27
Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati 1 RIASSUNTO TEORIA E ISTITUZIONI MONETARIE A PROFESSOR ALVARO CENCINI ANNO ACCADEMICO 2011/2012 SARA LURATI

Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

1

RIASSUNTO TEORIA E ISTITUZIONI MONETARIE A

PROFESSOR ALVARO CENCINI ANNO ACCADEMICO 2011/2012

SARA LURATI

Page 2: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

2

CAPITOLO 1 – LA MONETA-FLUSSO E LA MONETA-STOCK 1.1 La moneta e il credito bancario Cerchiamo di capire in quale senso la moneta possa venire considerata un attivo e quale relazione intercorre tra moneta e beni reali. Il deposito bancario è considerato come la forma monetaria o bancaria dei beni reali depositati all’attivo delle banche sotto forma di titoli finanziari. Le banche emetterebbero quindi crediti (attivi monetari) di cui questi beni reali (attivi reali (finanziari)) sono l’oggetto, a favore di coloro che li depositano. Le banche trasformano gli attivi reali in attivi monetari. Creare moneta significa monetizzare l’economia; cioè si parla di acquisti, vendite e prezzi, la cui determinazione è il risultato e non il presupposto di tale processo, la creazione di moneta non può dunque avvenire dallo scambio di attivi finanziari con attivi monetari. Sayers: sulla base dei depositi reali dei loro clienti (registrati all’attivo) le banche creerebbero attivi monetari equivalenti (registrati al passivo), cioè un’operazione di scambio tra attivi reali e monetari di ugual valore. Tuttavia questa ipotesi non è credibile: si tratterebbe della creazione dal nulla di attivi netti da parte delle banche. Un’ulteriore formulazione afferma che la moneta rappresenta il certificato di deposito (ne testimonia il proprietario) dei beni reali (beni che depositati i clienti in banca) registrati all’attivo delle banche. (vedi bilancio banca) Anche questa idea non soddisfa, poiché gli attivi reali depositati in banca sono titoli finanziari che esistono solo se il loro valore espresso monetariamente. Allora, la moneta non è né la contropartita di beni reali depositati all’attivo, né il certificato del loro deposito. Dagli autori classici (Smith, Ricardo e Marx) si evince che la moneta è la forma attribuita ai beni reali. Attraverso l’emissione, le banche trasformano in attivi monetari gli attivi finanziari corrispondenti ai beni reali. Non c’è creazione di nuovo valore, la moneta non si aggiunge ai beni reali, ma vi si sostituisce e ne diventa la nuova forma-valore. La creazione monetaria e il credito bancario Una banca accorda crediti sulla base dei depositi monetari di cui dispone, comportandosi da intermediario finanziario. La moneta, intesa come deposito bancario, ha come oggetto i beni reali depositati all’attivo delle banche; tuttavia, l’emissione monetaria precede logicamente ogni operazione di credito, proprio perché essa presuppone l’esistenza di depositi bancari, di cui i titoli finanziari costituiscono il contenuto reale. Schmitt: l’emissione monetaria va distinta da tutte le operazioni di credito. Dire che le banche creano moneta, ossia che creano i depositi bancari, significa dire che le banche monetizzano i beni reali depositati al loro attivo sotto forma di titoli finanziari. Come avviene la monetizzazione? Introduciamo la distinzione tra flussi e stock. La moneta è un flusso che, partendo dalla banca, vi fa immediatamente ritorno (nel caso della moneta non è possibile definire un circuito che non sia quello descritto dalla circolazione monetaria, è la moneta stessa che nel suo flusso istantaneo da e verso la banca lo definisce). Riproduciamo questo flusso: A acquista da C mediante l’intermediazione di una banca B, la quale addebita A e accredita C. Nella sua circolazione istantanea la moneta funge da semplice mezzo di pagamento (moneta-flusso), mentre, come deposito bancario ne è l’oggetto stesso del pagamento (moneta-stock).

Page 3: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

3

Qual è il contenuto reale del pagamento? La creazione di monetaria è la monetizzazione degli attivi finanziari depositati all’attivo della banca. Quindi, il contenuto reale del deposito bancario di cui C è titolare è costituito dai beni reali rappresentati dai titoli finanziari depositati da A. Problema: è la banca a creare questo contenuto reale? Nella sua intermediazione monetaria la banca non può creare credito (o reddito), bensì svolgere contemporaneamente un’intermediazione finanziaria e un’intermediazione monetaria. La banca non può creare prestare ad A il reddito necessario a finanziare il pagamento di C, ma può prestargli un reddito che le stessa riceve da C. Nel momento stesso che C viene pagato, egli deposita in banca la moneta che gli viene accreditata, diventando titolare di un deposito bancario equivalente. Dunque il pagamento di C porta alla creazione di un deposito bancario positivo per C e di uno negativo per A. Quando la banca effettua un pagamento nella sua funzione creatrice, si limita ad attribuire forma monetaria alla transazione. Il contenuto reale del pagamento non è creato dalle banche, ma deriva dalla produzione. Alle banche spetta il compito di monetizzare la produzione, la creazione riguarda la forma monetaria ed è un’operazione gratuita, mentre la produzione trova la sua espressione numerica associandosi alla creazione monetaria. Tale monetizzazione della produzione ha come risultato un reddito positivo, un attivo monetario che è un attivo reale abbinato alla forma monetaria, che Schmitt chiama “il prodotto-nella-moneta”. 1.2 La moneta come forma numerica e la moneta-flusso L’unico risultato possibile della creazione monetaria è zero, qualora venisse chiesto alle banche di fornire moneta all’economia senza che l’emissione monetaria si identifichi con la monetizzazione della produzione. Ciò che le banche possono creare sono grandezze numeriche (a-dimensionali) positive e al tempo stesso negative. La contabilità permette di identificare la moneta bancaria come un attivo-passivo, una forma puramente numerica priva di qualsiasi valore intrinseco. L’emissione monetaria dunque è la registrazione contabile di un credito e un debito equivalenti: un attivo-passivo. Com’è possibile che la moneta venga contabilmente emessa? La creazione di moneta a favore di un cliente A consiste nell’emissione di uno spontaneo riconoscimento di debito che rende la banca debitrice di A, a questo corrisponde un credito equivalente, poiché A si indebita con la banca dalla quale riceve in prestito la somma creata. L’operazione non è nulla, poiché le cause che portano alla registrazione del credito e del debito di A sono distinte: - il credito di A nasce dalla creazione di moneta da parte della banca (il suo riconoscersi spontaneamente debitrice di A) - il debito di A risale all’obbligo sottoscritto da A di restituire la moneta prestatagli dalla banca. E’ vero che il risultato quantitativo dell’emissione è zero, ma non per questo è priva di significato. Come viene definito l’oggetto della duplice registrazione contabile del debito e del credito di A (e della banca)? Esso deve essere identico, sia per A che per la banca, poiché se si sostenesse che reale è l’oggetto del debito e monetario l’oggetto del credito, l’emissione corrisponderebbe a un raddoppio della ricchezza totale (attivo reale + attivo monetario). La moneta come forma numerica Vista l’impossibilità delle banche di creare attivo monetario dal nulla e vista la necessità di spiegare l’origine della moneta senza ricorrere al reddito, nasce l’idea che la moneta sia un’unità di misura puramente numerica, né un attivo netto né un passivo, ma attivo-passivo la cui funzione è contare i prodotti e non definirne il controvalore. Già i classici distinguevano tra moneta nominale (reddito) e reale (moneta in sé e per sé, destinata a identificarsi con il suo contenuto reale, i prodotti, e a trasformarsi così in reddito).

Page 4: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

4

La moneta va dunque vista, in primis, come numerario, come unità di misura necessaria a contare i beni e i servizi prodotti dall’economia reale, serve solo a misurare e veicolare un reddito la cui formazione è legata all’attività lavorativa dell’uomo. Compito delle banche è quello di fornire questa unità di conto attraverso l’emissione e il prestito del proprio riconoscimento di debito. Smith: l’emissione di moneta non va confusa con la creazione di reddito. La monetizzazione della produzione richiede l’intervento delle banche come intermediarie monetarie, poiché la moneta emessa si identifica in uno spontaneo riconoscimento di debito. L’operazione di monetizzazione é un processo circolare e istantaneo, che lascia traccia in una registrazione contabile che definisce il valore del prodotto. Oggi la massa monetaria è per lo più costituita da moneta scritturale, tesorizzazione e velocità di circolazione sono ormai concetti “archeologici”. Non è possibile tesorizzare moneta, come invece metalli preziosi e banconote, poiché queste ultime non sono moneta ma titoli al portatore. Siccome è tutta di origine bancaria e di natura immateriale, la moneta non può che trovarsi all’interno del sistema bancario, al di fuori del quale non esiste; essa può solo abbandonarlo e ritornarvi seduta stante, in un movimento che definisce un circuito monetario. La moneta-flusso Schmitt osserva come la moneta definisca un credito personale tra banca e beneficiario dell’emissione. Anche la moneta, come ogni credito personale, è un credito (debito) il cui oggetto è reale. Qual è l’oggetto della moneta creata dalla banca a favore di A? La moneta definisce un credito reale del beneficiario dell’emissione monetaria (A) nei confronti della banca, l’oggetto di tale credito è un flusso e non un o stock (tesorizzazione, equivale a identificarla come attivo-netto): la sua circolazione è necessariamente istantanea, si crea nel momento in cui il pagamento è effettuato ed è subito distrutta lasciando il posto a un deposito bancario che non ha come oggetto una somma di unità di moneta! La prestazione che la banca promette ad A e che rappresenta l’oggetto reale della moneta creata é un pagamento: A ottiene cioè il diritto a che la banca esegua un pagamento per suo conto a favore di una persona terza, cioè le banche creano solo un mezzo di pagamento numerico e non l’oggetto del pagamento stesso. L’operazione concreta che corrisponde a questa promessa è l’apertura di una linea di credito: la banca si impegna a eseguire un pagamento a C per conto di A, cioè a contrarre con A un debito di 100 (passivo della banca) e contemporaneamente A accetta di divenire debitore della banca (attivo della banca) per lo stesso ammontare, non c’è ancora stata creazione monetaria. Quando la linea di credito verrà attivata, la banca effettuerà il pagamento e la moneta verrà creata. Quando il pagamento avviene, A perde il suo credito. A seguito del pagamento la moneta è subito distrutta. La moneta-flusso è presente solo nel pagamenti ed è creata e distrutta dalla banca che lo effettua. Il risultato del pagamento (creazione e distruzione istantanea di moneta) non equivale a uno stock di moneta, ma a una moneta-stock, un deposito bancario il cui oggetto non è creato dalla banca, che funge solo da intermediario tra gli agenti economici. 1.3 Dalla moneta-flusso alla moneta-reddito Pur non essendo dotata di valore intrinseco al momento dell’emissione, la moneta ne acquisisce subito uno derivandolo dal suo abbinamento alla produzione; infatti, essa può servire da mezzo di pagamento solo in quanto investita di un potere d’acquisto positivo.

