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1 Francesco Piselli L’orologio vivente e il paradosso dell’immobile Studio su Denis Diderot

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Francesco Piselli

L’orologio vivente e il paradossodell’immobile

Studio su Denis Diderot

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Edizione paragrafata e indicizzata da Eugenio De Caro. Si veda la Nota al Testo, §. 213.

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P r e m e s s a

1 Agli albori del proprio impegno filosofico, Diderot discuteval’argomento apologetico dell’orologio:

Une pendule à équation, une montre à répétition ne décèlent-elles pasl’intelligence de l’horloger qui les a construites, et oseriez-vous assurerqu’elles sont des effets du hasard?1

A quest’interrogazione risponde argomentando che l’intelligenzadell’orologiaio (lo vedremo più oltre) non è affatto provata. Piú tardi,nei suoi appunti di fisiologia:

Quelle difference d’une montre sensible, et vivante à une montre d’or, de fer,d’argent et de cuivre! Si une ame êtait attachée à cette derniere, qu’yproduirait elle? Si la liaison d’une ame à cette machine est impossible, qu’onme le demontre. Si elle est possible, qu’on me dise quels seraient les effets decette liaison. Le Païsan qui voit une montre se mouvoir, et qui n’en pouvantconnaitre le mecanisme, place dans l’aiguille un esprit, n’est ni plus, ni moissot que nos spiritualistes.2

2 La figura dell’orologio è stata trasferita dall’universo all’uomo;in ambedue i luoghi Diderot cerca di esorcizzare una «secondasostanza», un’ulteriorità intelligente e spirituale. Se la definiamonell’anima, egli dice, non riusciamo a parlarne separatamente né inpro né in contro, ma stiamo in un errore di gente rozza checondensa nell’ipotesi dello spiritello la propria ignoranza. È vero,l’orologio sensibile e vivente è molto diverso dall’orologio meccanico;ma la sua diversità consta di una raffinatezza materiale moltosuperiore, non dunque ferro o argento o rame, bensì i succhi, lefibrille, le muscolature che sono Elements et parties du Corpshumain. Lo stesso universo, Diderot allargandosi insiste, è materiavivente che trova in sé di che organizzarsi.

3 Allora, visitare Diderot ha più d’un’utilità; non solo, voglio dire,per quanto attiene all’approfondimento scientifico della filosofia mo-derna nella sua storia, ma perché nei nostri tempi di filosofia

1 La Promenade du Sceptique, in A.T., I, p. 229.2 Eléments de Physiologie (ed. Mayer), p. 60.

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dell’immanenza ci presenta una scacchiera analoga, movimentinon disuguali da certi che stanno sotto mano, erramenti preparati.

Sì, un ansito di liberazione da Dio (che si vorrebbe identico aliberazione dell’uomo) in Diderot rinverrebbe più d’un’istruzione.

4 Ma il suo spirito felicemente disattento, e curioso, ardeva diassaporare tanti dettagli seducenti della metafisica, dellacosmologia, della fisiologia, della pittura, del teatro, della poesia. Loseguiremo in quei luoghi intricati, dove esso frugando e tentandonon riesce piú a rifiutarsi a un paradosso efficace: il paradossodell’Immobile.

D i d e r o t , g i à i m b a r c a t o

5 La produzione, tanto copiosa e variata, che Diderot halasciato, e la sua storia umana, non entrano qui a formare unapremessa, ché dovrei scrivere un altro libro, mentre validi studigenerali sono disponibili e me ne esentano3.

3 Nel corso del mio lavoro citerò le cose che mi siano state singo-larmente utili, volta per volta: non ho preteso di esaurire labibliografia diderotiana, ma ho raccolto in mezzo ad essa. Qui inlimine, rammento subito alcuni contributi d’utilità costante. Delleopere di quadro, mi sono stati più vicini per sintesi, comodità esuggerimenti, ERNST CASSIRER, La Filosofia dell’Illuminismo(Trad. di ERVINO POCAR), Firenze, La Nuova Italia, 1952; ilbreve ma denso DANIEL MORNET, La Pensée Française auXVIIIe Siècle, Paris, Colin, 1969 (prima ed. 1926); il Simposio acura di ROBERT MOLLENAUER, Introduction to Modernity,Austin, University of Texas Press, 1965; JACQUES VIER,Histoire de la Littérature Française, XVIIIe Siècle, Tome I, Paris,Colin, 1965. Per Diderot, rammento il vecchio ma ancorainteressante KARL ROSENKRANZ, Diderots Leben und Werke,Leipzig, 1886 (reprint Scientia Verlag, 1964); ANDRÉ BILLY,Diderot, Paris, Les Editions de France, 1932; ANDRÉ CRESSON,Diderot, sa vie, son oeuvre, Paris, P.U.F., 1949; JEAN-LOUISLEUTRAT, Diderot, Paris, Editions Universitaires, 1967; RENÉPOMEAU, Diderot, sa vie, son oeuvre, Paris, P.U.F., 1947; LESTER

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Del resto, a cominciare senza lungo preambolo, c’è un altro con-forto, ed è che Diderot medesimo non fa premesse. I documenti su dilui, fin verso i trent’anni, non sono molti e del resto consta cheDiderot abbia combinato poco: Jeunesse de Diderot: questo celebreargomento4 ci mostra anni d’umiliazioni e spassi nella Parigi cheemargina e accoglie; Diderot cerca di sopravvivere, ma si fa unacultura, impara l’inglese. E c’è aspro un conflitto con la famiglia diLangres, specie al tempo del contrastato matrimonio (che non gliavrebbe portato felicità).

6 Ora, la traduzione da Shaftesbury del 17455, prima opera che

G. CROCKER, Diderot, the embattled philosopher, New York, TheFree Press, 1966. Da citare a parte i noti Diderot Studies con la lorovalida massa di contributi e — opera che fa spicco nel campospecialistico per il suo valore — PAOLO CASINI, Diderot,«Philosophe», Bari, Laterza, 1962. Quest’ultimo lavoro è im-portante non solo per la parte filosofica, ma anche per i rimandi bio-grafici e bibliografici. Altre ricerche del Casini citerò più oltre.Infine, impegnato nel suo angolo ideologico particolare, YVESBENOT, Diderot de l’athéisme à l’anticolonialisme, Paris, Maspero,1970, dove non manca ricchezza d’idee e documenti; e per il«carattere», PIERRE MESNARD, Le cas Diderot, Etude decharactérologie littéraire, Paris, P.U.F., 1952.4 Tale il titolo del saggio di FRANCO VENTURI (Paris, Skira,1939) ancora tanto utile e importante. E con questo periodo ditarda giovinezza, che esaminiamo nel presente capitolo, coincidepure JEAN POMMIER, Diderot avant Vincennes, Paris, Boivin,1939.5 Essai sur le Mérite et la Vertu (titolo originale: An Inquiryconcerning Virtue and Merit. Lo citerò nel testo di A.T., abbreviandoin Es. Il su ricordato saggio del Venturi offre preziosi raffrontitestuali che mostrano come attentamente Diderot avesse lettoShaftesbury. Egli accomuna i due autori nell’entusiasmo; rivoltacontro gli schemi preconcetti, in nome dell’esperienza viva,dell’abbandono alle ragioni della personalità. Il Casini (o.c., pp. 42-58) fa emergere in Shaftesbury una protesta scettica erazionalista accanto alla richiesta di una religione nuova e piú pura,e fa osservare come Diderot abilmente, quasi crittograficamente,

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interessi una ricerca filosofica, ci esibisce Diderot già imbarcato.Shaftesbury, Diderot lo legge non solo partecipando in modo taleche la traduzione dell’Inquiry rappresenta un vero e propriodocumento del suo medesimo pensiero, ma anche gettandolo agliestremi piú che può6. Ecco il testo interpretato come manualed’impegno pratico7 e utilizzato a dimostrare:

Que la vertu est presque indivisiblement attachée à la connaissance deDieu, et que le bonheur temporel de l’homme est inséparable de lavertu.8

La virtú dunque è connessa parzialmente alla conoscenza del di-vino, ma inseparabilmente alla felicità temporale. Felicità che a suavolta, chiarisce il testo, consiste nella soddisfazione dell’interessedella specie, ottenuta con sforzi che – pur se eroicamente sa-crificali9 – non contrarieranno mai l’interesse del singolo.

7 Risulta dunque, l’avanzo di religiosità fra l’interesse dellaspecie e il mio interesse particolare, estremamente eroso; e piú loscalzano le contorte scuse che Diderot appone a smacchiare

ponga in risalto il contenuto rivoluzionario che in Shaftesbury èvelato. Cfr. dello stesso CASINI, Diderot e Shaftesbury, in «Giornalecritico della Filosofia Italiana», 1960, 253-273. Ricordo pure sultema RENÉ P. LEGROS, Diderot and Shaftesbury, in «Modernlanguage Review», 1924, pp. 188-194, nonché le pagine di LUCIAZANI, in L’Etica di Lord Shaftesbury, Milano, Marzorati, 1954.Inquadrante, ed assai ben fatto, il saggio di ROBERT L. CRU,Diderot as a disciple of english thought, New York, AMS Press,1966 (reprint dell’edizione 1913).6 È appunto una delle tesi centrali del CRU, in Diderot as a dis-ciple of english thought, cit., che a quel tempo e Diderot e la culturafrancese in genere avessero radicalizzato le suggestioni inglesi nelmodo piú filosoficamente e teologicamente eversivo, sí da scandaliz-zare spesso i medesimi autori che li ispiravano.7 L’Essai de M…S. qui n’était proprement qu’une démonstrationmétaphysique, s’est converti en éléments de morale assez considé-rables. Es., p. 16.8 Es., p. 12.9 Es., p. 13.

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Shaftesbury dall’accusa di «deismo»: non «deista» è, piuttosto«teista», ossia non è che neghi decisamente ogni rivelazione ma èpronto ad ammetterne una. È quasi un cristiano perché (ecco laperfidia) il «teismo» non solo è disposto ad aprirsi al cristianesimo,ma il cristianesimo è necessario per dargli un senso10 Laconseguenza si ricava facilmente: il cristianesimo tiene la suaverità dalla religione naturale.

Fatto sta che, con tutti questi contorcimenti, di sacro alla virtúnulla resta, e moralmente risulta già perfettamente a posto chi staconvinto della connessione necessaria tra virtú e benessere terre-stre11. E dalla religione non verrà che danno, perché essa indurrà apreoccuparsi di un «altro mondo» e a trascurare il concreto, attualeimpegno umano12. Se mai, la religione ha bisogno di una ferma co-scienza dei vantaggi che la virtú offre in questo mondo, per fondarvisu l’aspettativa dei vantaggi da conseguire nell’altro mondo13.

8 Ed è veramente curioso, e non fa onore alla dimensione logicadel discorso, che fra tanto insistere sull’interesse particolare egenerale compaia, e con accenti d’intensità «prekantiana» la figura

10 Es., pp. 13-15. Diderot cita abilmente Shaftesbury, che erauomo di ordine.11 On n’est heureux dans ce monde qu’autant qu’on estvertueux… Es. p. 57….la vertu, cette qualité avantageuse à toutesociété, et plus généralement officieuse à tout le genre humain, faitdonc aussi l’intérêt réel et le bonheur présent de chaque créature enparticulier… (Es., p. 121).12 …cette merveilleuse attente des biens ineffables d’une autrevie, doit conséquemment …déprimer la valeur et ralentir lapoursuite des choses passagères de celle-ci. Une créature possédéed’un intérêt si particulier et si grand, pourrait compter le reste pourrien, et, tout occupée de son salut éternel traiter quelquefois commedes distractions méprisables, et des affections viles, terrestres etmomentanées, les douceurs de l’amitié, les lois du sang et lesdevoirs de l’humanité. Es., p. 58.13 Un fait vrai, c’ est que ceux qui ont la meilleure opinion desavantages de la vertu dans ce monde, ne sont pas les moins fermesdans l’ attente de l’ autre. Es., p. 60 nota. Diderot se la prende conuna caricatura della morale cristiana.

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etica del disinteresse14. Nella polemica, ogni direzione d’attacco èbuona, e si finisce col concludere che la religione sta in contrario siaall’interesse, che al disinteresse.

Sempre in questione di riduzione civile della religiosità, l’Essai negapure che, almeno di fatto e il piú delle volte, siano uniti la religione eun certo comportamento morale15; anzi la religione, col fanatismo,finisce col soffocare la virtú. In realtà c’è dietro il preambolo dellareligione naturale, con l’asserto che un dogma tale da implicareinfrazioni della legge di natura non può in coscienza essererispettato16. Rendere culto a un Dio che lo si sappia ingiusto ecattivo, magari a un diavolo17, significa crollare del tutto moral-

14 «Cet amour désintéressé de la vertu» (Es., p. 36). «Vous neserez bon que quand vous ferez le bien d’affection et de coeur» (Es.,p. 30). Vera pietà è «aimer Dieu par rapport à lui-même» (Es., p.53), l’autentico premio per la virtú dovrebbe consistere nella«pratique ou la contemplation de la vertu même» (Es., p. 56). Odancora: «…tu ne sers ton maître que par crainte… ton attachementn’est fondé que sur l’intérêt, passion basse qui ne convient qu’à desesclaves» (Promen., p. 226).15 Si potrebbe credere, seguendo Shaftesbury, che l’ateo il qualenon vede ordine né valore nell’universo, sia necessariamente indottoa perdere il senso e l’amore della virtú. E sempre l’ateo immoralistasarebbe esposto per primo a subire le conseguenze del male che vapredicando (in effetti le subisce, ne La Promenade du Sceptique,Athéos da un devoto convertito ai suoi principi, cfr. Promen. p. 235)ma ci sono esempi in contrario, illustre quello di Hobbes, ottimocittadino, amico, familiare (Es., p. 59 nota).16 Es., p. 39, nota. Diderot sta attento a non prendersela diretta-mente col cristianesimo, ma pratica un gioco d’allusioni indirette e,dal punto di vista letterale, impeccabili. Ad esempio, nella nota checitiamo, critica severamente gli Egiziani, perché adorano qualcosache si mangia, la cipolla: è una allusione all’Eucarestia. Nellastessa nota elenca ciò che un Dio non può ordinare, come tradire,saccheggiare, uccidere, e subito untuosamente leva una lode alcristianesimo.17 Es., p. 22. Il passo è inteso a dimostrare che il culto non èaffatto buono di necessità: «le parfait démoniste peut avoir un

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mente18 e caricarsi di una gravissima responsabilità19: cosí l’allu-sivo discorso, per la via di osservazioni in sé giuste, tende ad attac-care il Cristianesimo.

9 La Promenade du Sceptique 20, precipita in Kitsch aggressivola polemica che nell’Essai è coperta dal genere traduzione. Si trattad’una favola, la cui allegoria è tanto poco allegorica che l’asprezzane risulta non velata ma inacidita; i devoti, vi sono rappresentaticome degli sciagurati che, a moscacieca (chi li benda sarebbe lafede) vagano in mezzo ai rovi. Per quanto la loro situazione siaoggettivamente pessima, essi ne sono contentissimi. Ingannati daisacerdoti con la falsità della teologia, non si arrendono a nessunragionamento, e preferiscono rispondere ai filosofi flagellandosi21.

culte».18 Es., p. 48.19 Es., pp. 36-39.20 La Promenade du sceptique ou les Allées (1747). Cito nel testoe con la paginazione di A.T., I, abbreviando con Promen. Per laventura del manoscritto, avvincente J. TH. DE BOOY, Histoired’un manuscript de Diderot: «La Promenade du sceptique»,Frankfurt a.M., Klostermann, 1964 (Analecta Romanica, 14). SullaPromenade cfr. CASINI, Diderot «Philosophe», cit., pp. 79 e segg.La giudica artisticamente infelice; ed il vecchio ROSENKRANZDiderots Leben, cit., I., p. 51: Diese Allegorie ist ohne Poesiedurchgeführt und wird oft frostig. Nel prosieguo inoltre di questocapitolo mi riferirò spesso a: Pensées Philosophiques (1746), nellapaginazione di OP, il cui testo tiene conto dell’edizione critica da noipure tenuta presente anche per l’apparato di note e bibliografia, edovuta a ROBERT NIKLAUS (Genève, Droz, 1950 e 19653).Abbrevio con Pens.

Il processo deteologizzante viene seguito ancora nella Lettresur les Aveugles, à l’usage de ceux qui voient (1749). Citeròcomodamente da OP, avendo però presente la valida edizionecritica che ancora ha procurato ROBERT NIKLAUS (Genève,Droz, 1963 2). Abbrevio anche questo titolo, in Aveug.21 Ecco la parte finale della scena con la risposta del devoto: «Situ connaissais la douceur de ces macérations! Quel bien elles fontau soldat! Comme par la vie purgative elles conduisent à

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I filosofi, appunto, sono i preferiti da Diderot. Essi passano iltempo in discussioni sotto l’ombra di eccelsi castagni: non è favore-vole, a Diderot, indagare nel contenuto di quelle dispute, perché vi sitrovano i relitti banalizzati d’un bricolage assai disattento. Percompletezza, citiamo il terzo genere di vita: è quello della gente alle-gra, che si diverte per le aiole del piacere mondano, piacevoli anchese a volte deludenti.

10 Se la Promenade è quanto mai disumana e in complessoallucinatoria, nella sua totale incomprensione verso realtà storicheed esistenziali delicatissime, le Pensées philosophiques adottano unmetodo pubblicistico aggressivo e brillante, concentrando in pochepagine una piccola enciclopedia d’argomenti irreligiosi22, a loro modo

l’illuminative, et de là à l’unitive. Insensé que je suis! Je te parle lalangue des héros; mais pour me punir de l’avoir profanée et t’obtenirle don d’intelligence…». A l’instant, les cordons d’entrer en jeu et lesang de ruisseler. Promen., p. 224.

Diderot tenta un comico orroroso che dovrebbe (alla Shaftes-bury) denunciare corrosivo i falsi valori. Puntualmente, i teologi nonsi divertono, non sanno ridere, sí che a commento: En vérité, il fautou que ces graves personnages soient de mauvais plaisants, ouqu’ils ignorent que le vrai, le bon et le beau ne sont pas susceptiblesde ridicule, ou qu’ils aient un violent soupçon que ces qualités leursont étrangères. Promen., p. 186.

Da notare la triade di valori laici, che comparirà in Diderot finoad assai piú oltre.22 Non la dettagliamo sia per la poca importanza intrinseca degliargomenti, sia perché il campo è già abbastanza studiato. In fondo,è sempre l’esigenza della liberazione da Dio ad agire; Diderot lo vedein un modo cosí unicamente punitivo e rivale che esclama: L’onserait assez tranquille en ce monde, si l’on était bien assuré que l’onn’a rien à craindre dans l’autre: la pensée qu’il n’y a point de Dieu n’ajamais effrayé personne, mais bien celle qu’il y en a un, tel que celuiqu’on m’a peint. Pens. IX, p. 13. La polemica delle Penséesphilosophiques si prolunga nella salacità di vari passi dei Bijouxindiscrets, nell’appropriazione dell’inedito fortemente libertino (cfr. lespiegazioni di Paul Vernière in OP, pp. 53-55) intitolata Additionaux Pensées philosophiques, e va avanti con fare piú garbato nello

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efficaci. Voltaire, commentando l’ossessa figura del devoto, come lapresenta Diderot, postillava: Cet homme est unmalade23.Veramente, la nota si potrebbe invertire, e ci sarebberoassai commenti sul rigidismo e sull’ostinazione dell’autore.

Domptez vos passions, dit la religion

11 È stato discusso se, in questi momenti, Diderot sia ormai deci-samente per l’ateismo, o se si fermi ancora alla religione naturale.E vedremo poco oltre un breve bilancio; ma in realtà quel che contaper Diderot è la liberazione da Dio, in nome della liberazione del-l’uomo.

Egli cioè scarica sulla religione un suo bollire di rivalsa, in cui c’è lacredenza che la sfera emotiva, le «passioni», le «affezioni» meritino diessere decompresse e salvate. Da cosa? Ma da una razionalitàfalsa, che si identifica con la razionalità teologica.

12 E qui probabilmente l’analisi filosofica dovrebbe cedere il postoalla psicologia, misurare quanto incida in tutto questo lo scontentod’un letterato, piuttosto sanguigno, al margine della istituzione cul-turale e del benessere. E l’analisi potrebbe includere piú d’una rive-lazione scappata di bocca all’impudente Neveu de Rameau; ma seproseguiamo per la pista filosofica è perché teniamo a mostrarel’entità e il peso del presupposto iniziale diderotiano, proprio col si-gillo della sua faziosità.

13 La tesi, che possiamo ritenere centrale, è la seguente:

Entretien d’un philosophe avec la Maréchale de*** (1774, da leggerein OP). Anche qui, il fremito dinanzi a un Dio punitivo a la richiestache il Padre indulgente lasci, liberalmente, fare gli uomini. NelSupplément au voyage de Bougainville, la cui prima traccia è versoil 1771, il «pensiero selvaggio», in un contesto di liberazione sessualetrova assurdo lo stesso concetto di divinità creatrice etrascendente: agli albori del pensiero, non alterato dalla civiltà, Diodunque (è lo strale di Diderot) non sarebbe presente.23 La piété suivrait-elle aussi la loi de ce maudit tempérament?,fa Diderot mostrando il devoto che brucia e trema come in predaalla febbre (Pens. XI, p. 14). Di qui la nota volterriana, da leggerenell’edizione Niklaus, cit., delle Pensées, p. 8.

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Domptez vos passions, dit la religion; conservez-vous, dit la nature.24

Essa fa subito intendere che quel domare le passioni non consistesolo in un tenerle a freno, ma comprende una vera e propria distrut-tività, contraria all’empito naturale della conservazione. E sulla di-struttività annessa alla religione Diderot si effonde con dettagli incopia. Lasciando a parte il suo arsenale piuttosto farraginoso, me-rita di esser piuttosto segnalato questo: la distruttività si esprimenel dividere gli uomini, ma ciò che divide non può essere vero, e l’u-nica religione abbastanza plausibile che rimanga è quella naturale(tanto vaga, da non poter appunto dividere nessuno)25.

Quanto poi alla conservazione richiesta dalla natura, l’origine teo-retica è in Shaftesbury26. Nello sfondo l’asserto che «dans l’univers,tout est uni», e Diderot lo accoglie con gran favore e lo dichiara

24 Es., p. 38, nota. Gli interessano personalmente: J’ai despassions, je serais bien fâché d’en manquer. Es., p. 25.25 Ce ne sont point les grandes vérités qui ont inondé la terre desang. Les hommes ne se sont guères entretués que pour des chosesqu’ils n’entendaient point. Promen., p. 183. Cfr. pure l’attribuito aDiderot opuscolo De la suffisance de la Religion Naturelle, in A.T., I.Veloce sintesi sulla religione naturale in Diderot quella di ANDRÉCRESSON, Diderot, cit., pp. 44-56. Di questa passeggera opinione,Diderot non tarderà a disfarsi (p. 49). Casini riassume in questagiusta formula: «L’ortodossia non è all’interno, ma all’esterno dellereligioni positive»(Diderot «philosophe», cit., p. 76). Ormai portataall’ortodossia all’esterno delle religioni storiche, soggiungiamo, c’eraatmosfera abbastanza rarefatta perché perisse del tutto. SempreCasini (o.c., p. 72) rileva l’importanza del Tindal, quale verosimile eprincipale ispiratore del «deismo» diderotiano. E nel gioco d’influssiproveniente dalla cultura inglese, da non dimenticare quello delToland, secondo LESTER G. CROCKER, John Toland et lematérialisme de Diderot, in «Revue d’Histoire Littéraire de laFrance», 1953, pp. 289-295.26 Cfr. per Shaftesbury il nostro studio: Shaftesbury, Estetica eCosmologia, in «Rivista di Filosofia Neoscolastica», fascicolo IV-V,1969.

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passo iniziale ed essenziale della filosofia27.14 L’unione è intrico di connessioni, dominata dal principio del me-

glio, talché nel complesso eccellente i sacrifici e le sofferenze localisvaniscono, né si può a rigore parlare di male in natura28.

Fatto sta che nel testo di Shaftesbury, gradito da Diderot, ilprincipio del meglio non ha poi tanta forza da vincolare i compor-tamenti del soggetto morale: né lo potrebbe, perché allora il princi-pio della responsabilità e della libertà etica sfumerebbero in un de-terminismo ottimistico.

15 Nella frangia cosí concessa alla libertà del soggetto morale, econ tutte le precauzioni prese per lasciarle un carattere relativo enon introdurre male assoluto in natura, si incontrano le affezioni, atrasferirvi l’essenziale conato alla conservazione. Sono di duespecie: affezioni private, e affezioni sociali. Esse debbono e possonotrovare un equilibrio gerarchico, in cui le affezioni socialiprevalgano, e tale equilibrio è bene.

L’arbitrarietà con cui è condotta questa dottrina è grande, e ben sisvela quando l’accordo fra le due affezioni è dichiarato di tipomusicale29. Ma in definitiva il principio del bene scivola nel principio

27 Es., p. 26, nota.28 Nous nous garderons donc de prononcer qu’un être est absolu-ment mauvais, à moins que nous ne soyons en état de démontrerqu’il n’est bon dans aucun système. Es., p. 27. E: «Si tout estconforme au bon ordre, si tout concourt au bien général, si tout estfait pour le mieux; il n’y a point de mal absolu dans l’univers, pointde mal relatif au tout». Es., p. 20. Ateo non risulta chi non crede inDio, ma primariamente chi non crede a questo valore della totalitànaturale. Es., p. 21. In sostanza, la teologia cristiana è autoritaria eincredibile, la teologia dell’immanenza è consolante e accettabile.Ma Diderot ha il suo fanatismo, quando adatta da Moralists, II, IV,la favola del Messicano salvatico il quale, a bordo d’un vascelloeuropeo, deve inferirne l’ordine, la finalità e il valore anche se cicapisce pochissimo.29 Es., p. 75. Pronto Diderot in nota con un suo modellofisicalistico (di illustri ascendenze classiche, però): Nous ressem-blons à de vrais instruments, dont les passions sont les cordes. Loritroveremo al tempo del Rêve de d’Alembert.

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del piacere; le affezioni sociali conferiscono maggior piacere chequelle private, ecco tutto30. E la ragione autentica e retta inter-verrà nel favorire e mantener la spinta all’equilibrio ordinato e alpiacere nella vita affettiva, non repressa, non alterata.

16 Il devoto che si flagella, e trova piacere là dove visibilmentenon c’è che dolore, è tutt’altro che sotto la guida d’una talerazionalità; e da dove proviene il suo errore? Dall’amor propriodegenerato31, dalla malattia dell’affezione privata che vuole imporsiaggredendo la radice stessa dell’impianto umano nella natura,umiliando il corpo, distruggendo le passioni. Sull’argomento il testodell’Essai procede a fosche tinte, con un paziente inventario ditecniche atte a reprimere le affezioni, annebbiare la conoscenza eannientare la virtú, con infiniti orrori ed abominazioni che ilfanatismo impiega.

17 La religione insomma appartiene alle turbe della sfera emotivae si gabella vera mediante speciosi sillogismi; ecco ancora il senso diquel «domptez vos passions». È il prodotto di singoli stati di frustra-zione che si sono dilatati a colpire l’umanità intera32.

E quanto al domare le passioni, assai male !

On déclame sans fin contre les passions; on leur impute toutes lespeines de l’homme, et l’on oublie qu’elles sont aussi la source de tousses plaisirs.33

30 Un esempio: le affezioni sociali formano «par elles-mêmes lesplaisirs les plus vifs», che intendere non può chi non le prova: Il fautles avoir éprouvées dans toute leur intensité. Es., pp; 79-80.31 Il filosofo grida al flagellante: Misérable! … quel délire te trans-porte? …Arrête, ami; ton amour-propre, que tu crois dompté parcette barbare exécution, y trouve son compte et se replie sous tadiscipline. Promen., pp. 224-225. Notare il ricomparire del verbodompter.32 Sia nel citato Entretien d’un philosophe… che in una Penséeerratica (OP, pp. 534 e 72) compare il frustrato che per vendettacontro la specie umana inventa Dio, seminando odio e desolazione.Oltre alla frustrazione, c’è l’interesse dei preti (Promen., p. 183), aiquali si sferra un durissimo attacco (Promen., pp. 195-200).33 Pens. I, p. 9.

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Non solo finisce dunque il piacere, ma anche tutto ciò che è buono(e che per l’appunto è sostenuto dal principio del piacere): soprav-viene la degenerazione mostruosa che Diderot affibbia ai devoti,non piú amare, piú sentire, piú desiderare34, l’energia della natura èannientata, le personalità migliori vengono consumate, un incalco-labile abisso d’orrori si spalanca.

Pro e contro teologici

18 Una domanda lecita rimane. Dov’è la discussione sull’esistenzadi Dio? Diderot ha un bel presentare le sue esigenze di liberazione, siha pure il diritto di chiedere argomenti.

Cercherò di ordinare una discussione interna che, in effetti,Diderot mantiene con sé stesso: non sono deduzioni molto raffinate,e il dialogo si mantiene, salvo passaggi sfiorati35, con prove molto

34 Pens. V, p. 11. Nella Pensée seguente fa vedere gli effetti dellepassioni sociali soppresse (esse sono d’origine naturale, sentimentsde la nature); ci sarebbe la distruzione della civiltà. E tolte chefossero le passioni: Sans elles, plus de sublime, soit dans lesmoeurs, soit dans les ouvrages…Pens. I, p. 10. «Diderot se proposede ruiner la morale chrétienne. Dès ses premiers ouvrages, ilréhabilite les passions… Elle est aussi la morale la plus anti-naturelle». JEAN-LOUIS LEUTRAT, Diderot, cit., p. 24. Fra lepassioni da notare quella amorosa, per il suo tipo infrenabile edextralegale, come è dipinta in Es., pp. 81-82. L’articolo Jouissance(E 8, pp. 888 a-b) è da accomunarsi per la sua esaltazione delgodimento sessuale che immette nei grandi progetti della natura estrappa la vita al nulla. Da vedere però l’attribuibilità a Diderot.35 Riportiamo un argomento «cartesiano»: «Je pense, donc je suis.Je ne me suis pas donné l’être. Il me vient donc d’un autre»(Promen., p. 225). Diderot aveva letto in Shaftesbury la critica delcogito (Es., pp. 119-120) ma qui non l’applica, preferendo andareoltre con ironie sulla morale cristiana e la dottrina di Descartes. DaPascal proviene una ripresa del pari, e ad essa si risponde che lascommessa presuppone Dio, e che basta presupporre non Dio, mauna materia eterna ed autoorganizzante, perché essa non valga piúnulla (Promen., pp. 222-223). Pascal, per Diderot, era pauroso e

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(appositamente?) volgarizzate, il cui centro sono temi di carattereteleologico.

Per Diderot, ateo è chi sostiene atomismo e combinazione casualedi particelle in natura, oppure chi sostiene un potere autoorganiz-zante o autofinalizzante della materia. In un’accezione o nell’altra,non sarà il superstizioso cristiano a tenergli testa, bensí chi coltivala religione naturale e propone Dio solo a causa intelligente e prov-videnziale dell’ordine di natura36. Lasciando, ancora, a lato l’argo-mento dell’orologio37, ecco cosa possono obiettarsi il deista e l’ateo:

DEISTATu poni il mondo a caso. Ma chel’ordine del mondo si sia formatoper la combinazione fortuita di ato-mi, è improbabilissimo, tanto im-probabile quanto che si estraggal’Iliade gettando a caso dei caratterialfabetici.

ATEOUna materia infinita con le sue infi-nite combinazioni compensa la rari-tà degli eventi favorevoli all’ordine38

Bisogna però vedere se l’ordine siabbia a sostenere universalmente.Non v’è alcun testimone a provareche l’ordine noto localmente non ce-da al disordine in qualche altro luo-go dello spazio infinito.39

19 Sempre intorno all’ordine del mondo, ecco un’ulteriore sequenzadi proposte e obiezioni40.

credulo, abbandonato a persone che ne sacrificarono il talento aipropri odi (Pens. XIV, p. 15).36 Le déiste seul peut faire tête à l’athée. Le superstitieux n’estpas de sa force. Pens. XIII, p. 14.37 Promen., p. 229. La fallacia dell’argomento consisterebbe inquesto, che l’orologio è finito ed il suo costruttore è noto, mentrel’universo è infinito e Dio è ignoto.38 Pens. XXI, pp. 21-23.39 Promen., p. 229. L’argomento proviene da Shaftesbury,Moralists, II, IV.40 Promen., pp. 231-233, e Pens. XV, XVIII, XX

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DEISTANell’universo, tutto è disposto perun fine, ciò che prova l’azione di unaintelligenza ordinatrice.L’osservazione al microscopio mani-festa mirabili perfezioni nell’anato-mia degli insetti, e se in tali minimecreature si nota un’impronta di sa-gacità e intelligenza, a maggior ra-gione bisogna notarla nell’univer-so.41

Tutto appare disposto per il meglio.

ATEOIl finalismo cosmico non appare difatto, e anche se apparisse non pro-verebbe l’esistenza di Dio.Non si negano le meraviglie osserva-te dalla biologia. Esse però provanoal massimo che la materia è orga-nizzata.

Questo può avvenire nell’ordine fisi-co. Ma i disordini morali sono deltutto contro l’ipotesi di una Provvi-denza.

Il male è un termine di passaggioper il trionfo del bene.

Dal comportamento di un altro sog-getto, inferisco che egli pensi. Egual-mente posso inferire un ente pen-sante a monte della natura, viste lecaratteristiche razionali dell’appari-re naturale. Questa razionalità èprovata anche dal fatto stesso dellapossibilità di una spiegazione delmondo.Gli scienziati ora credono che la na-tura sia una macchina, non che siaDio. Bisogna tener conto del pareredegli scienziati.42

L’Intelligenza suprema poteva otte-nere il bene passando per il benestesso, non per il male.Ulteriormente: se tutto è dispostoper il meglio, allora è per il meglioche io sia ateo. Perciò rifiuto di la-sciarmi persuadere.

41 E cosí – si è osservato – il microscopio diventava un ausiliariodella teologia… (Jean Pommier, Diderot avant Vincennes, cit., p. 36.42 Pens. XVIII, p. 18. Diderot cita fra altri Newton: Ce n’est que

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20 Il bilancio, lasciato almeno in apparenza in attivo per ildeista43, non ha comunque un attivo grasso. A parte il consensusomnium che dovrebbe esserci per la religione naturale, non vi sonoche argomenti d’autorità, autorità scientifica. Non c’è adesso chequella ad escludere per il momento l’autofinalità, l’organizzazionespontanea della materia. Concludendo una Pensée, Diderot avanzauna specie di profezia nel passato, quella di un ateo che duecentoanni fa, avesse esibito la generazione spontanea non solo diorganismi inferiori, ma addirittura dell’uomo: la metafisica non gliavrebbe saputo rispondere nulla44.

Basta a questo punto un cambiamento di segni, un’utilizzazioneadeguata delle scienze, perché il pensiero diderotiano scivoli sullagià tanto pronunciata china d’una filosofia dell’immanenza.

Un newtoniano pentito

21 Se i devoti sono accecati dalla fede ignorante, possono ancheesserlo da parte d’una scienza compromessa con la teologia. Equando se ne avvedono, e la rifiutano (pur con modi congetturali eun po’ deliranti) essi appunto si convertono in ciechi veggenti.

Tale il caso di Saunderson45, distinto matematico e seguace del

dans les ouvrages de Newton, de Musschenbroek, d’Hartsoeker etde Nieuwentyt, qu’on a trouvé des preuves satisfaisantes del’existence d’un être souverainement intelligent. Grâce aux travauxde ces grands hommes, le monde n’est plus un dieu; c’est unemachine qui a ses roues, ses cordes, ses poulies, ses ressorts et sespoids. Nei Bijoux indiscrets gli attractionnaires (newtoniani) sonocontrapposti con vantaggio ai vorticoses (cartesiani). Bijoux, IX, pp.22-23.43 Jean Pommier fa notare come abilmente Diderot affidi all’ateo«validi» argomenti, pur se al deista l’ultima parola (Diderot avantVincennes, cit., p. 35).44 Pens. XIX, pp. 18-19. Per ora: Toutes les observations concou-rent à me démontrer que la putrefaction seule ne produit riend’organisé. In Promen., p. 233: Matière organisée.45 Per il contenuto di questo paragrafo: Aveug., pp. 119-124.

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geometrismo newtoniano; egli è cieco fin dalla nascita, ma capitache all’ultimo atto di sua dimora in terra apre gli occhi interiori, si ri-bella all’autorità. Se Newton credeva sulla parola di Dio, luiSaunderson (dichiara) non è tenuto a credere sulla parola diNewton.

22 Il cieco veggente rifiuta l’argomento fisico-teologico, perchéesso contiene già un presupposto di fede, che le meraviglie dellanatura, le perfezioni conclamate da cui si dovrebbe inferire Dio,appaiano come tali. Ma se uno non le vede (o non le vuol vedere)l’argomento è finito. Noi osserviamo fenomeni sorprendenti, egliprosegue, e abbiamo la cattiva abitudine di addebitarli a Dio, vanitàquesta, orgoglio nemico della filosofia, che ci fa levare alla scaladivina le normalissime — se pur oscure — cose del nostro mondo. Ecosí finiamo col complicare tutto, perché spieghiamo dei suppostienigmi con ipotesi mitologiche.

Fin qui, Diderot-Saunderson tiene l’atteggiamento che egli chiama«scettico»46, e che è propriamente la prudenza di esaminare a fondoi problemi senza preconcetti, e non provarsi a spiegare l’in-spiegabile. Tuttavia, uno spirito immaginoso non sa adattarsi allasosta; vi sono temperamenti che «ne s’accommodent pas de l’indo-lence du sceptique»47. E poiché Saunderson è mal disposto a subirel’autorità e prudente nello stupirsi, ma non si vieta l’attività im-maginativa, eccolo lanciarsi in un mito cosmologico che anticipa nelpiglio e nel contenuto il Rêve de d’Alembert; sull’origine, dunque, deltanto affermato «ordine» del mondo né io, né gli spiriti pii, abbiamonotizie d’esperienza. In tali condizioni, ogni congettura è possibile, esi può ben pensare a un’indifferenziazione da cui la materia stessasi è sciolta, dirimendo le proprie contraddizioni e risolvendosi per leforme piú vitali. Chi lo ha detto a Leibniz, a Clarke, a Newton, chegli organismi attualmente visibili erano preformati in quel caos ri-bollente? O almeno, come loro sostengono un’idea simile, altri af-fermerebbe con egual diritto il contrario, e proporrebbe piuttostouna selezione naturale. Al principio (tale il sogno di Saunderson)

46 Invece, nella Promen., tratta in modo piú divertito che favore-vole gli scettici di scuola. Cfr. per lo «scetticismo», le Pensées philoso-phiques (XXIV, XXVIII, XXX, XXXI a XXXVI).47 Pens. XXVIII, p. 27.

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non vi saranno stati che mostri, creature magari prive quale distomaco, quale di intestini, e poi successivamente le combinazioniviziose e contraddittorie della materia sono scomparse, lasciandoposto a quelle piú vitali e durevoli.

23 I mostri fanno un forte argomento, manifestando proprio nelleimperfezioni48 una razionalità immanente e propria della natura;ma razionalità che erra, prova e riprova, non imposizione autorita-ria calata dall’inviso vertice dell’intelligenza suprema. Piuttosto,procede come un tentare appassionato, costruendo da sé il principiodel meglio: saggezza della natura è la sua stoltezza.

Presi nella corrente, l’uomo e il suo ambiente ne seguono il destino.L’uomo: un esperimento fortunato. Se gli fosse andata male,l’orgogliosa umanità se ne starebbe con gli elementi, nell’ombra delpossibile. Il nostro mondo: un passeggero sostare del flusso, un or-dine momentaneo, mentre chi sa quanti altri si formano e si dissi-pano ad ogni istante. Non sarà nell’oceano della materia in agita-zione, che troveremo l’impronta della saggezza divina:

O philosophes! Transportez-vous donc avec moi sur les confins de cetunivers… promenez-vous sur ce nouvel océan, et cherchez à traversses agitations irrégulières quelques vestiges de cet être intelligent dontvous admirez ici la sagesse.

24 Le posizioni raggiunte da Diderot hanno alcuni lineamenti perlui nuovi:

a) Il cominciamento è dovuto alla fermentazione della materia. Illabile argomento «scientifico» che — l’abbiamo visto — negava lagenerazione spontanea non attendeva che di abbattersi di fronte adaltri reperti sperimentali. Nel caso, le esperienze di Needham chequella generazione spontanea la provano recentemente e senzadubbio.

b) L’armonico, ben gerarchizzato universo di Shaftesbury si sfa-scia. Al suo nuovo posto un magma dove l’ordine si afferma a ogniistante con l’errore, per una decisione autonoma del fondamentomateriale.

48 L’ordre n’est pas si parfait… qu’il ne paraisse encore de tempsen temps des productions monstrueuses. Saunderson stesso, comecieco nato, si esibisce a esempio di mostruosità. Aveug., p. 122.

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c ) E come conseguenza diretta: Diderot si definisce il filosofo deldivenire. Per lui, l’istante è continuamente travolto e avviato alladistruzione, gli enti si susseguono e si spingono via via dalla scenadell’apparire, in rapida successione: il mondo ha una esistenza suc-cessiva (existence successive).

25 Ma, proprio alle ultime battute dell’appassionata esposizionedi Saunderson, avviene un curioso rovesciamento. È sulla questionedella durata. Sia la durata, che il luogo spaziale, non possono tro-vare una definizione precisa nel fluire travolgente, e questo è comedire che il tempo si annulla nel divenire, o che il divenire trascende iltempo. Allora, viene alla mente come un superistante, intempora-lità del tempo e inestensione della materia:

…nous passerons tous, sans qu’on puisse assigner ni l’étendue réelleque nous occupions, ni le temps précis que nous aurons duré. Letemps, la matière et l’espace ne sont peut-être qu’un point.49

Non è questa la sola apertura della Lettre sur les Aveugles. Lescienze sono state chiamate direttamente, e su quelle sorgono im-portanti interrogativi 50.

