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CACCIA GROSSA !! IL FORTE DI BIBBIONE ANTICA DIMORA DEL MACCHIAVELLI Accadono nella vita delle persone alcuni fatti che ne determinano cambiamenti di abitudini e di gusti o soltanto di opinioni e questo che leggerete e’ capitato a me’ cacciatore di fringuelli. E’ pur vero che i poveri pennuti sono negli anni venuti a calare in modo preoccupante , e giustamente le autorità venatorie un bel giorno hanno deciso di limitarne , anzi di vietarne per diversi anni la caccia. Ed io che invece amavo cacciare alla cerca avevo un vecchio Franchi in calibro 20 che portavo in lunghe passeggiate per boschi e campi e la preda più frequente erano gli uccelli di piccola taglia che più numerosi era facile incontrare. Anche gli altri di passo si sono fatti negli anni ancor piu’ rari ed il giorno che i calendari venatori tolsero dalla lista cacciabile i fringuelli mi ritrovai una borsa di cartucce a pallini che non sapevo più come sfruttare. Capita che Marco, un mio carissimo amico mi raccontasse meraviglie della caccia al cinghiale come avventurosa ed appassionante, e comunque diversissima dalle mie abitudini ed un giorno dopo tanto insistere mi portò a conoscere il suo gruppo. Partiti con il mio compagno Mauro, ci ritrovammo al raduno nel bar del paese dove conoscemmo capi caccia e canai. Lì venne stabilito dove andare a tracciare, cosa a me sconosciuta, e l’orario di ritrovo per decidere dove metter caccia. Giusto per insegnare a me ed a Mauro la pratica della tracciatura, ci separarono e fummo assegnati a due della squadra esperti tracciatori . Non so dove finì Mauro, ma io scelsi di andare con un cacciatore che ha un nome strano come il mio e si chiama Ademaro. Arrivammo al forte di Bibbione, antico possedimento del Macchiavelli. Era una mattina serena, la notte una luna da balzello aveva partorito una brina alta due dita, e di buona lena siamo scesi a margine delle vigne di Chianti per una pista tracciata dalla ruspa, larga e comoda che costeggiava un bosco misto di acacie e carpini.

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CACCIA GROSSA !!

IL FORTE DI BIBBIONE ANTICA DIMORA DEL MACCHIAVELLI Accadono nella vita delle persone alcuni fatti che ne determinano cambiamenti di abitudini e di gusti o soltanto di opinioni e questo che leggerete e’ capitato a me’ cacciatore di fringuelli. E’ pur vero che i poveri pennuti sono negli anni venuti a calare in modo preoccupante , e giustamente le autorità venatorie un bel giorno hanno deciso di limitarne , anzi di vietarne per diversi anni la caccia. Ed io che invece amavo cacciare alla cerca avevo un vecchio Franchi in calibro 20 che portavo in lunghe passeggiate per boschi e campi e la preda più frequente erano gli uccelli di piccola taglia che più numerosi era facile incontrare. Anche gli altri di passo si sono fatti negli anni ancor piu’ rari ed il giorno che i calendari venatori tolsero dalla lista cacciabile i fringuelli mi ritrovai una borsa di cartucce a pallini che non sapevo più come sfruttare. Capita che Marco, un mio carissimo amico mi raccontasse meraviglie della caccia al cinghiale come avventurosa ed appassionante, e comunque diversissima dalle mie abitudini ed un giorno dopo tanto insistere mi portò a conoscere il suo gruppo. Partiti con il mio compagno Mauro, ci ritrovammo al raduno nel bar del paese dove conoscemmo capi caccia e canai. Lì venne stabilito dove andare a tracciare, cosa a me sconosciuta, e l’orario di ritrovo per decidere dove metter caccia. Giusto per insegnare a me ed a Mauro la pratica della tracciatura, ci separarono e fummo assegnati a due della squadra esperti tracciatori . Non so dove finì Mauro, ma io scelsi di andare con un cacciatore che ha un nome strano come il mio e si chiama Ademaro. Arrivammo al forte di Bibbione, antico possedimento del Macchiavelli. Era una mattina serena, la notte una luna da balzello aveva partorito una brina alta due dita, e di buona lena siamo scesi a margine delle vigne di Chianti per una pista tracciata dalla ruspa, larga e comoda che costeggiava un bosco misto di acacie e carpini.

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LA STRADELLA LARGA E COMODA Il costone ripido era di una terra ghiaiosa di ciottoli rotondi, nel bosco fitto si camminava ancora bene, ma nello sterrato bisognava far attenzione a non ruzzolare su quelle biglie rotonde. Si usava allora andar a tracciare con la speranza di tirare al merlo ed anche a qualcosa di meglio , così nel fucile mettevamo cartucce a pallini, e due palle Brenneke in tasca tanto per fare. Ognuno guardando il suo lato della pista, si cercavano sui bordi e davanti alle uscite dalla macchia le tracce del cinghiale, ma fino a quel tratto non pareva zona gradita dal suide. In fondo al costone, lungo il fosso macchie spinose di biancospino segnavano il tracciato di un viottolo appena sufficiente per una persona, e lì un cagnetto scuoteva il suo bubbolo ed ogni tanto lanciava un abbaio fioco. Pensai che dei leprai cercassero la baffona e d’istinto mi sporsi dal ciglio per guardare in basso , ma il bosco alto non consentiva in quel punto la visuale del fondo valle. Però la ruspa proprio lì aveva accompagnato la terra per creare uno sgrondo, tagliando la macchia a lato della strada e così potei vedere un po’ più in profondità fra i carpini e le acacie. Come in un flash vedo traversare questo strappo da una montagna di pelo brinato che camminando parallelo alla strada risaliva il costone. Allora certo più svelto di adesso , lancio un grido al mio compagno e gli dico:- un cinghiale ! risale il bosco, corri !- mi volto indietro in salita e correndo cerco di cambiare le cartucce, lascio cadere in terra quelle a pallini ed infilo in canna una palla. L’animale costeggiando la strada incontra un altro taglio della ruspa, e mi si mostra per un attimo. Io ormai imbracciato riesco a sparare una palla in mezzo ai rovi. Sul colpo il verro si ferma ed appoggiato ad un piccolo carpine lo scuote forte. Io non capisco cosa succede, ma comunque incamero l’altra Brenneke e mirando e tremando d’emozione tiro un altro colpo nel mucchio. Intanto Ademaro mi raggiunge, non ha visto l’animale e vedendomi sparare nelle acacie, mi guarda e chiede notizie. Il cinghiale intanto sul secondo colpo si svincola dal carpine e rotola fra i rovi giù nel dirupo. Con due parole decidiamo che io scenderò nel bosco a seguire la traccia del verro e lui resterà in alto per guidarmi con la voce. Scendo e vedo che in basso il bosco si dirada e posso guardare meglio in più direzioni. Incontro una vecchia strada di boscaioli, larga ed incisa nel fianco della collina ed

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FINALMENTE VEDO IL VERRO AL MARGINE DELLA STRADELLA aggiro il costone fin sotto dove il verro ruzzolando ha lasciato nei rovi una bella strisciata di pulito. Guardo in alto, guardo in basso e non vedo niente, ne sangue ne’ altro. Cammino oltre le tracce, guardo fino al fosso, torno verso il mio compagno,lo chiamo ed anche lui si avvicina al punto dove ho tirato il secondo colpo. Tracce di trascinamento ed infine dentro un rotolo di rovi, in una sorta di trincea a margine del viottolo ecco il verro morto. Ero talmente eccitato che l’avevo quasi calpestato senza vederlo, caccio un grido e chiamo giù il mio collega. Ci mettiamo a guardarlo. All’epoca avevamo delle radio grosse come mattoni e poco efficienti, e dato che eravamo abbastanza in basso rispetto alle colline, da lì i nostri amici non ci avrebbero sentito, ed i cellulari non c’erano ancora nel ’92. Allora lui, dotato di una Panda 4x4 , sarebbe risalito un po’ per cercare di collegare qualcuno degli altri compagni ed io sarei rimasto a guardia del nostro verro. Così deciso si allontana e resto a rimirare la mia preda tronfio orgoglioso e stordito dall’emozione. Il mio primo giorno al cinghiale mi capita di beccare una bestia così grande ! e che zanne ! le misurai in seguito e la più lunga era 16 centimetri. Per ingannare il tempo preparo un bel palo lungo , poi mi metto a togliere da dosso all’animale i rovi in cui si era avvolto cadendo , poi cerco di portarlo in mezzo al viottolo per poterlo poi legare e trascinare, ma riesco a malapena a giralo. Nei lontani ricordi di campagna avevo visto tanti maiali rosa grossi anche oltre due quintali, e questo maialetto scuro non mi pareva poi gran che. All’arrivo dei compagni mi presero tutti in giro per queste considerazioni e potei vedere al momento di trascinarlo quanto era pesante. Mentre si legava il verro, il cagnetto che avevo sentito arrivò lì da noi e poco dopo anche i cacciatori che lo seguivano;. Un cinghiale così all’epoca non era frequente da vedere e raccolsi anche i complimenti dei leprai, che di buon grado ci aiutarono a trascinarlo fin su alla strada . Poi legato alla Panda lo portammo fino all’asfalto e da lì con una vecchia Renault 4 a casa di un amico fabbro che ci prestò l’argano a catena per appenderlo e pulirlo. Era un bastiaccia pelosa e fangosa con un pelo arruffato e lungo, puzzava come un cesso, ma io ero leggero come una piuma.. Ademaro da consumato cinghialaio era pratico della sistemazione della carcassa, con poche mosse l’apri’ , tolse con attenzione le parti sfruttabili, scartò

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ADEMARO SISTEMA IL VERRO E MAURO A DESTRA SUA PARTECIPA la ferita e lavò con cura sia l’interno che la pelliccia. poi sul ceppo del fabbro divise i tagli. Io rimasi ammirato da questa sequenza di manovre e negli anni successivi mi ingegnai di imparare. Poi con calma ci riunimmo al resto degli amici e tutti insieme ci portammo sul San Michele per la battuta, che io vissi distratto dallo smaltire l’adrenalina del mattino. Prendemmo un altro verro , colpito dal mio amico Marco in un profondo canalone che richiese molte braccia per il recupero. La giornata finì con grande allegria di tutti, in quegli anni la squadra prendeva venticinque cinghiali a stagione ed erano frequenti le giornate in cui si andava in bianco. Altre volte in quell’ anno sono tornato a caccia di uccelli, ma il pensiero di trovare ancora un cinghiale mi seguiva sempre , finchè mi decisi ad iscrivermi alla squadra ed abbandonare le cartuccine. Negli anni mi e’ poi capitato di prendere cinghiali anche grossi ma zanne come quelle non ne ho viste più . Mi viene di ringraziare Marco che mi ha iniziato in questa caccia così emozionante ed anche Ademaro, amico e maestro di quella volta lì Libero 2012

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CINGHIALI IN CALIFORNIA

Il castello del borgo di Castelfalfi in estate Non quella americana, ma la nostra California che non ha niente da invidiare all’altra. Dovreste vederla nelle mattine di novembre quando il sole fa’ capolino dalle pinete di Montignoso , frà la bruma che sale dai fossi, la struggente dolcezza delle colline, dei calanchi e le dune di stoppia e il verde del grano appena nato, i vecchi casolari diroccati sul colmo dei calanchi che aleggiano di novelle di maghi e fate e le stradine bianche stile pollicino. Non sarà un caso che frotte di turisti stranieri scelgono di stare qualche giorno da noi in Toscana, quì al confine fra Pisa e Firenze , fra piccoli borghi antichi, Villamagna , Iano , Castelfalfi che la sera, quando accendono le luci sembrano presepi. Ma per noi cacciatori e’ ancora più affascinante per le possibilità offerte negli ultimi anni per la presenza di selvaggina nobile , caprioli e cinghiali ben rappresentati. E’ un bel territorio per cacciare , poco abitato , ancora com’era cent’anni fa’ , poca gente , poco disturbo. Io ho in assegnazione un territorio per la selezione al capriolo ai margini di aree riservate e di queste una e’ di un amico , Antonio anche lui selecacciatore con cui facciamo lunghe chiacchierate di armi e calibri e che un bel giorno , un bellissimo giorno mi ha fatto dono di un invito per un abbattimento di cinghiali che devastano sistematicamente le sue piagge di grano seminato.

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Ecco il primo animale E dato che il cinghiale e’ una mia passione condivisa con Mauro mio amico e cognato , ho pregato perché venisse con mè . Arriva il giorno ed eccomi alla casa di caccia , dove trovo cacciatori e canai di una squadra del mio paese , gente conosciuta e fra loro diversi amici , ed il figlio maggiore di Antonio , Dario che conduce la caccia . E’ una giornata di fine novembre , ci sono in terra ancora leggeri residui di una breve nevicata di ieri notte, non c’e’ sole ma non minaccia altro disturbo . Intanto diversi cacciatori sono andati in giro a cercare tracce per stabilire in che zona le bestie nere sono rimesse e dalla casa dopo poco si vedono lontani camminare lungo le prode. Quando rientrano eccitati subito si creano gli equipaggi sui fuoristrada e traversato un canalone ci disponiamo in cerchio per chiudere dentro le poste un piccolo calanco che interrompe una grande costa seminata. Un bel terreno per il cinghiale , la vegetazione e’ quasi esclusivamente di biancospino , qualche olmo , ginestre e rovi , tanti , ed in questa macchia fori di passaggi frequenti bianchi del fango di argilla degli insogli che sono nel calanco . Non mi era mai capitato di stare alla posta in mezzo al seminato , un tappeto verde a perdita d’occhio alto si e no cinque centimetri , una visuale su tanta area di caccia , in vista di almeno una decina di compagni schierati con le giacche arancio e mi sentivo piuttosto sicuro anche dai rischi sempre presenti di una caccia da fare con le dovute cautele. Il campo degrada verso il fosso principale , io sono la quinta posta a metà salita circa , sotto di me Marco , amico fraterno e compagno di caccia assiduo , ancora più sotto Mauro e più giù ancora tre poste , poi altre dall’altra parte fino a risalire al crinale. Si da’ inizio , si sciolgono i cani ed entrano nella macchia Antonio ed altri due canai. Neanche passano cinque minuti che si scatena il finimondo !

