gianfranco Ravasi,commissario generale della SantaSede per EXPO 2015, intervistatoda Fabio Colagrande, ebbe a dire:«Già nel 1851, quando regnava PioIX, alla grande Esposizione del lavo-ro e dell’industria di tutte le nazioniche si svolgeva a Londra, era pre-sente la Santa Sede e la sua presen-za fu, in altre occasioni, anche mol-to imponente. Nell’Esposizione diNew York del 1964, ad esempio, fuinviata nientemeno che la Pietà diMichelangelo, che per la prima vol-ta lasciava la Basilica di San Pietro.Quindi la Santa Sede è sempre statapresente su questa grande ribaltadelle nazioni del mondo, una vetri-na delle produzioni, delle attività ditipo economico, delle questioni cru-ciali dal punto di vista pratico, so-ciale».E, dunque, la Santa Sede non po -teva mancare a quest’ultima ses -sione ispirata al tema «Nutrire ilPianeta, Energia per la Vita» e haparteci pato alla manifestazione conun suo padiglione dal quale svi -luppare un mes sag gio/te ma moltoforte quale «Non di solo pane», con

37La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

Milano 2015

FINESTRE SUL MONDO

Nutrire il pianetaenergie per la vita

Francesco Sapio

«V oi siete di questo mon-do, io non sono di que-sto mondo»... MA PERVOI DARÒ LA VITA.

Ci piace pensare che intendesseconcludere in questo modo l’affer-mazione che aveva lasciato attonitigli astanti (Gv 8, 23).Aveva anche detto: «...amatevi gliuni gli altri...» e «...ama il prossimotuo come te stesso».E poi, verso la fine: «Vi do un co-mandamento nuovo: che vi amiategli uni gli altri. Come io ho amatovoi, così amatevi anche voi gli unigli altri. Da questo tutti saprannoche siete miei discepoli: se aveteamore gli uni per gli altri».È il comandamento supremo: la Ca-rità! Diceva Pietro: «Soprattuttoconservate fra voi una grande cari-tà» (1Pt 4, 8).Nel Catechismo della Chiesa Catto-lica, parte terza, 1822, leggiamo chela Carità è «...la virtù teologale perla quale amiamo... il nostro prossi-mo come noi stessi e dalla quale po-trebbe nascere l’uomo nuovo».Orbene, nel sito ufficiale del l’EXPOè precisato che «... Expo Milano

il quale «Il cibo si raffigura quindinon solo come nutrimento per il cor-po, ma come gesto del nutrire che di-venta pasto e convivium, momentodi incontro e di comunione, di edu-cazione e di crescita».A tal proposito: nel padiglione dellaSanta Sede è stato ricreato lo spazioideale per il cortile dei gentili, chevuole richiamare l’area riservata delTempio di Gerusalemme che Gesù«...sgomberò da affari esteriori per-ché ci fosse lo spazio libero per igentili che lì volevano pregare l’uni-co Dio...» (è ancora Monsignor Ra-vasi che parla). Nel nuovo Tempio,costruito da Erode intorno al 20a.C., il grande cortile «dei gentili»(non israeliti) era stato pensato pro-prio per favorire l’incontro tra tuttele razze e i popoli ispirati al con-fronto e spinti dal desiderio di ap-prendere. A questo «cortile» si èispirato il Pontificio Collegio dellaCultura per ricreare uno spazio «...d’incontro e di dialogo, uno spaziodi espressione per coloro che noncredono e per coloro che si pongonodelle domande riguardo alla propriafede, una finestra aperta al mondo,alla cultura contemporanea e allevoci che vi risuonano».Tutto ciò in netta contrapposizionecon quella «cultura dello scarto»,che sempre di più oggi influenza lanostra società generando iniquità esituazioni di povertà, emarginazionie razzismo, guerre di religioni e vio-lenze.Nel riquadro, al centro della pagina,alcuni dei temi che verranno trattatinel padiglione e che veicoleranno ilmessaggio.La realtà di oggi esprime bene loscempio intollerabile di un contestosociale insensibile «all’altro». E qua-lunque occasione, ogni incontro,dovrebbe essere colto per sensibi -lizzare (se non per combattere)comportamenti egoistici e intolle -rabili: la vetrina mondiale offertadall’EXPO non poteva essere unobiettivo mancato.Alla vigilia dell’apertura dei cancelli,la TV ha diffuso dati sconcertantisulla diseguaglianza abissale tra ipopoli e su quella scandalosa trasingole persone: in Europa ci sonoaltre 16 milioni di individui che vi-vono (?) al disotto della soglia di po-

vertà! Si badi bene che stiamo par-lando della ricca Europa! Il che si-gnifica che è l’inquilino della portaaccanto che è in difficoltà! E comeignorare un altro dato che indigna:in un anno ognuno di noi, semprein Europa, getta via 76 chilogrammidi cibo!E che dire delle genti dei paesi sot-tosviluppati, colpevoli soltanto dinascere in una determinata partedel globo e vittime, spesso, dell’in-gordigia di avidi governanti che neaggravano l’esistenza?Il problema della veicolazione degli

Eccome se lo raggiungono! Con im-mensi sacrifici, con enormi rinuncepersonali, operando direttamente,in prima persona e in prima linealaddove le necessità sono maggiori,laddove gli altri volgono altrove losguardo, laddove il difficile si rendepossibile sporcandosi le mani per-ché spinti da un «credo» e da un«voto», perché hanno fatto propriala CARITÀ.Nell’area EXPO è stata realizzataanche una grande scultura che sim-boleggia l’albero della vita. Al di làdi quella che potrebbe apparire lasolita retorica o trovata pubblicita-ria, il simbolismo esprime bene iltema della manifestazione fieristicae, coralmente, formuliamo voti au-gurali affinché, dei milioni di spetta-tori che lo vedranno illuminato nellasua magnificenza, ve ne sia un buonnumero che dedichi una profondariflessione alla tematica che simbo-leggia, cioè l’impegno a «NUTRIRELA VITA». Nutrire la vita di chi muo-re di fame, fino a consentirgli unaesistenza dignitosa; nutrire la vita dichi aspira a un minimo di certezzaper il futuro dei propri figli; nutrirela vita di ogni specie che il semplicediletto umano non giustifica sacrifi-care; nutrire la vita delle «risorse»globali che siamo chiamati dovero-samente a preservare e custodire;salvare la vita impedendo ogniazione volta a impedire ad altri dinutrire la propria vita spirituale.L’albero non ha gemme, ma sonoquesti i frutti che vorremmo vederespuntare, appesi ai suoi rami oggiluminosi ma spogli: sono i frutti chePapa Francesco vorrebbe vedere co-piosi, come ha ripetuto, con forza,nel Suo messaggio augurale.Il prossimo 31 ottobre, quando ver-ranno spenti i riflettori e si contabi-lizzeranno i risultati economici diquest’evento straordinario, i massmedia ci inonderanno di cifre e mo-streranno tutti i traguardi raggiunti;fin da ora, osiamo manifestare unanostra profonda speranza: che il tut-to sia servito a salvare almeno unavita in più, che un depuratore in piùverrà realizzato, che un pozzo perl’acqua potabile venga scavato e checi sarà un cialtrone in meno sul pia-neta a non danneggiare il dono delcreato. n

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 201538

Tutti siete invitati

Una sola famiglia umana Cibo per tutti

AllergEat: feeding the planet for preventing allergies

Giornata nazionale del Creato

MicrobiotEat. Interazione Cibo Ospite Microbiota

e crescita infantile

Right to food, Peace and democracyReasearch Education in an ethical

perspective

A tavola con Dio e con gli uomini:il cibo traantropologia e religione

aiuti internazionali è nota: soltantouna minima parte arriva a chi ne habisogno, mentre la parte da leoni lafanno gli accaparratori e tanti di co-loro che si presentano come ammi-nistratori. Da qui la necessità dimaggior oculatezza, anche da partenostra, nello scegliere il giusto sog-getto, la giusta organizzazione a cuiaffidare l’aiuto che offriamo. Quanticarrozzoni dispendiosi dissipano lamaggior parte delle disponibilitàche vengono loro affidate...Spesso il nostro senso critico (legit-timissimo!) ci induce a formulare ri-serve, a sollevare l’indice accusato-re, o a dire: tanto è inutile, tanto simangiano tutto! E spesso è vero, manon per tutti. Abbiamo mai pensatoai Missionari, alla loro frugalità,all’assenza di apparati burocratici ogestionali o connessi alla necessitàdi mantenerli? È vero: la loro è unamissione, la loro è una scelta. Ma,chiediamoci, raggiungono lo scopo?

39La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

Danze di voltiintorno ad un’immagine

porate reliquie, per renderlo sa-cro, per la celebrazione eucaristi-ca. A destra e a sinistra di que-sto, è stata lasciata intatta la vec-chia mangiatoia. In un angolo,tra paglia, fieno e fiori di lavan-da, è stato deposto un piccoloGesù Bambino, alto poco più didue spanne, che tende le braccia.Sopra l’altare è stato riportato unaffresco originale del trecento,raffigurante la Madonna.Nella parete di lato, vi è un qua-dro: san Giuseppe con GesùBambino in braccio e, infilatanella cornice in basso, una carto-lina con il beato don MicheleRua e san Giovanni Bosco, spedi-ta anni orsono dalla Spagna. Eraconsuetudine di mio marito invi-tarmi a seguirlo in ogni suo viag-gio, anche di lavoro, soprattuttoall’estero.Così la Spagna fu la nazione piùvolte visitata, da Madrid a Castel-lon de la Plana, a Barcellona. E

N

VOCI DAL SILENZIO

Nella pianura padana, in una vecchia casa colonica ristrutturata...,vi è una cappella privata. Accanto al pozzo con la carrucola, vi è ancora

l’abbeveratoio delle mucche...

Nella parete di lato,vi è un quadro

di san Giuseppe, con una cartolinainfilata nella cornice che raffigura

san Giovanni Boscoe il beato don Michele Rua.

Gilda Mori

È stata l’ultima fotodel Santo dei giovani. Il papà ebreodi Nonna Susanna è stato convertito

da don Bosco.Nonna Susanna è stata allevata

spiritualmente da don Michele Rua.

ella pianura padana, inuna vecchia casa coloni-ca ristrutturata, circon-data da filari di viti e

campi verdi di erba medica, vi èuna cappella privata.In casa, il portico chiuso da duevetrate, si conserva ancora il poz-zo con la carrucola, accanto al-l’abbeveratoio delle mucche.Dal portico si accede direttamen-te alla cappella, ricavata dallastalla.Da un lato le finestre con infer-riata, dalla parte opposta due co-lonne sbrecciate sulle quali, inalto, vi sono ancora intatti nidi dirondini.Di fronte è stato costruito in pie-tra un piccolo altare, con incor-

proprio a Barcellona scattammole foto più belle con i bimbi pic-coli, accanto alla Sagrada Fami-lia, sempre però facendo sostasul tibidabo, da cui, essendo suuna collina, si vede tutta la città.Fu da lì che spedimmo a casa,per ricordo, la cartolina con donRua e san Giovanni Bosco, conla foto eseguita nel 1886 da JoanPasqual, nella Valle Marti – codo-color – in Spagna, ove il santo ri-mase trenta giorni elemosinandoper il tempio del Sacro Cuore diRoma e per le sue opere. Unmaggio trionfale che avrebbeaperto uno splendido avvenire al-la Congregazione Salesiana inSpagna, già fiorente dall’Europaalla Patagonia.La fotografia è l’ultima di donBosco prima della sua morte, av-venuta il 31 gennaio 1888, ed èl’unica di cui si conserva il nega-tivo, perciò riproduce il suo ri-tratto senza ritocchi.

ra ove era mancato e, mentre lamamma gli diceva: «Giovanni,vieni, vieni con me», egli rispon-deva: «Se non viene papà, nonvengo». Allora lei, prendendoloper mano, gli disse: «Povero fi-glio, non hai più papà».Fu il primo dolore della sua vita,sorretto da mamma Margherita,che l’accompagnerà e collaborerànella sua missione di educatoredi giovani orfani, soli, poveri, ab-

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 201540

Nitidi e vividi,come brillii di zaffiri,mi appaiono i giorniche credevo scordati.

Quel tornare nel tempoall’improvviso,per un tubaredi tortore bianche,per lo scalpitiodi zoccoli ferrati,per un tintinniodi campane antiche.

Per quella «rosa virgo»che tu avevi piantato,ultima a fiorire, così candidain questo autunno ammantato.

Pensare ad un stelo di lavandache tornerà a fiorirein altra primavera che l’animada anni rifiuta.

Allora chiedere di poter morirecon un petalo di «virgo»fra le dita,

e posarlo nel palmodella tua mano.

No, non ti merito,sei stato un dono di Dio,ma per quel petaloche si fa preghiera,per l’eternitàsei mio marito.

Me l’hai promessomentre tenevo la tua palmadi mughetti fra le dita.Era aprile.

Gilda

ROSA VIRGO

Il quadro di san Giuseppe lo ebbe in regalo la famiglia Mori da NonnaSusanna (Teresa Algranati 1901-1985), ritratta nella foto con i coniugiGilda e Uberto Mori.Ora anche l’ing. Uberto è venerabile:un girotondo di santi, direbbequalcuno.

nascita di san Giovanni Bosco.Giovanni Bosco era nato il gior-no della festa di Maria Assuntanel 1815 a Morialdo, frazione diCastelnuovo d’Asti, una frazionecomposta da gruppi di case spar-se. La mamma di Giovannino sichiamava Margherita Occhienaed il papà Francesco (Francescocome l’attuale papa, il cui ante-nato era di Portocomaro Asti).Abitava in una casa di contadini,forse simile alla mia, da dove oratraccio queste righe accanto allasua immagine. Aveva un fratellomaggiore, Antonio, nato dalleprime nozze del padre ed unopiù grande di lui, di nome Giu-seppe.Giovannino aveva solo due anniquando cessò di vivere, a soli 34anni, il papà che amava tanto.In una delle sue memorie, scritteper ordine di Papa Pio IX, donBosco ricordava che quel giornonon voleva più uscire dalla came-

Perché ricordo questo?Riguardavo san Giuseppe e quel-la fotografia, dopo aver letto l’an-nuncio che Papa Francesco, do-menica 21 giugno, sarà a Torinoper l’ostensione della Sindone,che avverrà nel pieno delle cele-brazioni del bicentenario della

bandonati. Ed anche quando alei fu proposto di risposarsi, dis-se: «Dio mi ha dato un marito,sarei una madre crudele se li di-menticassi nel momento in cuihanno bisogno di me. Non li ab-bandonerò mai, nemmeno pertutto l’oro del mondo».Giovanni era minuto e piccolo distatura, ma aveva grande intelli-genza e memoria e facilità di at-tirare i piccoli e gli adulti. Eglistesso dirà che saltava, danzavasu una corda, faceva giochi diprestigio e d’inverno passava leserate nella stalla per stare al cal-do. Salendo su una panca, rac-contava le sue storie, per finirepoi con un segno di croce eun’Ave Maria.Tutto questo mi è tornato allamente guardando quel quadro disan Giuseppe a me caro, che mifu regalato da Nonna Susanna(Teresa Algranati 1901-1985). Al-levata spiritualmente da donRua, primo successore di sanGiovanni Bosco, ora anch’egliBeato.Nonna Susanna, nell’animo pro-fondamente salesiana, risponde-va alle lettrici della rivista «Vitafemminile», di cui era direttrice,

con una cartolina di Maria Ausi-liatrice, da mettere all’ingresso dicasa perché la Madonna benedi-cesse chi entrava e chi usciva.E raccontava tanti aneddoti dellavita del santo, saputi dalla nonnaTeresa Staffieri. Ricordava cheun giorno don Giovanni Boscostava celebrando una Messa, affi-dando un caso pietoso alla Ma-donna ed ecco una donna grida-va all’improvviso, in dialetto: «Elsul, el sul!» (Il sole, il sole!).Infatti attorno alla testa del sa-cerdote si era formata un’aureolaluminosa, e la grazia chiesta, dalbuon Dio fu concessa.La vita di don Bosco fu segnatada sogni premonitori, che sem-pre si avveravano. Il primo l’ebbecirca all’età di nove anni.Lo raccontò alla madre ed ai fra-telli, ma tutti diedero pareri di-versi, qualcuno deridendolo. So-lo la nonna gli disse: «Non biso-gna credere ai sogni».Pur essendo del parere della non-na, quel sogno però rimase nellasua mente per sempre, e tracciòla missione della sua esistenza;soprattutto colpito dalle paroledel personaggio maestoso che gliaveva parlato ed al quale lui ave-va chiesto chi fosse: «Io sono ilFiglio di Colei che tua madre tiinsegnò a salutare tre volte algiorno».Ciò testimonia l’importanza del -l’educazione di mamma Marghe-rita, della sua preghiera e dellasua presenza, che lo seguì nellasua missione tutta la vita.Ed ora la sua riconoscenza va a

colei che mi ha fatto conoscere lavita di don Bosco e mi ha seguitaspiritualmente: Nonna Susanna.Il suo nome era Teresa Algranatie il padre ebreo fu convertito alcattolicesimo da san GiovanniBosco.Serbò per 20 anni uno spazio sulsuo giornale «Vita Femminile»,perché ogni settimana divulgassele grazie concesse dalla Madonnadella Salute, nel piccolo santua-rio di Puianello di Modena. Poicon delicatezza offrì a mio mari-to tre ritratti ad olio dei suoi an-tenati materni vestiti con grandeeleganza.La nonna Teresa Rossi Staffieriall’età di 14 anni, nata nel 1844 aMadonna dell’Olmo, Cuneo.Il bisnonno materno VincenzoRossi, giudice a Cuneo nel 1800 ela bisnonna materna ErnestaBrunacci in Rossi.Ma soprattutto, nel 1974 il qua-dro con san Giuseppe, a loro do-nato da san Giovanni Bosco, ac-compagnandolo con questa dedi-ca: «Il quadro di san Giuseppe,che san Giovanni Bosco donò al-la mia nonna materna, signoraTeresa Rossi in Staffieri, e che dame fu portato al santuario perconsolare gli ultimi giorni di sof-ferenza di padre Raffaele, dopola sua entrata in paradiso, da medonato ai signori Gilda e UbertoMori come pegno di riconoscen-za. Il padre Raffaele, capp., mifece conoscere quei signori e aloro mi affidò, fin dal primi tem-pi che salii al santuario.Conoscendo la loro grande bontàper tutti e tanta nei miei riguar-di, ho pensato che san Giuseppesoltanto poteva dire loro con lesue grazie quanto desideravo perloro e per i loro figlioli. TeresaAlgranati» (Nonna Susanna).Perciò per tutto questo, grazie!Grazie a Maria Ausiliatrice, a sanGiovanni Bosco, al beato donRua ed anche a Nonna Susanna,che ha insegnato a tanti di noi adamare Maria, come Madre umi-lissima. n

41La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

La nostra collaboratrice,prof. Gilda Mori, con Nonna Susanna,

curatrice della rivista salesiana«Vita femminile».

A MARIA, MADRE

No, non sono degnadi amarti e di offrirtiun canto.

Racchiudo nella manomille stelle accese,e ti offro suoni di cetra,assieme al mio pianto.

Le mie lagrimesul tuo grembodiverranno preghiera.

Accogli questo, Madre,non ho altro da donarti.Ma so che tumi amie ciò mi basta.

Abbracciami.Ti ringrazio.

G. M.

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 201542

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VIVERE LA FESTAa cura di suor Maria Teresa Nocella

Sentieri meditativisui passi di san Luigi Guanella

43La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

TUTTA LA NOSTRA VITAASSOMIGLIAA UNA SCALATADI MONTAGNA

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Riflessionete di farne a meno, di prendere scorciatoie peri-colose...Molte persone ragionano così: «Vogliamo essereliberi di scegliere nella vita le strade che ci piac-ciono di più! A che cosa servono queste indica-zioni, sotto forma di comandamenti?».A questa domanda risponde Gesù Cristo stesso,nel Vangelo che abbiamo ascoltato oggi nelle no-stre chiese: «Chi accoglie i miei comandamenti eli osserva, questi è colui che mi ama. E chi amasarà amato...».Ecco la chiave della vita: è l’amore!I comandamenti sono il sentiero ben segnato perraggiungere questa mèta esigente, che è l’amore.Perché, alla fine, solo l’amore vero (che è il donodi sé) realizza fino in fondo la nostra vita.