S v o l g i m e n t o e p i s t e m o l o g i c o

26 La Lettre sur les Aveugles salda l’imbarco polemico e passionaleal proposito di esibire una filosofia alternativa, con un suo ordine si-stematico e qualche fondazione epistemologica. Diderot in fondorientra nelle file, perché dopo aver rifiutato il conformismo teologico

49 Tutto lo svolgimento in Aveug., pp. 122-124.50 Viene notato come opportunamente sia scelto il personaggioSaunderson, un newtoniano e matematico che, proprio lui, attaccal’accordo fra il deismo e la scienza (HERBERT DIECKMANN,Cinq leçons sur Diderot, Genève, Droz, 1959, p. 51) Aggiungiamoche Saunderson, costruttore di matematica con la sua aritmeticapalpabile, è qualificato per negare l’«ordine geometrico» dell’universo.La matematica non è qualcosa di ontologico, ma è una costruzioneepistemologica, dirà De l’Interprétation de la Nature, e cosíimplicitamente si abbatte l’uso apologetico di quelle «verità eterne».

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e tutto lo stile di pensiero attinente, accetta il conformismo empiri-sta51.

Lo schema, dunque, è banale: le sensazioni provengono da stimolisu recettori specifici. E Diderot si conforma pure a un determinismoche sottopone l’apparato delle «facoltà superiori», ivi compresi ilsentimento morale e le convinzioni metafisiche, allo stato corporeoe particolarmente allo stato del dispositivo sensoriale52. Esso gli èutile per confortare la propria opzione, e Diderot adotta pure unmetodo «sperimentale» appoggiato a casi clinici.

La convenienza dei sensi

51 In questo capitolo consideriamo specialmente, oltre alla citataLettre sur les Aveugles:Lettre sur les Sourds et muets, che abbreviamo in Sourds, e citiamodall’edizione di PAUL HUGO MEYER, Genève, Droz, 1965. È ilvolume VII di Diderot Studies.De l’Interprétation de la Nature, che abbreviamo in Nature, e ci-tiamo da OP.Queste opere si susseguono con datazioni ravvicinate (1749, 1751,1753-54) e formano un crescendo d’interesse scientifico edepistemologico che in Sourds utilizza la psicologia e il caso clinicoper questioni di filosofia dell’arte.52 Je n’ai jamais douté que l’état de nos organes et de nos sensn’ait beaucoup d’influence sur notre métaphysique et sur notremorale. Aveug., p. 92. La cecità, ancora, nota Diderot, implica certedisposizioni morali particolari. Il cieco nato detesta il furto, ma nonè pudico. È crudele, perché il sangue, lui, non lo vede scorrere: noistessi, se vedessimo un uomo piccolo come una rondine, a gran di-stanza, lo uccideremmo senza pensarci su, non fosse il timore delcastigo. Si è obiettato: «Dies ist nichts als eine geistreicheSophistik, denn die Moral hängt nicht von den Sinnen ab, sondernvon der Vernunft, die in ihrer Nothwendigkeit für alle rationelleWesen, wie sie auch sonst modifiziert sein mögen, die gleiche ist.Der Begriff des Guten wird durch sich selbst, nicht durch dasFühlen, Schmecken, Sehen oder Hören bestimmt» (KARLROSENKRANZ, Diderots Leben und Werke, cit. I, p. 78).

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27 Ma Diderot non assume questo complesso empirista escientista a cuore proprio leggero. I recettori pensati come stannorisultano parti separate, e allora non si comprende l’unità dellaconoscenza. «Sperimentalmente», il problema Diderot lo pone nellasituazione di un cieco nato il quale, avendo improvvisamenteriacquistato la vista, si trova a dover fare concordare i messaggivisivi attuali con quelli tattili che riceveva in precedenza53. Dipassaggio e anticipatamente noto che Diderot per quanto cerchil’unità, già qui non riesce a trovarla e s’ingarbuglia in uncollaborazionismo degli organi sensori che prelude alla concezionecoloniale, piú tarda, degli organi in genere.

28 Pensando dunque i sensi separati e connessi in una specie diintersoggettività interna54, Diderot fa considerazioni fisiologiche epsicologiche sulla visione del cieco guarito55, e considerazioni epi-stemologiche, qui piú importanti:

a) Sembra che la vista non abbia bisogno del tatto. Se, per ta-stare, non è necessario vedere, si può inferirne simmetricamente

53 Sulla disputa circa il cieco nato restituito alla vista, unasintesi delle opinioni a quel tempo in CASINI, Diderot «philosophe»,cit., pp. 136 segg.). Vedere pure la prefazione del Vernière alla Lettresur les Aveugles, in OP, pp. 75-78.Era stato nel carteggio Locke-Molyneux a sorgere il problema: uncieco nato, che acquisti la vista, potrà col nuovo senso distinguere,poniamo, un cubo da una sfera, cosí come li distingueva al tatto? Diqui grandi discussioni, con l’intervento di grandi personaggi,Berkeley, Leibniz, Voltaire, Condillac. Alla disputa teorica sisovrapponevano i risultati di effettive operazioni oculistiche.Importanti sull’argomento anche le pagine di CASSIRER, La filo-sofia delI’Illuminismo, cit., pp. 158 e segg.).54 Nella Lettre sur les Sourds et Muets Diderot prospetta la que-stione proprio cosí: come s’intenderanno cinque persone, dotateognuna di un solo senso? Sourds, p. 45.55 L’immagine retinica, nella sua minutezza, è cosí perfetta dagarantire da sola una fedele rappresentazione visiva (Aveug., pp.136-137). Diderot progetta dispositivi di educazione visiva, sfere ecubi colorati su fondo nero, richiama l’anatomia del sistema ottico,etc.

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che per vedere non occorra tastare. Inoltre, una volta ammessoche la vista sia impossibile senza il tatto, non si comprende come iltatto possa insegnarle a vedere. C’è anche un erratico richiamo alfinalismo: subordinare la vista al tatto, sarebbe «perdre de vue ladestination des organes»56

b) Non è affatto dimostrato che la classe «oggetti della vista»coincida con la classe «oggetti del tatto», né è da escludere che io, ri-spettivamente con la vista e col tatto, percepisca oggetti diversi.Ammettiamo pure che un oggetto visibile coincida con un oggettopalpabile. Ma se vado a controllare l’esistenza dell’oggetto toccan-dolo, può darsi benissimo che esso si trasformi sotto le mie mani:sparisca, mi invii sensazioni inopinate.

29 L’unificazione della conoscenza sensibile viene allora tentata(da vedere, poi, se ottenuta) con l’intervento della geometria e dellatestimonianza degli altri. Un cieco nato esegue dimostrazionigeometriche su oggetti palpabili e servendosi del tatto. Siano glioggetti P. Quindi egli acquista la visione ed esegue le medesimedimostrazioni sugli oggetti V, servendosi della vista. Dall’identitàdelle dimostrazioni segue che gli oggetti P e V sono identici.

Ma si accorge Diderot che a questo modo l’identità dei P e dei V èpresupposta. Inoltre, può darsi che l’imposizione dell’organo tattiletrasformi gli oggetti, che ad esempio il cerchio visibile si trasformi inun quadrato toccandolo.

A ciò si risponde invocando dei testimoni veggenti, i quali riesconoa seguire le dimostrazioni e nella versione tattile, e in quella visiva,riferendole sempre al medesimo oggetto: Saunderson insegnava perl’appunto geometria a una classe di veggenti.

In definitiva, l’accordo intersoggettivo interno è conseguito me-diante il consenso intersoggettivo esterno: il ragionamento e l’espe-rienza altrui informeranno la vista sulla relazione che essa intrat-tiene col tatto, l’istruiranno che quanto è tale per il tatto, lo è pureper l’occhio57.

Facilmente si vede che, a questo modo, la convenienza fra i sensi èappunto presupposta, nei testimoni, e Diderot cerca una via piúrigorosa per fondarla.

56 Aveug., p. 136. Come logica tutto questo non è gran che.57 Aveug.,p. 145.

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L’idealismo tattile

30 Cioè riprende un’antica idea58 e cerca una riduzione originariadelle specificità sensoriali al tatto. Esso basta benissimo a formarela conoscenza, ed anzi è piú filosofico e profondo che la vista59:Saunderson grazie al tatto si avventura nelle piú difficili astrazionigeometriche, nella piú ardita cosmologia. Che il tatto abbia un po-sto originario, lo pronuncia anche la testimonianza del cieco nato;quando gli si domanda cosa sia l’occhio risponde: è un organo sulquale l’aria agisce sí come un bastone agisce sulla mia mano. E seancora qualcuno domanda al cieco se gli piacerebbe avere occhi ef-ficienti risponde che no, piuttosto preferirebbe possedere lunghebraccia. Esse, senza l’intermedio dell’aria e serbando il loro potereindipendentemente dalle distanze, possono dire piú della vista60

Diderot nota con compiacenza che l’assimilazione della vista altatto rientra nella tradizione filosofica, e giunge a riportare dallaDiottrica cartesiana una di quelle tavole d’ottica piene di gente oc-cupata a vedere con dei bastoni61 ossia tattilmente.

31 Che il cieco riesca a pronunciarsi sulla vista, e bene quanto unDescartes 62, manifesta nella situazione tattile una forza ermeneu-tica e formalizzante, che cresce con la ricchezza culturale. NellaLettre sur les Aveugles compaiono il cieco di Puiseaux, normalmentecoltivato, e Saunderson, decisamente al di sopra della media percognizioni geometriche e filosofiche. Il primo compie una quantità diprodezze, distilla i liquori, infila gli aghi, etc., e riesce perfino a inter-pretare il funzionamento dello specchio: è una macchina atta a

58 Cfr. ARISTOTELE, De Anima, 414 b 3.59 Sourds, p. 45.60 …j’aimerais bien autant avoir de longs bras: il me semble quemes mains m’instruiraient mieux de ce qui se passe dans la luneque vos yeux ou vos télescopes; et puis vos yeux cessent plutôt devoir que les mains de toucher. Aveug., p. 89.61 Aveug., p. 87.62 E si badi che è soltanto il cieco di Puiseaux, il meno filosofo frai ciechi considerati da Diderot.

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mettere gli oggetti in rilievo lungi da sé stessi, a patto che ci sianoconvenienti disposizioni63.

Con strumenti ottici piú complicati, però, il cieco di Puiseaux siperde in questioni devianti. Saunderson, al contrario, riesce perfinoa far lezione d’ottica geometrica e ne vive come stimato professore.

Come lui, cieco, possa insegnare argomenti inerenti alla visione, sispiega con la sua attitudine a farsi modelli tattili, figurando adesempio un raggio di luce con del filo sottile o corpicini in velocecorsa, ed a calcolare poi in conseguenza64. La sua attitudine, cioè, acostruirsi un’aritmetica palpabile65 e far presente l’assente imma-ginando66.

32 L’analisi che qui Diderot fa dell’immaginazione geometrica ènotevolmente impegnata. Essa comprende la distensione di unosfondo neutro dove vengono disegnati i punti, e i punti in fila sono lalinea: l’immaginare cosí ha un aspetto astrattivo non meno che co-struttivo. Analogamente procede l’immaginazione per il cieco:

Nous combinons des points colorés; il ne combine, lui, que des pointspalpables, ou, pour parler plus exactement, que des sensations dutoucher dont il a mémoire.67

Piú in dettaglio. Un cieco nato si forma idee di figure mediantesensazioni tattili. Sono dapprima reiterati toccamenti di fili tesi, filicurvi, solidi concavi o convessi, seguiti di sensazioni tattili unidire-zionali… ebbene, in ognuna di queste sensazioni, la coscienza delcieco è tutta al punto di contatto. E ciò, qualunque sia la sua pre-

63 Aveug., p. 84.64 Aveug., p. 112. E tante altre cose notevoli consente il tatto aSaunderson, per cui si può dire che egli vedeva con la pelle, e si puòpersino preconizzare una «peinture pour les aveugles, celle à quileur propre peau servirait de toile», Aveug., p. 117.65 Aveug., p. 100.66 L’imagination nous peint les objets absents comme s’ilsétaient présents. Aveug., p 97.67 Aveug., p. 95. Qui pure la descrizione dell’immaginazionevisiva, che Diderot assimilerebbe, in actu signato, all’immagina-zione senz’altro. Ma quanto egli dice dopo, presenta un’imma-ginazione tattile.

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parazione culturale: che sia geometra o non lo sia, il cieco sempretutto riporta alla punta delle sue dita68.

33 Il contatto è ricco di ulteriori possibilità produttive, e cioè:a) La spazializzazione. Una sensazione «occupa spazio». Con

questo Diderot non asserisce, rozzamente, che si dia qualcosa comelo spazio prima del sapere lo spazio; e sa bene che la sensazione,per sé, non è spaziale, perché è indivisibile. Ma afferma che la sen-sazione è cooriginaria alla spazialità69.

b) La memorizzazione. C’è un’esperienza: si premano, ad occhichiusi, il pollice contro l’indice. Aprendo le dita si conserverà perqualche tempo la sensazione di pressione. All’organo di contattoappartiene dunque la facoltà di sentire qualcosa che non è piú70.

c) La distinzione fra presenza e assenza. L’immaginazione dipingegli oggetti assenti come presenti; ma non gabella l’assenza da pre-senza, perché sussiste una distinzione d’intensità tra le sensazionidella presenza — forti — e quelle della presenza immaginata — de-boli71.

Si va dunque recuperando il tatto all’origine di una ricca vita psi-chica e di importanti conquiste intellettuali72. Ma c’è ancora qual-cosa che colloca il tatto nella piú segreta intimità della conoscenza.Ossia: andare verso il pensiero nella sua purezza astratta coincideprecisamente con lo sprofondamento nel puro palpabile, come di-mostra il caso di Saunderson, e come si nota in genere coi ciechi.

34 Astrarre, per Diderot, significa pensare i corpi senza «qualitàsensibili»73 Qualità sensibili qui corrisponde alle note qualità secon-darie (colore, odore, e simili) sotto cui sta la neutra compattezza delcorpo che le sostiene. Ebbene, il cieco nella sua tenebra annullaappunto le qualità secondarie e raggiunge agevolmente il fonda-mento stabile delle apparenze: lo tocca. E in ciò l’immaginazione

68 Aveug., p. 95.69 Aveug., p. 96.70 Aveug., p. 97.71 Aveug., p. 9772 Il tatto è attualmente in condizioni d’inferiorità perché mancad’un linguaggio adeguato; ma già Saunderson l’ha inventato, con lasua aritmetica palpabile. Aveug., p. 100.73 Aveug., p. 98.

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tattile va piú a fondo dell’immaginazione visiva che si spingeva alpiú fino a uno sfondo neutro sí, ma pur neutro di qualche colore.

Ecco proposto un livello zero della conoscenza, in cui essa si ri-trova sola coi propri contenuti essenziali ed originari. E Diderotqualifica, tale livello, da situazione idealistica, propria per l’appuntodei ciechi; idealismo, egli precisa, è la dottrina propria dei Condillac,dei Berkeley, i quali non ammettono altra realtà che esistere e lesensazioni interne74. Dottrina assai difficile da confutare, Diderotsottolinea, ed egli pure è ad un singolare idealismo in questo genere,poggiato al contatto e alla resistenza della materia vissuta nel suonudo opporsi.

Contro la matematica

35 Diderot trascina nel rifiuto della cosmologia devota anche ilversante formale e sintattico della matematica. Questo modo diinterpretare la realtà, questa pretesa di un algoritmo atto a coprire,con numero e relazione, tutto, ha del teologico. È una matematicadegna di intelligenze pure, anzi troppo vicina all’intelligenza di quel-l’Essere supremo che

selon l’expression ingénieuse d’un géomètre anglais, géométriseperpétuellement dans l’univers.75

Appunto, l’Etre suprême non fa parte del conoscibile76: questa

74 Aveug., p. 114.75 Aveug., p. 99. Preciso l’identificazione del geometra inglese inJoseph Raphson (cfr. l’edizione Niklaus della Lettre sur les Aveugles,p. 96) con la citazione seguente: Minimam quidem muscam, velvegetabilium simplicissimam, theoretice componere humanaPhilosophia nescit, aeque ac practice potentia nequit; multo minustotum (Geometrica akribéia) componere Universum. Problematasunt, primordiali Sapientia, & Potentia, rerum productrice, digna, &Cognitionis ulteriorem progressionem in aeternum usq. nobissuppeditent, tam ipsarum rerum, quam perpetuo geometrizantis inuniverso DEI. È il finale del De Spatio Reali seu Ente InfinitoConamen Mathematico-Metaphysicum, datato Londini 1697.76 Personne ne l’a vu… (Promen., p. 190) …Toujours également

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matematica purissima e potentissima rientra al piú nei bei bisogni.Ma Diderot non nega un livello astrattivo e disimmediato della

matematica; anzi sa che si adatta alla verifica sperimentale e allepoche ipotesi fisiche77, sa che è in grado di vincere la separazionefra i sensi (dei quali bisognava ottenere la convenienza)78. Solo chequesto livello non ha alcunché di rivelato né di soprannaturale, mas’impianta geneticamente nell’esperienza sensibile. E descrivendola genesi, trova l’origine del numero nell’iterazione di percezioni, chelasciano la traccia mnestica di uno, due, tre, quattro…, e l’originedella variazione in esperienze di indebolimento e rafforzo, come diun profumo che si allontani o avvicini79. Cosí sorge il mondo deinumeri e dei calcoli, latente e disponibile per, sotto lo stimolo delpiacere o del bisogno, adattarsi alle circostanze degli êtres réels.

Un circolo appare senza difficoltà: il numero dipende dalla itera-zione, ma l’iterazione presuppone il numero. Ma Diderot, sprigio-nando la sua convinzione che la matematica non fuoriesce dal-l’ambito dell’esperienza sensibile, non ha neppure cura a dedurlacorrettamente, la matematica. Travolto il modello newtoniano,implicata la ragione geometrica nella falsa razionalità, egli preferi-sce dedicarsi con attenzione ad altro stile ermeneutico.

La Grande Catena

36 Ora la polemica teologica è indietro, coi suoi schematismi asprie il programma eversivo; il metodo è piuttosto «liberale», un lasciarpassare i pensieri come vengono:

Je laisserai mes pensées se succéder sous ma plume, dans l’ordremême selon lequel les objets se sont offerts à ma réflexion; parcequ’elles n’en représenteront que mieux les mouvements et la marche

éloigné de lui, tu n’en approcheras jamais (Ivi, p. 221).77 Poche ipotesi, è buone ipotesi. Addensarle aumenta laprobabilità di risultati falsi o, che è peggio, falsamente in accordocon l’esperienza. Aveug., pp. 112-113.78 Cosí: Siano cinque persone, ognuna con uno solo e diversosenso. Si tratteranno da insensate fra loro, tranne che in geometria(Sourds, p. 45).79 Sourds, pp. 92-95.

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de mon esprit.

Risultato, letterario, un cafarnao disperante. Ma il propositocontiene della libertà che ora gradisce gli oggetti della riflessione eabbandona al loro spontaneo ordinato presentarsi il movimentoermeneutico; e l’ordine ha da essere cosí sfaccettato e multifatto-riale perché è l’ordine della totalità, esigenza che finalmente orientala ricerca.

37 Nella totalità si spengono ammirazioni e stupori, nemici delpensare filosofico80. Essa spiega ogni evento particolare: la Naturaha prodotto sempre un solo atto81 nella cui avvolgente unità non èpiú alcun fatto indipendente o anarchico. Tale, il principio medesimodella filosofia82.

Di fatto, l’interdipendenza, l’unità e la totalità non appaiono cosíchiaramente alla ricerca, e vanno piuttosto conquistate in un det-tagliato incatenamento tale che ogni fenomeno richiami tutti gli al-tri83; ecco la grande catena84, supremo sviluppo della totalità,

80 L’étonnement est le premier effet d’un grand phénomène: c’està la philosophie à le dissiper. Nature, X, p. 185.81 Tandis qu’elle n’a peut-être jamais produit qu’un seul acte.Nature, XI, p. 186. Ed ancora:«Pour un homme qui y regarde de près, il n’y a proprement dans lanature aucune production, aucune destruction absolue, aucunecommencement, aucune fin: ce qui est a toujours été et seratoujours, passant seulement sous une infinité de formessuccessives». Articolo Production (E 13, p. 424 a), AT XVI, p. 423.82 L’indépendance absolue d’un seul fait est incompatible avec l’i-dée du tout; et sans l’idée du tout, plus de philosophie. Nature, XI, p.186.83 Il faut s’attacher uniquement à son objet, et le tourmenter,pour ainsi dire, jusqu’à ce qu’on ait tellement enchaîné lesphénomènes, qu’un d’eux étant donné tous les autres le soient.Nature, XLIV, p. 219.84 …La base de la philosophie… La chaîne qui lie tous les êtres.Nature, L, p. 229. Si les phénomènes ne sont pas enchaînés les unsaux autres, il n’y a point de philosophie. Nature, LVIII, p. 240. Perla storia della Grande Catena, obbligo è citare il celebre studio, e

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richiesta sia alla Natura che al pensiero, all’ordre des objets che allamarche de mon esprit. Precisamente, due sono le catene, unaontologica e una epistemologica e fra di esse occorre tracciarelegami trasversali affidati all’esperienza, al ragionamento o alla lorocombinazione85.

38 Ontologicamente, l’incatenamento ha un primo significatofisico e determinista. Si afferma cioè che gli oggetti sono deter-minati dal loro star come stanno dalle leggi del moto, dai giochi delleresistenze e dall’ordine universale86; è insomma una catena dicause87.

Ma il presentarsi epistemologico della grande catena non è cosípositivo, esso piuttosto consiste in sfumare di analogie, in degra-dare di impercettibili somiglianze e in evocazioni associate ed oppo-ste che vengono intuite come in sogno dall’istinto88. Questo infinitotessuto di specularità, echi e nuanze si ripete in un piú profondo in-catenamento cosmico, nell’esclusione di taglio netto fra questo oquell’ente, nel principio di continuità.

Lo sfumare d’altra parte si arresta solo all’esser questo e nonquello di un oggetto; non tollera doppi perché li eroderebbe fino al-l’osso dell’ultima e unica determinazione. Perciò, l’universo dellacontinuità incatenata è anche l’universo della resistenza indivi-duale: non due foglie, non due fili d’erba del medesimo verde sonopossibili89.

non logoro per l’uso, di ARTHUR A. LOVEJOY: The Great Chain ofBeing, New York, Harper & Row, 1967 (prima ed. 1936).85 Nature, VII, p. 184.86 Nature, XXXII, p. 199.87 Chaîne des causes. Nature, LVI, p. 234.88 Nature, XXX e XXXI, pp. 196-198.89 Nature, LVII, p. 238. Non sarà qui fuori luogo rammentareche YVON BELAVAL, (L’Esthétique sans Paradoxe de Diderot,Paris, N.R.F., 1950) trovava capitale l’influenza di Leibniz suDiderot. Da Leibniz Diderot trae, sosteneva Belaval, il principiodegli indiscernibili, il principio di continuità, l’idea d’inconscio, la«perception des rapports». In seguito Belaval ha sfumato (Note surDiderot et Leibniz, «Revue des Sciences Humaines», 1963, pp. 435-451) la tesi, dimostrando dottamente che Diderot non ebbe lettura

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39 Tale l’unico atto della Natura si dettaglia, e la contraddizionefra l’uno e i molti si salda introducendo la successione; tantesfumature infinitesime si presentano col tempo, il quale entradunque costitutivamente nella definizione di Natura. Tutto, allora, èsempre nuovo, ogni fenomeno porta con sé un sia pur minutissimosfalsamento rispetto ai precedenti e non v’è alcuna fissità. La cono-scenza viene subito compromessa, si restringe allora all’incompletoe transitorio rilievo momentaneo d’una sezione della totalità. Se latotalità per un verso è la condizione della filosofia, per l’altro ne èpure la distruzione. Quel che le resta, alla filosofia, è come chiazzeluminose su un grande terreno oscuro; ebbene, è poco sí, ma nontanto da risultare bloccante né deludente. Siano pure rari i puntiilluminati, il lavoro consisterà nell’estenderli e connetterli e molti-plicarli90, ma perché ciò avvenga, occorre il presupposto che unatotalità sia per consentire il lavoro, di guisa che ora la totalità vienea prendere un valore metodologico. Come tale, non è piú data in un

diretta di Leibniz, o al piú lesse la Teodicea. L’influenza di Leibnizqui diventa indiretta, diffusa, confusa, conclude insomma Belaval.La voce Leibnitzianisme (E 9, pp. 369 b-379 a) non proverebbe perl’appunto che Diderot abbia studiato particolarmente Leibniz,perché è compilata da Fontenelle e Brucker. Però questaesposizione di seconda mano è accompagnata da postille doveDiderot non solo cerca di appropriarsi Leibniz, ma anche mantieneuna deliberata indipendenza. Su ciò, si veda oltre alla citata nota diBelaval, il passaggio di JACQUES PROUST (Diderot etl’Encyclopédie, Paris, Colin 1967, p. 290). Noi rammentiamo, perquanto riguarda il principio degli indiscernibili, che Diderot ne togliecon una certa sufficienza il monopolio a Leibniz: «il n’est pasnouveau, c’était une des opinions des stoïciens». Notazione moltosimile per il principio di ragion sufficiente: «les anciens l’ontemployé». Del resto Diderot considerava sprecato il genio di Leibnizin questioni teologiche (Eléments de Physiologie, p. 306). Proprio inquesta indipendenza, in queste conoscenze indirette e nel tentativodi appropriazione, credo sia importante rintracciare la parentelateoretica, e questo sarà compito d’un ulteriore lavoro, che ho inprogetto [le ricerche su Baumgarten. Nota del 2002]90 Nature XIV, p. 189.

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effettivo possesso di tutti i dettagli; anzi pretendere una esperienzasimile è insettologia91, dispersione del proprio talento nella folla dicose piccole e distraenti.

40 Al complicato quadro si aggiungano altre difficoltà: i fenomenisono infiniti, le cause ne sono nascoste e le forme transitorie92 men-tre grandemente obbliganti sono i limiti del sapere; vi concorronodebolezza dei sensi, imperfetti strumenti, e pregiudizi, e memoriache inganna, e l’esperienza cosí lenta… con queste fragili leve la filo-sofia si è proposta di smuovere il mondo e con questi poveri artifiziriesce a ottenere alcuni anelli separati e infranti della grande ca-tena.

Nella ricerca scientifica dunque si tocca la sproporzione tra l’in-finità sfuggente dell’oggetto, e la finitezza del sapere che lo cerca.La natura è velata, insiste Diderot, da analogie ingannatrici93, frafenomeni ingannevoli94: provocante signora che ama travestirsi95

(e che s’ha da trattare con maniere forti, pur continuando ad am-mirarla. Si formerà, per vincere la sua resistenza a farsi conoscere,una lega di filosofi).

Appunto perché si svela e traveste, alquanto la Natura si rivela:coi fatti.

91 Nature LIV, p. 232.92 Nature XXII, p. 192.93 Analogies trompeuses, Nature XLIII, p. 218.94 Il y a des phénomènes trompeurs… Nature XLVI, p. 221.95 La nature… c’est une femme qui aime à se travestir, et dontles différents déguisements, laissant échapper tantôt une partie,tantôt une autre, donnent quelque espérance à ceux qui la suiventavec assiduité de connaître un jour toute sa personne, Nature XII,p. 188. E cfr. pure il paragone della fisica con una «belle courtisane»,Nature XXVII p. 195. Nel Neveu de Rameau: Mes pensées ce sontmes catins (OR, p. 395). Il Lenoble collega la figura femminile dellanatura, il modello cosmologico matriarcale, alla deteologizzazionedel mondo. Diderot: «A été un amoureux de la Mère Nature, en lutteobstinée contre le Père du Ciel, à qui il entend précisément ravir laNature, et contre son représentant parmi les Français, le Roi»(ROBERT LENOBLE, Histoire de l’idée de Nature, Paris, AlbinMichel, 1969, p. 361).

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Ragione ed esperienza

41 I fatti sono la ricchezza del filosofo96. E bisogna possedernemolti. È sbagliato credere che basti alla conoscenza averne alcuni,e collegarli bene: la grande chaîne va riempita, altrimenti restapuramente sintattica; e, peggio, resta un sogno. Misurando lafilosofia sui fatti, Diderot allora distingue:

a) la philosophie rationnelle: passa il suo tempo a ordinare, spie-gare, giudicare. Si fa idee fisse e dice ad esempio: «non si può scom-porre la luce».

b) la philosophie expérimentale: cerca fatti nuovi, tasta a tentonie raccoglie tutto quello che trova, «travaille sans relâche». Mentre lafilosofia razionale decreta dogmaticamente l’incomponibilità dellaluce, quella sperimentale mostra il prisma che prova il contrario97.

Questa distinzione si appoggia al già accennato distacco fra livellodella conoscenza e livello della natura, fra entendement e réalité.All’esperienza tocca la validazione dei contenuti mentali i quali, cosícome stanno, possono o non possono essere; li si può accettare ocontraddire98. La verifica sperimentale risulta cosí anche un vero eproprio consolidamento ontologico, che avviene nel corso dell’al-ternanza assidua fra riflessione razionale e sensazione; è come seun’ape — dice Diderot — vada e torni continuamente fra i campi el’arnia: si porta cera greggia, che l’attività costruttiva del soggettomette in ordine99. Tanto è come rifiutare un sensismo puro, e delresto Diderot lo afferma: i sensi sono l’origine di tutte le nostre co-noscenze, ma vanno integrati dagli strumenti; e la conoscenza èfatta non solo di sensi che osservano, ma pure di spirito che com-prende, immaginazione che prevede, e memoria che ritiene; e in al-tro modo: l’osservazione non basta, bisogna rifletterci su e verifi-

96 Les faits, de quelque nature qu’ils soient, sont la véritable ri-chesse du philosophe. Nature, XX, p. 191.97 Ivi e XXIII, pp. 192-193.98 On peut avouer ou contredire ces notions, parce qu’elles n’ontencore de réalité que dans mon entendement. C’est aux expériencesà leur donner plus de solidité. Nature, XLIII, p. 202.99 Nature, IX, p. 185.

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carla100.42 In definitiva, l’albero delle scienze trova consistenza solo nella

natura101, ma si organizza e ramifica progredendo nella sottile at-mosfera mentale. Le radici dell’albero — per continuare la figura di-derotiana — vengono spinte avanti, nella solida realtà, dalla espe-rienza e dall’istinto.

L’esperienza: che va lasciata assolutamente libera nel suo curiosofrugare, mai ingabbiata in presupposti che vengano a cambiar difaccia i fenomeni102, a far mentire la natura. Penserà lei, la natura,a risolvere le contraddizioni teoriche col suo imprevedibile pullulare,che improvviso apporti i termini risolventi103.

L’istinto: il momento espansivo della conoscenza, che senza sostatocca e guarda e ascolta. Ci sarebbe piú da imparare studiando glianimali, che dalle profonde lezioni accademiche, dice Diderot104. Edè l’istinto ad animare le divinazioni dei grandi operatori, dei ma-noeuvriers che vivendo accanto alla natura subodorano procedi-menti incogniti e risultati nascosti. Si tratta di una capacità a sup-porre le analogie e le opposizioni piú lontane e impercettibili, a tro-vare il capo di incatenamenti congetturali bizzarri come i sogni diun malato, e senza paura di evidenze e contraddizioni105.

Diderot stesso porge degli esempi di congetture, facendosi buonoschermo, per la parte teologica, col tipo onirico e confutabile del suospirito divinatorio.

Di nuovo sulla matematica

100 L’observation recueille les faits; la réflexion les combine;l’expérience vérifie le résultat de la combinaison. Nature, XV, p.189.101 Nature, VIII, p. 185.102 …changer de face au phénomène ou de langage à la nature.Nature, XLVII, p. 222.103 …l’on dispute jusqu’à ce que la sagacité ou le hasard, qui ne serepose jamais, plus fécond que la sagacité, lève la contradiction…Nature, XLVI, p. 222.104 Nature, X, p. 185.105 Nature, XXX e XXXI, pp. 196-198.

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43 L’istinto si espande nel mondo esterno (au dehors), mentre laragione tende a racchiudersi in sé106. È come se l’albero dellescienze sempre sia in pericolo di salire anche con le radici nel vuotodella ragione che, non interrogando piú la Natura, diventa falsa; lametafisica ne è esemplare, essa in cui — il mondo sensibilespegnendosi — le nozioni si ritirano gradatamente dallaimmaginazione all’intelletto, e al filosofo puramente intellettivo nonrimane altro spettacolo che quello dei suoi propri pensieri107. Lasola metafisica accettabile è una filosofia della natura, mentre lametafisica dei pensieri puri si addice piuttosto alla teologia ecoinvolge la matematica:

Les mathématiques… c’est une espèce de métaphysique générale, oùles corps sont dépouillés de leur qualités individuelles…108

A conseguenza allora di questa deriva intellettualistica e metafi-sica della matematica, o imbozzolamento nella ragione pura,Diderot emette un giudizio duro: i previsti della matematica non siapplicano per sé alle misure fisiche. Ché se poi bisogna correggerli overificarli con l’esperimento, tanto vale dunque starsene all’esperi-mento e basta. La matematica è affaire de convention, gioco109. Lasua apertura a qualsiasi problema, dovuta all’astrazione, ne fa ladebolezza e non la forza; e se c’è stato un tempo in cui i geometrihan dato addosso ai metafisici, ora i chimici, i fisici, i naturalisti, re-spingono la geometria nel medesimo limbo. Per dare infine una mi-sura dell’animosità di Diderot verso la matematica, rammenteremoche il suo attacco sbrigliato si trova proprio sull’inizio di De l’Inter-prétation, quasi un mettere le mani avanti110. E che egli non rifuggeda argomenti poco teoretici: la matematica è cosa di moda, sortacon la moda ma che ormai sta per perire, coltivata solo da geni bencoscienti di fare un lavoro inutile, e da mercenari che ci vivono

106 Nature, X, p. 185.107 Nature, XL, p. 216.108 Nature, II, p. 179.109 Da ricordare che Diderot si compiaceva negli scacchi, comeleggiamo nel Neveu de Rameau.110 Nature, II-III, pp. 178-179.

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su111.44 L’esito delle considerazioni diderotiane sulla matematica inte-

ressa anche perché Diderot, all’occorrenza, si compiacque di ricer-che nel campo. Conviene qualche nota di commento e sunto:

a) Con De l’Interprétation si propone una filosofia della scienzalontana dal programma galileiano e newtoniano. La cacciata dellamatematica segna il termine di un processo di distacco che ha co-nosciuto l’adesione al tempo delle Pensées Philosophiques, e unprimo rifiuto nella Lettre sur les Aveugles, quando Saunderson nonvuole giurare sulla parola di Newton.

Nell’intermezzo, i Mémoires sur différents sujets de mathéma-tiques112 (1748), attaccano Newton proprio sul terreno tecnico.Diderot, nel quarto Mémoire, dimostra che, in tema di oscillazioni delpendolo, i propri calcoli sono piú precisi.

b) Il distacco dal modello newtoniano si consuma quando Diderotha una filosofia della natura autonoma da proporre, sviluppando ilgerme del sogno di Saunderson, riempiendo cosí del tutto il vuototeoretico lasciato dal toglimento della religione naturale.

c) Precisamente, la definizione della matematica nel convenzio-nalismo e nel gioco, distrugge la tradizionale ammirazione per l’or-dine matematico del mondo, con la sua conseguenza fisico-teolo-gica.

d) E la falsa razionalità della matematica viene a corrisponderecon la falsa razionalità del fanatismo. In ambedue i casi si tratta diobliare la natura, di andare contro natura, magari pretendendo diimporre alla natura un ordine che la sua fluida e vivente inaffer-rabilità non accetta.

V e r s o i l f e n o m e n o c e n t r a l e

45 L’inconveniente a che la Natura pienamente si riveli è che ilsuo unico atto immobile si manifesta tuttavia col flusso, e quindi si

111 Nature, V, p. 182.112 Sono in A.-T., IX. Cfr. il capitolo «Le mirage mathématique», inJEAN MAYER, Diderot homme de science, Rennes, ImprimerieBretonne, 1959.

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nasconde. Ma la tenebrosa compattezza dell’atto trascendentalepuò essere meditata trasferendone l’unicità e il posto dominante inqualcosa che per sé risulti aperto alla conoscenza: un fenomeno cen-trale113. E scatenando la congettura Diderot cerca di offrirne delleipotesi, badando a che la sua Natura mantenga sempre autosuffi-cienza ed energia vitali, come si addice alla propria dignità deteolo-gizzata. Eccolo, il centrale fenomeno irraggiante, nel prototipo nondi questa e quella specie animale, ma di ogni organismo vivente:

…ne croirait-on pas volontiers qu’il n’y a jamais eu qu’un premieranimal, prototype de tous les animaux, dont la nature n’a faitqu’allonger, raccourcir, transformer, multiplier, oblitérer certainsorganes?114

E ora tornano i mostri, argomento già di Saunderson: partecipanodi regni animali al confine, testimoniano l’unità di fondo. È la naturache manifesta sempre la medesima sostanza, togliendo qui ciò cheessa aggiunge là. «C’est une femme qui aime à se travestir».

Molecole inorganiche e particelle sensibili

46 Diderot si abbandona al demone congetturale, cerca l’unitàprofonda del fenomeno esplicativo nel rimbalzo energetico dellemolecole o nelle oscure informazioni tra particelle sensibili:

a) Il modello molecolare: l’ateismo era associato, nel giro di pen-siero fra la tradizione shaftesburiana e le iniziali opere che Diderotfornisce, al caos atomico da cui nessun ordine può sorgere. Ora in-vece l’autonomia organizzativa della natura – intravista dallaLettre sur les Aveugles – viene specificata accuratamente in un mo-dello molecolare.

Innanzitutto la fluenza della natura viene alquanto arrestata edeterminata in una legge combinatoria. «Natura» indica la pre-

113 Nature, XLV, p. 220. Cfr. per questo tentativo di riduzione aduno, e per altri aspetti della cosmologia diderotiana, la dissertazionedi ABRAHAM LEREL, Diderots Naturphilosophie, Wien, Hollinek,1950.114 Nature, XII, p. 187.

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senza, il risultato attuale e generale della combinazione di elementi.Questi ultimi sono richiesti per spiegare proprio la variabilità deifenomeni naturali: se infatti i fenomeni provenissero tutti da unamateria unica, non sarebbero eterogenei, come invece risultano al-l’esperienza.

Bisogna dunque pensare a elementi, in numero finito e fra loro di-versi, che compongono il tessuto chimico fisico dell’universo.Quanto agli elementi, essi risultano da una struttura corpuscolaree discreta della materia, da «molécules» indivisibili ed essenzial-mente differenti nella massa115: insomma, la materia è sempre —nel fondo — unica, ma si organizza in masse elementari diffe-renti116, fondamento a loro volta degli eventi fisici.

47 Il modello corpuscolare si presta bene ad essere inserito nellateoria delle corde vibranti, e di qui scaturisce un’importante conget-tura. Come vibrano le corde tese, è da pensarsi che vibrino i corpirigidi sollecitati a percussione, e il loro vibrare sarà dovuto all’oscil-lazione nelle particelle elastiche che li costituiscono.

Le molécules elastiche non si disperdono alla percussione, maoscillano solo intorno a centri stabili, perché le tiene insieme unaforza d’attrazione. Qualsiasi tentativo di turbare l’assetto moleco-lare porta dunque o ad una reazione che ristabilisce l’assetto, o adun assetto nuovo, cioè ad un sistema elastico differente. Con as-setti e interazioni fra sistemi elastici si spiegano la consistenza deicorpi, il loro cedimento, i cambiamenti di stato: fondere un solido si-gnifica coordinare con l’assetto elastico che gli è proprio un assettodi molecole d’aria, o di fuoco.

Applicando questa congettura alla scala cosmica, si può pensare

115 Per quanto riguarda l’indivisibilità, Diderot ne fa questione distato attuale della tecnica. Il suo «atomo» è disintegrabile: «savoir,si la division d’une matière élémentaire n’a point été, n’est point oune sera pas portée plus loin dans quelque opération de l’art, qu’ellene l’a été, ne l’est, et ne le sera dans aucune combinaison de lanature abandonnée à elle-même». Nature, LVIII, p. 240.116 Ridurre i fenomeni alla combinazione di elementi in numero fi-nito non giustifica l’infinita variabilità legata al principio degli indi-scernibili. Anzi è in contrasto: ci sarebbero almeno due moléculesuguali. Oscillazioni…

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che tutto l’universo formi un corpo elastico. Ciò, allora, esclude ilcaos; ché, anzi, l’ordine diviene essenzialmente conseguente allequalità primitive della materia.

Quanto sopra, non rappresenta altro che una scelta. «Materia»,«Natura», vengono a indicare un oggetto vivo piuttosto che unoinerte. Si può condurla avanti, la scelta, introdurre nelle qualitàprimitive della materia non solo l’elasticità, l’attrazione, l’attitudinecombinatoria, ma anche lo psichismo. Allora il modello molecolaresi traduce in un pullulare di particelle sensibili, ove l’attrazione èdesiderio, gli urti e gl’impulsi sono messaggi sensoriali.

Tali sono le idee che Diderot ora espone. Un recente saggio diMaupertuis lo conforta117.

48 2) Materia psichica. Maupertuis, in cospetto della complessaricchezza dei corpi organici, non sa ridurla al gioco delle forze fisiche,e neppure a una decisione soprannaturale stabilita una volta pertutte. Meglio si spiega l’organizzazione della materia attribuendo,alla materia stessa, delle qualità psichiche. Intelligenza, desiderio,memoria. Memoria, in particolare, che spiega tanti problemi gene-tici, come l’eredità, l’ibridazione, la nascita di mostri, secondo che lamemoria della materia, di generazione in generazione, sia piú omeno pura o turbata118. Di piú, si riesce a stabilire una continuitàfra le strutture cristalline e le forme vitali piú complicate, comeprodotti di memore intelligenza piú o meno irrigidita. Ché, appunto,Maupertuis si porta animosamente alle origini, e fa l’ipotesi di unostato fluido iniziale, in cui nuotavano dispersi gli elementi. Sorti dalí, i corpi organizzati minerali si sono arrestati in forme concluse,mentre animali e piante proseguono la catena della riproduzione.Cosí (esemplifica Maupertuis), gli elementi han preso il proprio po-sto emigrando dallo stato fluido, e confondendosi in forme unitarie,

117 Pubblicato nel 1751 sotto la firma Baumann e col titolo:«Dissertatio inauguralis metaphysica de universali naturaesystemate». Gallice in Oeuvres de Mr de Maupertuis, tome II, Lyon,1756, pp. 139-168.118 Questa idea della memoria genetica, Diderot la ridiscutenell’accezione, dovuta a Buffon, di stampo interiore specifico (mouleintérieur spécifique). Oggi, parleremmo di informazioni nucleiche.Cfr. Nature, LVIII, p. 243 e nota.