Page 5: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

5

Intermediazione monetaria e intermediazione finanziaria Per svolgere la funzione di “contenitore numerico” delle merci, la moneta deve essere integrata ai prodotti. L’emissione monetaria deve essere assimilata a un pagamento che consenta la trasformazione della moneta nominale in moneta reale. Tale pagamento, l’unico che non riguardi l’acquisto di un prodotto e che dunque non richieda la presenza di un reddito, consiste nella remunerazione del lavoro che permette dunque di trasformare la moneta (nominale) in reddito (moneta reale). (!distinzione tra lavoro e prodotto, il lavoro crea il prodotto, il pagamento dei salari non si identifica né con l’acquisto del prodotto né con l’acquisto del lavoro!). La banca paga i salari ai lavoratori per conto dell’azienda. I lavoratori ottengono un deposito bancario senza per questo doversi indebitare e l’azienda in cambio del suo indebitamento non ottiene nessun deposito monetario. Il pagamento dei salari definisce la nascita di un reddito di cui beneficiano i lavoratori e che ha forma di deposito bancario. Dall’incontro tra moneta e prodotto che avviene nei salari deriva la loro unione in un oggetto unico: il reddito. Quando si associano moneta e prodotto, si attribuiscono contemporaneamente contenuto reale alla moneta e forma monetaria al prodotto (la moneta misura la merce e la merce definisce il contenuto reale della moneta). Essenziale è la distinzione tra moneta (nominale) e valore della moneta (moneta reale). La moneta nominale (involucro numerico senza valore) si trasforma, una volta emessa, in moneta reale. Quindi i lavoratori non ottengono un semplice deposito in moneta nominale, ma un diritto di prelievo sulla produzione corrente, un potere d’acquisto che definisce il valore da loro stessi prodotto. Smith: il reddito (nazionale) non va aggiunto al prodotto (nazionale), perché l’aspetto monetario e l’aspetto fisico sono due facce della stessa medaglia (il detentore finale del prodotto è il titolare del reddito). Il reddito è la definizione del prodotto e il detentore del prodotto è il titolare del reddito. L’azienda é indebitata con la banca per un ammontare pari a quello del reddito generato dalla produzione, con la vendita farà fronte ai suoi impegni. Le merci, prima della vendita, definiscono il contenuto della moneta reale (reddito) depositata dal sistema bancario. I lavoratori hanno un credito presso la banca, cioè il reddito è effettivamente depositato in banca ed essi lo detengono solo sotto forma di certificato di deposito. Il reddito nasce come deposito bancario e viene dunque prestato all’impresa per il finanziamento della produzione corrente. Quindi la banca interviene sia per monetizzare la produzione sia per trasferire, dai lavoratori all’azienda, il reddito che la definisce. All’intermediazione monetaria si aggiunge l’intermediazione finanziaria per cui l’oggetto finale del debito dell’azienda risulta essere una somma di moneta reale (il reddito prestatole dai lavoratori) equivalente a quella guadagnata dai titolari del deposito bancario. La copertura dei costi di produzione si riduce al pagamento dei salari, perché, rispetto a macchinari e materie prime, il lavoro umano non è una merce. Il lavoro è l’unico vero fattore di produzione poiché la sua remunerazione crea nuovo reddito. Il finanziamento della produzione avviene tramite le banche, ma non è da esse originato, fanno solo da intermediarie tra debitore e creditore. Il reddito nato dalla produzione è subito depositato e prestato alle aziende, i costi delle quali sono coperti dal credito loro accordato dai lavoratori (Keynes), la spesa finale del reddito ne comporta la distruzione. Moneta veicolare e prodotto reale Se consideriamo il processo economico dal punto di vista monetario constatiamo tre fasi: creazione, trasferimento e distruzione di reddito; le quali implicano la presenza della moneta, sia come forma numerica, sia come strumento o veicolo della circolazione. Già Smith aveva intuito la natura veicolare della moneta attribuendole il compito di assicurare la circolazione delle merci tra i diversi agenti economici.

Page 6: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

6

1) Creazione del reddito (pagamento dei salari): come già visto il pagamento dei salari avviene attraverso una creazione-distruzione di moneta sull’azienda e sul lavoratore che, proprio in quanto moneta-flusso, può essere rappresentata da un movimento circolatorio da e verso la banca (vedi ultima

figura). I lavoratori vengono pagati dalla banca per conto dell’azienda, depositano la moneta di vengono accreditati e diventano i titolari di un deposito bancario positivo. La moneta-flusso trasferisce ai lavoratori, sotto forma di deposito bancario, le merci prodotte da loro (vedi figura). La relazione tribolare tra B, L e A che si crea al momento del pagamento dei salari rende i lavoratori proprietari della loro produzione. La moneta bancaria non ha alcun valore intrinseco e si limita a veicolare i prodotti a cui viene associata, inoltre la sua duplice natura (attiva e passiva) le impedisce qualsiasi movimento che non sia circolare. 2) Trasferimento (reversibile) di reddito: si tratta di garantire il trasferimento di redito da colui che lo ha risparmiato a colui che lo richiede in prestito. I lavoratori, tramite la banca, trasferiscono al cliente una parte del reddito guadagnato in precedenza, ottenendone in cambio un titolo finanziario. La moneta agisce da veicolo numerico (come nel pagamento dei salari), trasportando il prodotto monetario da L a C(vedi figura), che diventa il nuovo proprietario del deposito (che prima era in banca a nome di L), quindi i lavoratori hanno scambiato il diritto di prelievo sul prodotto corrente contro la promessa di pagamento di un prodotto futuro. Il prodotto depositato in azienda appartiene ora a C sotto forma di moneta (vedi

figura). 3) Distruzione di reddito: l’acquisto finale del prodotto avviene addebitando i detentori di reddito e accreditando l’azienda. Siccome il reddito si identifica con il prodotto, anche questa operazione costituisce uno scambio assoluto. Qui, a differenza del pagamento dei salari che da vita al reddito, il prodotto si libera del suo involucro monetario e torna ad essere un semplice oggetto fisico. Anche qui la moneta svolge la sua funzione veicolare, definendo un movimento circolare che ha la banca come punto di partenza e di arrivo. La banca fornisce ai titolari finali di reddito (qui L e C) la moneta-flusso necessaria al trasferimento del loro deposito all’azienda (vedi figura). L’acquisto finale del prodotto provoca la distruzione del reddito tramite la dissociazione della forma monetaria e del suo contenuto reale (al contrario che nel pagamento dei salari in cui moneta e prodotto si assimilavano dando origine al reddito). Dal punto di vista economico, il consumo corrisponde alla distribuzione del reddito e deve essere distinto dal consumo fisico. Riassumendo: tutte le operazioni avvengono mediante l’intervento della moneta veicolare. Il suo flusso-riflusso (creazione-distruzione) lascia come traccia scritture contabili (che si annullano l’una con l’altra, a riprova del fatto che la spesa finale comporta la distruzione definitiva del reddito creato dalla monetizzazione della produzione). L’aspetto veicolare e l’aspetto finanziario sono due facce di ogni operazione monetaria. Le banche sono cosi tenute a svolgere una duplice funzione: - fornire all’economia il veicolo numerico necessario alla monetizzazione e alla circolazione del prodotto corrente le banche creano moneta veicolare. - favorire, attraverso il prestito del reddito depositato, un poi rapido consumo (economico) dello stesso prodotto le banche trasferiscono reddito.

Page 7: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

7

CAPITOLO 2 – MONETA E BANCHE

2.1 Emissione monetaria e sistema bancario Moneta e banche secondarie Come già intuito da Ricardo, l’emissione di moneta è strettamente connessa con la produzione (regole necessarie), se così non fosse, le banche potrebbero arricchirsi indebitamente con il signoraggio (derivante dalla differenza tra valore facciale della moneta emessa e il suo costo di produzione), sottraendo potere d’acquisto ai legittimi titolari di reddito. La moneta è il riconoscimento di debito spontaneamente emesso da ogni banca incaricata di effettuare i pagamenti per conto dei propri clienti, ed è suddivisa in tante specie quante sono le banche secondarie. Quindi ogni banca emette una promessa di pagamento diversa da quella emessa dalle altre banche. Il problema è che così le monete sono eterogenee, per arrivare ad uno spazio monetario omogeneo le banche sono riuscite a trasformare i rispettivi riconoscimenti di debito in elementi costitutivi di un unico insieme chiamato moneta nazionale. La soluzione è stata quella di assicurare la trasformazione delle monete secondarie in moneta legale attraverso l’intervento della banca centrale, garantendo la “circolazione con il mezzo meno caro” (Ricardo). Moneta e banche centrali La banca centrale rende possibile lo svolgimento della compensazione (clearing) interbancaria e operando come centrale di clearing, essa trasforma monete eterogenee in elementi indifferenziati di un insieme detto moneta nazionale. L’emissione di moneta da parte della banca centrale, sia essa scritturale o cartacea e metallica, non accresce la ricchezza del paese; si tratta di un’operazione gratuita che si differenzia dalla creazione del reddito, che richiede l’associazione della moneta veicolare alla produzione. Ciò che accresce la ricchezza è infatti il suo contenuto reale, il prodotto che è chiamata a misurare e a veicolare. La banca centrale svolge anch’essa la duplice intermediazione monetaria e finanziaria, nel primo caso si ha la compensazione interbancaria. 2.2 Intermediazione monetaria e sistema bancario L’intermediazione monetaria della banca centrale: l’esempio della compensazione interbancaria Def: intervento della BC volto a omogeneizzare le monete secondarie. In assenza di banca centrale, la moneta emessa da BS1 non avrebbe nulla in comune con quella emessa da BS2, rendendo impossibile l’esistenza di un sistema monetario nazionale. Siccome la moneta creata da BS1 definisce il suo spontaneo riconoscimento di debito, il suo deposito presso BS2 stabilisce un rapporto d’indebitamento tra i due istituti (idem per i crediti). La banca centrale fornisce alle altre banche il denominatore comune tra le loro rispettive promesse di pagamento, trasmettendo la sua omogeneità alle varie monete di origine secondaria: vengono trasformate in moneta centrale. Come avviene? La BC fornisce a BS1 e BS2 la MC per effettuare la compensazione tra i loro reciproci riconoscimenti di debito. BS1 cessa di essere debitrice di BS2, per poi diventarlo della BC che a sua volta si riconosce debitrice di BS2 per un importo equivalente di MC. La compensazione interbancaria si completa quando la BC si fa carico dell’indebitamento di BS2 nei confronti di BS1. Le monete secondarie lasciano il posto alla MC. Al termine dell’operazione di compensazione, la moneta centrale viene distrutta, per essere nuovamente ricreata ogni volta che sia necessaria una nuova intermediazione.