Mons Enrico dal Covolo25 maggio 2014 di «Ascolta si fa sera»,

Rai Radio 1

M olti di voi, che mi ascoltate, lo sapetegià.Io sono nato a Feltre, alle porte delleDolomiti. Parecchie volte mi è capitato

di fare delle belle gite in montagna, insieme con imiei cari.Naturalmente, per arrivare alla nostra mèta –di solito la mèta era la cima di una monta-gna, oppure un laghetto alpino o unverde pianoro –, prendevamo i sen-tieri più sicuri. Di norma essi sonolunghi e tortuosi, perché così sievitano vallate pericolose o pare-ti rocciose troppo ripide. Lungoquei sentieri, sugli alberi e suisassi, ci sono dei segni colorati,delle frecce che indicano lastrada.A volte noi ragazzi chiedevamoal papà, che guidava il cammi-no: «Ma perché non prendiamouna scorciatoia? Perché dobbia-mo fare una strada così lunga etortuosa? Arriveremmo primaarrampicandoci attraverso i bo-schi e le rocce... A che servono isentieri e i segni? Abbiamo lavista buona e le gambe forti, equesto ci basta!».Ma il papà ce lo proibiva sem-pre. In effetti, quanti turisti im-prudenti sono andati incontroa brutte avventure, abbando-nando i sentieri segnati...Tutta la nostra vita assomigliaa una scalata in montagna, unascalata piena di rocce pericolo-se e di crepacci.I sentieri da percorrere sonosegnati dai comandamenti diDio, incisi nel nostro cuore.Ma quante persone sono tenta-

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 201544

In cammino

«Sui passi di don Luigi Guanella»

n ogni cammino è necessaria una pausa di ri-flessione. Per prendere fiato, pensare a noistessi, alla nostra vita, magari confrontando-

la con quella di un grande Santo che ancora oggiha tanto da insegnarci. Accanto al grande itine-rario «Sui passi di don Luigi Guanella» (cento-cinquanta chilometri da Campodolcino a Comosu antichi percorsi tra i monti e le valli delle pro-vincie di Como e di Sondrio), sono stati predi-sposti cinque «sentieri meditativi», piccole oasidi ristoro in cui assaporare dalla fonte viva delleparole di don Guanella un’acqua davvero prezio-

sa per il cuore e lo spirito. Si tratta di brevi per-corsi scanditi da piccoli pannelli con frasi del no-stro Santo su determinati temi. La scelta dei luo-ghi e dei temi correlati non è casuale, ma accura-tamente pensata, in modo da dare l’impressioneche lo stesso don Guanella si affianchi discreta-mente al viaggiatore, accompagnandolo per untratto del cammino e mostrandogli la propriaesperienza umana e spirituale.Ricordiamo che i sentieri sono stati realizzati nel2012 dalla Provincia «Sacro Cuore» dei Servi del-la Carità, nell’ambito del progetto «Sui passi didon Luigi Guanella... il senso di un cammino»,con il sostegno di Fondazione CARIPLO, delleFiglie di Santa Maria della Provvidenza, dellaDiocesi di Como, di numerosi enti (tra cui la Pro-vincia di Sondrio, la Provincia di Como, le Co-munità Montane) e associazioni locali.

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Percorsi di riflessione

SENTIERI MEDITATIVIdi Silvia Fasana

I

45La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

È questo il senso del percorso «Sui passi di donLuigi Guanella», che la Provincia «Sacro Cuore»dei Servi della Carità ha realizzato in occasionedella canonizzazione del Fondatore, parte di unprogetto più ampio. Un piccolo «Cammino diSantiago» tra i nostri monti e le nostre valli, chericalca antichi tracciati (Via Spluga, Via Brega-glia, Via Francisca, Via Regina) percorsi in lungoe in largo dal «nostro» don Guanella, montanaroe camminatore instancabile. L’itinerario, di circacentocinquanta chilometri in tutto (come cento-cinquanta erano le Ave Maria del Rosario cheegli amava recitare durante i suoi viaggi), si sno-da dalle aspre montagne della valle San Giacomoalle paludi del Pian di Spagna, ai terrazzi coltiva-

montanaro, tenace e generoso che lo ha portatoad essere amico di Dio e degli uomini, soprattut-to dei più poveri e soli.Dalla casa natale di Fraciscio, semplice dimorarurale calda e accogliente, alla chiesa parroc-chiale di Campodolcino, dove il piccolo Luigi fubattezzato, al verde «Motto del vento» di Gualde-ra, dove ebbe l’intuizione alla sua vocazione dicarità. Dal piccolo e isolato paese di Olmo – dovein un momento particolarmente difficile dellasua vita sperimentò l’intensa vicinanza di Dio,Padre tenero e amorevole – a Prosto di Piuro, aSavogno, a Traona, luoghi delle sue prime appas-sionate e generose esperienze pastorali, a Pianel-lo del Lario, dove finalmente scoccò per lui «l’oradella misericordia».Poi, in battello, a Como, ripercorrendo le suetappe da studente e seminarista, fino alla Casa«Divina Provvidenza» e alla Casa «Santa Mariadi Lora», le Case Madri delle sue Congregazionie poi al Santuario del Sacro Cuore, dove riposa-no le sue spoglie.L’itinerario è stato rilevato con il sistema Web-Gis, utilizzando il protocollo ProtSIS adottatocome standard dalla Regione Lombardia; lamappa interattiva tridimensionale del percorso(anche scaricabile per tablet e palmari) è dispo-nibile sul sito www.suipassididonguanella.org.

Primo sentiero meditativo

«Chiamati a volare in alto»

Il primo sentiero meditativo ha inizio sull’arginedel torrente Rabbiosa, al termine della mulattie-ra che scende da Casa Guanella di Fraciscio; at-traversa poi il ponte e prosegue tra boschi e pratifino a Gualdera. Il tema qui affrontato è «Chia-mati a volare in alto» - La vita dell’uomo e la suavocazione: a Fraciscio, infatti, Luigi Guanella eb-be la vita, a Gualdera l’intuizione della sua voca-zione alla carità. Gli spunti di meditazione sono:

0) Non lo sapete che voi come aquile siete chia-mate a volare in alto?(L. Guanella, Alle Figlie di Santa Maria della Provvi-denza nell’Opera degli Asili, 1913)

1) L’opera per eccellenza di Dio quaggiù è l’uomo.L’uomo è il più bell’inno che si possa cantare alCreatore.(Cfr. L. Guanella, Le glorie del pontificato. Da Adamoal giubileo sacerdotale di Sua Santità il pontefice Leo-ne XIII, 1887)

2) Dio ci creò grandemente ammirabili nel corpo,grandi nella mente, grandi nel cuore. Ci creò

ti della bassa Valtellina, alle sponde del Lario, al-le città di Chiavenna e Como: un colorato venta-glio di paesaggi attraversati dal cammino, sotto«quel cielo di Lombardia, così bello quand’è bello,così splendido, così in pace», immagine di quellamano provvidente di Dio in cui don Guanella hasempre confidato.Ed è lo stesso don Guanella che si propone comediscreto accompagnatore del pellegrino, mo-strandogli la propria esperienza umana e spiri-tuale. Scandiscono le tappe del percorso edificireligiosi, realtà educative e assistenziali, musei earee espositive che ci parlano ancora di questogrande Santo della carità. Piccoli «luoghi delcuore» che ci permettono di entrare nel grandecuore di don Guanella, per lasciarci provocaredal suo esempio, trascinare dalla sua contagiosaenergia, per assorbire un po’ di quel suo spirito

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 201546

per la sua gloria, per diffondere la sua bontà efelicità in noi.(Cfr. L. Guanella, Appunti di Esercizi dettati dalFondatore e altre conferenze ripresi da suor Cateri-na Capelli, Esercizi del 16 agosto 1896)

3) C’è nell’alfabeto una lettera che, ripetuta tre vol-te, dona quanto di meglio si può desiderarequaggiù. Questa lettera è la S, iniziale della pa-rola santità, della parola scienza, della parolasanità. La santità vale a perfezionare l’esserecristiano dell’uomo. La scienza vale a perfezio-nare le facoltà intellettuali. La sanità perfeziona

lo sviluppo del corpo fisico. Che cosa può au-gurare di meglio un padre ai suoi figli?(Cfr. L. Guanella, O Padre! O Madre! Secondo corsodi fervorini nelle feste del Signore e della Beata Vergi-ne, 1884)

4) Il tuo pensiero sia sempre puro come l’aria delbel mattino, la tua memoria sia sempre sgom-bra da ogni nebbia e il tuo buon cuore sia sem-pre limpido e fervido come i raggi del sole.(Cfr. L. Guanella, In tempo sacro. Fervorini per ognigiorno della Quaresima, 1884)

5) Ognuno ha una inclinazione naturale ad unparticolare compito; questa particolare inclina-zione è segno della vocazione di Dio a quelcompito.(Cfr. L. Guanella, Regolamento interno dei Figli delSacro Cuore nella Casa Divina Provvidenza, 1899)

6) Quando Dio affida a qualcuno un compito, glidà le grazie necessarie per compierlo bene.(Cfr. L. Guanella, O Padre! O Madre! Secondo cor-so..., op. cit.)

7) Qualunque impresa, qualunque strada che ilSignore ci apre, dobbiamo gettarci dentro adocchi chiusi, con grande buona volontà e nonrisparmiare nessuna fatica purché si possa fa-re un po’ di bene per noi e per il nostro pros -simo.(Cfr. L. Guanella, Appunti di Esercizi dettati dalFondatore e altre conferenze ripresi da suor Cateri-na Capelli, Conferenza del 15 giugno 1895)

Fraciscio (Sondrio). Il torrente Rabbiosa,caro a san Luigi Guigi Guanella.

Gualdera di di Campodolcino (Sondrio).

47La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

8) Chi cammina con Dio viaggia lieto.(L. Guanella, Il pane dell’anima. Primo corso di ome-lie domenicali esposte in una massima scritturale,1883)

Secondo sentiero meditativo

«Andiamo al Padre»

Il secondo sentiero meditativo si snoda inveceattorno all’abitato di Olmo, partendo dal par-cheggio sotto la chiesa della SS. Trinità e prose-guendo attraverso il nucleo del paese per poi di-rigersi in località Zecca e far ritorno al punto dipartenza. Il tema qui affrontato è «Andiamo alPadre» - La paternità di Dio. Proprio a Olmo, in-

1) Il Signore ti osserva con sospiri di amore me-glio di un padre che conta i battiti del bambinoche dorme.(Cfr. L. Guanella, Andiamo al Paradiso. Brevi esorta-zioni in massime ed in esempii che accompagnanociascuna risposta del catechismo, 1883)

2) Dio Padre ti guarda con amorevolezza, come senon avesse che a pensare a te solo.(Cfr. L. Guanella, Andiamo al Padre..., op. cit.)

3) Dio è Padre tuo. Prendi l’amorevole abitudinedi parlare a lui con tenerezza, come discorricon familiarità con il genitore che ti nutre.(Cfr. L. Guanella, Andiamo al Paradiso..., op. cit.)

4) Dio usa con te la tenerezza del padre, che inogni tempo ed in ogni occasione educa il suo fi-gliolo.(Cfr. L. Guanella, In tempo sacro. Fervorini per ognigiorno della Quaresima, 1884)

5) Nessuno è più debole del bambino. Questi cadead ogni passo e sempre emette gemiti, ma egli èfortunato perché ad ogni suo sospiro il padreaccorre e se lo prende fra la braccia. Tu sei quelfanciullo gracile. Ma confortati nel ricordareche Dio è tuo padre. Il cuore paterno è cuoreche usa grazia e misericordia.(Cfr. L. Guanella, In tempo sacro..., op. cit.)

6) Il tuo Padre celeste ha più desiderio lui di dartii suoi doni che tu premura di domandarli; perquesto egli ti ricolma in ogni istante dei suoifavori.(Cfr. L. Guanella, Andiamo al Padre..., op. cit.)

7) Se il nostro Padre celeste vede che confidiamosopra tutto in lui, la quiete entrerà nel nostrocuore, la sicurezza nella nostra mente. Un bra-

Olmo (Sondrio). Chiesa parrocchiale della SS: Trinità.

fatti, in un momento particolarmente difficiledella sua vita, don Guanella sperimentò l’intensavicinanza di Dio, Padre tenero e amorevole. Glispunti di meditazione sono:

0) «Andiamo al Padre! Andiamo al Padre! Io ti ac-compagno».(L. Guanella, Andiamo al Padre. Inviti famigliari abene recitare l’orazione del Pater noster, 1880)

Olmo (Sondrio). Scorcio del paese.

(segue a pag. 50) ➠

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I BAMBINI CI RICORDANOuna cosa bella;ci ricordano che siamosempre figli:anche se uno diventa adulto,o anziano,anche se diventa genitore...che in ogni età della vita,in ogni situazione,in ogni condizione sociale,siamo e rimaniamo figli.Questo èil principale messaggioche i bambini ci danno,con la loro stessa presenza.

Papa Francesco

Angolo del parco della nostra bellissimaCasa di Pott (St. Mary of Providence Center)in Elverson (USA - PE).Quanto verde!È il colore della serenità e della pace.Infatti, il verde viene focalizzatodal cristallino dell’occhioproprio sulla retina e non richiedeparticolare sforzo di messa a fuoco.È il colore della felicità.Diceva Tolstoj: «Felicità è trovarsicon la natura, vederla, parlarle!».

vo figliolo è lieto quando si trova fra le bracciadi suo padre.(Cfr. L. Guanella, Il pane dell’anima. Primo corso diomelie domenicali esposte in una massima scrittura-le, 1883)

8) Percorri il cammino della vita con amore, per-ché Dio è Padre ottimo.(Cfr. L. Guanella, Andiamo al Paradiso..., op. cit.)

Terzo sentiero meditativo

«Con confidenza e amore»

Il terzo sentiero meditativo si snoda ad anelloall’interno della Riserva Naturale Pian di Spagnae Lago di Mezzòla, attorno alla Cascina dellaPoncetta, in un incomparabile scenario naturaledi zona umida. Il tema qui affrontato è «Con con-fidenza e amore» - La pedagogia guanelliana. NelPian di Spagna, con la bonifica di una parte dellapalude e la fondazione di un villaggio, la NuovaOlonio, don Guanella ha infatti manifestato tutta

3) Si chiama sistema preventivo di educazionequel metodo di carità, di uso, di convenienza,mediante il quale i superiori circondano con af-fetto paterno i propri dipendenti ed i fratelli at-torniano di sollecitudine i propri fratelli, perchénei lavori della giornata a nessuno accada al-cun male e nel cammino della vita tutti appro-dino alla meta felice. Questo è il sistema di vitache più si avvicina all’esempio di vita cristianadella Sacra Famiglia.(Cfr. L. Guanella, Regolamento interno dei Figli delSacro Cuore nella Casa Divina Provvidenza, 1899)

4) La benevolenza di famiglia è un sistema educa-tivo. Il cuore ha bisogno di benevolenza comelo stomaco di cibo. La benevolenza è vero siste-ma di prevenzione.(Cfr. L. Guanella, Massime di spirito e..., op. cit.)

5) Pane e Signore non deve essere poco, ma a suf-ficienza nelle case nostre.

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 201550

la sua attenzione educativa alla promozione inte-grale della persona, cercando di dare una rispo-sta ai bisogni più profondi dell’uomo: «Pane e Si-gnore». Gli spunti di meditazione sono:

0) Confidenza e amore: ecco due buone regole.(L. Guanella, Massime di spirito e metodo d’azione,1888-1889)

1) Il Signore ha creato gli uomini, perché, standoassieme, si amino e si aiutino a vicenda.(L. Guanella, Regolamento delle Figlie di Santa Mariadella Provvidenza, 1911)

2) Conviene usare sempre del sistema preventivo,ossia circondare la persona così che non abbiaa cadere. Per fare questo ci vuole preghiera emolto buon affetto di carità.(Cfr. L. Guanella, Massime di spirito e..., op. cit.)

Veduta del Pian di Spagna (Como - Sondrio).

Monumento a don Guanella a Nuava Olonio (Sondrio).

Ninfee sul Lago di Mezzòla (Sondrio).

➠ (segue da pag. 47)

(L. Guanella, Lettere circolari ai Servi della Carità,XXII, Como, 20 ottobre 1913)

6) Si consideri la fragilità umana e la carità divi-na. Vi è il pane della carità corporale e quellodella carità spirituale. Questo pane si dà comela madre al figlio, in misura proporzionata esoprattutto con grande amore.(Cfr. L. Guanella, Massime di spirito e..., op. cit.)

7) Sono persuaso che ciò che non potrei ottenerecon le buone maniere, tanto meno lo otterreicon le cattive.(Cfr. L. Guanella, Le vie della Provvidenza, 1913-1914)

8) Bisogna che gli uni gli altri si incoraggino a vi-cenda, si ammoniscano, che soavemente macon forza si spingano all’operare, per migliorarese stessi di giorno in giorno e per essere anchedi aiuto agli altri.(Cfr. L. Guanella, Massime di spirito e..., op. cit.)

Quarto sentiero meditativo

«Come i gigli del campo»

Nella frazione Camlago di Pianello del Lario, neipressi dell’ex ospizio «culla» dell’Opera guanel-liana, si trova il quarto sentiero meditativo sultema «Come i gigli del campo» - La Provvidenza.A Pianello del Lario infatti don Guanella speri-mentò particolarmente la Provvidenza divina e,dopo le difficili prove di Traona e di Olmo, final-mente scoccò per lui «l’ora della misericordia» epoté realizzare il suo sogno di dedicarsi intera-mente ai più poveri. La sera del 5 aprile 1886proprio dal lungolago del piccolo paese altolaria-no partì la celebre «barchetta» con alcune suoree orfanelle alla volta di Como, per avviare quellache diventerà poi la Casa «Divina Provvidenza».Gli spunti di meditazione sono:

0) Quel Dio, che veste i gigli del campo con unabito che neanche Salomone indossò mai, nonlascerà mancare alcuna cosa a chi lavora uni-camente per lui e per la maggior gloria del suonome.(Cfr. L. Guanella, Regolamento dei Servi della Carità,1910)

1) Noi siamo come pulcini sotto le ali della divinaProvvidenza madre.(L. Guanella, Regolamento dei Servi della Carità,1910)

2) Lasciamoci sempre governare dalla divinaProvvidenza. Il Signore sapientissimo sa tirarfuori il bene dallo stesso male.

(Cfr. L. Guanella, Da Adamo a Pio IX. Quadro dellelotte e dei trionfi della Chiesa universale distribuito incento conferenze e dedicato al clero e al popolo - I,1885)

3) Tu in ogni dubbio benché grave della vita pregaDio e poi lascia fare dalla provvidenza del Si -gnore.(L. Guanella, Nel mese dei fiori. Una massima scrit-turale esposta in ogni dì nella vita della Beata Vergine,1884)

4) La Provvidenza conviene meritarsela: credendofermamente in lei; aspettando i suoi tempi e isuoi modi; allontanando le ansietà; faticandodi buona lena.(Cfr. L. Guanella, Massime di spirito e metodo d’azio-ne, 1888-1889)

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Pianello del Lario (Como). Lungolago.

Gigli del campo.

5) Il primo aiuto della divina Provvidenza èl’aprirsi davanti a sé in modo chiaro la via dapercorrere e il sentirsi l’energia sufficiente perpoterla percor rere.(Cfr. L. Guanella, Norme principali per un Regola-mento interno nella Piccola Casa della divina Provvi-denza in Como, 1894)

6) Si evitino ugualmente i due torti che si fannoalla Provvidenza, sia col fare spese inutili e su-perflue, sia con il non concedersi il necessarioper il vitto, il vestito, la salute, poiché dobbia-mo avere fiducia che la Provvidenza, nostramadre benigna, non ci lascerà mai mancare ciòche è richiesto dai nostri bisogni.(Cfr. L. Guanella, Norme a praticarsi nelle Case deiServi della Carità per un più ordinato funzionamentodelle stesse e una più intera osservanza della vita rego-lare, 1915)

7) Mi preme d’invitare tutti ad avere una grandefede nella provvidenza del Signore, la quale ciassisterà sempre.(L. Guanella, Lettere circolari ai Servi della Carità,XXI, Como, 15 agosto 1913)

8) Non affrettatevi troppo e nemmeno camminatemolto lente. Pregate e confidate poi nell’aiutodella divina Provvidenza.(Cfr. L. Guanella, Parole di conforto al Consiglio su-periore delle Figlie di Santa Maria della Provvidenza,1913)

Quinto sentiero meditativo

«Fare un po’ di bene»

Il quinto sentiero meditativo si snoda nel verdeparco della Casa «Santa Maria della Provvidenza»di Lora, accanto alla grande magnolia, alla vasca

di pesci rossi e al tavolo in pietra dove don Gua-nella firmò l’atto d’acquisto della ex-filanda chediventerà la Casa Madre delle sue suore. Il temaqui affrontato è «Fare un po’ di bene» - La carità:da Como infatti, don Guanella, con l’aiuto dellesue suore, dei suoi sacerdoti e degli amici laici,portò la sua incontenibile voglia di bene in molteparti d’Italia, in Svizzera e perfino in America.Gli spunti di meditazione sono:

0) La migliore consolazione che si possa avere suquesta terra è quella di fare un po’ di bene.(Cfr. L. Guanella, Il pane dell’anima. Primo corso diomelie domenicali esposte in una massima scrittura-le, 1883)

1) Ogni cristiano non può accontentarsi di pensa-re e provvedere unicamente per sé, ma deve pu-re pensare e provvedere al bene dei propri fratel-li e soprattutto ai più bisognosi di aiuto corpo-rale e spirituale.(Cfr. L. Guanella, Regolamento dei Servi della Carità,1910)

2) Un cuore cristiano che crede e che sente nonpuò passare davanti alle indigenze del poverosenza soccorrervi. In questo si conosce che unoè vero seguace di Gesù Cristo, se ha carità per ipoveri e per i sofferenti, nei quali è più vival’immagine del Salvatore.(Cfr. L. Guanella, Regolamento dei Servi della Carità,1905)

3) Tutti si educhino ad un vivo senso di compati-mento verso i sofferenti, perché un cuore co-scienzioso e compassionevole è un cuore buo-no che Dio benedice.(Cfr. L. Guanella, Regolamento interno dei Figli delSacro Cuore nella Casa Divina Provvidenza, 1899)

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4) Tu compi un’opera di misericordia quando vie-ni coricando nel tuo cuore le infermità umaneal fine di provvedervi.(Cfr. L. Guanella, Il fondamento. Catechismo per leanime che aspirano a perfezione, 1885, 1914)

Pianello del Lario (Lago di Como).La chiesa parrocchiale.