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come le api convergono allo sciame, venendo a costituire un corpocomplesso e nuovo119.

Di tutto ciò, il passaggio piú importante (e che Diderot raccoglieespressamente) è fra il generico psichismo della materia, e la co-scienza. La materia ha qualità d’intelligenza, desiderio, memoria,ma per me sono proprietà del mio pensiero, non della materia.

Maupertuis crede dunque che, come gli elementi materiali sisommano per dare un corpo organico, cosí si sommino i loro psichi-smi. Cospirano, le percezioni elementari, giungendo a costituire unapercezione unica e molto piú perfetta, la coscienza; e in questa, ilricordo delle percezioni costituenti è dimenticato: «nostra nobis origoomnino obdita manet».

49 Diderot espone le idee di Maupertuis, le trae a conseguenza e lecorregge, stracciandosi però le vesti e gridando all’irreligiosità: nelfatto, deteologizza a fondo Maupertuis, e non vuole neppure il colorepanteista che deriva dall’affermazione di una natura intelligente.Nessuna intelligenza, piuttosto alla radice della vita, per Diderot,una sensibilità torpida; la molecola organica, oscuramente avver-tita dalla sensibilità originaria, cerca il piacere, la situazione piúcomoda, ma cosí automaticamente e senza deliberazione come sein sogno:

En conséquence de cette sensibilité sourde et de la différence desconfigurations, il n’y aurait eu pour une molécule organiquequelconque qu’une situation, la plus commode de toutes, qu’elle auraitsans cesse cherchée par une inquiétude automate, comme il arrive auxanimaux de s’agiter dans le sommeil, lorsque l’usage de presque toutesleurs facultés est suspendu…

Ecco dunque la definizione d’ente organico, d’animale: un sistemadi molecole organiche, spinte dall’oscura sensazione, si sono combi-nate fino a raggiungere un livello di minimo disagio:

L’animal en général, un système de différentes molécules organiquesqui, par l’impulsion d’une sensation semblable à un toucher obtus etsourd… se sont combinées jusqu’à ce que chacune ait rencontré la

119 Esempio, delle api e dello sciame, che sarà molto caro aDiderot nel Rêve de d’Alembert.

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place plus convenable à sa figure et à son repos.120

50 Veramente, quest’attribuzione dello psichismo elementare allamateria, se segue coerentemente certe ipotesi già conseguite daDiderot (l’importanza fondamentale del tatto, nella Lettre sur lesAveugles; il biologismo «concentrato» da Shaftesbury), si complica diun che fisicalistico alquanto funesto per la felice spontaneità dellepassioni. Infatti, l’automatismo molecolare cerca il riposo, si agitain un oscuro sogno, e non si vede come da questo torpore sboccinosia le passioni che in genere l’energia aggressiva della vita.

Ma l’automatismo serve a Diderot per eliminare la ricerca e l’af-fermazione delle cause finali. Sul partito preso antiteologico,Diderot rifiuta i finalismi, veicoli all’introduzione del governo divino.La scienza non deve occuparsi di perché, insiste, le basta il come:non bisogna fraintendere quest’affermazione, come se Diderot pro-pugni una scienza non scientifica, e cioè solo descrittiva. I pourquoicon cui egli se la prende sono i pourquoi finalistici e tendenzialmenteteologici121. La religione, soggiunge Diderot, risparmia molti erra-menti e molto lavoro, e blocca medesimamente il movimento delpensiero: soprattutto, nasconde il tracciato genetico della natura.

51 È in queste ultime battute che si conclude l’ermeneuticanaturalistica. Il tempo ritorna, quale successione qualificatageneticamente ed evolutivamente, nell’unico atto della natura; eora, si propone il tracciamento d’una continuità fra gli elementivitali, sparsi nella materia, su su per le loro successive coagulazionifino alle idee, alla coscienza, al linguaggio, alla scienza e alle arti.Milioni d’anni sono passati fra i successivi sviluppi, e chi sa qualealtra folla di novità bisogna attendersi dall’inesauribile natura. Chesarà dell’uomo? Forse sparirà per sempre, forse continuerà ad

120 Nature, LI, p. 231.121 Combien d’idées absurdes… dans ces hymnes que quelquesdéfenseurs téméraires des causes finales ont osé composer àl’honneur du Créateur… au lieu d’adorer le Tout-Puissant dans lesêtres mêmes de la nature, il ses sont prosternés devant lesfantômes de leur imagination. Nature, LVI, p. 237. Sono altresícitati fatti fisiologici. Ad esempio, il latte sgorga anche se mancal’alunno e simili.

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esistere in forma e con facoltà novissime.De l’Interprétation de la Nature aduna, sul termine, interrogazioni

e interrogazioni122. Materia vivente e materia morta appaiono leprotagoniste della vicissitudine cosmica, forse separate, forse unite,o forse in un continuo scambio:

Les molécules vivantes ne pourraient-elles pas reprendre la vie, aprèsl’avoir perdue, pour la reperdre encore; et ainsi de suite, a l’infini?123

È la grande catena, che riappare come infinito scambio di vita. Magli ulteriori sviluppi di questa cosmologia biologica e psichizzataverranno col Rêve de d’Alembert.

122 Avec avidité Diderot se porte vers les univers inconnus — parexemple celui des métiers; cosí RENÉ POMEAU, Diderot, cit., p.12. È vero. Diderot si sprofonda dove si spegne la sicura abitudine ela ragione dilegua, nello sfuggente blocco della natura; e lo affrontaanche nella tecnica, là dove la grande chaîne continua a stringereanelli e riempie di mistero i laboratori artigiani familiari all’infanziadel figlio del coltellinaio di Langres. CASINI, Diderot «Philosophe»cit., pp. 99-100, osserva che l’universo diderotiano non conosce piúscissione né dialettica fra natura decaduta e natura santificata.Ora la natura si ingrandisce come oggetto fondamentale del sapere,dove si cercherà la misteriosa scaturigine della vita. E il cercare,sarà congetturale, sarà ipotesi che si accende nella tenebra: unmetodo che spegne effettivamente ogni metodo.123 Nature, LVIII, p. 244. Nella medesima Question Diderot toccaun fondo molto metafisico: perché qualcosa esiste? (Ivi, p. 242) esoggiunge: il n’y a que la révélation qui y réponde.ROLAND DERCHE analizza il testo (Études de textes français,Paris, Société d’Edition d’Enseignement Supérieur, 1966 pp. 177-212) e conclude pressappoco che Diderot lascerebbe alla solarivelazione, sia pur mitica e non condivisa, una risposta che lescienze e la filosofia non possono dare. Ma potrebbe anche essereun modo di lasciare fuori della conoscenza rigorosa la questione.

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I l s a p e r e e n c i c l o p e d i c o

52 L’interpretazione della Natura non è un affare privato; lo si èdetto, occorre formare una lega di filosofi per circuire la sua fem-minile sfuggenza124. Ora, i filosofi stessi non sono omogenei;

124 Per l’Encyclopédie sta bene far riferimento solo all’edizioneoriginale; ma con questo non sono risolti i problemi testuali né si ègarantiti senz’altro su ciò che appartiene direttamente a Diderot. Aparte i suoi minuti caratteri, comodo è il reprint disponibileattualmente, ma si vedano le critiche dell’Inventory piú sotto citato.Per le mie citazioni ho finito, tutto sommato, col rimandare ad A.-T., collazionato sempre col facsimile citato. In questo capitoloverranno citati molto due testi: Il Prospectus (1750) uscito prima aparte, poi inglobato con aggiunte e soppressioni da E. I. Si trova inA.-T., XIII. Con Prosp. abbrevio. L’articolo Encyclopédie, sta in E 5,pp. 635 a-648 bis, ed è pure in A.-T., XIV. Abbrevio con Enc. Ora laquestione dell’Encyclopédie sta conoscendo fortuna e rigore, grazieagli studi che ne stemperano il mito. Questi che seguono mi sonostati piú vicini, e fra essi ricorderò subito di PAOLO CASINI, LaFilosofia dell’Encyclopédie, Bari, Laterza, 1966 ed Enciclopedia,Bari, Laterza, 1968. Contengono oltre a valide traduzioni note diinformazione e commento veramente importanti. Ho trovatoopportunissimi e preziosi i contributi di JOHN LOUGH: Essays onthe Encyclopédie of Diderot and d’Alembert, London, OxfordUniversity Press, 1968, nonché quelli di R. M. SCHWAB, W. E.REX, J. LOUGH, Inventory of Diderot’s Encyclopédie, in «Studies onVoltaire and the eighteenth Century», 1971. Per l’Encyclopédie eDiderot: ARTHUR M. WILSON: Diderot, gli anni decisivi (trad.dall’inglese di MARIA LUCIONI), Milano, Feltrinelli, 1971.Monumentale e informatissimo lo studio di JACQUES PROUST,Diderot et l’Encyclopédie, Paris, Colin, 19672. Di questo, molti temisono pure nel succinto saggio dello stesso: L’Encyclopédie, Paris,Colin, 1965. Sul momento aurorale della grande opera, FRANCOVENTURI, Le origini dell’Enciclopedia, Torino, Einaudi, 1963. Uncontributo collettivo ha dato il Centre International de Synthèse:L’«Encyclopédie» et le progrès des sciences et des techniques, Paris,

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esistono i tipi operativi accanto ai tipi spiccatamente teorici, ebisogna sistemare ognuno e ad ognuno dare il posto che va bene perle sue attitudini nella ricerca, al fine di ottenere la massimaefficienza scientifica125. Ecco la Grande Catena impegnata in unarealizzazione dagli aspetti sociologici non meno che speculativi; ilsapere si presenta nella sua miseria storica e intersoggettiva daelevare, connettere; ed incatenare adesso significa non solo pensarela Natura ma anche fare un libro dove si trovi lo stato delle cono-scenze attuali126.

Ma accanto alla figura della catena si ripete quella dell’albero127:una distribuzione della materia secondo diramazioni genetiche eparentali. Ed ancora, compare il rispecchiamento, perché ogni og-getto del sapere rimanda agli altri mediante un inesauribile gioco dirinvii, armonia prestabilita dall’editore. Potremmo nello sfondo deci-frare Spinoza (il concatenamento infinito delle causalità), Bacone(confessato suggeritore dell’albero) e Leibniz (la speculare armonia)a concorrere per una sistemazione generale della scienza?

Soggetto e totalità

53 Ma non è che la Natura si lasci fare, si lasci sistemare tantofacilmente nei preparati scomparti del sapere. Evasivo mare di entiparticolarissimi e sfumature impercepibili, non offre punti di riferi-mento o appigli classificativi di oggetti che prevalgano sugli altri128.

P.U.F., 1952. Da segnalare pure JOSEPH LE GRAS, Diderot etl’Encyclopédie, Paris, Malfère, 1928.125 Nature, pp. 181-182.126 ENCYCLOPEDIE… ce mot signifie enchaînement des sciences,Enc., pp. 414-415, e cfr. la nota all’inizio del Prospectus. Ma in E 5,p. 635 a: Ce mot signifie enchaînement de connoissances.127 Prosp., p. 133.128 La nature ne nous offre que des choses particulières, infiniesen nombre, et sans aucune division fixe et déterminée. Tout s’ysuccède par des nuances insensibles. Et sur cette mer d’objets quinous environnent, s’il en paraît quelques-uns, comme des pointes derochers qui semblent percer la surface et dominer les autres, ils nedoivent cet avantage qu’à des systèmes particuliers, qu’à des

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Per di piú la conoscenza rigorosa — filosofica — cerca permanenzeche la Natura offre e non offre, ambigua com’è fra successione eattualità. Il prima e il dopo non sfuggono al principio di continuità,che li fa svanire l’uno nell’altro; abbiamo un bel moltiplicare le no-stre sezioni istantanee del movimento, non riusciremo assoluta-mente a riprodurre la sua pienezza. Fra movimento e rappresen-tazione c’è incommensurabilità129.

La conoscenza dunque contiene, fra una pittura istantanea e l’al-tra, momenti di tenebra. E a questa imperfezione s’aggiunga l’altra,la sproporzione fra il punto di vista finito, e l’ infinitezza della tota-lità. Un po’ si rimedia mettendo insieme tanti enciclopedisti, sí damoltiplicare le specole, ma il rimedio è insufficiente. È chiaro infattiche se il punto di vista avesse orizzonte infinito, sarebbe unico. Madi fatto, l’orizzonte è ogni volta finito, cosí che sono possibili infinitipunti di vista, e correlativamente infiniti sistemi130.

54 Ma, osservava Diderot, ammettiamo di riuscire veramente a

conventions vagues, et qu’à certains événements étrangers àl’arrangement physique des êtres et aux vraies institutions de laphilosophie. Prosp., p. 133. Enc., p. 451 varia: «et à l’intention de lanature».129 Multipliez tant qu’il vous plaira ces figures, il y aura de l’inter-ruption: l’action est continue, et les figures n’en donneront que desinstants séparés, laissant à la sagacité du spectateur à en remplirles vides. Il y a la même incommensurabilité entre tous lesmouvements physiques et toutes les représentations réellesqu’entre certaines lignes et des suites de nombres. On a beauaugmenter les termes, entre un terme donné et un autre, cestermes restant toujours isolés, ne se touchant point, laissant entrechacun d’eux un intervalle, ils ne peuvent jamais correspondre àcertaines quantités continues. Comment mesurer toute quantitécontinue par une quantité discrète? Pareillement commentreprésenter une action durable par des images d’instants séparés?Enc., p. 434.130 L’univers, soit réel, soit intelligible, a une infinité de points devue, sous lesquels il peut être représenté, et le nombre dessystèmes possibles de la connaissance humaine est aussi grandque celui de ces points de vue. Enc., p. 451.

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mettere in un libro — un’enciclopedia perfettissima — ladescrizione esauriente della natura. In questo caso, non avremmodi che rallegrarci, dato che un libro del genere presenterebbe lestesse difficoltà, a leggerlo, dell’universo di cui riferisce131.Basterebbe, di fronte al grande libro, un attimo di impazienza, unpiccolo anticipo della curiosità, e la catena sarebbeirrimediabilmente interrotta. Bisogna quindi limitare le proprieambizioni, non pretendere a tutto, e contentarsi di avere aperto nelfittissimo folto delle determinazioni naturali un tragitto abbastanzaspazioso e ben distribuito, con le sue trasversali che portino aglioggetti solitari e isolati: ancora la figura dell’albero, che adesso sidisegna in cavo sulla totalità per consentire rapidi slanci, allafilosofia e alla scienza132, opera finita dell’intelletto133.

Mobilità del sapere

55 Ce n’è quanto basta per comprendere che il sapere non èprecostituito, ma si muove, avanza134, ripetendo in sé lasuccessione della totalità naturale. Il suo movimento non è peròsfumato e gradualissimo come quello della Natura, invece èinterrotto e violentemente sospinto a tratti da rivoluzioni piccole egrandi, sempre necessarie135.

Mobile dunque il sapere, e bisogna tagliarvi una sezione sincronicanel XVIII Secolo, cercando anzi di sfalsarla in avanti con qualche

131 Enc., p. 452. Giusta osservazione, e viene in mente il futuroLivre di Mallarmé, seducente e sfuggente lettura dell’infinito.132 Philosophie ou …science (car ces mots sont synonimes). Prosp.,p. 148.133 Une science est un ouvrage fini de l’entendement humain.Enc., p. 457.134 Marche de l’esprit humain, Enc., p. 428 …la philosophies’avance à grands pas, Enc., p. 424.135 Les révolutions sont nécessaires; il y en a toujours eu, et il enaura toujours. Enc., p. 427 …une infinité de révolutions légères.Enc., p. 431 …révolutions, qui ne sont guère moins rapides dans lessciences, et surtout dans les arts, que dans la langue. Enc., p. 423.

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fortuna profetica, perché il momento precipita e mentre l’opera sicompie la generazione presente si estingue:coloro che se neavvarranno saranno fatalmente posteri. D’altra parte, l’interventoscientifico agisce alterandolo sul proprio orizzonte d’oggetti, poichéesso medesimo pone nuovi fatti: i limiti della conoscenza nerisultano a vicenda allargati o contratti, e la lingua senza sostaviene modificata cambiando le accezioni e accogliendo nuovitermini. Implica tutto questo una sfiducia nella verità? Per nulla: lafede non manca, la fede che esista una garanzia data dalla Naturae che la ragione autentica col suo progresso abbatta inganni ederrori, e acquisti nuovamente ciò che adesso è rovesciato.

56 È però una fede non ignara di gravi difficoltà, perché (lo ram-mentiamo ancora) la Natura non se ne rimane tranquilla a farsi in-tendere, ma si manifesta in un modo cosí imprevedibile che lo de-nominiamo casualità, si manifesta per sua grazia136. Ciò non vuoldire che la Natura sia priva di senso, ma che il suo indipendente ri-velarsi supera molto spesso le nostre possibilità di previsione ecomprensione. Dopo, si prende la rincorsa e si cerca di mettere or-dine nella novità… se ci si riesce. Perché la stessa imprevedibilitàminaccia anche la nostra buona voglia. Non solo la umanità è nati-vamente limitata; ma è anche presa nelle circostanze. Abbiamouna certa dose di energia fisica e mentale, temporalmenteconfinata. E dobbiamo ripartirla fra lavoro e riposo e bisogni epassioni; esisterà un bilancio fra le circostanze favorevoli allaricerca e quelle sfavorevoli, e dipenderà dal risultato l’avanzamentodella ricerca137. Cosí, per somma di conquiste fortunate e

136 Communément le hasard suggère les premières tentatives.Enc., p. 492. Cfr. pure l’articolo ART, e specialmente: Nous devonsau hasard un grand nombre de connaissances; il nous en a présentéde fort importantes que nous ne cherchions pas: est-il à présumerque nous ne trouverons rien, quand nous ajouterons nos efforts àson caprice? A.-T. XlII, p. 364.137 L’espèce est bornée dans ses efforts… Toutes les fois que cequ’il y a de négatif dans ces quantités formera la plus petite sommepossible, ou que ce qu’il y a de positif formera la somme possible laplus grande, un homme appliqué solitairement à quelque branchede la science humaine la portera aussi loin qu’elle peut être portée

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successive, col tenace sforza che vi collabora di tanti ricercatori,avanza «la marche de l’esprit humain».

Il sistema dei riflessi

57 Mobile, inferiore al suo infinito oggetto, il sapere viene aformare un sistema coordinato di bagliori sul mare della Natura; lasua coerenza ripete la catena dell’essere. Tutto, nel sistema delsapere, specie se istituito enciclopedicamente, si corrisponde. Ilcorrispondersi, costituisce la sua trasparenza, la sua luminositàconoscitiva.

Egualmente succede nella cultura. È come — dice Diderot — seuna luce generale piova sui diversi specialisti: il letterato riceveràqualche riflesso di quel che s’agita negli ambienti musicali, il pittoredegli eventi letterari138. E ciò verrà a formare il tono unitario d’unaciviltà. Nelle idee, nei segni una nativa reciproca relazione si ac-cende e si trasmette, si riflette come un vivo lume. Chi possieda lasintassi e i significati di quel gioco di specchi, non troverà mai nullad’oscuro nel pensiero e neppure nelle parole139.

Dal punto di vista redazionale, il lampeggiare dei riflessi si traducenell’adozione di numerosi e frequenti rimandi (renvois) i quali salvinol’unità del contenuto nonostante l’estrinseca disposizione alfabetica

par les efforts d’un individu. Enc., p. 427.138 Les musiciens, les peintres, les architectes, les philosophes,etc., ne peuvent avoir de contestations, sans que l’homme de lettresen soit instruit: et réciproquement, il ne s’agitera, dans lalittérature, aucune question, qu’il n’en paraisse des vestiges dansceux qui écriront, ou de la musique, ou de la peinture, ou del’architecture, ou de la philosophie. Ce sont comme les reflets d’unlumière générale, qui tombe sur les artistes et les lettrés, et dont ilsconservent une lueur. Enc., p. 432.139 Il y a dans les idées, et par conséquent dans les signes… uneliaison si étroite, une telle correspondance; il part de chacun d’euxune lumière qu’ils se réfléchissent si vivement, que quand onpossède la syntaxe, et que l’interprétation fidèle de tous les autressignes est donnée… il est impossible qu’on ne parvienne pas àdéterminer l’idée exceptée ou le signe inconnu. Enc., pp. 438-439.

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delle voci. Gli importantissimi renvois140 sono trattati da Diderotcon insistenza: è che gli sono molto utili, non solo per evitateripetizioni e per connettere tutta la materia, ma anche per malignitiri polemici141.

58 Ma a parte l’utilità editoriale e letteraria, il renvoi è un modod’allacciare i fenomeni simile alle congetture dell’Interprétation; e diescludere, sempre congetturalmente, l’eventualità di fenomeni soli-tari142. I renvois avvolgono l’albero delle scienze, e gli impartisconouna connessione in piú sulle sue ramificazioni; sono come una ra-gnatela143 che avvolge le conoscenze, un sistema superiore di veri-fica che consente di lanciarsi di qua, di là, a controllare che nullamanchi, nessun rametto sia stato dimenticato.

Ciò mi pare chiarisca il senso del metodo dei rimandi, special-mente connettendolo al seguente passaggio:

Il faut considérer un dictionnaire universel des sciences et des artscomme une campagne immense couverte de montagnes, de plaines, derochers d’eaux, de forêts, d’animaux, et de tous les objets qui font lavariété d’un grand paysage. La lumière du ciel les éclaire tous; mais ilsen sont tous frappés diversement. Les uns s’avancent par leur natureet leur exposition jusque sur le devant de la scène, d’autres sontdistribués sur une infinité de plans intermédiaires; il y en a qui seperdent dans le lointain; tous se font valoir réciproquement.144

Il paesaggio145 che vien presentato differisce molto dal mare infi-

140 …renvois, partie de l’ordre encyclopédique la plus importante.Enc., p. 462.141 …renverser l’édifice de fange, dissiper un vain amas depoussière, en renvoyant aux articles où des principes solidesservent de base aux vérités opposées. Enc., p. 463.142 Un fenomeno solitario sarebbe per esempio l’anello di Saturno.Con un renvoi congetturale si potrebbe assimilarlo a una schiera diveloci satelliti. Enc., p. 464.143 Precisamente: «un grand nombre de fils», Enc., p. 470.144 Enc, p. 495.145 A questo proposito il DIECKMANN (Cinq leçons, cit., p. 46)nota un significativo alterarsi dell’ordine enciclopedico. NelProspectus si trova l’albero genealogico «baconiano»; in Encyclopédiesopravviene una doppia immagine: a) la carta geografica (l’ordre

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nitamente eterogeneo della natura. Vi compaiono forme ben stac-

encyclopédique général sera comme une mappemonde…) con le sueregioni e province e la topografia generale e ragionata di tutto ciòche conosciamo. I rimandi saranno, nella grande mappa, itinerarifra il visibile passato e l’intelligibile futuro. (Enc., p. 457). b) Ilpaesaggio, qui su descritto in citazione. Il paesaggio anima l’ordineenciclopedico, gli dà profondità e risalto, è pieno di luce (aggiungiamonoi, è costruito nella luce della ragione). Diderot ricorre al paragonearchitettonico e urbanistico: «il en est de la formation d’uneEncyclopédie ainsi que de la fondation d’une grande ville…» (Enc., p.458). E in effetti, leggendo la descrizione del paesaggioenciclopedico, si ha l’impressione di un parco, i cui effetti rusticisono scenograficamente calcolati. Inseguendo di queste non inutilianalogie, viene in mente un suggestivo passo del Lovejoy:«Landscape-gardening, for example, seems a topic fairly remotefrom philosophy; yet at one point, at least, the history oflandscape-gardening becomes a part on any truly philosophicalhistory of modern thought. The vogue of the so-called “Englishgarden” which spread so rapidly in France and Germany after1730, was, as. M. Mornet and others have shown, the thin end ofthe wedge of Romanticism, or of one kind of Romanticism. Thatvogue itself — partly, no doubt, the expression of a naturalrevulsion of taste from an over-dose of the formal gardening of theseventeenth century — was partly also an incident of the generalcraze for English fashions of all kinds, which Voltaire, Prévost,Diderot, and the Huguenot journalistes in Holland had introduced.But this change of taste in gardening was to be the beginning and— I do not assuredly, say, the cause, but the foreshadowing, andone of the joint causes — of a change of taste in all arts and, indeed,of a change of taste in universes. In one of its aspects that many-sided thing called Romanticism may not inaccurately be describedas a conviction that the world is an englischer Garten on a grandscale». (The great chain of Being, cit., pp. 15-16). Per Diderot,l’anglofilo, il «giardino all’inglese» enciclopedico riguarda però non ilmondo, bensí la conoscenza. Verrà il momento che quel paesaggioverrà, romanticamente, sollevato nella luce della ragione, e laNatura sarà Idea…

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cate, nella prospettiva, delimitate dalla luce in cui esse «se font va-loir réciproquement», intrattengono dei rapporti.

Il contenuto del paesaggio enciclopedico non è il contenuto dellanatura. Il primo è costituito da «scienze ed arti», da idee. Il secondo,da fatti. Che cosa trasforma in armonioso paesaggio l’infido mare?La luce. Questa luce a sua volta non è i contenuti di conoscenza,ma scendendo su di essi, rende possibili i loro riflessi vividi ereciproci. È la luce trascendentale della conoscenza, che precede icontenuti e li accoglie in sé dando loro valore con lo stimolarne emetterne in chiaro i rapporti. Un momento della conoscenza, si puòdire, oltre la conoscenza: pura attività pronta a unificareordinatamente distinguendo.

Ordine ontologico, ordine epistemologico?

59 L’ordine, che Diderot impone nella grande opera, consistedunque e innanzitutto in questo attivo e illuminante intervento.Come poi i materiali abbiano da essere disposti, non è importan-tissimo, purché un metodo esista. C’è dell’arbitrario inevitabile insimili scelte, e ognuno potrebbe offrire un suo sistema enciclo-pedico.

Principalmente, e fatto il preavviso di arbitrarietà, si potrebbe aogni modo scegliere una classificazione ontologica, per oggetti, op-pure una epistemologica, per facoltà conoscitive146. Il rispetto per ilCancelliere Bacone147 e il possesso di un semplice schema della co-

146 Cet arbre de la connaissance humaine pouvait être formé deplusieurs manières, soit en rapportant aux diverses facultés denotre âme nos différentes connaissances, soit en les rapportantaux êtres qu’elles ont pour objet. Prosp., p. 133.147 Accentuato il baconismo diderotiano da FRANCO VENTURI(Le origini dell’Enciclopedia, cit.):«Come già era avvenuto per Shaftesbury, Diderot sembrava alloraidentificarsi col suo modello filosofico: viveva con Bacone, non sol-tanto con le sue idee sulla scienza, ma con tutto l’atteggiamentomentale di quest’ultimo. Poté parere allora un Bacone delSettecento» (o.c., p. 109). Meno accentuato da PAOLO CASINI,Diderot «Philosophe», cit., pp. 187-194 e 212-224) che indica

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noscenza, inducono Diderot a preferire in linea di principio il sistemaepistemologico. Lo schema, si descrive facilmente: gli oggetti fisiciinfluiscono sui sensi con impressioni. A loro volta esse si qualificanoconoscitivamente «eccitando» percezioni nell’intelletto. Quest’ultimosi occupa delle percezioni mediante tre facoltà fondamentali:memoria, ragione, immaginazione.

È cosí facile distinguere tre modi di conoscenza:Storia: l’intelletto con la memoria enumera e allinea le sue perce-

zioni.Filosofia: l’intelletto esamina le percezioni, le paragona e le

medita con la ragione.Poesia: imita le percezioni e le riproduce con l’immaginazione.

60 Bisogna riconoscere che stando qui solo148, la partizionerisulterebbe estremamente debole. Le facoltà e i tre modi cono-scitivi, con le loro minuziose branche, perché? E la deduzioneprimaria dalle facoltà non è cosí semplicemente accettabile149. C’è,piuttosto, una giustificazione non soltanto epistemologica, la qualeconsiste nel porre l’umanità a luogo privilegiato in cui la Natura sisvela a sé stessa. Diderot lo afferma chiaramente, in un lungopassaggio: se si bandisce l’uomo, pensante e contemplatore, dalmondo, la Natura non è piú spettacolo, decade in una vasta solitu-dine ove i fenomeni avvengono oscuramente, sordamente, e nonsono piú in senso proprio fenomeni. La presenza dell’uomo rendeinteressanti gli enti, dal punto-uomo si possono tirare le lineeimmense che è proposito enciclopedico lanciare a tutti gli altripunti. Ecco perché, conclude Diderot, abbiamo scelto nelle facoltà

l’originalità di Diderot non solo nell’importanza dell’ipotesi, qualeappare in De l’Interprétation de la Nature, ma anche nelle scelteenciclopediche. Sull’argomento, uno studio comprensivo delle varieopinioni è quello di LILO K. LUXEMBOURG: Francis Bacon andDenis Diderot: Philosophers of Science, Copenhagen, Munksgaard,1967.148 Di qui inizia l’Explication détaillée du Système desconnaissances humaines, cfr. Prosp., pp. 145 e segg., della quale è dafar grazia.149 Mémoire, d’où histoire (Prosp., p. 145). È quel d’où, ainquietare, supponendo un’implicazione che non è affatto tale.

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conoscitive la partizione per gli argomenti enciclopedici150.61 Ma l’ordine epistemologico esaurisce nel fatto l’ordine dell’Enci-

clopedia? Non proprio fanatico per un metodo o l’altro, Diderot av-verte la pressione del programma partitivo per oggetti già mentreenuncia il programma per facoltà. La memoria, per esempio, sa-rebbe una facoltà fondamentale, e tuttavia se dalla memoria pro-viene la storia, la storia si caratterizza anche per i suoi oggetti: ifatti151. E se veniamo alla storia naturale, la troviamo distribuitadalle differenze tra i fatti e gli stati di fatto:

La distribution de l’HISTOIRE NATURELLE est donnée par ladifférence des faits de la nature, et la différence des faits de la nature,par la différence des états de la nature.152

Sono dunque le differenze fra gli oggetti della scienza, che lascienza qualificano e ripartiscono. La fisica si distingue dalla ma-tematica perché concerne talune proprietà dei corpi (colore, impe-netrabilità etc.), mentre la seconda concerne altre proprietà (laquantità). E la matematica si differenzia dalle altre scienze per ilparticolare statuto ontico dei suoi oggetti (sono oggetti puramenteintellettuali)153.

Nell’articolo Encyclopédie l’ordinamento per oggetti emerge singo-larmente. Bisogna, Diderot enuncia, lasciare ogni scienza allo spe-cifico posto e nei limiti che ad essa prescrive il suo oggetto. Le cosehanno dei principi originari e generali, e il loro entrare nella cono-scenza è stimolo ad approfondirne le ragioni, a distinguerne la vi-sione vera da quella falsa154.

150 Enc., p. 453.151 L’Histoire est des faits. Prosp., p. 145.152 Prosp., p. 146.153 Prosp., pp. 152 e 154.154 Enc., p. 461: Il est donc de la dernière importance de bien expo-ser la métaphysique des choses, ou leurs raisons premières et géné-rales… il faut donc s’attacher à donner les raisons des choses,quand il y en a; à assigner les causes, quand on les connaît… àdistinguer le vrai du faux. Si deve aggiungere a queste note che perquanto riguarda il dettaglio (fa notare l’Inventory cit.): «In thedesignation of categories to which articles were said to belong…

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Cosí il programma epistemologico bandito all’insegna del verbo diBacone sfuma nel riconoscimento d’una loro ontologica solidità, in-fluente sul sistema del sapere, agli oggetti della scienza.

La società enciclopedica

62 Gli oggetti della scienza sono i fatti, ma non immediati, bensígià elaborati e interpretati da piú d’un osservatore. La scienzariflette su riflessioni già fatte155. Perciò essa è necessariamenteintersoggettiva. E l’Enciclopedia, che ripete e ordina la strutturadella scienza, dovrà tradurre questa necessità nella coordinazione dicontributi parcellari, ripartendo le competenze e dividendo illavoro156.

Del resto l’immensa opera non la realizzerebbe né uno solo, né al-cuna delle varie Accademie specializzate in belle lettere o arti o teo-logia.

Per guadagnare tempo, superare in velocità la senescenza dellecognizioni, occorre altro che l’impresa isolata o la rigidità delle isti-tuzioni, si deve formare una società estremamente libera, senzastatuti e senza assemblee, e specialmente al sicuro dall’interventostatale. Se il governo s’immischierà nell’Enciclopedia, essa non po-trà esser fatta, perché mortali sono le lungaggini, le ubbie e le con-traddizioni burocratiche. L’Enciclopedia è dunque essenzialmenteimpresa privata e libera, aggiungiamo anche liberante: tutto verràsmosso senza riguardi da lei, le vecchie puerilità saranno messesotto i piedi. Si sprigiona senza ostacoli la luce storica della cono-scenza, promossa dall’éditeur, guida non repressiva della societàenciclopedica.

editorial chaos prevails in the Encyclopédie» (Studies on Voltaire,LXXX, p. 24).155 Enc., p. 429.156 Nous avons distribué à chacun la partie qui lui convenait…personne s’est avancé sur le terrain d’autrui. Prosp., p. 135. E perla tesi, sostenuta oggi dalla piú avanzata epistemologia, chel’oggettività della scienza consista nella sua intersoggettività, cfr.l’importante EVANDRO AGAZZI, Temi e Problemi di Filosofiadella Fisica, Manfredi, Milano, 1969.

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La rigorizzazione linguistica

63 L’intersoggettività della scienza implica la richiesta d’un lin-guaggio, e neppure di un linguaggio qualsiasi, ma di uno rigoroso eprivo d’equivocità. La società enciclopedica ha fra i suoi compitiquello di funzionare come società linguistica per rendere il piú pos-sibile chiaro, definitorio e univoco il linguaggio comune. Si badi, laproposta non è di qualcosa come un linguaggio artificiale simile al-l’algoritmo della logica matematica, bensí di rimettere a punto lacondizione vaga in cui si agita il dire quotidiano, quel dir le cose inmaniera ostensiva, e non con la chiara coscienza del loro significatoessenziale157.

Vediamo un oggetto e diciamo «è di lusso», ma cosa è mai il «lusso»che attribuiamo cosí infallibilmente a tanti oggetti? Perciò, bisognamettersi al lavoro, e definire tutto il definibile158. E ci sono pure deibuoni motivi attuali per farlo. La lingua accompagna la vicendadell’umanità, dal penoso disordine dei bisogni all’armonia della piúraffinata eloquenza159. Ma, in questo momento in particolare, comesi è nel pieno della crisi scientifica, si è pure in crisi linguistica. Lafilosofia avanza, le scienze dilagano, sorgono termini inauditi; donnee bambini, oggi, usano correntemente parole come «un accord… unehypothénuse… un telescope». E non ci si illuda, prima di fare l’enci-clopedia occorre averne le voci, e cioè fare un vocabolario: rigoriz-zare il linguaggio160. Non si è ancora abbastanza compreso,

157 Ne sommes-nous pas tous plus ou moins dans le cas mêmedes enfants, qui appliquent, avec une extrême précision, une infinitéde termes à la place desquels il leur serait absolument impossiblede substituer la vraie collection de qualités ou d’idées qu’ilsreprésentent? …nous sommes sans cesse dans l’occasion deprononcer qu’une chose est telle, presque jamais dans la nécessitéde déterminer ce que c’est qu’être tel. Enc., p. 416.158 Il faut définir tous les termes, excepté les radicaux. Ivi.159 Notre langue… a dû, comme toutes les autres, sa formation aubesoin et ses richesses à l’essor de l’imagination, aux entraves de lapoésie, et au nombre et à l’harmonie de la prose oratoire. Enc., p.426.160 Un vocabulaire universel est un ouvrage dans lequel on se pro-

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secondo Diderot «combien une langue est une image rigoureuse etfidèle de l’exercice de la raison»161. L’uso linguistico rispecchiaesattamente la situazione storica della conoscenza162, con le sueimperfezioni e le sue conquiste. Al trionfo della ragione liberatacorrisponderà una lingua assolutamente definita e priva d’oscurità.

64 Le prospettive per conseguire un tale doppio trionfo sono, inbreve, le seguenti:

Alle spalle dell’espressione comune ne è una originaria, intimis-sima all’immediatezza della conoscenza sensibile. Essa è «natural-mente» estetica e pittografica, e se rimane cosí non ha alcuna atti-tudine alla comunicazione scientifica. Proprio per la sua precisione,perché esibisce gli esatti ritratti degli oggetti, essa è povera, deter-minata nell’istante invalicabile.

I nessi logici non li può esprimere163, il movimento non lo può rap-presentare; se si vuol svincolare il linguaggio dall’immediatezza edall’istante, bisogna introdurvi termini vuoti, atti a significare tuttoo nulla, convenzionali. Tali sono i segni fonetici, adottati per istitu-zione.164

Ma anche prima dell’istituzione, della convenzione, il linguaggio hain sé di che offrire un ancoraggio invariante e sicuro ai significati: iradicali. Essi corrispondono a nozioni prime (siano esse idee generalio sensazioni semplici), ed un programma di rigorizzazione

pose de fixer la signification des termes d’une langue, en définissantceux qui peuvent être définis, par une énumération courte, exacte,claire et précise, ou des qualités ou des idées qu’on y attache. Enc.,p. 416.161 Enc., p., 437.162 La langue d’un peuple donne son vocabulaire, et le vocabulaireest une table assez fidèle de toutes le connaissances de ce peuple:sur la seule comparaison du vocabulaire d’une nation en différentstemps, on se formerait une idée de ses progrès». Enc., p. 430.163 La peinture n’atteint point aux opérations de l’esprit, l’on nedistinguerait point, entre des objets sensibles distribués sur unetoile comme il seraient énoncés dans un discours, les liaisons quiforment le jugement et le syllogisme. Enc., p. 433.164 Les caractères de l’écriture s’étendent à tout, mais ils sontd’institution; ils ne signifient rien par eux-mêmes. Enc., p. 434.

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linguistica si preoccuperà di censirli; preferibilmente avvalendosidel vocabolario o di una lingua morta e quindi ormai del tutto sta-bile, come il latino o il greco. È chiaro che il problema di definire iradicali c’è sempre, ma almeno si sarà ottenuto un substrato fissoe ben determinato per il linguaggio della scienza, e anche un riferi-mento sicuro per qualsiasi altro linguaggio: se uno vuol studiarebene l’inglese, lo studierà (come Diderot medesimo asserisce di averfatto) su un dizionario inglese-latino.

65 Altra rigorizzazione si otterrà stabilizzando la pronuncia,proposito il cui significato teoretico sta nel rimando allapermanenza. In via generale, cioè, le cose sfuggenti e di puraconvenzione hanno bisogno di appoggiarsi a permanenze165: nelcaso della parola, i permanenti sono gli organi fonatori, e ognifonema andrà scientificamente descritto nell’ambito del movimentofonatorio. Ma Diderot non intende con questo — dopo aver tantoinsistito sulle infinite differenze nella natura e sulla temporalitàdella nostra comprensione — attribuire un qualche positivistaprivilegio alla base fisiologica. Anzi, alla costanza attribuita agliorgani fonatori aggiunge un significativo à peu près. Dare regole perla pronuncia basta molto limitatamente a stabilizzare la pronunciamedesima, le regole sono qualcosa d’ideale, anzi d’irreale: ogniorgano, ogni voce, partecipano dell’irripetibilità propria degli enti dinatura.

66 Perciò, nei limiti del possibile, si cercherà di ottenere quantosegue:

a) L’alfabeto ragionato, accompagnato dall’esposizione rigorosadei movimenti dell’organo.

b) Il lessico, espresso in alfabeto sia usuale che ragionato, conl’accompagnamento latino e greco.

c) La grammatica generale ragionata166.Ammesso che tutto questo venga conseguito, c’è simultanea-

165 Nous n’avons qu’un moyen de fixer les choses fugitives et depure convention: c’est de les rapporter à des êtres constants. Enc.,p. 440.166 Grammaire générale raisonnée. E ancora: sans cettegrammaire, un dictionnaire de langue manque de fondement. Enc.,p. 446.

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mente una perdita, la perdita dell’originaria efficacia pittografica,cui ambisce la poesia. Se la letteratura scientifica è a disagio ri-spetto al parlare corrente, non lo è meno la letteratura poetica167:sono due disagi opposti e lontani, fra i quali si apre una distanzacome dal primitivo al civilizzato, dal singolare all’intersoggettivoistituito168.

E m b l e m a e b e l l o

Lo stimolo di Batteux

67 L’abate aveva (1748) dato alle stampe un trattato sull’inver-sione nella frase francese e latina169, movendo dalla domanda ini-

167 Mais toute langue en général étant pauvre de mots proprespour les écrivains qui ont l’imagination vive, ils sont dans le mêmecas des étrangers qui ont beaucoup d’esprit; les situations qu’ilsinventent, les nuances délicates qu’ils aperçoivent dans lescaractères, la naïveté des peintures qu’ils ont à faire, les écartent àtout moment dies façons de parler ordinaires… Aveug., p. 111.168 Sull’enciclopedismo e l’enciclopedia, notevoli le pagine diGILBERT SIMONDON, Du mode d’existence des objets techniques,Paris, Aubier, 1958. L’abile interprete dell’essenza dell’oggettotecnico parla dell’Encyclopédie come d’un riscatto dall’oscurasubcoscienza tecnologica, d’un abbattimento delle chiusurecorporative nella luce intersoggettiva della ragione adulta. Daquesto punto di vista (e giustamente) l’enciclopedismo è proprio ilcontrario della ricerca demonica o sognante, e comunque privata,cui Diderot tiene tanto in De l’Interprétation de la Nature.169 CHARLES BATTEUX: Lettres sur la phrase françoisecomparée avec la phrase latine, à M. Olivet. E il tomo II del Cours deBelles Lettres, Paris, 1748. Abbrevio in BATTEUX 1. Dello stessoutilizzo pure: Les Beaux Arts réduits à un même principe, Paris,1747, abbreviando in BATTEUX 2. Poiché questo capitolo avrà ache fare con temi d’estetica, rammento che ad inquadramentogenerale ho tenuti gli importanti lavori di E. Oberti, per esempio

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ziale: «Si c’est dans le François, ou dans le Latin, que se trouve l’In-version»170. Per rispondere correttamente bisognava fare un po’ difilosofia del linguaggio, e vedere se ci fosse uno standard rispetto alquale si possa o no parlare d’inversione171.