Page 8: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

8

Quando interviene come garante della compensazione interbancaria, la BC svolge una funzione di intermediazione interbancaria. La BC stabilisce un rapporto di scambio assoluto tra le monete secondarie e quella centrale. La MC svolge la funzione di catalizzatore (trasforma MS1 in MS2 tramite MC). Un altro esempio d’intermediazione monetaria: l’emissione di banconote Emettendo banconote, la BC, che ne ha il monopolio, si limita a fornire all’economia un involucro o, un mezzo circolatorio il cui valore non si aggiunge a quello della produzione nazionale (Smith), mette a disposizione una forma che deve essere associata alla produzione per avere un contenuto. Esempio: i detentori di x unità di reddito sotto forma di depositi bancari possono decidere di trasformarli in banconote, obbligando la loro banca a chiedere alla BC banconote per l’equivalente del riconoscimento di debito da lei emesso (nei confronti dei suoi clienti), che così dispongono dello stesso potere d’acquisto di prima. Per quanto riguarda il reddito, creditori e debitori rimangono gli stessi, cosi come rimane invariata la loro relazione contabile, ciò che cambia è la relazione tra BS e BC: la banca secondaria ora deve alla BC quello che prima doveva ai clienti, è la BC a essere debitrice di questi ultimi in quanto detentori di banconote (ossia di titoli sulla MC, che è il riconoscimento di debito spontaneamente emesso dalla BC). Il reciproco indebitamento della BS e della BC indicano la perfetta sostituibilità della moneta emessa dal sistema bancario. In altre parole, la mediazione della BC consente di cambiare la forma dei titoli ai depositi bancari, trasformando la relazione iniziale tra C creditori e BS in una relazione tra C creditori e BC. Quello che cambia non è il reddito, la cui origine non è mai direttamente bancaria, ma il tipo di titolo scelto dai detentori di reddito per conservare il loro diritto a disporne. La funzione della moneta emessa dalla BC è di fornire all’economia una forma alternativa al certificato di deposito bancario e non sostituirsi ad esso. Quindi, se l’attività del settore reale fornisce il contenuto (o l’oggetto) del deposito, l’attività di emissione fornisce la forma monetaria che consente di attribuire al prodotto l’espressione numerica che può garantirne l’omogeneità. 2.3 Intermediazione finanziaria e sistema bancario L’intermediazione finanziaria effettuata dalle banche secondarie La moneta, emessa nell’istante del pagamento dei salari, è immediatamente trasformata in reddito e depositata a nome dei suoi titolari iniziali. Siccome il deposito è bancario, la moneta non abbandona mai la sua banca d’origine. La moneta flusso descrive così un circuito il cui risultato è l’iscrizione di due depositi: uno positivo per i L e uno negativo per le A. Dopo aver operato come intermediarie monetarie tra A e L, le banche svolgono ora un’intermediazione finanziaria (trasferimento di reddito): prestano alle A quanto depositato da L. il reddito risparmiato da L viene investito da A, per coprire i costi di produzione. Tale investimento iniziale di reddito non porta alla sua distruzione, ma alla sua trasformazione in capitale. La prima intermediazione finanziaria delle banche secondarie ha luogo fin dal momento di formazione del reddito (pagamento dei salari) e ha come conseguenza la nascita del “capitale-tempo” (Schmitt), altre intermediazioni finanziarie possono avere luogo prima che il reddito sia definitivamente distrutto con la sua spesa finale. Questi trasferimenti, reversibili o meno (acquisto di obbligazioni o pagamento di imposte), mantengono intatto il reddito iniziale, modificandone solo la ripartizione. Le banche, nella loro duplice funzione d’intermediarie finanziarie e monetarie, accordano crediti alla produzione e crediti ordinari (prestiti dei depositi). Queste due forme di credito sono antinomiche. I crediti accordati ad A attraverso l’associazione di moneta e prodotto portano alla formazione di nuovi depositi e quindi al loro prestito. In definitiva, nessun pagamento effettivo avviene senza la presenza simultanea di un reddito e della moneta necessaria per veicolarlo.

Page 9: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

9

Ogni BS ha la facoltà di emettere moneta per veicolare i pagamenti dei suoi clienti, tuttavia ci sono dei regolamenti onde evitare che le banche accordino prestiti maggiori delle somme depositate. Il sistema di compensazione impedisce pure alla BC di agire come “prestatore” di ultima istanza (lender of last resort); L’intermediazione finanziaria effettuata dalle banche centrali Nelle transazioni interbancarie (regolamento dei saldi) viene usata come mezzo di pagamento la MC che é perfettamente omogenea, e non la MS, poiché altrimenti l’operazione sarebbe fallimentare. Il problema è di sapere se, sostituendosi alle MS, la MC può garantire il pagamento definitivo dei saldi interbancari (lender of last resort). Si pensa che la BC possa intervenire fornendo alle BS l’ammontare di banconote o di depositi necessario a coprire l’eccesso di credito accordato ai privati (rispetto ai depositi che il pubblico detiene) ricevendo in cambio una somma equivalente dei loro attivi. Tuttavia, i crediti accordati dalle banche nel loro insieme sono necessariamente depositati in questo stesso insieme e un eventuale squilibrio può riguardare solo una parte degli istituti bancari nei confronti dell’altra. L’idea che la BC possa accordare crediti di ultima istanza sembra essere connaturata alla sua funzione di centrale di clearing e di supervisore del sistema finanziario. Il concetto di credito di ultima istanza (CUI) suggerisce l’idea che la BC possa concedere prestiti, pur non disponendo di alcun reddito, attuale o anticipato. Essa sarebbe quindi chiamata con una semplice emissione monetaria a rifornire il sistema bancario degli attivi necessari alla copertura di disavanzi di natura interbancaria (clearing) o congiunturale (deficit finanziari ecc.). L’indebitamento interbancario richiede l’intervento della banca centrale come puro intermediario Riprendiamo l’analisi svolta in precedenza ed esaminiamo l’indebitamento di BS1 nei confronti di BS2, l’intervento della BC e lo svolgimento di tutta l’operazione. In una prima fase, BS1 accorda crediti per un ammontare pari a x unità di cui y vengono depositate presso BS2: BS1 è indebitata per y nei confronti di BS2. Ora la BC interviene agendo da intermediario tra le due BS: il debito di BS1 è preso a carico dalla BC che diventa allo stesso tempo creditrice di BS1 e debitrice di BS2 per un ammontare di MC equivalente a y di MS1. BS2 ha al suo attivo y unità di MC, mentre è debitrice di y unità di MS2 nei confronti del deposito costituito a seguito dei crediti inizialmente accordati da BS1. La MC, che non frutta interesse, viene subito restituita da BC2 alla BC che, facendo risalire l’operazione a BS1, distrugge l’intero ammontare della MC utilizzata come strumento di compensazione. Nello stesso istante in cui è pagata dalla BC, la BS2 spende il suo deposito per acquistare titoli presso BS1 (direttamente o attraverso un conto di clearing) (vedi figura). La compensazione interbancaria, da un punto di vista monetario, richiede l’intervento della BC che definisce un circuito perfetto di MC. L’intermediazione monetaria si risolve quindi con il necessario riflusso della MC al suo punto d’emissione. Mediante l’emissione di moneta veicolare la BC garantisce però il trasferimento di titoli da BS1 a BS2 . Determinante è che nessuna posizione debitoria possa essere saldata mediante la creazione di moneta o di credito (la trasformazione di MS1 in MS2 non accresce la “massa” monetaria). Coerentemente con la natura bancaria della moneta, l’oggetto di ogni pagamento è che è trasferito dalla moneta veicolare (il suo contenuto reale): il debito di BS1 è compensato da un trasferimento di titoli a favore di BS2 operato mediante l’intervento “circolare” della moneta emessa dalla BC. Il ruolo d’intermediazione della BC è in opposizione con l’idea che la funzione di prestatore di ultima istanza vada intesa come possibilità di finanziamento di un disavanzo mediante emissione di credito. In definitiva, i saldi delle transazioni interbancarie non sono mai pagati in moneta: la MC con la quale questi pagamenti sono effettuati funge solo da mezzo (immateriale) di pagamento. L’emissione di moneta centrale in cambio degli averi depositati dalle banche secondarie presso la banca centrale è un’operazione di pura intermediazione

Page 10: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

10

L’intervento della BC non modifica le disponibilità finanziarie del sistema, si limita ad attribuire nuova forma ai depositi, lasciandone inalterata la quantità globalmente disponibile. L’intervento della BC si riduce a una semplice intermediazione finanziaria tra BS, evitando di finanziare i disavanzi dei suoi istituti con una creazione di moneta, la cui natura inflazionistica sfugge solo a coloro che si ostinano a confondere l’emissione monetaria con la creazione del reddito. In definitiva, il sistema bancario, centrale e secondario, è strutturato in modo da evitare confusione tra emissione monetaria e intermediazione finanziaria. Le BC sono quindi solo in apparenza dei prestatori di ultima istanza (se lo fossero davvero, opererebbero il signoraggio avendo effetti inflazionistici). Evitando di finanziare i disavanzi delle BS con una creazione monetaria, le BC agiscono nel rispetto della natura della moneta. La copertura dell’indebitamento interbancario avviene attraverso il meccanismo della compensazione: ogni banca i cui crediti superano i depositi, deve cedere titoli equivalenti all’insieme delle sue consorelle. La banca centrale come banca (secondaria) del Tesoro pubblico La moneta emessa dalla BC non ha valore: prova ne è che il finanziamento dei disavanzi pubblici non avviene più attraverso la pura emissione monetaria (che genera inflazione). Come affermato da Ricardo, se il governo avesse bisogno di moneta, sarebbe obbligato a procurarsela nel modo legittimo: tassando il popolo, emettendo/vendendo titoli del Tesoro, attraverso prestiti; ma in nessun caso deve farsi prestare denaro da coloro che hanno il potere di creare moneta. La BC, banca dello Stato o del Tesoro pubblico, svolge una funzione di intermediazione nei confronti del Tesoro la cui attività è in parte finanziata mediante la raccolta di fondi sul mercato dei titoli. I buoni del tesoro, sebbene in un primo tempo possano essere acquistati dalla BC, infine sono venduti al pubblico, che trasferisce quindi parte del suo reddito nelle casse dello Stato. L’intervento della BC come primo acquirente deve infatti essere visto come l’inizio di una transazione che avrà termine con la cessione dei titoli statali agli acquirenti finali. In pratica l BC anticipa il reddito che verrà effettivamente ceduto dal pubblico; solo qualora la BC non riuscisse a vendere i buoni del Tesoro pur avendoli monetizzati, il finanziamento pubblico equivarrebbe a una creazione monetaria e sarebbe quindi inflazionistico. Nello stesso modo, se la BC si impegnasse ad acquistare titoli che il Tesoro non riesce a vendere, si avrebbe un finanziamento inflazionistico del debito pubblico e, da semplice intermediario tra Stato e titolari di reddito, la BC si trasformerebbe in sovvenzionatore ultimo del settore statale. L’anticipazione di reddito effettuata dalla BC non può di certo essere assimilata ad un credito definitivo di ultima istanza, il prestito accordato allo stato non proviene da una creazione monetaria, ma è prefinanziato da un reddito che ha origine nel sistema produttivo. In realtà la BC fa da tramite tra settore pubblico e titolari di reddito e svolge una funzione di intermediazione finanziaria il cui scopo è quello di trasferire reddito dagli iniziali detentori dello Stato. Se si sostituisse al pubblico qualche acquirente finale di titoli del Tesoro, la BC non solo cessare di essere un semplice intermediario, ma finanzierebbe l’acquisto tramite un’emissione monetaria equivalente al signoraggio. L’emissione monetaria è destinata alla retribuzione di coloro che forniscono un servizio alla collettività (funzionari dei servizi statali o produttori di aziende pubbliche). Mediante il pagamento dell’attività produttiva, la moneta (centrale o secondare) viene associata al prodotto ed è solo allora che le viene attribuito un potere d’acquisto positivo l’emissione coincide con la monetizzazione della produzione. Per quanto riguarda il l’acquisto di titoli Statali, invece, non si attribuisce forma monetaria alle merci prodotte, ma di consentire il trasferimento di un reddito gia formato dai titolari iniziali al Tesoro.