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Ad una vista simile riuscireste a mantenervi calmi ? io no di certo Cominciano ad uscire dalle fòre gruppi di cinghiali che entrano nel seminato correndo a mille , tre alla posta sopra di mè , uno viene colpito ma non si ferma , ed il mio compagno da sopra continua a sparare cercando di colpirlo senza riuscirci. finchè la bestia camminando lentamente si ribalta davanti a mè . Io miro al secondo e lo colpisco con la mia vecchia BAR e capitombola in forza del pendio , al terzo cerco di sparare aspettando che oltrepassi la linea delle poste fra mè e Marco , però se ne và correndo finché non lo vedo più. Dopo appena dieci minuti un’altra brigata esce sotto di mè ma non posso sparare perché sulla mia linea vedo le poste in fondo , così non e’ per Marco che ferma un cinghiale ed un altro ne ferisce a morte ma questo continua a correre verso la macchia del fosso in fondo al vallone . Vista la scena corro per finirlo ed anche Marco scende insieme a mè. Arrivati alla macchia nel punto dove l’animale e’ entrato , tracce di sangue sulle spine ed un passaggio che mi permette di scendere nel fosso . Ma le tracce nel fosso non ci sono , torno indietro per riprenderle nel campo , torno nel fosso ed allora ? non volano mica ! Finché guardando il ciglio dal basso una macchia di ombra alta fra le spine - ma sì , il cinghiale ha corso con le ultime forze e si e’ tuffato nella macchia restando sospeso su di una forca a due metri da terra ! . Bene, torniamo in posta , intanto nel centro del calanco i cani continuano a battagliare ed altri animali escono in alto accolti da serenate allegre . Marco mi confida che non pensando di trovare tanti animali , non ha preso la cartuccera e quindi gli restano tre cartucce soltanto e dato che usa un calibro 20 , pochi altri e non vicino a noi ne possono avere da prestargli . In quel mentre un trattorino peloso esce davanti a lui ,che mira e spara tutti i suoi colpi finché il verro si ribalta , sembra fatta, ma un paio di minuti dopo barcollando si rialza e grazie alla forte pendenza s’incammina ruzzolando e rialzandosi più volte verso il fosso. Mauro però attento e pronto con una piccola corsa arriva a tiro e lo ferma. E’ grosso , proprio grosso,fangoso e spettinato,sarà pieno di zecche e puzza come un cesso, ma ha tre fori nelle costole. Nel calanco la battaglia continua ed altri animali escono , la sparatoria continua ancora per un po’ e finalmente viene dato il segnale di stop .

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Il verro di Marco poi fermato da Mauro Saranno usciti almeno una trentina di animali , aveva ragione Antonio a lamentare danni , in effetti il grano e’ arato a zone e pieno di buche . Probabile che i cinghiali , cacciati fin sui confini della riserva già dai primi di ottobre , si rifugino qui dove trovano cibo acqua e tranquillità e si concentrino in numeri certo insopportabili . Ci spostiamo di poco e vengono di nuovo disposte le linee di posta , a me tocca sul crinale e mi viene raccomandato ,viste esperienze precedenti , di non sparare dalla linea di cresta ma di stare alcuni metri indietro così che eventuali colpi vadano nel terreno e non lontano nella costa verso i canai . Bene , intanto dalla cresta posso guardare la cacciata e vedo quando vengono trovati i cinghiali , seguo i tiri da lassù finché un cinghialetto invece di seguire la strada degli altri, torna indietro e viene verso di mè. Così rispettando le consegne , non gli tiro quando traversa le strada, facile come sparare ad un barattolo , nel pulito ed in salita , ma aspetto che valichi la cresta ed entri in piaggia , dove clamorosamente lo fallisco restando a guardarlo correre in discesa lì come un allocco. Ma sì che gli rovescio dietro tutti i colpi della BAR , ma non mi e’ mai capitato di colpire un cinghiale oltre i 20-30 metri con qualsiasi fucile abbia tirato . Per fortuna le altre poste hanno fatto di meglio e così viene deciso di fermarsi visto che i cani intanto sono saggiamente rientrati . Non mi ero accorto che alla seconda cacciata mancasse qualcuno , invece troviamo fuoco acceso , pasta quasi pronta e carne alla brace che ci abbraccia con il suo profumo appena scesi di macchina alla casa di caccia. Inevitabile presa di giro per la padella , ma un cinghiale comunque l’ho preso anch’io , e giu’ risate ed allegria . Intanto il tempo passa , troppo in fretta perché in buona compagnia si sta’ davvero bene , ma bisogna recuperare i cinghiali , che sono tanti . Torniamo così sulla prima battuta e parlando fra noi stabiliamo che ci sono nove animali da recuperare, mentre negli altri posti sono già sulla strada tre animali che non necessitano di ulteriori operazioni di recupero.

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Gli animali in fondo al calanco prima del carico Ecco che emerge il problema , non possiamo scendere il costone con un trattore , si spaccherebbe il terreno e si danneggerebbe ancor di più il grano. Bisogna , tramite una stradella traversare il fosso e passando per un incolto scendere fino ad arrivare davanti alla zona cacciata, ritraversare a piedi il fosso , trascinare a braccia le bestie e caricarle su qualche mezzo adatto. Antonio dispone di un PIK-UP con ruote molto tassellate che nel cassino può mettere diversi animali , portare persone per aiutare ed anche io, solo fra gli altri, ho le ruote tassellate al mio Galloper, ma non mi sono mai azzardato ad entrare in questi terreni argillosi zuppi d’acqua di novembre . Ma il giorno finirà presto , e fra mille tentennamenti mi decido. Vedo Dario passare nell’incolto con il pik-up , non sbanda e sembra procedere bene, così mi faccio coraggio e parto . Io Mauro e Marco sfruttando la pista tracciata da Dario arriviamo in zona. Sempre in macchina mia ci sono in quantità teli di nailon , sacchi neri e corde robuste , e con queste formando una catena si trascinano gli animali su per il fosso fino alle macchine , con fatica , uno alla volta e si caricano sulla macchina di Dario . Anche sulla mia quattro più piccoli che vengono sistemati proteggendo il resto del carico con i teli. Alcuni di noi sono scesi a piedi dalla costa ed adesso visto che intanto si e’ fatto buio non hanno voglia di risalire a piedi fino al crinale . E così ci ficchiamo in cinque nel Galloper, e con quattro cinghiali in bauliera tentiamo di risalire l’incolto e tornare nel mondo civile dove le strade sono strade seguendo i fari di Dario che con cinque grossi cinghiali nel cassino ed il pieno in cabina risale il costone sculettando . Non vi dico che sensazione di guida portare una vettura in quel terreno zuppo d’acqua con un carico folle ! Le ruote tassellate prendono bene ma affondano parecchio, ed a tratti sento sforzare il motore pur con le ridotte !

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Mauro alla casa di caccia cambiato e pulito pronto per i ritorno E che odori in macchina ! cinghiali bagnati ed uomini sudati ….Al colmo della tensione mentre in macchina si ride e fa chiasso,arriviamo ad un punto lungo la pista dove anche grazie al nostro precedente passaggio , un ristagno di acqua si e’ allargato e quando tento di passare la macchina si intraversa e non prosegue. Torno indietro e cerco di mettere le ruote nel sano , seconda ridotta, accelero a tutta, ricopro il parabrezza di schizzi d’argilla grigia , sbando ancora ma passo oltre . Non ho detto nulla , anzi ridevo anch’ io ma ho preso un discreto spaghetto , al buio, carico come una botte se restavo lì bisognava trovare un trattore e sicuramente fare tardi. Appena la strada e’ diventata uno sterrato solido, l’avrei baciata volentieri. Siamo così arrivati sul crinale per recuperare la macchine di tutti e poi alla casa di caccia per festeggiare la giornata. Da lì poi alla macelleria per sistemare la carne, ma questa non e’ storia, altri se ne sono occupati . Rimane forte ed indelebile il ricordo di una giornata di caccia , vissuta al massimo dell’ adrenalina che probabilmente mai più mi ricapiterà , regalata da un amico che non mi chiede nulla in cambio e che voglio ringraziare con questo racconto , scritto anche a distanza di tempo ma giusto per ricordare prima che il calendario mi sia nemico. Grazie ad Antonio e Dario Libero 2012

Novembre 2006

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CHE COMBINAZIONE !!

IL MERAVIGLIOSO SPLENDIDO UNICO (MIO ) COMBINATO ZOLI – CORONA - Passo dal mio amico Ivo in armeria poco prima delle feste di Natale. Ho bisogno di cambiare i miei scarponi invernali : Per la verità non sono molto deciso, affezionato ai vecchi, ma mia moglie, più saggia di mé insiste. E nel curiosare in giro per il negozio aspettando che Ivo si liberi dai clienti che sta’ servendo , senza volere, oppure no, do una scorsa alle vetrine dei fucili. Usati e nuovi , fucili e carabine sono ben esposti in vetrine illuminate . In compagnia di alcune carabine da cinghiale fa’ capolino un combinato Zoli , quel Corona che ho visto descritto in un paio delle riviste di caccia che acquisto tutti i mesi. Ne parlano molto bene , eppoi io sono un sostenitore del prodotto Italiano e mi intriga molto vedere in mano questo nuovo fucile. Intanto Ivo si libera , ed ancora prima delle scarpe mi faccio estrarre di vetrina il combinato. E’ ancor meglio di come appariva sulla rivista, maneggevole , molto ben eseguito e curato nelle forme. Ha poi un sistema di sicura a slitta tipo Spanner, che per le mie cacce va’ molto bene. Anche la Laura sembra incuriosita da questo strano fucile , e mentre io restituisco l’oggetto ad Ivo , mi domanda serena perché non lo prendo se mi piace così tanto ! Resto sorpreso da questa proposta, ma non lascio cadere l’occasione , e concludo l’affare. A casa come i ragazzi mi balocco tutta la sera con questo oggetto del desiderio , collaudo la sicura a slitta e provo gli scatti, sono molto soddisfatto. Viene finalmente il sabato e così posso portare a caccia il Corona. Faccio parte di una squadra di cinghialai in quel di Greve , ed abbiamo a disposizione uno dei più bei territori del Chianti , le pendici del Monte San Michele, area boscosa con tutti i tipi di bosco della Toscana centrale. A nord sotto sole paline di castagno ed a sud bosco misto di pino e roverella con un bel sottobosco di erica arborea , ( scopa ) nascondiglio per eccellenza del nostrano suide. Senza contare che vaste aree percorse da incendi anni addietro sono coperte da macchie di biancospino tanto fitte che a stento i cani possono visitarle. Ritrovo al bar ancora a buio , e dopo il sacrificio di qualche cornetto ognuno parte per la tracciatura. Questa consiste nel percorrere un tracciato concordato con gli altri per cercare le impronte dei cinghiali e le zone dove nella notte abbiano pascolato, per poter giudicare al meglio dove poi si siano rimessi e distribuire la cacciata nella zona più popolata di cinghiali. E’ questa la parte della giornata di caccia che mi piace, perché da soli nel bosco possiamo godere delle possibilità che questo offre, incontri con animali meravigliosi anche cacciabili e non, caprioli qualche volta il cervo , qualche volta il cinghiale .

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I VIGNETI DI GREVE IN CHIANTI All’ora stabilita tutti al ritrovo presso un grande capanno dove possiamo mangiare vicino al fuoco ed infine quando tutti sono sistemati bisogna stabilire la distribuzione delle poste. Non c’e’ verso di evitare la solita baraonda dato che questa caccia e’ principalmente un’occasione di ritrovo di amici che si frequentano da anni , che a gruppi si attardano nella conversazione a volte ignorando i richiami del capo-caccia. Queste manovre si protraggono per gran parte della mattina , tanto che raramente siamo pronti prima delle undici, e questo consente agli altri cacciatori di concludere la mattina di caccia senza essere disturbati da noi. Infine si forma un cerchio nel piazzale con i postaioli validi , che vengono numerati con il gioco della bottiglia, mentre i cacciatori meno validi in disparte , vengono distribuiti come prime poste una volta arrivati nella zona di caccia. Partenza per la caccia e di nuovo casino, tutte le auto vogliono partire per prime e giù clacsonate ed urla e polverone ed in fine , finalmente , via tutti. Intanto i canai si accordano per la cacciata e le poste , arrivate nella zona si dispongono in una possibilmente linea retta senza creare angoli pericolosi. Quando tutti sono pronti i canai liberano i guinzagli e per i postaioli c’e’ solo da aspettare, magari ma raramente in silenzio , il passaggio del verro. Negli ultimi anni si sono resi disponibili dei piccoli apparecchi radio che hanno permesso un grosso incremento della sicurezza, facilitando la conoscenza della posizione di ognuno, compreso gli ordini di inizio e fine cacciata. Questa mattina ansioso di sfoderare il Corona , cerco di partire ancora prima e mi faccio portare sulla strada di Lamole, per visitare un tracciato di un paio di chilometri che mi porterà vicino ad una fattoria dove un’altro compagno mi recupererà portandomi poi al capanno. Scendo di macchina ed appena a distanza metto in carniera la foderina , apro i fucile e metto in canna una TUG da 180 grani ed un Gualandi nella canna liscia . Il percorso mi piace , parte dalla zona delle vigne di Poggio

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IL BOSCO DI SCOPE ALTE DA CUI SONO SCESI I DUE ANIMALI all’ Olmo, entra nei castagneti e traversa una zona di scope dove un viottolo appena tracciato gira il poggio fino ad un’antica strada ora chiusa da stanghe. Non ho molto tempo , non posso fermarmi ad ascoltare il merlo e cercare il tiro al sassello come si faceva qualche anno addietro. Così presto è piuttosto freddo , anche perché il primo tratto nei castagni radi è esposto ad una brezza di tramontana pungente. Scendo fino al primo fossetto dove il sentiero s’inerpica per un tratto di scope alte piene di covi abbandonati ma che consigliano di procedere silenziosi pensando che se un tempo il posto era gradito al branco, nulla vieta che poco oltre ce ne possano essere fermi ad ascoltare. Ma nelle scope la temperatura è ben diversa, sarà per questo che ai cinghiali piacciono, ma io vestito per il freddo comincio a sudare mentre mi avvicino al tratto di camminata che dovrebbe essere più comodo Entro finalmente nella strada della stanga e mi rilasso . Questa e’ molto larga, abbandonata forse già dal dopo guerra, ma il tracciato e’ ancora in buono stato e questo fine percorso si conferma agevole da fare. Mentre considero la mia posizione una svolta della strada entra fra alte scope che in parte dal ciglio ricadono fin quasi in mezzo . Mi vengono incontro tre o quattro ghiandaie incazzate e gracchianti, come se qualcuno le avesse disturbate. Pensando di incontrare un cacciatore, tengo il fucile in spalla ed allungo il passo. I miei passi restano silenziosi per la pioggia della notte, non faccio alcun rumore anche camminando più svelto . Improvvisamente dai castagni di sopra un cinghiale salta nella strada e si mette a mangiare le ghiande di una grossa quercia. Non mi vede, sono ancora dentro le scope, mi ritraggo a ridosso del ciglio nascosto ancora meglio per seguire le mosse dell’animale. Mi volge il fianco e certo non mi vede, ma quando si gira e mi è di fronte nel timore di essere scoperto d’istinto imbraccio e miro in mezzo agli occhi, riesco bene ad inquadrare, la tacca e’ stretta ed il mirino sottile. Ma un pensiero mi viene, appena in tempo.