Batteux distingue nella comunicazione linguistica la sequenzacose-pensieri-espressioni. L’ordine delle cose determina quello deipensieri, e l’ordine dei pensieri quello delle espressioni. Non vi saràinversione se l’ordine delle espressioni decalca l’ordine dei terminiprecedenti172.

L’ordine delle cose può essere:

Estetica, Milano, Marzorati, 1962.170 BATTEUX 1, p. 2.171 Riferimento speciale in questo capitolo, oltre che alla citataLettre sur les sourds et muets, all’articolo enciclopedico sul Beaucomparso nel secondo tomo dell’Encyclopédie. Lo citiamo nellapaginazione di OE, abbreviando in Beau. Qualche contributo piúvicino all’elaborazione di questo studio. Per l’ambientazionegenerale: VITTORIO ENZO ALFIERI, L’Estetica dall’Illuminismoal Romanticismo fuori d’Italia, in «Momenti e problemi di storiadell’Estetica», Milano, Marzorati, 1959. Specificamente perl’estetica diderotiana: YVON BELAVAL, L’Esthétique sansparadoxe de Diderot, cit.; MICHAEL T. CARTWRIGHT, Diderotcritique d’art et le problème de l’espression, in «Diderot Studies», XII,Genève, Droz, 1969. Ancora, la parte intitolata Questionsd’Esthétique in HERBERT DIECKMANN, Cinq leçons sur Diderot,cit., ed i passaggi su Diderot in Aesthetic Theory and criticism di E.C. MOSSNER (sta in MOLLENAUER, ed., Introduction toModernity, cit.). Cfr. ancora DAVID FUNT, Diderot and theAesthetics of the Enlightenment in «Diderot Studies» XI; HANSMØLBIERG, Aspects de l’esthétique de Diderot, København,Schultz, 1964; MARIE-LUISE ROY, Die Poetik Denis Diderots,München, Fink, 1966.172 S’il y a plusieurs choses qui se suivent & qu’elles soient autre-ment arrangées dans la pensée qu’elles ne le sont en elles-mêmes, ily a inversion ou renversement dans la pensée. Et si dansl’expression, il y a encore un autre arrangement que dans la pensée,il y aura encore renversement. BATTEUX 1, p. 13.

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a) moral ou pratique: fondato sull’interesse della persona cheparla. Tiene il posto principale la cosa che importa di piú. In«Serpentem fuge», «serpente» si trova al primo posto secondo l’or-dine pratico, perché appunto è la prima cosa che colpisce, primaancora che venga l’idea di fuggire.

b) spéculatif ou métaphysique: regna fra due oggetti il cui rap-porto è considerato speculativamente, come soggetto e attributo: «ilsole è rotondo»; detto anche se voglio far sapere non che il sole esi-ste, ma che esiste come rotondo, se la rotondità è quel che piú im-porta.

68 L’ordine pratico è per natura (ordre naturel), l’ordine specu-lativo è quello invertito. I latini seguivano l’ordine pratico, e noninvertivano173. I francesi, con la loro eterna costruzione soggettopredicato complemento, spesso invertono, poiché non rispettanol’ordine pratico. A ciò, il francese è obbligato da una necessità dichiarezza, perché manca della flessione, che corregge gli equivociderivanti dalla scatenata immediatezza dell’ordine naturale. Con lasua costruzione sicura e invariabile, il francese è meno vivace dellatino, ma piú preciso.

Comunque sia, l’ordine speculativo è diventato abituale del fran-cese. Abituale, ma non obbligatorio, perché il francese a sua voltacontiene inversioni rispetto al suo ordine abituale (che poi, non sonoinversioni rispetto all’ordre naturel). E ciò, per motivi di armonia, dieloquenza, d’energia espressiva. Ora, si è creduto che il verso fran-cese debba la sua poeticità proprio all’uso di inversioni rispetto al-l’ordine abituale, al suo scarto dalla norma linguistica comune. Bat-teux lo nega, con vari argomenti che convergono al richiamo dellasua concezione della poesia: imitazione, in discorso misurato, dellabella natura 174.

69 Fino a imitazione della natura, c’è almeno la tradizione a fareaccettare, ma «bella natura»? Il Batteux un po’ esita in circoli defini-

173 Solo per motivi d’armonia gli capitava di invertire, altrimenti«leur Langue plus flexible apparemment que la nôtre, prenoit toutesles formes de leurs idées, & les représentoit sans nul changement,presque comme dans un miroir. BATTEUX 1, pp. 31-32.174 La Poësie est l’imitation de la belle nature exprimée par le dis-cours mesuré. BATTEUX 1, p. 113.

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tori, parla di natura scelta, natura abbellita, poi si impegna di piú.La natura imitata dalla poesia è oltre la natura, è ciò che esce dalleleggi ordinarie e s’avvicina al meraviglioso175. La poesia vuole es-sere naturale, ma «d’une manière infiniment supérieure à la na-ture»176.

Due lettres del Batteux, trattano, inoltre, della traduzione, come diqualcosa di possibile e di cui si danno anche regole.

Questo giro d’idee va tenuto presente nella lettura della follementedivagante Lettre sur les Sourds et Muets. Batteux fa alterna-tivamente da testa di turco (palese) e stimolante intellettuale (na-scosto). I temi linguistici ed estetici affiorano dalla scherma con l’in-felice abate, costituendo un testo eminentemente letterario: Diderotne aveva abbastanza di fastidi con le autorità, e per questa voltalasciava la teologia in pace.

Linguaggio gestuale

70 Dopo alcuni passaggi di conformismo empirista177 Diderot af-ferma risoluto le sue convinzioni sull’origine del linguaggio: essa èostensiva e gestuale.

Espressivamente, la forza del gesto è grande; ve ne sono di quelli,come il lavarsi le mani in Lady Macbeth, che superano in efficaciaqualsiasi eloquenza verbalizzata178. Ed hanno le proprietà della pit-

175 BATTEUX 1, p. 118.176 BATTEUX 1, p. 116.177 Viene prima un disegno del processo conoscitivo:immediatezza sensibile — distinzione di proprietà sensibili —astrazione di proprietà comuni, colore, figura, etc. Gli aggettiviesprimono le qualità sensibili e i sostantivi le proprietà comuni.Seguire l’ordine della conoscenza implicherebbe dunque che primavenga l’aggettivo, poi il sostantivo. Tuttavia, il linguaggio dellascienza mette prima il sostantivo, e questo per colpa dei filosofi, iquali hanno considerato i sostantivi come relativi a qualcosa direale. Filosofi di tradizione peripatetica, s’intende. Da questo puntodi vista, il linguaggio scientifico — che ha la costruzione tipica delfrancese — inverte, è innaturale.178 …il y a des gestes sublimes que toute l’éloquence oratoire ne

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tura, non diluiscono discorsivamente la violenza immediata dell’i-stante, sono intimi all’imminenza del presente naturale, ancoraprelogico, senza tempo. Ma, per saggiare il contenuto dell’ipotesi,occorre un modello attuale di linguaggio per gesti, nonché dellamaniera di pensare che vi si collega, e Diderot l’indica nellacondizione dei sordomuti. Naturalmente, sordomuti ben scelti, cioènati, affinché non subiscano alcuna influenza dall’espressione vi-gente; ed anche la maniera di studiarli sarà cauta, per non alterarela loro spontaneità. Ma sono questioni di tecnica sperimentale.Strano parrà che ci rivolga, in questioni di linguistica, a persone me-nomate in maniera cosí grave; ma si ponga mente, osserva Diderot,a questo: il sordomuto nato non ha alcun presupposto o pregiudiziosulla maniera di comunicare, e se usa inversioni le usa per naturadato che non le ha potute ricevere da alcun uso linguistico, e ciò so-miglia moltissimo al livello zero dell’umanità179.

71 Il linguaggio dei sordomuti non ha tempo, non ha astrazione. Si

rendra jamais. Sourds, p. 47 …représentations dont l’énergie du lan-gage oral n’approche pas. Sourds, p. 48. Fa notare molto giusta-mente il Cartwright che «Ce “langage”, c’est le geste, mais c’estaussi le geste né de circonstances extraordinaires… le langage desgestes n’est pas celui de tous le jours» (Diderot critique, cit., pp. 82-83). È gestualità artificiosa, sí che Diderot ipotizza un linguaggiogestuale originario a partire da una situazione altamentecivilizzata ed elaborata. Bene prosegue Cartwright osservando cheil linguaggio gestuale di Diderot è carico esteticamente, e faemergere il problema dell’espressione.179 Il vous paroîtra singulier, sans doute, qu’on vous renvoie àcelui que la nature a privé de la faculté d’entendre & de parler, pouren obtenir les véritables notions de la formation du langage. Maisconsidérez… qu’un sourd & muet de naissance est sans préjugé surla maniere de communiquer la pensée; que les inversions n’ont pointpassé d’une autre langue dans la sienne; que s’il en employe, c’est lanature seule qui les lui suggere, & qu’il est une image très-approchée de ces hommes fictifs, qui, n’ayant aucun signed’institution, peu de perceptions, presque point de mémoire,pourroient passer aisément pour des animaux à deux pieds ou àquatre. Sourds, p. 47.

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riferisce sempre alla presenza concreta. E ad un sordomuto nato,non si riesce a designare le parti indeterminate della quantità, acomunicare proposizioni condizionali, a far capire la differenza fra itempi del verbo. E ciò si comprende: il sordomuto mostra gli oggetticome stanno, non li trasporta in una zona dove, slegati dal bloccodella presenza, vengano ad essere disposti temporalmente e logica-mente. E di qui fluisce subito un’importante inferenza: che le lingueinizialmente non abbiano posseduto che i tempi presenti, e piúsemplici, dell’esibizione: indicativo e infinito. Una conferma si ha dalingue che si sono formate sotto i nostri occhi, come la linguafranca, e non hanno tempi; per dire «je veux, je voulois, j’ai voulu, jevoudrois t’épouser», esse enunciano: «me voleri sposarti».

Ma quando l’immobile, pittorica mimica180 gestuale si slega in di-scorso seguíto, e sia pur di gesti, richiede un ordine. Sarà questo: l’i-dea principale, ossia quella da cui dipende il significato di tutti glialtri gesti, è espressa per prima. Sono a tavola con un sordomuto,esemplifica Diderot, che vuole ordinare al famulo di versarmi dabere. Il sordomuto prima gli fa cenno , poi ancora fa un gesto diversare.

Sviluppando l’esempio di Diderot, è come se il sordomuto abbiadetto gestualmente: cameriere-gli-versare; mentre oralmente po-teva dire: versa-gli-cameriere.

L’esempio è semplicissimo. Per complicazioni espressive maggiori,nota Diderot, entrano in gioco le esigenze d’armonia, di convenienza,di stile. Comunque, nel linguaggio gestuale, l’ordine è fonda-mentalmente il detto: prima i gesti senza i quali la frase resterebbesenza significato. Ciò, spesso non trova corrispondente nelle linguecolte181, e inoltre, il linguaggio gestuale, dal punto di vista della chia-

180 Il collegamento fra linguaggio gestuale, pittura e mimica èfatto esplicitamente da Diderot: a) …celui qui se promene dans unegalerie de peintures fait, sans y penser, le rôle d’un sourd quis’amuseroit à examiner des muets qui s’entretiennent sur dessujets qui lui sont connus. Sourds, p. 52. b) racconta che, ai tempidella sua frequenza a teatro, usava osservare l’azione degli attoritappandosi le orecchie per non sentire, facendosi deliberatamentesordo. Ivi.181 Diderot fa caso di particolarità del verbo ebraico e greco, che

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rezza, non vale molto, è infantile e imperfetto. Infatti il gesto in sé èpoverissimo, e prende significato nell’ostensione degli oggetti.Quando – come spesso è capitato – il costrutto gestuale rimane,per tradizione, inglobato nell’ordine dominante di una lingua, sihanno inversioni e oscurità: il linguaggio gestuale, e i suoi avanzi,sono veramente il contrario del linguaggio della scienza, che esige diattribuire a ogni termine uno e un sol significato182.

Il discorso nell’istante

72 Profilato cosí un primo tipo di «inversione» nello sfalsamento enelle contrarietà fra linguaggio gestuale (primitivo) e orale (colto),Diderot esamina, in polemica con Batteux, le possibilitàd’inversione all’interno delle lingue colte, ad esempio in latino. Inquesto caso «inversione» significa contrarietà fra l’ordine delle idee el’ordine delle espressioni linguistiche183.

Un’inversione simile è molto difficile e dubbia a determinarsi.

risultano in una confusione dei tempi, e conclude: «Je regarde cesbizarreries des temps comme des restes de l’imperfection originelledes langues, des traces de leur enfance, contre lesquelles le bonsens qui ne permet jamais à la même expression de rendre des idéesdifférentes eût vraiment réclamé ses droit dans la suite. Sourds, p.57.182 Mentre nelle frasi gestuali l’idea principale vien prima e cosí ilsenso di tutti i gesti seguenti è determinato, il contrario «c’est ce quiarrive à tout moment dans les phrases grecques et latines». Sourds,pp. 53-54.183 Da questo punto di vista non ci sarebbe inversione, comecrede Batteux, e credevano gli antichi. Ma l’uno e gli altri sbaglianocompletamente, e per dimostrarlo Diderot fa un esempio tolto alBatteux medesimo, l’attacco della ciceroniana Pro Marcello, e siarrampica sugli specchi dell’analisi in modo non molto utile daseguire. Sempre contro il Batteux ritorce l’esistenza della flessionein latino. Secondo Batteux, la flessione era utile per non invertire,affinché il discorso seguisse plasticamente l’ordre moral. Invece,per Diderot, la flessione serve proprio a invertire, garantendo che,nonostante l’inversione, rimanga un significato comprensibile.

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Prendiamo l’espressione «serpentem fuge». Se il serpente e la fuga sisuccedono, mentalmente, come nella dizione, allora nulla viene in-vertito; se al contrario la fuga viene in mente per prima, e poi l’at-tenzione si concentra sul serpente, allora la dizione è invertita ri-spetto all’ordine ideale. Ora è ben difficile sapere se, nella mente diun parlante, c’è stato prima il serpente o prima la fuga.

Altro esempio. Si ammette che la sequenza dei termini in franceseè quella tipica del discorso scientifico: soggetto predicato comple-mento. Ora, se uno pensa scientificamente, e parla in francese, noninverte di certo.

Veniamo al latino. Uno che pensi scientificamente, e parli in la-tino, inverte, ché infatti il latino non si esprime con la sequenza sudetta. Si potrebbe persino dire che un latino, se pensava razional-mente, pensava in francese, dato che:

Nous disons les choses en françois comme l’esprit est forcé de lesconsidérer en quelque langue qu’on écrive.184

73 Si potrebbero fare considerazioni meno rischiose di queste,legate sempre alla presunzione di sapere come pensa, nella suaintimità, il soggetto. Si potrebbe cioè pensare che in generale siadefinibile un ordine «didattico» o «scientifico» del pensiero, ordine irri-mediabilmente lontano dall’espressione impegnata nella immedia-tezza del linguaggio gestuale: ed è qui che l’analisi diderotianaimbocca una direzione quasi nascostamente attesa. Per gradi:

a) Quando una frase racchiude pochissime idee, è difficilissimodeterminare l’ordine naturale, ché troppo rapida ne è la succes-sione: «Qui sait même si l’esprit ne peut pas en avoir un certainnombre exactement dans le même instant?»185.

b) «Che bel frutto! Ho fame, lo mangerei volentieri»: questo di-scorso esprime discorsivamente e consecutivamente una situa-zione globale, dove compaiono il frutto, la fame, il desiderio. La sen-sazione non è temporalizzata, è istantanea e piena, e anche se le

184 Sourds, p. 66. Diderot aveva affermato che i costrutti attualidel francese provengono dalla logica aristotelica (Sourds, p. 43).Con l’affermazione citata le conferisce, cosí, una patente di«ragionevolezza».185 Sourds, p. 60.

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circostanze espressive la costringono a spezzarsi, non di menotende a irrompere in locuzioni violente, in gesti efficaci, dove unaquantità d’idee si affolla. Che senso ha, dunque, parlare d’ordini einversioni, quasi che originariamente si possa decomporre la simul-taneità percettiva?186

c) Nell’indivisibile istante non si sviluppa discorso scientifico, bensígesto, un gesto di tutta l’anima. La precisione del linguaggio richiedeche venga dettagliato e suddiviso in termini che si pronuncianosuccessivamente, quel gesto originario; ma ciò non veli che altro è lostato reale, istantaneo e totale187 dell’anima, altro la sua restitu-zione analitica:

Notre ame est un tableau mouvant d’après lequel nous peignons sanscesse; nous employons bien du temps à le rendre avec fidélité; mais ilexiste en entier & tout à la fois: l’esprit ne va pas à pas comptéscomme l’expression.188

186 «…la sensation n’a point dans l’ame ce développementsuccessif du discours; & si elle pouvoit commander à vingt bouches,chaque bouche disant son mot, toutes les idées précédentesseroient rendues à la fois… Mais au défaut de plusieurs bouches,voici ce que l’on a fait: on a attaché plusieurs idées à une seuleexpression». E dopo un po’: «…l’âme éprouve une foule de perception,sinon à la fois, du moins avec une rapidité si tumultueuse qu’il n’estgueres possible d’en découvrir la loi». Sourds, pp. 61-62.187 «Instant indivisible», «impression totale», «état de l’ame dansun même instant».188 Sourds, p. 64. Ma Diderot non resiste in queste solesuggestioni speculative; ha bisogno di dare un modello meccanico: siassimila il soggetto della percezione a un ricevitore che si trovanella centrale d’arrivo di numerosi segnali, trasmessi con corde ecampanelli. I campanelli, sempre in funzione, rappresentano, aguisa di rumore di fondo, il sentimento di esistere. Gli altri,suoneranno contemporaneamente e insieme verranno percepiti, ela loro armonia o dissonanza sarà convenienza o discrepanzalogica. (Sourds, p. 62). Cosí anche la logica subisce una riduzioneestetica. Un’altra macchina che attrae molto Diderot, in tema diespressione linguistica simultanea, è il clavecin oculaire del Père

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74 Diderot sente di aver enunciato un «paradosso», qualcosa d’in-quietante, e insiste.

d) Discorrere o ragionare, implica mettere a confronto delle idee.Ora, tale confronto è impossibile se le idee non sono presenti in-sieme. E d’altra parte, se si ammettono sensazioni simultanee —poniamo, il colore la figura di un corpo — non si vede perché nonpossano ammettersi simultanee idee.

Che poi la presenza non sia totale, è un fatto di economia. La me-moria mantiene le idee presenti, ed una grande memoria nuoce allacomparazione tranquilla che, fra poche idee, esercita il ragio-namento. Per ragionare, occorre dimenticare. Comunque, resta ri-badito che la conoscenza si fonda innanzitutto sulla presenza.

Tale è il punto piú avanzato raggiunto da Diderot nella sua ricercateoretica di questi anni; raggiunto, si osservi, nel corso d’una dispu-ta letteraria. Messo a tu per tu col problema dell’espressione Dide-rot traccia un arco della conoscenza che pone al fondo una specie diattualismo. La presenza simultanea della natura si ripete nellapresenza della coscienza, ancora tutta coagulata nel linguaggiogestuale. Lo sciogliersi del linguaggio dalla fissità del gesto, verso ilmobile e preciso meccanismo dell’espressione scientifica, corri-sponde a un distrarsi della coscienza, che sempre piú si tempora-lizza e sempre piú oblia l’immediatezza dell’istante. Tutto ciò sisvolge fra l’impasto primitivo di gesti e il freddo incedere del fran-cese filosofico, formando un’avventura storica dove la natura sioblia e si ritrova alterata.

Poesia: emblema

75 Nella vicenda genetica che dal gestualismo originario porta

Castel (Sourds p. 61). Il suo sordomuto, di fronte al cembalo dicolori, lo prende per l’appunto quale mezzo comunicativo di un altrosordomuto, e per analogia scopre anche il carattere linguistico dellamusica (Sourds, pp. 50-51, e cfr. pure la nota di Meyer). DelClavecin Diderot parla a lungo, quale strumento di calcolazione perl’accostamento dei colori di moda (Bijoux, XIX, pp. 62-65). Daaccostare all’uomo-cembalo che comparirà nel Rêve de d’Alembert.

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all’adorna eloquenza189 il linguaggio poetico si stacca. Pur con certeproprietà del gesto, non è piú semplicemente tale; e differisce puremolto dal linguaggio oratorio, non risolvendosi soltanto in lindo nu-mero: piuttosto uno spirito mobile e vivificante ne anima ogni sil-laba, uno spirito che non si definisce ma si sente in momenti privi-legiati, dove si diventa partecipi della «creazione» poetica190. E que-sto spirito ha la potenza di presentare i poetici oggetti totalmente esimultaneamente, impegnando l’intero apparato conoscitivo191.

Nonostante la piena intelligenza dello spirito poetico si ottengacosí, un po’ misticamente, è possibile avvicinare le strutture dellapoesia. Osserviamo che essa contiene termini poetici non consecu-tivi, ma «ammucchiati», «intessuti» in una totalità presente cherammenta la pittura. Riserviamo ai termini il nome di «geroglifici» ealla totalità unificante il nome di «emblema» 192.

189 Diderot, con mentalità evoluzionistica, distingue tre stati(trois états) delle lingue, che vengono dopo l’originario impastoconfuso di grida e gesti. Si passa per le parole senza flessione(naissance), la grammatica completa (formation), l’aggiuntadell’armonia (perfection). L’armonia, piacevole all’orecchio, è causadi inversioni. Sourds, p. 68.190 Il faut distinguer dans tout discours en général la pensée &l’expression; si la pensée est rendue avec clarté, pureté & précision,c’en est assez pour la conversation familiere, joignez à ces qualitésle choix des termes, avec le nombre & l’harmonie de la période, &vous aurez le style qui convient à la chaire; mais vous serez encoreloin de la poésie, sur-tout de la poésie que l’ode et le poëme épiquedéploient dans leurs descriptions. Il passe alors dans le discours dupoëte un esprit qui en meut & vivifie toutes les syllabes. J’en aiquelquefois senti la présence… L’intelligence de l’emblème poétiquen’est pas donnée à tout le monde. Il faut être presqu’en état de lecréer pour le sentir fortement. Sourds, p. 70.191 C’est lui qui fait que les choses sont dites & représentées toutà la fois; que dans le même temps que l’entendement les saisit,l’ame en est émue, l’imagination les voit, & l’oreille les entend. Ivi.192 …Le discours n’est plus seulement un enchaînement determes énergiques qui exposent la pensée avec force & noblesse,mais… c’est encore un tissu d’hiéroglyphes entassés les uns sur les

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76 L’esprimersi piú che mai divagante e laterale, che Diderotadotta, non consente molto bene di serrare il senso di «geroglifici» ed«emblema». Ma seguendo con pazienza gli esempi che egli aduna193,

autres qui la peignent. Je pourrois dire en ce sens que toute poésieest emblématique. Ivi, corsivi nostri. Il discorso poetico èbidimensionale (tissu), mentre quello retorico è monodimensionale(enchaînement), annota la ROY, Die Poetik Denis Diderots, cit., p.73. Nelle pagine seguenti il testo citato riassume il concetto digeroglifico ed emblema in vari autori, possibili fonti per Diderot, eindica particolarmente Bacone. La fonte baconiana comunespiegherebbe poi le somiglianze fra la Lettre sur les Sourds etMuets,e la Scienza Nuova. Cerca pure la Roy di separare il concettodi geroglifico da quello di emblema. Geroglifico sarebbe, seguendoBacone, la fissazione del gesto. Emblema, la totalità significativa,sintesi di sensibile e intellettuale, della poesia. Questa totalità siavvale appunto del geroglifico.193 Diderot cita ad esempio:

Et des fleuves françois les eaux ensanglantéesNe portoient que des morts au mers épouvantées,

la sillaba «por» fa vedere le acque gonfie di cadaveri e il corso delfiume da essi sbarrato. Lo spavento dei mari è mostrato ai lettorida «épouvantées», ma la loro vasta distesa è scoperta dallapronuncia enfatica della terza sillaba. Od ancheSoupire, étend les bras, ferme l’oeil & s’endort.Quattro sono le azioni dipinte, quattro i membri del verso. Il sospiroè espresso benissimo da «un mot dont la premiere syllabe estsourde, la seconde tenue et la dernière muette»; «étend les bras»: lebraccia stese ricadono dolcemente col primo emistichio del verso. Ecosí via, e alle citazioni francesi si allineano con visibilesoddisfazione anche gli esempi latini e greci. Sono tutte consi-derazioni estremamente rischiose, per non dire arbitrarie; in effetti,che cosa assicura Diderot della peculiare espressività di «por»? Ilsignificato letterale del verso, cui magari egli aggiunge un suofantasticare. Non si vede affatto perché debba aggiungersi, alsignificato letterale, uno geroglifico. Malsicuro, Diderot si avventa inpolemica critica, ed esibisce la propria formazione letteraria,avvenuta al liceo Louis-le Grand col celebre padre Porée.

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si arriva con discreta approssimazione a comprendere quanto se-gue:

L’informazione del discorso poetico non è dovuta soltanto al si-gnificato letterale, ma anche alla materia fonetica. Le due infor-mazioni sono ridondanti fra loro ma inseparabili (se si vuole poesia).La materia fonetica da sola non basta a far comprendere la poesia,ma il contenuto letterale non è da solo poetico: la prima commentacontinuamente il secondo, ma il secondo spiega continuamente laprima e ne esalta la significatività.

Perciò la poesia è come tale intraducibile. Cambiando lingua, lasonorità cambia ed è distrutto il nesso nativo fra materia fonetica einformazione letterale che faceva la poesia questa e non altra194.

Esser geroglifico di un termine poetico è presentarsi cosí nelladoppia stratificazione fonetica e letterale. La materia ha parte con-testuale e determinante nel geroglifico per conferirgli un’espres-sività peculiare che somiglia al gesto, un gesto però evocante e nonesibente.

D’altra parte il discorso poetico, in quanto presentazione di ge-roglifici tendente all’istantaneità globale, merita un nome distintivo,e sarà «emblema».

Unità delle arti

77 C’è ora da vedere se non sia possibile, con la scorta delleacquisizioni sul discorso poetico, fondare una convergenza o unitàdelle arti. Sembra che in genere le arti abbiano dei propri geroglifici,

Chi sa poi se Diderot studiò veramente al Louis-le Grand (gesuita) ose invece all’Harcourt (giansenista), domanda che pone WILSON,Diderot: gli anni decisivi, cit., pp. 33-34. Per l’argomento, e inparticolare per la frequenza alle lezioni del Porée, vedere la sintesi diMeyer, in Sourds, pp. 176-178.194 L’emblême délié, l’hiéroglyphe subtil qui regne dans une des-cription entiere, & qui depend de la distribution des longues & desbréves dans les langues à quantité marquée, & de la distributiondes voyelles entre les consonnes dans les mots de toute langue, toutcela disparoît nécessairement dans la meilleure traduction. Sourds,p. 72.

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e andrebbero confrontati195; di piú, concediamo che un poeta unmusicista un pittore restituiscano la stessa immagine, ma comeallora e con quali mezzi e metodi?196

Per musica e poesia si comincia a ritrovare della somiglianza nel-l’uso delle rispettive armonie; molti particolari tecnici ne denun-ciano l’apparentamento. Ad esempio: la poesia sacrifica l’ordre na-turel all’armonia, ma quando? Quando le idee che si invertonostanno fra loro vicinissime, come accade fra certe linee armoni-che197. Inoltre, si possono trovare altri rapporti. In poesia, per otte-nere l’effetto di cose grandi o sorprendenti, bisogna «altérer l’har-monie», cosí come avviene per le dissonanze in musica198. Di piú, inpoesia gli iati, il ritorno d’un medesimo suono, l’impiego della H aspi-

195 Tout art d’imitation ayant ses hiéroglyphes particuliers, jevoudrois bien que quelqu’esprit instruit & délicat s’occupât un jour àles comparer entre eux. Sourds, p. 81.196 Sfida al Batteux questa, che con la belle nature non riuscivaaffatto, secondo Diderot, a unificare le arti. Eppure la tesigeroglifica la suggerisce proprio Batteux scrivendo: …Un certainArt qui, outre le choix des expressions & des sons par rapport à leursens, les assortit entr’eux de maniere que toutes les syllabes d’unvers, prises ensemble, produisent par leur son, leur nombre, leurquantité, une autre sorte d’expression qui ajoute encore à lasignification naturelle des mots. BATTEUX 2, p. 179. Ma Diderotnon poteva assolutamente vedere l’hypocrite Batteux (Rameau, p.446). Cfr PAUL H. MEYER, The «Lettre sur les sourds et muets» andDiderot’s emerging concept of the critic, in «Diderot Studies», VI,1964, pp. 133-155, saggio che va naturalmente citato anche esoprattutto per le idee critiche diderotiane.197 On ne doit, ce me semble. User de cette licence que quand lesidées qu’on renverse sont si proches l’une de l’autre, qu’elles seprésentent presqu’à la fois à l’oreille & à l’esprit, à peu près commeon renverse la basse fondamentale en basse continue pour larendre plus chantante… Sourds, p. 69.198 Sebbene queste a dire il vero, siano da risolvere: les licencesdans l’harmonie musicale ne le sont au contraire souvent que pourfaire naître plus exactement & dans l’ordre le plus naturel les idéesque le musicien veut exciter. Ivi.

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rata sono vere e proprie dissonanze, come nella musica199.78 Diderot viene poi con apparente trionfalismo, ma in realtà con

cautela e mettendo avanti che è un divertimento200, alla tripliceimitazione che d’un solo oggetto darebbero musica, poesia e pittura.Ad esempio, d’una donna moribonda. E si immerge nel citare Virgilioe Lucrezio, e nel commentare gli intervalli melodici d’una frasemusicale che espressamente riporta con l’illustrazione grafica delsuo tema.

Non c’è dubbio: musica e poesia corrispondono. Posto il lucreziano:

Vita quoque omnisOmnibus e nervis atque ossibus exsolvatur

gli spondei successivi di exsolvatur rieccoli in semibrevi delpassaggio melodico. Ma non cosí è per la pittura. Nella sua istan-taneità, essa aduna un numero compresso di evidenze violente: nonè geroglifica, ma mostra la cosa stessa.201

79 Quest’osservazione contraddice solo apparentemente la ram-mentata ipotesi che ogni arte possieda i suoi geroglifici. Essa vienea dire che c’è nel geroglifico poetico e musicale una quota di allu-sione all’altro da sé, che si salda alla materia fonetica e fonica.Invece nel geroglifico pittorico tale quota vien meno: esso coincidedirettamente con la propria materia e la propria materia è subitol’oggetto rappresentato.

La pittura dunque è un gesto tutto raccolto in sé; molto piú effi-cace della gestualità musicale e poetica, essa rappresenta senza

199 E cita Diderot alcuni versi francesi e latini concludendo: Tousces vers sont pleins de dissonances; & celui qui ne les sent pas n’apoint d’oreille. Sourds, p. 101.200 Je vais m’amuser sur un seul exemple de l’imitation de lanature dans un même objet, d’après la poësie, la peinture & lamusique. Sourds, p. 82.201 Le peintre n’ayant qu’un moment n’a pu rassembler autant desymptômes mortels que le poëte; mais en revanche, ils sont bienplus frappants. C’est la chose même que le peintre montre; lesexpressions du musicien & du poëte n’en sont que des hiéroglyphes.Sourds, p. 84. Quanto a Lucrezio, lo cito come sta in Diderot, senzaaltre ricerche.

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mediazione sé medesima202.

Il piacere della conoscenza

80 In tutte queste considerazioni, c’è il presupposto che vuoipoesia, vuoi musica o pittura abbiano sempre a rappresentarequalcosa, siano arti «d’imitazione». Ora, il consenso comunericonosce valore, nella forma di un piacere che esse impartiscono, amusiche niente affatto semantiche203. Cosa dirne? Diderot rispondecon un passo che riportiamo come sta per la sua chiarezza:

Je conviens de ce phénomène; mais je vous prie de considérer que cesmorceaux de musique qui vous affectent agréablement sans réveilleren vous ni peinture ni perception distincte de rapports, ne flattentvotre oreille que comme l’arc-en-ciel plaît à vos yeux, d’un plaisir desensation pure & simple; & qu’il s’en faut beaucoup qu’ils aient toutela perfection que vous en pourriez exiger, & qu’ils auroient, si la véritéde l’imitation s’y trouvoit jointe aux charmes de l’harmonie. Convenez,Mademoiselle, que si les astres ne perdoient rien de leur éclat sur latoile, vous les y trouveriez plus beaux qu’au firmament, le plaisirrefléchi qui naît de l’imitation s’unissant au plaisir direct & naturel dela sensation de l’object. Je suis sûr que jamais clair de lune ne vous aautant affectée dans la nature que dans une des Nuits de Vernet.204

202 Il y a… des morceaux de musique auxquels on n’attache pointd’images, qui ne forment ni pour vous ni pour personne aucunepeinture hiéroglyphique, & qui font cependant un grand plaisir àtout le monde. Sourds, p. 101.203 La peinture montre l’objet même, la poésie le décrit, lamusique, en excite à peine un idée. Sourds, p 102. Però nel sunto:«chaque art d’imitation avoit son hiéroglyphe» (p. 88) «tout artd’imitation a son hiéroglyphe» (p. 106). Ciò conferma la nostra tesi:la pittura sviluppa il carattere ostensivo del geroglifico, fino apresentare direttamente l’oggetto. I geroglifici sono qualcosa dimezzo fra i gesti e i segni gestuali, ma piú vicini al gesto: «Divisionde la Science des signes en hiéroglyphes et gestes, et en caractèresréels». Prosp., p. 163.204 Sourds, p. 101. Subito dopo Diderot attacca severamente imusicomani, quelli che vibrano con tutto il corpo e vibrano ancor di

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81 Altre idee dunque premono:205

a) esiste un piacere della sensazione, proprio degli spettacolinaturali, e anche della musica presa in sé (charmes de l’harmonie).

b) Ma c’è un piacere derivante dall’esercizio della riflessione(plaisir réfléchi) che riscontra l’imitazione ben fatta. Esso puòsommarsi al primo.

c) Perciò la rappresentazione artificiale colpisce di piú dell’eventonaturale.

piú nell’immaginazione, figurandosi piaceri che non provano affatto:ils ressemblent à ces ames foibles, qui ne peuvent entendrel’histoire d’un malheureux sans lui donner des larmes, & pour qui iln’y a point de tragédies mauvaises. Ancora idee sulla musica:certamente, bisogna ammettere che gran parte dell’effetto di unconcerto è dovuto alla sensazione immediata, ma non si ignori,potente aspetto della musica, l’evocazione. Con la sua espressioneimprecisa e arbitraria la musica parla fortissimamente all’anima:Seroit-ce que montrant moins les objets… laisse plus de carriere ànotre imagination, ou qu’ayant besoin de secousses pour être émus,la musique est plus propre que la peinture & la poésie à produire ennous cet effet tumultueux? Sourds, p. 102. Oscillazioni ediramazioni d’un testo molto ricco. Per altri interessi musicali diDiderot all’epoca, cfr. l’opposizione fra Lulli e Rameau, il primosostenuto, uguale, pieno di bellezze il secondo, singolare, brillante,sapiente. Il primo rappresenta la natura, il secondo l’esperienza.Ma l’invenzione musicale davvero simpatica è l’inaspettata ca-cofonia di canzonette e parodie, in tono alto, barocco e folle, che siscatena accanto all’andamento orchestrale. È il grido della natura,anche stavolta (Bijoux, XIII, pp. 34-35). Su ciò Diderot torna piútardi, nel Salons del 1767: la lingua della natura, degli accents, è «lemodèle du musicien». E quanto agli accenti, essi sono necessari perinstaurare, pur nella finitezza dei termini linguistici, l’infinitavarietà delle espressioni poetiche. La lingua della natura, modellodella musica, consiste qui, nell’irrompere degli accenti individuali,dove la diversità impera: «C’est la thèse des deux grains de sable deLeibnitz» (Salons, 1767, p. 157).205 Il passo citato è in un’aggiunta alla Lettre sur les sourds etmuets.

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La musica, la stessa pittura sono sistemi di segni: si ha piaceredella verità di quei segni, dell’imitazione esatta, dei geroglifici ade-guati. Il momento estetico è un momento della conoscenza che, peruna via alternativa a quella scientifica, si orienta alla natura.

Ed infatti, Diderot pone la poesia nell’esercizio dell’immaginazione,e l’immaginazione è una delle tre facoltà conoscitive206. Il ge-roglifico, piú o meno distinto dal gesto o in gesto risolventesi, dà ilpiacere della conoscenza.

A ciò si accorda la designazione conoscitiva di un altro coefficientedel piacere estetico, che pure si trova nel passo citato: la perceptiondes rapports.

Opinioni e provocazioni sul Bello

82 L’articolo enciclopedico dedicato al Bello affida appunto,decisamente, alla perception des rapports, la dignità di fondamentaleprincipio estetico; è un saggio di qualche rigidezza, nel passare inrassegna alcune autorità in filosofia dell’arte, e di qualche disinvol-tura nell’appropriarsi certe penne altrui207. Diderot in André, in

206 Prosp., pp. 134 e 156.207 Diderot cita Platone e S. Agostino come se li abbia letti, madal suo modo di citare risulta che li ha saccheggiati dall’opera delPÈRE ANDRÉ, Essai sur le Beau, Amsterdam, 1741. Noiconsultiamo l’edizione parigina del 1770, i cui primi quattro Discorsicorrispondono all’edizione del 1741. André afferma, appoggiandosi aS. Agostino, l’unità quale criterio di bellezza. Questa nozionecondensa vari criteri come similitudine, simmetria, eguaglianza, o avolte, nel testo dell’André, si risolve ancora in essi. È una nozionemetempirica (sempre secondo il Père André-S. Agostino) cherimanda a un Bello essenziale, archetipo da cui Dio proietta nelmondo il Bello naturale. Questi due Belli sono, il primo indipendentedall’istituzione divina, il secondo indipendente dall’istituzioneumana. Ma il Père André, per non lasciare fuori della bellezzal’infinita varietà che, in questo campo, si riscontra di fatto,ammette anche un Beau artificiel, d’invenzione umana e parecchiolibero e capriccioso, specie se ci si mette il Génie. Di piú, persino laNatura si permette dei capricci: «La Peinture, la Sculpture, tous les

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Arts; que dis-je? La Nature même nous fournit une infinitéd’exemples de ces heureuses irrégularités» (Essais, p. 33). Conpazienza Diderot segue l’André nella sua lunga casistica, doveprendono posto anche i costumi, moeurs, perché questi esteti sottosotto cercano d’integrare nel Beau tutto ciò che sembri suscettibiledi gradevolezza e ammirazione. André piace a Diderot, che lo lodafortemente. È che l’André gli fornisce, come si è visto: a) unprincipio del bello indipendente dal divino. b) In questo principio,l’unità, include proporzioni e rapporti. Meno apprezzato il Crousaz(J. R. DE CROUSAZ, Traité du Beau, Amsterdam, 1724), chetuttavia fa un tentativo importante: svincolare il Beau dallapiacevolezza. «On peut reconnoître beau & très-beau ce qui mêmefait extremement de peine» (Traité, p. 16). La bellezza non consistenel sentimento, ma nel rapporto fra l’oggetto e il sentimento (ol’idea). Qui Diderot pizzica Crousaz, «cette définition de M. Crousazn’est point prise de la nature du beau, mais de l’effet seulementqu’on éprouve à sa présence» (Beau, p 395). Comunque il Crousaz,per salvare il bello dai labirinti del piacevole, ne afferma alcunestrutture oggettive e inalterabili: «Un objet merite le nom de Beau,quand il renferme des diversitez, qui se reduisent è quelque unité, &qui par là occupent l’esprit sans le fatiguer» (Traité, p 157). Daquesto incontro (CASSIRER, La Filosofia dell’Illuminismo, cit., p397, ne annota rapidamente la parentela leibniziana) di unità e va-rietà, Crousaz ricava la regolarità, l’ordine, la proporzione. Neppurqui Diderot è d’accordo, trovando insieme troppo dettagliate etroppo vaghe simili elucubrazioni. Anche lui teologizzando (questaparte non è riesposta da Diderot) il Crousaz non trova chel’intervento divino per spiegare l’azione psicologica dei corpi belli:«Le Corps est incapable d’agir par lui-même sur l’Ame, car que peutl’Etendue sur la Pensée? Si donc de certains sentimensaccompagnent régulierement de certains mouvemens, si les unss’excitent dans l’Ame en même tems que les autres dans le Corps,cette suite est l’effet d’un établissement arbitraire de l’Auteur de laNature» (Traité, p. 161). Non mancano le fastidiose conseguenze, inquest’armonia, della Caduta. Diderot probabilmente deve alCrousaz piú di quanto ammetta. Intanto, l’insistenza sui rapports,e la suggestione di Beautez cachées, esistenti come rapporti

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all’interno dei corpi, che corrispondono al Beau hors de moi diDiderot. Allo Hutcheson (ne ho qui sotto mano An Inquiry into theOriginal of our Ideas ot Beauty and Virtue, London, 1725 con leaddizioni e alterazioni del 1726, reprint a cura di BERNARDFABIAN, Hildesheim, Olms, 1971). Diderot dedica un’esposizioneabbastanza analitica, riportando la dottrina del «senso interno delbello». Questa era una zona di fruizione estetica analoga al «sensoesterno» (cioè alla sensibilità comunemente intesa) e anche ad essacompagna; ma indipendente. Argomenti, di scuola shaftesburiana:vi è piacere di oggetti incorporei (teoremi, verità universali). Perconverso, gli animali hanno percezione sensibile ma nonmanifestano della bellezza sensibile godimento. Con questo, ilpiacere del bello risulta necessario e immediato, inalterabile dallegratificazioni e dalle pene. Non si rassegna, Hutcheson, a nonstendere non solo una casistica, ma una tipologia del bello. Intanto,una gran distinzione fra bello assoluto, oggettivo, svincolato dalpreambolo dell’imitazione; e bello relativo, che appartiene alle opered’arte, viste quali immagini di altri oggetti. Bello assoluto: incontrodi uniformità e varietà, e via con una casistica piuttosto pedante: ilpentagono è meno bello dell’esagono, perché ha meno uniformità-varietà, etc. Diderot segue il suo autore con cautela, usandocontinuamente dei «selon eux… disent-ils, …ils soutiennent». Bellorelativo: ancora uniformità-varietà, e cioè la somiglianza-differenzadell’oggetto imitato col modello. Ciò non esclude che un’opera d’artenon possa avere una bellezza assoluta; mentre il bello relativo puòsussistere pur se, l’originale bellezza assoluta non ha. Diderot,saggiamente, non si fa incantare dall’apparente comprensività delsistema di Hutcheson, che è in realtà dettaglio dedotto dall’ideafissa dell’uniformità-varietà, dove non manca il solito sboccoteologico: la bellezza della natura nasce dalla sua conformitàall’intenzione dell’Autore. Trova, Diderot, il sistema «plus singulierque vrai» e addensa critiche. Il senso interno non è dimostrato nellasua specificità. Hutcheson giunge tutt’al piú a ritrovare un quidoscuro nel piacere del bello. Inoltre, il suo principio dell’uniformitàcon varietà non è universale: non si applica alle figure geometriche(la tesi di Hutcheson è, dice Diderot, plus subtile que vraie) eneppure alle verità universali.