Como-Lora. Casa Santa Maria della Provvidenza.

5) Siate costantemente caritatevoli. Non parlo del-la carità di borsa: questa è per gli agiati e per iricchi. Mi riferisco alla carità di persona, chepuò essere praticata da tutti, perché tutti pos-siamo fare qualche cosa per gli altri. La caritàdi persona consiste nel sapersi prestare volen-tieri e con amore ai bisogni degli altri.(Cfr. La Piccola Casa in festa per i novelli sacerdoti, inLa Divina Providenza, luglio 1896)

Accanto ai sentieri meditativi, ricordiamo unluogo che già di per sé è un oasi di meditazione,molto cara a don Guanella: il «Giardino del Mer-lo», ideato e realizzato tra il 1858 e il 1883 dalnobile Giovanni Manzi, in una posizione alta-mente panoramica sul Sasso di Musso, tra le ro-vine del complesso fortificato di Giangiacomode’ Medici, detto il Medeghino (secolo XVI).Don Guanella, amico di Giovanni Manzi, scrissele Memorie passate e presenti intorno alla Roccadi Musso. Impressioni del visitatore, pubblicateper la prima volta a puntate sul giornale coma-sco L’Ordine nel 1884, sottolineando l’importan-za di visitare questo luogo «in veste di viandanti[...] per approfondire il meglio dell’arte cristiana edella natura creata da Dio». «Da questa prospetti-va l’occhio corre spontaneo a quelle vedute di zollee di boschetti, di viali, di ponti, di zampilli. Case,caverne, gallerie formano un complesso così rarodi bellezza del lavoro, della natura e dell’arte, che ilvisitatore se ne sta a modo di attonito. E quandolo sguardo vuol riposare, qui è l’orizzonte di uncielo limpidissimo che copre monte e valli, piani eacque in quantità» (L. Guanella, Memorie passatee presenti intorno alla Rocca di Musso. Impressio-ni del visitatore, 1884, 1913).Mostrando una conoscenza botanica molto ap-profondita, don Guanella ne descrive le varie

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Lora (Como). La grande magnolia nel verde parcodi Casa Santa Maria della Provvidenza

Chiesa di S. Eufemia, costruita vicino al primo castelloin epoca longobarda.

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A Musso-Dongo (Como)

«IL GIARDINODEL MERLO»

6) Vi esorto ad esercitare dappertutto e semprequesta carità di persona: con le buone parole, isaggi consigli, i bei modi, la pazienza, il sacrifi-cio, la dedizione, la piacevolezza... Allora noiformeremo una sola e vera famiglia.(Cfr. La Piccola Casa in festa per i novelli sacerdoti, inLa Divina Providenza, luglio 1896)

7) Il fervente amore di Dio produce un caldo affet-to di carità verso il prossimo, perché l’amore diDio non si disgiunge dall’amore del prossimo.(Cfr. L. Guanella, Costituzioni dei Figli del SacroCuore, 1899)

8) Finirla non si può, finché vi sono poveri da ri-coverare, bisogni a cui provvedere.(Cfr. L. Guanella, Notiziario, in La Providenza, set-tembre 1894).

parti con le diverse piante presenti, per trarre daognuna, e dal paesaggio circostante, un significa-to simbolico, un insegnamento morale. Sono pa-gine intrise di stupore e poesia: don Guanella sa-peva vedere nella bellezza della natura la gran-dezza e la bontà di Dio.La Provincia «Sacro Cuore» dei Servi della Cari-tà lo scorso anno, dopo un’accurata ricerca docu-mentaria e bibliografica sul Giardino del Merlo edon Guanella, ha predisposto una cartina delGiardino con evidenziate le varie parti descrittedal Santo accompagnate da suoi brevi brani ri-guardanti gli specifici luoghi.La cartina è scaricabile dal sito www.suipassididonguanella.org / Punti guanelliani / Don Gua-nella e i suoi luoghi / 16 MUSSO/DONGO: Giar-dino del Merlo. È anche disponibile presso ilMuseo «Don Luigi Guanella» di Como e sul posto.Il testo di don Guanella Memorie passate e pre-senti intorno alla Rocca di Musso. Impressioni delvisitatore è anche disponibile come link alla Bi-blioteca Digitale IntraText dal sito www.suipassi-didonguanella.org / Punti guanelliani / Don Gua-nella e i suoi luoghi / 16 MUSSO/DONGO: Giar-dino del Merlo.

San Luigi Guanella, cultoredi botanica

L’attenzione di don Guanella al mondo dellepiante e dei fiori probabilmente gli derivavadall’ambiente in cui era nato ed aveva vissuto glianni dell’infanzia, tra boschi e prati dove portavaal pascolo il gregge della famiglia. Sappiamo dal-la sua autobiografia che, durante gli anni del Se-minario, il giovane Luigi era legato da particola-re affetto a don Luigi Albonico, uno dei suoi in-segnanti, che riusciva ad affascinare i suoi allievicon interessanti spiegazioni di botanica e uscitenei dintorni di Como, a Camerlata, S. Donato,Cernobbio, Lora. Guanella si era avvicinato cosìallo studio sistematico delle erbe medicinali, an-dandole a cercare d’estate sui monti della nativaValle Spluga.Durante le vacanze estive del 1865, «si permette-va il lusso di attraversare i monti di Angeloga colsacerdote don Francesco Mascioni, cappellano diFraciscio, e raccogliere dei sacchi di genziana eportarli personalmente per essere poi distillati du-rante la vicina vernata in paese [...] Guidato dalcappellano Mascioni studiava botanica medicinalesul volume del Mattioli e raccoglieva le erbe medi-cinali e le confezionava in servigio degli ammalati,ai quali non solo in presente, ma anche di poi,specialmente nella cura di Savogno, il novello par-roco somministrava medicine con giovamento deisotterenti. Gli premeva la coltura più razionale deiprati, dei boschi, dei pascoli e si industriava diparlarne sovente e di tenere anche qualche speciedi conferenza».

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Rocca di Musso,un sotterraneo nella roccia.

• Vuoi trovare i sentieri meditativi in in-ternet? Guarda il sito del percorso «Suipassi di don Guanella»:http://www.suipassididonguanella.org/it/2-percorsi_e_sentieri/40-sentieri_meditativi/

• Vuoi conoscere i luoghi di don LuigiGuanella accompagnato da un sacerdo-te o una religiosa guanelliana?

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UN’ATTENZIONE CHEVIENE DA LONTANO

Alpe Angeloga(Alpi Retiche).

55La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

COME IL SOLE

Iddio Padreè ricco come il mare,

che quante acque ricevetante ne sparge sulla terra

e non diminuisce mai.Iddio Padre premia te

dei servigi che gli prestie ti guarda con amorevolezza,

come se non avessea pensare che a te solo.In ciò rassomiglia al sole,

il quale sta nel mezzo del cieloe intanto manda

la sua luce e il suo caloretanto al monte che al piano,

allo scoglio come al maree guarda a tutti

e nello stesso temporivolge i suoi raggi a te

come se non avesseche da provvedere a te solo.

San Luigi Guanella

Una breve premessa:ci interessa il metodo educativodi san Giovanni Bosco, perché è stato a cuoreal nostro don Luigi Guanella.Egli «ha la fortuna di trovarsi presso don Boscoproprio quando viene pubblicatoil Sistema preventivonell’educazione della gioventù (1877),testo che caratterizzerà la pedagogia salesianae quella guanelliana,anche se con caratteristiche di verse.Il periodo salesiano può essere considerato...una “dimora di preparazione”...,un’esperienza utile per i propri progetti...,parte essenziale del dono che Diogli stava preparandoper poter “giovare in qualcosa di più”all’umanità più sofferente» (cfr. Michela Carrozzino,Luigi Guanella. Passò facendo del bene, ed. Velar).

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 201556

Mons. Enrico dal Covolo sdb

L

con il cuore di don BoscoEDUCARE

Confrontarci con la storiadella sua vocazione

a storia della vocazionedi don Bosco e la storiadella nostra vocazione,cioè di tutti quelli che

vogliono educare i giovani con ilcuore di don Bosco.C’è una canzone molto nota, chedice così: «Camminiamo sullastrada che han percorso i santituoi...».La storia della vocazione di donBosco ci sprona anzitutto a met-terci sulla strada del Signore, chei santi hanno percorso prima dinoi: perché quella dei santi non èuna corsia riservata, esclusiva. Èuna strada aperta a tutti noi.Scriveva (san) Giovanni Paolo II

TESTIMONIANZE

nella Novo Millennio Ineunte:«Come il Concilio stesso ha spie-gato, questo ideale di perfezio-ne», cioè la santità, «non va equi-vocato come se implicasse unasorta di vita straordinaria, prati-cabile solo da alcuni “geni” dellasantità. Le vie della santità sonomolteplici, e adatte alla vocazio-ne di ciascuno» (nn. 30-31).Nelle più antiche comunità cri-stiane «santi» erano chiamati i fi-gli della Chiesa, dunque ciascunodi noi. E noi oggi, per crescerenella santità, vogliamo raccoglie-re l’insegnamento, e soprattuttol’esempio, di un santo che ci hasegnato la strada: parliamo didon Bosco, Padre e Maestro deigiovani.Don Bosco è un chiamato nelsenso forte, biblico del termine:«La fede di essere strumento delSignore per una missione singo-larissima fu in lui profonda e sal-da. Ciò fondava in lui l’atteggia-mento religioso caratteristico del“servo biblico”, del profeta chenon può in alcun modo sottrarsiai voleri divini» (P. Stella).Così noi possiamo confrontarcicon la storia della vocazione didon Bosco, un po’ nello stessomodo in cui possiamo confron-tarci con le grandi storie di voca-zione della Bibbia. Lo faremoproprio seguendo il metodo della

lectio divina: un viaggio di an -data (da me a don Bosco) e unviaggio di ritorno (da don Boscoa me).

La storia della vocazionedi don Bosco:tra il sogno e il pianto

Come in ogni storia di vocazione(della Bibbia, ma non solo), an-che nella storia di don Bosco èpossibile rintracciare tre momen-ti tipici: la chiamata-elezione, larisposta, la missione.

a) La chiamata

«Lo Spirito Santo suscitò, conl’intervento materno di Maria,san Giovanni Bosco» (Costituzio-ni dei Salesiani, n. 1). Qui l’accen-to, come si conviene al primo at-to di ogni storia di vocazione, vasull’iniziativa gratuita di Dio.

b) La risposta

La qualità della risposta di donBosco è ben sintetizzata da alcu-ne, poche parole, che esprimono ilsuo «sì» incondizionato alla chia-mata: «Ho promesso a Dio che fin

l’ultimo mio respiro sarebbe statoper i miei poveri giovani» (parolecitate ancora nelle Costituzioni, n.1). Di qui traspare l’amore profon-do e paterno di don Bosco ai gio-vani e la sua totale dedizione allachiamata del Signore.

c) La missione

Don Bosco, e tutti coloro che inqualunque modo ne condividonoil carisma, sono mandati per «es-sere nella Chiesa segni e portatoridell’amore di Dio ai giovani, spe-cialmente ai più poveri» (Costitu-zioni dei Salesiani, n. 2). Mi limito a richiamare due episo-di di questa splendida storia divocazione, che è la vita di donBosco. Un episodio si trova al-

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015 57

l’inizio, l’altro alla fine della suavita: ci muoviamo così tra il so-gno e il pianto. Da questi due epi-sodi scaturisce un appello irresi-stibile a seguire il Padre e Mae-stro dei giovani sulla via dellasantità.«A nove anni» – ecco il primo epi-sodio, il sogno, raccontato da donBosco stesso nelle sue Memorie –«a nove anni ho fatto un sogno.Mi pareva di essere vicino a casa,in un cortile molto vasto, dove sidivertiva una gran quantità di ra-gazzi. Alcuni ridevano, altri gioca-vano, non pochi bestemmiavano.Al sentire le bestemmie, mi slan-ciai in mezzo a loro. Cercai di far-li tacere usando pugni e parole. Inquel momento apparve un uomomaestoso, vestito nobilmente. Unmanto bianco gli copriva tutta lapersona. La sua faccia era così lu-

minosa che non riuscivo a fissar-la. Il Signore mi chiamò per no-me e mi ordinò di mettermi a ca-po di quei ragazzi...».A partire da questa visione si sno-da – come il nastro di un film –tutta la storia della vocazione didon Bosco.Non sto qui a raccontarla di nuo-vo. Richiamo solo una celebrescena, molto felice, di un film sudon Bosco, quello del centenariodella sua morte. Si vede Giovan-

in alto. Diversamente sarei cadu-to giù...».Don Bosco sa che a partire daquel primo sogno la sua vita ètutta guidata dall’alto; tutto scor-re come se fosse stato pensatoprima, per un misterioso disegnod’amore.È proprio questa consapevolezzaintensissima, convalidata dai nu-merosi segni che don Bosco espe-rimenta lungo il suo cammino, lacausa del lungo pianto, il 15 mag-

Sostenuto da don Rua e da donViglietti, il fedele segretario, scen-de nella chiesa per celebrare laMessa all’altare di Maria Ausilia-trice. La folla si accalca attornoall’altare. Ed ecco, appena comin-ciata la Messa, don Bosco scoppiaa piangere. Un pianto lungo, irre-frenabile, che accompagna quasitutta la Messa. Don Rua e don Vi-glietti sono impressionati. Tra lagente c’è un silenzio teso, chequasi si tocca. Alla fine della Mes-sa, don Bosco dev’essere portatodi peso in sacrestia. Don Vigliettigli sussurra: «Don Bosco, ma per-ché?...». E lui: «Avevo davanti agliocchi, viva, la scena del mio pri-mo sogno, a nove anni».In quel lontano sogno, gli era sta-to detto: «A suo tempo, tuttocomprenderai». Ora, guardandoindietro nella vita, gli pareva pro-prio di comprendere tutto.

La nostra storia di vocazione

Ritorniamo ora da don Bosco anoi: la sua storia di vocazione èanche un po’ la nostra storia divocazione. Chi, come noi, si avvi-cina al carisma educativo di donBosco, chi vuole educare con ilcuore di don Bosco, è impegnatoa rimodellare in se stesso la suaesperienza di vita. Confrontiamo-ci dunque con ciascuno dei tremomenti della storia di vocazio-ne di don Bosco.a) Con riferimento al primo trat-to della sua storia di vocazione, lagratuita chiamata-elezione daparte di Dio, diremo che, comedon Bosco, ciascuno di noi èchiamato a essere uomo o donnadel gratuito, in docile ascolto del-lo Spirito, in costante unione conDio, proprio per poter dare spa-zio in massimo grado alla chia-mata del Signore. Questo signifi-ca che dobbiamo maturare e svi-luppare un’autentica dimensionecontemplativa, proprio come fecedon Bosco.b) Quanto al secondo atto, la ri-sposta, diciamo che come donBosco ognuno di noi è chiamato

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Confessava don Bosco da adulto, ripensando a quando faceva il giocoliere per i suoi compagni: «Nella mia vita ho sempre dovuto camminare così:

guardando avanti e in alto. Diversamente sarei caduto giù...».

nino, che per divertire i suoi pic-coli compagni dei Becchi, fa il fu-nambolo, e cammina in equili-brio sulla corda, a piedi scalzi, daun albero all’altro. E una vocefuori campo, la voce di don Bo-sco adulto, commenta: «Nellamia vita ho sempre dovuto cam-minare così: guardando avanti e

gio 1887, pochi mesi prima dellamorte, nella Basilica del SacroCuore a Roma. È il secondo episodio che raccon-to. Don Bosco ha appena portatoa termine la costruzione dellachiesa, tra infinite difficoltà e fati-che, per obbedire a un preciso in-vito del santo Padre, Leone XIII.

a maturare una risposta generosae coerente. Il suo esempio è pernoi un invito alla fermezza delnostro impegno, all’unificazionedei nostri pensieri, delle nostreforze, di tutta la nostra persona

rità pastorale, «centro e sintesi»dello spirito salesiano (Costituzio-ni dei Salesiani, n. 10).In questo progetto di santitàl’unità perfetta con Cristo e la de-dizione totale ai destinatari della

San Giovanni Bosco ha educatocosì, da innamorato di Cristo,con il cuore del buon Pastore:quel buon Pastore che dà la vitaper le sue pecore (cfr. Giovanni10, 11).

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015 59

in una medesima direzione. An-che noi puntiamo alla qualità diuna risposta, che sveli «un accor-do (nel caso di don Bosco erauno splendido accordo!) di natu-ra e di grazia» (Costituzione deiSalesiani, n. 21).c) Come don Bosco, compiamoanche noi la nostra missione, bensapendo che la piena feconditàdell’apostolato passa attraverso lacroce, il «nardo pestato», che soloallora – quando è pestato – esalail suo profumo migliore...

Conclusione

A ben guardare, don Bosco cipropone un progetto di santitàintimamente collegato con la ca-

missione non appaiono semplice-mente due caratteristiche costitu-tive e irrinunciabili. Esse costitui-scono un’unica realtà. Sono comele due facce di una stessa meda-glia. L’una invera l’altra.Sulle rive del mar di Galilea Gesùchiese a Pietro se lo amava. Allatriplice risposta affermativa diPietro, Gesù concluse: «Se miami, pasci...» (cfr. Giovanni 21,17). La condizione per pascere ilgregge di Cristo (e per noi, in par-ticolare, quella porzione preziosache sono i giovani, soprattutto ipiù bisognosi) è sempre la stessa:è l’innamoramento per Gesù. Sitamoris officium pascere Domini-cum gregem, diceva Agostino altermine dei suoi Sermoni sul Van-gelo di Giovanni (123, 5).

In ultima analisi, educare con ilcuore di don Bosco, accogliernein profondità le intuizioni educa-tive ed evangelizzatrici, significaessere disposti a dare la vita per igiovani e le giovani che noi edu-chiamo.

v v v

Anche nel sistema guanelliano divita e di educazione, ogni rappor-to interpersonale, specialmentequello educativo, nasce dal cuoree si svolge per le vie del cuore,perché – asserisce don Guanella,mutuando da don Bosco –«l’educazione è specialmente ope-ra di cuore» n

Roma, 1o aprile 1934, Solennità di Pasqua. Pio XI canonizza san Giovanni Bosco.I due stendardi oggi si trovano nella Parrocchia Don Bosco di Bologna.

60 La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

questi due coniugi ci ricorda che la famiglia cri-stiana è la culla della santità dove nasce, maturae si espande la vocazione ad amare Dio e il pros-simo.Luigi e Maria hanno vissuto un amore fecondonon solo nel loro matrimonio, attraverso l’acco-glienza dei loro 4 figli, ma anche nell’apostolatoche ognuno ha svolto nel proprio ambito dove ilSignore li ha chiamati.Durante la prima guerra mondiale, i due coniugisi dedicarono all’assistenza dei soldati, dei feriti edelle famiglie in difficoltà. Entrambi erano solitiaccostarsi regolarmente al Sacramento dellaConfessione e della Comunione. La Messa e laComunione quotidiana erano diventate il cardinesu cui edificare ogni attività della loro giornata.