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AL PIAZZALE DEL RITROVO Sto tracciando per la squadra, se sparo e ci sono altri cinghiali questi partiranno e non si fermeranno per chilometri e non potremo cacciarli, aspetto fermo in mira. Passano eterni secondi, il fucile comincia a pesare mentre con un balzo un altro cinghiale scende dal ciglio ed anche questo si mette tranquillo a grufolare le foglie di quercia. Ascolto , non sento altri grugniti, non vedo altri cinghiali nel pur largo tratto di palina che posso sbirciare. Il cuore mi martella negli orecchi, non so decidere, ma non voglio indietreggiare per lasciar tranquilli gli animali. Un’occasione così ma quando mi ricapita ! Aspetto ancora sempre in mira ed infine mi decido, il tiro è troppo favorevole, bersaglio fermo e per giunta illuminato da un bel raggio di sole. Penso che comunque un cinghiale la squadra lo prenderà e non e’ detto che se anche c’e’ il branco questo si fermi dentro al nostra zona anche se non sparo . Trattengo il fiato e tiro. Il cinghiale ha un sussulto e subito si ribalta di lato, ma anche quello dietro di lui si sbatte in terra sgambettando !.. Non capisco se sono ancora su questa terra o sto dormendo nel mio letto! Ricarico e faccio per avvicinarmi che una serie di grugniti si leva da sotto la strada e mi viene incontro. Cerco di guardare nella macchia, ma i rovi sono troppo fitti e fuorché degli scuotimenti non riesco a vedere nessun cinghiale finché i grugniti si allontanano nel canalone. Evidentemente questi due animali erano in coda al branco attardati a mangiare le castagne nella palina ed erano scesi per ultimi. Mi avvicino e vedo che il primo e’ stato colpito giusto sotto lo zigomo, la palla l’ha trapassato ed uscendo ha fulminando l’altro che era dietro di traverso. Il secondo cinghiale ha un foro nella tempia vicino all’orecchio così piccolo che sembra fatto con un ferro da calza. La Tug del 30-06 , per sua costruzione e’ espansa nella sua prima parte sul primo animale ed e’ proseguita con il nucleo più duro trapassando il cranio del secondo verretto. Non sono animali molto grossi , una quarantina di chili, ma la situazione mi ha impressionato e da oggi riserverò le Tug solo per le cacce da appostamento. Considero pericolosa in battuta una palla con questa capacità di proseguire la sua corsa dopo aver attraversato il cranio e di un’animale di quaranta chili !

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MAGICA VISIONE !! Due miei compagni che sono abbastanza vicini, sentito lo sparo chiamano con la radio. Li faccio venire ad aiutarmi e quando vedono due prede stese a terra anche loro si meravigliano . Ma cosa volete, il mio nuovo fucile non e’ cosa da tutti ! Adesso si tratta di portare questi due cinghialotti indietro per la strada fino ad una fattoria molto più in basso dove il furgone della squadra possa caricarli e portarli alla casa di caccia per le operazioni di pulitura che richiedono una buona oretta. Puliti gli animali e sistemati in cella frigo, finalmente tutta la banda può risalire il monte e portare al capanno del raduno tutti i particolari dell’impresa, che peraltro è già stata raccontata in mille varianti tramite la radiolina. E lì fra pacche e commenti ho grande piacere nel far vedere il Corona agli amici e se di questi molti restano ammirati ed incuriositi, altri mi lasciano lì scuotendo la testa come per dire….. La giornata prosegue e prima di sera altri tre cinghiali vengono presi dalla squadra e caricati sul Land con soddisfazione di tutti . E’ stata una giornata lunga e carica di emozioni , ed ancora dopo qualche anno la rivedo come se l’avessi filmata . E mi accorgo d’invecchiare quando mi sorprendo per l’ennesima volta a raccontarla a chi l’ha già sentita mille volte . Ma sono cari amici e mi capiranno, d’altronde cacciatori e pescatori sono usi a raccontare solo le giornate andate dritte. Sì , sono proprio un uomo fortunato ! Libero 2012

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LA SORPRESA DEL VERRO

L ‘ ALBA SUL GRUPPO DEL SAN MICHELE VISTO DA GREVE E’ un sabato di gennaio sereno e freddo, sono nel Chianti in cima al San Michele a guardare Firenze da lontano . C è in terra una brina che sembra neve , ma l’alba limpida con il sole giallo e grande come una schiacciata all’olio rischiara la piana fiorentina e distinguo bene il Cupolone ed il campanile di Giotto. Ad est il Valdarno Aretino e’ immerso in un mare di nebbia da cui emerge il Pratomagno e la colonna di vapore della centrale ENEL di Santa Barbara . Che spettacolo curioso, sembra davvero un mare tanto la coltre bianca e’ uniforme e livellata come l’acqua di un lago. Passo diversi minuti a considerare la mia fortuna di poter godere di questo spettacolo , in questi luoghi incantati da favola . Respiro l’aria fredda e mi metto in cammino , tutto sommato il torrente giù in basso si chiama – dell’acqua diacciata- in puro stile chiantigiano, e se e’ freddo di gennaio niente da dire.. Mi son fatto portare quassù ai 900 metri del monte da Mauro , e scenderò fino in fondo valle da una vecchia strada chiamata - delle colombaie -attraverso la palina di castagno che mi permetterà di controllare le passate dei cinghiali che a mezza costa si spostano dal pascolo verso la parte a sud dove nelle scope alte hanno le lestre ( i letti, i covi ) che li nascondono durante il giorno. Luciano intanto partendo più a sud e più basso controllerà le zone delle scope e mi raggiungerà al ritrovo in fondo alla strada dove un piazzale davanti alla sbarra permette al fuoristrada di far manovra.

novembre 2011

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L ‘ ARENA DEI CERVI NELLA BRINA DEL GALESTRO ROSSO Ho con mè il mio combinato Zoli ed abbastanza lontano dalla strada principale lo estraggo dalla foderina leggera che ficco nella carniera della giacca e carico la canna rigata con la solita TUG 30-06, distolgo lo sguardo dai panorami ed incomincio seriamente a cercare per terra le tracce. Il percorso se è lungo è però facile , dopo quasi un chilometro nelle radure della vetta attraversa gli spinai di biancospino e scendendo lentamente entra nella palina di castagno . Un’estate piovosa ha facilitato la crescita delle castagne che sono tante e belle grosse. Han cominciato presto a cadere ed il terreno ne è pieno. Pur sepolte dalle foglie ormai tutte cadute i nostri cinghiali non hanno problemi a trovarle , e si vedono bene le loro piste di terriccio razzolato con il grifo. Stando attento posso distinguere gli scavi recenti anche rivoltando un po’ di terra e foglie con la scarpa confrontandola con il colore del terriccio smosso dagli animali . Si vede abbastanza bene la differenza, se le tracce sono vecchie il terriccio di castagno umido bello marrone scuro tende ad asciugare ed a schiarire , spesso piccoli ragni fanno nelle buchette la loro microscopica ragnatela che al mattino s’imbianca di rugiada, ed infine nelle tracce fresche non ci sono foglie cadute la notte. Sono ormai a metà strada, il colle svolta lentamente ed i fossi sono più profondi ed il sentiero per assecondarli fa’ ampie curve. Il silenzio non e’ completo, oltre il lontano brontolio del torrente anche il fischio di branchetti di tordi sasselli che risalgono il canalone andando a far felici i cacciatori ai capanni lassù sul crinale. Spesso le ghiandaie disturbate dai mie passi mi maledicono rabbiose e partono con un frullo rumoroso condito di stridi e gracchi. Nemmeno un alito di vento penetra nella palina, le foglie umide però non tradiscono il mio camminare e mi ricordo solo adesso di accendere la radiolina , magari qualcuno mi avrà già chiamato , pazienza. Una radura di galestro rosso vicino ad una vecchia carbonaia porta evidenti le tracce di una sosta di cervi : posso vedere quantità di tracce di tante misure girare intorno allo spiazzo come se questi grandi animali danzassero intorno prima di sdraiarsi nel galestro. Resto qualche minuto ad osservare pensando che magari un bel giorno anch’io potrò incontrare sua maestà il coronato ad una curva del sentiero. Proseguo svelto ed all’ennesima svolta del viottolo faccio alzare un capriolo che invece di buttarsi in discesa verso l’altro versante , mi gira intorno tornando verso l’alto della palina.

Novembre 2011

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IL CAPRIOLO INDISPETTITO DALLA MIA INTRUSIONE MI MOSTRA LA LINGUA ! Un riflesso istintivo mi fa’ alzare il fucile e lo metto in mira . E’ un maschio adulto, lo vedo dalla stazza, un bel collo massiccio ed una postura fiera. Palchi in velluto ben formati con i quali di marzo quando saranno completi e li pulirà si farà rispettare dai suoi simili armato a dovere . Lo guardo mentre si ferma arrabbiato far capolino da dietro una ceppa di carpini per controllarmi mostrandomi la lingua, lo miro ancora e sarebbe facile beccarlo, ma e’ un capriolo e non mi spetta, così sorridendo divertito aspetto che se ne vada tranquillo . Comunque soddisfatto nel pensare che solo avessi voluto il mio combinato avrebbe fatto la sua parte, il mirino e’ ben fatto ed alla distanza giusta, la tacca stretta consente buona precisione sicuramente oltre i cinquanta metri, ed il calcio curvo alla bavarese ed intagliato a tre fogli di libro che lo rende elegante consente rapide imbracciate e posizione ottimale. Bene, penso , la giornata comincia bene, almeno ho visto un bell’animale. Riprendo leggero il mio cammino, ancora un’ansa del sentiero ma fatti pochi passi sento uno sparo sotto di me’ . In quel punto il monte e’ molto ripido e la strada uno scalino tagliato nel fianco e cercando di capire la direzione dello sparo mi rendo conto che deve essere nella mia stessa strada ma ad un livello molto più basso . Subito la radio gracchia ed e’ Luciano che sapendo il mio percorso mi chiama.. –Ho visto un verro pascolare nei castagni ed anche lui mi ha visto, ma avevo il fucile in sicura, e mentre la toglievo e’ partito a mille e non l’ho preso, e’ venuto in salita stai attento ! - D’istinto mi guardo subito intorno , rumori non ne sento e riprendo con passo ancor più silenzioso a scendere per il sentiero, sempre guardando in ogni direzione. Alla prossima ansa c’è un curvone che mi farà vedere una lunga diritta del sentiero e progetto di arrivarci svelto per appostarmi lì qualche minuto. Invece appena arrivo all’ampio tornante dall’altra parte c’e già in mezzo alla strada bello al pulito un trattorino che a zampe divaricate e a testa bassa mi guarda in atteggiamento di sfida. Certo lui mi aveva già sentito quando io non lo pensavo nemmeno ! Con un riflesso condizionato dall’abitudine alzo il combinato e chiudo l’occhio, penso che si butterà in discesa e non potrò sparare. Invece resta così a guardarmi come per dire – togliti, fammi passare che sono il più forte e questa e’ casa mia !- Sarà lontano da me una trentina di metri, forse quaranta ma e’ di fronte e seppur grosso noto con stupore che il bersaglio e’ impensabilmente stretto per la mole relativa, l’unico punto largo abbastanza e’ la testona, ed a quella miro, prima che mi tremino le ginocchia alzo lo steker, trattengo il fiato e mollo il colpo della canna rigata.

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UN VERRO PIANTATO NEL VIOTTOLO MI GUARDA CON ARIA MINACCIOSA ! Il verro sulla botta rimane fermo e porca miseria l’ho fallito? Penso solo adesso che avrei dovuto doppiare il colpo con l’altra canna , ma visto l’animale così immobile apparentemente indifferente piantato nel viottolo come il Porcellino della loggia sono rimasto basito come sospeso nel limbo. Il combinato d'altronde non consente rapide ricariche ma il calibro e la palla che ho usato dovevano ribaltarlo a gambe all’aria, sono quattrocento chili di botta che fermerebbero un camion !. Passano così tre o quattro secondi di pena ma l’animale per graziarmi dalle mie ansie di colpo si ribalta di fianco e sgambetta a zampe in aria. Che momento !. In questi casi non riesco a restare calmo , l’emozione e’ travolgente, corro vicino al verro , gli giro intorno e resto imbambolato a guardarlo. Ma quant’e’ grosso ! Guardo , l’ho colpito appena sotto gli occhi, la palla ha traversato il cranio ed e’ uscita dalle costole tagliandone un paio ma scansando il prosciutto. E’ un proiettile complesso , fatto di due parti di piombo di durezza diversa, mentre la parte davanti e’ tenera e crea forza d’urto, la parte posteriore insieme al mantello prosegue e non si ferma neanche colpendo ossa robuste come il cranio in questo caso e creando tramiti importanti e foro di uscita quasi sempre, quindi adatta ad animali di corporatura forte come grossi cinghiali e cervi adulti. Intanto la radio gracchia e Luciano mi chiama da sotto.. Si e’ immaginato che fossi io l’artefice dello sparo e mi chiede notizie. Confermo l’esito della vicenda e chiedo aiuto per recuperare il verro visto che l’auto non può arrivare da me e ci sono tre o quattrocento metri al termine della parte di strada impraticabile. Quindi Luciano organizza l’arrivo dei rinforzi. Però io considero che i miei compagni sono distribuiti per la tracciatura in luoghi diversi e lontani e dovranno passare tempi lunghi per radunarli. Così penso di cominciare ad arrangiarmi da solo per accelerare i tempi. Cerco in carniera il pezzo di cordino che mi porto sempre, lego il verro per il grifo e tento intanto di giralo a valle. Accidenti! A malapena riesco a voltarlo, e quando cerco di trascinarlo mi accorgo che fatti pochi metri mi devo fermare a riprender fiato. Seppure la stradella sia in discesa e’ pur una vecchia strada con resti di massicciata e piena di rocce da scansare , erba che faccia scivolare non ce n’è e neanche fango vista la discesa ripida. Proprio sulla discesa io contavo , ma certo l’animale è troppo grosso per mè e riesco solo a fare tre o quattro tratte di pochi metri da solo .