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Hutcheson, in Crousaz, trova la convinzione che il bello esiste, e lacondivide: ma depurandola dei rimandi teologici che in quegli autoriabbondano.

Essi convergono nel porre (e Diderot lo assorbe) quale nota es-senziale del bello, un principio sintattico, vada sotto il nome di«unità», «unità con diversità», «unità con varietà», principio chesempre confina con una poetica dell’ordine e della simmetria. Tuttitengono la piú grande perseveranza nel partito preso, che cerca diconciliare nel bello un po’ di tutto e manca proprio di sobrietà.Diderot, per conto suo, presenta un principio, a suo parere solido,enunciato e trattato concisamente; ma il cattivo esempio di cer-care una definizione «oggettiva e universale» di bello, che cioè im-prigioni tutta ciò cui rimanda la dizione «bello» ed i belli che sipresuppongono tali nel vario contesto storico e sociale, quell’esem-pio lo raccoglie. Comunque, eccettuato il bello ontologico e sintat-tico, può servirsi d’un paio di teste di turco208, per rifiutare la polve-

208 WOLFF (Psychologia empirica, Veronae, 1729, è l’ed. che hosottomano) viene inchiodato sul suo aforisma: Quod placet, diciturpulchrum: quod vero displicet deforme (Par. 543). E Crousaz, per isuoi armeggii sul bello e il piacevole, è assimilato a Wolff (Beau, p.395) Stupefacente parrebbe la diagnosi data dell’estetica diShaftesbury, che viene ridotto a un basso utilitarismo: L’auteur quinous a donné l’Essai sur le mérite et la vertu, rejette toutes cesdistinctions du beau, et prétend avec beaucoup d’autres, qu’il n’y aqu’un beau, dont l’utile est le fondement. (Beau, p. 411). Non soloDiderot era un esperto in Shaftesbury, ma le idee di Hutcheson,esposte immediatamente prima, potevano fargli da volgarizzazionee ordinamento dell’asistematico pensiero shaftesburiano. E Diderotstesso, proseguendo, almeno in parte indica con «utile» la finalitànell’ambito cosmologico (dans la nature) che è piú pertinente allospirito di Shaftesbury. Fatto sta che poi, intendendo «utile» nellabanalità di appagante, ha buon gioco a smontare un’estetica tantolimitata. Però non c’è da stupirsi. Come una piccola deviazione sirisente ingente al termine di una traiettoria, cosí la distorsioneattuale consuma l’interpretazione originalmente deviata diShaftesbury. L’impeto mistico e cosmico che dilagava a tutti i livellidella vita, si è tradotto in biologismo; la finalità in economia

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rizzazione del bello in semplici interpretazioni edonistiche e utilita-ristiche.

83 Un caso a parte è Batteux, che Diderot maltratta, come dipassaggio, ma non per questo meno duramente. L’abate era unconcorrente nella formulazione estetica unitaria e succinta, ec’erano altri motivi, che vedremo subito, perché Diderot non po-tesse sopportarlo.

Batteux, nel famoso Trattato, comincia col distinguere Belle Artida Arti Meccaniche. Le prime, imitano la natura solo per dar pia-cere, le seconde, la modificano per soddisfare bisogni (come se, delresto, la soddisfazione di bisogni non dia piacere…). Le arti belle,prodotto puramente umano, non superano tuttavia l’orizzonte na-turale, usano i materiali che la natura propone; ma si badi, non lanatura corrente, bensí la totalità dell’attuale e del possibile, im-mensa racchiudente: «tous les plans des ouvrages réguliers, & lesdesseins de tous les ornemens qui peuvent nous plaire»209.

84 La realtà dell’arte a questo modo si risolve tutta nella realtàdella natura. Ma il Batteux ben lo vede: altro è ciò che normalmentevien chiamato arte, altro è normalmente ciò che vien chiamatonatura. Perciò il rapporto con l’orizzonte naturale viene mantenutomediante l’imitazione, e la natura viene trattata in manieraparticolare, scelta nella sua crema: Belle Nature. Se la naturacomprende anche il possibile, si potrà in quel possibile trasceglieresempre qualcosa di piú perfetto dell’attuale. La natura sarà imitata«non telle qu’elle est en elle-même, mais telle qu’elle peut être, &qu’on peut la concevoir par l’esprit»210.

«Par l’esprit» significa che l’imitazione avviene nell’intimità d’unostato mentale. È l’entusiasmo: «… l’ame enflammée comme d’un feudivin se représente toute la nature; & répand sur les objets cet es-prit de vie qui les anime, ces traits touchants qui nous séduisent ounous ravissent»211.

L’artista, con questo suo effondere lo spirito vitale e in definitiva

organica, il forte senso sociale in utilitarismo. A questo punto, ladistorsione respinge colui stesso che l’ha introdotta.209 BATTEUX 2, p. 13.210 BATTEUX 2, p. 25.211 BATTEUX 2, pp. 31-32.

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con l’edificare una sezione possibile della natura, è legislatore(législateur), pone regole. Cosí esistono regole per la valutazioneestetica, e Batteux non manca di suggerire un «modèle idéal… règlesouveraine et infaillible de toutes décisions»212.

Del modello ideale Diderot non si sarebbe dimenticato, ma per oratratta Batteux con gran dispitto: questa bella natura è indefinita,Batteux «ne nous apprend point ce que c’est la belle nature»213.

85 Batteux non riesce a dare una teoria unitaria dell’arte, e ildarla appunto — ironia feroce — «c’est ce qui reste à faire, & ce queje vous conseille d’ajouter à vos Beaux-Arts réduits a un même prin-cipe». E in aggiunta «ne manquez pas non plus de mettre à la têtede cet ouvrage un chapitre sur ce que c’est que la belle nature; carje trouve des gens qui me soutiennent que faute de l’une de ceschoses votre traité reste sans fondement, & que faute de l’autre, ilmanque d’application»214.

È che Diderot non può sopportare l’idea di una natura oltre lanatura, fin quando c’è questa presente. Per lui, le cose naturalicome stanno vanno sempre bene, purché tengano il posto loro pro-prio nella grande catena. Si avventa su Batteux ed esige: come maiun albero storto e spoglio che io, da proprietario, farei certo tagliare,è invece eccellente in arte? E bello, o è brutto? Obiezione disonesta,ché non è detto se la valutazione del proprietario e quella medesimadell’artista, siano necessariamente di bello o brutto. Comunque,proseguendo Diderot insiste: il principio della Belle Nature nonspiega come esistano campi d’immagini specifici di ogni arte. Adesempio, la testa di Nettuno sull’oceano: il nume che sovrasta leonde fa ottimo effetto in poesia, ma sembra decapitato in pittura.Conseguenza: la Bella Natura non è affatto la medesima per ilpittore e per il poeta, e in definitiva il principio unico del Batteuxnon unifica nulla.

212 BATTEUX 2, p. 122.213 Beau, p. 406.214 Sourds, p. 82. La questione della bella natura pure in LesBijoux indiscrets: regola è imitare la natura, ma quest’ultima offrefacce differenti, tutte vere, ma non tutte egualmente belle (Bijoux,XXXVIII, p. 141). Altra oscillazione…

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Bello: percezione di rapporti

86 Incombe allora a Diderot proporlo lui, un principio del bello chenon sfumi nei gusti e non si blocchi su questo o quell’oggetto.

Egli — come si sa — lo pose nella celebre formula: percezione dirapporti.

Questa formula ispirava piú una convinzione che una salda teoriagià nei Mémoires sur différents sujets de mathématiques (1748).Diderot là si occupava di musica dal punto di vista matematico-fi-sico, ma scivolava anche a indagare un po’ nell’esperienza musi-cale215. Oggetto della musica, egli scrive, è il suono; il suo fine è ilpiacere dell’udito.

Il suono, è facile a definire: la sensazione che proviene dalla per-cussione dell’aria vibrante sull’organo di senso. Si potrà aggiungere(a differenziarlo dal rumore) che possiede una sua ricchezza: gliarmonici. Quanto al piacere musicale, Diderot non esita molto: essoconsiste nella percezione di rapporti fra i suoni. Che i rapporti sianoqualificati tecnicamente (di quinta, di ottava) non importa; bastache siano percepiti. Le prove che Diderot porge della sua tesi nonsono fortissime. C’è l’autorità di Pitagora, e ci sono alcuni rilievi checonnettono il piacere musicale alla facilità di percepire i rapporti216;

215 Pur protestandosi ignorante di musica, Diderot dedica allamusica per argomenti che vi si connettono passi della primaMemoria, concernente i principi generali dell’acustica, e dellaquarta, che è dedicata al progetto di un organo meccanico. Diderotdi musica ne sapeva in realtà. Alla vita musicale e alle polemichedel suo tempo prese parte, e per lo meno collaborò profondamentealle Leçons de clavecin et principes d’harmonie, che vanno sottol’autore Bemetzrieder (testo in A.-T., XII). Per lui, il bello musicalenon andava esente da un corteggio tecnico e psicologico, chefinalmente non era senza aderire alla materia, al fatto dellamusica. Cfr. POMEAU, Diderot, cit., p. 30 e le attente, intensepagine che dedica ENRICO FUBINI, Gli Enciclopedisti e la Musica,Torino, Einaudi, 1971. Concerne Diderot, nella filosofia della musicarapportata al suo intero orizzonte teoretico, l’ottimo capitolo IV.216 L’orecchio non tollera suoni incerti, che confondano i rapporticon gli altri suoni; i rapporti piú semplici e meglio percepibili (come

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ma la percezione dei rapporti esce pure dalla filosofia dell’arte, per-ché Diderot la fa responsabile non solo del piacere musicale, pitto-rico, architettonico, ma anche dell’esperienza morale e scientifica.

87 Nella Lettre sur les Sourds et Muets217 la percezione dei rapporticompare nuovamente per conferire stabilità al gusto. Diderotaveva osservato, in dispetto al Batteux, che non ogni oggetto piaceegualmente nelle diverse arti; a rendere ancora piú problematical’uniformità intersoggettiva, giunge poi l’enorme variabilità deigusti: la belle nature vi sfuma e non dà alcun criterio sicuramenteunificante. D’altra parte, nella varietà delle produzioni artistiche cideve essere certamente una ragion sufficiente per tutte218; ilgratuito non è ammissibile in arte come in nessun altro evento.

La soluzione è presto data. Esiste un gusto intersoggettivo e bendefinibile, che posa non altro se non sulla percezione dei rapporti219.

Le prove? Sono della specie di quelle dei Mémoires, però, applicatein architettura220. Si osserva, nelle opere architettoniche, la piace-

l’uguaglianza) piacciono maggiormente; le note piú acute possonoassumere un ritmo piú veloce, perché il loro rapporto si percepiscemeglio.217 Precisamente, nella prima delle Additions, alla lettera unite.218 Tout a sa raison suffisante. Sourds, p. 99.219 Le goût en général consiste dans la perception des rapports.Ivi.220 E Diderot accusava Crousaz di aver dato una definizione dibello applicabile tutt’al piú all’architettura! Sul temaarchitettonico, Diderot tornerà, in un suo capitolo dove, nonostantel’accusa di utilitarismo che ora ha lanciato su Shaftesbury, proprioscivola in un funzionalismo che costituisce il bello d’architetturanella solidità, rispondenza all’uso, sicurezza e convenienza. Il tuttotradotto in simmetrie e proporzioni dove esperienza ed istintoprecedono l’alta geometria. Cfr. Essais, p. 730, e lettera a SophieVolland, in Corr. II, 2 Settembre 1762. L’architettura fa intoppoalla tesi mimetica, ché non ha modelli naturali (nota su Lemonument de la place de Reims, in A.-T., XIII, pp. 27-29). Perl’utilità: L’auteur la regarde (la Beauté) comme un reflet de l’utilité,et il a raison. Cosí nella recensione a CLAUDE-HENRIWATELET, Sur l’art de peindre, in A.-T., XIII, p. 25.

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volezza dei rapporti meglio percepibili: e dunque dei rapporti sem-plici, preferibilmente di eguaglianza. Ad essi l’architetto piú sicompiace, fa eguali le ali dei casamenti, paralleli i lati delle fine-stre… in sostanza Diderot preleva pari pari un certo stato di fattodelle arti, nel quale compaiono certe simmetrie — facilmente rive-labili in musica e in architettura — e mescolando lo stato di fattocon notazioni psicologiche pretende di pronunciarsi definitivamentenon solo in musica e architettura, ma sulle arti in genere. Tuttoquello che realmente dice è: l’attuale poetica architettonica e musi-cale piace.

88 Quanto Diderot prepara si riversa adesso, cercando un suo ri-gore, nell’articolo enciclopedico sul Bello. Ecco la scheletratura lo-gica delle sue argomentazioni:

a) Cominciamo col rilevare che se il termine «bello» deve avere unsenso, ha da indicare una proprietà ideale degli oggetti designaticome belli. D’altra parte questa proprietà non deve essere una dif-ferenza specifica. Se lo fosse, vi sarebbe una sola specie di oggettibelli, o addirittura un solo oggetto bello, mentre ne riscontriamovariatissimi.

b) Fra le proprietà che un oggetto può avere consideriamo ilrapporto. In generale, A ha il rapporto con B quando è tale che nonpuò stare senza che esista B. Rapporto designa l’operazione logica:«se A, allora B». O anche «B, oppure non A»221.

c) Rileviamo inoltre che il rapporto soddisfa alla nostra richiesta diuna proprietà che non sia differenza specifica. Un rapportodetermina, non definisce.

d) Poniamo allora m la proprietà che non appartiene alla diffe-renza specifica. Possiamo dire:

Ogni bello è mOgni rapporto è mDunque ogni bello è rapporto.

Da cui facilmente si ricava che percepire il bello è appunto perce-pire rapporti.

221 Le rapport en général est une opération de l’entendement, quiconsidère soit un être, soit une qualité, en tant que cet être ou cettequalité suppose l’existence d’un autre être ou d’une autre qualité.Beau, p. 424.

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89 Il sillogismo in cui abbiamo (senza alterarne la struttura lo-gica, anzi seguendola fedelmente) scarnito l’esposizione diderotiana,è pessimo. Esso viene a dire solo che per un certo aspetto bello erapporti coincidono, e nulla piú222.

Ma Diderot ragiona anche per esclusione: proprietà come dimen-sione223, sublimità, elevatezza, utilità e simmetria224 non bastanoaffatto a definire il bello; soltanto la percezione di rapporti fornisceun principio sufficiente a superare le variazioni locali e temporalidel gusto225, adeguato ai rudimenti estetici del selvaggio e del fan-ciullo come pure alle raffinate e grandiose esigenze dell’adulto civi-lizzato.

222 Ossia: il sillogismo non è valido perché il medio non vi comparealmeno una volta preso in universale.223 Le sue esclusioni sono un po’ fallaci. Ad esempio per la dimen-sione: l’orologio non è bello perché sia grande, ma perché le sue partisono in rapporto (Beau, p. 425). Cioè, vien presupposta propriol’estetica dei rapporti.224 Sotto sotto Diderot rimane ipnotizzato dalla burocraticasimpatia per le cose simmetricamente disposte (pur se la criticanegli esteti che passa in rassegna). Ma almeno qui, lo dicerisolutamente: bello può certo essere un oggetto del tuttoasimmetrico, «telle serait la peinture d’un orage, d’une tempête, d’unchaos». Il breve articolo enciclopedico Beauté (E II, ed. A.-T., XIII)riassume sinteticamente; Beauté parlando comunemente è lafacoltà di risvegliare «la perception de rapports agréables», mafilosoficamente «tout ce qui peut exciter en nous la perception derapports est beauté». Riuscito cosí lo svincolo dal piacevole, menoriesce quello dal simmetrico. Un cieco nato, grazie al tatto, avràidee di «rapports, d’ordre, de symétrie».225 Le principe de la perception des rapports, appliqué à la naturedu beau, …est si général, qu’il est difficile que quelque chose luiéchappe… placez la beauté dans la perception des rapports, et vousaurez l’histoire de ses progrès depuis la naissance du mondejusqu’aujourd’hui; choisissez pour caractère différentiel du beau engénéral, telle autre qualité que vous plaira, et votre notion setrouvera tout à coup concentrée dans un point de l’espace et dutemps (Beau, pp. 426-428).

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Né si obietti la limitazione che deriverebbe dall’essere, questirapporti, cosa disponibile soltanto ai tecnici d’arte. Alla percezionedei rapporti interessa solo sapere che essi ci sono, non qualisono226.

90 Posto cosí, abbastanza cavalieramente, il principio, Diderot neinstalla la collocazione epistemologica e ontologica. La perception

226 Je n’exige pas que celui qui voit un morceau d’architecture soiten état d’assurer ce que l’architecte même peut ignorer, que cettepartie est à celle-là comme tel nombre est à tel nombre, ou quecelui qui entend un concert en sache plus quelquefois que ne sait lemusicien, que tel son est à tel son dans le rapport de deux à quatre,ou de quatre à cinq. Il suffit qu’il aperçoive et sente que lesmembres de cette architecture, et que les sons de cette musiqueont des rapports, soit entre eux, soit avec d’autres objets. Beau, p.419. Fin qui, per discutibile che sia la premessa, il discorso diDiderot è sobrio e coerente. Ma l’inerzia divagatrice si fa sentire. Ilgusto e l’olfatto possono suscitare rapporti ma ciò nonostante (eperché mai?) sono esclusi dal bello. Inoltre Diderot si lascia prenderla mano dall’angoscia, nutrita dagli esteti che ha citati, di nonlasciare nulla fuori del bello: anche lui discetta sui bei teoremi eall’improvviso salta fuori che alla bellezza d’un teoremacontribuisce non solo il rapporto che contiene, ma anche lasorpresa della verità che esso svela. E poi, prolisse ricerche sullecause di valutazione divergente del bello, e dei bilanci estetici cosí:Le beau qui résulte de la perception d’un seul rapport, est moindreordinairement que celui qui résulte de la perception de plusieursrapports. Cependant il ne faut pas multiplier le nombre desrapports à l’infini, et la beauté ne suit pas cette progression. Allora,il bello non giacerebbe nei rapporti, ma nella giusta quantità loro?Diderot non vuol dire questo ma, ripetiamo, si lascia prendere lamano. E non senza che manchi una rinnovata polemica con la bellenature; degli oggetti possono quale piú quale meno suscitare lapercezione di rapporti, ed essere quindi piú o meno belli,relativamente gli uni agli altri. Ci sarebbe dunque una natura bella,o classe di oggetti piú belli. Ma non si può sapere qual’è. Per poteraffermare che una rosa è la piú bella, bisognerebbe aver presovisione di tutte le rose possibili, il che empiricamente non si dà.

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des rapports è ad un posto molto originario della conoscenza, è aiprimi passi della ragione227, ma non si pensi che essa, per le sueorigini e la sua avvolgenza, abbia a definirsi nel metempirico o nel-l’infuso228. I rapporti e le nozioni che in essi convergono sono di ori-gine sperimentale, si impiantano nell’esercizio dell’attività conosci-tiva sotto la spinta dei bisogni e nel corso della produzione. E ciòperché il bisogno è connaturato all’esistenza e progetta di soddi-sfarsi mediante macchine, quindi combinazioni, unità, rapporti.

91 Qual è dunque la realtà dei rapporti? Essi vengono originaria-mente saputi nella prassi, e l’esperienza che se ne ha praticamenteconsente di riconoscerli nella natura; e non solo, di riconoscerli, maanche di scoprirli, suscitarli ed evocarli229. C’è allora la questione se

227 La perception des rapports est un des premiers pas de notreraison. Sourds, p. 98.228 Le idee sui rapporti, del resto, precedono quelle sul divino e nesono indipendenti (Beau, p. 416). Qui c’è un’occasione per dissacrareil bello, e Diderot passando assesta un colpo alla concezione che af-ferma il cosmo bello in nome di un Artista divino. Questo è comecredere che un quadro sia bello non per sé, ma perché opera del talepittore celebre, del tale Raffaello (Beau, pp. 434-435). Altra nota:nelle Pensées Philosophiques si discuteva sull’origine casualedell’universo, indicando l’impossibilità che l’ordine sorga dal disordinein un sistema finito. Nella Lettre sur les Sourds et muets la questionetorna come esclusione che un’opera letteraria (i versi di Virgilio)provenga dall’estrazione a sorte dei caratteri (Sourds, p. 72). Ora siafferma che per la bellezza del mondo il caso basta e non è affattod’uopo invocare una Causa intelligente.229 Voilà donc nos besoins, et l’exercice le plus immédiat de nos fa-cultés qui conspirent aussitôt que nous naissons à nous donner desidées d’ordre… toutes ces idées viennent des sens et sont factices…Mais à peine l’exercice de nos facultés intellectuelles, et la nécessitéde pourvoir à nos besoins par des inventions, des machines, etc.,eurent-ils ébauché, dans notre entendement, les notions d’ordre, derapports, de proportion, de liaison, d’arrangement, de symétrie, quenous nous trouvâmes environnés d’êtres où les mêmes notionsétaient, pour ainsi dire, répétées à l’infini; nous ne pûmes faire unpas dans l’univers sans que quelque production ne les réveillât; elles

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i rapporti esistano in sé.Diderot pone la domanda nei termini se qualcosa possa essere

aggiunta o levata alla natura dall’intelletto, e la risposta è che cer-tamente no, l’intelletto non mette nulla nelle cose e nulla ne to-glie230. La facciata del Louvre ha i suoi rapporti, ed essi perman-gono che io vi pensi o no, che esistano o no soggetti a perce-pirli231.Certo, uno svelamento occorre a esibirli, ed esso avviene

entrèrent dans notre âme à tout instant et de tous les côtés… Beau,pp. 416-417.230 Mon entendement ne met rien dans les choses et n’en ôte rien.Beau, p. 418.231 Beau, pp. 418-419. Nei Salons, e saggi apparentati, una certazona del bello seguiterà a distinguersi dal semplice piacere. Al tra-monto, nei giardini profumati del Trianon, Diderot si dice che leTuileries sono belle, ma è piú dolce star qui. Van Loo ha dipinto unaMaddalena, ed è un quadro fallito, perché non è altro se non assaipiacevole. Un’opera di Boucher è piena di falsità e ridicolezza, ma siamerebbe possederla. E quali sono gli enti belli? Ad esempio, lo è uncavallo che si impenna, la criniera al vento, e oltre che nobile egrande, bella è la sua azione. Oggetti dipinti hanno «beauté depeintre», e possono esser belli oltre che sulla tela anche in sé stessi;gli istanti pittorici non sono sempre egualmente belli. Si dannobellezze sparse nella natura, che l’arte unisce in una sola. Econtinua la polemica con Hutcheson: non esiste una facoltàapposita per sentire il bello: tutto è sperimentale in noi, ilsentimento del bello si colloca al termine d’una lunga serie diosservazioni continuate. È nel corso di questo condizionamento chesi forma il gusto, con la sua attitudine a giudicare prima di tornare,analiticamente, sul motivo del suo giudizio. Cosí, dal tempodell’articolo sul Beau risorge la questione, come mai il nome «bello»venga attribuito insieme a uomini, animali, piante, pesci, uccelli,metalli, insomma a tanti oggetti che non hanno alcuna qualitàfisica in comune. La risposta è ben semplice (c’est une chose toutesimple): «bello» si applica ad oggetti fisicamente differenti perchéessi provocano sensazioni e idee comuni. Ma, se, nell’articolo sulBello, l’idea provocatrice e conducente era quella di rapporti, quicompare un nodo in piú nel filo che proviene dalla Lettre sur les

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nella percezione dei rapporti quando il beau absolu, beau hors demoi, si fa beau réel, beau par rapport à moi.

92 Cosí l’incursione nell’estetica ha esiti importanti e suggestivi;una tramatura di rapporti vena la realtà, spetta all’esperienzaestetica come luogo non unico ma privilegiato saperla. Ed è unsaperla che non si confonde con la discorsiva conoscenzascientifica, ma avvia a un’immobile e simultaneo apparire dovefolgora la densità materica dell’emblema.

Il rigorismo dell’Enciclopedia conduceva invece un linguaggiopreciso ma alterante ben lontano dall’originaria intimità con laNatura; e Diderot rinsalda la sua convinzione che il metodo cosmo-logico appartiene al démon de l’analogie, alla percezione globale eforse all’illuminazione piú che alla scienza esatta. Non fa meravi-glia che adotti allora, per suo contesto della scoperta, il sogno.

L e s c i e n z e a l s e r v i z i o d i u n s o g n o f i l o s o f i c o

93 Nel Rêve de d’Alembert i relitti di scienza positiva sono travoltiin un misto d’abbandono e freddezza, in un sognare controllato che

sourds et muets (quando nella fruizione d’un chiardiluna di Vernet, siriscontrava piacere riflesso, conoscitivo). Cioè il piacere, lasorpresa, l’ammirazione, la distanza temporale, concorrono aformare una situazione fruitiva in cui emerge il Bello grazieall’alterità dell’oggetto e alla mia trascendenza. Occorredisimpegno. I rapporti tendevano, si è visto, alle simmetrie. Mal’idea, sempre saggiata in quell’articolo e proveniente dal PèreAndré, riemerge: l’unità costituisce il bello (rien n’est beau sansunité) ed un’unità non indifferenziata, con distinzioni esubordinazioni differenti almeno per la pittura, dalla simmetria. Lasimmetria non esiste in natura, ecco tutto; manca persino in unafigura umana, di fronte ed a braccia aperte (e ci rendiamo conto,aggiungo, che se la simmetria si desse, avremmo ancora quei doppiche il principio degli indiscernibili esorcizza). In architettura, però sí:La symétrie, essentielle dans la peinture, est bannie de tout genrede peinture. Pensées dét., p. 760.

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si avvale di piacevole fabulazione232.Lo spunto dell’opera, e anche il suo problema di fondo, è ancora

teologico; si tratta di scegliere fra due sostanze o una, fra l’ammis-sione della trascendenza o dell’immanentismo. Ciò fa anche da av-vio letterario, perché quanto la discussione lasciava indefinito d’A-lembert lo riprende nel sonno, un loquace sonno abitato dal deliriofilosofico. È sempre l’entusiasmo (nella versione efficace e positiva)a presentarsi come alternativa di conoscenza al procedimento rigo-roso, e nell’entusiasmo onirico di d’Alembert c’è pure una segreta,tenebrosa comunicazione con le latebre della Natura. Per quella viacapita che il medico Bordeu, anche lui un illuminato (ma d’illumi-nazione dal fondo, non dall’alto) possa riferire letteralmente le diva-gazioni di d’Alembert, senza averle ascoltate.

Impregnazione energetica universale

94 Al groviglio che c’è nel Rêve e negli scritti apparentati233

premetterò i principi sulla materia e sul movimento che fannoparte, sia pure in tardi rilievi, del corpus attribuito a Diderot234.

232 In conclusion, the dream-form of Diderot’s philosophicalmasterpiece was far more than an entertaining literary device, oreven a dramatic mise en scène for his ideas. It correspondedintimately to an original method of thought, allowing to represent tohimself — and to communicate to the reader — an order of thingsin the natural world for which there was, at the time, only aninadequate idiom and conceptual apparatus at hand» (ARAMVARTANlAN, Diderot and the phenomenology of the dream, in«Diderot Studies» VIII, 1966, pp. 252-253).233 La trilogia Entretien entre d’Alembert et Diderot; Le Rêve ded’Alembert; Suite de l’Entretien, sono i testi che qui seguo, citandolida OP con l’abbreviazione Rêve. Molti temi del Rêve si propagginanonegli Eléments de Physiologie, tarda (continua fino al 1782) raccoltad’appunti biologici dove la personalità propria di Diderot s’infiltra.Citerò dall’edizione Jean MAYER, Paris, Didier, 1964.234 Principes philosophiques sur la matière et le mouvement, chesono in OP, pp. 393-400. Mentre il Rêve si data sul 1769, questiprincipi dopo il 1770 dovrebbero riportare le riflessioni su una

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La materia (cosí vi argomenta) non va assolutamente pensatacome estranea al movimento o al suo opposto nella quiete, pensatadunque come semplice e inerte riposo235. Il riposo (se non lo consi-deriamo tendenza al movimento, e allora non è piú riposo) è astra-zione di metafisici e geometri, che va contro le esperienze del labo-ratorio e l’osservazione dell’universo, dove al contrario tutto simuove. Il corpo senza azione e senza forza, la forza unica che ri-duce a sé la molteplicità delle forze naturali, sono astrazioni simili:errori e falsità, dice duramente Diderot.

Sembra, sí, che qualcosa stia ferma; ma intanto che si ragionadella sua immobilità, il blocco di marmo già tende alla dissoluzione.E comunque, l’immobilità è sempre tendenza alla mobilità, trasla-zione in nisu; a livello microfisico, il movimento sussiste. Nellastruttura fine della materia, le particelle gravitano fra loro236, e laloro danza può dare complessivamente l’illusione della solida stabi-lità, ma è solo l’illusione come possiamo riceverla da una stabilefiamma237.

95 Diderot sta ragionando da chimico, traducendo la sua convin-zione della fluenza intemporale della natura in considerazionistrutturistiche. E qui si innesta la sua identificazione tra forza emateria. Non si può negare, egli dice, il movimento alla materia col

dissertazione anonima, di cui non si sa piú nulla. Mateoreticamente costituiscono un buono sfondo per le idee del Rêve,cosí come, in De l’Interprétation de la Nature, il modello molecolareenergetico predispone la sensibilizzazione della materia. L. G.CROCKER, John Toland et le matérialisme de Diderot, cit., fanotevoli raffronti tra questo saggio e le Letters to Serena.Conclusione: «Il (Diderot) ne fut ni prophète, ni même philosopheprofond et original: il synthétisa en poète, de la façon la plusmoderne, la plus vivante et la plus féconde, les idées de son siècle».235 «On ne dira plus: je vois la matière comme existante; je la voisd’abord en repos; car on sentira que c’est faire une abstraction donton ne peut rien conclure» (Principes, OP, p. 399).236 Toutes les particules des corps gravitent les unes sur lesautres. Ivi, p. 393.237 Tout, dans la nature, a son action diverse, comme cet amas demolécules que vous appelez le feu. Ivi, pp. 394-395.

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pretesto che il movimento risulta dall’applicazione della forza aicorpi, che cioè è piú della materia, è materia piú forza. Bastaguardare ai risultati della chimica: ogni giorno, in laboratorio238, uncorpo inerte volatilizza un altro corpo inerte, e allora, che inerziaera? E si spiega questo risveglio di energie latenti con la pura mec-canica della gravitazione? Osserviamo piuttosto, dalle esperienze,che ogni molecola ha una sua forza intima; ignea, acquosa, nitrosa,alcalina, solforosa, che si espande e la fa interagire con le altremolecole. Non si esclude dunque la gravitazione, ma la si integra inuna triade attiva propria di ogni molecola: peso, forza intimaqualitativa, interazione. Innumerevoli sono le azioni: l’uraganoempie l’aria di polvere, un’emulsione di vapore e sale si solleva colcalore dalle acque, un masso di bronzo preme il suolo mal’intemperia simultaneamente lo corrode239… tutto un rime-scolamento unificato dalla sola energia in quanto tale. Si elimini,dunque, la massa dalle entità fisiche fondamentali e la si vedapiuttosto come energia condensata. Energia che costituiscel’inerzia, fa possibile l’urto, l’arresto, il «riposo» e il «movimento» (secontinuiamo a opporre questi termini).

96 L’energia è una sola, sempre costante. La somma della suafrazione cinetica e della frazione potenziale non cambia240: sesembra esaurirsi nelle interazioni macroscopiche, permane vivanella struttura fine della materia241, e la vediamo infatti, lamateria, sublimare, dissolversi, combinarsi, germinare infiniteforme che denunciano infiniti elementi ognuno con la sua forzaspecifica eterna e indistruttibile. La concorrenza delle forze mettel’universo, dunque, in fermentazione generale.

238 Diderot ha fede nell’estrapolazione cosmologica delleesperienze effettuate a scala locale: «dans l’univers comme dans lelaboratoire». Ivi, p. 395.239 E cosí cade in polvere la pietra che pareva incrollabile, ai cuipiedi gli amanti si giurarono fedeltà. Jacques le Fataliste, OP, p. 604.240 La quantité de force est constante dans la nature; mais lasomme des nisus et la somme des translations sont variables.Principes, OP, pp. 395-396.241 La force, qui agit sur la molécule, s’épuise; la force intime de lamolécule ne s’épuise point. Ivi, p. 395.

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Con questa figura, entriamo nei temi del Rêve de d’Alembert. Lafermentazione va molto bene a indicare la ribollente attività spon-tanea della materia, un divenire cosí assolutamente differenziatoda risultare equivalente all’immobile. Fermentazione significa gene-razione ininterrotta, o che avvenga nel fitto formicolio d’esseri vi-venti dentro la goccia d’acqua, o nell’interezza del mondo organico.Anzi, la goccia, è un buon modello di quell’ammassamento di vitachiuso in sé, immanente, ricco di ogni possibilità, pronto a generarel’elefante o il verme242.

97 L’incostanza assoluta restituisce alla totalità, allora, l’unicapermanenza: il n’y a que le tout qui reste. Il mondo comincia e fini-sce senza posa, è sempre l’istante, in cui ogni possibilità è sempreesplicata: potremmo dire che il movimento nella sua purezza nonha piú contrarietà e quindi in quanto movimento è immobile. Èchiaro dunque: il cosmo è ripiegato su sé, le sue possibilità sono inogni istante attuali. Un altro mondo non esiste:

Il n’en a jamais eu d’autre, et n’en aura jamais d’autre243.

Nell’immanenza esaustiva e fermentante244, il punto di vista delbiologo vede trasformismo. Le specie viventi, perpetuamente con-sumate245, debbono pure perpetuamente empire i vuoti fra le de-

242 Il presupposto metodologico — già accennato — è che le espe-rienze a scala locale siano trasferibili a scala cosmica: «La vase oùil apercevait tant de générations momentanées, il le comparait àl’univers» (Rêve, p. 299). Poco piú oltre si parla di «microcosme».Certo, l’inferenza dalla goccia d’acqua al cosmo, è possibile solo se siammette l’uniformità della natura, ma è precisamente quantoDiderot esclude: Tout change, tout passe, il n’y a que le tout quireste… Dans cet immense océan de la matière, pas une moléculequi ressemble à une molécule, pas une molécule qui se ressemble àelle-même un instant…». (Ivi, pp. 299-300). La difficoltà si risolveosservando che la goccia d’acqua simula il cosmo non in questa oquella determinazione, ma piuttosto nella differenziazione assoluta.243 Rêve, p. 300.244 Sulla fermentazione molto anche gli Eléments de Physiologie,p. es., a pp. 40, 41.245 A scala di vivente particolare: «Tout corps vivant est dans un

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terminazioni specifiche. Poiché il movimento è garante della pie-nezza dell’essere, ad esso spetterà saldare gli anelli della catena co-smica, introducendo sempre nuove specie: Il est impossible qu’il yait un vide dans la chaîne246.

Trasferendo queste idee in dettaglio biologico, risulta un giuoco diadattamenti fra organi e bisogni che senza posa modifica la mate-ria vivente247 e nella rigenerazione la restaura248. La scienza posi-tiva riceve cosí in sé l’impulso del monismo dinamico che Diderotora va conseguendo.

Una sostanza sola

98 La questione teologica, ridotta cosí «esiste una Intelligenza su-

êtat perpetuel de dissipation» (Eléments, p. 123). La vita è squilibrioe continuo compenso via nutrizione.246 Rêve, p. 312. Si noti: nella teoria della conoscenza, la catenaappare interrotta; fra sensazione e sensazione c’è il vuoto che lamemoria colma.247 Rêve, p. 308.248 Cfr. Le considerazioni sulla rigenerazione degli organi, Rêve,pp. 309-310. Diderot si abbandona pure a una quantità di fantasiegenetiche. Lo interessa la fecondazione artificiale dell’uomo (Rêve, p.301) e gli vengono in mente progetti di allevamento in vitro:guerrieri, magistrati, filosofi, prodotti a volontà in una camera calda(Ivi, p. 298). I mostri l’occupano moltissimo, perché provanol’incostanza della specie, (Rêve, pp. 326-328), e del resto nelladifferenziazione dall’unità materiale originaria, la sessualità puòessere considerata qualcosa di mostruoso: il maschio è il mostrodella femmina, e viceversa (Ivi, pp. 328-329). Una volta scatenato,Diderot si lancia nel problema degli incroci fra le specie, condivagazioni (le riferiremo piú oltre) etiche ed estetiche, e giunge aprospettare delle ibridazioni favolose, degli uomini-capre di singolarevigore e intelligenza (Ivi, p. 383). Vedere anche i Bijoux Indiscrets,in OR, pp. 54-55. Né si trascuri la derivazione uomo-scimmia, sucui pure insiste (Eléments, p. 48). Per i mostri, cfr. EMITA HILL,Materialism and Monsters in Le Rêve de d’Alembert, in «DiderotStudies» X, 1968, pp. 67-93.

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prema?» né è indifferente, né va affrontata senza fondamenti, e perprocurarsi questi ultimi occorre analizzare adeguatamente i se-guenti temi:

a) Eternità della materia.b) Plausibilità dell’esistenza di due sostanze, e cioè la materia e lo

spirito.c) Natura dell’uomo e produzione degli animali.Se si dimostra che la materia è eterna, che essa esaurisce com-

pletamente l’essere senza bisogno di spiritualità a lato, e che leforme viventi non hanno alcun bisogno d’un demiurgo ma si spie-gano nella legge naturale, risulta la completa inutilità dell’Intelli-genza suprema. Anzi, Dio costituisce un’ipotesi contraddittoria econfondente. All’attacco dell’Entretien, d’Alembert ne elenca le an-tinomie: in sostanza, si pretende di fare agire Dio sulla materia enello stesso tempo di mantenerlo a un livello d’essere contrario alleproprietà della materia. Ché se, poi, non agisce, allora non serve anulla postularlo, non se ne può inferire nulla.

Oppone, dunque, Diderot, un deismo soddisfatto del Dio ozioso,estraneo al mondo, a un’immanentismo cattivo, che rinuncia asciogliere Dio nella materia. Egli non accetta la prima opzione eneppure pensa a radicalizzare la seconda: un Dio-nella materia sa-rebbe materia, invecchierebbe e morirebbe, sarebbe un non-Dio, equindi l’immanentismo resterebbe contraddittorio.

99 Contro, Diderot propose la tesi propria: riduzione dell’esserealla materia sensibile. In tale riduzione si tratta anche di fugare lapresenza della spiritualità come anima, e di stabilire una continuitàininterrotta fra materia (apparentemente) inanimata e insensibile,ed essenza dell’uomo, senza per questo perdere alcuna facoltàumana.

Il primo passo di quest’impresa è manifestare l’identità fra inor-ganico e organico. La dimostrazione è semplice: un metabolismoininterrotto249 utilizza gli stessi elementi nella pietra e nell’uomo.