Page 11: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

11

CAPITOLO 3 – VALORE E MONETA 3.1 Dal valore dimensionale al valore come creazione Gli autori classici (Smith, Ricardo, Marx) avevano identificato nel lavoro il principio fondatore del valore, confrontandosi più tardi con il problema di esprimere monetariamente il valore-lavoro. L’analisi classica Smith introduce la distinzione tra: - valore d’uso: esprime l’utilità di un soggetto particolare, possiede caratteristiche fisiche atte a soddisfare un bisogno umano (relazione tra oggetti fisici e uomo), è una qualità economica affinché gli oggetti si trasformino in merci. Tuttavia, l’utilità non può essere misurata, dunque subentra: - valore di scambio: esprime il potere di acquistare altri beni che il possesso di quell’oggetto comporta, si tratta del valore con cui le merci si presentano sul mercato per essere scambiate. Problema: qual è l’unità di misura comune che permette di rendere paragonabili i diversi valori d’uso prodotti? Ricardo: la ricerca di un’unità di misura comune si identifica con quella di una merce il cui valore non varia al variare della distribuzione del reddito tra salari e profitti. La quantità di lavoro incorporata nelle merci fa variare il valore stesso delle merci, poiché tutte le merci sono prodotte dal lavoro e non hanno valore se non per il lavoro impiegato per produrle. Marx: l’unità di misura delle merci deve essere derivata direttamente dall’espressione del loro valore. Il lavoro dell’uomo è l’elemento che accomuna le diverse merci prodotte. Un valore d’uso o un bene ha valore solo perché in esso è oggettivato, o materializzato, lavoro astrattamente umano. La prima concezione del valore-lavoro è quindi dimensionale; il valore si identifica con il lavoro incorporato ed è considerato come una sostanza economica. Marx passa poi ad una seconda concezione: il valore è considerato una semplice relazione tra prodotto e lavoro astratto. Natura del lavoro: il lavoro è principio stesso del valore e non può dunque avere un valore. Esso misura il valore dei prodotti, ma non sé stesso (il prodotto è misurato e il lavoro è misurante). Le merci sono il risultato del lavoro e trovano la loro omogeneità in una misura comune, che è appunto il lavoro socialmente necessario alla loro produzione. L’unità di misura, denominatore comune di tutti i beni prodotti, non può essere una qualità fisica, una merce, altrimenti andrebbe anch’essa misurata. Il lavoro è il principio creatore del valore, come tale non ne possiede alcuno e deve essere distinto dalla categoria delle merci, cui non appartiene. Marx introduce la distinzione (non due lavori distinti, ma aspetto duplice del lavoro) tra: - lavoro concreto creatore di valore d’uso: produzione fisica, base delle differenze materiali, determina il carattere utile del lavoro influenzandone la produttività fisica, dipende dal carattere strumentale - lavoro astratto creatore di valore di scambio: lavoro sociale indifferenziato e omogeneo, esprime la misura economia delle merci. Permette di attribuire la medesima forma-valore agli oggetti fisici, eterogenei, prodotti dal lavoro concreto. La concezione dimensionale del valore viene sostituita da una seconda concezione più evoluta in cui il valore è definito come una relazione di natura sociale: è il modo di produzione inteso come insieme dei rapporti sociali di produzione che determina la relazione tra lavoro astratto e prodotto la quale permette di esprimere il valore di scambio. Il valore non è una dimensione del prodotto, ma la sua misura in lavoro astratto, sociale. Se il valore fosse dimensionale, il lavoro sarebbe chiamato anch’esso a possedere la stessa dimensione che dovrebbe misurare. La relazione tra lavoro e prodotto non esprime il valore di alcuna ipotetica sostanza economica, ma si limita a fornire una misura numerica dei beni e

Page 12: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

12

servizi prodotti. Il fondamento del valore è la relazione di equivalenza tra merci prodotte e lavoro socialmente necessario, espressa in termini puramente numerici. Tuttavia, i classici, non abbandonano l’idea che il lavoro vada misurato in tempo di lavoro. Idea che si scontra con il problema della riduzione del lavoro complesso a lavoro semplice, affermare che tale riduzione avvenga confrontando il valore delle merci equivale a sostenere che la riduzione implica la conoscenza dei valori, che non possono essere determinati se prima non si è ridotto un lavoro all’altro. Concludendo, la definizione classica di valore di scambio come relazione tra prodotto e lavoro è accettabile solo se si abbandona l’idea di misurare il lavoro in un’unità dimensionale. L’analisi neoclassica Nell’analisi neoclassica invece, l’utilità o valore d’uso costituisce l’elemento essenziale per la determinazione dei prezzi (relativi) ai quali le merci vengono scambiate. Infatti, è in base all’utilità che gli agenti economici manifestano le loro preferenze, esercitando quelle “forze” da cui dipendono i prezzi relativi. Gli agenti economici scambiano le loro merci allo scopo di massimizzare la loro utilità, e il rapporto al quale avverrà lo scambio è determinato con l’aggiustamento dei domanda e offerta. La ricerca dell’equilibrio è quindi fondamentale poiché capace di garantire la soddisfazione massima. I prezzi relativi non sono pensati come relazione di ogni singola merce con la sua qualità o dimensione economica, ma come relazione tra merci rese omogenee dal loro reciproco scambio. L’idea di Walras è quella di esprimere numericamente i prezzi delle merci mediante la determinazione del loro rapporto di scambio. Quindi i prezzi d’equilibrio sono l’espressione del rapporto di scambio tra le merci, che si scambiano in base alle preferenze degli individui, espresse in termini di domanda e offerta. Dalla relazione tra lavoro e prodotto (classici) si passa alla relazione tra merci (neoclassici) e l’accento si sposta dalla produzione (classici) allo scambio (neoclassici). Tuttavia, domanda e offerta sono funzioni di quegli stessi prezzi che dovrebbero determinare. Dunque il ragionamento è circolare: domanda e offerta contribuiscono alla determinazione dello scambio e dei prezzi relativi solo se possono esercitare la propria forza prima che le merci siano scambiate, cioè durante l’aggiustamento, tuttavia in questa fase i prezzi relativi non sono ancora conosciuti, dunque è impossibile descrivere l’interazione tra due forze la cui entità non è ancora stabilita. Il problema affrontato dai classici e dai neoclassici è quello della misura delle merci prodotte. Le soluzioni proposte della teoria del valore-lavoro e dei prezzi relativi non sono tuttavia soddisfacenti. 3.2 Moneta e valore Occupiamoci del ruolo svolto dalla moneta nella teoria del valore: la moneta è l’unità di misura economica per eccellenza ed è quindi fondamentale chiedersi quale sia la relazione tra valore e moneta. Dalla moneta come equivalente generale alla moneta come forma-valore La moneta è inizialmente identificata dai classici con una merce il cui ruolo è di fungere da forma-equivalente, poiché lo scambio tra prodotti avviene tra merci di ugual valore. Come ogni altra merce, anche quella scelta come equivalente ha un valore, determinato prima dello scambio dalla relazione con il lavoro necessario alla sua produzione. Ora, quando tutte le merci sono riferite sempre alla stessa merce scelta come equivalente, questa diviene il rappresentante universale del valore di scambio, l’equivalente generale. La moneta svolge la funzione di equivalente generale se entra in relazione con tutte le altre merci. Ciò avviene attraverso la determinazione di una misura comune, che i classici coincide con il tempo di lavoro socialmente necessario alla produzione di tutte le merci. Il bisogno di introdurre la moneta come equivalente generale nasce dal fatto che il valore, pura relazione tra lavoro sociale e prodotto, non è subito espresso numericamente. In particolare, la misura del valore in tempo di lavoro non permette di attribuire alle merci una forma numerica. È dunque chiaro che l’unica conclusione possibile è che il

Page 13: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

13

valore delle merci sia puramente numerico, poiché non può essere una dimensione economica dei prodotti. Problema: l’equivalente generale permette di passare dalla misura dimensionale del valore (in tempo di lavoro) alla sua misura numerica? Siccome l’equivalente generale è innanzitutto una merce, anche il suo valore è derivato dalla sua relazione con il lavoro ed è espresso in tempo di lavoro. Il problema è quello di spiegare come un rapporto tra quantità di lavoro possa trasformarsi in un rapporto tra merci e numeri. Marx propone di attribuire un prezzo monetario all’equivalente generale. Tuttavia la merce scelta come equivalente generale non è in grado di garantire l’espressione numerica del valore delle merci e neppure di entrare in un rapporto di equivalenza con le altre merci, quindi non può nemmeno esistere come equivalente generale. Quindi la merce non può essere trasformata in equivalente generale perché: - in assenza di un’unità di misura comune, né il valore della moneta, né il suo rapporto con le altre merci possono essere determinati. - se i tempi di lavori diversi potessero essere ridotti a tempi di lavoro semplice e indifferenziato, la moneta è merce e nessuna differenza di alcun tipo è possibile tra prezzi e valori. Nella teoria classica la legge dello scambio tra equivalenti impone che le merci vengano scambiate a parità di valori. Quindi se la moneta è merce anche lo scambio tra moneta e prodotto deve sottostare ai principi dello scambio tra equivalenti. L’uguaglianza necessaria dei valori impone anche quella tra valori e prezzi, perché, a causa dell’identificazione della moneta con una merce, gli scambi tra moneta e beni avvengono sulla base di rapporti predefiniti dai loro rispettivi valori-lavoro. Marx affianca il concetto di equivalente generale al concetto di forma-valore. La moneta non è più identificata in una merce, ma in una semplice forma numerica cui spessa il compito di esprimere il valore delle merci prodotte. dall’espressione dimensionale del rapporto tra lavoro e prodotto si passa alla sua espressione numerica, permettendo al lavoro concreto di trasformarsi in lavoro sociale e generale con la mediazione della moneta. In conclusione, una volta escluso che l’unità di misura del valore sia una merce o il tempo di lavoro, consideriamo la moneta come semplice unità di misura numerica, come forma-valore priva di qualsiasi dimensione fisica. Nella sua funzione di forma-valore, la moneta è l’unità di misura che perette di esprimere il valore delle merci. Dall’equivalente generale al numerario Walras introduce ambiguamente il concetto di numerario: talvolta è riferito ad una merce scelta come equivalente generale, talaltra ad una semplice unità di misura numerica. Egli considera il valore come una relazione di scambio tra i beni prodotti; ma l’abbandono di ogni concezione dimensionale del valore impone la sua misura puramente numerica. Dal numerario inteso come merce, si deve arrivare al numerario inteso come forma numerica. Nei prezzi relativi, una merce è l’unità di misura di un’altra merce, cioè, a livello generale, la merce-numerario è l’unità di misura di tutti gli altri beni prodotti. Quindi, anche per la teoria neoclassica, la moneta è un’unità di conto che serve a misurare numericamente i prodotti. Che venga rappresentata facendo ricorso ad una merce o no, la moneta è una forma numerica priva di ogni valore intrinseco. L’equivalente generale di Walras ha quindi la duplice natura di merce (appartiene alla stessa categoria di tutti i beni prodotti) e di numerario (forma numerica in cui tutte le merci vengono espresse). Che il numero delle merci disponibili sul mercato non è accresciuto dalla presenza della merce-numerario prova che, anche nella teoria neoclassica, la moneta non può essere identificata con una merce. La moneta è semplice forma numerica, bisogna ancora determinare come la moneta numerica venga associata alle merci.