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IL VERRO E’ A CASA ! COSA STARO’ PENSANDO ? Poi finalmente arrivano gli amici con altre corde e dopo i commenti sul fondo schiena del sottoscritto , ci mettiamo in fila indiana e trasciniamo il verro fino al pik-up . Così mentre gli amici se ne vanno al capanno per il ritrovo della squadra , in quattro andiamo alla casa di caccia per sistemare la carcassa, ad aprirla e lavarla bene ed a pesarla sulla bilancia. L’ago si ferma a centosedici chili, e le difese sono bellissime e le conservo ancora. Quando anche noi finalmente arriviamo al capanno del raduno troviamo il resto della squadra già pronto per partire e non possiamo neanche mangiare in pace che subito si fa la conta e si inizia la cacciata. Pazienza , mangerò seduto alla posta. Ma pur nella confusione pacche e prese in giro mi inseguono per il piazzale e , non lo nego, mi fanno immensamente piacere. Non ricordo poi il resto della giornata come sia andato , se la squadra ha trovato altri cinghiali ma forse per smaltire l’emozione sono rimasto stranito a lungo ed il mio pensiero si e’ concentrato sulla mia avventura. Rimane forte la mia passione ed il ringraziamento eterno verso questa natura così generosa e la mia fortuna di poterne ancora godere. Libero 2012

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LA GRAN GIORNATA A LAMOLE

Due giorni prima di Natale tutta la mia squadra e’ ospite dei nostri vicini , anche loro ottima squadra di cinghialai ben strutturata e con un bel territorio nel Chianti Fiorentino . Ogni tanto cacciamo insieme per via di alcuni territori, nostri e loro , diventati tanto selvatici che per poterci cacciare c’e bisogno di tante poste , tanti cani e tanti canai. L’appuntamento e’ alle nove, al loro punto di ritrovo sui monti alti del Chianti, vicino a Panzano. Oggi sono con Marco dottore, e dopo una opportuna sosta al bar per la colazione a base di cornetti caldi , ci arrampichiamo sul crinale fino al ritrovo. Non avevo considerato che due squadre sono un bel mucchio di gente , e siccome e’ uso in queste occasioni salutare e ritrovare vecchi amici, si vede bene che in fondo la caccia di per sé non e’ poi l’unico scopo della giornata ,. Nonostante la baraonda creata da tanto vociare , finalmente i presidenti delle due squadre a forza di urla rimettono un po’ d’ ordine e riescono a radunare il gregge. Io che mi occupo fra l’altro di redigere le liste dei presenti , prendo accordi con il mio omologo degli ospiti e finalmente sono libero di partecipare alla festa. Ed infine messi tutti in un largo cerchio , oddio, saremo un centinaio , assegnati i numeri di posta vengono dati i comandi per la disposizione di ognuno. Io e Marco ci rendiamo conto di essere le ultime due poste del nostro gruppo , e sentito dal capo-caccia la zona che andremo a visitare , pensiamo che ci attenderà una salita lunga ed infame. Partiamo in gruppo e ci fermiamo in una strada di mezza costa, appena prima del borgo di Lamole , conosciuto in Toscana per l’eccellenza dei suoi vini. Completate le operazioni preliminari e liberato lo zaino di tutto il peso che ritengo non indispensabile , mi accodo alla fila dei cacciatori che iniziano a salire con un ritmo impensabile , vista l’età media e le teste bianche. Cerchiamo , io e Marco di tenere il loro passo , ma vuoi per la pioggia di ieri che ha reso il terriccio del castagneto scivoloso , per i rami nascosti sotto le foglie , il poco allenamento , e’ un continuo incespicare ed ansimando ci troviamo , come spesso noi gente di città , gli ultimi della fila. Va bé, tanto siamo le ultime due poste, vedrai che li riprendiamo ! dico ad un Marco ansimante come me. E sali sali nella palina di castagno arriviamo riconoscendolo al punto dove eravamo l’anno scorso e dove sia io che Marco avemmo la fortuna di tirare e colpire ognuno la nostra bestia nera.

PRONTI AL RADUNO

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SALI SALI NELLA PALINA DI CASTAGNO Ma quest’anno dobbiamo salire ancora di più ed arrampicare ancora, non certo felici di questa combinazione. Però vedo che le quattro poste che ci precedono sono tutti amici fidati e così mi rallegro. Ci tocca traversare il canalone che finora avevamo percorso in riva sinistra per via di una selva di spine di prugnolo che occupa le due rive ed impedisce la visuale che si godeva fino a lì Così lascio Luciano alle prime spine , traverso il fosso in un passaggio di animali non senza grattarmi le orecchie con le spine e magari cacciando qualche preghierina a modo mio , ed arrivato sull’altra sponda vedo che le spine si diradano ed inizia un largo felciaio mezzo schiacciato dalla neve di qualche giorno fa. Già , qui siamo quasi a novecento metri , sulla vetta del Monte San Michele, il più alto del Chianti e qualche fiocco di neve ogni tanto si fa vedere. Tocca a me fermarmi mentre Marco sale ancora, fin quasi allo scollino del poggio, e così ci congiungiamo con l’ultima delle poste che scendono invece dalla strada di crinale. Mi rendo conto che così formiamo una linea lunghissima che dovrebbe poter intercettare i cinghiali mossi dai canai che scioglieranno le mute giù in basso e lontano di fronte a noi. Intanto considero la mia postazione e faccio un piccolo giro intorno per cercare i passaggi e poter prevedere da che parte possano arrivare gli animali , poi raccolgo delle pietre che sistemo davanti ad una bella quercia e con lo zaino mi sistemo un bel sedile comodo, visto che la giornata sarà lunga iniziando così presto.Stabilita la direzione da cui potranno arrivare i cinghiali , pianto due o tre frasche e raccolgo un po’ di felci per creare un minimo di parata, così tanto per abitudine per non stare a birillo in mezzo al pulito. Mi guardo intorno e mi sento bene, sono in un ambiente amico intatto così da centinaia di anni ,in una natura familiare a mé nato in campagna dove tutto quello che vedo capisco ed ha un senso , come ormai non ne ha più laggiù in città. Marco sopra mé intanto prova la carabina imbracciandola e spostandosi in tutte le direzioni , poi l’abbassa e lo sento scarrellare mentre la carica. Bella la sua arma, semiautomatica Browning di una serie di transizione prodotta in pochi esemplari con legni curati e carcassa color argento , in un calibro, il 300 WSM adatto anche agli orsi neri. Io invece ho pure una Browning , ma del tipo antico , tutta in acciaio pesante come un giogo , ma ne sono affezionato , eppoi così pesante spara bene senza tanto scuotermi . Ci ficco nel caricatore quattro 30-06 ricaricate con 54,5 grani di

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ORGANIZZO UNA PARATINA ( S’E VISTO DI MEGLIO ! ) Norma 204 dietro ad una palla Sierra a naso tondo da 180 grani . E’ una carica morbida ma molto efficace che ha sempre fermato le prede entro un paio di metri. Silenzio . La radio comincia a scaldarsi alle grida dei canai che si chiamano per capire le rispettive posizioni , dopodiché danno il segnale di inizio .. Subito i cani s’infilano negli spinai e si sentono già gli spari a salve dei battitori. Devono aver trovato gli animali , penso e lascio la mia comoda seduta e mi piazzo nel miglior modo che credo La giornata è splendida, serena e soleggiata, e durante l’attesa cerco di mettermi sempre con le spalle al sole, che nonostante sia un freddo becco riscalda e non poco Una leggera brezza viene in faccia, bella fresca ma almeno così non porterà il mio odore al naso del verro, se verrà vicino. Mentre mi beo in questi pensieri, sento l’abbaio di diversi cani prima lontano e pian piano avvicinarsi. O stai a vedere che vengono proprio qui ! Questo è il pensiero di tutti quando i cani si avvicinano , che ti fa intirizzire e stringere il fucile fino a farti venire bianche le nocche. Questa volta però due bellissimi cervi si presentano in mezzo alle felci e mi guardano con aria regale come si potrebbe guardare un rospo . Io capisco che per muoversi nella macchia il coronato è costretto a camminare a testa alta con il palco all’indietro per non impigliarsi , ma il suo grande occhio e quel portamento austero mi mette sempre soggezione quando lo incontro. Ed allora, mentre si fermano in una radura delle felci , mi faccio vedere ma invece di tornare indietro spaventati , traversano la linea delle poste con fare di sufficienza e se ne vanno via al sicuro . Mondo cane, adesso arriva un’ orda di cani che dovrò cercare di fermare e rimandare indietro, altrimenti si perderanno ad inseguire i cervi e non potremo cacciare finché non tornano. Ho con me sempre una mantellina impermeabile , ed al primo cane che arriva gliela sventolo davanti gridando. Per fortuna quello ci crede e torna subito indietro portando con sé la maggior parte della muta, così

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OH BELL ‘ ANIMALE , OGGI E’ IL TUO GIORNO FORTUNATO sempre saltando e gridando come un grullo ricaccio indietro anche gli altri. Meno male, così i canai riescono a chiamarli e rimetterli in caccia. Mi siedo e spelluzzico il panino che ho con mé cerco di bere ma l’acqua gelida mi morde e ne prendo poca , giusto per non strozzarmi. Nemmeno finito di bere che una sparatoria poco sopra mi fa’ saltare in piedi e tornare al posto giusto. Guardo verso Marco e davanti a lui , fra ginestre e felci vedo un vagone nero che si muove piano ascoltando e certo fiutando per cercare l’odiato odore dell’uomo , pericolo estremo. Guardo il verro , guardo Marco e mentre tengo sotto mira l’animale Marco molla un botto del suo 300 e rimane immobile in mira. Guardo fra le felci e non vedo l’animale fuggire , stai a vedere che l’ha beccato ! Ed in quel momento Marco , visto il verro scuotere le zampe a pancia all’aria grida “ secco !! “ subito zittito dalla posta sopra di lui che gli grida . Il verro intanto , colpito in fronte da un tiro quanto mai preciso , si dibatte coma fanno tutti gli animali negli ultimi momenti, ed un Marco preoccupato mi chiede se deve tirarlo ancora, a me che non vedo niente. Vagli vicino tenendolo in mira, e vedi come sta’ , gli dico io , e così un Marco prudente , forse avendo visto bene la mole della bestia si avvicina finché resosi conto del colpo perfetto torna pimpante al suo posto . Passa un’altra ora fra grida dei canai , spari a salve e fucileria delle poste sull’altro versante , ma nella mia zona non succede niente. Intanto vengono trovati diversi grossi verri che per quanto si capisce creano gravi ferite ai cani che un addetto porta subito in paese per le cure del veterinario per l’occasione allertato per tempo. I canai pian piano risalgono il costone fino alla nostra altezza, e lì uno spinaio tiene nascosti un branco di animali che i cani sentono già da lontano e che quando si avvicinano stranamente non attaccano. A volte si comportano così quando i cinghiali sono molti oppure c’e un verro veramente grosso ed aggressivo , ed anche i cani da cinghiali, pur matti di natura , ne hanno una salutare paura.

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MARCO HA APPENA TIRATO AL VERRO E RIMANE IN MIRA Abbaia un cane e si ritrae, un altro fa lo stesso, intanto il canaio si avvicina e quando arriva addosso al branco comincia a tirar colpi a salve finché il branco si muove. Certo noi alla posta non sappiamo questo , ma si capisce dai racconti alla fine della cacciata. La manovra riesce bene ed il branco che parte in discesa viene intercettato diverse poste sotto di mé . Spari mi si avvicinano e cresce la tensione . Vuoi vedere che qualcosa arriverà fin quassù ! . Tirano vicino , tira Luciano e centra un cinghiale, quello sotto di lui ne ferisce un’ altro che si mette a stridere ruzzolando nel fosso. Ecco che arrivano i cani e si mettono a battagliare con il ferito , e cani e cinghiale fanno a chi fa’ più baccano. Vai a finirlo, grido alla posta nel fosso, e questo, evidentemente non un grande guerriero , tentenna un po’ ma poi sento un colpo a la baraonda finisce Per guardare il fosso mi ero voltato indietro verso Luciano , per cercare con gli occhi nell’ombra il cinghiale colpito da lui , poi intanto che lo vede da sé torno alla mia postazione e mi volto verso la cacciata. Fatti tre passi ecco in una piazzola fra le felci, all’ombra di una quercia appena fuori dallo spinaio, un branco di cinghiali,sette o otto, guidati dalla scrofa che appena usciti dalle spine si fermano e subito sono raggiunti da tre o quattro cani. Bella scena, io guardo i cinghiali , loro guardano me ed i cani , questi non aspettandosi di arrivare addosso ai cinghiali ancora non abbaiano e passano così frazioni di secondo di una scena irreale. Mi pare impossibile e subito non realizzo , cani , cinghiali, che bestie sono queste ! Recuperata la ragione , come farebbero tutti , miro a quello più grosso, mi accerto che cada, e con lo sparo le cose riprendono il suo verso. I cinghiali scappano , i cani li seguono abbaiando ed io miro ad un altro mentre sale nel felciaio , lo guardo cadere e cerco poi di tirare all’ultimo della fila che però è già lontano lassù nelle felci. Lo vedo male ma mi accorgo che al colpo ha rallentato molto, arrivando lentamente davanti a Marco. Per fortuna nella baraonda Marco vede arrivare il ferito e lo becca preciso davanti a lui , poco lontano dal verro di prima. Anche la posta sopra Marco riesce a colpirne uno , e finita la confusione del momento cominciamo a chiamarci piano con i vicini per capire cosa

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APPENA FUORI DALLE SPINE UN BRANCO INTERO ! sia successo e, come al solito , quante padelle si contano. Invece vuoi per la buona e favorevole posizione delle poste o per il caso che a volte danneggia e a volte aiuta , tutte le poste che hanno tirato hanno con sé un animale. L’ha preso Luciano, Enzo il feritore ne ha addirittura due , Mario più sotto anche uno , io due , Marco ancora due ed uno quello sopra lui. Ed anche le poste più in basso hanno fatto bene . Passa il tempo e la cacciata si allontana, quindi penso di potermi muovere per andare a guardare i miei due cinghiali, così avverto Marco del mio spostamento e fatti pochi passi li trovo , al pulito in una piazzola vicina a dove li ho tirati. Uno e’ un bel cinghialotto di una cinquantina di chili, di buona razza ancora rossa, muso lungo e pelo liscio. L’altro, la scrofa nel cadere ha ficcato il grifo in un balzo di terra umida e m’intendo di tirarla fuori per guardarla tirandola per una zampa. Per quanto scuota però la bestia non si degna di girarsi. La guardo meglio e mi sembra sì grossa e forse grassa, a toccarla e’ morbida anche sulla groppa. In effetti e’ lunga e tonda tutta uguale,pare una balena , comunque è inutile insistere, torno al mio posto ed aspetto tranquillo. Passa il tempo e nella mia testa comincio a pensare, ma come facciamo a portar via queste bestie che sono più di noi, nessuno può trascinare fino alla strada da solo un cinghiale, se io sono la posta 25, e siamo almeno a trenta metri uno dall’altro la macchina e’ quasi un chilometro più in basso. Faremo più viaggi ? Ma se si va’ avanti ancora si farà buio ed io non conosco bene la zona ed i sentieri. E’ vero che son poco pratico perché per fortuna sopra Marco arriva una strada che pur disastrata consentirà ad un fuoristrada attrezzato con ruote agricole di arrivare molto vicino e recuperare gli animali. Così quando arriva il segnale di fine caccia ci raduniamo e cominciamo a trascinare in salita gli animali . Per fortuna quelli sotto di mé sono tutti coetanei e sono cinghiali di 40 – 50 chili al massimo ed in tre o quattro si trascinano discretamente. Poi andiamo a legare il verro di Marco. Questo sì è bello peso , ed in sei a fatica lo tiriamo fino alla piazzola. Poi il piccolo di Marco , il