249 Negli Eléments de Physiologie precisazioni biochimiche: ilfungo dà all’analisi dell’alcali volatile (ammoniaca) segnocaratteristico del regno animale. Cfr. pure le ottime osservazionidell’editore Jean Mayer, alle pp. LVI - LVII. Per la cultura chimicadi Diderot, da consultare il citato Diderot homme de science, sempre

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Una statua marmorea viene polverizzata e sparsa nel suolo: daquel momento possiamo seguire passo passo l’inserzione del marmonel ciclo cosmico, mediante l’assimilazione da parte delle piante, poidegli animali e degli uomini, finché diventa corpo sensibile. Non solo!Le molecole iniziali faranno parte anche della linea riproduttiva, enient’altro che dalla loro materia vedremo sorgere nuovi soggettipensanti. E del resto, il grande passo da fare era tra inerzia esensibilità; il passo dalla sensibilità al pensiero è molto piú breve eaccettabile250.

del Mayer, alle pp. 171-189, dove è precisata l’influenza del chimicoRouelle. In fondo al capitolo Mayer fa notare che il laboratoriooffriva a Diderot l’esempio degli eventi nell’«athanor universel». Ègiusto, Diderot si trova agli ultimi battiti dell’epoca alchemica.250 Rêve, pp. 258-266 L’inerzia era già dinamica, era energiacondensata, pronta alla sensibilità. Tutto ciò è già dato inpresupposto dal principio della continuità. In uno dei passi incorsivo dell’articolo Animal, che gli appartengono, Diderot scrive:«D’ailleurs s’il est vrai, comme on n’en peut guère douter, quel’univers est une seule et unique machine où tout est lié, & où lesêtres s’élevent au-dessus ou s’abaissent au-dessous les uns desautres, par des degrés imperceptibles, ensorte qu’il n’y ait aucunvuide dan la chaîne, & que le ruban coloré du célèbre Père Castel,Jésuite, où de même de nuance en nuance on passe du blanc aunoir sans s’en appercevoir, soit une imagine véritable du progrès dela nature; il nous sera bien difficile de fixer les deux limites entrelesquelles l’animalité, s’il est permis de s’exprimer ainsi, commence,et finit». (E I, p. 468). Ma il suo presupposto, lo dettaglia Diderot conargomenti e rilievi scientifici: cosí, molto largamente si compiace diargomenti embriologici, e ad esempio descrive lo sviluppo delpulcino dall’uovo. Dapprima due masse inerti e insensibili, l’uovo e ilgerme. Poi sotto l’effetto del calore che eccita il movimento interno,compare il primo punto oscillante, poi un filamento che si stende esi colora, e cosí di seguito per progressiva organizzazione finchél’animale completo s’agita, grida, esce fuori per vivere, soffrire,desiderare e godere. Ma se fra l’animale e me non c’è essenzialedifferenza biologica, perché non credere che anche il mio pensiero, lamia memoria, le mie passioni, provengano direttamente dalla

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100 Resta cosí guadagnata, per Diderot, una supposizionesemplice e tuttavia in grado di spiegare la vita e la spiritualità:ammettere che la sensibilità sia una proprietà generale dellamateria251. Anche se non si vede sempre, c’è sempre, altrimentinon sapremmo spiegarci come mai sorga dalla semplicesistemazione di parti in apparenza inerti. Ciò si comprende anchemediante l’analogia cinetica: si è visto poco prima che, per Diderot,il movimento è inerente alla materia, e che l’apparente riposo non èche tendenza al movimento. Cosí, la sensibilità si può pensare nellavariante inerte, finalizzata a manifestarsi nella variante attivadegli organismi252.

materia «inerte»? Rêve, pp. 275-276. In embriologia Diderot è perl’epigenesi e contro la teoria dei germi preesistenti. I motivi cheadduce sono plausibili: non si può ammettere ragionevolmente cheun elefante fosse preformato nell’ovulo, e dentro l’elefantemicroscopico ancora ce ne sia uno, e cosí via. (Rêve, pp. 266-267 eanche 319). Possiamo leggergli nel cuore: gli organismi sempreidentici e differenti solo nelle dimensioni contrastano con la suateoria della grande chaîne, che per passaggi impercettibili unisce lespecie viventi. Quando D’Alembert obietta: «Mais sans ces germespréexistants, la génération première des animaux ne se conçoitpas», Diderot risponde: non è affatto necessario ritenere che leforme animali siano fisse. «Tout tient dans la nature», unvermiciattolo che si agita nel fango può darsi che si avvii adiventare chi sa quale spaventoso bestione. Pensiamo che ungiorno il sole si spenga, e la vita in generale perisca; pensiamo che siriaccenda: non dovremo credere che tutto cominci da capo e si formiuna nuova generazione di viventi? Né, nel destino delle molecole, èinscritto che esse debbano ricostituire le specie precedenti alcataclisma. La crisi cosmica ha agito su tutta la natura, quindisulle molecole stesse, che ora hanno una storia diversa e quindianche disposizioni nuove a combinarsi. Rêve, pp. 268-269.251 Rêve, p. 276. «Pourquoi ne pas regarder la sensibilité, la vie, lemouvement comme autant de proprietés de la matiere: puisqu’ontrouve ces qualités dans chaque portion, chaque particule de chair?»(Eléments, p. 57).252 Rêve, p. 260. Né si obietti: la sensibilità è indivisibile, e quindi

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L’ipotesi è migliore di qualsiasi altra, ed in particolare, del mec-canicismo cartesiano e dell’ammissione dell’anima. Quanto al mec-canicismo, non trova riscontro nella vita, dove ci appaiono non giàmacchine, ma organismi sensibili, attivi e appassionati253. L’animapoi non serve che a complicare le cose: nell’ovulo c’era un elementonascosto, o forse vi si è insinuato non si sa bene quando? E sequest’anima occupasse spazio, e come sia venuta, e che stesse afare dovunque fosse, non si riesce a determinarlo. Aggiungiamo

non può inerire alla materia, che è divisibile. Ne vediamo, diindivisibili inerenti alla materia, come l’impenetrabilità, larotondità, il movimento. Ogni atomo, per il principio degliindiscernibili, è diverso da tutti gli altri, e quindi possiede una suaqualità, che come tale è indivisibile. Rêve, p. 277.253 Rêve, p. 275. Già nei Bijoux Indiscrets Diderot beffeggiava iVorticoses, i cartesiani, però ancora a favore del meccanicismonewtoniano. (OR, pp. 22-23). Ancora con irriverenza sulla teoriacartesiana degli animali, nello stesso testo. (OR, p. 172). «L’animal,suivant quelques auteurs, est une machine hydraulique. Que desottises on peut dire d’après cette unique supposition». Eléments, p.20. Va citata l’opinione di ARAM VARTANIAN, Diderot eDescartes, Milano, Feltrinelli, 1956 (trad. italiana di GiuseppeGARRITANO). Per il Vartanian il substrato cartesiano nellabiologia materialistica dei philosophes starebbe proprio nella teoriadell’animale macchina. La riduzione cartesiana si tradurrebbe poiin una conversione opposta, da macchina ad animale. Ma non credoche per Diderot il meccanicismo animale rimanga influente. Essoper lui è teologico e serve ad ampliare lo stacco, fra semplicevitalità e pensiero, che invece andrebbe annullato. Ad esempio:Diderot fa presente alla Maréchale che un serpente americanoessiccato e affumicato, perde la vita per riacquistarla in seguito.L’argomento varrebbe contro l’anima e per restringere la differenzafra organico e inorganico, ma la Maréchale risponde: «J’en seraisquitte pour croire que les animaux sont des machines» e rimane aposto con la propria coscienza cristiana. Diderot subito: Et l’hommequi n’est qu’un animal un peu plus parfait qu’un autre…, ma solo perutilità polemica. (Dialogue d’un Philosophe avec la Maréchale de***,OP, p. 544. Il serpente anche in Eléments, p. 29).

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ancora: l’anima sarà eterogenea od omogenea rispetto alla materia.Se è eterogenea, non si capisce perché se ne stesse inerte primadello sviluppo embrionale, e sia diventata attiva dopo lo sviluppo,quasi che il suo manifestarsi dipenda essenzialmente dall’organiz-zazione materiale. Se è omogenea, non è che materia254.

In conclusione: un’ipotesi cosmologica semplice ed efficace, chespiega bene la vita e può spingersi a comprendere il pensiero è laseguente: «Il n’y a plus qu’une substance dans l’univers».

Tentativi antropologici

101 Tale è l’ambito dove ora Diderot cerca di integrare lafenomenologia della coscienza (sentimentale e logicamente pen-sante) per abbattere un fantasma di spiritualità o «seconda so-stanza» appariscente nell’umano. Allo scopo, si tratta di apprestaredei modelli antropologici adeguati ed esplicativi di:

a) Una coscienza immediata e simultanea, che si accende sen-sazione per sensazione.

b) Una coscienza coerente nel tempo, che costituisce la perma-nenza del soggetto. Essa è debitrice della sua continuità alla me-moria, che collega i bagliori della coscienza immediata255.

102 Il modello dell’uomo cembalo esprime bene quanto sopra. Sipensi l’organizzazione materiale dell’uomo simile a quella di unclavecin, dotato di «corde vibranti sensibili». Le corde, una voltacolpite, risuonano lungamente, e le loro sonorità hanno dueproprietà:

a) Continuano a rimanere presenti alla coscienza anche mentre

254 Rêve, p. 276.255 Rêve, pp. 269-271. Anche: «La memoire constitue le soi. Laconscience du soi et la conscience de son existence sont differentes.Des sensations continues sans memoire donneraient la conscienceinterrompue de son existence; elles ne produiraient nulle consciencede soi». Eléments, p. 244. Mancare di memoria, prosegue lo stessotesto, equivarrebbe a un passare continuo tra veglia e sonno, traessere e nulla. Diderot ammette cioè una teoria puntuale dellesensazioni, fra le quali è il buio, il vuoto. Questo buio viene saltatodalla memoria.

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nuove corde sono colpite. Cosí è possibile pensare paragonandooggetti diversi, ad esempio affermando o negando una qualità di uncerto ente.

b) Per risonanza suscitano altre vibrazioni di altre corde. Si hannocosí le associazioni di idee, che nel movimento impreveduto delle ri-sonanze si spingono all’infinito.

Orbene, se l’uomo-cembalo è inventato per abbattere la distin-zione fra «le due sostanze», non vi riesce di certo. Si può infatti an-notare facilmente che la coscienza simultanea rimane pur sempreuna condizione per la coscienza temporalizzata; e piú a fondo: tuttolo schema, che pretenderebbe di spiegare materialmente la co-scienza, si presenta già nell’ambito della coscienza: le corde che ri-suonano richiedono un musicista (un filosofo) intento ad ascoltarle,una coscienza trascendentale.

103 Tale la difficoltà appunto che Diderot si solleva, pel tramitedi d’Alembert256, a cui cerca di rispondere: musicista e cembalosono la stessa cosa, o meglio sempre lo stesso cembalo, una voltadotato di sensibilità e un’altra di memoria. Esso è capace di ripeterele arie che gli sono state suonate su, ecco tutto257. Altrimenti,

256 Vous faites de l’entendement du philosophe un être distinct del’instrument, une espèce de musicien qui prête l’oreille aux cordesvibrantes, et qui se prononce sur leur consonance ou leurdissonance. Rêve, p. 273.257 Il modello a cembalo, lo utilizza pure Diderot per spiegare il lin-guaggio intersoggettivo. Molto semplice: si tratta di clavecins che,perfettamente identici, danno gli stessi suoni; le interiezioni sonouguali e in tutte le lingue. I riflessi condizionati hanno assuefatto ilclavecin a emettere certi suoni a seguito delle gratificazioni e deitraumi ricevuti da altri clavecins. Anche il procedimento razionalesi spiega bene: non è che riferire, sempre via cembalo, l’effettivolegame fra degli eventi che la natura unisce. E perfino si spiegal’idealismo: il delirio di un cembalo che pensa di essere unico almondo. (Rêve, pp. 278-279). Su questi temi, un articolo di JacquesProust raccoglie e dipana con pazienza la fortuna della «cordasensibile», nei suoi risvolti non solo filosofici, ma anche poetici.Proust dedica interessanti richiami all’abate Castel (che tantoaffascinava Diderot), spazia tra Filolao e La Mettrie indica la

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ammettiamo pure che cembalo sia la sola organizzazione corporea,e che il suscitarlo spetti all’anima; ebbene, sarebbe una spiegazioneassurda, bisognerebbe pensare a un musicista senza tatto, senzaorgani, senza localizzazione, essenzialmente eterogeneo rispetto alsuo strumento. Tutto ciò è inaccettabile, appare molto piú sempliceridurre l’anima alla stessa organizzazione, alla stessa vita258: cosíDiderot sfugge al problema riimmettendo l’anima nella fermen-tazione cosmica.

Ma inserito nella mobile continuità, l’uomo è un transitorio ag-gregato di punti viventi, poiché Diderot allea l’atomismo alla sen-sibilizzazione della materia. Occorre dunque, anche per bandire ogniresidua fede essenzialistica o animistica, spiegare il modo di con-vergenza di questi punti nell’unità cosciente.

104 Il problema è enunciato con nettezza259: Si ammette comeevidente l’unità della mia coscienza. Dunque debbo spiegare come leparticelle sensibili a) abbiano potuto, dalla loro eterogeneità, resti-tuire l’unità; b) abbiano potuto perdere coscienza e proprio da taleperdita edificare una coscienza unitaria e nuova.

Diderot risponde indicando l’errore di confondere la contiguità conla continuità. Si presuppone che fra i punti viventi non ci sia checontiguità e aggregazione, mentre può benissimo esserci continuitàe fusione. Egli non può dimostrare rigorosamente la continuità frale particelle sensibili, ma può darne utili indizi e analogie260. Ad

prosecuzione che nella poetica fra Claudel e Verlaine possono averefigure di corde risonanti in misteriose simpatie. Bella la notazionesul Neveu de Rameau: Rameau è non solo uomo-cembalo ma uomoorchestra. La difficoltà che il cembalo presupponga un sonatoredistinto si risolve nel fatto di Rameau, che «joue de son propre corpscomme d’un instrument». (JACQUES PROUST, Variations sur unthème de l’Eutretien avec d’Alembert, in «Revue des SciencesHumaines», 1963, pp. 453-470).258 L’organisation et la vie, voila l’ame. Eléments, p. 306.259 Rêve, pp. 288 e 306.260 Di passaggio, Diderot cita anche l’esperienza della continuità.Dice Mlle de l’Espinasse: se poggio una mano sulla coscia, dapprimami avvedo che sono due membra diverse, ma un po’alla volta, conl’uniformarsi della temperatura, non le distinguo piú. I loro limiti si

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esempio, con uno sciame d’api: esso non solo simula un animaleunitario, ove le sensazioni si propagano, ma può davvero diventaretale, se (immaginiamo), vi si perdono le individualità singole, se lezampe delle api si pensano rammollite e fuse, se da contigue diven-tano continue. Qui soccorre una recente scoperta dell’epoca: il«polipo» di Trembley. E cioè l’idra che è capace di rigenerarsi, setagliata, proprio come se consista di tanti animaletti indipendenti,riuniti sí in colonia ma, se è il caso, in grado di riprodursi per contoproprio261.

Del polipo, molto Diderot compiace il suo curioso spirito; e se neavvale per continuare a eliminare il dualismo262. Ammesso che gli

confondono, ed esse fanno tutt’uno. Bordeu però obietta che nonappena si pizzica l’uno o l’altro membro, la distinzione risorge. Ivi, p.307. Altra esperienza, che vale analogicamente, è quella delmercurio: come le goccioline di mercurio si fondono intimamente,cosí può anche andare benissimo delle molecole viventi. Rêve, pp.289-290.261 Ivi, pp. 294-295. Va ricordato in proposito un passo di Boyle incui si faceva uso dello sciame per rappresentare la globalità chederiva dalla coesione dei corpuscoli. Nel paragone di Boyle, losciame serve pure ad esempio di movimento interiore, pur se incomplesso non apparente, dei corpi. Cfr. ROBERT BOYLE, TheWorks, edited by Thomas Birch, London, 1772, vol. I, pp. 398-399.262 Esempi di polipi umani: le sorelle siamesi Elena e Giuditta.Anche se attualmente l’uomo non si rigenera proprio come unpolipo, si può immaginarlo: in Giove, in Saturno, potrebbero esserci«polypes humains» che si scambiano il sesso; e su questa strada sipuò anche pensare all’uomo «se résolvant en une infinité d’hommesanimalcules». Il risolversi significa continuare del ciclo della vita efors’anche diventare l’origine di nuove specie viventi. (Rêve, pp. 297-298). Tutti i nostri organi «ne sont que des animaux distincts» tenutiinsieme dalla legge di continuità (Ivi, p. 293). Hanno sensazioniproprie, (Ivi, p. 322), e propria volontà (Ivi, p. 342-343; Eléments,pp. 283-285 e passim). Come avviene, in questa concezionecoloniale (che Diderot chiama «monastique» ) che si conservi l’unitàdella coscienza? C’è uno «spirito di corpo» fra le api-punti viventi, lecoscienze puntuali si fondono in quella generale grazie alla lentezza

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organi formino nell’organismo una colonia, una specie di federazionein cui ogni federato gode d’una rilevante autonomia e d’una specia-lizzazione distinta, sembra possibile affidare a certi organi il sup-porto della coscienza, anzi risolvere nella loro specializzazione ma-teriale la coscienza stessa.

105 Qui interviene un altro modello, figurativamente simile alpolipo: il modello a ragno e tela. Un ragno sta al centro della suatela (egli medesimo l’ha prodotta) vigile e pronto ad accorrere nonappena un filo sia scosso, sul luogo della perturbazione, e rapidopure a sfuggirne via tornando al centro263.

e alla gradualità del metabolismo, che non cambia mai i puntiviventi tutti in una volta. (Rêve, pp. 342-343). Cuore, stomaco ecervello sono tre animali distinti (Eléments, p. 106). L’organo hauna psicologia propria, si contrae a guisa di un bambino che stringele labbra per non inghiottire qualcosa di sgradevole (Ivi, p. 131). Fragli organi importantissima è la fibra vivente unitaria e continua(Rêve, p. 290). Essa è in fisiologia altrettanto fondamentale che lalinea in matematica (Eléments, p. 63). La figura del polipo, em-blema di espansione della vita, si ritrova anche a proposito delladistinzione tra logica filosofica e logica oratoria. Nella seconda, imomenti del procedimento logico si ramificano e si riproducono aguisa di polipo, e danno luogo (come fa il polipo, riproducendosi pergemmazione) a tanti ragionamenti indipendenti. (Lett. a Falconetdel 17 marzo 1766, in Diderot et Falconet, Le Pour et le Contre,introd. e note di Yves BENOT, Paris, Editeurs Français Réunis,1958, p. 137.263 Rêve, pp. 314-315. Il ragno cerca di risolvere il dualismo che ri-mane nel cembalo. Pur essendo infatti diverso dalla tela, le è inaltro modo identico, perché la secerne. È come un tessitore che fatutt’uno col suo telaio (Eléments, pp. 22-23). Negli stessi Eléments,il sistema nervoso è paragonato anche a una «ecrevisse, dont lesnerfs sont les pattes…» (Ivi, p. 87). C’è una questione che ferma alungo Diderot. Eccola: per la legge di continuità la trasmissione deglistimoli dovrebbe provenire da tutto l’universo. Già solomeccanicamente, se si dà un colpo all’estremità d’una trave, levibrazioni raggiungono il mio orecchio applicato all’altra estremità.A maggior ragione, gli stimoli cosmici non dovrebbero propagarsi

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Cosí per la coscienza si può pensare una localizzazione precisa, unpunto originario dal quale il sistema nervoso è stato secreto, comedal ragno delle viscere i filamenti, formando un fascio chel’embriologo sa seguire e definire ontogeneticamente. Il fascio, o re-ticolo nervoso, basta a costituire già da solo un sistema atto a rile-vare alcuni stimoli semplici, un soggetto pur entro forti limiti co-sciente.

Nel corso dello sviluppo, il fascio nervoso raggiunge superiori dif-ferenziazioni e si dettaglia in organi in senso variato; c’è un fondo disensibilità tattile comune (è l’asserto ancora della Lettre sur lesAveugles) ma specificamente ogni organo ha un proprio senso; e lo-calizzato nell’organo, non nella centrale di coscienza. Se la sensa-zione fosse propria del centro, non sapremmo immediatamente, adesempio, d’un dolore al dito; ma sapremmo che c’è dolore e do-vremmo impegnarci con osservazione ed esperienza per trovarne la

fino al mio sistema nervoso, dato che l’universo intero è unacontinuità di punti sensibili? Dovrebbero certo, ma nel fatto non liavverto. La risposta: a) La continuità microscopica vienesopraffatta e interrotta dalla discontinuità macroscopica. b) Co-munque nulla prova che io non avverta quegli stimoli inconscia-mente, di modo che gli intervalli relativamente vuoti e pienispengono gli stimoli lontani. c) Comunque, la lontananzaaffievolisce gli stimoli e li porta sotto la soglia percettiva. Perchéquesta discussione abbastanza accurata? Mi pare di comprendere:perché Diderot tende a escludere la figura di un soggetto in grado disapere tutto circa l’universo, cioè Dio. Intanto è molto difficile, postala teoria della percezione suddetta, ammettere che si realizzil’onniscienza. D’altra parte, se pur si pensa a un universo-animale,con tanto di ragno centrale e di fílamenti diffusi dappertutto, sipotrebbe anche dire che il ragno cosmico è Dio, ma un Diomateriale, che nasce, cresce e muore. Tutte queste considerazioniin Rêve, pp. 315-317 (oltre che in Eléments, e nel Salon del 1767). Il«materialismo di Diderot» comprende anche i «miracoli». Se losviluppo della materia si dialettizza nell’intelligenza si può pensarea porzioni di materia intelligente molto energica, con laconseguenza di ogni specie di «prodigi», del resto spiegabili con lafisica magari un po’complicata. Rêve, p. 318.

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sede. Il darsi della sensazione manifesta invece tutto il contrario: lasensazione è saputa sul posto stimolato.

Come prova, si fa pure osservare che le lacune sensoriali dipen-dono dalla privazione dei filetti nervosi recettori. La dissezione d’unciclope prova che egli possedeva un solo filetto ottico, non due264.

106 Si ha dunque il seguente disegno: la differenziazionedell’origine materiale conduce all’antitesi fra organo della coscienzae organi periferici della sensazione, dell’appetizione e dellavolizione265. Il piacere e il dolore si localizzano nelle zampe-fili delragno, ma è il ragno stesso a definire quei sentimenti qui o là, senzaesso medesimo provarli. Il rapporto invariabile e costante delleimpressioni alla origine comune costituisce la tanto cercata unitàdell’animale. La storia della propria vita e del proprio esser sé, ècostituita dalla memoria delle impressioni successive. Il centrodella rete, il ragno, paragona e ricorda: pensa. E, pensando, nonsente, ma solamente valuta e conosce:

Ce réseau… n’a à son origine aucun sens qui lui soit propre; ne voitpoint, n’entend point.. il siège, écoute, juge et prononce…266

107 L’opposizione fra centro del reticolo nervoso e diramazioniperiferiche non è solamente funzionale; c’è fra essi un forterapporto competitivo. La periferia è tendenzialmente ribelle, ilcentro dominante. Prevalga il controllo centrale, e allora un saldo«despotisme» mantiene l’organismo padrone di sé, calmo,equilibrato. Prevale la periferia e allora una confusa «anarchie»precipita nella dissennatezza.

Non che l’importanza delle fibrille nervose periferiche, i brins, filetsle chiama Diderot, non sia grande. Tutt’altro! Dalla loro integritàdipendono le prestazioni piú elevate. Che sarebbe il primo geniodella terra, un Newton, senza nervo ottico, nervo uditivo, che

264 E a difetti nei filamenti nervosi o nella loro organizzazione siconnettono pure le peculiarità dei mostri. Rêve, pp. 320-329.265 Sull’appetito e il volere ristretti ai diversi organi torna il para-gone delle api: «Les abeilles perdent leurs consciences et retiennentleurs appétits ou volontés». (Rêve, p. 343).266 Rêve, pp. 330-331. Cerveau, cervelet, moëlle allongée, moëlleepiniere sont insensibles. Eléments, p. 85.

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sarebbe se il suo reticolo nervoso fosse malamente aggrovigliato?Una massa di carne stupida, solo capace di vivere e sentirel’immediatezza del momento.

Ma pur se cosí intimamente decisivi alla personalità, i filetti ner-vosi da soli non combinano che follie. Vanno controllati; certo il con-trollo non riesce del tutto, e cosí insorgono i sogni, le illusioni, certevaganti fantasie in cui uno s’inganna gravemente su sé stesso267.In definitiva, l’immagine dell’organismo equilibrato è quella di un’or-dinata tensione di fibre nervose, mantenuta dal centro dominante;come si vede, è il modello del cembalo che ritorna, questa volta conla richiesta di una buona accordatura268.

267 «Il vient un moment où presque toutes les jeunes filles et lesjeunes garçons tombent dans la mélancolie; ils sont tourmentésd’une inquiétude vague qui se promène sur tout, et qui ne trouverien qui la calme». Credono di avere la vocazione religiosa: «Ilsprennent pour la voix de Dieu qui les appelle à lui les premiersefforts d’un tempérament qui se développe». (Fataliste, OR, p. 672).La responsabilità è nelle terminazioni nervose: «Les reves desjeunes personnes dans l’etat d’innocence viennent de l’extremité desbrins qui portent à l’origine des desirs obscurs, des inquietudesvagues, une melancolie dont elles ignorent la cause… Elles prennentcet êtat pour de l’inspiration, le gout de la solitude, de la retraite, dela vie monastique» (Eléments, pp. 260-261). A parte la riduzionefisiologica, questi passi sono fini, e potrebbero corrispondere a realiesperienze adolescenti che Diderot ebbe.268 Rêve, p. 354. Ed ancora, ecco alcune deduzioni dal modello de-scritto: L’immaginazione. Ripresa la teoria dello «strumentosensibile», l’immaginazione (mémoire des formes et des couleurs)consiste nel preventivo montaggio dello strumento, a causa di unqualche spettacolo. L’intervento d’un’ulteriore stimolo lo rimette inmovimento, sí che freme e risuona e scatena gli armonici e leassociazioni d’idee. Da notare: lo strumento può anche rimontarsi«de lui-même». È sempre lo svincolo della materia da sé stessa cheappare. (Rêve, pp. 367-369). L’astrazione. «Toute abstraction n’estqu’un signe vide d’idée». È il risuonare a vuoto del cembalo. (Ivi, p.369). Illusioni e sogno. Gran numero di illusioni, quando il «giudice»,l’origine del faisceau, si sbaglia, e quando entra in gioco la relativa

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108 La barriera all’integrale riduzione monistica è cosí piú ag-girata che abbattuta, e Diderot deve risolversi a stare nel sogno co-smologico e in un fitto accumulo di congetturali dettagli. Li seguire-mo.

Torniamo alla localizzazione della coscienza. Essa viene suggeritaanche dal fatto che ogni recettore non riceve che impressioni isolatee discrete, ma l’organo di registrazione e valutazione centrale ricevetutte le impressioni, le organizza nella memoria e rapporta a un sé.Deve quindi avere un luogo di raccolta ed elaborazione269; ed ineffetti quando le sensazioni sono fra loro equilibrate, ci si senteesistere «in un punto del cervello». Se invece l’attenzione dell’organocontrollore si porta sul posto dello stimolo, pare d’esistere comeocchio vedente, dito che tocca, naso che fiuta. C’è proporzionalitàinversa fra coscienza centrale e eccitazione periferica: quando si èvivamente affetti dalla musica, dalla pittura, dal solletico, o incombattimento, non si pensa.

A riprova della teoria giunge la sperimentata importanza che

indipendenza dei brins. (Rêve, pp. 332-336). Il sonno è lo stato diquiete del réseau, «état où, soit lassitude, soit habitude, tout leréseau se relâche et reste immobile». Ma i filetti particolaricontinuano ad agitarsi inviando segnali all’origine. È il sogno, piú omeno scucito (Ivi, 360-361). Sul sogno cfr. pure Bijoux, XLII, pp.159-163. «Le reve decousu vient du mouvement tumultueux desbrins: l’un fait entendre un discours, l’autre excite un desir, untroisieme suscite une image. C’est la conversation de plusieurs per-sonnes qui parlent à la fois de differens sujets». Eléments, p. 260.Nella Lettre sur les sourds et muets si prospettava il caso dellacomunicabilità fra i sensi separatamente presi. Il caso del sognoscucito è analogo; il sogno torna a senno quando interviene ilcontrollo centrale; analogamente per i sensi della Lettre sarebbe oc-corso un sensorio comune.269 Rêve, p. 353. La conscience n’est qu’en un endroit. Diderotdistingue la funzione motoria da quella sensitiva. I segnali motorivanno dal centro alla periferia: «La tête peut bien commander auxpieds, mais non le pied à la tête; l’origine à un des brins, mais nonpas le brin à l’origine». Invece la sensazione, che si localizza nelbrin, è saputa dall’origine.

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hanno manovre sul cervello: il chirurgo La Peyronie, avendo ope-rato un malato d’ascesso al cervello, inietta nella cavità residua unsuo liquido che, col peso e la pressione, mette il paziente in coma.Levando il liquido ecco il paziente tornare alla coscienza270.

109 Impiantata nell’organo centrale, la coscienza è piuttostolabile. Basta poco per toglierla e cambiarla. Uno cade e si provocaun trauma cranico, e ricade in infanzia. Poi si riprende, impara nuo-vamente a leggere e scrivere, si forma una personalità nuova.«Derangez l’origine du faisceau, vous changez l’animal»271.

Proprietà dell’origine, la coscienza, perché tale è la memoria272.Abbiamo visto che spetta alla memoria formare la continuità delsé, aggiungiamo che oltre alla memoria cosciente ce n’è una inco-sciente. L’infinita diversità delle cose, l’aspetto delle sabbie e dellefoglie, il variare dei verdi e delle luci, la moltitudine delle voci umane,tutto in noi esiste a nostra insaputa: da sveglio, Diderot rivede leforeste della Westfalia e della Polonia, con tutti i loro colori; nelsonno, riappaiono i quadri, i concerti e gli spettacoli teatrali di venti,trenta anni fa. Ma ci sono anche osservazioni non introspettive; unoperaio che si dilettava di teatro, è attaccato dalla febbre, e neldelirio recita intere scene delle quali nulla ricordava allo stato lucido.Un bimbo portato via dalla Russia, dimentica il russo, ma, semprenel delirio, lo parla273.

110 La potenza prodigiosa della memoria, la sua straordinariaricettività e fedeltà, implicano allora che essa non alteri conl’intervento specifico della materia cerebrale le forme memorizzate.Diderot fa il paragone d’una molle cera atta a ricevere impronte,paragone non proprio originale, ma aggiunge subito che questa ceradeve essere:

270 Rêve, pp. 331-33. Esperienza simile in Eléments, pp. 84-85.271 Rêve, pp. 344-346. Si tratta dell’incisore Schellemberg.Similmente argomenta in Eléments, pp. 84-86, 236-237 e passim.In questo tipo di esperienze sta il caso delle gemelle siamesi (Rêve,pp. 336-340), che muoiono e rivivono a turno secondo che prevalgal’organo centrale dell’una o dell’altra.272 La memoria è «La propriété du centre, le sens spécifique del’origine du réseau». Rêve, p. 354.273 Cfr. il capitolo degli Eléments dedicato appunto a «Memoire».

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Susceptible de toutes sortes de formes, n’en perdant aucune de cellesqu’elle a reçues, et en recevant sans cesse de nouvelles qu’elle garde.

Di piú, la memoria deve essere identica al ricordante: richiestaidentica a quella che si faceva per il cembalo e che ora Diderot silimita a porre come rilievo di fatto. La memoria, dunque è un libro,ma un libro che è il suo stesso lettore:

Voila le livre. Mais oú est le lecteur? Le lecteur c’est le livremême…274

Poiché la memoria non fa ostacolo ad alcuna forma, le assumetutte. Ma non si hanno che ricordi incompleti, e bisogna dunqueammettere che il registro della memoria sia parzialmente incon-scio275. Cosí, tra sfera conscia e inconscia, la memoria fa da unionefra la materia del cervello e gli oggetti registrati, e non v’è limite ache quest’unione comprenda la totalità, dato che – ripetiamo – lamemoria non fa alcuna resistenza all’impianto della traccia mne-stica E si prospetta per Diderot la grandiosa prospettiva d’unamemoria totale che realizzi l’unità con la natura, l’unità cosí cer-cata nell’indagine scientifica e nel sogno cosmologico:

La memoire immense ou totale est un êtat d’unité complet. Lamemoire partielle, êtat d’unité incomplet.276

111 È qui che la dialettica materiale prende un esito molto somi-gliante allo «spirito». Nel sistema nervoso centrale essa infatti im-

274 Citazioni da Eléments, p. 243.275 Annota il Mayer: Ainsi Diderot affirme l’existence et l’actiond’une mémoire inconsciente. Eléments, p. 237 nota.Quanto all’inconscio, cfr. pure FUNT, Diderot and the Esthetics, cit.,pp. 177-178. Qui si pone piú mente alla psicologia della percezione:vi è un «unified and continuous field of sensation below the level ofconsciousness». Sempre secondo il Funt, per Diderot il campo disensazione inferiore preme verso la coscienza, prendendo la via dellinguaggio analitico, oppure restando fedele alla sua propriaessenza sensibile: But the primitive unity of sensation alsoestablishes the possibility of a more direct form of expression,which is art.276 Eléments, p. 245.

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partisce alla materia una duplice definizione:a) Ente caratterizzato da una completa esenzione da resistenza

propria, disposto ad assumere tutte le forme fino alla totalità.b) Ente non passivo né indefinitamente mobile. Esso infatti

placa con energico intervento, l’anarchia della frazione materialesibi permissa, il sistema periferico; blocca e riassume l’indefinitofluire, lo conserva in stabile diario sempre disponibile.

È una materia quindi poco «materialista», che piuttosto rivelacome un’efficace immobile energia la quale si impone indefettibile enascosta nella sempre presente memoria; l’energia della natura-istante, già tutta attuata nelle infinite determinazioni277.

112 E a questo punto, che dire del materialismo in Diderot? Aparte le colorazioni storiche di questa dottrina, potremmo ingenerale indicare come materialismo una teoria filosofica checonosce soltanto il movimento e affida all’ente mobile sia l’attivitàche la passività.

Ma sembra che Diderot conosca anche l’immobile con attivitàesente da ogni passione. Da questo punto di vista si riuscirebbe dif-ficilmente a classificarlo nei «materialisti», almeno in manieraesauriente278.

277 Ou plutôt, il n’existe ni commencement, ni fin. La vie et lamort sont solidaires, la création un éternel présent. Cosí JEANFABRE, introduzione al Neveu de Rameau, Genève, Droz, 1963, p.LXXIII.278 Si è discusso sul materialismo diderotiano, e lo si è trovato al-meno ambiguo. Già Paul Janet tendeva a escluderlo, facendopiuttosto (il che è profondo) Diderot quasi un preidealista: «Nuldoute qu’une philosophie comme l’idéalisme allemand de notre sièclene l’eût facilement conquis. Ce ne sera donc toujours qu’avecquelques réserves que l’on devra donner à Diderot la qualification dematérialiste, en ajoutant que son matérialisme, s’il mérite ce nom,est d’un ordre supérieur à celui de d’Holbach, d’Helvétius, et deLamettrie» (La Philosophie de Diderot, la dernier mot d’unmatérialiste, «The nineteenth Century», aprile 1881, p. 708). Questosaggio rispondeva all’uscita della recente edizione A.-T., con laRéfutation suivie de l’Ouvrage d’Helvétius intitulé l’Homme.Quest’opera tarda opponeva a un «materialismo» rigido e grossolano

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D e t e r m i n i s m o e l i b e r a z i o n e

113 Agisco cosí e cosí, sono io, perché dovevo esserlo279. Seagissi diversamente, sarei un altro280. Il mio destino non è nulla diindipendente né superiore rispetto alla totalità, la quale lo travolgecol suo flusso e cambiando lo cambia281; e non c’è neppure lasoddisfazione di vederci chiaro, in quel destino, perché la tenebral’avvolge (conseguendo alla sfuggenza medesima della totalità) dalprincipio alla fine282. Solo, posso sapere che l’uomo emerso dallafermentazione generale della vita tornerà ad essa, come una dellesfumature283.

una concezione piú globale e articolata in ogni momento(antropologico, cosmologico). Si veda in proposito il saggio diDOUGLAS GEORGE CREIGHTON: Man and mind in Diderot andHelvétius, P.M.L.A., settembre 1956, pp. 705-724. Al termine diquesto capitolo, che molto ha seguito il Rêve de d’Alembert, va ram-mentata una bella notazione: «Se la prima esposizione della scienzanaturale di Diderot era cosí compiuta da un aveugle-né, quellaultima e definitiva era affidata, nel Rêve de d’Alembert, ad un uomoaddormentato». Cosí ARAM VARTANIAN, Diderot e Descartes, cit.,p. 179. E, sempre nel lasciare un certo versante del pensierodiderotiano, segnaliamo l’utilità che ivi ha, non solo per il lettoreitaliano, l’edizione delle «Opere Filosofiche» fornita da PAOLOROSSI (Milano, Feltrinelli, 1967).279 Je suis donc tel, parce qu’il a fallu que je fusse tel. Rêve, p. 310.280 Assurer qu’au moment où je fais ou dis une chose, j’en puis direou faire une autre, c’est assurer que je suis moi et que je suis unautre. Rêve, p. 364. Stessa idea in Jacques le Fataliste, OR, p. 498.281 Changez le tout, vous me changez nécessairement; mais letout change sans cesse… Rêve, p. 310.282 D’où viens-je? Qu’étais-je d’abord? A quoi m’en retourné-je?Quelle est la sorte d’existence qui m’attend? Sous quelle enveloppeserai-je destiné à me reproduire? J’ignore toutes ces choses.Eléments, p. 328.283 Qui Diderot rammenta l’a lui tanto caro cembalo colorato delPère Castel. E prosegue negando che possa darsi qualcosa come es-

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Questo insistente determinismo trova argomenti serrati e raffi-nati piú che l’invocare la necessità fisica di natura284. Nel sogno,pare che la volontà sia assente o sopraffatta, che manchi la libertà.Ebbene, non c’è distinzione rigorosa fra il sonno e la veglia, né lalibertà che neghiamo al sogno possiamo, sulla base di tale di-stinzione; attribuirla alla veglia.

Del resto, non basta il comportamento a provare che uno agisceliberamente e non è invece un sonnambulo o addirittura una mac-china. Guardate d’Alembert immerso nelle meditazioni geometri-che; sembrerebbe attentissimo e deliberante, e invece sotto il do-minio dell’interesse che lo attanaglia si muove per pura abitudine esenza sapere né ricordare quel che fa, proprio come una macchina.Ed in verità, la differenza fra macchine animali e macchine inor-ganiche consiste solamente in questo: che alla macchina vivente imovimenti sono «accompagnati» da volontà, e ad una di ferro e le-gno non lo sono.

Circostanza, quasi libertà

114 Malgrado cosí dure premesse, il determinismo trova in sé diche rovesciarsi o persino negarsi, quando diverse serie di eventideterminati s’incrociano e lottano per sprigionare ognuna la propriafatalità. È allora la circostanza imprevedibile e rischiosa, il conflittofra le norme avverse, una quasi libertà parente del caso.

Rameau285 è determinato all’immoralismo da un fondo genetico

senze nell’infinito svariare, dove non un atomo è uguale all’altro: Etvous parlez d’essences, pauvres philosophes! laissez là vosessences. Rêve, p. 312. Svanendo le essenze in genere, anchel’essenza o forma anima si dilegua col suo contorno di libertà,volontà, individuazione.284 Come nella celebre Lettera a Landois (29 giugno 1756, Corr. I,pp. 214 215 dove appare la dominatrice «loi générale de la nature».285 Citiamo Le Neveu de Rameau dalle comode OR (che del resto sirifanno all’edizione fondamentale di Monval), e abbreviamo conRameau. Ma va assolutamente ricordata l’edizione di Jean FABRE(che pure abbiamo avuta presente), Genève, Droz, 1963. Egli ètornato al manoscritto sul quale si fondava Monval, serba

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che si combina con acquisizioni sociali di raffinatezza estetica e sirafforza con altre acquisizioni di insensibilità alla virtú. La ribelle,anarchica energia che in questo impasto preme si scontra con lenorme della moralità vigente; per un verso Rameau non si realiz-zerà mai a pieno, per l’altro è la sofferente incarnazione del deter-minismo naturale a conflitto col determinismo storico. Risultato, uncomportamento anomalo, imprevedibile, apparentemente spon-taneo e liberissimo286.

115 In Jacques le Fataliste287 lo schema è piú complicato.a) Vi è l’opposizione fra il Maître e Jacques. Il primo, vero au-

toma, freddo, pieno di comportamenti iterati e coatti, come guar-dare l’orologio, prendere tabacco senza posa288. Il secondo, sangui-gno, fiero, francamente disposto a passarsela bene e con una vi-cenda variata e avventurosa. Jacques è la libertà della naturaaltrimenti asservita che riesce a dominare l’automatismo dellaregola.

b) Ma questa libertà ribelle è determinata e determinante. QuandoJacques dichiara al Maître la propria necessità nel rapporto servo-padrone, aggiunge:

Si vous vouliez vous opposer à la volonté de la nature, vous n’y feriezque de l’eau claire.289

l’ortografia originale e correda il tutto di note e bibliografia moltovalide. Con fare brillante ma profondo intento, Fabre restituisce alNeveu de Rameau la sua forza liberatoria, confinante nell’anarchia,tale da mettere in causa non una cultura, ma la cultura (cfr.specialmente pp. LXXVII, LXXIX, LXXXIII).286 Rameau, pp. 473-474. «A quoi que ce soit que l’hommes’applique, la Nature l’y destinait», p. 485.287 Citiamo Jacques le Fataliste ancora dalla comoda raccolta diOR, abbreviando in Fataliste.288 Fataliste, pp. 515-516 e passim. M. de Guerchy e il suo rivale,con la loro coatta pulsione al duello, altri automi. Cfr. pure: «les troisquarts des hommes et toutes les femmes ne sont que desautomates». Bijoux, p. 111.289 Jacques ha litigato col Maître, e ha fatto pace. Ma oradichiara di essere lui il vero padrone, e «je sais que vous ne pouvez

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Jacques infatti, convinto seguace di Spinoza, si sa e si accettanell’assoluta necessità naturale. Egli ritiene che una storia umanaabbia da seguire il proprio destino né piú né meno fatalmente di unapalla che rotoli per una china montana290.

c) Insistiamo sul determinismo che Jacques afferma. Un evento,del quale Jacques si sappia causa, è necessario, perché la causa èuna e quindi non può avere che un solo effetto. Capita che Jacquesimponga il rispetto a un gruppo di gradassi e li spedisca a letto. Eavrebbero potuto rifiutare di coricarsi? No, perché non l’hanno rifiu-tato. I fatti sono quel che sono, se qualcosa c’è, bisogna che cisia291.

d) Ma le linee deterministiche si incrociano nella circostanza ca-suale e imprevedibile. Già questo accade per lo stesso incontro diJacques e del Maître: «Comment s’étaient-ils rencontrés? Par ha-sard, comme tout le monde»292. E tutto il romanzo si sviluppa cosí,per infinite ramificazioni ogni volta che una serie di eventi ne incon-tra delle altre; l’opera risulta un molteplice, aperto pullulare in cuisempre la circostanza apre nuovi getti293. Il singolo, preso in questo

pas vous passer de moi, j’abuserai de ces avantages toutes etquantes fois que l’occasion s’en présentera». Fataliste, pp. 664-665.290 Jacques è monista: «La distinction d’un monde physique etd’un monde moral lui semblait vide de sens. Son capitaine lui avaitfourré dans la tête toutes ses opinions qu’il avait puisées, lui, dansson Spinosa qu’il savait par coeur». Fataliste, pp. 670-671.291 Puisqu’une chose est, il faut qu’elle soit. Fataliste, p. 756.292 Fataliste, p. 493.293 Jacques col ginocchio ferito viene raccolto da una pietosacontadina che si trova sulla porta di casa: «Eh, que diable faisait-elle à sa porte?» (Fataliste, p. 507), commenta il marito dellacontadina: tutto dipende dall’intersezione di due determinismi, chehanno portato la oontadina alla soglia di casa e Jacques a passarledavanti. Altro episodio: l’acquisto del cavallo del boia. La suapredilezione per i patiboli si scoprirà solo quando se ne conoscerà ilpadrone, fino allora sembrerà strana e malaugurante, e invece nonsi trattava che di una causalità nascosta. Il cavallo del boia siprecipita a casa del padrone, fa urtare Jacques con la testa ad unarchitrave, e sorge una nuova circostanza cruciale. Stavolta è il

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groviglio, risulta sí determinato, ma, fra i destini necessari,innumeri sono possibili294.