Page 14: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

14

Sia l’analisi classica che quella neoclassica, confermano quindi la necessità di attribuire alle merci una forma numerica che permetta di esprimerle in un’unità di misura comune e a-dimensionale, senza pero fornirci una spiegazione di come la moneta numerica è associata alle merci. L’eterogeneità dei tempi di lavoro da un lato e l’indeterminazione dei prezzi relativi dall’altro si appongono al tentativo di associare merci e numero attraverso l’espressione numerica dell’equivalente generale. Le unità-salario di Keynes Secondo gli autori classici, Smith e Marx, sono i salari monetari che misurano il valore delle merci. Il lavoro è all’origine del valore: ed è grazie al lavoro che è possibile misurare le merci in un’unità comune. L’unità in cui il valore-lavoro è espresso non può però essere dimensionale, sia perché sarebbe circolare sostenere che il lavoro, principio creatore del valore, ha lui stesso un valore, sia perché è impossibile ridurre il lavoro complesso a quello semplice riferendosi al tempo di lavoro. La misura del valore creato dal lavoro richiede l’intervento della moneta in quanto forma-valore puramente numerica. I salari permettono la misura monetaria del lavoro, attribuendo alle merci una forma-valore che le rende comparabili. Secondo Keynes le unità di salario (wage units) sono l’unità di misura del valore (non il prezzo del lavoro). Possibili interpretazioni antitetiche del concetto di “unità di salario”: 1) I salari sono il prezzo del lavoro. Esistono due unità di misura (ma la misura fondamentale del valore rimane il lavoro): - l’unità di lavoro (labour unit) - l’unità di salario: esprime il lavoro (fisicamente eterogeneo) in unità eterogenee senza però togliere nulla alla centralità del lavoro (un’ora di lavoro di un certo tipo é scelta come numerario e tutti gli altri lavori si diverso tipo sono valutati riferendoli al primo sulla base dei salari). Tuttavia si cade in un ragionamento circolare: è illogico affermare che i salari misurano l’unità di misura e che l’unità di misura non sono i salari ma il lavoro. 2) I salari non sono il prezzo del lavoro: se il salario fosse il prezzo del lavoro, il lavoro sarebbe una merce e possederebbe un valore, ciò che richiederebbe la duplice valutazione delle merci in lavoro e del lavoro in salari. Il salario sarebbe quindi sia l’unità di misura delle merci, sia quella del lavoro. Keynes sostiene invece, come Marx, che il lavoro non è una merce, ma il principio creatore delle merci e che, in quanto tale, non ha alcun prezzo. L’unità di misura in economia è unica e serve a esprimere numericamente il valore delle merci. Contare il lavoro in unità di salario non significa misurarne il valore. I salari attribuiscono solo un’espressione numerica al lavoro e in questo modo permettono di associare moneta e prodotto, trasformando beni fisici in merci. Ovviamente, la misura numerica delle merci è possibile solo se la moneta è concepita come una forma numerica e non come una merce. A questo proposito, Keynes distingue tra moneta di conto (money of account) e moneta stock (money proper) richiamando la distinzione tra moneta nominale e reale dei classici; significativa poiché traccia una demarcazione tra la moneta come forma numerica (moneta-flusso) e la moneta reddito (moneta-stock). Come afferma Keynes, la funzione prima della moneta è quella di essere un’unità di conto, esprimere cioè numericamente beni e servizi prodotti, è immateriale (poiché unità di conto). Il rapporto che il pagamento dei salari permette di stabilire tra prodotti e unità di conto rappresentate dalle monete nazionali non è altro che il valore. Il concetto di unità di salario può oggi essere ripreso e sviluppato senza dover introdurre la moneta come misura dell’unità di misura. Per farlo, secondo Schmitt, bisogna mostrare che il reddito non appartiene alla categoria del prezzi e che i salari sono espressi numericamente. Il problema della misura trova cosa una risposta nella teoria quantica delle emissioni. È nel momento stesso in cui le merci acquisiscono forma monetaria che esse sono create come oggetti economici e che l’unità di misura può essere definita. È la produzione, intesa come

Page 15: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

15

creazione che, attribuendo forma numerica ai prodotti, permette di contarli in un’unità comune, puramente numerica e a-dimensionale. Il reddito nato dalla produzione è il risultato dell’integrazione di beni fisici nella forma monetaria, è il prodotto-nella-moneta. Ne consegue che il reddito non è il prezzo del prodotto, né ne è la contropartita o espressione del valore, ma è il prodotto stesso in quanto contenuto in una forma numerica priva di valore intrinseco. È il pagamento dei salari l’operazione che integra il prodotto nella moneta. Le wage units sono quindi l’unità di misura del prodotto. La moneta intesa come semplice forma numerica è associata ai prodotti attraverso il pagamento dei salari e i prodotti ne diventano il contenuto reale. Le unità di salario proposte da Keynes sono precisamente le unità di conto di cui dispone l’economia. Grazie all’intermediazione monetaria svolta dalle banche, i prodotti sono contati in unità di salario. Ad ogni modo, la moneta e le unità di salario sono cose diverse: - la moneta è un mezzo o strumento, immateriale e a-dimensionale, con cui le banche effettuano i pagamenti, è un flusso e la sua esistenza si limita all’istante in cui avviene il pagamento; è distrutta appena il pagamento è effettuato. - l’unità di salario è l’unità con la quale si contano i prodotti e nella quale il loro valore è espresso numericamente; continuano ad esprimere il valore del prodotto registrato contabilmente all’attivo delle banche incaricate dell’accreditamento dei salari. La moneta sarebbe l’unità di misura solo se il pagamento dei salari definisse lo scambio tra moneta e prodotti, ma non è così. In realtà, l’operazione con la quale i prodotti sono integrati nela moneta è la formazione dei salari. Le unità di salario definiscono il prodotto-nella-moneta e non si identificano né con la sola moneta, né con il prodotto.

Page 16: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

16

CAPITOLO 5 – LA PRODUZIONE La produzione come processo macroeconomico di creazione Come già visto, la produzione è un’operazione istantanea, definita dal suo stesso risultato: il prodotto. Solo riferendosi alla relazione di identità tra moneta e prodotto si può analizzare la produzione come fenomeno economico. Keynes lo aveva intuito, infatti afferma la necessità di esprimere il valore del prodotto in unità di salario (wage units) e di considerare il lavoro come l’unico fattore macroeconomico della produzione. In economia, la produzione è un fenomeno istantaneo in cui il prodotto è associato a una forma numerica (la moneta) che lo trasforma da semplice oggetto fisico in merce. Con il pagamento dei salari il prodotto diventa il contenuto reale della moneta e la moneta si trasforma da semplice flusso in reddito. Prodotto e reddito sono così il duplice risultato di un unico processo. Il prodotto è il reddito e il reddito è il prodotto-nella-moneta. Come già affermato da Smith, reddito e prodotto non sono due entità distinte: prodotto nazionale (aspetto reale del reddito nazionale) e reddito nazionale (espressione monetaria del prodotto nazionale) sono i due termini di un’identità. Il reddito non è la contropartita del prodotto, ma la sua definizione economica. Il reddito è prodotto reale perché definisce l’unità della moneta e del suo contenuto reale e nel contempo quella del prodotto e della sua forma monetaria. La trasformazione della moneta-flusso in moneta-reddito richiede l’associazione tra moneta e prodotto e non è direttamente opera delle banche, che sono l’intermediario attraverso il quale moneta e prodotto diventano i termini di uno scambio assoluto. La produzione è un’operazione istantanea con la quale il prodotto è trasformato in una somma di reddito espresso in unità di salario. Attraverso questo scambio assoluto, il prodotto diventa l’oggetto reale di un deposito bancario che si identifica con il reddito percepito dai lavoratori. Come sappiamo, il pagamento che porta alla formazione di un reddito positivo è quello dei salari, perché il lavoro è l’unico fattore della produzione che può essere accreditato e addebitato (non può invece esserci scambio assoluto nei confronti della terra o del capitale). Il pagamento del lavoro porta alla nascita di un reddito dapprima esistente. È lo scambio assoluto tra moneta e prodotto (che avviene nel momento del pagamento del salario) che trasforma il prodotto reale in una somma di moneta-reddito. In termini monetari, il prodotto dasce quando, attraverso il pagamento del lavoro, viene attribuita un’espressione numerica alla forma-utilità. La produzione è però anche una creazione da un punto di vista monetario, coincide addirittura con la creazione di moneta: quando è emessa in un pagamento, infatti, la moneta è creata positivamente e le viene attribuito un contenuto reale. In questo senso, la moneta è la forma monetaria del prodotto e la sua creazione ha luogo nell’istante in cui forma e contenuto si associano dando vita al “prodotto-nella moneta”. Il pagamento dei salari, è l’unica operazione capace di attribuire una forma monetaria al prodotto reale. Il pagamento dei salari (unico costo macroeconomico della produzione) è il solo il grado di fare dei prodotti fisici l’oggetto di un deposito bancario, mentre tutti gli altri pagamenti (terra, capitale) implicano la spesa di un reddito positivo pre-esistente, che risulta dall’associazione tra moneta e prodotot e che fa del prodotto fisico l’oggetto dei salari depositati al passivo delle banche. Risultato del pagamento dei salari: vedi figura. Il deposito banacario negativo di cui l’azienda è titolare (al di sotto dello zero nella figura) è un “contenitore” numerico in cui si colloca il prodotto fisico materialmente immagazzinato nell’azienda. Il prodotto fisico oggetto del debito dell’azienda è quindi economicamente o finanziariamente depositato all’attivo della banca che effettua il pagamento dei salari. “Riempito” dal prodotto, il deposito negativo è neutralizzato e la situazione riportata al livello della linea zero. Il deposito positivo dei lavoratori, rappresentato al di sopra della linea zero, definisce cosi il credito netto nato dalla produzione e il reddito macroeconomico con il quale si identifica. La

Page 17: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

17

produzione è una creazione il cui risultato è la forma numerica attribuita al prodotto con la copertura dei suoi costi macroeconomici di produzione. Ora, cosa sono i “costi macroeconomici di produzione”? Le aziende pagano i salari grazie al prestito accordato loro dai lavoratori che vengono pagati. I costi macroeconomici sono quindi assunti dai lavoratori il cui prestito è però interamente compensato dal deposito di cui sono accreditati. La copertura dei costi macroeconomici della produzione definisce quindi sia una formazione che una spesa di reddito: il reddito formato nel momento in cui i salari sono pagati è istantaneamnete prestato dai lavoraori alle banche e dalle banche alle aziende, che alimentano così il pagamento dei slaari (vedi figura: il prestito del reddito salariale). Con l’intermediazione monetaria delle banche, moneta e prodotto sono associati nel pagamento dei salari; con l’intermediazione finanziaria, il reddito nato da questa associazioneì è prestato alle aziende e finanzia la copertura dei costi macroeconomici della produzione. La produzione in quanto creazione può dar vita a un reddito positivo, a patto che la formazione di tale reddito sia associata alla spesa. Il reddito formato dal pagamento dei salari è subito speso per il loro finanziamento, ciò che mostra bene come il concetto di costi macroeconomici sia perfettamente consono a quello della produzione-creazione. La produzione in quanto creazione non ha alcun costo, né micro né macro. Produrre significa attribuire una forma numerica a beni e servizi, trasformandoli da oggetti fisici in merci. Questo risultato è ottenuto mediante il pagamento dei salari, che si identifica con una creazione di moneta. Il lavoro è l’unico fattore macroeconomico della produzione, perché è l’uomo a ideare e realizzare la nuova forma-utilità ed è il pagamento di tale attività a darle forma numerica. La produzione è un’operazione macroeconomica, perché non incrementa solo il reddito di chi la effettua, ma anche quello dell’intero sistema economico cui appartiene. Il pagamento dei salari a favore di un singolo lavoratore definisce la creazione di un redito nuovo che si identifica con il prodottto del lavoratore e con una parte equivalente del prodotto totale dell’intera società. Ogni singolo prodotto monetizzato è quindi un prodotto netto, poiché la creazione del nuovo reddito corrispondente all’associazione tra moneta e prodotto non è controbilanciata da nessuna spesa finale di reddito.