A

La testimonianzadei due coniugi beatificati da Giovanni Paolo IInel 2001 per affrontarele sfide della famiglianel mondo attuale

Osvaldo Rinaldi

LA SANTITÀDELMATRIMONIO:LUIGI E MARIABELTRAMEQUATTROCCHI

VOCE FAMIGLIA

I futuri beati Luigi e Maria Luisa Beltrame Quattrocchiin una foto scattata nel giorno del loro matrimonio.

lla fine del mese di agosto e alle soglie delSinodo sulla famiglia di ottobre, la Chie-sa festeggia oggi, 26 agosto, la nascita alcielo di Maria Corsini, moglie di Luigi

Beltrame Quattrocchi.I coniugi Beltrame Quattrocchi sono stati beatifi-cati il 21 ottobre del 2001 da san Giovanni PaoloII. Per la prima volta due coniugi sono stati bea-tificati insieme durante una celebrazione liturgi-ca. Questo fatto assume un significato rilevante,perché ci indica che il matrimonio cristiano èuna via sicura per giungere alla santificazionepersonale e di coppia.Normalmente quando sentiamo parlare di santipensiamo ai martiri, ai vescovi, ai preti, alle suo-re o alle persone consacrate. La beatificazione di

Luigi e Maria si distinsero nelle molteplici attivi-tà di apostolato laicale. Si impegnarono nel-l’Azione Cattolica e nel sostegno all’UniversitàCattolica, oltre a praticare tante iniziative a ser-vizio dei giovani, dei lavoratori e dei poveri.Maria, infermiera volontaria della Croce Rossa,durante le due guerre si prodigò instancabilmen-te per i soldati feriti. Maria si impegnò con gran-de dedizione come catechista nell’ambito parroc-chiale, organizzando corsi per i fidanzati, unaassoluta novità pastorale per quei tempi nei qua-li la formazione alla vita matrimoniale era rite-nuta superflua.Maria fu una scrittrice impegnata, dedicandosialla stesura di libri di carattere educativo, perdiffondere una cultura dell’amore familiare radi-cato nella dottrina ecclesiale e negli insegnamen-ti evangelici. Tra i beneficiari di questi scritti Ma-ria pensava anche ai suoi figli, per lasciar loro unmemoriale del suo insegnamento cristiano pienodi vera umanità e di illuminato senso pratico.La testimonianza di Luigi e Maria è stata davve-ro luminosa per i loro 4 figli che hanno tutti ab-bracciato la vita ecclesiastica: Filippo (don Tarci-sio) sacerdote diocesano, Stefania (suor MariaCecilia) monaca benedettina, Cesare (padre Pao-lino) monaco trappista, ed Enrichetta, l’ultimanata, consacrata secolare.I coniugi Beltrame Quattrocchi sono un lumino-so esempio anche per i nostri giorni. Essi ci inse-gnano che la prima vocazione cristiana dentro lafamiglia è quella di amare il proprio coniuge conun amore tenero, rispettoso e perseverante. La

fede di Luigi ha ricevuto un grande impulso gra-zie all’esempio e alle parole di Maria. E questo èil primo insegnamento valido ancora oggi pernoi: ogni coniuge è chiamato prima di tutto atrainare l’altro sulla via della santità. Tra mogliee marito è difficile che vi sia una equità di fede,di speranza e di carità. Dio ha dato ad ognunodei due coniugi la fede sufficiente per sostenerel’altro. Questa è la grazia sacramentale del matri-monio: rimanere uniti al Signore per riceveregratuitamente la forza spirituale sufficiente persostenere la vita di fede del marito o della mo-glie.Il loro esempio vuole dirci che l’amore non sca-turisce per autoreferenzialità o per particolarisforzi personali. L’amore dei santi trova la suafonte nel cuore misericordioso di Dio. Come l’ac-qua va attinta dalla sorgente prima di essere be-vuta, così l’amore autentico, gratuito e disinte-ressato ha bisogno di essere alimentato dalle fon-ti di un vita di preghiera e dalle sorgenti dellapartecipazione ai Sacramenti.Quando la famiglia segue i ritmi liturgici dellavita della Chiesa, essa stessa diventa Chiesa do-mestica dove maturano nuove vocazioni. La tra-smissione della fede ai figli è una conseguenzadella testimonianza di vita cristiana dei genitori.

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PREGHIERA PER IL SINODOSULLA FAMIGLIA

Gesù, Maria e Giuseppe,in voi contempliamolo splendore dell’amore vero,a voi con fiducia ci rivolgiamo.Santa Famiglia di Nazareth,rendi anche le nostre famiglieluoghi di comunione e cenacoli di preghiera,autentiche scuole del Vangeloe piccole Chiese domestiche.Santa Famiglia di Nazareth,mai più nelle famiglie si faccia esperienzadi violenza, chiusura e divisione:chiunque è stato ferito o scandalizzatoconosca presto consolazione e guarigione.Santa Famiglia di Nazareth,il prossimo Sinodo dei Vescovipossa ridestare in tutti la consapevolezzadel carattere sacro e inviolabile della famiglia,la sua bellezza nel progetto di Dio.Gesù, Maria e Giuseppe,ascoltate, esaudite la nostra supplica.Amen.

I coniugi Beltrame Quattrocchi, beatificati il 21 ottobre2001 da san Giovanni Paolo II.

62 La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015

La moglie, il marito, i figli sono i primi destina-tari della testimonianza dell’amore familiare e aloro volta diventano missionari di questo amore.Questo non vuole dire che l’amore familiare deverimanere imprigionato nelle mura domestiche.Le tante attività di apostolato di Luigi e Maria ciinsegnano che la carità cristiana contiene la for-za di varcare la soglia della propria casa ed ha lapotenzialità di espandersi nei vari ambiti dellavita dove il Signore aprirà le porte della missio-ne.Per questo la famiglia cristiana è sempre piùchiamata nei nostri tempi ad uscire per le vie delmondo ed essere testimone coerente con unesempio di vita aderente al Vangelo. Il Sinododella Famiglia saprà suggerirci gli ambiti e lemodalità di intervento dell’apostolato familiare.La tutela della vita dalle insidie dell’aborto edall’eutanasia, una vicinanza particolare ai figlidei genitori separati, la costruzione di una rete disolidarietà per sostenere le precarie condizionieconomiche di tante famiglie, l’impegno sociale epolitico per favorire una società più equa, l’ascol-to e la vicinanza ad ogni situazione di dolore ed’emarginazione saranno i cardini sui cui pog-giare le prossime iniziative pastorali familiari.Chiedere l’intercessione a questi due beati saràun valido aiuto per un buon esito del prossimoSinodo sulla Famiglia.

Zenit.org

La famiglia Beltrame Quattrocchi.

Mons. Enrico dal Covolo sdb

LE LACRIMEDI SANTA MONICAE LACONVERSIONEDISANT’AGOSTINO

VOCE FAMIGLIA

I l 27 e il 28 agosto ricorre la memoria di duegrandi santi, santa Monica e sant’Agostino.È diventata quasi un’espressione proverbia-le: le lacrime della madre hanno convertito il

figlio, e ne hanno fatto uno dei più grandi Padridella Chiesa... Tormentato da un’inquieta ricercadella verità, deluso dalle dottrine manichee, fru-strato nell’insegnamento dall’indisciplina degliallievi, Agostino nel 383 lascia Cartagine e si recaa Roma.Ha ventinove anni e si potrebbe dire che ha or-mai raggiunto una piena maturità di vita. In real-tà, nel suo intimo egli è più perplesso e angoscia-to che mai: nulla sembra offrirgli salde garanzieper il conseguimento di quella verità, a cui anelacon tutte le sue forze. Così la partenza di Agosti-no da Cartagine in quella notte del 383 sa moltodi una fuga. Monica si rende conto della fase cri-tica che sta attraversando il suo figlio, e non vor-rebbe assolutamente lasciarlo partire in quellostato.Agostino deve ricorrere a uno stratagemma. Miamadre – racconta egli stesso – «pianse dirotta-mente, seguendomi fino al mare. Allora io l’in-gannai, fingendo di voler rimanere lì per non la-sciare solo un amico. Riuscii a convincerla che,se non voleva tornare indietro senza di me, si riti-rasse almeno a passare la notte in una chiesetta,vicino al luogo dov’era la nave; e in quella notteio partii di nascosto, ed ella rimase a piangere e apregare». Agostino ovviamente non lo sa ancora.

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Ma quel pianto di Monica avrebbe accompagna-to le tappe della sua conversione, fino al battesi-mo, celebrato a Milano dal vescovo Ambrogionella Pasqua del 387.Poi Agostino se ne torna in terra d’Africa, sempreaccompagnato dalla sua mamma. Ma ad Ostia,poco prima di imbarcarsi, Monica gli confida:«Figlio, non so che cosa io stia a fare ancoraquaggiù... C’era un solo motivo per cui desidera-

vo rimanere ancora un poco in questa vita: veder-ti cristiano cattolico, prima di morire, e Dio miha esaudito oltre ogni mia aspettativa...».Cinque giorni dopo, il 27 agosto del 387, Mo -nica se ne va cielo. Venne seppellita a Ostia. Aveva detto: «Non preoccupatevi di dove mi sep-pellirete... Soltanto di questo vi prego. Dovun-que vi troverete, ricordatevi di me all’altare delSignore». n

L’estasi di Ostia,di A. Scheffer (1795-1858).

La fedeltà dei coniugi si pone come solida roc-cia su cui poggia la fiducia dei figli.Maria e Giuseppe insegnano con la loro vitache il Matrimonio è un’alleanza tra l’uomo e ladonna, alleanza che impegna alla reciproca fe-deltà e poggia sul comune affidamento a Dio.Alleanza così nobile, profonda e definitiva dacostituire per i credenti il sacramento del-l’amore di Cristo e della Chiesa.Quando genitori e figli respirano insieme que-sto clima di fede, essi dispongono di una ener-gia che permette loro di affrontare prove anchedifficili.

Giovanni Paolo II

Un esempiodi amore alla vita

All’Associazione Nazionale delle Famiglie Nu-merose, il 28 dicembre 2014 Papa Francescoha detto: «Cari genitori, vi sono grato perl’esempio di amore alla vita, che voi custoditedal concepimento alla fine naturale, pur contutte le difficoltà e i pesi della vita, e che pur-troppo le pubbliche istituzioni non sempre viaiutano a portare.Giustamente voi ricordate che la CostituzioneItaliana, all’articolo 31, chiede un particolareriguardo per le famiglie numerose; ma questonon trova adeguato riscontro nei fatti.Resta nelle parole.Auspico quindi, anche pensando alla bassa na-talità che da tempo si registra in Italia, unamaggiore attenzione della politica e degli am-ministratori pubblici, ad ogni livello, al fine didare il sostegno previsto a queste famiglie.Ogni famiglia è cellula della società, ma la fa-miglia numerosa è una cellula più ricca, più vi-tale, e lo Stato ha tutto l’interesse a investire sudi essa!».

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Loredana Montellanico e Luciano Giurelli.

LA FEDELTÀDEI CONIUGI

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FAMIGLIENUMEROSE

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«La mamma tiene il suo bambino per mano solo per un breve periodo, ma il suo cuore l’accompagna tutta la vita».

Anonimo

mali: perse adagio adagio l’uditofino alla sordità completa; persel’uso delle gambe, sempre adagioe in perfetta conoscenza, sapen-do che non c’è rimedio (era stu-dentessa di medicina all’universi-tà di Milano).Poi fu la volta della vista, fino al-la completa cecità; poi scompar-ve la facoltà dell’odorato; poi iltatto; poi il gusto.E le vennero strappati tutti i den-ti. Alla fine non aveva più stimo-li: perse ogni capacità sensitiva.Una creatura fasciata dalla notte,tranne che nella mano.Una sola mano rimase miracolo-samente illesa, veicolo di sensibi-lità; e un pochino di voce chenon si spense fino alla morte.Ma la mente era lucida. Il voltodi Benedetta continuava a splen-dere, a emanare luce e gioia,sempre di più a mano a manoche la notte infittiva attorno alei. Dettava: «Noi dobbiamo as-solutamente dimenticarci percondividere il dolore degli altri.In questo modo si ha pace in terra».

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PROPOSTE GIOVANI

Il donodell’amiciziain BenedettaBianchi Porro

L

Gilda Mori Cavedoni

La ven. Benedetta Bianchi Porro,giovane universitaria.

E a un’amica: «Oggi sento nel-l’aria odore di primavera: com’èbella la vita, Maria Grazia».Disse alla mamma il giorno del-l’operazione al capo: «Ieri sera,quando mi hanno tosata, ho sof-ferto molto, mamma, e ho do-mandato al Signore di essere unapecorella nelle sue mani». Morì ilgiorno dello Sposalizio della Ver-gine.Trovarmi nel luogo a lei caro, os-servare il turchino delle acque,del suo lago di Garda, farsi ar-genteo sino a diventare delicatovioletto, prima di spegnersi nellanotte. Le stesse acque, gli stessicolori che rallegrarono Benedet-ta, quando poteva godere dellanatura.Il rumore delle onde, fruscianticome ali di gabbiani che si posa-no sulla riva e il colore di queiflutti cangiare lentamente. Dilui-to dai raggi radenti delle ultimeore.Qui è vissuta Benedetta.Ha goduto di questa aria pulita,di queste luci sfavillanti o dorate,di questa atmosfera di lunga pri-

a storia della Chiesa è riccadi splendide figure che, at-traverso l’arduo camminodella sofferenza, sopportatacon fede, e l’eroismo delle

virtù cristiane hanno raggiunto lameta della vita. Ecco l’esempio diuna venerabile vissuta nel secoloscorso (1936-1964) e morta ingiovanissima età.

In un prezioso libretto che si in-titola «La mia gioia», poco piùgrande di un opuscolo, è rifusoin linguaggio moderno «Il Segre-to di Maria» di S. Luigi MariaGrignon de Montfort.Questo libretto si chiude con unapaginetta dedicata a BenedettaBianchi Porro, nata in agosto eprecisamente il giorno 8 dell’an-no 1936 a Dovadola (Forlì) emorta a Sirmione il 23 gennaio1964. Aveva appena 27 anni emezzo.Fin da piccina fu colpita a unagamba dalla poliomielite, ma peranni poté crescere, giocare, cor-rere senza grandi difficoltà. Poidivenne preda di una legione di

isolamento rotto solo dalle lette-re e dalle visite di Maria Grazia edi poche altre intime amiche.Benedetta può così assaporare egodere un altro dono più profon-do, il dono dell’amicizia, che nonla fascia all’esterno come la natu-ra, ma che penetra nell’interno, ela fa vivere negli altri.Dopo essersi posata sul cuore diGesù con accanto la Vergine San-ta, il suo cuore si poserà sul pet-to di una amica e la provvidenzadi Dio la sosterrà nel suo calvarioattraverso i suoi scritti e le sueparole.Ella troverà veramente un tesoronell’amicizia, e per le amiche Be-nedetta sarà la perla che scopro-no e custodiscono sino all’ultimaora, per riceverne i bianchi im-macolati riflessi di pecorella chesi abbandona nelle mani del Si-gnore.Fu Giovanni l’amico prediletto diGesù, sarà Maria Grazia l’amicaprediletta di Benedetta. Nottebuia, più profonda ancora, sa-rebbe stata la sua senza il caloredi un cuore che la comprendesse,che la intuisse.In questa ascesa verso il Cristo,crebbe il suo amore a Maria San-tissima in un profumo di ricono-scenza e venerazione sino a farle

sgorgare dal cuore queste espres-sioni:«L’umiltà è la più nascosta dellevirtù, la più profumata. Madre diogni umiltà è Maria».«Come la Madonna è la Reginadel cielo, così la Chiesa è la regi-na della terra».«Sulla croce il Signore ci ha datoper madre la Vergine Santissi-ma».

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mavera. Tutto questo per lei, pri-ma che calasse inesorabilmentela notte.Questo lento cammino vissutocon consapevolezza ora per ora,eroicamente accettato. Questo

Benedetta bambina.

Benedetta adolescente.

Dovadola (Forlì) è il paese natale diBenedetta. Il complesso della Badia,sede dell’AssociazioneAmici di Benedetta.

«Il dolore è stare con Maria aipiedi della croce».Ma fra tutte, più alta e sublimespicca questa:«È una grande penitenza la cari-tà. La Madonna è madre dellacarità».Per questo ella potrà dettare an-cora: «Noi dobbiamo assoluta-mente dimenticarci per condivi-dere il dolore degli altri. In que-sto modo si ha pace sulla terra».Potessero queste parole giungerecome esortazione a coloro chechiusi nel loro egoismo atrofizza-no il cuore, come passero strettoda una morsa che sussulta e chi-na il capo mentre perde la vita.Vita è donare, pace è vivere per

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gli altri, gioia è dimenticarsi pergli altri.Troppo spesso scordiamo che an-che un rigo vergato con sinceritàed amore può portare una spe-ranza, può donare una luce.Sarà Lui, il buon Dio, a suggeriresenza che noi stessi comprendia-mo, sarà Lui a donare se a Lui ciabbandoniamo.Come servo fedele, attento allesue ispirazioni ed alla sua parola,il nostro cuore, condividendo lasorte del fratello, gli tradurrà ciòche palpita nel suo cuore e cheegli stesso non comprende odignora.Non ci consta, se non erriamo,che Benedetta in questa ascesispirituale, abbia avuto alcunaguida spirituale, eccetto chel’amicizia tradotta in illuminatoconforto.«Il 27 febbraio 1963 Benedettasta per essere operata alla testaun’ultima volta. Ha paura. MariaGrazia le è vicina. Per rincuorar-la le scrive le parole di Bernanosdal «Diario di un curato di cam-pagna» che aveva letto e discussoinsieme: «Se avrò paura, diròsenza vergogna: “Ho paura” e ilSignore mi darà la forza».

Benedetta legge e le ripete ada-gio, a bassa voce, tante volte.La sua voce si fa più sicura, i li-neamenti del viso si distendono.Benedetta si tranquillizza. Poiringrazia infinite volte MariaGrazia con tanta dolcezza.Il grazie di chi è nell’Orto degliUlivi e trova chi veglia con luinella terribile ora. Gesù fu conso-lato da un Angelo ed angelo èchiamato chi sa donare aiuto aifratelli nella prova.In questo ridente paese di Sir-mione in cui ero con Uberto, inuna casa tutta bianca dalle impo-ste verdi si consuma silenziosa-mente una giovane vita, in unoscambio di doni spirituali vissutisulla croce, ed ai piedi della cro-ce.Il 23 gennaio di vent’anni or so-no sul balcone di questa casa,che vedo oggi resa luminosa dalsole, si posava un uccellino.Benedetta dietro quelle imposteverdi, con voce limpida e sottilecanta per l’ultima volta una vec-chia canzone «Rondinella pelle-grina». La mamma dietro ai vetrisegue un altro uccellino che pic-chietta alla finestra e vede chenella aiuola grande è sbocciatauna rosa.Sboccia una rosa bianca in quelgiardino e Benedetta muore.

23 gennaio: sposalizio della Ver-gine!Nel mese di agosto invece Bene-detta è nata, tre feste di Maria visono, a noi care oggi, come cer-tamente care furono a lei, allora.Chiediamole, nel nome di quel-l’amicizia che profuse in terra eche quando è vera è solo amore,di intercedere presso il cuore diMaria Madre e Regina.Come rosa bianca faccia spunta-re anche nei nostri cuori il donodell’amicizia perché possiamo of-frirla a chi incontriamo nel cam-mino e donarla ai fratelli, quan-do il cuore è nella prova e la for-za manca. n

Dovadola. Il sarcofago di Benedetta.

Sirmione del Garda.È la mattina del 23 gennaio 1964.

Sono gli ultimi istanti di vitadi Benedetta.

Una rosa bianca fiorisce fuori stagionenel giardino.

Nell’apprendere la notiziadalla mamma, Benedetta le dice:

«È un dolce segno».Benedetta capì da quel segno

che era giunta l’oradell’incontro eterno con Gesù.

Sono povera e mi accade ditrovarmi a volte a terra, sullavia, sotto il peso di una crocepesante. Allora Lo chiamocon amore, ai Suoi piedi, eLui dolcemente mi fa posarela testa sul Suo grembo.E se avrò paura, gli dirò: «Hopaura».

Ven. Benedetta Bianchi Porro

Come Centro Guanelliano di Pa-storale Giovanile crediamo chequesta proposta rappresenti unarisorsa sia per le case, che posso-no così aprirsi al territorio ecoinvolgere forze nuove nelle lo-ro attività, sia per i giovani, chesempre più spesso si rinchiudo-no in paure e egoismi che gli im-pediscono di guardare al futurocon coraggio ed entusiasmo.L’esperienza guanelliana di aiutoa chi è nel bisogno, in un percor-so di un intero anno guidato epersonalizzato come è quello di

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PROPOSTE GIOVANI

Noici siamo!E tu?