L’etica antirepressiva

116 Caso e necessità, la quasi libertà della circostanza, nondovrebbero bastare affatto a costruire un’etica dove manche-rebbero la responsabilità e la scelta. La Natura non sarebbe nep-pure utile per qualificare dei valori, perché avvolge tutto: «Tout cequi est ne peut être ni contre nature ni hors de nature»295. Jacquesnon conosce vizio né virtú, ma solo piú o meno fortuna.

Tuttavia Diderot produce egualmente, mescendo venature di ri-volta, esiti etici e a volte persino del moralismo. I fondamenti nestanno:

a) In un abuso, piú che postulato, di ragion pratica. Diderot lasciafra parentesi la necessità, e adotta o propone comportamenti«morali»: lo soccorrono a ciò la quasi-libertà, l’imprevedibilità dellacircostanza che, lasciando nella tenebra quel che accadrà, impon-gono che si decida, «scelga» una norma di vita.

b) Nella scelta laica, la quale tiene a dimostrare nel fatto che unaconvivenza civile fondata su norme non dissimili da quelle tra-dizionalmente apprezzate è possibile al netto di ogni presuppostosacro o dogmatico.

c) Finalmente, nel naturalismo. L’eticità consiste nel lasciarvenire avanti la superba energia della Natura296, col suo tradursi in

maître stesso a spiegarlo, sono «les chaînons de votre gourmette»(pp. 563 e 494). Nella catena degli eventi non ci sono mai vuoti,tutto è pieno, l’accaduto piú insignificante è invece ricchissimo,punto d’incrocio per il quale una linea causale si innesta in un’altra.294 Si parla di un bimbo illegittimo: «Qui sait le rôle que ce petitbâtard jouera dans le monde. Qui sait s’il n’est pas né pour lebonheur ou le bouleversement d’un empire?… «pourquoi ne sortirait-il pas un Cromwell de la boutique d’un tourneur?». Fataliste, p. 768.295 Rêve, p. 380.296 Cfr. I pareri molto scandalosi di Bordeu-Diderot, in Rêve, pp.375-380. Per questa via Diderot consegue accenti che oggi diremmopsicanalitici, ma che potrebbero anche porsi nella tradizione dello

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piacere: o che, alla Shaftesbury, questo sia piacere-felicità dell’es-sere onesti:

Il faudrait donc être d’honnêtes gens? Pour être heureux, assuré-ment.297

o che si riversi nella «saggezza di Salomone»: mangiare, bere, darsiavventure galanti298.

117 Ma la decisione etica passa per l’individuo, e l’individuo è piúvicino alla natura dell’intersoggettività. L’esistenza pubblica, inter-soggettiva, può congelarsi nei suoi automatismi legali, contro i qualiil singolo entrerà in conflitto, come capita alla Réligieuse o in nume-rosi esempi che Diderot addensa299. Il «giudizio pubblico» non riescea penetrare l’oscuro della singolarità; M.me de la Carlière300 con lasua pedante virtú perseguita il marito Desroches, colpevole d’unapiccola divagazione sessuale, e gli muore dispettosa. Tutti giudicanoDesroches un assassino, ed invece è lei un’inflessibile beghina.

Quest’opposizione fra la positiva e consuetudinaria legalità del-l’esistenza pubblica, e l’esigenza vitale del singolo, si traduce pure inconflitto fra la morale civile e l’innocenza originaria quando il colo-nialismo francese investe Tahiti301. La vecchiaia del mondo e la sua

«stato di natura» premorale, alla Hobbes. Se un bimbo «étaitabandonné à lui-même, qu’il conservât toute son imbécillité et qu’ilréunit au peu de raison de l’enfant au berceau la violence despassions de l’homme de trente ans, il tordrait le col à son père etcoucherait avec sa mère» (Rameau, p. 479). Cfr. pure la riduzionesessuale della vocazione religiosa (Fataliste, p. 672).297 Rameau, p. 432.298 Boire de bon vin, se gorger de mets délicats, se rouler sur de jo-lies femmes… Rameau, p. 429.299 Cfr. la fitta casistica addotta nell’Entretien d’un Père aves sesenfants (OP, pp. 409-443).300 Sur l’lnconséquence du jugement public de nos actions particu-lières, in OR, pp. 813-835.301 Cfr. il tardo Supplément au Voyage de Bougainville (OP, pp.455-616). Varie spie stilistiche collegano quest’opera al citato Del’inconséquence. Del resto Mme de la Carlière e il ChevalierDesroches vi sono rammentati (OP, pp. 514-515).

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giovinezza302 si esprimono nel dialogo fra un prete francese e unbuon selvaggio; Orou, il tahitiano, denuncia violentemente non solol’assurdità dei fondamenti teologici, ma anche l’innaturalezza dellamorale civilizzata, e propone un modello di costumi ispirato allalegge di natura. Il principio del piacere, perseguito dal singolo, sitrova a cospirare col bene generale; le contraddizioni e le ipocrisieche affliggono i codici europei svaniscono. Certo, Orou è lui stessoalquanto contraddittorio, perché da una parte denuncia la pretesadi vincolare i sessi con patti inalterabili, mentre in natura tuttocambia303; e d’altra parte vuole che la natura riduca ai propri rap-ports éternels la legge civile. A parte la contraddizione, Orou propu-gna la massima liberazione sessuale, ed a sviluppare teoretica-mente questa liberazione interviene la distinzione fra uomo natu-rale e artificiale: il secondo è entrato nel primo, sorgendone unalotta inestinguibile. Solo stimolazioni estreme, come la malattia e lamiseria, riportano l’uomo alla sua prima semplicità: «Dans la mi-sère, l’homme est sans remords, la femme est sans pudeur».Dunque è il benessere, il benessere della civiltà che — secondoDiderot — avvelena (empoisonne) l’uomo:

J’en appelle à toutes les institutions politiques, civiles et religieuses…vous y verrez l’espèce humaine pliée de siècle en siècle au joug qu’unepoignée de fripons se promettait de lui imposer. Méfiez-vous de celuiqui veut mettre de l’ordre.304

302 Le Tahitien touche à l’origine du monde, et l’Européen touche àsa vieillesse. Supplément, OP, p. 464.303 Rien, en effet, te paraît-il plus insensé.. qu’un serment d’immu-tabilité de deux êtres de chair, à la face d’un ciel qui n’est pas un ins-tant le même… Supplément, OP, p. 480.304 Supplément, OP, p. 512. Accanto a quest’anarchismo cheinterpreta la storia in termini di dominio e liberazione, leggiamopure temi di rivalsa sociale. Vedere l’allegoria del château immense,usurpato da pochi, in Jacques le Fataliste (OR, pp. 513-514), ladenuncia della miseria nell’urbanesimo (p. 760). Rameau, nutrito aibanchetti dei signori, purché non parli, soffre come Jacques al qualeda piccolo fu messo il bavaglio. Jacques riesce però, servo, adominare il padrone (Fataliste, pp. 664-666). Una presentazione

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I geni del Male

118 L’automatismo della norma si allea con la stupidità. Il genio,quando tenta di innovare, deve lottare contro questa sciocca resi-stenza, fare del chiasso, e magari non riuscirà neppure completa-mente. È detestato dai benpensanti, i quali d’altra parte sonopersuasi, nella loro presunzione, di essere loro, i geniali.

Cosí la dialettica fra natura profonda e natura decaduta si tra-sferisce nel conflitto fra il genio e la moltitudine. Si tratta ora di pre-ferire il tipo umano geniale o quello benpensante; Racine «fourbe,traître, ambitieux, méchant», oppure il mercante Barbier «bonmari, bon père, bon oncle, bon voisin, honnête commerçant», ma ilprimo autore di Andromaca e di Britannico, il secondo no. Dal puntodi vista proprio rigoroso, fra genio e regolatezza, non sarebbe diffe-renza, sono tutti prodotti di natura. L’ordine del mondo va benecome sta e ognuno è come deve essere. Ma dal punto di vista dellascelta etica ed esigenziale, le simpatie vanno al genio pur col suograno di follia e la sua piccolezza morale.

119 E attirano Diderot ben altri temperamenti d’eccezione, cheall’enormità morale non congiungono speciali attitudini intellettualie artistiche. La loro genialità si esprime nel comportamento«immorale», e ne esiste una ricca galleria, Mme de la Pommeraye, ilPadre Hudson, il Chevalier de Saint-Ouin, l’arrivista Bouret, ilRinnegato di Avignone. Essi non si contrappongono alla normapubblica, anzi l’utilizzano con suprema abilità per i propri fini,malvagi sublimi 305. Accanto ai geni del Male, il Nipote di Rameau èrealizzato a mezzo; ma dal punto di vista profondo è l’emblemadella realtà profonda che unifica la dialettica della natura. In lui lecontrarietà si saldano: è un misto di «hauteur et de bassesse, de bonsens et de déraison». Mostra ciò che la natura gli ha dato, comeglielo ha dato, e l’emergere violento della verità che riporta ognunoalla sua realtà naturale306. Con questo, non è molto pregevole, è

alquanto populista (JACQUES DUTOURD, introd. a Jacques lefataliste et son maître, Paris, Gallimard, 1959) definisceincisivamente Jacques: «prolétaire errant».305 Rameau, p. 461.306 …c’est un grain de levain qui fermente et qui restitue à chacun

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invidioso e mediocre, è servile, è finto: «Garde des vices qui te sontutiles; mais n’en aie ni le ton, ni les apparences qui te rendraientridicule». È intimamente sé stesso (cioè, nessuno, contraddittoriocome è) ma agisce come gli fa comodo. «Un fainéant, un gourmand,un lâche, une âme de boue», cosí basso che fa il versosvergognatamente alla moglie morta307. Non è affatto un genio, èun fallito la cui protesta (perché, nonostante il suo fatalismo,protesta) consiste nell’assimilarsi al sistema che lo reprime.Esprime veemente una critica sociale, ma vuole educare suo figlioal culto del denaro, e sogna di far fortuna diventando lui stesso inso-lentissimo cialtrone al pari di quelli che lo maltrattano.

Rameau fermenta come fa la natura, esprimendo un’energia in-differente al bene e al male, e quindi manifestandosi nei propositipiú immorali o estasiandosi alla trinità del vero, bello, buono308. E ilsuo esprimere gode d’un istrionismo sottilissimo, di capacità mimi-

une portion de son individualité naturelle… il fait sortir la vérité. Ivi,p. 397.307 La scena, piuttosto disgustosa, in Rameau, pp. 490-491.308 Sulla triade di valori, che si trova in Rameau, p. 467, cfr. ildenso paragrafo di MØLBIERG, Aspects de l’esthétique de Diderot,cit. Ma si badi, nel Neveu de Rameau appare egualmentel’antitriade, il brutto, il falso e il cattivo. Rameau espone la totalitàdella natura. Su ciò, una bella notazione: «L’extravagantehypothèse des polypes humains dans le Rêve de d’Alembert et lanon moins extravagante apparition de l’homme-orchestre dans leNeveu de Rameau ne représentent peut-être que deux avatarsd’une même idée artistique originelle, d’une même figure nébuleusede la totalité», GEORGES DANIEL, Autour du Rêve de d’Alembert:Réflexions sur l’esthétique de Diderot, in «Diderot Studies» XII, 1969,pp. 39-60. L’estetica di cui parla Daniel, sia detto di passaggio,sarebbe propriamente «poetica». Le Neveu de Rameau avevaprofondamente interessato Goethe ed Hegel. Da leggere le pagine diCASINI, Diderot «philosophe», cit., pp. 334-352, col titolo «Lacultura estraniata». Per questi argomenti, nel quadro generale dellafortuna germanica che Diderot riscosse, ROLAND MORTIER,Diderot en Allemagne, Paris, P.U.F., 1954, mi dispensa per ora daaltre indagini.

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che sopraffine. Cosí in Rameau l’arte (e vi si comprenda il suo farmusica, il suo farsi musica) è luogo di passaggio perché si raggiungain maniera finora intentata l’energia originaria, il fondo aggressivoe, perché senza volto, dagli infiniti volti, che alimenta la realtà: unarealtà che in lui è caratteristicamente teatrale.

P h i l o s o p h e d r a m m a t u r g o

Le cri de la nature

120 Si sa che Diderot non solo ha scritto e di estetica, e dipoetica309 teatrale, ma che pure ha lasciato opere drammatiche.Ora, siamo ad un altro ordine di nodi e scioglimenti, che non entranella storia diderotiana a guisa d’occasione da inventariare, macome impegno ed urto con una realtà diversa e meditata. Diderot ilphilosophe imbozzolato nella sua opzione laicista, nel dialogo con lescienze (dove lui cerca di sedurle e arruolarle nel monismo), nellaconfezione enciclopedica, ha finito (lo si è appena visto) conl’incontrare un canale — è l’arte — per l’energia profonda dellanatura. E, drammaturgo, egli medesimo si esercita a lasciarlaavanzare e vivere, quell’energia. Una nuova scacchiera, un discorsopiú ricco, accoglie alcuni termini e altri ne propone. Ad essi, dunque.

121 Nel suo Le Fils Naturel, Diderot faceva comparire comepersonaggio tale Dorval. A commento dell’opera drammatica, eglifinge che lo stesso Dorval intervenga, come colui che l’avevaottenuta da una vicenda vera in cui fu protagonista, e ne discorracon duplice esperienza di testimone e d’autore. Ciò consente —facile artifizio — a Diderot di provare che il proprio dramma è cosadel tutto realistica e verosimile. Dorval serve pure a Diderot peresporre la propria teoria dell’entusiasmo. Egli ci mostra la suacreatura «abbandonata allo spettacolo della natura», che ansima ed

309 È proprio il termine usato da Diderot, poétique. Citiamo gliEntretiens sur le Fils Naturel e De la Poésie Dramatique da OE, cheriprende i testi originali, ed abbreviamo rispettivamente Entretiens,Poésie Dram.

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è agitato come se stia sotto un incantesimo. Il suo trasporto non gliimpedisce però di fare attenzione a tutto310, neppure di teorizzare ilproprio stato d’animo. Il genio, dice Dorval-Diderot, inizialmenteriscopre gli oggetti naturali nella loro integrità, puri da elaborazionesociologica, e si unisce quindi ad essi con un movimento d’amore:«amare», «sentire», «mescolarsi», «ascoltarsi», «attrazione» sono itermini per indicare questa tonalità affettiva311 in cui il genio, tro-vando la natura, trova pure sé stesso, ed ha pure la rivelazione chenella natura è il fondamento dei valori etici e della verità.

Sempre dalla contemplazione soggettiva e pura dell’oggetto na-turale sorge, come sviluppo del trasporto amoroso, l’entusiasmo312.Esso è un momento sentimentale di ispirazione estetica, che com-prende sia l’immaginazione che la passione: «L’imagination s’é-chauffe, la passion s’émeut», e che si denuncia pure con sintomi fi-siologici, come brividi e febbre. Ma pur cosí carico d’emozione, l’en-tusiasmo rimane conoscitivo ed anzi costituisce la fonte della cono-scenza poetica, piuttosto che la costituisca la meditazione.

Ora, il calore entusiasta non è solo movimento febbrile, o meglio loè, ma si trasforma in movimento poetico che suscita l’invenzione,con intensità di furore. In definitiva, Diderot ha dato una teoria delpoetare che esalta la passività (passion) e la dipendenza rispettoalla natura, lasciando soltanto qualche spazio, comunque ridotto,alla lucidità cosciente. Su ciò torneremo a proposito della suc-cessiva teoria del genio.

122 D’altra parte, esponendo la propria poetica teatrale colpresupposto che essa provenga direttamente dalla Natura, fonte diverità (e cioè sia rivelata dall’entusiasta Dorval) Diderot si assicura

310 «Il est sous le charme»… «Ses yeux attentifs se portaient surtous les objets». Entretiens, p. 97.311 Un homme a-t-il reçu du génie? il quitte la ville et seshabitants. Il aime, selon l’attrait de son coeur, à mêler ses pleurs aucristal d’une fontaine… il aime leur horreur… Qui est-ce qui mêle savoix au torrent…? Qui est-ce qui sent le sublime d’un lieu désert? Quiest-ce qui s’écoute… C’est lui… Ivi. Corsivi nostri.312 L’enthousiasme naît d’un objet de la nature. Si l’esprit l’a vusous des aspects frappants et divers, il en est occupé, agité,tourmenté. Ivi, p. 98.

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una garanzia epistemologica. Quel che dirà, sarà comunque benfondato. Orbene, non è che quanto la travolgente comunione na-turalistica introduce sia molto necessitoso di fondazione per la suagran novità: si tratta sempre della teoria imitativa dell’arte. Learticolazioni però non ne sono indegne di nota:

a) L’imitazione è la condizione dell’arte, ma non si trova allo statopuro in nessun’arte, ché ognuna imita alla maniera sua propria. Ciòè paragonato, da Diderot, alla struttura della sensibilità. Essa siriduce al tatto, ma ogni senso «tocca» in un modo suo313. CosíDiderot stabilisce un collegamento fra la profonda comunionetattile con la materia, quale aveva ricavata nella Lettre sur leAveugles, e il fondamento delle arti.

Imitare significa incontrare la natura, trovare una superficie dicontatto fra l’invenzione e la realtà, condurre a «una sola sostanza»lo «spirito» e «la materia», che era uno degli intenti del Rêve de d’A-lembert.

b) Bisogna pur vedere che cosa imita l’arte. Ora, vi sono dei luoghiartistici tali che qui si raggiunge la natura al cuore: ciò capita con lamusica, e rende imitativa proprio quest’arte che parrebbe la menoimitativa di tutte. Occorre però, l’intermedio di un testo da cantare,con una situazione estrema e terribile; Clitennestra vede la figliaimmolata, il sangue che cola, il sacerdote che consulta gli dei «dansson coeur palpitant».

Allora:

L’état de Clytemnestre doit arracher de ses entrailles le cri de lanature; et le musicien le portera à mes oreilles dans toutes sesnuances314.

Avere il genio musicale non significa dunque modulare ecombinare note, significa prestar voce a questo grido animale315,che ciò avvenga in «stile semplice» o «stile figurato». Diderot sidilunga, nella descrizione dello stile musicale, fino a prospettare una

313 Chaque sens touche, et chaque art imite d’une manière qui luiest propre. Entretiens, pp. 167-168.314 Ivi, p. 168.315 C’est au cri animal de la passion à dicter la ligne qui nous con-vient. Rameau, p. 470.

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melodia-urlo, espressionista: «il saisira le cri de la nature, lorsqu’il seproduit violent et inarticulé; et il en fera la base de sa mélodie»316. Aquesto punto l’occasione del testo è saltata, la musica diventa ilprolungamento della natura.

123 c) La grande catena della natura si ripete nell’arte317. Neldramma, una connessione fra eventi è accettabile se ha fonda-mento in re, se è tale che si verificherebbe in natura. Non solo, l’i-mitazione deve pure riprodurre i momenti di apparente interruzionedella catena, riprodurre le misteriosità e le imprevedibilità naturali:l’arte drammatica conterrà una certa dose di sospensione e siguarderà dallo svelare tutto l’argomento, fino a dramma consu-mato318.

Si vede cosí che l’imitazione drammaturgica ha un potere erme-neutico319, somigliante a quello della filosofia. In effetti, c’è parallelofra la bellezza e la verità, ambedue consistenti nella conformitàd’immagini o concetti alle cose320; il che poi implica una poetica rea-

316 Entretiens, p. 170. E cfr. la poetica dell’urlo in Thomas: «l’urlousato come tema, quale orrore!». Adrian Leverkühn usa a talescopo il glissando, «rudimento barbarico dell’epoca premusicale».THOMAS MANN, Doktor Faustus, Milano, Mondadori, 1968, trad.di Ervino POCAR, pp. 443-444.317 Mais dans l’art, ainsi que dans la nature, tout est enchaîné.Entretiens, p. 120.318 L’art dramatique ne prépare les événements que pour les en-chaîner; et il ne les enchaîne dans ses productions, que parce qu’il lesont dans la nature. L’art imite jusqu’à la manière subtile avec la-quelle la nature nous dérobe la liaison de ses effets. Ivi, pp. 130-131.319 Diderot cerca per l’arte lo sprofondamento nell’imitazionemateriale, diretta: «non seulement l’adéquation, mais autant quepossible l’équation». Cosí osserva il DIECKMANN, (Cinq leçons,cit., p. 114), e il senso dell’equazione è «la substance des choses, nonpas la ressemblance, mais la chose même». Ebbene, unprogramma imitativo cosí estremo (aggiungiamo noi) deve, perconseguire «la sostanza delle cose» passare per delle mediazioni,ossia comprendere un momento ermeneutico.320 Les beautés ont, dans les arts, le même fondement que les

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lista, presentare i caratteri proprio come dovrebbero essere. Eneppure troppo tagliati in buono o cattivo, perché la Natura me-scola e fa come Teti, che non lasciò Achille senza qualcosa diTersite nel tallone. Piú, dunque, le cose sono mostrate nella loro ve-rità, piú ne cresce il valore estetico321, con travolgente forza. Ilpubblico non sempre chiede il vero, e può restare lungamente nelfalso; ma quando ha ricevuto l’impressione «des choses naturelles»non la perde piú. La natura lo soggioga, e la presentazione dellanatura è quanto Diderot chiede con passione322: il fine della dram-maturgia è rappresentare le cose come stanno, tutto ciò che è realeè rappresentabile323, e una scena va bene purché si riconosca «leton de la nature»324.

vérités dans la philosophie. Qu’est-ce que la vérité? La conformitéde nos jugements avec les êtres. Qu’est-ce que la beautéd’imitation? La conformité de l’image avec la chose. Entretiens, p.160. In drammaturgia, la verità riguarda specialmente i caratteri:Autre chose est la vérité en poésie; autre chose, en philosophie.Pour être vrai, le philosophe doit conformer son discours à la naturedes objets; la poète à la nature de ses caractères» (Poésie dram., p.252).321 Il faut montrer la chose comme elle s’est passée: et lespectacle n’en sera que plus vrai, plus frappant et plus beau. Poésiedram., p. 199.322 La nature, la nature! on ne lui résiste pas. Il faut ou lachasser, ou lui obéir… O Clairon… montrez-nous la nature et lavérité… (Ivi, pp. 267-268).323 Il n’y a rien de ce qui se passe dans le monde, qui ne puisseavoir lieu sur la scène. Ivi, p. 269.324 Entretiens, p. 96. Il programma realista è minuzioso e rigoroso:artificio, staccare fra loro gli atti ed ammettere che, nel frattempo,non sia capitato nulla. Sarebbe come dire che il flusso degli eventi siè interrotto; gli entr’actes dunque saranno momenti del dramma elo scrupolo dell’autore dovrebbe spingersi a sceneggiarli (Entretiens,p. 244). Eliminare la decorazione falsa e il lusso incredibile degliabiti (Poésie dram., p. 264): è assolutamente inverosimile che lescene tragiche, in cui dovrebbe comparire una femmina scapigliata,vadano recitate da delle specie di bambole (pp. 266-267). Poiché

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124 Un cosí deciso intento di realismo, naturalismo, non riesceperò a mantenersi superiore agli esemplari e alla poetica. Diderotinfatti fa coincidere il tono della natura con un andamento nello stileantico, cioè semplice ed energico325, e con questa scelta (arbitrariae sia pure come lo sono di per sé le poetiche) riconduce l’imitazioneal suo carattere di artefatto, e per di piú artefatto derivante da unmodello ideale326. Si ha un bel nascondere l’arte, l’opera resta sem-pre illusione 327.

Una libertà vincolata

125 Chi monta l’illusione, è l’autore immaginando328, e

Diderot assume l’eguaglianza fra naturalezza e semplicità,prescrive il dramma semplice (plus la marche d’une pièce estsimple, plus elle est belle, Entretiens, p. 93), senza simmetrieartificiose. Imitare la natura come è, tale il compitodrammaturgico, non imitare a sua volta una teatralità; lasciare aicaratteri la giusta diversità, senza contrasti forzosi che rendonol’azione incomprensibile e le tolgono verità (Poésie dram., pp. 263-269).325 Per i requisiti dello stile: azione semplice, catastrofeimminente e sospesa, passioni forti, pochi caratteri fortementedisegnati, ecco l’insegnamento degli Anciens, sempre da tenerpresente. Poésie dram., pp. 199-200.326 Negli Entretiens sur le Fils Naturel Diderot non fa che insisteresulla sua fedeltà a un oggetto inventato.327 Poésie dram., p. 236. E deplora le vernis romanesque, perché sioppone all’illusione. A proposito del confronto fra teatro e romanzo:«L’illusion est leur but commun» (p. 215). Ed ancora: «Le peintre dethéâtre est borné aux circonstances qui lui servent à l’illusion» (p.265). Discussione sull’illusione: è una «quantité constante» cherisulta dal concorso e dal compenso delle circostanze straordinarie ecomuni che si rappresentano. Questione dell’illusione dacomunicare a tutti i soggetti, nonostante i dispareri esistano giàsulle cose che dovrebbero esser certe (p. 215).328 Un racconto: «J’en suivrai toutes les circonstances. Monimagination les réalisera comme je les ai vues dans la nature»… «Le

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ritroviamo ora la fondamentale facoltà conoscitiva già dichiarataradice della poesia negli articoli metodologici dell’Encyclopédie329.Ora l’immaginazione si qualifica ulteriormente, nell’accezionedrammaturgica, quale dote particolare che al poeta consente diinfrangere l’automatismo del linguaggio330. Se questo, per adeguarsialla rapidità della comunicazione, si è ridotto a combinaremeccanicamente dei suoni nominalistici, l’immaginazione lo sariscattare; essa rammenta l’immediato, ripropone la concretezza,induce la ragione a posare nella rappresentazione sensibile. Con lasua irresistibile forza l’immaginazione riesce perfino a ricostruirel’originario linguaggio gestuale e inarticolato. Ad esempio: la parola«giustizia» è estremamente consunta e vaga. Ma l’immaginazionece la addensa subito in una scena di violenza e protesta, dueaffamati si contendono un frutto331, con gridi inarticolati e selvaggiaffermano ognuno la giustizia cui credono aver diritto332. Ecco,

poète a peint toutes ces choses, l’imagination les voit; l’art ne lesimite point» (Entretiens, p. 151). «Pour moi, je ne conçois pascomment le poète peut commencer une scène, s’il n’imagine pasl’action et le mouvement du personnage…» (Poésie dram., p. 249).«On ne trouve point le mouvement vrai, sans un effortd’imagination» (Ivi, p. 253).329 Dal Prospectus muove, per raccogliere la definizione dellapoesia, MARIE-LUISE RoY (Die Poetik Denis Diderots, cit.).330 «L’imagination, voilà la qualité sans laquelle on n’est ni unpoète, ni un philosophe, ni un homme d’esprit, ni un êtreraisonnable, ni un homme». È dunque l’immaginazione unaproprietà essenziale dello spirito. Ma il poeta la possiede in gradopiú rilevato: «Il a reçu de la nature, dans un degré supérieur, laqualité qui distingue l’homme de génie de l’homme ordinaire, et celui-ci du stupide: l’imagination, sans laquelle le discours se réduit àl’habitude mécanique d’appliquer des sons combinés».331 Esempio che, come tutto il contesto, trae i fili dalla Lettre surles sourds et muets. Poco piú oltre, un passaggio sulla derivazione deisensi dal tatto rimanda alla Lettre sur les Aveugles.332 Cris inarticulés et sauvages, qui, rendus avec le temps dans lalangue de l’homme policé, signifient et signifieront éternellementjustice, injustice.

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grazie all’immaginazione, recuperata l’immediatezza sensibile, eccoannullato il vincolo del linguaggio automatico.

126 Ma, cosí liberatoria, l’immaginazione è libera? Il poeta hadiritto a immaginare come gli piace? In definitiva, è libero il poeta?

La risposta è no333. Per quanto Diderot celebri con entusiasmo lalibertà inventiva, le lascia comunque dei vincoli.

E non sono pochi. C’è l’unità: «rien n’est beau s’il n’est un»334, unitàd’accenti e discorso, unità che l’interprete abbia a mantenere colproprio ruolo: che esso sia d’attore, o anche di prete o ciarlatano. C’èl’ordine, il piano drammatico che accuratamente determini le si-tuazioni e i loro dettagli; l’ordine e l’incatenamento delle cose, checostringe a mettere le giuste proporzioni fra gli oggetti rappresen-tati. Chi riesce ad acquistare il maggior margine di libertà poetica,sbrigliando un’immaginazione «creatrice» è il comico, e si ammettevolentieri che, cosí, egli risulti poeta per eccellenza. Ma anche luidovrà conformarsi a un modello, sia pure inventato335.

127 D’altra parte c’è un momento demonico che non va d’accordocon queste regole. L’interprete teatrale non solo, ma anche i poeti, imusicisti, e con loro i grandi sentimentali, gli amanti e i mistici, sen-tono piú che riflettere: «tout cette troupe enthousiaste et pas-

333 Le poète ne peut s’abandonner à toute la fougue de sonimagination. Tutto il passaggio esposto è in Poésie dram., pp. 218-219.334 Poésie dram., p. 234. Sono sempre idee alla Père André.335 Il campione della libertà è il poeta comico: «C’est lui qui fait. Ilest, dans sa sphère, ce que l’Etre tout-puissant est dans la nature.C’est lui qui crée, qui tire du néant; avec cette différence, que nousn’entrevoyons dans la nature qu’un enchaînement d’effets dont lescauses nous sont inconnues; au lieu que la marche du drame n’estjamais obscure. Poésie dram. p. 212. Nei Salons l’eroe demiurgico èinvece Vernet: Coeli enarrant gloriam Dei, mais ce sont les cieux deVernet, c’est la gloire de Vernet. (Salons, 1767, p. 160). I terminiteologici sono assunti per laicizzarli. Il vero Dio è l’uomo, l’artista edha il vantaggio della completa trasparenza della propria opera. Difatto, perché questo avvenga, l’artista deve ritrarsi dalla natura, inuna sfera propria costruita dall’intelligenza.

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sionnée sent vivement, et réfléchit peu»336. E cosí per quanto con-cerne il giudizio nelle arti: non dipende dal raziocinio (siamo lontanidal razionalismo dell’articolo sul Beau) ma da profondi motiviorganici, dalla sensibilità, dal temperamento e dall’umore.

Sorge cosí un’opposizione, fra partecipazione sentimentale e cal-colo meditato, fra operazione svolta secondo le regole ed entusia-smo travolgente, che non si salda ancora. Per il momento il tonoacceso che Diderot adopera lascia intendere che la sua simpatia vaal sentimento; simpatia che la teoria del genio rovescerà a suotempo.

Nel teatro dunque c’è una tensione fra libertà e vincolo che ripetel’urto di fondo intrattenuto dalla forza originaria della natura con lanorma sociale. Questa tensione, la ritroviamo ora a proposito di re-sponsabilità etica.

Eticità teatrale

128 Diderot dichiara il teatro assolutamente libero nellarappresentazione dei caratteri, anche a costo di mettere sotto ipiedi (fouler aux pieds) le cose piú sante: per il poeta non v’è nulla disacro337. Ma richiede pure un impegno nella correzione dei costumie nell’ermeneutica sociale, la proposta dei valori domestici eborghesi e quindi un atteggiamento politico338. Non solo, la moralità

336 Entretiens, p. 104.337 Poésie dram., p. 252.338 Con tratto shaftesburiano, consiglia che alla satira teatrale,piuttosto che alla prigione, vadando consegnati i fanatici. UnAristofane sarebbe prezioso per il governo (Poésie dram., p. 202),mettendoli in ridicolo. Ancora sul servizio che il teatro può rendereal gouvernement per «préparer le changement d’une loi, oul’abrogation d’un usage», cfr. Ivi, p. 259. Nella sua vocazionesociologica il teatro deve mettere in scena «les devoirs desconditions, leurs avantages, leurs inconvénients…» e quindirappresentare: «l’homme de lettres, le philosophe, le commerçant, lejuge, l’avocat, le politique… l’époux, la soeur, les frères. Le père defamille!…». (Entretiens, p. 154). Cioè, altrettanti tipi sociali. Ildramma domestico e borghese, nella prospettiva ermeneutica delle

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del teatro dovrebbe persino estendersi agli attori: come un attorebrutto non può interpretare la parte di bello, cosí uno immorale nonpuò rappresentare la parte del morale339.

Il teatro contemporaneo non offre a Diderot alcuna soddisfazionequanto a impegni del genere, e la poetica si risolve quindi nel sognoistituzionale: fondare una società nuova e felice in un’isola deserta,a Lampedusa. Là, i riti religiosi saranno sostituiti da rappresenta-zioni teatrali, le quali provvederanno alla formazione morale340. Od

forze sociali, è ciò che appunto va instaurato. (Ivi, p. 167). Latragedia domestica e borghese rappresenta l’ingresso dell’energianaturale nel conciliato mondo delle buone regole, la possibilità diinserire la poetica del barbaro e selvaggio nelle circostanze contem-poranee.339 Entretiens, p. 106. E insiste Diderot: Si le système moral estcorrompu, il faut que le goût soit faux. La vérité et la vertu sont lesamies des beaux-arts. Voulez-vous être auteur? Voulez-vous êtrecritique? Commencez par être homme de bien. Poésie dram., p. 281.Per il moralismo teatrale in Diderot: ROGER LEWINTERL’exaltation de la vertu dans le théâtre de Diderot, in «DiderotStudies»; VIII, 1966, pp. 119-169. Alla sua protetta attrice MlleJodin Diderot consigliava di «avoir des moeurs». «Un rôle honnêtefait par une actrice qui ne l’est pas me choque presque autant qu’unrôle de fille de quinze ans fait par une femme de cinquante» (Giugnoo Luglio 1767, Corr. VII, p. 84). Identità fisica e morale, dunque, colpersonaggio: tesi contrarissima a quella del Paradoxe. E permisurare meglio questo scarto, si consideri la lode che sempreDiderot faceva alla Jodin, di sapersi abbandonare effettivamente alsuo personaggio (21 agosto 1765, Corr. V, p. 101).340 Entretiens, p. 105. Gli attori diventerebbero allora «pré-dicateurs». E a Mlle Jodin: «J’aime mieux les prédicateurs sur lesplanches, que les prédicateurs dans le tonneau» (21 febbraio 1768,in Corr. VIII, p. 13). Idee simili restano a lungo per Diderot. Altempo del soggiorno russo, scriveva per Caterina Des poètesdramatiques considérés relativement aux moeurs nationales, e lediceva degli attori: «En scène, il sont nos prédicateurs» (Mémoirespour Cathérine II, testo stabilito sull’autografo di Mosca da PAULVERNIÈRE, Paris, Garnier, 1966, p. 53), e ancora: Il faut que le

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anche, pensa Diderot con nostalgia alla partecipazione di popolo nelteatro antico, con platee di cinquantamila spettatori. Il teatro era,a quei tempi, una grande cassa armonica, in cui sonavano le voci esi comunicava il pathos, in stretta circolazione fra il pubblico e lascena341.

Invece, oggi, che povertà! Declamazione, luoghi ristretti, le saleteatrali sono come prigioni. E costumi manierati e falsi, conversa-zioni senza sugo; che se il teatro si cimenta con questo materiale, ofinisce nel «romanesque» e in sostanza viene travolto anch’essodalla falsità sociale; o si espone alla beffa del pregiudizio se cerca direcuperare qualcosa di autentico. «O peuple plaisant et léger!Quelles bornes vous donnez à l’art, quelle contrainte vous imposezà vos artistes! et de quels plaisirs votre délicatesse vous prive!»342.Cosí Diderot, e noi vediamo che la libertà del teatro viene ritrovataproprio nel vincolo etico, perché esso consiste attualmente nelloscompaginare le regole del pregiudizio civilizzato, nell’erompere gra-zie a un oscuro sommovimento opposto alla convenienza sociale.

129 Sarà la natura a preparare i modelli343 dell’arte

souverain tienne le prêtre dans une de ses manches, et l’homme delettres, mais surtout le poète dramatique, dans l’autre. Ce sontdeux prédicateurs qui doivent être à ses ordres, l’un pour ne dire quece qu’il voudra, l’autre pour dire ce qu’il voudra. Mémoires, cit., p.102. Diderot aveva un’ambizione eccessiva se misurata al piccolopubblico del suo tempo. La forza persuasiva dello spettacolo simisura adesso, nel tempo della TV.341 Entretiens, pp. 121-122. Non sarà privo d’interesse rilevarecome queste idee si prolunghino, fino al teatro-culto di Mallarmé.Cfr. il mio Mallarmé e l’Estetica, Milano, Mursia, 1969.342 Poésie dram., p. 263. «Mais admirez la bizarrerie des peuplespolicés. La délicatesse y est quelquefois poussée au point, qu’elleinterdit à leurs poètes l’emploi des circonstances même qui sontdans leurs moeurs, et qui ont de la simplicité, de la beauté et de lavérité». Se un autore, come Terenzio aveva fatto, osasse esporre unneonato sulla scena, «quelque etourdi du parterre ne manqueraitpas de contrefaire les cris de l’enfant», e tutti si metterebbero aridere.343 Che sono poi «modelli ideali», perché Diderot è costretto a

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drammatica, ma non in circostanze civili, bensí in tempi disconvolgimento generale, allorché i costumi, dice Diderot, non sonobuoni, ma sono poetici:

La poésie veut quelque chose d’énorme, de barbare et de sauvage.344

Che Filottete entri in scena, Diderot chiede, entri coperto di straccie mugolante: finalmente comparirà la verità della natura, nella suaespressione linguistica originaria, l’inarticolato e il gestuale.

130 Vediamo ora come questa irruzione liberatoria della bar-barie si riannodi al desiderio educativo (in realtà Diderot esortasempre alla «vertu»). Tutto si riassume nel valore della Natura, ilquale può anche prendere il nome di bontà:

«La nature humaine est donc bonne?Oui, mon ami, et très bonne. L’eau, l’air, la terre, le feu, tout est bondans la nature; et l’ouragan… et la tempête… et le volcan»

perché uragano e tempesta e vulcano contribuiscono all’elimina-zione delle cose nocive col loro scatenamento distruttivo. Parte-cipando della natura ottima anche l’uomo è buono: se mai, sono le

inventare o rammemorare nostalgicamente la natura liberata.L’esistenza di Diderot potrebbe anche essere analizzata cosí, comeuna continua (coraggiosa, anche) risposta alla frustrazione daparte della civiltà del suo secolo.344 Tutto si degrada in un popolo schiavo, e tutto s’indebolisce inun popolo civile. Piú un popolo è civilizzato, meno i suoi costumisono poetici: «Quand est-ce que la nature prépare des modèles àl’art?». Quando trionfano la morte, il paganesimo e la profezia,quando le baccanti corrono la foresta e il pudore crolla. «Qu’est cequ’il faut au poète? Est-ce une nature brute ou cultivée, paisible outroublée?». La bonaccia o la tempesta, le rovine o una muta efrigida architettura? Va bene per lui il rombo della cataratta nellemontagne? Risponde Diderot con la frase citata e prosegue che ilbarbaro e il selvaggio, atti alla poesia, si manifestano nel furoredella guerra civile, che i poeti nascono nei tempi di pubblicodisastro, quando l’immaginazione è eccitata da spettacoli terribili eproduce «choses inconnues à ceux qui n’en ont pas été les témoins».Poèsie dram., pp. 260-262.

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convenzioni sociali a pervertirlo345.Con la trascendenza etica della Nature, quale si incarna nel «

genio del male», quale anzi al di là del bene e del male si esprime inRameau, simili ritorni ottimisti non vanno troppo d’accordo. Puòdarsi che bisogni figurare l’etica diderotiana a strati, allora unostrato consisterebbe ancora nelle virtú intersoggettive (da recupe-rare mediante un ritorno al «selvaggio») fondate in Natura. Ma piú afondo ancora ci sarebbe l’immobile strato dove un’energia originariadissolve il bene e il male.

Si ha cosí l’impressione che a Diderot meno importi promuovere lavirtú, che promuoverla energicamente. Il fine della rappresenta-zione teatrale sarà l’edificazione degli spettatori, ma gli importameno del mezzo.

La poetica dell’effetto

131 Il mezzo, è l’effetto rapido e violento; nessuna barriera vaopposta all’energia teatrale346: non lezioni morali, occorrono, nonparole, ma impressioni. Il poeta è eccellente quando lascia uneffetto duraturo, che travolga il linguaggio e strappi un interopopolo alla sicurezza delle sue abitudini, gettandolo nel turbamento.Altro che applauso! Il compenso del poeta drammatico sarà,piuttosto, un sospiro di sollievo.