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LA SCROFA CAPOBRANCO mio più piccolo e finalmente mi metto a legare la bella scrofa per il grugno. A parte che il freddo ormai aveva irrigidito la mascelle della bestia, ma infine riesco a legarla per il grifo ed allungate le corde, quando si tratta di partire restiamo fermi e l’animale non si muove. Prendiamo così coscienza del peso esagerato della scrofa e visto che tutti gli altri animali erano ormai a posto, chiamo tutti da mé ed allungo ancora la fune. Vabbè, finalmente in nove seppur a strattoni la scrofa si fa’ portare alla macchina e per caricarla ci dobbiamo dannare ancora . La cacciata e’ di quelle storiche , siamo tanti e sparpagliati per mezza montagna, così davvero nessuno sa bene quanti animali sono stati presi, ed anche quando finalmente arriviamo alla macchina ( l’avrei baciata ) nessuno sa bene quanti siano , anche se una certa sensazione ci dice che siano davvero tanti, Si fa buio e decidiamo di andare intanto al capanno dei nostri ospiti a ricevere il carro con i cinghiali , tanto vengono portati con più di un mezzo così ci potremo avvantaggiare . Arrivati al punto di macellazione ci rendiamo conto che il lavoro e’ troppo e per quanto non spetti alla mia squadra, ci sembra giusto aiutare i nostri vicini almeno in buona misura. Ho sempre con me i guanti di lattice, ne dò anche a Marco ed iniziamo ad aprire cinghiali a ritmo di macello comunale. Modestamente sono assai pratico ed in pochi minuti riesco a sistemare un cinghiale, salvare la coratella , fare i garretti per appenderlo e passare ad un altro , e poi un altro e così via. Ma per quanti ne pulisco altri ne arrivano , ed anche se siamo diversi a lavorare , la montagna di cinghiali sembra più crescere che calare. Poi arriva il presidente e ci conferma che i cinghiali sono trentaquattro , e con lui arriva la macchina con la mia scrofa e la rovescia con gli altri nel piazzale.

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UNA PARTE DEL LAVORO E’ FATTO, POSSO ANDARE E’ un peccato , una cacciata così avrebbe meritato il tableau , la distesa delle prede nell’erba ed un saluto per onorarle, ma e’ al di sopra delle nostre possibilità sepolti dalla mole di lavoro da fare, ormai a buio pesto. A forza di togliere capi dal mucchio arrivo alla mia scrofa, che nessuno ha voluto lavorare intimoriti dalla mole . Ormai bene in vista al centro del piazzale , la guardiamo in diversi ed azzardiamo un parere sul peso possibile, paragonandola ai grossi verri sparsi intorno. Pare, purtroppo non avendo modo di pesarla per la stanza ingombra di animali , che sia fra i centocinquanta e centottanta chili , anche per una lontana parentela con maiali di cinta senese allevati bradi e fuggiti ad un contadino una quindicina di anni addietro proprio in zona Lamole . Ormai tutti i cacciatori sono rientrati ed anche i canai i quali ci confermano che alla gioia della cacciata eccezionale si deve opporre il dispiacere per tanti cani feriti e bisognosi di cure e riposo. Sembra che i cinghiali siano molto più aggressivi da quando un famiglia di lupi si e’ stabilita sull’altro versante del San Michele e mentre per anni nessuno li aveva visti , da un po’ ogni tanto si hanno notizie di avvistamenti. Nel piazzale ci sono ancora cinghiali da pulire , ma io ormai troppo stanco non mi sento di aprirne ancora così salutando cordialmente tutti mi metto in macchina e mi avvio verso casa. Quando lascio Marco, alla luce dei lampioni mi vedo come son messo e penso che la Laura forse avrà da eccepire sui colori e odori di vestiti e scarpe e considero fortemente di cambiarmi in cantina, almeno questa volta Giornate così si ricordano di certo, condivise con amici cari mossi da una passione che non sente fatica e sacrificio ma che riporta l’uomo nella natura vera , nel mondo antico , com’ era e come sarà ancora , se non lo rovineremo noi LIBERO 2013

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IL CANYON di MONTERICCIOLI

STRATEGIE DI LUCIANO Prime cacciate del 2013 in quel di Greve in Chianti , siamo andati già , noi mattinieri , a cercare le tracce di presenza dei cinghiali un po’ in tutto il territorio assegnato alla nostra squadra. Adesso nel capanno in cima al valico si stabiliscono le strategie consultando i tracciatori nel tentativo di indovinare dove i cinghiali , dopo una nottata di scorribande, siano andati ad insogliarsi sperando di non essere disturbati da qualche cacciatore. Così il presidente , sentiti un po’ tutti e consultandosi con gli altri canai comincia a buttar giù uno schema per distribuire le poste disponibili e poter chiudere alla meglio la zona destinata alla giornata di caccia. Mentre io tento faticosamente di capire quanti siamo cercando i miei compagni intenti in discussioni accademiche su palle e calibri , politica e cani in giro per il piazzale , i responsabili della caccia finalmente chiamano tutti in cerchio per l’assegnazione definitiva delle poste. Con Mauro e Mario veniamo destinati , insieme a Dino , a chiudere un canalone che potrebbe offrire un punto di fuga per quegli animali che riuscissero a oltrepassare la linea dei battitori lungo la strada di Montericcioli La parte di territorio che cacceremo oggi è situata sulle pendici del Poggio di Collegalle , poco oltre il valico del Sugame, nel cuore del Chianti Fiorentino , territorio che io amo particolarmente e di una bellezza struggente specialmente oggi che folate di nebbia rada ogni tanto scavalcano il valico provenienti dal Valdarno superiore e scendono dalla nostra parte facendoci vedere e non vedere la boscaglia ormai spoglia e come in un film sembra di aspettare il vampiro di turno in un alone di magia . Il borgo di Montericcioli , probabilmente resti di un castello a guardia della strada che da Greve andava nel Valdarno , ha goduto di recenti restauri ed oggi mostra la bellezza delle sue pietre antiche in quei momenti di questa fredda giornata di Gennaio che benedetti raggi di sole lo illuminano. Finalmente divise le poste in gruppi , ognuno si porta sulla linea stabilita, io ed i miei compagni scendiamo giù fino alla strada che segna il confine inferiore della cacciata. Mario

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L’ ANTICO BORGODI MONTERICCIOLI che conosce meglio di noi la zona destina me e Dino sul lato destro del canalone , lui e Mauro vanno dall’altra parte di fronte a noi. Lasciata la macchina dove stabilito mi affaccio nei campi di olivi degradanti in balzi piuttosto ripidi verso il costone destro del fosso e vedo che quanto descrittomi in effetti era piuttosto ottimistico. Di certo vedrai come scendere, al termine degli olivi c’è una linea appena ripulita di pali del telefono che traversano la valle, segui quella e scendi giù, mi è stato detto. Bene, già ! Porto Dino con me ed appena lasciati gli olivi ci affacciamo sul tracciato della linea come descritto disboscato da poco e così possiamo vedere chiaramente tutto il costone fino all’acqua laggiù in fondo , molto in fondo. Dino fa un mezzo passo indietro e visto una ventina di passi sotto un mezzo balzo abbastanza pari subito si piazza lì e mi dice che non intende davvero scendere oltre. Ho messo in spalla perbenino lo zaino legato con tutti i lacci disponibili , e due cinghie al combinato , così poso scendere il costone ripido reggendomi alla vegetazione, fortunatamente robusta e presente in buona misura nella scarpata , arrivando giù fino ad una vecchia carbonaia dove il costone spiana prima dell’ultimo salto e posso piazzarmi al meglio. Con tanta legna caduta organizzo una buona parata con le frasche ed il mio telo verde, per seduta un po’ di pietre piane ammucchiate davanti al tronco di un grosso cerro intanto che il sole taglia la foschia e filtrando fra i rami mi scalda la schiena , benvenuto a tè ! . Nel fondo del canalone scorre un torrentello ben pasciuto dalle piogge di quest’ inverno, fà un discreto rumore ma è quasi un ritornello che nell’attesa dell’inizio della caccia quasi quasi mi culla e mi rilassa. Attento ! non esagerare ! . Mario e Mauro , anche loro finalmente discesi dall’altra parte del baratro cercano di farsi vedere da noi , tanto per la sicurezza , ma stando io al sole e loro in ombra, solo per merito dei gilè arancioni riesco ad individuarli in quello strano carpineto invaso da pungitopi alti e rigogliosi. Passano alcuni minuti ed arriva prima flebile e poi deciso il rumore di una canizza che scende

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DAVANTI ALLA CANIZZA I SOLITI CAPRIOLI veloce verso di noi. I paratori lassù sulla strada non sapendo cosa i cani abbiano davanti, iniziano a sparare a salve ed il trambusto mette in allarme tutti i postaioli, compresi noi quaggiù nel fosso. Però con delusione ecco un bel trio di caprioli sgattaiolare fra i carpini e gli ontani in una cengia del costone e subito un’orda di cani sulle loro tracce. Raccolta una frasca e gridando e saltando come un matto riesco a respingerli finché se ne tornano per fortuna in su verso la battuta. Per un po’ non succede nulla , allora mi sposto intorno per capire da dove eventualmente potrebbero arrivare i cinghiali , e mi accorgo che non c’è nessun modo e nessun viottolo che direttamente porti dall’altra parte dove c’è Mario. Il canalone che scende fino a me ripido, da me in giù fino all’acqua è un muro di una quindicina di metri senza nessuna rugosità. Quindi se gli animali per forza possono venire solo di fronte ed al mio livello , in caso di abbattimento sicuramente finiranno in fondo nell’acqua, e voglio proprio vedere come si potranno recuperare. Come sempre le cose non desiderate arrivano puntuali , ed all’ennesima canizza con sparatorie un po’ su tutte le linee di posta lassù lontano da noi , un verro si stacca dalla mischia ed eludendo i cani se ne viene proprio quaggiù , traversa il fosso chissà dove finchè Mario ben piazzato lo fulmina con un bel tiro nella zucca e lo blocca appoggiato ad un carpine in zona recuperabile. Ma ecco un bel gruppo di cani ingarositi che si mettono a morderlo e che inevitabilmente lo fanno ruzzolare fino in fondo in una pozza.. E Mario che non può scendere oltre mi chiede di scacciar via i cani . Così mi sposto e cercando io di scendere trovo una via fino all’acqua scivolando di schiena e tenendomi all’edera abbarbicata alle piante . Malvolentieri i cani lasciano il balocco, e solo quando son partiti tutti risalgo faticosamente alla mia posta. Mi soffermo pochi attimi a rimirare la bellezza dell’acqua in questo momento in cui le grandi e straordinarie piogge di questa strana stagione hanno reso questo piccolo torrente simile a quelli delle vere montagne , limpida e canterina , sapendo che in estate il letto sassoso asciugherà inesorabilmente . Senza zaino e fucile mi posso muovere, reggendomi alle radici risalgo discretamente , ma il verro e belloccio e mi guardo intorno per cercare una via su una delle due sponde che ci permetta poi il recupero. .

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IL FONDO DEL TORRENTE , ACQUE LIMPIDE Però non ne vedo. La cacciata prosegue , altri animali vengono trovati , alcuni presi ed altri fuggiti , i canai risalgono la valle fino in cima e finalmente , rastrellato tutto il possibile danno il segnale di fine Nelle varie zone ognuno si organizza con i vicini per il recupero dei capi , ma noi siamo pochi , Dino non può far fatiche ed in tre soli sarà una bella storia. Fra l’altro, Mario è convinto che il verro sia poco più di un maialetto, lui che non l’ha visto da vicino ! Spostati a desta, spostati a sinistra, scendi ,sali,ma non c’è un cavolo di viottolo per arrivare laggiù !. Ed allora Mario e Mauro, stabilito che dal loro lato non possono scendere mi chiedono di provare . Lascio zaino e fucile nella carbonaia, tanto davvero qui non passerà nessuno , prendo la mia corda,i guanti e scendo dal verro. Arrivo a legarlo e da lì vedo i due amici in vetta al costone che legate insieme le loro corde, le fermano ad un palo del telefono e mi buttan giù la testa. Buona sorte che bastano per legarci anche la mia e adesso si tratta di issare il verro quasi in verticale sul costone. Le piogge hanno fatto franare un paio di alberi soffocati dall’edera, che io sfrutto per tenermi su mentre spingo il verro. Apprezzo adesso i miei scarponi Beretta , con i quali do grandi calci nel ciglio per creare scalini nella terra umida e che mi tengono come zoccoli di camoscio. Mauro tira, Mario trattiene la corda ed io spingo.Ed i miei due amici si danno parecchio daffare per organizzare le funi e stabilire passo passo cosa meglio fare per evitare rischi e lavorare con criterio, e non credo che nessuno abbia grande esperienza di recuperi così estremi. Adesso una sosta per riprendersi, poi devo pensare anche a tenermi, qualche radice mi aiuta, ogni tanto mi reggo al cinghiale però ad un certo punto quasi in cima alla scarpata non c’è proprio niente, anzi l’albero caduto ha creato una buca nella parete e non so proprio come salire. Però adesso la corda avanza , e preso l’altro capo mi lego in vita e mi tiro su per la fune mentre Mario mi aiuta. Non ho mai scalato nient’altro che montagne di spaghetti, però l’alpinismo dev’essere una bella emozione!. Comunque aiutati dal Padreterno arriviamo in sicurezza, fradici di sudore ma contenti. Adesso si tratta di trascinare l’animale fino ai campi di olivi che sono lassù dove arriva la linea del telefono e dove il Suzuki potrà venire a caricarlo . Solo adesso Mario si rende conto della bellezza della sua preda, dopo aver tanto faticato per issarla fino a questo punto.