C

Progettidi servizio civile

nell’OperaDon Guanella

servizio civile nazionale, può si-curamente rappresentare untrampolino di lancio sia per chisi affaccia al mondo del lavoro evuole fare un’esperienza concretain ambito socio-assistenziale, siaper chi più semplicemente vuolemettersi alla prova per capire«cosa vuole fare da grande», omeglio «chi vuole essere».La proposta può essere fatta agiovani dai 18 ai 28 anni. Preve-de 30 ore settimanali in media(1.400 annue) di impegno sulprogetto, per una durata di 12

on l’inizio del mese di feb-braio è terminata l’espe-rienza di Servizio Civile,in Italia e all’Estero, di

Valerio, Clarissa, Katia, Chiara,Concetta, Eva, Federica, Melaniae Arianna. 9 giovani che hannoscelto di spendere con passioneun anno della loro vita in un pro-getto a servizio di tanti beniami-ni delle case guanelliane, sia inItalia che all’estero.Con le fatiche e soprattutto conle soddisfazioni che ne sono deri-vate, hanno portato a termine unpercorso di formazione e di ser-vizio, particolarmente significati-vo per loro in quanto occasionedi avvicinamento al mondo dellavoro e tempo, prezioso quantounico, per riflettere sul senso dadare al loro progetto di vita.Le nostre Case guanelliane lohanno reso possibile e sicura-mente hanno potuto beneficiaredi presenze nuove, giovani e conrisorse da spendere a favore dichi hanno incontrato.Per un ciclo che si chiude un al-tro appare all’orizzonte. Nel me-se di giugno altri giovani hannocominciato la loro esperienza,prima con la formazione e poicon i primi passi nella realtà ope-rativa, altri ancora partirannonel prossimo mese di settembre.

mesi, con un compenso mensiledi € 433,80 (erogato direttamen-te dallo Stato al giovane).Per informazioni Elisabetta Ca-ronni, tel. 031.296783, per i pro-getti in Italia e Silvio Verga, tel.031.296811, per i progetti Estero,email [email protected]. n

L’Inno

i terrà il prossi-mo 6 gennaio,nella solennitàdell’Epifania, la

prima ufficiale dell’In-no della Giornata mon-diale della gioventù.L’evento avrà luogo alleore 12 nella Piazza delMercato principale diCracovia, la città po-lacca che nel luglio2016 ospiterà la Gmg. Lo rendenoto il Comitato organizzatoredell’iniziativa. Intitolato «Beati imisericordiosi».L’Inno è stato composto da Ja-kub Blycharz, avvocato con pas-sione per la musica, già autoredi numerosi canti liturgici. «Ciauguriamo – sottolineano gli or-ganizzatori – che la Gmg di Cra-covia possa essere un’opportu-nità di diffusione del messaggiodella Divina Misericordia fratutti coloro che vi parteciperan-no e che condivideranno la lorofede».

Biglietto solidale per i giovani

In segno di solidarietà con i gio-vani più bisognosi, è stato avvia-to il progetto «Un biglietto per ilfratello», che mira a raccoglierefondi da destinare ai ragazzidell’Est Europa che desideranorecarsi a Cracovia nel 2016, masi trovano in difficoltà economi-che. «Il progetto, si legge sul sitoufficiale della Gmg, «www.kra-kow2016.com», è sorto in seguitoall’ospitalità straordinaria concui noi, pellegrini polacchi, sia-mo stati accolti in Brasile duran-

te la Gmg 2013.Sorpresi dall’af-fetto dimostratodalle famigliebrasiliane, desi-deriamo con-traccambiarecon tutto il cuo-re e aiutare chi,a causa di pro-blemi economi-

ci, è impossibilitato a partecipareal prossimo incontro». n

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PROPOSTE GIOVANI

GMGCracovia 2016

SUSA - Chicago (Ill.)

St. Maryof Providence

Accogliamo con gioia il sorrisodelle giovani postulanti Marga-ret e Christie, liete di cominciareil loro cammino religioso tra leFiglie di S. Maria della Provvi-denza, sulle orme di fede e dicarità di san Luigi Guanella.A loro vada il nostro fraterno au-gurio e la preghiera perché fac-ciano esperienza personaledell’amore di Gesù e risponda-no con gioiosa fedeltà alla suachiamata. Maria ss.ma vi bene-dica e vi protegga.

di accostarsi al sacramento dellaPenitenza. «Spendersi nell’opera-re il bene» era il tema guida delmomento di adorazione. «Ognicristiano non può contentarsi dipensare e provvedere per sé uni-camente, ma deve pure pensare eprovvedere al bene dei proprifratelli e, fra questi, ai più biso-gnosi di aiuto corporale e spiri-tuale». Queste le parole che han-no trovato spazio nei cuori diquanti avevano accolto l’invito diGesù a trascorrere con lui le orecentrali di un sabato sera inver-nale. Così si esprimono Alessia eFrancesco, dopo il momento diadorazione eucaristica: «È guar-dando Gesù che si riconosce lavia dell’amore che vince sul pec-cato». «Catartico!», così defini-scono il momento di adorazioneMariangela e Maria Vittoria. Sì,di catarsi si tratta. Il contatto

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PROPOSTE GIOVANI

Spendersinell’operare il beneEsperienza Eremo Giovani

Giovani e suore posano per una foto di gruppo.

Giovani e bambini delleCase Famiglia.

Ha avuto inizio con un mo-mento di fraterna convi-vialità l’esperienza che havisto impegnato un grup-

po di ragazzi di San Giovanni inFiore e di Cosenza (circa 13) inspazi di intensa preghiera, rifles-sione e condivisione di momentidi vita con i minori della CasaFamiglia Divina Provvidenza diCosenza, retta dalle suore gua-nelliane. Il momento cardine del-l’esperienza è stata l’adorazioneeucaristica della sera del 17 gen-naio, vissuta nell’eremo adiacen-te alla chiesa delle «cappuccinel-le», durante la quale i giovanihanno avuto la possibilità di dia-logare cuore a cuore con Gesù e

con Gesù è catartico, in esso ognicuore ferito trova guarigione,ogni difficoltà trova sollievo,ogni vita il suo senso, ogni cam-mino il suo traguardo. Le letturetratte dagli scritti di san LuigiGuanella ci hanno fatto capireche presso Gesù troviamo sem-pre il ricovero per le nostre ani-me e i nostri cuori devono farsiricovero per quanti non riesconoa stare in piedi di fronte alle sfer-zate della vita: «Si hanno da pre-ferire i più poveri e più abbando-nati...».Il vigore trasmesso ai cuori deipresenti dalla presenza di Gesùnon ha tardato a manifestarsi e liha guidati anche il giorno suc-cessivo nella condivisione di unagiornata con gli ospiti della casafamiglia. Questo è quanto si ri-specchia nelle parole di Chiara eAntonio: «È Gesù che ci porta aLui quando andiamo incontro aisuoi piccoli, come oggi stiamofacendo!».Quello che si è vissuto in quelleore è parte dell’infinito di Dio,scintilla della luce senza confiniche sgorga dal cuore di Cristo.Andrea ha detto di essersi «senti-to piccolo di fronte ai loro oc-chi», di fronte agli occhi di chi siinterroga e di chi ti interroga. Un

altro segreto suggeritoci da donGuanella sul l’esempio di Gesù:farsi piccoli per vedere la gran-dezza dell’Amore. Dagli occhi edagli sguardi incrociati in queimomenti non trapelava povertà,miseria, ma, come affermanoAlessia e Francesco, «è proprionegli occhi dei sofferenti che ci sirelaziona con Cristo». Nelle paro-le e negli sguardi di Maria si leg-geva chiaro l’entusiasmo infusoledall’incontro con Gesù, fontedell’eterna giovinezza. Tutto quel-lo che si è vissuto in quei duegiorni aveva il sapore della con-traddizione, della stranezza. Sì,perché è diventato inconcepibileche un gruppo di giovani possafermarsi, ritrovarsi insieme, pre-gare, appartarsi di sabato seradavanti a Gesù nell’Eucarestia; saquasi di anomalia! Eppure è suc-cesso, è stato così. Ringraziandole suore guanelliane di Cosenzanella persona di suor Costanza,suor Maria e suor Antonella, con-cludiamo con le parole di padreFabio, dicendo che oggi portiamonel cuore quei dialoghi intensicon Gesù nell’Eucarestia e neisuoi piccoli «come un profumoche stordisce... e non ti lascia!».

Noi dell’Esperienza Eremo

CENTRAFRICA:intesa sulla liberazionedei bambini soldato

Stop all’arruolamento dei bambi-ni soldati in Centrafrica. Lo stabi-lisce un accordo siglato da ottogruppi armati locali che si sonoimpegnati anche a garantire il ri-torno a casa di migliaia di ragaz-zi già impiegati in operazioni mi-litari. Alla Radio Vaticana ha te-stimoniato suor Elvira Tutolo, del-le Suore della Carità di s. Giovan-ni Anthida Touret:«Mi ha dato enormemente gioiaquesta notizia e questa firma. Iosono qui da 14 anni. Non sonopessimista, però credo che tra lafirma e i fatti sicuramente ci saràuna differenza enorme. Il proble-ma è che questi bambini possonotornare a casa. Mi chiedo qualecasa, quale famiglia, quali geni-tori, dopo tutto quello che hannovissuto? Io ho la testimonianzadiretta: qui a Berberati noi ab-biamo 150 bambini reclutati pri-ma dai Seleka e poi dagli anti-Balaka; e sono mesi che vengonoda noi dicendo che vogliono la-sciare i machete e i loro fucili ar-tigianali, ma qual’è l’alternativa?Anche i capi anti-Balaka diconoche non tengono più con loroquesti bambini. Ma dov’è la lorocasa? Ho molto timore che la lorocasa torni ad essere la strada.Il nostro problema – da 14 anni –è che non siamo sostenute danessuno. Siamo una piccola Ongnazionale che si chiama Kizito,formata da 30 coppie, marito emoglie centrafricani. Loro hannoaccolto già nelle loro famiglie chi6 e chi 7 ragazzi. E sarebbero an-cora pronti ad accogliere questibambini... Grazie ad un po’ di de-naro che ho ricevuto dall’Italia,per 10 di questi ragazzi abbiamocomprato due ettari di terra, uncarrettino, un materasso e gli at-trezzi per lavorare l’agricoltura. Liaiuteremo a formare una piccolacooperativa: questa è una goccia,ma questa goccia deve diventaremare. Aiutateci ad aiutarli!».

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015 71

Giovani partecipanti all’Esperienza Eremo.

Il sasso rotolò malinconicamenteper un po’ e si arrestò fra altri sas-si nella scarpata.«Ci mancavi solo tu, sgorbione!»,gli gridarono gli altri sassi.«Quanto sei pesante, ciccione!»,gli dissero due pietre piatte esottili, cosparse di mica scintil-lante.Se le pietre avessero lacrime, ilsasso sarebbe scoppiato in unpianto desolato.Il povero sasso desiderò sprofon-dare nel terreno e sparire per sem-pre.Ma un mattino due mani robustelo sollevarono.«Questo serve a me!», disse unavoce.

glie, tutto era formato da pietregrigio azzurre come lui.«Questo è il paradiso!», pensò ilsasso, che non aveva mai vistoniente di più bello.Le mani dell’uomo passarono sul-la superficie del sasso con una ru-vida carezza.«Finirai lassù, anche tu, amicomio», disse la voce.«Ho un progetto magnifico per te.Dovrai soffrire un po’, ma ne varràla pena».Il sasso venne portato in un ango-lo dove un gruppo di uomini stavascolpendo figure di santi di pietra.Una delle statue era senza testa.L’uomo la indicò e disse: «Ho tro-vato la testa per quello!».Sfiorò nuovamente il sasso con lemani e continuò: «È perfetto.Sembra fatto apposta, e anchequesta piccola fenditura mi ha fat-to venire un’idea...».Al sasso pareva di sognare: nessu-no lo aveva mai definito «perfet-to».Subito dopo però fu stretto in unamorsa e uno strumento acuminatocominciò a ferirlo senza pietà.L’uomo lo scalpellava con vigore eperizia.Il dolore era forte, ma non duròmolto.Il sasso inutile si trasformò nellamagnifica testa di un santo che fu

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PROPOSTE GIOVANI • La pagina dei ragazzi

C’era una voltaun sasso…

C’

C’era una volta un vecchio gufoche penava, pensava, pensava...e una notte raccontò...

Gli zoccoli ferrati dei cavalli lo col-pivano violentemente, facendosprizzare sciami di scintille chebrillavano nella notte.Il sasso era sempre più triste.Che razza di vita era mai la sua!Un giorno una carrozza che proce-deva veloce per la strada ebbe unimpatto così violento con il poverosasso da lasciargli un segno ben vi-sibile, che sembrava una ferita.Nell’urto ebbe la peggio la ruota,che si spezzò. Il vetturino, furibon-do, con un ferro cavò il sasso e loscagliò lontano.

«E gli altri?», chiese un altro uo-mo.«Possono servire anche loro. Rac-coglieteli».Mentre gli altri sassi venivano get-tati in un carro, il sasso tondeg-giante fece il viaggio nella bisacciadell’uomo.Quando ne uscì, si trovò in uncantiere brulicante di operai.Tutti erano all’opera per innalzareuna magnifica costruzione che,anche se incompleta, già svettavanel cielo.E i muri, le possenti arcate, le gu-

collocata sulla facciata della catte-drale.Era la statua che tutti notavano eadditavano per una particolarità:tutti gli altri santi erano seri e ag-grondati, quello era l’unico santosorridente.L’artista aveva trasformato la feritaprovocata dalla ruota del carro inun magnifico sorriso.Il sorriso pieno di pace e felicitàdel sasso che aveva trovato il suoposto.Per i tuoi conoscenti forse no, maper Dio tu sei «perfetto»... n

era una volta su unastrada un sasso che nonserviva a niente.Era un bel sasso, di for-

ma tondeggiante, grosso più o me-no come la testa di un uomo, di unbel grigio-azzurro.Ma nessuno lo degnava di unosguardo. Un sasso è solo un sasso,a chi può interessare?Al principio spuntava appena dallaterra al centro di una strada cheportava in città.Non gli mancava la compagnia:quasi tutti quelli che passavano dilà inciampavano.Qualcuno si accontentava di lan-ciare colorite imprecazioni, altrimaledivano il povero sasso.

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È la festa di san Giovanni Battista, patrono del-la parrocchia di Campodolcino. Il piccolo LuigiGuanella, ora san Luigi, riceve in dono dal cognato un pacchetto di caramelle. Le vuolemangiare, ma suona la campana per la Messasolenne. Non volendo entrare in chiesa con le caramelle, pensa di nasconderle in una catasta dilegna, dietro la chiesa. Si avvicina e sente un bat-ter secco di mani. Guarda: un vecchietto gli sta difronte e gli chiede le caramelle. Le nasconde infretta, alza gli occhi e il vecchietto non c’è più.Ne rimane amareggiato e pensa che da grandevorrà fare del bene alle persone anziane e povere.

Luigino Guanellae il vecchietto

per i più

piccoli

da color

are

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Una missionestraordinaria

tale 2001, è stato accoltoda noi Figlie di S. Mariadella Provvidenza, daiconfratelli Servi della Ca-rità e da altre 12 Congre-gazioni religiose. Il 7 apri-

AFGHANISTAN • Kabul - PBK

«S

ca missione. Richiede unimpegno particolare.Questo progetto è portatoavanti dalle religiose didiversi istituti e formia-mo una comunità inter-congregazionale. Essen-do l’Afghanistan una re-pubblica islamica, l’unicareligione riconosciuta èl’islam. Noi religiose ve-stiamo nascoste dietrol’abito afghano. Non pos-siamo avere nessun se-gno esterno religioso. Vi-viamo in una piccola ca-setta in affitto. Abbiamopoche possibilità di usci-re dal nostro cortile. Trevolte alla settimanausciamo per andare aMessa nell’ambasciataitaliana, sempre con lostesso autista. Per la vitacomunitaria abbiamouno spazio privato. Ab-biamo una piccola cap-pellina con il Tabernaco-lo per la comunione neigiorni che non andiamo aMessa e per l’adorazioneeucaristica. Abbiamospazi per la preghiera co-munitaria e privata. Cer-chiamo di vivere la nostravita fraterna attraverso ildialogo, la condivisione eil rispetto reciproco.

le 2004 è stata così istitui-ta l’Associazione «ProBambini di Kabul»(PBK). Formiamo soltan-to una piccola opera, mapossibile «modello» di unnuovo sviluppo, di unumanesimo integrale,aperto ai valori cristiani eumani della solidarietà,dell’uguaglianza, dellagiustizia e della fraternità.Abbiamo la bella testi -monianza di suor Annieche, dopo cinque anni, la-scia Kabul per rientrarenella sua Congregazionedelle Suore di S. GiuseppeB. Cottolengo. La nostrasuor Annammal Irudaya-sam rimane ancora fino anuova obbedienza. Daqueste pagine vogliamosalutarla affettuosamentee augurarle tanto bene.

Lettera aperta

La missione in Kabul peril progetto PBK (probambini di Kabul) laconsidero un dono stra-ordinario della divinaProvvidenza. È un’espe-rienza speciale perché sivive la comunione dei di-versi carismi per un’uni-

alvate i bambinidi Kabul!»...L’accorato gridodi san Giovanni

Paolo II lanciato al mon-do nel messaggio del Na-

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Ci prendiamo cura e por-tiamo avanti una missio-ne per bambini con diffi-coltà di apprendimento,di 6-12 anni. Il nostrocentro è riconosciuto dalMinistero dell’Educazio-ne, come centro educati-vo per «inclusive educa-

no dalle ore 7.30 alle ore15.00. Ogni insegnante ha10 bambini. La presenzareligiosa serve soprattuttoper guidare, preparare emotivare il personale. Peril musulmano in Afghani-stan un bambino con dif-ficoltà di apprendimento

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è un malato psichico. Conil nostro servizio cerchia-mo di passare i valoriumani cristiani. Ognibambino ha il diritto alrispetto e alla dignità. An-che il bambino disabilementale ha gli stessi dirit-ti del suo fratellino nor-male, soprattutto nelcampo educativo. All’ini-zio questo era un pensie-ro rivoluzionario. Poco apoco, attraverso incontrie programmi formativicon le famiglie, con l’aiu-to di specialisti e del me-dico pediatra, che vienenel Centro per monitora-re lo sviluppo del bambi-no, siamo riuscite a tra-smettere questi valori.Il Ministro dell’Educazio-

ne apprezza molto il no-stro servizio e alcune vol-te visita il nostro centrochiedendo di aprire altricentri come questo per-ché non esistono altrestrutture (simili). Ognianno cerchiamo di prepa-rare una media di 8/9bambini per l’inserimentonella scuola normale, te-nendo sempre i contatticon le famiglie dei bambi-ni che escono dal centro.La nostra testimonianzadi vita è silenziosa. Cer-chiamo di testimoniareche Dio è Amore e Padreprovvidente. La nostrapresenza ha suscitatoqualche interrogativo neicollaboratori locali. Un

tion». Lavoriamo con ilpersonale locale: 4 inse-gnanti (donne), 1 signo-ra per la pulizia, 1 cuo-co, 1 autista e 3 guardie.Secondo le norme afgha-ne, le NGO straniere de-vono avere le guardie 24ore.Per i bambini che vengo-no da lontano offriamo iltrasporto gratuito con unpulmino che è stato dona-to al PBK dalla CaritasItaliana, tempo fa presen-te in Kabul. Ai bambinidiamo la colazione a me-tà mattina e un pranzocompleto. I cibi per ibambini sono preparatida un cuoco locale. An-che il personale religiosomangia il pranzo con ibambini. Il centro è diur-

giorno un’insegnante èvenuta a dirci: «Miamamma dice che voi sietecristiani, perché fate dellecose che noi non siamocapaci di fare». Ma rite-niamo di essere soltantoun seme; ma come tutti isemi piantati da Dio, sia-mo certi che diventerà ungrande albero.