Page 18: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

18

CAPITOLO 10 – L’INFLAZIONE

10.1 Inflazione, equilibrio e identità È sbagliato identificare l’inflazione con l’aumento dei prezzi. Come gia sotenuto da Ricardo, l’aumento inflazionistico dei prezzi non va confuso con l’aumento che risulta da una modifica dei costi di produzione o dalla distribuzione del reddito e non altera il rapporto tra moneta e prodotto. La diminuzione del valore della moneta (deprezzamento dell’attuale valore delle banconote) non deriva dall’aumento dei prezzi delle merci, ma da una sovraemissione di cartamoneta da parte della Banca. È vero che l’emissione monetaria sovrabbondante porta a un aumento dei prezzi, ma l’aumento dei prezzi non è sempre inflazionistico e non sempre denota una diminuzione del potere d’acquisto dell’unità monetaria, ciò che invece accade nel caso di un’emissione monetaria. È impossibile che l’inflazione si identifichi con l’aumento dei prezzi se si verifica che: - aumenti di prezzo provocano solo una nuove distribuzione del reddito (come quelli causati da imposte indirette ecc.). - l’inflazione può essere positiva malgrado che i prezzi rimangano costanti o addirittura diminuiscano. Sostenre che l’assenza d’inflazione farebbe diminuire i prezzi, è come sostenre che la costanza dell’IPC non è la condizione necessaria per tale assenza. E non ne è neppure la condizione sufficiente. La correlazione tra stabilità dei prezzi ed equilibrio monetario sarebbe vera solo se gli stessi prezzi non subissero variazioni legate al progresso tecnico o alle esigenze riditributive pubbliche e private. Siccome queste variazioni sono parte integrante dei nostri sistemi economici, l’IPC è un indicatore approssimativo delle anomalie monetarie. Quindi, l’inflazione va distinta dal concetto di costo della vita. Mentre per la moneta del paese considerato l’inflazione implica una perdita del potere d’acquisto, l’aumento del costo della vita può avere ripercussioni negative per uno o più di gruppi residenti, senza modificare il rapporto tra moneta nazionale e prodotto nazionale. L’inflazione ha sempre come conseguenza l’aumento dei prezzi, ma è possibile che questo aumento si limiti a contrapporti alla diminuzione dovuta alla riduzione dei costi di produzione e di circolazione delle merci. È dunque facile confondere inflazione con aumento del costo della vita, poiché all’inflazione consegue sempre l’aumento del costo della vita. Il prodotto fisico è il contenuto della moneta, che è pura forma numerica. Moneta e prodotto concorrono alla determinazione dell’oggetto economico, di cui sono i due aspetti indissociabili. L’emissione di moneta coincide con quella del prodotto cui è integrata tramite il pagamento dei costi di produzione (salari). Domanda globale e offerta globale si equivalgono. Eppure vi sono casi in cui la domanda globale eccede (numericamente) l’offerta globale. Come spiegare allora l’inflazione, cioè la coesistenza di un divario numerico positivo e di un divario nullo tra domanda globale e offerta globale? Siccome implica una riduzione del potere d’acquisto dell’unità monetaria, l’inflazione coincide con una diluizione numerica della moneta. Lo stesso valore è portato da un numero maggiore di unità monetarie e ciascuna unità ne trasporta una quantità ridotta. La moneta ha lo stesso contenuto reale e definisce la stessa domanda globale; tuttavia, ogni unità di moneta perde parte del suo potere d’acquisto. Partiamo da due punti fermi della teoria monetaria: 1) L’inflazione è determinata da un aumento della domanda globale relativamente all’offerta globale. Cioè un aumento inflazionistico dei prezzi ha luogo ogni volta che le unità monetarie si “gonfiano”, ossia ogni quando il loro aumento non è accompagnato da una crescita equivalente della produzione reale. Siccome la domanda è esercitata a partire dal reddito disponibile, le cause dell’inflazione sono da

Page 19: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

19

ricercare nelle operazioni che accrescono la domanda senza modificare in misura corrispondente l’offerta. 2) Il reddito nazionale è la misura della produzione nazionale. Ci dice che la domanda globale (reddito nazionale) è sempre uguale all’offerta globale (prodotto nazionale). Il reddito nazionale forma un tutt’uno con il prodotto nazionale, perché il primo è la misura del secondo e il secondo definisce il contenuto reale del primo. La loro determinazione è dunque simultanea. Si riconferma così che la spiegazione dell’inflazione deve conciliare l’uguaglianza tra domanda globale e offerta globale con la prossibilità che la domanda globale sia numericamente superiore all’offerta globale. Come sappiamo, è la produzione che attribuisce forma monetaria al prodotto fisico e porta così alla formazione di un reddito (domanda) il cui contenuto reale (offerta) è il prodotto stesso. Domanda globale e offerta globale si definiscono l’un l’altra ed esprimono numericamente il valore “assoluto” dei beni e servizi prodotti. La tesi di Ricardo interpretata macroeconomicamente come squilibrio numerico tra domanda globale e offerta globale è: un aumento complessivo delle unità monetarie cui non corrisponda un aumento delle merci prodotte porta a una diminuzione del potere d’acquisto delle singole unità di moneta. Ma cosa può portare all’emissione di moneta vuota? Una prima risposta è fornita dal caso in cui le autorità monetarie intervengano per coprire un disavanzo pubblico emettendo moneta, ma abbiamo visto che la BC non è prestatore di ultima istanza, avviene ancora solo nei paesi in via di sviluppo. Escludendo dunque questa possibilità, qual è l’origine di uno scarto inflazionistico tra domanda e offerta? Le ipotetiche cause microeconomiche dell’inflazione Inflazione da domanda - comportamenti dei consumatori: le decisioni delle economie domestiche di risparmiare il reddito non ha alcun effetto sulla domanda (e quindi non possono essere causa di inflazione), poiché il reddito viene subito prestato dalle banche, la cui intermediazione finanziaria fa si che esso venga speso per l’acquisto, diretto o indiretto, dei prodotti. (vedi cap. 4) - comportamenti dello Stato: se lo Stato si rivolgesse alla BC per coprire il disavanzo pubblico con una pura emissione monetaria, il finanziamento provocherebbe inflazione. Ma questo accade solo dove vi è disordine monetario e le BC sono controllate dal potere politico. In tutti i paesi con un sistema bancario autonomo, invece, l’intervento pubblico è finanziato dalla vendita, diretta o indiretta, di beni e servizi prodotto o commissionati dallo Stato, che diventa l’origine di una domanda e di un’offerta che ne definiscono l’aspetto monetario e reale. Il prodotto delle aziende pubbliche è parte integrante del prodotto nazionale e contribuisce alla determinazione dell’offerta globale, così come i redditi creati dall’attività lavorativa svolta in queste aziende contribuiscono a determinare la domanda globale. Se invece l’intervento pubblico riguarda la ridistribuzione del reddito, è evidente che non può modificare la domanda globale. La sua misura, infatti, è determinata dalla somma dei depositi bancari che rimane invariata e indipendente dall’identità dei suoi titolari. Che questi ultimi siamo di una o un’altra categoria, il loro ammontare non cambia, e siccome il reddito disponibile definisce la domanda globale, il rapporto tra moneta e prodotto non si modifica. né le decisioni dei consumatori, né l’intervento pubblico possono alterare il rapporto tra moneta e prodotto. (vedi cap. 4) Inflazione da costi Le cause di questo tipo di inflazione vengono attribuite a quei fattori il cui comportamento si ripercuote sull’offerta, modificandone il prezzo attraverso una variazione delle condizioni di produzione o di vendita. - aumento dei salari: se questi superano l’aumento della produttività del lavoro si innesca un meccanismo tale per cui aumentano anche i prezzi. Ma questo aumento è di natura inflazionistica? È solo se si osserva una modifica del rapporto tra moneta e prodotto che si può scoprire la presenza di

Page 20: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

20

uno scarto inflazionistico. Cosa che non è possibile verificare, poiché il medesimo rapporto tra moneta e prodotto è determinato in base al versamento dei salari. In conformità con l’analisi quantica della moneta, affermiamo che ogni variazione della somma versata ai lavoratori conduce solo a un cambiamento della scala di misura delle merci prodotte. Non sono gli aumenti salariali a causare l’inflazione, ma è l’inflazione a indurre un adeguamento dei salari. In definitiva, gli aumenti salariali non sono mai all’origine dei uno squilibrio inflazionistico, in quanto che: - o intervengono per limitare le perdite dei titolari di reddito dovute all’inflazione, e in questo caso non si vede proprio come l’adeguamento al rincaro possa essere considerato la causa dell’aumento che l’ha provocato; - o si limitano a modificare il rapporto salari reali-profitti a favore dei salariati; - o spingono le aziende a innalzare i prezzi di vendita, senza però che questo alteri la relazione tra moneta e prodotto. - aumento del prezzo delle merci importate provocato da un aumento dei loro costi di produzione o dalla fluttuazione dei saggi di cambio. Provoca una nuova ripartizione del reddito reale tra le diverse categorie di agenti economici (residenti e non), ma non diminuisce il potere d’acquisto della moneta nazionale, determinato solo dal carico interno che la produzione affida alla moneta e che la moneta si incarica di veicolare. Le merci importate vengono monetizzate in maniera del tutto autonoma rispetto al processo di associazione interno tra moneta e prodotto, e il loro prezzo non può intaccarlo, cambia solo la distribuzione della ricchezza reale tra i due paesi (il paese importatore cede una parte maggiore del suo prodotto nazionale al paese esportatore). Quindi, siccome il rapporto tra moneta e prodotto non è influenzato dalla distribuzione del reddito nazionale, alla svalutazione o all’aumento del costo di produzione delle merci importate non può essere attribuito alcun effetto inflazionistico. - rigidità dell’offerta del settore agricolo. Nei paesi in via di sviluppo, con l’aumento di domanda di beni alimentari, che accompagna l’espansione del settore industriale e lo sviluppo dell’urbanizzazione, la capacità produttiva risulta inadeguata, provocando un divario “endemico” tra domanda e offerta che provoca un aumento inflazionistico dei prezzi. La monetizzazione della produzione definisce la nascita del reddito necessario e sufficiente all’acquisto finale del prodotto sociale (ossia alla copertura finale dei costi di produzione). Se i redditi derivanti da altri settori vengono spesi in quello agricolo, i produttori possono aumentare i prezzi e realizzare un profitto proporzionato alla crescita della domanda. Ma l’aumento dell’indice dei prezzi non è necessariamente una manifestazione dell’inflazione, poiché affine si manifesti ci deve essere un’alterazione del rapporto tra moneta e prodotto interno al quale è inizialmente associato. Qui, i profitti non definiscono un aumento delle unità monetarie ma solo una diversa distribuzione del reddito iniziale. A partire dai nuovi profitti, le aziende esercitano domanda che avrebbe esercitato il consumatore, senza che il rapporto tra domanda globale e offerta globale cambi. quindi, come nel caso delle imposte indirette, l’aumento della domanda potrebbe provocare un aumento dell’indice dei prezzi in quel settore, ma lascia inalterato il potere d’acquisto della moneta.