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E’ una bella fatica anche il resto del tracciato, però senza fretta né pericolo arriviamo ai prati in cima che è ancora giorno e posso tornare di là al canalone per recuperare il mio bagaglio. Sono quasi sorpreso della fatica che son riuscito a fare, e me ne compiaccio con me stesso. Forse se la Laura mi avesse visto compiere un’impresa simile certo avrebbe avuto qualcosa da ridire, lei così premurosa e prudente. L’impresa del recupero ha fatto molta impressione a Mario che era davvero preoccupato che qualcuno di noi potesse cadere , perchè non conosce la mia esperienza di equilibrista di quando al lavoro montavo sui pali e sulle scale all’italiana. Bei tempi, molti anni addietro. Questa storia mi è piaciuta, mi son davvero sentito giovane ed in forze ed ero veramente tranquillo pur consapevole del rischio, ed anche Mauro che ha lavorato nel settore era altrettanto tranquillo , eravamo una bella squadra affiatata. Speriamo di continuare ancora per molto così. Libero 2013

MARIO E MAURO L’ ESTATE SCORSA ALLA CASA DI CACCIA

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LA CASA FRANATA

LA CASA FRANATA OGGI Una delle migliori zone di battuta era qualche anno addietro una conca formata dall’ affluenza di un fosso nel Borro delle Corti , territorio di Greve in Chianti , che delimitava un ripido costone sormontato da una vecchia casa descritta nelle mappe come podere del Tagliato , ma in realtà la chiamavamo tutti “ La casa franata “ poiché ormai dall’immediato dopo guerra nessuno più l’aveva abitata. Era franata anche la strada d’accesso. Così la natura aveva portato pian piano il bosco ad avvicinarsi tanto da iniziare a crescerci dentro. Tutto il bosco intorno era cresciuto nei balzi dell’antico podere, mescolandosi agli olivi e distruggendo a tratti i muri a secco creati da antichi contadini chissà in che periodo. Per questo , specialmente in autunno inoltrato , quando pioggia e venti freddi si fanno sentire, ai nostri prediletti cinghiali garba assai rimettersi a ridosso di questi muri coperti di rovi e spine di biancospino , ben riparati dalle intemperie. Un bel giorno però un signore con l’avvento della pensione comprò tutta la zona ed incominciò a ripulire le vecchie balze, restituendo splendore alla casa e spazio al podere, allontanando il bosco con un taglio che interessò l’intera proprietà e, nostro malgrado, ripulendo e ricostruendo quasi tutta l’oliveta a balze sotto casa. Costruì dal nuovo un bello stradone lungo il fosso principale che utilizzavamo per spostarci durante la tracciatura. Per un bel po’ non ci fu niente da fare , vuoi per i rumori delle ruspe, per la presenza costante di operai intorno casa e non ultimo un bel paio di pastori tedeschi che abbaiavano anche all’ombra sua, nelle tracciature mattutine non si vide un’impronta di animali . Poi il bosco tagliato ricacciando vigoroso creò lontano da casa belle macchie di spine e scope, ed il nostro Renato cominciò a riferire di tracce ed insogli quasi come ai vecchi tempi. Così per la sua insistenza una mattina poco dopo Natale piazzammo le poste su due linee a parere di tutti valide per chiudere bene tutta la vallata. Eccoci arrivati in fondo al cancello per chiudere in basso ed io per caso finalmente una delle prime poste lungo lo stradone sul ciglio del fosso principale , a scegliere insieme ai miei compagni i passaggi più recenti e mettersi davanti ai migliori. Trovo una

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PAOLO IL CANAIO discesa calpestata molto di recente , forse proprio questa notte , e guardo intorno se ce ne siano altre da sorvegliare ed anche dove mi posso sedere senza perdere di vista questi passaggi. Giù sotto di me il fosso brontola forte e mi rendo conto che non sentirò abbaiare i cani da molto lontano , e cerco allora di migliorare la vista del costone di là dal fosso così da poter anticipare la vista di un animale semmai verrà da queste parti. Mi metto a togliere delle ginestre secche sul ciglio e mi accorgo così che di fronte , a mezza costa del bosco pieno di erica arborea ( scope ) c’e una discreta radura attraversata da tre sentieri su quote diverse molto marcati , di cui uno passa davanti al rudere di un capannetto in muratura. Mi sposto su e giù per lo stradone cercando i particolari di questo rudere , ma non riesco a capire quale fosse il suo uso nel tempo che era in piedi, comunque la scoperta di questi sentieri mi induce a spostarmi più in basso ed a sorvegliarli con più frequenza.

RENATO IL TRACCIATORE

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IL BORRO PROFONDO ED I PASSAGGI DEGLI ANIMALI Vedo anche poco più giù che la linea del telefono che serve la Casa Franata, taglia in verticale la macchia di scope lasciando anche a me lontano uno strappo di visuale. Mi siedo sullo zaino e tolgo dalla fodera il mio amato combinato Zoli che carico con una TUG RWS in 30-06 e nella canna liscia una Gualandi originale caricata da AX nel suo bossolo rosso . Inizia la cacciata partendo dall’alto della valle, e quasi subito si sentono gli spari a salve dei battitori, segno che i cani stanno inseguendo qualcosa. Ma da noi non arrivano,però a varie riprese passano proprio da lì dei caprioli che transitano giusto davanti al capanno rovinato ed i canai ancora lontani si disperano per questa predilezione dei cani per l’odore del capriolo che incasina e rallenta la cacciata. Finalmente nel loro correre su e giù ad inseguire i piccoli ungulati , prima un cane poi altri trovano l’odore dei cinghiali ed incomincia la cacciata vera. Non sono ancora vicini , ma li sento nonostante il rumore dell’acqua ed uno dei canai più bravi, Paolo,riesce ad arrivargli addosso per assistere la muta e con due o tre spari a salve smuove il branco che fortunatamente si sparpaglia e viene intercettato dalle poste in diversi punti. Per dieci minuti le sparatorie rimbalzano su in alto e la radio impazzisce nella foga di sapere cosa succede e com’è andata. Adesso si contano le prede e le padelle, anzi, le prede subito vengono dichiarate , ma i padelloni invece, ma solo per caso, hanno la radio spenta, tutti insieme ! . Alcuni vecchi animali , sempre i più scaltri, non si presentano alle poste, ma con attenzione guardano e fiutano e scantonano cercando un varco ma stavolta loro malgrado vengono rintracciati dai cani ed inseguiti finché incrociano nel bosco un canaio che riesce a fermarli. Nasce l’ ennesima canizza su molto in alto dove i cinghiali si erano portati, ma da questa baraonda un cane dalla voce flebile si stacca e scende giù da noi verso l’incrocio dei fossi, dritto verso una delle poste storiche migliori, ma non si vede nessun animale davanti a lui. Lo vedo,si comporta stranamente ,gira intorno abbaiando e cercando , sale e scende dal fosso, traversa la macchia di scope finché ci si ferma dentro e cambia tono di abbaio. E’ a metà fra me e la posta di sotto , che non si cura di nascondersi un po’ ma se ne sta a birillo in mezzo allo stradone a guardare la scena. Certo che il cinghiale l’ha visto ! E non ci pensa proprio a traversare il borro per comparirgli davanti e beccarsi una bomba nel grugno. Così se ne rimane nel folto delle scope, certamente poco preoccupato da

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IN FONDO IL FOSSO E’ PIU’ BELLO DEL SOLITO MA SI TRAVERSA MALE quell’ unico cagnetto rompiscatole. Ma il cane è di quelli tosti, Paolo lo sente da lontano, lo riconosce e capisce e scende svelto ad aiutarlo con altri cani che ha con sé. Allora la canizza infuria ed il verro si muove. Eccolo ! Non credevo davvero si mostrasse proprio a me ma lo vedo lontano traversare nella linea del telefono in uno strappo fra le scope ma la posta vicina non lo vede o non fa in tempo a tirare. Mi prende la solita agitazione di questi momenti, sento i battiti nel collo , istintivamente stringo il combinato ma subito la bestia mi sparisce dietro un gruppo di cerri e se anche lontano sembra proprio che venga verso di mé al di là del fosso. Muovendomi gobbo al coperto delle ginestre della riva risalgo lo stradone fino in linea al rudere del capanno dove c’è quell’unico strappo di visuale ed ecco il verro percorrere lo stradello che passa davanti alle antiche pietre. Ancora un po’ coperto dallo spinaio che si dirada più avanti , lo percorre lentamente finché arrivato davanti al muro, rallenta per ascoltare e si sofferma un attimo. Ero pronto già con l’occhio sul mirino, ed anche se il tiro era lungo il grosso animale era un bel bersaglio , così senza riflettere trattengo il fiato e lascio andare. Sorpreso vedo che il verro non accenna nessuna reazione, e non doppio neanche il tiro come dovrei fare guardando il cinghiale fermo. Dopo un primo attimo di mio smarrimento l’animale ha un fremito, fa per prendere lo stradello in discesa ma incespica e rotola giù fra le spine rade, si ribalta sgambettando e si ferma appoggiato ad un carpine. L’ho preso accidenti ! Paolo da laggiù mi grida e gli rispondo “ bella roba il combinato ! “ che lui capisce per il verso giusto rallegrandosi . Poi più tardi qualcuno mi dirà di aver interpretato questa mia battuta come commento di padella. Guardo il verro ormai fermo, non lo distinguo bene fra lo sporco, ma visto che non fugge mi convinco davvero di averlo fulminato, mi tremano le gambe e mentre realizzo la situazione passano davanti a me i canai che risalgono pian piano il costone lungo il fosso fino alle poste di sopra ed infine danno il segnale di chiusura. Adesso che il mio malandato cuore ha smesso di saltellare nelle orecchie ed ho ripreso un’ aspetto decente posso andare a vedere l’animale ed organizzare il recupero. Le poste sopra di me iniziano a rientrare e passando da quì si soffermano per aiutarmi, fra queste anche i miei fidati Mauro e Mario che piazzati in cima ad un passaggio di animali mi tengono la fune per sostenermi mentre scendo il balzo in mezzo ai rovi. e

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IL GRANDE VERRO E’ VINTO ! Scendo tagliando un po’ di tralci in visione del recupero del verro che dovrà passare da questo strappo . Arrivo nel fosso che ha una bella pozza proprio davanti alla discesa e che le ultime piogg hanno ingrossato più del suo solito. Con un bastone saggio la profondità e visto che non posso entrare in acqua scendo ancora fra i rovi e con gli stivali attraverso , risalgo lungo la sponda opposta ed ormai vicino al verro mi trovo davanti, nascosto dalle macchie di rovi, un bel muro di pietre squadrate , rudere dell’arco di un vecchio ponte di ottima fattura posto sopra una pescaia di buoni cinque metri. Chissà cos’erano il ponte ed il capanno ai suoi tempi, certo strutture importanti vista la fattura accurata. Intanto penso al mio verro che rotolando fra rovi se li è legati addosso lì in mezzo al biancospino. Liberato e legato per il grifo aiutato dal bravo Renzo, unico che mi ha seguito, lo tiro in discesa scivolando sul muschio fradicio, poi nell’acqua galleggiando un po’ fino sotto alla discesa. Qui con Mauro e Mario che tirano dall’alto dello stradone e noi due che spingiamo lo trasciniamo fino alla strada ed anch’io e Renzo risaliamo il balzo. Finalmente con calma posso guardare il mio animale, è proprio un bel verro con delle difese importanti , forse ho salvato qualche cane, molto più grosso davanti con un collo massiccio come la razza impone, e lo saluto togliendomi il cappello. Vedo che l’ho colpito giusto alla base del collo poco dietro l’orecchio così non ho rovinato le spalle come succede quasi sempre. Un bel tiro fortunato, saranno una sessantina di metri da una sponda all’altra del borro e nonostante il mio combinato Zoli abbia mirino adatto anche a tiri lunghi , non sono certo io abile per tentare regolarmente tiri simili . Ma questa volta e’ andata bene e mi godo i complimenti dei miei compagni. . Poi nel trasporto ed in tutte le operazioni di macellazione cerco con scrupolo di salvare le difese che voglio conservare , ma non ci riesco, proprio a mé succede di far cadere la mascella e scheggiare il magnifico trofeo, si vede che la botte non deve mai essere piena fino all’orlo. Libero 2013

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IL LUCO

LA CASA ED IL PODERE DEL LUCO IMMERSI NEI BOSCHI Siamo ancora nel cuore del Chianti Fiorentino , sui monti del gruppo del San Michele, per me la montagna sacra. Qui nasce la Greve, il fiume, forse meglio dire il torrente che giù in basso traversa Scandicci, il mio paese natale. Il paesaggio rispecchia un po’ il carattere dei toscani , ombroso in basso e ridente a mezza costa coperto di pregiatissime vigne di sangiovese ( Santo mio prediletto ) ed infine selvaggio di foreste di pino nero sulla vetta. C’e una valle stretta dove i due maggiori torrenti che formano la Greve si incontrano alle rovine di un grande mulino a cui si accede da una strada forestale ben curata dalla proprietà della tenuta che si dice casa natale della Gioconda di Leonardo. E’ una strada erbosa che i gestori dell’ agriturismo sfruttano in piena estate per portare gli ospiti a bagnarsi nelle fresche acque del torrente , ma che noi ora in inverno usiamo per piazzare le poste, molto comoda perché disseminata di panchine . In mezzo alla selva di pini e scope un piccolo podere di olivi, Il Luco. A i miei amici lo rammento spesso perché è la palestra in cui si insegna ai nuovi l’arte della tracciatura, quella bella gita mattutina che ci permette di capire dove possano essere i cinghiali a riposare dopo le scorribande notturne. Dalla pista si scende fino al vecchio mulino , poi risalendo il torrente si incrocia un’altra buona strada che ci riporta su fino all’asfalto e alla macchina che ci attende. La tracciatura e’ un compito difficile che s’impara solo con la pratica perché non e’ poi così facile riconoscere le tracce del cinghiale e distinguerle da quelle del daino o di un piccolo di cervo. Sì che occhi allenati non sbagliano , ma ci vuole tempo e gambe per imparare. Così si è scelto questo territorio per la facilità del percorso, anche in caso di cattivo tempo. E capita che accompagnando i nuovi si trovino davvero tracce importanti di branchi numerosi che inducono ad accelerare il rientro per informare i capi caccia e disporre le strategie per sistemare le poste e la cacciata. Capita così la giornata del Luco, oggi siamo abbastanza numerosi per disporre diversi piccoli gruppi di poste un po’ su tutti i canaloni che si dipartono dal fosso principale ed anche chiudere in fondo la valle principale. Non capita spesso , ma oggi vista la mia conoscenza del tracciato vengo incaricato di sistemare le poste dal margine della rete della casa del Luco fin giù al torrente e se avanzano anche a risalirlo un po’. Però come accade in questi casi , pur essendo tanti la linea lungo l’acqua manca di tre o quattro poste visto che non riesco a vedere l’ultima che doveva venirci incontro dall’altra parte . Così piazzati Mauro e Mario alle ultime panchine della pista, metto Gino alla fine della stradella ed io

