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Gli eletti di scantigliano

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Siamo nella seconda metà del secolo XXI. Nove personaggi arrivano in aereo dall'immaginaria cittadina toscana di Scantigliano ad al-Dakhla, nel Sahara Occidentale. Sono stati selezionati dalla Extension Olovision (Ov) per partecipare ad un reality, che consiste nel trascorrere sei mesi, privati di ogni consueto device, su una nave diretta verso una destinazione ignota. Ripresi costantemente, vengono sottoposti ad una valutazione periodica da parte del pubblico da casa e dal Grande Fratello della situazione, detto “Il Mediatore”. Col tempo approfondiscono la conoscenza reciproca, interagendo tra loro in modi più o meno imprevedibili, finché si rendono conto che le cose non stanno affatto come pensavano. 2015 - ISBN 9788896926581- brossura - pp. 159

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Paolo Durando

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(...)

E come portati via si rimane

G.Ungaretti -Nostalgia.

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Copyright © 2015 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i PaesiCasa Editrice AntipodesVia Toscana, 290144 [email protected]

ISBN:9788896926581

Paolo Durando, Gli eletti di Scantigliano, Antipodes, Palermo2015

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I

Toscani di Scantigliano, Alba Fruzzetti e Vincenzo Gorinon avrebbero mai immaginato di ritrovarsi, nel giro dipochi giorni, nel Sahara Occidentale.

Del gruppo, furono i primi ad arrivare alla sede di al-Dakhladell’Extension Ov, a due passi dall’Hotel dove avevano pernottato.Seguirono delle frecce e si trovarono in un corridoio asettico, an-cora deserto. Aspettarono, lui in piedi, le mani in tasca, lo sguardodiviso tra la parete bianca e il pavimento, lei seduta, china sullemani intrecciate.

Erano ancora perplessi per quanto era accaduto e storditi dalviaggio aereo, da tutto quel sole e vento secco, dal mare visibileovunque si voltassero.

Non si erano mai sentiti degni di particolare attenzione.E, dai tempi della grande crisi, avere superato i trent’anni era

tornato a rappresentare la fine della vera e trionfante giovinezza.Una donna con un foglio-tablet in mano e gli occhiali quadrati,

ovviamente hud, ma in quel momento disattivati, si affacciò sullasoglia e si soffermò sul volto pallido e spigoloso di Vincenzo.

«Fruzzetti e Gori, entrate pure.»Alba liberò le dita delle mani e si alzò. Tendeva spesso a guar-

dare per terra, oppure a perdersi su un punto qualsiasi, magarimentre parlava veloce, ravviandosi di tanto in tanto i capelli che

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le coprivano il viso affilato. Quasi mai intercettava lo sguardo delsuo interlocutore.

Vennero fatti sedere davanti ad una scrivania dove un uomocon gli stessi occhiali, però ovali, e l’aria più comunicativa, lisquadrò con attenzione.

«Dunque, avete superato la selezione. Quello che ci avete man-dato, fotografie, filmati, indicazione di preferenze, gusti, aspira-zioni generiche è stato considerato consono a questa nuovaesperienza che vogliamo avviare. Ma già lo sapete.»

I due giovani erano seduti rigidi, in apprensione. Le labbra sot-tili di lei erano serrate.

Avevano partecipato alla selezione per scherzo, ufficialmente;in realtà certe cose non si fanno mai per finta, una parte di se stessiresta abbarbicata alla possibilità di cambiare vita, di far parlare disé.

«Ribadiamo che voi dovrete abbandonare la realtà aumentataper sei mesi, sarete privati di ogni ausilio tecnologico. La paroladetta e, eventualmente, scritta sarà il vostro unico modo di comu-nicare ed elaborare il pensiero. Vi sarà consentito di leggere.»

«Leggere?» fece Vincenzo, quasi incredulo.«Non vi sarà permesso, naturalmente, di usare fogli-tablet per

la lettura o per la scrittura.»«Siamo interessati a questa esperienza,» disse Alba. «Ma non

siamo sicuri…» continuò, guardando la parete e poi, di sbieco,Vincenzo «…che resisteremo.»