Page 21: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

21

CAPITOLO 11 – DEFLAZIONE E DISOCCUPAZIONE 11.1 La disoccupazione: note introduttive L’immagine che deriva dai dati statistici è spesso fuorviante, poiché maschera la gravità della crisi occupazionale e spinge a sottovalutare l’importanza della patologia che colpisce i nostri sistemi economici e rafforza l’idea, microeconomica, che i disordini siano squilibri congiunturali causati dal comportamento e non l’effetto di una persistente anomalia strutturale. All’interpretazione qualitativa dei dati statistici va aggiunta un’analisi che consenta di distinguere, introdotta da Keynes, tra: - disoccupazione benigna o volontaria: considerata “volontaria” nel senso che essa è insita nella scelta collettiva di un sistema economico fondato sulla produzione, sulla capitalizzazione e sullo scambio.é quindi strettamente connessa allo sviluppo del sistema economico e spesso accompagnata da un aumento della produttività e da una diminuzione dei costi (che porterebbero ad un aumento della produzione e a un miglioramento delle condizioni di vita che compenserebbero l0aumento della disoccupazione: non grave). È considerata di natura microeconomica, poiché è dovuta alle decisioni prese dai diversi agenti economici. Vi appartengono: - disoccupazione frizionale - disoccupazione generata dal progresso tecnico - disoccupazione generata da decisioni imprenditoriali errate - disoccupazione dovuta all’esistenza di limiti socio-giuridici al libero gioco della concorrenza e alla mobilità dei lavoratori. - disoccupazione patologica o involontaria: è di natura macroeconomica. Riconducibile alla situazione definita dall’attuale processo di accumulazione e di sovra-accumulazione patologica del capitale (diminuzione patologica della domanda). 11.2 La deflazione: l’analisi tradizionale La deflazione è un’insufficienza della domanda globale rispetto all’offerta globale. Solitamente è ricondotta ad un eccessivo risparmio delle famiglie (titolari di reddito) unito ad un investimento insufficiente delle aziende. L’analisi tradizionale è dunque di natura microeconomica, poiché l’elemento chiave è il comportamento. Deflazione e risparmio L’idea che l’insufficienza della domanda globale sia causata dal comportamento troppo prudente delle famiglie il cui risparmio sottrarrebbe reddito al consumo (e quindi alla domanda), è errata poiché fondata sul concetto di tesorizzazione. Né la moneta-flusso né la moneta-stock possono essere sottratte alle banche per venir accumulate sotto forma di tesoro (cap.1). Semplicemente ci si limita a togliere dalla circolazione per un po’ dei titoli al portatore. Se cosi non fosse si andrebbe contro il principio della contabilità a partita doppia. Infatti le registrazioni contabili corrispondenti ai titoli al portatore non vengono annullate e questo conferma che il reddito disponibile in un sistema economico non è influenzato dalle decisioni dei suoi titolari di risparmiare o meno. Quindi siccome il reddito risparmiato rimane disponibile sotto forma di depositi bancari e siccome la domanda globale è determinata dall’ammontare del reddito disponibile, è chiaro che il risparmio non crea nessun divario deflazionistico tra domanda e offerta globali, poiché ciò che è risparmiato dagli uni è speso dagli altri (intermediazione finanziaria delle banche).

Page 22: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

22

Deflazione, risparmio e investimento Quando il reddito risparmiato è prestato alle aziende, ci sono due possibili scenari: 1) Le aziende investono il reddito prestato loro dalle banche nella formazione di beni-salario in attesa di essere venduti sul mercato dei prodotti. Né l’investimento, né il risparmio riducono l’ammontare di reddito depositato nelle banche sotto forma di capitale. Quando i risparmiatori decideranno di spendere i loro depositi, il capitale lascerà il posto al reddito e le aziende potranno smerciare il loro stock di beni-salario. 2) Le aziende investono il risparmio delle famiglie nella produzione di nuovi beni strumentali. Se l’operazione si identifica con l’investimento di un profitto anticipato, il reddito è definitivamente trasformato in capitale (fisso) e sottratto al consumo; ma ciò non significa che la domanda globale diminuisca rispetto all’offerta. Il reddito trasformato in capitale è infatti speso, sul mercato dei servizi produttori, nell’acquisto di beni-capitale o beni d’investimento. Lungi dal creare un divario deflazionistico, l’investimento del risparmio è all’origine del capitale fisso, vero motore dello sviluppo economico. Secondo l’analisi tradizionale, è possibile che non tutto il risparmio venga investito e che l’eccesso di risparmio rispetto all’investimento conduca ad una riduzione deflazionistica della domanda globale. Secondo Keynes, le decisioni prese da famiglie e aziende sono influenzate da fattori diversi ed è quindi normale che differiscano. Si tratta di stabilire se, a prescindere dal comportamento di famiglie e aziende, è vero o no che l’investimento macroeconomico (I) è sempre uguale al risparmio macroeconomico (S). La concezione macroeconomica (S=I) è innovativa ma anche poco immediata e per capirla è necessario rifarsi alla natura bancaria del reddito e del capitale. L’operazione che determina l’ammontare del risparmio macroeconomico è l’investimento del profitto e del reddito ottenuto mediante un’operazione di capitalizzazione (emissione di azioni). Prima che l’investimento abbia effettivamente luogo, S e I possono divergere. Nell’istante preciso in cui l’azienda finanzia la produzione del capitale strumentale, l’investimento trova il suo livello definitivo e definisce nel contempo quello del risparmio macroeconomico. L’identità tra S e I riguarda l’ammontare del reddito nazionale trasformato, attraverso il suo investimento, in capitale fisso. Essa si riferisce a quella parte di reddito definitivamente sottratto al consumo e non a ciò che i consumatori intendevano risparmiare. Il risparmio non ha nessun effetto deflazionistico, perché lascia inalterato il reddito disponibile nel sistema. Il vero problema non è dovuto all’eccessivo risparmio, ma all’insufficienza del reddito disponibile (le famiglie non dispongono di un reddito sufficiente per finanziare la propria domanda). Per individuare l’origine della deflazione è necessaria un’analisi macroeconomica fondata sulla corretta concezione del reddito e del processo che porta alla sua parziale trasformazione in capitale fisso.

Page 23: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

23

CAPITOLO 4 (CENCINI 1999) – INFLAZIONE Inflazione e deflazione rappresentano un’anomalia del modo di produzione capitalistico che ne ostacola lo sviluppo. Sebbene entrambi gli squilibri risultino dal funzionamento del nostri sistemi monetari e capitalistici, nessuno dei due è un elemento indispensabile a tale sistema. 4.1 Inflazione e indice dei prezzi Da Ricardo alla teoria quantitativa Ricardo introduce la distinzione tra le cause dell’aumento giustificato del prezzo delle merci e le cause del loro aumento inflazionistico. Egli analizza il problema della diminuzione del valore della moneta, fornendo diverse prove della sua dipendenza da un’emissione monetaria sovrabbondante. Mentre l’aumento dei prezzi può talvolta essere imputato a un cambiamento dei costi di produzione (e quindi del valore delle merci) o dell’imposizione fiscale, la sua variazione patologica è da ricercare nell’alterazione del rapporto iniziale tra moneta e merci. Egli afferma dunque l’esisistenza di una causalità che va dall’aumento patologico della moneta (causa) alla diminuzione del potere d’acquisto di ogni singola unità monetaria (effetto). Pur essendo distribuito su una quantità maggiore di unità monetarie, il valore iniziale rimane lo stesso, ma la sua maggiore diluizione fa sì che ogni unità ne ha di meno e quindi ne occorrono di più per acquistare gli stessi prodotti. Pur riconoscendo che l’aumento anomalo delle unità monetarie porta a un aumento inflazionistico dei prezzi, la variazione dei prezzi in quanto tale non può essere identificata con la presenza di uno squilibrio monetario. Insomma, né la stabilità, né la variazione dell’IP sono rivelatori sicuri di inflazione. La variazione dell’indice dei prezzi non rispecchia necessariamente quella del potere d’acquisto dell’unità monetaria Tre esempi chiariscono la distinzione tra inflazione e indice del costo della vita. Esempio 1: lo Stato vuole aumentare i gettiti fiscale tramite un aumento delle imposte indirette. Vengono colpite di più le persone che fanno largo uso dei prodotti tassati, quindi ha un effetto negativo sul potere d’acquisto di buona parte dei consumatori. Tale perdita comporta una nuova distribuzione del reddito a favore dello Stato, il cui potere d’acquisto tanto aumenta quando diminuisce quello delle persone tassate. Il trasferimento di reddito generato dall’introduzione delle nuove imposte indirette non diminuisce il potere d’acquisto della moneta nazionale. Qui, l’aumento del costo della vita non è dovuto ad una patologica della moneta, l’inflazione, ma ad un’iniziativa destinata a migliorare il tenore di vita di alcune persone (pensionati ecc.) o a migliorare i beni sociali forniti dallo Stato. Esempio 2: un’azienda decide di aumentare il prezzo di vendita dei suoi prodotti per accrescere il profitto. La diminuzione del potere d’acquisto dei consumatori è compensatala una crescita equivalente del reddito a disposizione dell’azienda. Il profitto (parte di reddito dei consumatori trasferita gratuitamente alle aziende) non intacca il potere d’acquisto della moneta, ma modifica solo la ripartizione finale tra le diverse categorie di agenti economici. in questi due esempi l’aumento del prezzo del prodotto innalza quello del paniere e viene quindi considerato una causa dell’aumento del costo della vita. Tuttavia, i nuovi prezzi non causano una diminuzione del potere d’acquisto della moneta, ma solo quello di alcune categorie di persone. Ciò che è perso dagli uni è guadagnato dagli altri (Stato o azienda), senza che si assista ad un aumento inflazionistico della moneta. Consideriamo ora un esempio in cui l’IP diminuisce a causa di una variazione esterna. Esempio 3: la moneta nazionale di un paese si rivaluta rispetto a quella dei suoi corrispondenti commerciali. Il diminuito costo delle merci importate si ripercuote sui loro prezzi, facendo diminuire