Suor Annie Joseph Puthemparambil

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106 annida festeggiare

Un salutodalla Germaniaguanelliana

SVIZZERA • Maggia CT - Casa Beato Luigi Guanella GERMANIA • Procura guanelliana

glio (paese di origine del-la nostra Giuseppina), ab-biamo fatto festa all’ultracentenaria allietati dallamusica della fisarmonicamirabilmente suonata dalnostro caro signor Aldo,sempre pronto ad allieta-re le nostre feste.La tua serenità e la tuagioia, cara Giuseppina,hanno contagiato anche

tutti noi e perquesto complean-no ti auguriamodi non perderemai queste quali-tà che fanno di teuna persona spe-ciale, a cui tuttinoi vogliamo tan-to bene. Insiemeabbiamo mangia-

to una buona torta, pre-parata appositamente perla festa dal nostro perso-nale della cucina. C’è sta-to un brindisi generale edi grande augurio per la

G

La festeggiata signora Giuseppina on il sindaco di Maggia.

nostra cara Giuseppina etutti ci siamo dati appun-tamento per i 107!Auguri, cara GiuseppinaBertelli! n

rande evento incasa Don Gua-nella di Maggia.Per la nostra ca-

ra Pina sono 106 gli annida festeggiare.Alla presenza del nipotesignor Piero, del sindacodi Maggia signor Piezzi,delle suore, degli ospitidella casa, degli operatorie delle amiche di Giuma-

Q ui tutto procede bene, sia nell’ambito dellaMissione Guanelliana che in quello della Parrocchia, come pure anche in quello della nostra Procura Missionaria, adesso attiva ed

aperta per tutte le Province dei Servi della Carità.Nella speranza che un giorno anche le Figlie di S. Ma-ria della Provvidenza ci raggiungano in questo Paesegeneroso, colgo l’opportunità per inviare cordiali efraterni saluti.

Gero Lombardo

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gilia dell’Epifania, giornoin cui noi Figlie di S. Ma-ria della Divina Provvi-denza, per devozione,rinnoviamo, comunita-riamente, la nostra Con-sacrazione religiosa; cir-costanza ancora più sen-tita, perché due consorel-le, suor Carmelina Galas-so e suor Gelmina Serpe,celebrano il loro 60o an-niversario di professionereligiosa.Suor Giustina ha sottoli-neato che questa è «l’uni-ca» festa che noi dobbia-mo fare, per ringraziare ilSignore per la capacità ela grazia che ci ha dato disceglierlo, di seguirlo e di

aver raggiunto questa me-ta. E si è inoltrata in altreriflessioni, che di seguitoriportiamo con le nostrepovere parole.Perché è importante fe-steggiare un 60o? Perchéil loro impegno di fedeltàstimola la mia fedeltà;l’impegno di una sorellache ha raggiunto tantianni incoraggia me adandare avanti, continua-re con l’entusiasmo diuna volta ma con unaconvinzione maggiore...Allora ecco perché rice-vere nuovamente le Co-stituzioni è come dire:Signore io ricevo ancorada Te questo contratto,

questa carta firmata doveTu mi dici: io ti ti vogliocosì... e noi rispondiamo:ed io voglio essere così!Il rinnovato testo delleCostituzioni non è altroquel che noi abbiamovissuto e stiamo vivendo.Ci sono due libri impor-tanti per noi che non sicambiano con nessun al-tro libro: il Vangelo e leCostituzioni dove noi ciconfrontiamo continua-mente. Il nostro impegnoè quello di conformarci aquesti testi perché, se vi-viamo il Vangelo concoerenza, possiamo dirciseguaci di Cristo, se vi-viamo queste Costituzio-ni, possiamo dirci Figliedi Santa Maria dellaProvvidenza. Queste so-no le due carte d’identità:il Vangelo come cristiani,le Costituzioni come Fi-glie di Santa Maria dellaProvvidenza.La Congregazione, in ob-bedienza al Concilio Va-ticano II, ha riscritto iltesto delle Costituzionifedele ai suoi insegna-menti. Ci si può porrequesta domanda: perché

Consegnadelle Costituzionialle consorelleche svolgono il loro apostolatoin Calabria

COSENZA • Casa Divina Provvidenza

D

Cosenza - Casa DivinaProvvidenza. Nella foto, il gruppo di Figlie diS. Maria della Provvidenza,cui sono state consegnatele rinnovate Costituzioni.

omenica 4 genna-io c.a nella CasaDivina Provviden-za di Cosenza ci

siamo ritrovate insiemealle consorelle prove-nienti dalle varie scuoledell’infanzia di: Dipigna-no, San Vincenzo La Co-sta, Laureana di Borrel-lo, Rocca Imperiale e Al-berobello. Dopo i vari sa-luti, la madre Vicariasuor Giustina Valicentiha introdotto la presenta-zione delle Costituzionirinnovate, manifestandola propria gioia di trovar-si fra noi, in una circo-stanza molto cara e im-portante per tutte: la vi-

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 201580

le Costituzioni ci vengo-no ridate ancora?La Congregazione si èestesa in nuove parti delmondo con altre culture,nuovi modi di vivere lasequela, per cui si è resonecessario un periodo diriflessione, di confrontoper rivedere se il testoprecedente approvato nel1984 ci aiutava a vivereed esprimere al meglio ilnostro carisma di Figliedi Santa Maria dellaProvvidenza: quindi si èdovuto fare un confrontotra le varie culture ed in-tegrare il testo negli am-bienti in cui si vive e cosìpresentare la nostraidentità a questo nostromondo che sta cambian-do all’interno della no-stra Congregazione. C’èda sottolineare ancorache nel 1992 la Congre-gazione si divise in Pro-vince, per cui era neces-sario aggiungere dellenuove norme che riguar-davano la suddivisionedelle Province. Don Gua-nella lo diceva già nel1902: «Quando la Con-gregazione si sarà estesabisognerà dividersi inProvince».Questo libro che noi tra-duciamo nella nostrapersona è stato rivisto,reintegrato, spiegato,questo libro che traduceil nostro spirito non hanessun valore se non loincarniamo nella nostravita.Come presentiamo l’iden-tità della nostra Congre-gazione?L’attuale testo delle Co-stituzioni presenta la fi-sionomia della Figlia diSanta Maria della Provvi-denza caratterizzata dauna solida identità spiri-tuale, consapevole dellapropria identità consacra-ta, in cammino, in conti-

nua formazione. Il conte-sto della vera realizzazio-ne delle FSMP, unite daun profondo vincolo dicarità che si concretizzanella spiritualità di co-munione: nella vita fra-terna in comunità, nelservizio dell’autorità, nel -l’organizzazione dell’Isti-tuto, nella comunione eamministrazione dei beni;il fine del nostro esserenella Chiesa e nel mon-do, che riassume il sensopiù profondo della nostrastessa identità e del no-stro vivere in comunione,attraverso le opere diapostolato proprie dellamissione delle Figlie diSanta Maria della Provvi-denza.Il testo è strutturato nelseguente modo:La prima parte: l’Identità,racchiude tutti gli artico-li che servono per viverela consacrazione, quinditutto ciò che riguarda inostri voti; la nostra vitadi preghiera costruisce laconsacrazione.La seconda parte: la vitadi comunione, cosa ser-ve per vivere in comunio-ne, in un mondo indivi-dualista? Questa secondaparte la chiamiamo la sfi-da, perché maggiore è lacomunione più ben deli-neata è la figura delle Fi-glie di Santa Maria della

Provvidenza... Noi comeesprimiamo la nostra co-munione?La terza parte è la missio-ne, che ci vede impegnatial servizio dei poveri, inostri poveri: il nostrorapporto con i piccoli,con gli anziani, con chi èmeno fortunato di noi.Siamo in una gammache va dall’alba al tra-monto e in questa gam-ma troviamo persone condisabilità, troviamo per-sone sole, bambini ab-bandonati. Come ci acco-stiamo a loro?... donando«Pane e Paradiso». Comefacciamo tutto questo?Non lo facciamo più coni metodi di una volta,eravamo abituate a faretanto, adesso dobbiamofare forse più poco, main un certo modo, perchéle cose sono cambiate.Il Fondatore ci diceva difare la carità di persona,di mirare alla promozio-ne della persona tutta in-tera, è quello che noi cer-chiamo di fare nel darepane per tutti, ma ancheaprire il cuore alla spe-ranza, alla fiducia, per lafelicità degli altri, per lacrescita degli altri. Peraccompagnare gli altridal passaggio dalla vitaalla morte, è come seavessimo in mano un va-demecum importante che

raccoglie tutta l’esperien-za di ciò che noi vera-mente siamo, di ciò chegià abbiamo incarnatodentro di noi, per poidarci completamente aglialtri nella missione.Allora ricevere questo te-sto scritto di nuovo, noidavvero dobbiamo esseregrati al Signore che citraduce in parole nostredi oggi quello che ci hadetto il nostro fondatore,quello che abbiamo im-parato, quello che ci sia-mo esercitate a vivere perlunghi anni.Oggi per noi sarà un’e -mo zio ne in più il ricevereil testo; ma sarà un impe-gno in più: quello dellafedeltà, non al libro, maallo spirito del libro; nonalle parole, ma a quelloche le parole significano;non al contenuto genera-le, ma a ciò che il conte-nuto mi esprime.All’inizio della nostra vitareligiosa, quando ci sonostate consegnate le Costi-tuzioni, durante il novi-ziato, pensavamo chefosse qualcosa di moltosignificativo, di moltoimportante, qualcosa checi dovevamo impegnaread essere.Oggi diciamo: voglio ve-dere se veramente sonocome le Costituzioni mivogliono.Ringraziamo il Signoreper questo dono. Ringra-ziamo la Chiesa che le haapprovate. L’approvazio-ne della Chiesa è una be-nedizione per noi. Rin-graziamo la Congrega-zione per il dono di que-sto testo; le Costituzioninon sono un Vangelo, masono una modalità di co-me possiamo vivere ilVangelo.

Le consorelle della Comunità

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In primo piano, le suore animatrici: suor Antonella,suor Maria e suor Rosa.

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vare la loro Casa Famigliadal di fuori e da lontano:proprio quelle mura cheper molti di loro rappre-sentano e rappresenteran-no gran parte del loromondo.I giovani volontari e glieducatori della strutturahanno come al solito datoil meglio di loro stessi, fa-cendo sì che l’evento

raltro dai dolci preparatidalle volontarie, si è benpresto aggiunta la musica,che dopo cena ha trasci-nato tutti tra danze e ri-sate, donando ai ragazziore di divertimento e spen-sieratezza. Grande stuporeha destato a metà serata la

opera a Milano, eccellen-temente sostituita dallanuova superiora suor Ga-briela; nel risentire l’a ma -ta voce di suor Lidia mol-ti ragazzi avevano le lacri-me agli occhi.Come sempre amorevoleed impeccabile la cura

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COSENZA • Casa Divina Provvidenza

Gustosa “pizzata”a La Strega

R

Volontari e bambini posano per una foto con il Sindaco di Cosenza, sig. Mario Occhiuto.

Una pizza in maschera alla pizzeria «La Strega».

per ogni minimo detta-glio da parte dei volonta-ri; essi con la loro presen-za e il loro contributohanno reso possibile larealizzazione della serata.Momenti come questi so-no indispensabili nella vi-ta dei ragazzi, ma rappre-sentano un grande tesorodi esperienza e di umani-tà anche per gli stessi vo-lontari; tutti loro, infatti,hanno tratto il più grandeinsegnamento che puòdare il volontariato: si ri-ceve più di quanto si dà.Ogni singolo volontarioinfatti ha provato emo-zioni che gli resterannodentro per sempre, e seognuno di loro ha vissutoa modo suo la gioia e lafelicità nel vedere a lorovolta felici i giovanissimiospiti della Casa DivinaProvvidenza e nel ricever-ne uno sconfinato affetto,tutte queste sensazioni in-time provate da ciascunosono state accomunate inunico scambio d’amore.

Cicchiello MariannaVolontaria della Casa

Divina Provvidenza di Cosenza

zione dal noto proprieta-rio Marcello Spadafora ilquale, oltre alle doti im-prenditoriali per cui è co-nosciuto in città, ha mo-strato anche, in questacircostanza come in tantealtre nel coso degli anni,il suo volto di benefatto-re.I ragazzi, emozionatissi-mi sin dal principio, peruna delle poche voltehanno potuto così osser-

avesse luogo e riuscissealla perfezione, apportan-do alla serata, con il loroimpegno e la loro trasci-nante vitalità, il tocco fi-nale per una festa che hacoinvolto davvero tutti,regalando ai ragazzi dellaCasa Famiglia una seratada ricordare.Alle gustose leccornie im-bandite come da abitu-dine dalla pizzeria LaStrega, accompagnate pe-

graditissima apparizionedi Mario Occhiuto, Sin-daco di Cosenza, che nonha voluto perdere l’occa-sione di recare il suo sa-luto a ragazzi e volontari,rendendo la festa ancorapiù indimenticabile.Grande commozione an-che per la telefonata indiretta di suor Lidia, peranni superiora dell’Istitu-to di Cosenza, che oggisvolge la sua indefessa

iuscitissima «Festain maschera» per ibambini e i ragazzidella Casa famiglia

dell’Istituto della DivinaProvvidenza di Cosenza.Per l’occasione, piccoli egrandicelli ospiti dellastruttura hanno potutofesteggiare nei locali dellapizzeria La Strega, messigenerosamente a disposi-

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Gentile direttrice,sono Ottavio Fat torini, Diri-gente scolastico del LiceoScientifico Statale «A. La-briola» di Roma - Ostia.Ho lasciato trascorrere deltempo prima di scriverle, persedimentare il senso pro-fondo di quanto volevo co-municarle.In data 27 gennaio 2015,presso il nostro Liceo, si èsvolto lo spettacolo-con-certo, organizzato dal sig.Gualtiero Montesi con leospiti del vostro Istituto. Lagiornata della memoria ci haofferto il tema e lo spuntoper organizzare tale inizia-tiva, che ha visto il coinvol-gimento di 4 classi del liceo.Dopo le splendide paroleche le ha inviato la prof. Mar-tiradonna, intendo comuni-carle in modo ufficiale tuttala gratitudine della comunitàscolastica del Liceo per lapreziosa presenza e vibrantetestimonianza, di passionee impegno, di generosa pro-fessionalità, rese nel recitalcondotto da Gualtiero Mon-tesi, «un’educatore totale».Non trovo parole migliori diquelle scritte da un’altra do-cente della scuola, prof. Con-testabile, per esprimere ilsentimento comune susci-tato dalla presenza di Gual-tiero Montesi.

«Chi vive il quotidiano dellascuola sa quanto sia impor-tante che ogni giorno porticon sé una briciola di infi-nito, in grado di concorrerealla formazione dei giovaniche qui trascorrono tante oredella loro vita. Oggi per lanostra scuola è stato sicura-mente un giorno in cuil’obiettivo che ci prefigu-

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riamo ha ricevuto la so-stanza giusta perché ciò cheè in potenza possa trasfor-marsi in atto, narrando conuna rara e preziosa capacitàevocativa le emozioni piùfondamentali. Di ciò la rin-graziamo con la forza dirom-pente che connota noioperatori attivi sul mondodel domani».

Alle parole delle mie docentiintendo aggiungere una ri-flessione personale.I nostri adolescenti moltevolte ci sembrano «alieni»,parlanti un linguaggio sco-nosciuto e indecifrabile.Gualtiero Montesi ci ha mo-strato che esiste una linguaper comunicare con loro, unalingua che lui padroneggiaed è stato in grado di inse-gnare a tutti: il linguaggiodelle emozioni.È per questo che auspico chesimili esperienze si possanoreplicare in questa come inaltre scuole.Un sentito ringraziamento eauguri di buon lavoro.

Ottavio FattoriniDirigente scolastico

Liceo Scientifico Statale«A. Labriola»Roma - Ostia

ROMA • Casa S. Maria della Provvidenza

Gratitudine

Giovane di CasaS. Maria in attività.

Foto-raccontodella festadella Primaveracon gli amicidi Sant’Egidio21 marzo 2015

ROMA • Casa S. Pio X

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LIBRI PERVENUTI

Il protagonista di questapubblicazione è il Servo diDio Padre Anselmo Gadek,nato a Marszowice nel 1884,nell’arcidiocesi di Cracovia.La sua vita, totalmente dedi-cata alla ricerca di Dio e al-l’impegno per il prossimo,descritta con sincerità nelpresente libro, ebbe l’epilo-go a Łodz, in una «piccolacomunità di Carmelitani scal-zi». Morì il 15 ottobre 1969a Łodz, nella ricorrenza litur-gica di Santa Teresa di Ge-sù, Madre del Carmelo Rifor-mato...La sua opera – la Congrega-zione delle Suore Carmelita-ne del Bambino Gesù – at-tualmente è al servizio in 11

paesi del mondo e conta cir-ca 450 suore.Con somma gioia accolgoquesta pubblicazione che ciavvicina non solo alla figuradel Servo di Dio Padre Ansel-mo Gadek, ma anche ai valo-ri dai quali si fece guidarenella sua vita: sono essi pre-ziosi e attuali anche per noi.Viste le nuove sfide che oggiporta con sé il mondo, in Po-lonia abbiamo bisogno diuna rinascita spirituale dellefamiglie nonché di educare ibambini e i giovani nello spi-rito della divina infanzia...

dalla Prefazione di ✠ Marek Jedraszewski

Arcivescovo Metropolita di Łodz

Suor Konrada Dubel,postulatrice e

autrice del libro.e-mail:

[email protected]. 346 6856989

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mitivi, ci ha fatto vederegli utensili che usavano,piatti, pentole, posate ebicchieri di terracotta,perché il vetro in quel-l’epoca non era ancoracome il nostro ma solo inpasta lavorata per faregioielli. Quando facevanoda mangiare usavano lespezie, ma abbiamo vistoche lavoravano il latteper fare formaggi, colti-vavano ortaggi e frumen-to che macinavano conmacine in pietra e aveva-no la farina. Cacciavanoanimali come cervi e cin-ghiali, che ora in questezone non ci sono più epescavano dal fiume. In-somma avevano una die-ta molto varia.

FRATTA POLESINE • Casa Sacra Famiglia Abbiamo anche visto unfilmato sulla sepoltura,come portavano via i de-funti allora, e noi siamostate molto interessateanche perché l’archeolo-go ci ha spiegato moltobene e ha reso tutto mol-to comprensibile. Alla fi-ne, in una sala vicinoall’entrata, erano espostidei disegni su cartellonifatti dai ragazzi dellescuole elementari e me-die in cui era rappresen-tato quello che mangia-vano gli uomini di Frat-tesina 3.000 anni fa equello che viene coltivatonei nostri campi oggi.Siamo state molto con-tente di questa visita edell’archeologo che ci haseguito perché è statochiaro nel parlare, e sicapiva bene quello chediceva. Una esperienzainteressante che speria-mo di poter ripetere.

Micaela Tonin

Al Museo “Orto Click”

I pasticci di Ester

FILETTI DI PLATESSA AL POMODOROIngredienti per 6-8 persone: 250 g di pomodoro • 1 spicchio d’aglio • 2 scalogni •3 cucchiai d’olio extravergine d’oliva • 8 filetti di platessa freschi o surgelati • panegrattugiato quanto basta • sale e pepe.

Lavate, pelate e tagliate a pezzi i pomodori. Metteteli quindi in una teglia adatta alforno assieme a 3 cucchiai d’olio, allo spicchio d’aglio, agli scalogni tritati finementee un pizzico di sale.

Coprite con carta d’alluminio e passate in forno già caldo a 250 gradi per 4 minuti.Nel frattempo, fate saltare per 2 mi-nuti gli 8 filetti di platessa in unapadella antiaderente appena untad’olio, salateli e pepateli a piacere.

Togliete la teglia dal forno, estraetecon una paletta forata i filetti di pla-tessa dalla padella e metteteli suipomodori.

Spolverizzate con il pane grattugia-to, rimettete nel forno a 230 gradiper qualche minuto e servite bencaldo nella teglia stessa.

Fratta Polesine, Villa Badoer (Palladio, 1554),dove è sito il Museo dell’Orto Click.

L’archeologo dott. Alessandro Cupaiolo, responsabile di talemuseo, ci ha accompagnate in un percorso

sull’alimentazione della popolazione di 3.000 anni fa,attraverso i reperti esposti nelle teche del museo e trovati

qui a Fratta, facendo un parallelo tra la nostraalimentazione e quella dei nostri antenati

(Lucia Francescato)

G uardare un museoarcheologico dauna prospettivaun po’ diversa.

Ecco cosa è successocon questa uscita.

L’ottobre scorso io conalcune compagne e leeducatrici Lucia e Silviasiamo state in Villa Ba-doer, dove c’era una mo-stra che parlava di ali-mentazione dall’uomoprimitivo ai nostri giorni,dal titolo «Orto Click». Ciha guidate nella visitadelle sale un archeologo,che ci ha spiegato tuttala storia e com’era Frattauna volta. Abbiamo vistoche le case erano vicinoall’acqua perché l’acquaera fonte di vita e via dicomunicazione, poi haspiegato come vivevanouna volta gli uomini pri-

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e le simpaticissime ca-prette! Matilde alloraesordisce dicendo:

«Capra caprettache bruca l’erbettache balzi sulla balzache sali su per il montesul monte sulla vettacapra capretta!».