Apriva e chiudeva un pugno come per riferirsi ad una sostanzadel discorso che le sfuggiva.

L’uomo alla scrivania annuì sorridendo paterno, esprimendocon lo sguardo simpatia e interesse. Faceva parte del suo ruolo,ovviamente, pensò più o meno Vincenzo, avvertendo che non eradavvero lui come persona ad interessarlo. Aveva ormai compreso

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che un vero interesse per i propri simili non l’aveva nessuno. Esi-ste un interesse professionale e, subito dopo, quello sessuale e sen-timentale. Si basava su questa considerazione più per prevenire ledelusioni che perché la pensasse davvero così. In verità era piùcredulone, più fiducioso negli altri di Alba, che sfuggendo tutto etutti, si era creata una corazza quasi inespugnabile, avendo peròl’aria di non curarsene, di non accorgersene neppure.

Le difese più riuscite sono quelle inconsapevoli, considerò inun angolo di sé, osservando di sottecchi la sua ragazza, il profilocoperto dai capelli.

«Bene!» disse l’uomo, appoggiando i gomiti alla scrivania.«Voi siete scritturati per questo reality. Stanotte sarete ancora

ospiti dell’Hotel convenzionato e domani mattina sarete accom-pagnati all’imbarco.»

Dopo di loro arrivò Giuseppe Lenzi, grasso e flaccido libraiocinquantenne. Fu fatto accomodare. L’impressione generale d'ine-stetismo non impediva che tutt’intorno a lui pareva quasi di sentirel’odore dei libri, quelli di carta, i libri antichi, che lui collezionavaed esponeva in una sala appartata della sua libreria nel centro diScantigliano. Il suo doveva essere un mondo di parole. La parolaveloce, magmatica, sfuggente della sua epoca ma anche quellascolpita, tornita, pesante dei secoli precedenti. In lui il passato nonera perduto né il presente veniva rinnegato. Facendo domanda peressere selezionato aveva saputo mettere in evidenza questo sianelle immagini che lo ritraevano in mezzo ai suoi polverosi testi,sia nelle dichiarazioni oloregistrate, dove si perdeva in aneddotiraffinati quanto suggestivi sulla sua vita, ad esempio quando erascappato dai nonni per chiudersi in una casa diroccata sulla costaa leggere i classici russi, incontrando poi un rampollo dei Roma-nov con cui aveva avuto lunghe e gratificanti scambi di vedute,fino ad accorgersi che il piccolo aristocratico era solo una sua proie-

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zione, un sogno ad occhi aperti. Quell’esperienza al limite dellapsicosi, gli era servita, raccontava, per penetrare nell’anima pro-fonda, tormentata e sconvolta dell’ottocento russo.

L’uomo alla scrivania volle riportarlo a quella vicenda, mo-strandosene vivamente interessato. A Giuseppe non parve vero dipoter di nuovo diffondersi sulle conversazioni immaginarie colsuo amichetto russo, che gli aveva dispiegato un mondo di raffi-natezze impensabili nell’Italia del suo tempo, a Scantigliano o al-trove. La realtà aumentata nella quale tutti vivevano era nulla,diceva, rispetto allo scandaglio dell’interiorità e, a maggior ra-gione, della realtà nel suo complesso, di cui erano stati capaci irussi e i loro scrittori.

«Siamo stati subito interessati a lei, in quanto saprà meglio dinoi che a leggere un romanzo tipo “Guerra e pace” sono rimasti,ormai, solo depressi e/o iperdotati.»

«Io non ero né l’uno né l’altro quando lo lessi…» consideròumilmente, non si sa se credendoci davvero. In realtà un po’ de-presso non poteva non esserlo stato da ragazzo, con quel corpoche si ritrovava, e iperdotato, in fondo ci stava. Il suo nido d’amoresugli scogli aveva accolto la sua amicizia immaginaria quandoaveva sui dieci anni, un’età in cui di solito non ci si aspetta che sidiscuta con qualcuno di nichilismo e destino dell’aristocrazia nellastoria europea.

Giuseppe guardò il suo interlocutore tristemente, gli occhi unpo’ acquosi. Era calmo e comprensivo, volendo dare ad intendereche l’essere stato selezionato per quel reality non poteva avere ungrande significato per lui, ma si sarebbe prestato per solidarietà econdiscendenza nei confronti del genere umano.