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LA BELLA STRADA DELLE PANCHINE DOVE LASCIO I COMPAGNI ALLA POSTA risalgo il torrente per un centinaio di metri, in una parte pianeggiante con buona visuale visto che i pochi castagni ed ontani sono ormai alti e radi e non c’e sottobosco. Riesco a vedere Gino col suo gilè arancione seduto su una panchina al bordo del torrente , cerco sul ciglio del bosco di scope le discese più marcate ma sono così tante che non so decidere quale sia veramente decisiva da sorvegliare. Così nel mio preoccuparmi di lasciare incustodito tanta parte del territorio , mi sposto un po’ in qua ed un po’ in là, secondo al momento come mi par di fare giusto. Mi affaccio al ciglio dell’argine e noto come sia trasformato il torrente da quelle piogge che quest’anno ci han rotto le scatole per tanti fine settimana. L’acqua salta di roccia in roccia come in un rio alpino e sembra giusto di vederci le trote come tanti anni fa. Intanto il pallido sole del mattino lascia il posto ad una nebbiolina portata da un alito di vento gelido e qualche goccia che fermandosi sui rami ogni tanto cade rumorosa sulle foglie secche. Come sto bene in questo ambiente ! Quello che vedo, la nebbiolina , gli alberi , l’acqua del torrente che pur rumorosa non mi disturba e tutto il resto che mi è intorno mi riesce facile da capire , è così reale come lo vedo , mica come le cose giù in città , con la gente strana che non capisco mica più tanto ! Beato mi siedo alla base di un castagno e con calma carico il mio combinato con una 30-06 ed una Gualandi ma salto subito in piedi perché appena arriva il segnale di inizio subito i cani s’imbattono nel branco dei cinghiali ed inizia la fiera. Colpi a salve dei canai rimbombano nella valle ed io sento nonostante il fragore dell’acqua che pian piano una canizza scende il corso del torrente e poco sopra di me taglia nel bosco e si ferma nelle scope poco lontano. Un canaio svelto scende ad assistere la muta e lo sento gridare. Poi inizia a sparare a salve, forse non ritiene il caso di entrare nel folto e dopo poco la canizza riparte e torna da dove era venuta Ecco che si sentono i colpi delle poste lassù a destra del vallone. Poi torna il silenzio e visto che da me non viene niente , mi appoggio con le spalle ad un carpine, incrocio la gamba e tengo il fucile in braccio piuttosto rilassato. Guardo con attenzione due o tre stradelli di fronte che escono dalle scope ma ad un tratto, con la coda dell’occhio mi par di notare qualcosa nello stradello dove mi trovo, alla mia destra. Neanche il tempo di voltare l’occhio che un verro fermo nel mio stesso viottolo a meno di dieci metri mi guarda e nell’attimo che i nostri occhi s’incontrano sgomma partendo a mille e si dirige verso l’acqua. Balzo in piedi , giro il combinato e cercando di mirare in qualche modo lascio andare un colpo diretto alle chiappe del verro. E mi pareva di aver mirato bene ma e’ una pia illusione. Questo neanche avessi detto a lui, salta nell’acqua e traversa il torrente, poi sale in tralice verso le poste di destra dove viene ancora padellato e se ne và scollinando. Bella figura! Bella

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NEI PINI E FRA LE ALTE SCOPE SOPRA DI ME SI NASCONDE IL BRANCO padella. Questo furbone che io aspettavo uscisse dal folto, scendeva invece a margine dell’acqua nel viottolo che percorro quando vado a tracciare e mi è apparso a fianco a pochi metri. Ci resto male, molto male, era una bestia nera come il carbone e neanche tanto piccino, peccato. La cacciata malgrado me prosegue bene , un altro verro viene trovato e preso da Paolo , un altro da Maurizio ed anche le poste fanno bene. Poi i canai scendono verso di noi e quando arrivano dove c’erano i cinghiali all’inizio, ne trovano altri che non si erano mossi prima . A questo punto la canizza e’ veramente spettacolare , ci partecipano quasi tutti i cani della cacciata perché i canai che si erano ritrovati tutti insieme in una stradella di mezzo ora sono a far baccano proprio sopra di me in mezzo ad un ciuffo di pini folti . La pressione mi sarà salita nella zona rossa della lancetta penso, non so dove guardare, avrò dieci fore davanti, vado in confusione, solita scena. Dal gruppo di cinghiali ogni tanto qualcuno parte e viene preso o padellato dalle mie poste,sento gli spari vicini e lontani, l’ansia ancora cresce, il mio compagno ne vede due lontani e non riesce a tirare, altre poste più su padellano ma rimandano in cacciata un verro. Tre o quattro cani si staccano dalla baraonda e vengono diritti verso mé, vai , ci siamo, mi fregherà anche questo ! Fossi un po’ più ottimista una volta!. Proprio dalla fora più importante esce un cane senza niente davanti, non capisco, altri abbaiano più su dove passa una vecchia stradella persa nelle scope. Però guardando in direzione dell’abbaiare vedo muovere la scope ed un verro nero e grosso mi appare in mezzo alla macchia. Non riesco a mirare, non lo vedo bene ma ecco che si porta al pulito ma dietro una grossa quercia sul ciglio dove passa uno dei trattoi. Si sofferma dietro al tronco forse per ascoltare i cani e decidere da che parte scappare. Non posso tirare perché mi mostra la punta del grifo e metà prosciutto e rimango con il combinato in mira così inchiodato e trattenendo il fiato. Mi dolgono le braccia, comincio a pendere verso il fucile , se non si muove dovrò abbassarlo, ma con uno scatto repentino il verro riparte e mi si mostra perbene per un metro appena. Sono pronto ed avevo previsto la mossa, tiro anticipando un po’ con la canna rigata una palla da verri, una RWS TUG da 180 grani che l’animale incassa sparendo fra le scope. Però non lo vedo traversare la stradella e penso che sia fuggito in salita nascondendosi alla mia vista. Arrivano i cani in gruppo abbaiando come forsennati, ma appena sulla traccia del cinghiale cambiano tono e si mettono a ringhiare

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FINALMENTE IL VERRO ARRIVA ALLA STRADA PRONTO PER ESSERE CARICATO Vedo scuotere le scope ed ecco il verro a gambe all’aria che scollina il ciglio e scalciando ormai morto rovinosamente rotola fin quasi ai miei piedi trascinato da i cani che lo strattonano e lo mordono ingarositi e vittoriosi . Subito arrivano anche i canai che approfittano della situazione e legano i cani dando anche il segnale di fine. Il verro si è fermato sul ciglio in una piega del terreno ed è agevole farlo finir di rotolare giù nel piano al pulito. Lo guardo e sembra proprio quello che dianzi mi ha fregato. Bello nero e motoso, denti formidabili ed integri, proprio un bel verro. Ha un forellino fra l’occhio e l’orecchio, accidenti, appena dieci centimetri più su e facevo la seconda padella ! Lo saluto togliendomi il cappello. Per buona fortuna avevamo portato la macchina giu’ per la strada e così chiamo Mauro che l’avvicini il più possibile, poi tirato a braccia il cinghiale attraverso il piano di ontani lo leghiamo al gancio per trascinarlo fin dove può arrivare il furgone per il trasporto alla casa di caccia. Oggi non sono stato bravo , ho solo avuto la fortuna di vedere due animali, ne ho preso uno solo ma sono molto soddisfatto, dimenticherò forse la padella , ma il bel cinghiale lo voglio ricordare ed onorare scrivendone una storia. Libero 2013

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UN SALTO NEL BUIO

L’INIZIO DELLO STRADONE DELLE POSTE DOVE CI SIAMO FERMATI IO E MAURO E’ una storia di qualche anno addietro, di una fantastica cacciata nella zona della Casa Franata. Poco prima di Natale , Renato, tracciatore sopraffino , rientra al capanno del raduno eccitato oltremisura. Racconta che ha sentito negli spinai sotto la Casa Franata grugnire e stridere un branco di cinghiali in lite forse per le femmine , ed una grande confusione di tracce e scavi appena più su , sotto la strada della stanga lungo la rete di una proprietà . Quando io e Mauro rientriamo dalla nostra tracciatura, troviamo i compagni nel piazzale in preda alla frenesia ed a malapena riusciamo a mangiare che subito chiamano per mettersi in cerchio ed assegnare le poste .Chiedendo un po’ qua un po’ là capiamo il motivo e di buon grado ci uniamo alla combriccola. Poi, come al solito e forse di più , partenza caotica in un arruffio di macchine e nel più gran polverone via tutti ! Io e Mauro siamo destinati alla linea di poste nello stradone nuovo che dal basso sale verso la Casa Franata costeggiando il Borro delle Corti , giù nelle prime poste e contenti che una volta tanto non ci tocca di doversi arrampicare per greppi e borri ci mettiamo disciplinatamente dove Renato reputa possano arrivare i cinghiali mossi dalla muta. Mi siedo comodo a sorvegliare un bello strappo fra la macchia di scope creato dalla ripulitura di una linea di telefono. E’ anche una giornata discreta, nuvole strappate, ogni tanto una passata di sole, piuttosto fredda ma non sembra minacciare più di tanto. Però siamo in un canalone profondo ed in verità del cielo non ne vediamo abbastanza per giudicare con ragione. Passa il tempo e non succede niente. Anzi per la verità come al solito i cani si sollazzano in inseguimenti al solito povero capriolo finchè si stufano e tornano dagli sconsolati canai che riprendono la battuta. Hanno quasi finito, non hanno trovato il branco ed ormai sono le quindici e son già passati davanti a noi , han risalito il borro fino quasi alla rete in cima, la cacciata stà per finire. Ormai rassegnati al cappotto completo arrivano in vista delle poste ma quì si scatena il finimondo. Per il nostro solito baccano al momento di prender posizione alla posta, per gli strilli al solito distratto che non ha capito dove mettersi .

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SEDUTO COMODO SORVEGLIO UNO STRAPPO PULITO FRA LE SCOPE DI UNA LINEA DI TELEFONO CHE SALE ALLA CASA FRANATA Probabilmente il branco prudentemente si era spostato fin sotto le poste alte e lì fermato sentendo e fiutando gli altri nostri compagni. A quel punto i canai erano fra sé molto vicini, forse anche tutti insieme pensando di portarsi alla strada ed al carrello per rimettere i cani quando tre o quattro segugi seguendo una traccia trovano il branco ed inizia la baraonda. Il branco chiuso fra i canai, la rete in alto e le poste, non si trattiene molto ma si sparpaglia e mentre i piccoli tentano di passare attraverso le scope ed allontanarsi da lì, un gruppo di animali più grossi pensano di forzare la linea ed incappano nel tiro dei postaioli che ben piazzati sulla sponda di un fosso molto ripido , riescono bene a tirare e colpiscono cinque di questi. I piccoli che invece si erano allontanati nel folto vengono seguiti dalla canizza ed arrivano ad un'altra linea di poste magistralmente disposte in un altro canalone lontano. Noi dal basso sentiamo le serenate degli spari e capiamo che bene o male certo ci sarà da lavorare alla casa di caccia. Intanto il tempo si guasta, arrivano nuvolacce nere che anticipano l’oscurità , e per l’abitudine del presidente e capo caccia di star nel bosco fino all’ultimo, ci troviamo improvvisamente al buio. Non mi preoccupo certo per me che ho sempre tre o quattro pile addosso, ma certo i miei compagni non sono tutti così previdenti . Mauro dalle prime poste si avvicina intanto alla macchina e mentre lui s’incammina viene dato il segnale di fine. Subito dalle varie zone incominciano a chiamare per chiedere aiuto per il recupero dei capi, e visto che la mia zona non ha tirato, con Mauro saliamo in macchina verso le poste alte dove ci sono i verri. Nel buio più nero agevolmente arriviamo al ponticino dello stradone dove i compagni devono trascinare i verri per attendere il furgone che li porterà alla casa di caccia. Fermiamo la macchina alla piazzola del ponticino e chiamiamo a gran voce i nostri compagni che ci rispondono da sopra il greppo. Accendo la pila grossa e vedo che i bordi del fosso sono molto ripidi e senza la traccia di un passaggio, inoltre dalla parte da cui devono scendere con gli animali c’è un lungo scivolo di roccia ripida e liscia . Speriamo che stiano attenti, penso. Arrivano tutti insieme un cima allo scivolo e preoccupato grido di fermarsi. Ancor più preoccupato mi rendo conto che nessuno ha una piletta e che nel buio più assoluto continuano a scendere. Fermi ! grido , fermi che vi porto le pile ! Ma voi sapete come è facile convincere vecchi cacciatori esperti di boschi e campagne ! Manco avessi detto a loro, insistono e scendono ancora . Ho un bel dire e gridare, macche’, scendono ancora.

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IL FOSSO IN FONDO AL DIRUPO . NON VI SEMBRA DI VEDERCI LE TROTE SALTARE ? In quel mentre sento un fragore di frana e vengono giù ciottoli e terriccio e qualcosa di grosso che arrivato addosso ad una ceppa di ontani fa un rumore sordo come di un cocomero che sbatte nell’aia. Mi sento ghiacciare il sangue, seguono secondi di angoscia, ci guardiamo con Mauro e subito corro nel fosso senza curarmi dell’acqua verso il punto dei rumori. Mentre scendo , a maggior angoscia quel cocomero comincia a gemere ed a lamentarsi piano. Subito gli sono addosso e riconosco Giancarlo che terroso e piegato si libera dalla posizione e bene o male mi viene incontro .Lo sorreggo ed insieme traversiamo il fosso,Mauro mi aiuta a sostenerlo ed arrivando alla macchina lo facciamo sedere . Respira a fatica , certo ha sbattuto le costole, però è ben cosciente, risponde a tono e si lamenta parecchio . Bisogna portarlo via da qui e farlo visitare. Mauro allora avendo un fuoristrada adeguato lo accompagna su per la mulattiera fin dove un compagno lo preleva e lo porta in paese. A questo punto torno per assistere gli altri rimasti in cima al dirupo , salgo andando loro incontro con la luce macchè, non serve, ognuno di testa sua si sceglie un percorso e per grazia del Signore gente ed animali conquistano la strada sicura. Allora torno sul punto della caduta e recupero fucili sgabelli e zaini , tutta la roba che Giancarlo aveva addosso, Comunque la giornata prosegue nelle operazioni di cura delle prede, alla casa di caccia vengono trattate,lavate e messe in cella. Sarebbe stata una bellissima giornata, solo adesso che abbiamo finito cadono noiose goccioline ed i capi erano credo una quindicina, ma l’incidente di Giancarlo ha rovinato l’allegria. Sono furioso con non so chi, ma non mi rendo conto come cacciatori anziani e quindi esperti , vadano nel bosco con zaini pieni di mille ammennicoli ma senza una pila, ancor di più , visto che a nemmeno trecento metri avevano le auto , e lì certamente qualche torcia, prima di mettersi a trascinare i verri potevano andare a prenderla. Invece nò , al buio più fitto , in fondo ad un dirupo, senza nemmeno vedersi le scarpe e con il rischio di troncarsi davvero. Mi è durata qualche settimana questa arrabbiatura, poi saputo che Giancarlo stava bene mi son rimesso al sereno. E lui è anche tornato a caccia in quella stessa stagione, ci ha poi raccontato che aveva quattro costole incrinate e che l’assicurazione l’aveva rimborsato con una bella sommetta, anzi pareva quasi contento del capitombolo, beato lui ! Libero 2013