Il percorso poi è prose-guito fino alla rappresen-

va aspettando un primosucculento e profumato:i passatelli in brodo!«Come quei de ’na volta:te senti el gusto dea gai-na!».Hanno portato acqua, vi-no rosso e la pinza con lostrutto, spezzatino e po-lenta in grande quantità,patate al forno e cipollein agrodolce che hannoavuto un successone... lepreferite di Antonella!Infine è arrivata la «Bra-zadela», un dolce tipicoferrarese, il quale si chia-ma così in quanto unavolta si regalava in occa-sione della Cresima e ve-niva messo attorno albraccio.

FRATTA POLESINE • Casa Sacra Famiglia

Visita all’agriturismo“Fondo Madonnina”

della natura, che richia-ma la vita contadina e glialimenti naturali.Appena arrivate, siamostate accolte dalla pro-prietaria Stefania, chegentilmente e con passio-ne ci ha mostrato, pas-seggiando lungo un vialealberato, le caratteristi-

A tavola per gustare sapori di un tempo.

tazione del «Polesine inminiatura»: vi erano car-telli che indicavano paesie città con tanto di CanalBianco, Adige e Po... Ri-na in particolare restacolpita dall’acqua e dallapendenza della terra ri-portate in scala per darel’idea dell’alto e del bassoPolesine.Terminato il percorsoesterno, ci siamo acco-modate all’interno, inuna tavola apparecchiataelegantemente e decoratacon vasetti di rosmarino,salvia e settembrini, chesono dei fiorellini bian-chi che hanno incuriosi-to le signore... Ma ci sta-

Stefania però vuole stu-pirci e viziarci, così ciporta anche un vino dolce: il Fior d’Arancio,seguito da un dolce dipere e cioccolato con ilquale Matilde fa il tris! Edi certo non poteva man-care una mousse di sugo-li, molto gradita da Cesa-rina!Immancabile il caffè!Le ospiti hanno apprez-zato il pranzo in quantoricordava loro l’atmosfe-ra familiare, data anchedalla particolarità delmobilio: tavole e sedie dilegno, travi, tende di ca-napa ricamate a mano,quadri e «utensili di ferro

Proprio un bel gruppo.

Adorabili caprette.

con alcune ospiti dellaCasa di Riposo: Matilde,Antonella, Marilena, Rinae Cesarina. Questa uscitaspeciale ci porta all’agri-turismo Ca’ Madonnina,luogo immerso nel verde

che della «fattoria» e deisuoi animali.Le ospiti hanno visto unmaiale, un coniglio ehanno potuto accarezza-re l’asino, il cavallo cheincuteva un po’ di timore

L e signore della Casadi Riposo si sonoconcesse unagiornata di relax e

delizie in agriturismo.

Una meravigliosa mattinadi ottobre, Daniela e Ste-fania intraprendono unbreve viaggio a Gaiba,

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e di rame di una volta»,appesi al muro per abbel-lire la sala. E ognunoaveva un suo preciso ri-cordo.Gustato il caffè, tra un ri-cordo e l’altro, ci siamopoi accomodate all’ester-no per rilassarci assapo-rando il calore del solesulle guance.Ci siamo sedute su dellepanchine improvvisatecon un tronco tagliato echiacchierando è emerso:il piacere del ricordo,dell’assaporare ancora ivari profumi della natu-ra, i gusti del cibo fattoin casa ma soprattuttodel «companatico» e del-lo stare insieme!Durante il gruppo diorientamento spaziotemporale con alcuneospiti della casa di ripo-so, e grazie alla collabo-razione e agli stimoli del-la volontaria Stefania checi segue con affetto daanni, sono emersi, tra iricordi delle signore An-

GENNAIOmetti i frutti nel granaio

FEBBRAIOpiccolo, corto e malandri-no

MARZObeato il villan che ha se-minato

APRILEnon ti scoprire

MAGGIOvai adagio

GIUGNOpuoi far quel che vuoi

LUGLIOfino a Santa Margheritail gran cresce nella bica

AGOSTOfa che il grano sia al suoposto

SETTEMBREquando la cicala cantanon comprare grano davendere

OTTOBREpiovoso, campo prospe-roso

NOVEMBREper santa Caterina, o ac-qua, o neve o brina!

DICEMBREsanta Lucia, il giorno piùlungo che ci sia!

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MENAGGIO • Casa Giardino degli Ulivi

Un modo elegante dipresentare una ciambella.

na Z. e Lucia Anna M.,diversi detti dell’anno,uno per ogni mese!

Daniela Cignoni e Stefania Stabellini

Non ti arrendere mai,neanche quando la fatica si fa sentire,neanche quando il tuo piede inciampa,neanche quando i tuoi occhi bruciano,neanche quando i tuoi sforzi sono ignorati,neanche quando la delusione ti avvilisce,neanche quando l’errore ti scoraggia,neanche quando il tradimento ti ferisce,neanche quando il successo ti abbandona,neanche quando la noia ti atterra,neanche quando il peso dei peccati ti schiaccia.Invoca il tuo Dio,stringi i pugni, sorridi... e... ricomincia!

p. Luca

piazza San Pietro a Romail 23 ottobre 2011 alla pre-senza di decine di migliaia

Frammenti di storiaSAN LUIGIGUANELLAa MenaggioLa contessa Alice,l’Expo di Parigie Don Guanella

Menaggio 1962. Asilo degli Ulivi (ora «Giardino»).Scena di altri tempi:

L a solenne canonizza-zione di don LuigiGuanella, avvenuta in

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di fedeli, ha messo in evi-denza la popolarità di unsanto i cui carismi hannoveramente dello stupefa-cente: un vero apostolodella carità che ha lasciatouna traccia indelebile nel-la diocesi comasca daquando, con Chiara eMarcellina Bosatta, salpòin barca da Pianello perraggiungere Como doveavrebbe avviato la suafondazione, aprendo nu-merosi istituti per acco-gliere gli ultimi ed i biso-gnosi.Ebbene, don Guanellapercorse un tratto del suoluminoso cammino anchesulle nostre strade, allor-ché, all’inizio del Nove-cento, la contessa belgaAlice Vidal di San Roccodonò al sacerdote lo«Chalet degli ulivi», per-ché diventasse una casa di

carità cristiana. Era quel-la una villa di tutto rispet-to, fabbricata ad Interla-ken, premiata all’Esposi-zione Internazionale diParigi del 1889, quindismontata e trasferitasull’altura di Casate, im-mersa in un parco albera-to da olivi ed oleandri inuna gradevole posizionepanoramica.La bizzarra nobildonna,però, dopo avere affianca-ta alla dimora un’altra pa-lazzina, fu colta da dispia-ceri per cui, delusa e vintadalla passione per i viaggie dal desiderio di nuoveesperienze, decise di di-sfarsene unitamente aiterreni annessi. Quindi,nel 1898, su consiglio dimons. Ambrogio Belgeri,cedette la proprietà a donLuigi con la promessa diaprirvi un’opera di carità.

Narra Giuseppe Trinca,che accompagnava il san-to a Menaggio per avviarela casa: «... Si salì allochalet che era già passatomezzogiorno e la famecominciava a farsi sentire.Mi chiamò dunque a sé emi disse:– Va’ in paese e compraqualche cosa per ristorar-ci –.Andai e comperai pane,vino e un po’ di salame e,in breve, fui di ritorno.– Eccomi, don Luigi, do-ve andiamo a mangiare?Entriamo? –.– No, per noi è troppo unlusso mangiare in unochalet: rifocilliamoci quifuori! –.E si pranzò così alla buo-na».Un aneddoto che eviden-zia la semplicità, la parsi-monia del personaggioche conservava in sé l’es-senzialità del prete dimontagna.Le medesime caratteristi-che affiorano anche nelracconto di suor Apollo-nia Bistoletti allorché fu-rono terminati, senza de-

biti, i lavori di adattamen-to della villa per ospitarele orfanelle. La religiosanarra che don Guanellavolle inaugurarla sola-mente con un grande falòe gradì che le ricoverate vidanzassero intorno can-tando le litanie della Ma-donna e altri canti, dicen-do: «Quei di Menaggio vidiranno pazzerelle, nonimporta, ringraziate e lo-date il Signore per que-st’opera!».Un terzo episodio, assainoto, è citato da suor Ma-ria Colombo, testimoneoculare: «Era il mese dimaggio del 1911. DonLuigi si trovava nella casadi Menaggio. Una sera,dopo la recita del rosario,ospiti e suore ascoltavanoattente il suo sermoncino.Ad un certo punto si inter-ruppe, e...: “Guardate,guardate la Madonna!”,disse battendo le mani efissando gli occhi in alto;poi continuò: “Mandatelebaci, mandatele baci!” edegli stesso, con le mani,gettava baci a profusioneverso il punto fissato.Nessuna delle presenti vi-de la Madonna, ma tutteebbero l’impressione ditrovarsi davanti ad un fat-to soprannaturale».Tre modesti fatterelli ac-caduti a Menaggio, trattidalle sue biografie, per ri-cordare un gigante dellacarità che ha abitato tranoi.Ora il Giardino degli Uli-vi, completamente rinno-vato, continua a rinverdi-re il suo messaggio diamore e di solidarietà at-traverso l’opera di assi-stenza agli anziani porta-ta avanti con zelo dallesuore Figlie di S. Mariadella Provvidenza, coadiu-vate da personale laico.

Federico Cereghini

L’elegante Chalet degli Ulivi della contessa belgaAlice Vidal di San Rocco, presentata all’Expo di Parigi 1889e poi regalata a don Luigi Guanella nel 1898.Angolo dello Chalet degli Ulivi con vista su Menaggio eLago di Como. È interessante notare che, all’Expo di Parigi1889, fu presentata anche la Torre Eiffel, rimasta poi comesimbolo della capitale francese.

zo, Luigia (92 anni) eAgnese (102 anni) hannoletto ad ogni classe unepisodio della storia disuor Marcellina, dandoindicazioni poi su comeeseguire i disegni cheogni bambino avrebbedovuto creare per parte-cipare al concorso.Nel frattempo la classe4a, già impegnata con noinel progetto «Il cielo inuna stanza» (con tema lavecchiaia e la relazionecon l’anziano), è statacoinvolta nella realizza-zione della scenografiache avrebbe fatto dasfondo all’esposizione deidisegni.Un lavoro quindi lungo elaborioso che ha coinvol-to direttamente anche gliOspiti della Casa chehanno contribuito al suc-cesso dell’iniziativa so-prattutto con i loro ricor-di: il nonno di Luigia erail barcaiolo che aveva ac-compagnato le due suoree le quattro orfanelle aComo in quella famosanotte di aprile, lo zio diAndreina si confessavada don Luigi e guai a toc-carlo, Carmela è nata eha vissuto la sua infanzianella casa che fu di Mar-cellina...Un altro aiuto ci è statodato poi da suor Angeli-na: molti aneddoti pro-vengono dai suoi raccon-ti e dalle suore anzianeche lei ha conosciuto dagiovane.«In generale don Luigi go-deva di buona salute, maera soggetto a frequentimal di gola. Allora noisuore quando lo curava-mo avevamo l’accortezzadi mettere due materassinel suo letto. Se egli peròse ne accorgeva ci ordina-va subito di toglierne unoe di darlo a chi ne aveva

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PIANELLO DEL LARIO • Casa S. Cuore

Suor Marcellina, che forza!

In occasione del cente-nario della morte didon Luigi Guanella leCongregazioni delle Fi-

glie di Santa Maria dellaProvvidenza e dei Servidella Carità hanno cerca-to di rilanciare alcune fi-gure cardine della storiaguanelliana.E noi, Casa Sacro Cuoredi Pianello del Lario, ab-biamo scelto suor Mar-cellina, il cui cognome,Bosatta, la catapulta im-mediatamente nella no-stra realtà di paese.Abbiamo colto l’occasio-ne per presentare aibambini, e non solo, que-sta figura femminile ri-masta forse un po’ in di-sparte, ma di fondamen-tale importanza per ladiffusione dell’Operaguanelliana.Giovedì 23 ottobre 2014,con la distribuzione delprimo opuscolo dedicatoa Marcellina, è iniziatoun lungo cammino dicondivisione e di collabo-razione tra la struttura,la scuola, il paese, il Cen-tro Guanelliano di pasto-rale giovanile di Como,arrivando fino a Roma.Abbiamo proposto allaScuola Primaria un con-corso dal titolo «SuorMarcellina, che forza!»,con l’obiettivo di rinsal-dare il legame che ci legae per ricordare una don-na e la sua vita: senzatroppe esitazioni le mae-stre hanno aderito all’ini-ziativa.In un pomeriggio di mar-

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Madre Marcellina Bosatta in una foto ancora giovanile.

Pianello del Lario (Como). La parrocchia di S. Martino.

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gli operatori della Casache come sempre rendo-no possibile ogni nostrarichiesta e i parenti checi sostengono in questimomenti di intense emo-zioni.Auguriamo a tutti, comeè successo a suor Marcel-lina e alle sue suore, stra-pazzone e seminatrici dicarità, di volare lontanoseguendo i propri sogni,ma sogni a colori e a tredimensioni!

Rachele e Fosca

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Statua di san Luigi Guanellaa Pianello del Lario.

Pianello del Lario, Casa S. Cuore. Bambini e nonne festeggiano insieme i Santi di casa nostra.

Nitido il cielo come in adamante:D’un lume che di là trasfuso fosseScintillan le nevate Alpi, in sembianteD’anime umane da l’amor percosse.

Sale da i casolari il fumo ondante.Bianco e turchino, fra le piante mosseDa lieve aura: il Madesimo cascantePassa tra gli smeraldi. In vesti rosse

Traggono le alpigiane, Abbondio Santo,A la tua festa: ed è mite e giocondoDi lor, del fiume e degli abeti il canto.

Laggiù che ride de la valle in fondo?Pace mio cuor: pace mio cuore. Oh, tantoBreve la vita ed è sì bello il mondo.

Giosuè Carducci

bisogno, altrimenti loavrebbe buttato dalla fine-stra. E vi assicuro che fe-ce pure questo!»; oppure:«e sempre per i suoi maldi gola, ci ordinava diconfezionargli delle sciar-pe belle calde. Noi sferruz-zavamo velocemente, pre-occupate per la sua salu-te, ma lui, dopo qualcheora, regalava la sciarpa aqualche povero che incon-trava per strada. E tor-nando a casa ci diceva dinon arrabbiarci e di far-gliene un’altra!».Il 22 aprile, in una caldagiornata di sole e breve,

ci siamo ritrovati nel cor-tile e abbiamo trascorsoun pomeriggio alternati-vo tra bans, bambini, di-segni, anziani, pallonci-ni, segnalibri, mamme,premi... e musica.Come poteva mancare lamusica?! Una canzone alei dedicata: le parolesemplici e i fantastici ac-cordi del nostro amicoFausto Top (vedi «Santotu sei») hanno completa-to questo suggestivo mo-mento. Non ci resta che ringra-ziare suor Bianca per lafiducia nel nostro lavoro,

A Madesimo

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Curiosità

• Il fiore di giugnoè il papavero.

• La pietra del meseè l’agata.

• La traduzione inglesedel nome di giugno,«June», è usata comenome propriofemminile.

Poesia

ECCO GIUGNO

Ed ecco viene giugnocon la falce in pugno,e miete tutto il grano,al fiorir del melograno.Poi, con un bel sorriso,ti dona un fiordaliso.E con un bel brillareti manda ai montie al mare.

Giugno è il sesto mesedell’anno civilee conta 30 giorni.

Il nomeIl nome giugno derivadalla dea Giunone, mo-glie di Giove.È denominato anche Me-se del Sole e Mese dellaLibertà.La denominazione Mesedel Sole deriva dal fattoche in corrispondenzadel 21o giorno del mese,cioè nel solstizio d’estate,

Proverbi

• Chi semina in ottobre miete in giugno.

• Giugno ciliegie a pugno.

• Acqua di giugno rovina il mugnaio.

• San Giovannimietitore, San Pietro legatore.

• In giugno, in beneo in male, c’è sempreun temporale.

• Giugno ha la falcein pugno.

• Giugno ha tesoriin pugno: raccoltie promozioni,nozze e delusioni.

TRECENTA • Casa Sant’Antonio GIUGNO

ESTATECalda estate tutta d’oro,che cos’hai

nel tuo tesoro?Pesche, fragole, susine,spighe, e spighe

senza fine,prati verdi e biondi fieni,lampi, tuoni, arcobaleni,giorni lunghi, notti bellepien di lucciole

e di stelle!

R. Rompato

Dossier estatevi è la massima durata diluce nell’arco di un gior-no.È invece comunementesoprannominato Mesedel la Libertà in quantogli alumni terminano lascuola.

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Le attivitàoccupazionali delmese

Tra le attività di laborato-rio, che il Servizio Ani-mazione ha proposto, cisono:

• Attività di decoupagepittorico

• Attività di costruzionebigiotteria

• Attività di tombola

• Attività di uscitaal mercato

• Attività letturadel quotidiano

• Attività del coro«Non ho l’età»

I nostri Ospiti accolgonocon gioia l’idea di occu-parsi della pulizia di fa-giolini e fagioli, prove-nienti direttamente dal-l’orto della nostra Casa.Così, riuniti attorno adun grande tavolo in SalaAnimazione e, mentre la-vorano, possono tornareindietro nel passato, ri-cordando i loro vecchi la-vori, ed inoltre stare in-sieme, socializzare e co-noscere ospiti di altri re-parti, il tutto accompa-gnato dalla musica, dacanti e da balli!

LUGLIO

Proverbi

A luglio gran calura,a gennaio gran freddura

Nuvole di lugliofan presto tafferuglio

Sotto il sol di luglioil cervello è in subbuglio

La piova de Sant’Annaxe na mana

Se piove tra luglio e agosto,piove miele, olio e mosto

Quando il lujo xe molto caldo,bevi molto e tiente saldo

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Ingredienti

• 6 vasetti da 125mldi yogurt bianco intero

• 150 gr di zucchero

• 500 ml di panna frescada montare

• 4 fogli di gelatinada 5 gr cad.

• 150 gr di fragole

• 2 kiwi

• 2 limoni

• 2 bicchierini di liquoredolce all’aranciao al limone

Fate ammollare in pocaacqua fredda i fogli di ge-latina per 10 minuti. La-vate le fragole, tagliatelea metà o a fette spesse.Mettete lo yogurt in unaciotola con lo zucchero emescolare finché si saràsciolto.Lavate i limoni, grattu-giate la scorza di un li-mone, spremetene il suc-co, filtratelo e unitelo in-sieme alla scorza e alloyogurt.

Scaldate in un pentolinoil succo di metà del se-condo limone con il li-quore, unite la gelatinastrizzata e fatela scioglie-re mescolando.Montate la panna moltofredda e unitela allo yo-gurt aggiungendo poi lefragole.Versate il composto inuno stampo ad anello emettete in frigorifero 6ore.Immergete poco prima diservire il fondo dellostampo in acqua bollentee rovesciate l’anello sulpiatto da portata.Decoratelo con mezzefettine di kiwi e del limo-ne rimasto disposte attor-no all’anello e servite.

Idea alternativa

Potete sostituire lo yo-gurt con un’altra panna eusare invece delle fragolealtri tipi di frutta comepesche gialle, albicocchee frutti di bosco! n

L’angolo della cucina

ANELLO ALLO YOGURT

TRECENTA • Casa Sant’Antonio

AI NONNI...Ai nonni più vecchi e più generosi.Ai nonni più testardi e più gioiosi.Con sempre più rughe e dolorine hanno visto di tutti i colori.E adesso a casa non sanno più cosa fareaspettano i nipoti per passeggiare,ma alla fine finiscono sempre per gareggiare.Anche se ormai son vecchi e son lenti...i nonni son sempre furbi e intelligenti!

FILASTROCCA DELL’ESTATE

Filastrocca dell’estateson più lunghe le giornatesplende alto il sole d’orole cicale fanno il coro.

Filastrocca di stagionec’è la pesca, c’è il melone,giù nei campiil grano biondo,su nel cieloun blu giocondo.

Filastrocca monti e marein vacanza a riposare,che risate ci faremo,quanto ci divertiremo!

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Pomodoro.Una cura naturale!

Insostituibile in cucina ilpomodoro, esso è ancheun rimedio naturale perla cura dei viso, del corpoe dei capelli:• Strofinato sulla pelledel viso ha un’azionetonificante e contrastal’acne grazie alla pre-senza delle vitamine Ae C.

• Delle fettine di pomo-doro sulla pelle allevia-no il fastidio provocatoda scottature solari.

• Nel caso si desideriperdere peso l’ideale èconsumare pomodoricrudi.

• Per capelli più forti eluminosi applicare suicapelli preferibilmenteumidi e risciacquare. Èefficace anche comeantiforfora.