Quel tipo di programmi non era più stato di moda per parecchianni. Ultimamente si stava affacciando una generazione che an-dava riscoprendo gli anni Zero, che cercava di differenziarsi dai

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genitori figli dei cosiddetti “anni della Revisione”, in nome di unedonismo fine a se stesso e del culto della vita privata. Era il mo-mento giusto per la riproposizione di un reality. L'Extension Ovsi distingueva per questo tipo di operazioni. Più una cosa parevasuperata, più la scommessa per una sua riscoperta era da prenderein considerazione. L’uomo alla scrivania lo fece firmare.

«L’unica cosa che mi dispiace,» commentò Giuseppe, al mo-mento del congedo «è che la gente possa rendersi conto della mianon esteticità davanti, dietro, di lato.»

«Su questo non c’è dubbio!» gli rispose provocatoriamentel’uomo tendendogli la mano.

Era come una intesa tra maschi, una complicità. Il suo ineste-tismo e il loro successo in termini di share. Era il tacito pensierodi un uomo che valutava anche le sfortune altrui in termini di pos-sibili entrate. Con l’accortezza poi di buttarla in ridere, in scherzo,come se ciò non contasse nulla.

Erano in piedi sulla soglia e nel corridoio attendevano la circaquarantenne Nuccia Sbrana con il decenne Giorgio, in fibrillazionein attesa del loro turno.

Giuseppe, pertanto, si allontanò, un po’ goffo, mentre la madree il figlio si catapultavano nell’ufficio, come se fossero già statichiamati.

«Oh mi scusi!» esclamò poi Nuccia, i capelli rossi tirati all’in-dietro «È che mio figlio non mi dà pace. Da stamane è agitato,non sta nella pelle…Ora usciamo subito.»

«Ma no, figuratevi. Era giusto il vostro turno, no? Entrate, en-trate!»

La donna con gli occhiali quadrati, che stavolta non aveva po-tuto pronunciare in tempo il loro nome, li guardò con disapprova-zione mettendosi da una parte. Era sempre in piedi, colfoglio-tablet in mano, su cui prendeva misteriosi appunti.

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Il ragazzino si sedette rapidamente sulla sedia, senza salutare.«Vogliate scusarlo. La colpa sarà mia che non l’ho saputo edu-

care. Ma sapete, è da stamattina che me la mena con questa storiache siamo stati selezionati. Io avevo risposto al vostro appello pergioco, per far giocare lui intendo. E invece…»

Si passò una mano sulla fronte, forse per asciugarne il sudore.Respirava un po’ affannosamente. Si sedette accanto al figlio e ac-cavallò le gambe.

«Avreste dovuto vederlo davanti allo screen di casa!» aggiunsepoi, con un sorriso radioso con cui voleva farsi perdonare.

«Si è messo a gridare alla notizia della selezione. Una ola cheè continuata fino alla telefonata di mio marito, che l’ha messo dinuovo di cattivo umore…»

«Suo marito…» fece l’uomo tornato al suo posto, nella suaveste di auscultatore di anime.

«Sì, mi ha lasciata, ma quel che è peggio ha lasciato lui…» im-provvisamente le venne un groppo in gola e ricacciò le lacrime,furiosa.

L’uomo le fece porgere un fazzoletto dalla donna che, lenta,impassibile, glielo porse.

«Si calmi…e non parliamone. Anzi, mettiamo tra questa fac-cenda e lei la giusta distanza. In fondo domani ci sarà l’imbarco.»

«L’imbarco…» mormorò lei, come se solo in quel momentomettesse a fuoco la verità dei fatti.

«Sì, mamma, domani andiamo sulla nave del reality!»Esclamò il bambino, con gli occhi che gli si illuminavano.Nuccia annuì con le guance ancora umide. Poi si riassestò.«A che ora?» chiese, controllata.«Alle dieci. Verremo noi a prenderla. Le sarà stato riferito che

questa notte dormirete un’altra volta nel nostro hotel.»«L’ho immaginato, non mi è stato detto con chiarezza…»

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