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DOVE NASCE LA GREVE

LA VALLATA DI LAMOLE VISTA DAL MONTE SAN MICHELE – QUESTI FOSSI CONFLUISCONO LAGGIU’ NELLA GREVE La Greve si dice che sia un fiume che porta l’acqua ma che nasce nel vino ! Sarà perché lo frequento da sempre , che lo conosco bene , ma questo monte San Michele è la mia Montagna Sacra, la storia del Chianti l’ha scritta lui , le antiche famiglie che si leggono nei nomi delle strade di Firenze hanno vissuto e combattuto e regnato su questi territori, la Greve nasce qui e quando mi avvicino alle su pendici mi sembra di tornare a quei tempi favolosi. Oggi sono lassù col pensiero , e mi ricordo di una giornata favolosa e di un tiro straordinario favorito da quel po’ di mela che ogni tanto assiste i cacciatori approssimativi come me, che tanto bravi non sono ma hanno tanta voglia e passione. Caccia al cinghiale sui monti alti del Chianti , proprio alle sorgenti di quella Greve che scorre pigra nella mia Scandicci dopo aver lasciato le belle colline di vigneti pregiati di quassù , bei dintorni di Lamole, al margine dei castagneti che adesso stiamo faticosamente risalendo in fila indiana condotti dal capo-caccia della squadra dei nostri amici confinanti che ci ospitano oggi nei loro territori. Abbiamo dopo anni di sana competizione raggiunto un accordo con loro per cacciare insieme ogni tanto per una serie di ragioni che consigliano di unire le nostre forze e raggiungere un numero di cacciatori importante. Così oggi siamo un centinaio e possiamo chiudere nelle linee delle poste tutta la foce del fosso principale che formerà più in basso il fiume Greve . Sono boschi ormai abbandonati e talmente selvaggi e folti che una squadra da sola non riesce a gestire , per questo siamo tutti insieme . Con mia grande soddisfazione vedo che paesani spesso rivali nella caccia e abili nello sfottersi giù al bar camminare a fianco in un’allegria sincera, nella grande aspettativa di una giornata memorabile. Anche il tempo ci assiste , e nonostante una leggera nebbiolina sulla

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OLTRE IL DIRUPO UN BOSCO RADO cresta del poggio , sembra che la brezza se la stia portando via e ci renderà il bosco visibile fra non molto. Sono partito da casa con Marco dottore e vista la zona tosta siamo decisi a restare vicini anche alla posta per assisterci l’un l’altro nella lunga giornata. Intanto che la stradella si attorciglia in tornanti ripidi , il bosco rado di quercia si sporca di alte scope stringendo il passaggio sempre di più finche dobbiamo accontentarci di seguire le piste degli animali nel fitto. Chi ci conduce però conosce bene il posto e traversato il folto inizia a seminare le poste sulla ripa di un canalone roccioso che dall’altra parte mostra un bosco di castagno molto pulito sì che si possa tirare bene ed in sicurezza. Dopo poche poste viene il mio turno e con fare deciso il capocaccia si stacca dalla compagnia e mi indica un terrazzino sopra il dirupo da cui non mi devo spostare. Marco viene messo cinquanta metri oltre scendendo un tronco di viottola fino al bordo del fosso. E’ mia abitudine guardarmi bene intorno intanto che le poste continuano a sgranarsi lungo il sentiero. Cerco Marco e lo vedo ben messo indossare il gilè arancio e caricare la sua browning in mezzo ad una carbonaia da cui può controllare una bella parte della palina di castagno oltre l’acqua. Cerco le solite pietre piane per fare un sedile appoggiato alla radice di un grosso carpine, ci appoggio la mantella e mi siedo a considerare i sentieri davanti a me . Ho nel taschino un piccolo svarowski e con questo tento di seguire i tracciati dei passaggi dei cinghiali là di fronte nel pulito e vedo che tutti portano proprio sotto di me dove una cengia nella roccia permette il passaggio del torrente. Nemmeno posso sperare di raggiungere gli altri passaggi, lontani e coperti dalla vegetazione , quindi mi metto in condizione di sorvegliare bene questo ed aspetto tranquillo. L’aria frizzante porta odore di funghi, segno che il terriccio di castagno è stato smosso, forse dai miei compagni nel salire , forse dai cinghiali in pascolo questa notte . E sì che di tracce ce ne sono parecchie , i passaggi sono tutti smossi , la palina di fronte è in molte zone rivoltata, tutta la scena si presenta entusiasmante. Passa il tempo e la radiolina annuncia l’inizio della cacciata, non capisco neanche bene dove siano tutti gli altri cacciatori , ma sono tranquillo che il canalone mi proteggerà anche da eventuali colpi vaganti. Cominciano le fucilerie seguite dai commenti , gli spari rimbombano e gli echi come rombi di tuono si inseguono nelle vallate in alto. Le padelle altrui sempre ci rallegrano

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MARCO DOTTORE CERCA IL VERRO DAVANTI MA NON LO VEDE con le battute che ne seguono intanto che la radiolina ci permette di capire e seguire cosa si sta facendo. Un pallido sole dicembrino filtra fra i rami e nel tentativo di seguirlo mi alzo, sempre con la vecchia browning in mano e lentamente mi sposto seguendo il tepore che mi regala, poi sparisce definitivamente e rassegnato mi risiedo vicino alla ceppa. Traggo dallo zaino il panino e l’acqua, ghiaccia marmata, e lo divoro in tre bocconi e mi pare di aver preso poco da mangiare per oggi, pazienza. Sono lì che mi ricompongo che un canaio si fa sentire nel fondo del canalone molto sotto di me. Con voce allarmata avverte che i cani sono a fermo, di stare attenti che li andrà a servire. Passano pochi secondi che due spari ed il vociare della radio annunciano che un verro è partito. Seduto tranquillo proprio non immagino che la bestia venga da me visto il bosco pulito della zona e che i verri si spostano sempre al coperto della macchia. Da seduto invece vedo la bestia nera sbucare ad un centinaio di metri giù al margine del fitto ed entrare in palina, ha distanziato di molto i cani e se ne viene al trotto svelto in tralice per il pendio. E’ancora lontano e si avvicina di poco ma non promette di venire al mio passaggio mentre devia verso l’alto. Decido allora di tentare il tiro , ancora seduto alzo la carabina e metto il punto rosso un po’ alto nella sua spalla. Tiro e non succede nulla . L’animale né rallenta né accelera, prosegue in salita verso Marco. Questi sopra di me capisce e lo cerca con gli occhi , ma a causa delle pieghe del terreno non gli si scopre mai. Intanto lo rivedo di nuovo in uno strappo fra i tronchi e gli mollo un altro colpo nel grosso della figura, poi mi sparisce ancora. A questo punto però le poste sopra me dovrebbero vederlo, il fosso gira e dovrebbe sbucare proprio davanti a loro. Tutto tace. Ecco dal basso arrivare i cani che seguono precisi la passata del verro abbaiando e fiutando il terreno. Con mia sorpresa si fermano dietro gli ultimi castagni, abbaiano per poco ancora e mugolano come quando mordono la preda vinta.. Allora l’ho preso ! Pensiero fulminante ! L’emozione vince,vado in confusione e mi tremano le gambe dall’emozione ! M’impongo la calma, vedo adesso che solo alcuni dei cani , come regola , lasciano il cinghiale ormai fermo e rientrano dal loro conduttore , altri invece si perdono nell’odore della preda e non la lasciano più . A voce e con la radio un po’ tutti chiedono notizie e ormai certo della situazione il canaio mi invita a rimandare in giù i cani da lui. Bisogna andare a scacciarli per farli rientrare e proseguire la cacciata. Marco più vicino potrebbe farlo lui

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LA BESTIA NERA ORMAI NEL VIOTTOLO PRONTA PER IL TRASPORTO ma non vedendo dove sia la bestia sarebbe in difficoltà , così io bollente di curiosità e di entusiasmo ben volentieri parto, avverto i vicini e lui stesso che mi muoverò e cha facciano ben attenzione. Cerco un punto per traversare e trovo il tronco di viottolo che porta all’acqua passando da Marco , salgo di fronte nella palina guidato dall’uggiolare dei cani soddisfatti ed arrivo al verro . E’ bello grosso, nero e motoso, i cani stanno tentando di mangiarselo iniziando dalle parti molli, prudente raccolgo una frasca lunga e li minaccio sbattendola in terra finché pur ringhiandomi arresi si allontanano e tornano verso i canai. Sposto il verro tirandolo per una zampa e riesco a girarlo per vedere dove sia colpito. La costa ripida di foglie umide mi consente anche di trascinarlo fino all’acqua e mentre riprendo fiato vedo che ha due colpi addosso, uno a metà del collo, che sarà certo quello che l’ha fermato ed uno nel grifo che ha mezza scardinata la mascella . Sono quasi sorpreso del mio tiro, non davo tanto credito al punto rosso, pensavo valesse per tiri fino ai cinquanta metri ma il secondo colpo, non so quale sia di certo, gli è arrivato davvero intorno i cento metri !. Mi calmo e considero che la cacciata sta proseguendo e che sono davanti alle poste . Così mentre rientro al mio posto indico a Marco dove ho lasciato il verro. La cacciata prosegue ed altri animali vengono trovati , anche le poste alte della mia stessa linea si danno da fare finché gradevolmente presto arriva il segnale di fine cacciata. Raccolgo la mia roba , preparo le funi che mi porto sempre dietro ed aspetto i mie compagni che scendono per tornare dal verro. Eccoli tutti insieme che trascinano altri tre cinghiali, ma il sentiero in forte discesa aiuta parecchio. Guidati da Marco di buon grado tre o quattro giovani compagni arrivano da me che intanto ho legato l’animale per il grifo e tutti insieme risaliamo la costa fino al sentiero. Ritornati dagli altri racconto la cacciata e come me tutti si meravigliano del tiro, credendo che Marco avesse preso lui il cinghiale e non certo io da laggiù . Penso però che a tutti prima o poi capiti il tiro fortunato , ed in fondo anch’io ho tirato così lontano solo perché ero convinto del fatto che potevo tirare in una zona sicura e che non correvo nessun rischio di fare casini. Ripartiamo tutti insieme e la fatica e’ tanta, ma la giornata ancora luminosa ci permette di arrivare bene alla strada dove il furgone raccoglierà le prede per portarle alla casa di caccia. Tornati al raduno vediamo che sono stati presi diciassette cinghiali e le operazioni di pulitura e spellatura diventano caotiche per il numero di animali da sistemare e lo spazio angusto disponibile. In questa baraonda non riesco a recuperare le zanne che seppur non eccezionali erano comunque discrete. Pazienza, ne ho tante in un cassetto, ma queste erano il ricordo del tiro più lungo capitato a me . Ormai si è fatto scuro, salutiamo gli amici e ci mettiamo in marcia verso casa, sognando una doccia bollente ed una cena vergognosamente abbondante. Libero 2013

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LEGENDA …. COME DIRE.. CHE VOR DIRE ? ALTANA postazione rialzata e coperta CALANCO porzione di terreno in frana coperto da vegetazione arbustiva PIAGGIA terreno solitamente coltivato in pendenza dolce, si dice anche di porzione di bosco STOPPIA terreno dove dopo raccolto il grano restano gli steli e un po’ di paglia SBINOCOLARE controllare attentamente il territorio con il binocolo DISTRETTO minima zona amministrativa relativa alla caccia comprendente a volte più comuni COMPRENSORIO zona relativa alla caccia di ungulati comprendente più distretti ALBERETA , pioppeto , terreno piantumato a file regolari di pioppi, noci ed altre essenze POSTApunto preciso in cui il cacciatore, POSTAIOLO, deve stare disciplinatamente fermo e zitto CANNICCIO varietà di canne di fosso sottili e fitte , poco più di erbe alte SUB-ADULTO capriolo o altro ungulato nel secondo anno di sviluppo TAFANI grosse mosche emofaghe dalla puntura dolorosissima ed a volte allergizzante ,,scansatele CACCIA ALLA CERCA caccia in movimento che consente la ricerca della selvaggina , l’altra forma e’ la caccia all’aspetto cui sono tenuti i cacciatori di selezione nei primi due anni di licenza CACCIA DI SELEZIONE rigida disciplina che prevede l’ottenimento di capi da cacciare secondo sesso , età e presenza numerica che devono essere conosciute dal cacciatore. COMBINATO fucile a canne sovrapposte ed apertura a cerniera basculante, composto da una canna per cartucce a pallini ed una rigata per cartuccia metallica STEKER dispositivo meccanico che permette di alleggerire lo sforzo di pressione sul grilletto. In alcune carabine e’ composto da due grilletti, in altre dallo stesso che viene spinto in avanti TELEMETRO sorta di cannocchiale che sfruttando il laser misura le distanze dall’operato LA ZOLI grande carabina italiana (mia) in calibro 7 mm remington magnum KALES cannocchiale di mira sopra la mia Zoli, ottimo come svarowski, zeiss, smidt&bender TIGNAMICA erba legnosa ed appiccicosa che forma grossi cesti e praterie alta intorno al metro BAR Browning ,nome della carabina semiautomatica più diffusa fra i cacciatori di cinghiale PUNTO ROSSO sorta di piccolo cannocchiale di mira che sovrappone un puntino luminoso all’immagine in prospettiva , sostituisce il mirino PARATA postazione a terra ben chiusa su tutti i lati e dotata di balaustra per appoggiarsi e mirare, anche da seduti. Quello che si fa’ dall’altana ma in modo più economico PIANO DI ASSEGNAZIONE il totale dei capi assegnati , per specie,sesso ed età TUG 30-06 RWS ottima per il cinghiale di marca eccellente di mm. 7,62 x 63 e 400kg di spinta CAPANNAI cacciatori al capanno con richiami nelle gabbiette TORDI sasselli , bottacci,gruccioni , poiane,fringuelli,gazze,ghiandaie uccelli delle nostre zone CORONATO il cervo maschio adulto italiano ha il palco terminante in una corona di punte UN TRATTORINO si usa dire di un cinghiale maschio ,VERRO , di buona stazza GRIFO la punta del muso del cinghiale. Per trascinarlo si usa legarlo da dietro i canini CANAI specialisti nel condurre , conoscere la voce dei cani e stanare i cinghiali FORE passaggi rotondi ed evidenti creati dai cinghiali nella macchia ed usati spesso da questi TRACCIARE cercare le impronte del passaggio e della pastura e segni sui tronchi VERRO - SCROFA maschio e femmina adulti del cinghiale BRENNEKE- GUALANDI - FOSTER le più diffuse palle per fucili a canna liscia PALINA bosco di castagno di fustaia da cui si traggono pali da vigna con poche piante vecchie