• Infine allevia il fastidiodato dalle punture dizanzare, applicandolosulle punture.

• Buoni gli spaghetti alpomodoro come li fac-cio io. Eccovi la ri -cetta.

Spaghettial pomodoro

Ingredientiper 4 persone

400 gr di ciliegino di Pa-chino • Un paio di spic-chi di aglio fresco • Mez-zo peperoncino • Olio dioliva di frantoio • Sale •400 di spaghetti • Basili-co

Preparazione

In una padella dai bordialti e fondo antiaderente,versate olio quanto basta.Affettate l’aglio finemen-te. Fatelo appena imbion-dire con il peperoncino(che poi toglierete) e ver-sate in padella il pomo-dorino tagliato a quarti.Fate cuocere circa 5 mi-nuti e salate.Fate cuocere gli spaghet-ti, scolateli bene e versa-teli in padella. Servitelicaldi e al dente e ornatecon foglie fresche di basi-lico.

Con l’acquadi cotturadelle patate...

Fate cuocere le patatecon tutta la buccia, una

volta cotte tiratele fuoridalla pentola ma nonbuttate l’acqua calda dicottura, che si riveleràpreziosa per renderesplendenti le pentole diacciaio inossidabile, i co-perchi e anche il colapa-sta. Provate per credere!

Come eliminarel’odoredalle stoviglie

Lasciate in ammollo inuna soluzione di acqua,

limone e aceto i piatti, ibicchieri e le posate.Se il cattivo odore persi-ste aggiungete un cuc-chiaio di candeggina,quindi sciacquate con ac-curatezza e fate asciu -gare.In questi casi ricordatevidi lavare sempre con ac-qua fredda per evitare di«fissare» gli odori. n

I CONSIGLI DELLA NONNA...

ALTRI CONSIGLI DELLA NONNA...

• Rimedio per il colesterolo: si mettono 15 ceci inun bicchiere d’acqua e devono stare a mollo per13 ore, la mattina a digiuno si buttano i ceci e sibeve l’acqua: dopo 15 giorni di cura si ripetonogli esami del sangue e si noterà che il colestero-lo è sceso.

• Per ottenere una frittura leggera: mettere vicinoalla padella dove si frigge anche una pentolacon dell’acqua a bollire. Non appena le cotolette,o le patate, o le melanzane (o qualsiasi altracosa si desideri friggere), sono pronte (giàfritte), si devono immergere per un secondonell’acqua che bolle. Tutto l’olio rimane nella pen-tola e la frittura non perderà la propria croccan-tezza, ma sarà eliminato l’olio in eccesso che laappesantisce.

• Profumazione: un sacchettino con alcuni chiodi digarofano profumerà armadi e cassetti e terrà lon-tane le tarme.

• Il lucido delle scarpe è finito? Provate ad utiliz-zare delle scorze di arancia e dopo averle strofi-nate sulla pelle, passateci un panno di lana.

• Contro i cattivi odori delle scarpe da tennis, met-tete dentro le scarpe due sacchettini di cotonepieni di timo secco.

• Gomma di troppo? Se dovete staccare dellagomma da masticare da un tessuto, passatecidei cubetti di ghiaccio, finché non si ammor-bidisce e si stacca.

• Ahi! Il cerotto! Se dovete togliervi un cerotto sen-za soffrire troppo, ammorbiditelo con dell’olio.

• Che puzza! Se avete usato la candeggina e nonriuscite a togliere il cattivo odore dalle mani,lavatele con il dentifricio invece del sapone.

momento di vita in auto-nomia e di socializzazio-ne, con la consapevolez-za di aver fatto un pezzodi cammino in più inquesto mondo del qualeè, come i suoi amici Spe-cial Olympics, parte inte-

lenamenti, giocare eviaggiare con loro duran-te gli Eventi. Molto spes-so è lo spirito di gruppo,l’orgoglio in loro stessiche li porta ad aumenta-re la loro autonomia, su-perare ostacoli che solo

Lucia Carli posa insieme ad alcune ospiti di Casa S. Maria.

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saranno vicine, in parti-colare tutte le mie com-pagne di bocce. Spero divincere, mi impegnerò almassimo, ma se non vin-cerò sarò felice di averpartecipato a questagrande emozione.

Lucia Carli

v v v

Palestra di vita

Crescere assaporandol’emozione di una vitto-ria o superando la delu-sione di una sconfitta. Losport, per tutti, rappre-senta una palestra di vi-ta, un’opportunità per di-mostrare coraggio, capa-cità e maturità comestrumento di gratifica-zione e approfondimentosociale.Tra i 101 Atleti convocatiper i Giochi Mondiali c’èla nostra Lucia Carli,pronta a lottare con tuttele sue forze a Los Ange-les dal 25 luglio al 2 ago-sto. La sua è la storia delcrederci, del tendere almeglio dell’autonomiapossibile. Dal settembre2010 ad oggi il percorsodi Lucia è costellato disuccessi con un lungocammino fatto di allena-menti e gare, che l’hannoarricchita di un esperien-za unica ed indimentica-bile per la sua esistenza.Per Lucia, lo sport rap-presenta anche una fine-stra sul mondo che lepermetterà, tra pochimesi, di volare negli StatiUniti. Sarà per lei un’av-ventura straordinaria, un

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ROMA • Casa S. Maria della Provvidenza

«Volo da sola»

Lucia Carli impegnatasul campo da gioco.

re le gare mi piace tanto,mi diverto e conosco tan-te persone. Quest’annopartirò per i campionatimondiali a Los Angelesin America, mi sento«energica ed emoziona-ta», è la prima volta cheprendo l’aereo, andrò dasola ma avrò tante perso-ne che con il pensiero mi

grante. È uno dei tra-guardi a cui tendiamonoi che operiamo all’in-terno dell’Opera Femmi-nile Don Guanella.La possibilità di gestirsida soli e vivere esperien-ze quotidiane, aiutarsi avicenda anche lontanodagli affetti .Quanta stra-da percorsa!Lo sport con i disabili ticambia, cambia ciò cheti circonda, cambia i tuoiocchi e il tuo punto di vi-sta. Rappresenta l’oppor-tunità per tante personedi capire che in ognunodi noi ci sono delle capa-cità; dietro gli «AtletiSpeciali» si nascondonoenormi, e spesso nasco-ste, abilità umane chevorrei si potessero tra-smettere ad una societàche sta sempre più per-dendo di vista i suoiprincipi ed i suoi valori.Ho la fortuna di poter vi-vere da tempo al fiancodegli Atleti, seguire gli al-

attraverso lo stare insie-me, con la propria squa-dra e lontano da casa,riescono a superare. Pa-zienza tanta certo, ripa-gata sempre da quellacrescita che in ognunodegli Atleti vedo, soprat-tutto nel superare i limitiche pensavo esistessero.Durante gli Eventi, i Gio-chi, siano essi nazionalio internazionali, nessunosi sente estraneo, esclu-so, sconosciuto. Cammi-nando per gli impianti sirespira l’aria del verosport, sugli spalti così co-me in campo. Si ha lanetta impressione che sifaccia tutti parte dellastessa famiglia, ognunodeterminato nel dare ilmeglio di se stesso, conla consapevolezza che gliavversari sono veri com-pagni di gioco, e non ne-mici, come invece nellosport agonistico spessoaccade.

Paolo Anibaldi

SSpero di vincere

ono nata a Roma il9 dicembre 1952 invia dei Cartari 42,vicino corso Vitto-

rio, ho vissuto insiemealla mia famiglia in unacasa grande per tantotempo, poi siamo andatia vivere a Torrevecchia.Dopo la morte di mam-ma e di mia sorella, il 20febbraio 2008, sono ve-nuta ad abitare al S. Ma-ria a via della Nocetta,faccio tante cose e da 6anni faccio anche le garedi bocce, sono andata aVenezia, Monza, Lodi,Arezzo e Biella e ho vintotante medaglie d’oro. Fa-

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 2015 95

SuorVIRGILIAVITALI

Nata a Boltiere(Bergamo)

il 17 aprile 1938.Si è consacrata al Signore tra le Figlie di S. Maria della Provvidenza il 5 gennaio 1963.

Ha svolto la sua attivitàprima nelle Casebrasiliane di

Camobì S. Maria, Capão da Canoa, Canela,poi nelle Case italiane

di Roma Curiageneralizia presso

il Centro di contabilità,poi Cordignano,

Roma S. Pio X, Genova,Maggia (Svizzera),Lipomo, Como-Lora.

È deceduta il 13 aprile 2015 a Como, presso

l’ospedale di Valduce.In attesa

della risurrezione, riposa nel cimitero di Albese (Como)

miglia guanelliana comeoperatrice nella Casa San-ta Marcellina di Como.Nel contempo maturò lasua vocazione e definì lasua scelta di vita; il 5 gen-naio 1963 si consacrò alSignore divenendo Figliadi Santa Maria della Divi-na Provvidenza.Appena professa, aveva 25anni, accettò con entua-siasmo la missione inBrasile e operò prima aCamobì nell’opera deiconfratelli Servi della Ca-rità e poi a Capão de Ca-noa. Non poté restaremolti anni nella missioneperché, pur avendo unacorporatura robusta, lasua salute invece era fra-gile e delicata.In patria svolse per lo piùcompiti amministrativi.Prima a Roma al Centrocontabile della Congrega-zione, poi come aiuto se-gretaria a Cordignano,Genova, Maggia C.T. Pas-sò poi a Lipomo comeaiuto al centralino.Gli ultimi suoi anni li pas-sò alla Casa madre di Lo-ra con le sorelle anziane,perché pure lei era biso-gnosa di cure mediche. Lasi vedeva sempre vicinaalle sorelle ammalate nelsoggiorno. Era per lorouna presenza che dava si-curezza, conforto, aiuto.Anche lei come ogni per-sona umana aveva i suoidoni e le sue debolezze.Con la forza della fede, lapreghiera, il supporto del-la Comunità, ha vissuto lasua vita consacrata facen-do del bene.Coloro che entravano incontatto con lei apprezza-vano il suo stile di acco-glienza, di vicinanza. Erasempre pronta a donareuna parola buona, un gestogentile, una parola di fede.

NELLA CASA DEL PADRE

Un malore improvviso lacolse di sorpresa e conclu-se la sua vita all’ospedaleValduce in Como, era lu-nedì 13 aprile 2015, pro-prio il giorno dopo la festadella Divina misericordiada lei tanto invocata.Pensiamo che il suo pas-saggio nella eternità siastato illuminato dai raggidella Divina misericordiaed ora vicina a Dio inter-ceda per noi tutte le gra-zie necessarie per uncammino di santità.

Una consorella

v v v

Carissima suor Virgilia,la notizia che eri statachiamata alla Casa del Pa-dre l’ho appresa a Roma,dove mi trovavo per gliesercizi spirituali. Sapevoche non stavi bene, manon al punto di lasciarci.Il Signore è passato nellatua vita, rendendoti parte-cipe delle sue sofferenzee, insieme alla sua e no-stra dolcissima Madredella Provvidenza, ti hasostenuta con la sua gra-zia per farti raggiungere ilMonte delle Beatitudini,dove avrai senz’altro in-contrato anche i Santi dicasa nostra.Nel soggiorno delle suoremanca la tua presenzasempre attenta a lavorareper le missione; non ti fer-mavi mai e il filo scorrevaveloce per terminare il la-voro intrapreso. Con ituoi magnifici maglionci-ni chissà quanti bambinihai riscaldato e con il lorocalore benedicono le tuemani.Ora riposa in pace e pregaper noi.

Suor Raffaella

Un messaggio per noi

Suor Virgilia iniziò il suopercorso di vita nella Fa-

Un messaggio per noi

Suor Maria Teresa Ciaponinasce a Talamona (Son-drio) il 25 marzo 1913. Dopo una vita dedicataall’evangelizzazione nelle

SuorMARIATERESACIAPONINata a Talamona

(Sondrio) il 25 marzo 1913.Si è consacrata al Signore tra le Figlie di S. Maria della Provvidenza il 5 gennaio 1936.

Ha svolto la sua attivitànelle Scuole materne di Cologna Ferrarese,Lurago Marinone,Campo Tartano,

Montagna, Pianello del Lario e nelle Case diArdenno e Berbenno.

È deceduta in Casa S. Chiara di Albese (Como), dove era dal 2008, il 14 aprile 2015.

In attesa della risurrezione, riposa nel cimitero di Albese (Como).

La Voce • n. 3 - maggio-giugno 201596

Un messaggio per noi

Dopo aver celebrato que-sta Eucaristia di commia-to in suffragio di suorGiulia, prima che torni alsuo paese natale a CampoTartano (Sondrio), doveverrà sepolta accanto aisuoi cari che l’hanno pre-ceduta nel sonno dellamorte, quale Delegato Ve-scovile per la Vita Consa-crata desidero assicurareanzitutto la vicinanza e lapreghiera del vescovo Va-lerio, ai famigliari tutti e

SuorGIULIAFABIANINata a Campo

Tartano (Sondrio) il 4 novembre 1936.Si è consacrata

al Signore tra le Figlie di S. Maria

della Provvidenza il 21 giugno 1962.

Ha svolto la sua attivitànelle Case di Como-Lorae Como S. Marcellina,poi nelle Case svizzere di Capolago, Tesserete,

Maggia.È deceduta nella Casa

di S. Giuseppe di Tesserete (C.T. - CH)

l’11 maggio 2015.In attesa

della risurrezione, riposa nel cimitero di Campo Tartano

(Sondrio).

Scuole materne e presso leparrocchie, trascorre l’ulti-mo periodo della propriavita terrena a «Casa SantaChiara» in Albese con Cas-sano, accudita dalla conso-relle.Chi ha avuto la grazia diconoscerla ricorda di lei ilcarattere forte e determina-to, tipico di chi è nato ecresciuto tra le montagnedella Valtellina.Persona retta e caritatevo-le, nella terra deserta e de-solata della povertà dovemancavano Pane e Paradi-so, è riuscita, con l’aiutodegli insegnamenti di donGuanella e delle consorellecon lei presenti, ad aiutareuna popolazione ancora bi-sognosa di Pane e Signore(a Cologna Ferrarese).Il suo servizio si è svoltoanche a favore dei bambi-ni, essendo maestra d’asilo:un servizio oltre che di in-segnamento anche e so-prattutto di evangelizzazio-ne. Persona sempre con-tenta, in modo semplicetrasmetteva l’educazionenon solo ai più piccoli maalle stesse famiglie; edu-cando essa stessa comeuna mamma. Persona sem-pre rivolta ai bisogni delprossimo; donna di pocheparole, ma ricca di grandecarità: vera suora guanel-liana. Sapeva seminare ilgiusto nel tempo giusto.

alla Comunità delle suoredella Casa San Giuseppe edelle altre Case, dove haservito come «piccola» Fi-glia di Santa Maria dellaProvvidenza.Suor Giulia ha emesso laprima professione religio-sa nel giugno del 1962 epoi la Professione perpe-tua nell’agosto del 1967:53 anni di vita di sequeladel Signore Gesù chel’aveva chiamata al servi-zio degli ammalati, anzia-ni, sofferenti quasi semprenelle case di san LuigiGuanella nel nostro Ti -cino.Suor Giulia ha risposto al-la chiamata di Gesù pervivere nell’amore e nel ser-vizio: pur in mezzo alletante difficoltà incontrate(non era dotata di un tem-peramento molto facile econ una salute molto pre-caria), non ha mai rinne-gato questa scelta, ma si èapplicata, aiutata dallapreghiera, dalla fedeltà al-le Costituzioni della suafamiglia religiosa, dal so-stegno delle superiore edelle consorelle, dalla me-ditazione sulla Parola diDio e soprattutto dall’Eu-caristia e dalla devozionealla Madonna e ai suoiSanti preferiti, a esservifedele fino alla fine.L’abbiamo vista nella baracon le mani legate dallacorona del Rosario, consul cuore il libro delle Co-stituzioni, che esprimonoil carisma delle Figlie diSanta Maria della Provvi-denza e con la croce chesempre ha voluto e saputoportare.Era tornata a Tessereteper la seconda volta nel2001, quando anch’io ini-ziavo il servizio pastoralenella Pieve.Suor Giulia era legata allasua Congregazione e allaCasa san Giuseppe e nellostesso tempo si sentivaparte viva della Comunitàparrocchiale, dove l’abbia-mo vista sempre presente.Questo desiderio però losentono tuttora anche le

consorelle. Siccome la suasalute cominciava a impe-dirle un servizio regolarepresso la casa, ecco chesuor Giulia poteva più fa-cilmente, e direi anche piùliberamente delle altreconsorelle, partecipare al-la vita parrocchiale: eracontenta di poter procla-mare la Parola di Dio e di-stribuire la santa Comu-nione e partecipare allecatechesi.Quando la malattia si ma-nifestò nella sua gravità,desiderò sempre averel’aiuto per viverla con fedee con tanta speranza e si èpreparata all’incontro conlo Sposo sorretta dall’af-fetto delle consorelle, deifamiliari che tanto amavae dai quali era ricambiata,così anche dalle buonepersone che le rendevanovisita sia all’ospedale, co-me nella Casa san Giu -seppe.Sorella morte è passata aprenderla l’11 maggioscorso e l’ha trovata pron-ta: proprio nell’anno chepapa Francesco ha dedi-cato alla Vita Consacrata,il suo ultimo respiro suquesta terra è avvenutonella tranquillità e nellapace quasi impercettibileper aprirsi al respiro dellaVita celeste.Siamo vicini ai familiari,alle suore della Casa SanGiuseppe che, con tanta pa-zienza e amore, hanno se-guito suor Giulia, al perso-nale della casa che haaiutato a curarla e agliamici. Chiediamo alla Ma-donna, che oggi ricordiamonella memoria della suaprima apparizione a Fa-tima, a san Luigi Guanella,alla beata suor Chiara Bo-satta, di accoglierla nel re-gno dei cieli dove potràcontemplare sicuramente ilVolto radioso del Padre chele dirà: Vieni, suor Giulia,stai tranquilla ora, perchéquanto hai fatto di benesulla terra, le tue sofferenzefisiche e morali, le tue pre-ghiere, ti hanno preceduto.

Don Erico

Ricordiamo alle vostrepreghiere i familiaridelle nostre Consorelle:

◆ Sig. Luis, fratello disuor Alzira Buon-giorno.

◆ Sig.ra Adeni, sorelladi suor Ana AliceBianchet.

◆ Sig. Sebastião, fra-tello di suor MarlìDo Carmo Pena.

◆ Sig.ra Erasma, sorel-la di suor Maria Li-bera Spinosa.

Alle nostre Consorelle ea tutti i familiari dei ca-ri defunti giunga la vo-ce del nostro affetto ela solidarietà della no-stra preghiera.

La Congregazionedelle Figlie di S. Maria

della DivinaProvvidenza,

Opera femminileDon Guanella,si può aiutare in tanti modi:

con la preghieracon le offerte

col far conoscere l’Istituzione

a persone buonee benefiche

le quali possano cooperare

al bene che compie.

Come si può aiutarel’Opera Femminile Don Guanella

L’Istituto è ENTE GIURIDICO(R.D. 29 Luglio 1937, n. 1663, registrato alla Cortedei Conti il 21-9-1937 al Registro n. 389, foglio 88);

può quindi ricevere:DONAZIONI E LASCITI TESTAMENTARI

Per evitare possibili contestazioni si consiglia:

• Per le DONAZIONI di denaro o di beni mobili e immobili: rivolgersi direttamente alla Curia Generalizia della CONGREGAZIONE DELLE FIGLIE DI S. MARIA DELLA DIVINA PROVVIDENZA Piazza S. Pancrazio, 9 - 00152 ROMA Tel. 06.5882082 - Fax 06.5816392

• Per i TESTAMENTI: se trattasi di LEGATI si può usare la seguente formula:

«Lascio alla Congregazione delle Figlie di S. Mariadella Divina Provvidenza - Opere Femminili Don Luigi Guanella

a titolo di LEGATO, la somma di € ........................................ o l’immobile oppure gli immobili ............................................ siti in Via .........................................................................................................».

• Se si vuole nominare la Congregazione EREDE UNIVERSALE, scrivere: «Annullando ogni mia precedente disposizione, nomino mio erede universale la CONGREGAZIONE DELLE FIGLIE DI S. MARIA DELLA DIVINA PROVVIDENZA - OPERE FEMMINILI DON LUIGI GUANELLA».

N.B. Si consiglia che il testamento venga depositato presso un notaio di loro fiducia.

Questo elegante Chalet degli Ulivi è stato presentato

all’Expo di Parigi 1889

dalla contessa belga Alice Vidal di San Rocco,

che lo ha poi regalato a don Luigi Guanella per un’opera di carità.

(vedi all’interno articolo a pagina 86)

A proposito di Expo...