Page 24: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

24

l’indice del costo della vita. La svalutazione di moneta estera migliora il tenore di vita attraverso un aumento del potere d’acquisto dei residenti. Ma non per questo il potere d’acquisto interno aumenta. Come sappiamo il potere d’acquisto della moneta nazionale ne definisce il contenuto reale, che è determinato dalla sua integrazione alla produzione nazionale. Le variazioni sui prodotti esteri non modificano il rapporto esistente tra moneta e produzione nazionale. È importante distinguere tra potere d’acquisto della moneta e potere d’acquisto degli agenti economici. Il fatto che le importazioni diventino meno care non significa che il contenuto reale della moneta nazionale ne risulti accresciuto. È solo il prodotto nazionale corrente che definisce il contenuto della moneta. Quindi: i prezzi delle merci importate diminuiscono, i residenti migliorano il proprio tenore di vita, il potere d’acquisto della moneta rimane invariato. I 3 esempi dimostrano che la modifica dell’indice dei prezzi non rispecchia necessariamente una variazione del potere d’acquisto della moneta. Se è vero che l’inflazione provoca un aumento dei prezzi, non è sempre vero che tale aumento sia inevitabilmente un sintomo d’inflazione. La costanza dell’indice dei prezzi non è condizione necessaria né sufficiente dell’assenza d’inflazione Né la costanza, né la diminuzione dell’indice die prezzi ci consentono di escludere aprioristicamente la presenza di un inflazione negativa. La realtà è connotata dalla presenza di un’importante progresso tecnologico, il cui effetto è quello di ridurre i costi di produzione delle merci. L’evoluzione dei nostri sistemi prodottivi dovrebbe perciò comportare la quasi costante diminuzione dei prezzi ed è a questa potenziale diminuzione che vanno riportati i dati relativi alla variazione dell’indice dei prezzi. Il beneficio che il pubblico dovrebbe trarre dal progresso tecnologico sia di ordine qualitativo che quantitativo. Senza intaccare i profitti delle aziende, la diminuzione dei costi dovrebbe infatti consentire ai consumatori di acquistare più prodotti, migliorando il loro tenore di vita. La presenza dell’inflazione, invece, sottrae loro una parte dei vantaggi derivanti dal progresso tecnologico. L’aumento inflazionistico dei prezzi si oppone all’aumento “tecnologico” del potere d’acquisto, riducendo l’incremento “quantitativo” dei redditi reali. A questo riguardo è utile chiarire che, mentre si può immaginare di valutare il tenore di vita in termini quantitativi, la variazione patologica del potere d’acquisto della moneta non dipende dalla quantità di merci cui è associata. Tuttavia, il progresso tecnologico, pur frenando le ripercussioni quantitative dell’inflazione, non è il vero rimedio. Infatti la perdita di potere d’acquisto è solo apparentemente compensata dalla diminuzione tecnologica dei prezzi, che il realtà fa si che l’inflazione sottragga una maggiore quantità di merci ai titolari di reddito. In definitiva, la perdita di potere d’acquisto non va misurata in termini quantitativi, ma proporzionalmente alla diminuzione del contenuto reale (in “valore”) della moneta. La correlazione tra stabilità dei prezzi ed equilibrio monetario sarebbe vera solo se gli stessi prezzi non subissero variazioni legate al progresso tecnologico o alle esigenze ridistributive pubbliche e private. Siccome questa variazioni fanno parte del nostro sistema economico, l’indice dei prezzi calcolato in base al tradizionale paniere di merci non è un indicatore molto approssimativo degli squilibrio monetari. In definitiva, l’inflazione è un concetto che va distinto da quello di costo della vita. (vedi capitolo 10). 4.2 L’inflazione da domanda e l’inflazione da costi: analisi critica Vedi cap. 10 L’inflazione da domanda Vedi cap. 10 L’inflazione da costi Vedi cap. 10

Page 25: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

25

4.3 Inflazione e intermediazione bancaria Consumo, risparmio, intervento pubblico e domanda globale Riferiamoci alla versione moderna della teoria quantitativa in cui moneta e prodotti formano un unico insieme. Analizziamo la possibilità che il comportamento dei consumatori e/o dello Stato porti a una modifica del rapporto interno tra moneta e prodotto. Il comportamento dei consumatori è monetariamente neutro (vedi cap. 10) Supponiamo che in periodi particolari, quali quello bellico, i consumatori siano costretti a risparmiare una parte importante del loro reddito e che, al venir meno delle restrizioni, essi decidano di spendere quanto precedentemente risparmiato. In quel periodo la spesa verrebbe quindi finanziata sia dal reddito corrente sia da quello accantonato nei periodi precedenti. La domanda globale aumenterebbe quindi rispetto all’offerta corrente, provocando un aumento dei prezzi al consumo che ridurrebbe il potere d’acquisto di ogni singola unità di moneta. Questo ragionamento presuppone che il reddito risparmiato dai consumatori non potrà essere speso (quando le mutate condizioni socio-economiche lo consentiranno) che dagli stessi consumatori. È evidente innanzitutto che, per i consumatori, il razionamento porta a un’accumulazione di risparmio equivalente all’ammontare delle spese militari. La produzione di armi, per esempio, genera un reddito che non è speso direttamente per finanziarne l’acquisto. Ma questo non significa che il reddito risparmiato non è speso per coprire i costi di produzione delle armi. Non è rilevante che le armi non vengano direttamente acquistate dai consumatori. Infatti, la produzione di armi viene pagata dallo Stato, che per farlo deve disporre delle risorse finanziarie necessarie. Tale reddito corrisponde esattamente a quello risparmiato dai consumatori. La copertura dei costi di produzione delle armi è cosi fornita dai titolari di reddito, il cui risparmio è prestato all’industria bellica. Il susseguente intervento dello Stato servirà poi a determinare la natura, reversibile o irreversibile, di tale risparmio. Se il finanziamento è ottenuto mediante vendita di titoli pubblici, i consumatori si limitano a trasferire solo temporaneamente il loro reddito allo Stato; se invece sono sottoposti a un maggiore onere fiscale, il trasferimento sarà definitivo. A meno che lo Stato non finanzi la produzione bellica mediante una semplice emissione monetaria, il risparmio forzato non può quindi essere all’origine di nessuno squilibrio inflazionistico. In termini più generali, il comportamento dei consumatori non è in grado di modificare le regole inerenti all’uso della moneta bancaria. Inflazione e intervento pubblico (vedi cap. 10) Teorici sostenitori della teoria secondo cui lo Stato è all’origine di un aumento inflazionistico della domanda: - Teorici dell’inflazione monetaria: l’intervento dello Stato porta ad un aumento della domanda rispetto all’offerta. Consideriamo dunque l’effetto inflazionistico dell’intervento pubblico sul rapporto tra moneta e prodotto nazionale. Come gia osservato nella produzione bellica, è errato sostenere che l’intervento dello Stato abbia un effetto unilaterale sulla domanda. Verifichiamolo di nuovo rispetto: - alla funzione ridistributiva dello Stato: la domanda globale non può essere modificata, poiché la sua misura è determinata dalla somma dei depositi bancari (che rimane invariata e indipendente dall’identità dei suoi titolari). Siccome i depositi bancari definiscono il reddito disponibile sotto forma di capitale-tempo e siccome il reddito disponibile definisce la domanda globale, il rapporto tra moneta e prodotto non può essere modificato dalla semplice ridistribuzione del reddito. - agli investimenti produttivi dello Stato: la produzione di beni pubblici, oltre ad accrescere il reddito disponibile e quindi la domanda aggregata, accresce anche l’offerta globale in misura equivalente. Relativamente al processo di monetizzazione, la produzione dello Stato (cosi come la produzione privata) genera un indebitamento cui le aziende produttrici fanno fronte

Page 26: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

26

con la vendita dei loro prodotti e definisce la formazione del reddito necessario e sufficiente alla copertura dei loro costi. Quindi il prodotto delle aziende pubbliche (armi, buche, servizi ecc.) è parte integrante del prodotto nazionale e contribuisce alla determinazione dell’offerta globale, cosi come i redditi creati dall’attività lavorativa svolta da queste aziende contribuiscono alla determinazione della domanda globale. - Teorici dell’inflazione strutturale: - agli investimenti produttivi dello Stato: lo sviluppo dei paesi più poveri richiede l’intervento infrastrutturale dello Stato per attirare investimenti privati, che però non ha i mezzi fiscali e monetari per coprire tali costi. Sebbene la produzione di nuove infrastrutture nei paesi più poveri comporti la formazione del reddito sufficiente al loro finanziamento, lo Stato non riesce (mediante fisco e vendita di titoli pubblici) a beneficiare del trasferimento richiesto per la totale copertura dei costi di produzione. Lo Stato può dunque finanziarsi all’estero o emettere moneta vuota (BC) che si aggiungerebbe a quella precedentemente associata al prodotto nazionale, provocandone il “gonfiamento” e intaccandone il potere d’acquisto. Le infrastrutture vengono cosi pagate dai residenti attraverso la diminuzione inflazionistica del loro potere d’acquisto. Quindi, non è l’intervento imprenditoriale dello Stato a causare inflazione, ma la copertura del disavanzo pubblico tramite emissione monetaria, che modifica il rapporto tra moneta e prodotto nazionale. Nessuno dei comportamenti finora analizzati è causa effettiva di uno squilibrio inflazionistico. Banche secondarie, facilitazioni di credito e inflazione Le banche secondarie accordano crediti con troppa facilità, aumentando la domanda di beni di consumo e provocando quindi una crescita inflazionistica dei loro prezzi. È necessario, analizzare le operazioni di intermediazione monetaria e finanziaria svolte dalle banche secondarie. Intermediazione monetaria: le banche secondarie, consentendo la monetizzazione della produzione, contribuiscono all’aumento dei depositi bancari. A questo aumento si accompagna quello, equivalente, del prodotto nazionale. La nuova moneta è “piena” del nuovo prodotto e definisce quindi, simultaneamente, una domanda e un’offerta di ugual valore. A questa intermediazione monetaria si accompagna sempre anche un’intermediazione finanziaria. In effetti, il reddito nato dall’operazione di monetizzazione ha forma di deposito bancario ed è quindi immediatamente prestato alle aziende produttrici che lo usano per finanziare il loro debito nei confronti del sistema bancario per coprire i loro costi di produzione. L’ammontare del nuovo reddito è dunque interamente assorbito dalla nuova produzione ed è impossibile che contribuisca a creare o ad aumentare il divario tra moneta nazionale e prodotto nazionale. Intermediazione finanziaria: supponiamo che BS1 monetizzi una produzione il cui costo è di 10 unità di salario e che accordi crediti al consumo per 120 unità. Se il beneficiario del credito C1 paga un agente economico C2, cliente di un BS2, BS1 è indebitata con BS2. Quindi BS1 accorda crediti esuberanti di 20 unità, cioè 20 unità delle 120 versate da C2 a BS2 sono create senza che a esse corrisponda nessun prodotto reale. Lo scarto inflazionistico può essere evitato solo se BS1 si astiene dal prestare 120 a C1. Dal punta di vista contabile, tuttavia, l’equilibrio tra attivi e passivi è garantito, cosi come il principio della contabilità a partita doppia. Il credito accordato a C1 porta però all’indebitamento di BS1 nei confronti di BS2 e richiede quindi l’intervento del meccanismo di compensazione interbancaria. Il fatto che BS1 accordi crediti esuberanti aumenta il rischio che il suo debito nei confronti delle altre banche non sia coperto da un credito equivalente, situazione che lo costringerebbe a ottenere un prestito dalla BC. Il rischio dell’indebitamento interbancario e il meccanismo dei regolamenti lordi in tempo reale* (*Meccanismo dei regolamenti lordi in tempo reale: il pagamento di C2 può avvenire solo se BS1 beneficia di un credito equivalente da parte di BS2) contribuiscono così a limitare le possibilità che l’attività creditizia delle banche sia di natura inflazionistica.

Page 27: Riassunto Monetaria a Sara Lurati

Riassunto Teoria e Istituzioni Monetarie A – 2011/2012 – Sara Lurati

27

Ora rimane solo una possibilità aperta: la concessione eccessiva di crediti che portino alla formazione di un deposito equivalente presso BS1. Supponiamo che una BS conceda prestiti per un ammontare superiore a quello dei depositi nati dalla produzione e che il reddito prestato venga speso per l’acquisto di questa stessa produzione (vedi figura pag. 137). (1) monetizzazione della produzione e formazione di un reddito di 100 unità (2) prestito di 120 unità a favore dei clienti C Sebbene i depositi nati dalla produzione siano solo di 100, BS ne presta 120. (3) alla fine della giornata BS ritrova dei depositi complessivi di 120 unità che coprono interamente il credito accordato a C. La mancata distinzione tra emissione monetaria e intermediazione finanziaria porta cosi a un aumento inflazionistico dei depositi bancari di 20 unità.