I grandi effetti che Diderot desidera provengono, piuttosto chedagli incidenti, dalla sortita delle passioni; essi stabiliscono comeuna comunicazione fluidica fra la passione rappresentata e il sen-timento dello spettatore: la partecipazione ne è violenta, sia perquanto riguarda i moti dell’animo, sia per l’attesa che li precede; èuna violenza tesa ed estrema e senza soste: cosí agisce Omero,

345 Poésie dram., pp. 195-196. È un misto di Shaftesbury e diRousseau. Per la definizione di virtú, altra figura shaftesburiana:«Je définis la vertu, le goût de l’ordre dans les choses morales».346 Que serait-ce que le goût; et que l’art deviendrait-il, si l’on serefusait à son énergie, et si l’on posait des barrières arbitraires àses effets? Entretiens, p. 152. L’azione drammatica ha una «marcheviolente et rapide» che «les points de morale les plus importants»non danneggeranno. Poésie dram., p. 197.

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cosí, sempre, agisce il genio. Essi scuotono l’anima con sussulti op-posti, di pena e di piacere347. E Diderot ad accumulare esempi, ri-correndo alla poesia scandinava, alle scene del Poussin348.Insomma l’impressione teatrale dev’essere puntuta, dritta e pene-trante come un dardo che rimanga infisso nello spettatore.

Sono dunque prospettate cose enormi, un pubblico-popolo che,stimolato dallo spettacolo della Natura sfrenata349 dimentica nelpathos collettivo ogni convenienza; e l’ondata dilaga dalla sala inscena per esser partecipata dall’attore e scuoterlo piú di quanto giàsia turbato.

132 Al servizio dei potenti effetti emotivi è, non va dimenticato,un’illusione. Un’illusione però che tiene la distanza oggettiva, comese sia «realtà esterna»: lo spettatore ne è testimone ignorato, se necommuove, ma non può influire su essa per deviarne la fatalitàcome non influirebbe su un oggetto di natura. Piuttosto, egli cono-sce la vicenda scenica, e la vicenda stessa deve essere predispostaaffinché alla conoscenza risulti tutta limpida, senza alcuna zonad’ombra: «Tout doit être clair pour le spectateur». La terribilità el’emozione crescono allora per il sapere ciò che gli attori apparen-temente non sanno, la sciagura che incombe su loro o le trame cheli avvolgono: lo spettatore sa tutto di ciò di cui i protagonisti nullasanno350.

347 C’est un des caractères les plus marqués du génie; c’est l’artde porter dans l’âme des sensations extrêmes et opposées, de lasecouer, pour ainsi dire, en sens contraire, et d’y exciter untressaillement mêlé de peine et de plaisir, d’amertume et douceur,de douceur et d’effroi. Poésie dram., p. 239.348 La poesia scandinava appare poco dopo (p. 241), citata diseconda mano da Helvétius: la fanciulle nordiche «offrent une bièredélicieuse dans le crâne sanglant de mes ennemis». «Les anciensScandinaves conduisaient leurs poëtes à la guerre», e quei poetiavevano immagini «simples, fortes et vraies». Reminiscenzeossianiche, con vari Bardi, nello stesso luogo. Salons, 1767, pp. 191-192.349 C’est (parla di una scena di Terenzio) la nature abandonnée àses mouvements effrénés. Poésie dram., p. 259.350 Poésie dram., pp. 226-227. E ancora (dopo aver sottolineato la

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Ma cosí la pura e semplice emozione non basta a definire il pathosdell’esperienza teatrale; c’è una venatura conoscitiva in piú:l’effetto scenico è nel dominio del sentimento, ma del sentimento cuitutto è conoscitivamente chiaro. Ritroviamo cosí il piacere riflessoche Diderot ravvisava guardando ai quadri di Vernet.

Dal teatro alla pittura

133 Per il tramite del piacere riflesso teatro e pittura hannotrovato ora una parentela sulla quale insistiamo alquanto. Il teatrosi qualifica nel piacere conoscitivo e nella lontananza oggettiva, mase nella conoscenza è incluso un momento intemporale e gestuale,dovremmo vederlo tornare a teatro. Ed esso infatti ritorna,proposto da una poetica del simultaneismo e della istantaneitàgestuale, nutriti dalla danza e dalla pantomima. Pensa appuntoDiderot, e compiacendosi di sé progetta, grandi palcoscenici doveOreste preghi, alla statua di Minerva; ma nello stesso istante leFurie vagano, visibili fiutano la sua traccia. Ed è un imitare lanatura, questo presentare azioni parallele, ché appunto in naturagli eventi sono simultanei e concorrono a produrre, sinergizzandosi,terribili effetti.

A tale scopo, una parte del linguaggio parlato cederà efficace-mente al gesto, alla danza: si noti, Diderot non pensa a minuetti,allemande, sarabande, i quali non hanno portata semantica; macrede a una danza da articolare drammaticamente, letteraria-mente. Una danza, dice, è poesia. Ed egli medesimo propone un li-bretto coreografico, in verità assai dolciastro.

134 L’esperienza teatrale si sposta dunque verso la visività, eciò richiama un caratteristico comportamento, a teatro, che

necessità che sia attore, sia autore «dimentichino lo spettatore»):Soit donc que vous composiez, soit que vous jouiez, ne pensez nonplus au spectateur que s’il n’existait pas. Imaginez, sur le bord duthéâtre, un grand mur qui vous sépare du parterre; jouez comme sila toile ne se levait pas» (p. 231). Al di là del «muro» rapidi e fatali sisuccedono gli eventi. Britannico e Giunia non sanno che Nerone liascolta, ma lo spettatore, con trepidante terrore, lo sa bene (p.228).

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Diderot racconta d’aver praticato: si tappava le orecchie per megliointendere. Il teatro scivola insomma verso il quadro vivente, siavvia alle condizioni della pittura (avviene anche l’inverso); eDiderot sviluppa un concetto di tableau teatrale opposto al colpo discena, come piú efficace e questo perché la disposizione scenica deltableau si presterebbe con naturalezza all’esser dipinta.

L’estetica, le poetiche teatrali, dirigono cosí la corrente del pen-siero diderotiano verso la meditazione sulla pittura351.

I l m o d e l l o i d e a l e : v e r s o l a m e t a f i s i c a

135 Seguiremo in questo capitolo, condotti ai Salons e agli altrisaggi352 in cui la critica d’arte si intesse alle proposte d’estetica e di

351 È un fatto, per Diderot, che non si trovano opere teatralitrasferibili in pittura. Ma si possono farne, e allora i «tableaux réels»del teatro corrisponderebbero ai «moments favorables» del pittore.Come osserva la ROY (Die Poetik Denis Diderots, cit., p. 54),l’interessante in questo passaggio è che il programma imitazionistavi subisce una breve crisi. Infatti sembra strano a Diderot che ilteatro, pur presentando attori in carne ed ossa, risulti menoverosimile della pittura, la quale presenta invece dei fantasmi.(Entretiens, p. 89). Su teatro e pittura in Diderot, cfr. PHILIPPEVAN TIEGHEM, Diderot à l’école des peintres, in «Atti del quintocongresso di Lingue e Letterature Moderne», Firenze, 27-31 marzo1951, pp. 255-263. Per Van Tieghem la connessione fra teatro epittura in Diderot è strettissima.352 I Salons, vale appena ricordare che siano: resoconti delleesposizioni che si tenevano al Louvre, e dove comparivano le operepittoriche, grafiche e scultoree degli artisti dell’Accademia Reale.Sollecitato da Grimm, Diderot le recensiva con abbondanza nellaCorrespondance Littéraire, una rivista manoscritta che leggevanoalcuni nobili e nobilissimi abbonati tedeschi. Consulto e cito i Salonsnell’edizione curata da Jean SEZNEC e Jean ADHÉMAR, vol. I1759, 1761, 1763; vol. II 1765; vol. III 1767; vol IV 1769, 1771,1775, 1781. Il tutto a Oxford, Oxford University Press, 1957…1967. Abbrevio con Salons, seguito dall’anno del Salon citato. Gli

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poetica, le movenze della filosofia diderotiana dove esse sembranoconfondersi in fitti dettagli occasionali, ed invece proprio sollecitatedall’applicazione diretta si delineano, se non meglio, con ulterioresviluppo353. E cominceremo dall’incontro difficile, che anche qui si

Essais sur la Peinture provengono dalla fucina dei Salons, verso il1766. Li citiamo nell’edizione di OE, abbreviando Essais. Tarde,posteriori alle esperienze nelle gallerie straniere, sono le Penséesdétachées sur la Peinture, che pure citiamo da OE, abbreviando inPensées dét. Quest’ultima opera è molto influenzata (come farilevare Vernière nella sua nota introduttiva) dall’Hagedorn.Dispongo della traduzione di M. HUBER, Réfléxions sur la peinturepar M.de Hagedorn, 2 tomi, Leipzig, 1775, edizione probabilmenteusata da Diderot. Le Pensées détachées sono state variamentegiudicate. GITA MAY, in «Les Pensées détachées sur la peinture» deDiderot et la tradition classique de la «maxime» et de la «pensée», in«Revue d’Histoire Littéraire de la France», Janvier-Février, 1970,pp. 44-63, le tratta con simpatia, ché conformi al carattere pri-mesautier dello spirito diderotiano, ne serbano l’originalità pur sefrequentemente appoggiate su Hagedorn. Molto severo inveceMICHAEL T. CARTWRIGHT, Diderot critique d’art, cit. (operaveramente assai attenta e utile nel seguire cronologicamente iSalons). Per lui la presenza di Hagedorn sarebbe «schiacciante», e lePensées «un testament qui ne fait pas grand honneur à son auteur»(p. 210). Cercheremo, da queste massime e da questi appunti, ditrarre quanto serva a interpretare Diderot. Un censimento delleconoscenze in pittura diderotiane, oltre che gli indici dell’edizioneAdhémar-Seznec, lo porgono le pagine di GITA MAY, Diderot etBaudelaire, critiques d’art, Genève, Droz, 1967, cap. III. Per latraiettoria dei Salons, il variare della loro concentrazione efreschezza, DIECKMANN Cinq leçons sur Diderot, cit. Noitroviamo il maggior interesse speculativo nei Salons del 1765 e1767.353 Diderot esprime cosí quest’equilibrio: Quoique toute maréflexion soit tournée vers les principes spéculatifs de l’art,cependant, lorsque je rencontre quelques procédés qui tiennent à samagie pratique, je ne puis m’empêcher d’en faire note Pensées dét.,p. 812. Da tener presenti, per introdurre all’epoca dei Salons, le

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precedenti esperienze enciclopediche con la pittura (cfr. il garbatosaggio su L’Histoire et le Secret de la peinture en cire, in A.-T., X, pp.47-83, o le precise note tecniche sulla smalteria, confluitenell’articolo Email, A.-T., XIII, pp. 48-69). Enciclopedicamente,Diderot collocava l’Art nell’ambito della «natura impiegata», qualecollezione di regole operative, e la Poésie nell’immaginazione qualefiction (voce Art in A.-T., X, p. 360, e Prosp., p. 156). L’Encyclopédiesotto Art fa dunque distinzione fra tecnica e tecnologia, uso abitualee irriflesso delle regole, e loro conoscenza teorica. Si biasima ladistinzione fra arti meccaniche e arti liberali in quanto le prime nevengano diminuite, e cosí di passaggio fra gli artisti meccanici sitrovano incisori, pittori, scultori accanto ai tessitori di velluto e dicalze. L’articolo contiene molte idee che si ritrovano nei sagginaturalistici ed epistemologici di quegli anni; l’importanza dell’espe-rienza e del caso, le impensate ed immense prospettive che ha latecnica con l’imprudenza di limitarle a priori, l’eccedenza dellaprassi rispetto alla matematica. Il tono è operativista: non sipotrebbe definire esattamente il velo senza conoscere la macchinaatta a produrlo. Si valuta con simpatia la «géometrie expérimentaleet manouvrière», si avverte il bisogno di rigorizzare il piú possibile lalingua tecnica. L’articolo parla di macchine intelligenti, e accanto aquesti spunti cibernetici ne ha di economia aziendale: la divisionedel lavoro migliora la qualità e abbassa i prezzi. Poco sotto sidefinisce l’Artisan.:è colui che professa un’arte meccanica dove nonè richiesta molta intelligenza. Artiste, invece, eccelle in un’arte doveoccorre intelligenza od anche, provenendo dalla teoria, comprendebene la parte pratica (articoli Artiste, Artisan, che però sonoanonimi). Nei Salons e scritti apparentati, il termine Art viene poi acoprire il terreno delle «belle arti» col significato che aveva a suotempo Poésie. Da notare un certo imbarazzo diderotiano di fronteallo specialismo pittorico e certi suoi variabili atteggiamenti diletterato. Chi, non addetto ai lavori, sentenzia di pittura, va arischio di far ridere i garzoni di bottega (Manière de bien juger, etc.,in A.-T., XIII, p. 101). Il pericolo di errore critico che attende illetterato in argomenti di pittura è estremo (Sur le Voyage en Italiepar Cochin, in A.-T., XIII, pp. 13-14). Il n’y a pas d’art dont il soitplus difficile à un homme de lettres de se taire et de parler sans dire

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rinnova, fra ragione e passione, logica e natura.

Strato logico e strato poetico

136 Torniamo per un momento alle ambizioni della Lettre sur lessourds et muets, allo spessore rappreso di valori fonetici e gestualiche dovrebbe costituire la poeticità, contrapposto al discorsivo ri-gore logico. Diderot estende queste distinzioni, persuaso che poesiae pittura siano lo stesso, e le traduce nella convivenza (non di ne-cessità felice) fra disegno e colore: il primo porge la forma, il secondola vita. E come piú frequente è l’espressione logica e narrativa chel’espressione poetica, cosí piú capita del buon disegno che del buoncolore.

Diderot tiene molto a queste determinazioni, e non si stanca diindicare corrispondenze, estendendole anche alla musica. Il poetaha chiaroscuri e tinte come il pittore, il linguaggio critico per lapoesia è identico a quello per la pittura, l’armonia può essere prezio-sa o mistificante in ambedue le arti; e tutto ciò si salda alla musicaper la mediazione del ritmo, della mossa alternanza di fonemi duri odolci, lunghi o brevi, spinti fino alla concentrazione violenta della sfi-da e del rantolo: quasi che il vero ritmo consista originariamentenell’interiezione gonfia d’energia naturale354.

137 Ebbene, nel tentativo continuo e difficile di mantenere il«soggetto» narrativo, definito dal disegno, e la densità materica coa-gulata dal colore, Diderot porta il conflitto suo proprio, la tematicadelle «due sostanze» che proprio non si riesce a unificare. La tradu-zione è in «tendenza letteraria»355 della critica d’arte diderotiana e

des sottises» (L’Histoire et le Secret de la peinture en cire, in A.-T., X,p. 75). Ma nella corrispondenza con Falconet, il letterato haautorità culturale sul pittore e gli dà anche qualche lezione (p. es.lettera a Falconet del 2 maggio 1773, in Le Pour et le Contre, cit.).354 Salons, 1767, pp. 257-260, ed Essais, p. 674.355 La tendenza «letteraria» della critica d’arte diderotiana vienegiustificata da CRU, Diderot as a disciple of english thought, cit., pp.423-424, non solo quale abitudine d’epoca, ma quale strategiademistificante per denunciare i vuoti di contenuto, le insipideallegorie. CARTWRIGHT, Diderot critique d’art, cit., p. 105, la

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nelle continue difficoltà che essa importa.Musica, ritmo, colore, onomatopee hanno valore proprio e speci-

fico, eppure continuano a dipendere dal soggetto dell’opera. Ci sonoingenuità e vizi argomentativi rilevanti, a fiorire sugli orli di questaessenziale incrinatura; e la verbosa invadenza con cui Diderot pro-pina la favola del quadro finisce con l’indisporre. Non si nega che ilsuo carattere loquace trovasse un pascolo invogliante356, né cheesistesse la necessità di descrivere le opere per lontano pubblico;ma il grave è che Diderot lo sapeva benissimo: non esistono soggettiingrati per il buon artista, e quel che conta è la terminazione pit-torica. Di piú, soggetti validi possono non resistere all’elaborazioneartistica, svanire come persi od oscurati a cose fatte.

138 Lo schema piú plausibile che si ricava, nelle divagazioni(connesse, ripeto, a un imbarazzo strutturale) del critico risulta al-lora una sequenza che comprende l’ideazione sorvegliata e anali-tica, il suo successivo rischio357 e l’imbarco piú o meno soddisfa-

trova una tendenza invece assai alterante: De cette manière, nousvoyons transposée en paroles non pas l’image que Diderot avaitvue, mais une autre, idéalisée, qu’il «compose» lui-même. Un certoriscatto verrebbe, soggiunge Cartwright, dall’entusiasmo e dallasensibilità che Diderot sempre accendono.356 Da leggere, le esposizioni, ad esempio, de L’Accordée de Village,La Chasteté de Joseph (1761 e 1763), di Hyppomène et Atalante eLa jeune Fille qui Pleure (1765), Le Miracle des Ardens (1767).Greuze era fra i pittori che ben si prestavano a una simile lettura,con le sue teatrali composizioni; proprio commentando GreuzeDiderot pensa che si potrebbero benissimo trasferire nel «jeu tout-à-fait intéressant et agréable» dei quadri viventi. Salons, 1765, p.155.357 Nel Salon del 1767, pp. 247-248. Diderot, dopo le esquisses diRobert, si imbarca in una poetica del non finito, che viene poi a con-frontare con la poetica del finito in Racine. La prima equivarrebbeall’empito sincero delle passioni, la seconda alla compostezza dellatecnica. Queste due poetiche, osserva il Dieckmann, non riescono amediarsi; e rimangono in conflitto, conflitto che è il medesimo fra ilgusto personale di Diderot e la sua inerzia classicista (Cinq Leçons,sur Diderot, cit., pp. 107-108).

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cente con l’emblema, la materia pittorica. Qualcosa come (a usareatmosfere enciclopediche) il progetto, ad esempio, d’un telaio, e lasua messa a confronto con la realtà dei materiali.

E il paragone torna utile pure per richiamare un’abitudine al-quanto fastidiosa e autoritaria che Diderot ha, e per carpirne il si-gnificato. Diderot è persuaso che si possano inventare dei soggetti ecommissionarli agli artisti358; lui stesso se ne incarica e se nevanta; scrive a Falconet: non so disegnare né dipingere né mo-dellare, ma so mentalmente inventare, con nettezza, un mio mo-dello interiore. E cosí ho fatto, ho comandato un’opera a uno scul-tore secondo le mie istruzioni, e tutto è andato benissimo. Fra pocol’opera passerà in bronzo, e porterà il motto: Dioniso la produsse359.

Dioniso: la Natura che dall’estraneazione nella concettualità lo-gica e progettuale torna vertiginosamente alla materia. Ed il pro-cesso è sovrasoggettivo, importa una maniera di comunicare al-quanto mistica. Come nel Rêve de d’Alembert Bordeu pensa perd’Alembert che sogna, cosí un pittore dipinge per Diderot che pensa(pensa?).

La questione della realtà

139 Giovi qui ricordare: in actu signato, e con ripetuta

358 Ad esempio, consiglia a Vien il soggetto di Marte richiamatoalla pace da Venere: «J’ai dit à Vien: Voilà le sujet, voilà comme je leconçois. Faites… et je ne suis point entré dans son attelier qu’il n’eûtfait». Salons, 1767, p. 320. Lo stesso soggetto l’aveva consigliato aLagrenée, e nelle stesse pagine diceva a Greuze come «peindre unefemme toute nue, sans blesser la pudeur», e ad un terzo artista unquadro sulla morte del Turenne e il patriottismo di M. de St Hilaire.«C’est fait, dit l’artiste; qu’on me donne un crayon et que je jette bienvite sur le papier gris l’esquisse de mon tableau», pp. 109-111.359 Lettera a Falconet del 2 maggio 1773, in Le Pour et le Cortre,cit. Simile vanteria da parte di Shaftesbury, quando inventava efaceva eseguire un quadro sul Giudizio di Ercole, e per l’appuntoFalconet commenta irridendo: «Vous voyez que le peintre n’est tenuici à rien autre chose qu’à faire des figures, selon le toisé donné parl’entrepreneur et l’ordonnateur en chef».

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frequenza360, Diderot adotta un’estetica della mimesi e, tuttosommato, del «realismo», ponendo sotto questa voce la credenza chel’arte debba esibire con una certa verità una realtà abbastanzadeterminata. Sul fondo di questa esigenza estetica si delineanodunque domande di metodo e di essenza massimamente gravi, ed èassai importante seguirne la posizione e la relativa risposta nel-l’esercizio di fatto. Le notevoli oscillazioni che, poi, il «realismo»subisce, sono spie dell’interno disagio teoretico, sviluppato all’urtocon la fenomenologia pittorica.

140 Ecco dunque le faglie del pensiero diderotiano, che cerche-remo di seguire come stanno. La chiarezza è una prima richiesta,quale trasparenza lasciata dall’opera al suo argomento: e deveessere una chiarezza intersoggettiva, decisa in comune dal gruppodi chi la vive361.

A ciò contribuisce una tal quale semplice ingenuità, un’emersionedell’oggetto con la spontaneità dell’infanzia non ancor repressa362;

360 «Realismo» in Diderot si articola in multipli riscontri, senzariferimento necessario al Realismo per sé preso, il quale finisce poia coprire certe convinzioni di poetica o crede rappresentare laRealtà che uno ha in mente. Vedere in proposito l’arguto saggio diROMAN JAKOBSON, in I Formalisti Russi, a cura di TzvetanTODOROV, Torino, Einaudi, 1969 (trad. di Gian Luigi BRAVO).361 L’artiste veut-il savoir s’il ne reste rien d’équivoque et d’indécissur la toile, qu’il appelle deux hommes instruits qui lui expliquent sé-parément et en détail toute sa composition. Je ne connais presqueaucune composition moderne qui résistât à cet essai… Ce n’est pasassez que tu aies voulu que celui-ci fît telle chose, celui-là telleautre; il faut encore que ton idée ait été juste et conséquente, et quetu l’aies rendu si nettement que je ne m’y méprenne pas, ni moi, niles autres… Essais, p. 721.362 La simplicité est un des principaux caractères de la beauté;elle est essentielle au sublime. Pensées dét., p. 822. E «peindrecomme on parlait à Sparte» (Pensées dét., p. 794). Quanto al naïf:Pour dire ce que je sens, il faut que je fasse un mot, ou du moins quej’étende l’acception d’un mot déjà fait; c’est naïf. Outre la simplicitéqu’il exprimait, il y faut joindre l’innocence, la vérité et l’originalitéd’une enfance heureuse qui n’a point été contrainte; et alors le naïf

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le esigenze di liberazione si sposano in Diderot, come si vede, alcriterio dell’evidente e distinta clarté. Ma la verità non insisteunicamente nel darsi trasparente di un certo messaggio, e si risolvepure in verosimiglianza, plausibilità. Romanzesco e meravigliosonon si prestano a un buon quadro, la storia val piú dell’invenzione, lostile migliore consiste nel trovare fisionomie e caratteri adeguatialle usanze del tempo che si rappresenta; ed allo stato sociale, poli-tico, etnografico dei personaggi. Ecco, i pigri sono biondi, i musicistisono pallidi, e dunque si dipingeranno secondo tali convenienticomplessioni.

La verosimiglianza si traduce pertanto in rigorosa, precisa con-formità alla natura dell’azione, ossia a quanto piú o meno scientifi-camente si sa dell’argomento. Ebbene, le allegorie e i quadri a sog-getto favoloso o mitologico giungono subito a fare difficoltà; è veroche Diderot limita molto l’uso dell’allegoria, ma infine le lascia unmargine, ed in questo margine lui stesso si scatena con invenzioniche saziano la sua mania di soggettista: cosí la verità pittorica di-venta non altro che deduzione da assiomi (i temi, i soggetti favolosi),secondo regole di formazione altrettanto arbitrarie che gli assiomimedesimi.

141 Per i quadri storici (apprezzatissimi da Diderot)363, per ilritratto, le cose sono altrettanto ambigue. Come validare imitazionidi oggetti scomparsi e contingenti? A meno di non rifugiarsi, eDiderot vi si rifugia, nell’imitazione di una natura «ideale epoetica»364, oppure affrontare il problema nella sua imbarazzantealternativa. Ché infatti, qualsiasi imbrattatele fa ritrattisomiglianti, ma un ritratto di valore artistico non è frequente, edunque la somiglianza e la poeticità non sono congiunte. Ed ancora,

sera essentiel à toute production des beaux-arts… le naïf seretrouvera dans tout ce qui sera très beau… c’est la chose, mais lachose pure, sans la moindre altération. L’art n’y est plus. Ivi, p.824.363 Assai valutato del resto, a quell’epoca, il genere storico. Cfr.CARTWRIGHT, Diderot critique d’art, cit., pp. 131-134.364 Le peintre de genre… est pur et simple imitateur, copiste d’unenature commune; l’autre (ossia, il pittore storico) est, pour ainsidire, le créateur d’une nature idéale et poétique. Essais, p. 722.

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una volta che il personaggio ritratto svanisce, come fare adaccertare la somiglianza, che a questo punto neppure importa piú,del resto? La posterità, abituata a vedere dalla medesimatradizione artistica, rimane soddisfatta da un buon ritratto, anchese esso è alterante365.

Il problema del ritratto ha inserito nel realismo diderotiano iltempo. Alla fine, come si può pretendere di bloccare una realtà ir-reale, travolta dal fluire incessante?

Arte, natura e tempo

142 Il movimento, che Diderot incarna cosí intimamente allanatura (e non meno sposa all’istante) si rivela nei fatti che fondanol’imitazione pittorica. Innanzitutto, si stabilisca che, pur date ledovute analogie, pittura e letteratura continuano a differire inquesto, che la prima abbraccia l’oggetto in un solo colpo, la secondal’allinea a quadri successivi366. La pittura vuole imitare l’istante.

Compito assai imbarazzato dall’evasivo trascorrere, dall’irripe-tibile fluenza. Il momento di luce, collocato nella stagione, nel clima,nello stato del cielo, chi lo sorprende? E la carne, altra disperazionedel pittore, e misura della sua bravura, la carne che si anima edappassisce seguendo influssi segreti367, il variare dell’animo, ilcolore delle passioni! Per un La Tour, per un Bachelier, già le naturemorte — fiori, frutta — sono mobili, figurarsi che cosa è per loro ilvolto umano col suo accendersi e agitarsi e spegnersi senza sosta!Piú il pittore è autenticamente tale, ha il senso della realtà neldettagliato mutarsi, piú sa la sua impresa difficile: al pittoresussiste la medesima difficoltà che v’era per il ricercatorescientifico quando circuisce la natura velata. Il velo, è il movimento.

143 L’istante è uno solo, non v’è che un’azione da rappresentare,

365 Questioni sul ritratto p. es. in Salons, 1763, p. 204 e 1767, p.210.366 Pensées dét., p. 774.367 Mais ce qui achève de rendre fou le grand coloriste, c’est lavicissitude de cette chair. Essais, p. 680… C’est l’instant du jour, lasaison, le climat, le site, l’état du ciel, le lieu de la lumière, qui (en)rendent le ton général fort ou faible. Ivi, p. 688.

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assottigliata ed evanescente nel fluire. E Diderot per non lasciareche lo svanire si consumi si rifugia nella concezione classica del-l’istante limite, egualmente determinato dalla traccia del passato edalla promessa del futuro; cosí la pittura conseguirà un certospessore temporale368; su un volto che ancora il dolore altera, faràspuntare la prima gioia. Ifi genia è presso il sacrificio, il futuro viirrompe col vittimario che porta il bacile pronto ad accogliere ilsangue. E nei quadri di rovine, un sentimento di estrema vecchiezzasi congiunge a quello di stare fra due eternità369.

144 In tale situazione, l’arte può imitare, per avvantaggiare lastabilità del proprio oggetto, non propriamente la scorza cangianteche appare immediatamente, ma le strutture cosmiche come, infondo, la scienza le identifica. Cosí, una poetica cosmologica si pre-cipita affermando che, nel determinismo e grazie alle ragioni suf-ficienti, la natura non sbaglia mai:

La nature ne fait rien d’incorrect. Toute forme, belle ou laide, a sacause; et, de tous les êtres qui existent, il n’y en a pas un qui ne soitcomme il doit être.370

Imitando la natura dunque si sta nel sicuro; il disegno d’un cieco,d’un gobbo, risulta valido quando insegue la naturale e intricataconnessione che rapporta la cecità o la gibbosità a tutte le parti delcorpo; bisognerà, indubbiamente, molta attenzione e continuare aconfrontarsi all’istante che modifica gli atteggiamenti, ma insommaqualcosa di resistente da imitare si ha. Però, al prezzo di scambiare,per con equivoco non inconscio l’unità funzionale biologicanaturalistica con l’unità compositiva371 poetica.

368 J’ai dit que l’artiste n’avait qu’un instant, mais cet instantpeut subsister avec des traces de l’instant qui a précédé, et desannonces de celui qui suivra. Pensées dét., p. 776. Cfr. pure Essais,pp. 712 e 715. L’idea è del resto filtrata per Shaftesbury.369 La «poétique des ruines» in Salons, 1767, p. 227 e vari altriluoghi.370 Essais, p. 665.371 Je n’ai jamais entendu accuser une figure d’être mal dessinée,lorsqu’elle montrait bien, dans son organisation extérieure, l’âge etl’habitude ou la facilité de remplir ses fonctions journalières. Essais,

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Rivalsa e velo della materia

145 Ma esistono volte che, abbandonando i suoi pesanti criteriscientisti di verosimiglianza, Diderot lascia l’arte e la natura libereper un reciproco assorbimento nell’ambito dell’immediatezza. Lalegge dell’unità è affidata, per questi momenti felici, non ad elucu-brazioni biologiche né anatomiche, ma al sistema asistematicodegli indiscernibili, come si manifesta nel fogliame invaso daichiaroscuri:

Une variété infinie d’ombres fortes, d’ombres moins fortes, de partiesobscures, moins obscures, éclairées, plus éclairées, tout à faitéclatantes: alors les passages de l’obscurité à l’ombre, de l’ombre à lalumière, de la lumière au grand éclat, sont si doux, si touchants, simerveilleux, que l’aspect d’une branche, d’une feuille arrête l’oeil etsuspend la conversation.

Alle Tuileries, ai Champs-Elysées, la natura e il quadro circolanol’uno nell’altra:

«Quel tableau! Oh, que cela est beau!». Il semble que nous con-sidérions la nature comme le résultat de l’art; et, réciproquement, s’ilarrive que le peintre nous répète le même enchantement, il sembleque nous regardions l’effet de l’art comme celui de la nature…Ce n’estplus une toile, c’est la nature, c’est une portion de l’univers qu’on adevant soi372.

146 Ebbene, risultati cosí felici sopravvengono nell’ambitoluministico della materia pittorica, grazie ai valori specifici dellapittura. Vaporosità calde, mezze tinte che si dissolvono delica-tamente, incarnato e il pallore che le emozioni accendono, il delicatoequilibrio dello spazio colorato con gli stridori che il tempo vioccasioni, affascinano il critico e stimolano la sua capacità d’osser-

p. 667.372 Essais, p. 684. The interaction of exterior nature and thehuman mind, nature and the transformation of nature, is, forDiderot, a reciprocal process in which nature is progressivelyrevealed to us through its transformation in art… Cosí FUNT,Diderot and the Esthetics of the Enlightenment, cit., p. 140. Corsivonostro.

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vazione educata negli studi scientifici e nelle collazionienciclopediche. Sono i valori specifici della pittura, i valori in cui fi-nalmente il soggetto prende corpo d’opera, ad apparire quale ogget-to ripetitivo della Natura.

La lettura critica ravvisa nel quadro, nei suoi bagliori che si ri-spondono come echi di luogo in luogo, l’infinita unità. Le ombre nonsi distaccano grigie, ma hanno colore; la luce stacca molecole daicorpi e ne tinge le ombre, invadendo tutto cosí come, nell’Enciclo-pedia, la luce conoscitiva pioveva uniforme sul paesaggio del saperedistinguendo e armonizzando; adesso la percezione cromatica rav-visa un’armonia intima e innumere nel solo esistere degli oggetti inmezzo alla luce373.

147 La natura torna a sé, ancora una volta, nel quadro. Eppure,nonostante lo sforzo magico del pittore, o forse proprio a causa diesso, il ritorno in sé della natura avviene come ritorno in altro: biso-gna fare i conti con la materia374.

Ciò, non soltanto perché la materia determini cosí e cosí l’opera, ead esempio la pietra e il marmo indirizzino la scultura per risultatieminentemente differenti dalla pittura375. Vi sono altre considera-zioni, che Diderot offre in un’importante digressione dei primiSalons.

Se si ammucchiano oggetti di ogni specie e colore, biancheria,

373 Il semble que la lumière, en frappant l’écarlate, en détache etemporte avec elle des molécules… Ce sont ces reflets infinis desombres et des corps qui engendrent l’harmonie sur votre bureau, oùle travail et le génie ont jeté la brochure à côté du livre, le livre àcôté du cornet, le cornet au milieu de cinquante objets disparates denature, de forme et de couleur. Essais, p. 689.374 Di ciò ben si avvede il MØLBIERG, Aspects de l’esthétique deDiderot, cit., p. 173, quando fa notare che l’insistenza materica diChardin finisce col liberarlo dal disegno imitante, e che Diderot purmantenendo il principio mimetico se lo vede sparire nella magia delcolore: cet usage particulier d’une couleur libérée de toute fonctionimitative est pour Diderot une cause d’étonnement perpétuel.375 Confronto fra scultura difficile e severa, a causa della suamateria ribelle, e pittura facile e adatta a frivolezze, in Salons,1765, pp. 208-209.

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frutta, carta, libri, stoffe, animali, il loro accordo è perfetto; motivo,lo si è già visto: il sistema dei riflessi che li connette, nell’armonicointervento dell’aria e della luce. Ora, il pittore non può riprodurrequest’armonia senz’altro e con regole infallibili. Facendo un’analogiacon la musica: il musicista può facilmente produrre accordi perfettiin cui si conciliano le dissonanze, il pittore no. Ciò perché il musici-sta presenta l’oggetto armonico come sta, il pittore invece devetrasferirlo in altro, in un’altra materia:

Ce que le peintre broie sur sa palette, ce n’est pas de la chair, de lalaine, du sang, la lumière du soleil, l’air de l’atmosphère, mais desterres, des sucs de plantes, des calcinés, des pierres broyées, des chauxmétalliques.376

L’impercettibile gradazione dei riflessi, perciò, non è possibileriprodurla pienamente; anzi, vi saranno colori irriconciliabili, disso-nanze ineliminabili. Al piú, interverrà l’arte del pittore pereliminare, delle dissonanze, il maggior numero, scegliere certi og-getti e certi colori, spegnere e accendere qua e là in maniera ade-guata. È chiaro: tutti sono, questi, seri limiti al realismo.

148 Il caso particolare di Chardin verifica quanto sopra. Diderotlo ammira moltissimo, per il suo realismo estremo: Chardinpresenta porcellana vera, le sue olive nuotano in acqua reale, il suovino è da bere. Egli, al contrario di quanto capita di solito, nondispone sul quadro stratificazioni materiali irrimediabilmentedifferenti dall’oggetto, ma l’oggetto in carne ed ossa. Cosí Diderot loapostrofa ammirato:

O Chardin! Ce n’est pas du blanc, du rouge, du noir que tu broies surta palette. C’est la substance même des objets, c’est l’air et la lumièreque tu prends à la pointe de ton pinceau et que tu attaches sur latoile.377

Chardin consegue una simile fortuna quando la sua manière, il suostile, sono vuoti, e si adattano a qualsiasi oggetto senza alterarlo.Se, invece, come gli capita altre volte,il suo stile si fa sentire, Char-din non è piú vero378. Resta cosí confermato, intanto, che se un

376 Salons, 1763, p. 217.377 Salons, 1763, p. 222.378 Mais puisqu’il a une manière sienne, il devroit être faux, dans

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oggetto deve comparire come sta alla conoscenza estetica, bisognache questa conoscenza non si comprometta con esso e in esso. C’èsí un’operazione, ma è un’operazione che consiste non nel fare unoggetto, ma nel lasciarlo com’é.

149 Riesce veramente Chardin nella sua impresa? Non appenaDiderot l’ha lodato perché rappresenta l’oggetto in sé, aggiunge su-bito notazioni tecniche: sono colori sovrapposti il cui effetto tra-spira, sono vapori, schiume leggere deposti sulla tela. È una magia,qualcosa di eminentemente innaturale. L’oggetto di Chardin è verocome oggetto dell’arte, appartenente a una natura parallela. Tanto,che di Chardin a buon diritto si può dire come d’un creatore; aquanto pare, i suoi oggetti hanno altrettanta consistenza deglioggetti naturali379. Egli, come Vernet, pone un secondo mondo la cuilegge è l’armonia libera.

Cosí rimane stabilito che la materia del quadro e lo stile dell’arti-sta ostacolano essenzialmente l’imitazione, e che se un quadro di-venta vero, lo è come tale, come apparizione libera nella cono-scenza estetica che non lo altera.

Arte, secondo mondo

150 Qui si inserisce un dettaglio strano e importante. Diderot,che è per la variabilità infinita della Natura, fa eccezione quanto alcolore, ed ammette che in natura esistano colori fissi, costanti.

quelques circonstances, et il ne l’est jamais. Tâchez, mon ami, devous expliquer cela. Connoissez-vous en littérature un style propreà tout? Salons, 1765, p. 114. Ma anche: «C’est dommage queChardin mette sa manière à tout, et qu’en passant d’un objet àl’autre elle devienne quelquefois lourde et pesante. Elle se concilieraà merveille avec l’opaque, le matte, le solide des objets inanimés;elle jurera avec le vivant, la délicatesse des objets sensibles.Salons, 1769, p. 83.379 S’il est vrai, comme le disent les philosophes, qu’il n’y a de réelque nos sensations, …qu’ils m’apprennent, ces philosophes, quelledifférence il y a pour eux à quatre pieds de tes tableaux entre lecréateur et toi. Salons, 1765, p. 111.

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Perché allora tante varietà di rese coloristiche?380 Bisogna trasfe-rirle sull’organo visivo del pittore, sulla sua disposizione caratte-riale. Se il pittore è itterico, diffonderà giallo sul quadro, se è tristeoffrirà colori oscuri: egli si mostrerà nella sua opera tanto, quantoun letterato si manifesta nella propria.

Decantato l’ingenuo soggettivismo fisiologico, rimane affermatoun intervento del soggetto tanto forte da correggere e quasi rove-sciare l’imitazione; e su questa strada Diderot si lancia a consu-mare il divorzio fra imitazione e Natura nel senso che il valore dellaprima è maggiore381. L’imitazione sarà libera:

Éclairez vos objets selon votre soleil, qui n’est pas celui de la nature;soyez le disciple de l’arc-en-ciel, mais n’en soyez pas l’esclave382.

Il sole dell’arte non è il sole della Natura. E non è neppur semprelo stesso sole: torna la questione fatta per il colore, se la Natura èsempre una, come mai tante, ed egualmente gradite, maniere diimitarla?383

Perché esiste, nell’impossibilità di restituire la Natura con preci-sione assoluta, un margine di convenzione. Una volta confessato,cioè, che il sole del pittore non è quello dell’universo, bisogna soppor-tare le conseguenze dell’ammissione, non chiedere all’arte un’imi-tazione che non può dare: accettare sempre in ogni produzione po-etica un po’ di menzogna, il cui limite non è, né sarà mai determi-nato384.

380 Pourquoi cette variété de coloristes, tandis que la couleur estune en nature? Essais, p. 675.381 Approchez votre main de la toile, et vous verrez que l’imitationest aussi forte que la réalité, et qu’elle l’emporte sur elle par labeauté des formes. Salons, 1767, p. 99. Il quadro tanto ammirato èdi La Grenée. Subito dopo quest’elogio, però, Diderot lo rimproveraper scorrettezze anatomiche.382 Pensées dét., p. 771.383 Mais la nature étant une, comment concevez-vous, mon ami,qu’il y ait tant de manières diverses de l’imiter et qu’on les approuvetoutes? Salons, 1767, p. 195.384 Ivi. E una «lisière au delà de la nature», dove i pittori sicollocano con scarto variabile rispetto alla verità naturalistica, è la

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151 Siamo all’ultimo stacco: nell’illusione, nella convenzione,nella distanza oltre la quale la Natura s’accampa desiderata einafferrabile, l’arte si costituisce come secondo mondo, e il rapportofra natura e arte diventa reversibile: l’imitazione è reciproca.Ripetiamo l’episodio dell’incanto nel parco, quando il chiaroscuro trale foglie fa gridare: «Quel tableau!». Il passaggio, lo citiamonuovamente:

Il semble que nous considérions la nature comme le résultat de l’art;et, réciproquement, s’il arrive que le peintre nous répète le mêmeenchantement sur la toile, il semble que nous regardions l’effet de l’artcomme celui de la nature.385

Intercambiabilità fra dominio artistico e naturale, per cui l’arteforma un cosmo orientato verso la Natura ma dotato di leggi in-terne autonome: raddoppia il cosmo, e implica responsabilità de-miurgiche.

152 Il demiurgo esemplare è Joseph Vernet. Egli dice «la lucesia»; e la luce è; «venga giorno, venga notte», e il giorno e la nottevengono. Folgorante nel produrre, possiede l’istantaneaattualizzazione del creatore e si può parlare di lui in termini checompetono:

Il est écrit: Coeli enarrant gloriam Dei, mais ce sont les cieux deVernet, c’est la gloire de Vernet.386

Per meglio descrivere l’universo del suo autore prediletto, Diderotfinge, anzi, di entrarvi, di soggiornare all’interno di un quadro diVernet: situazione critica privilegiata che gli consente di parlarepittura dall’interno (come dall’interno Dorval analizzava un dram-ma). Piú ancora, Diderot può vivere un quadro come realtà au-tonoma e in definitiva pensare a una Natura opera d’arte.

Ma di qui non si possono ricavare conseguenze teologiche, come adesempio: la Natura è da un artista divino, e quindi è meglio nonpensare neppure a gareggiare con essa, ché non c’è altro se non

zona dell’arte nelle Observations sur la sculpture et sur Bouchardon,A.-T., XIII, p. 46.385 Essais, p. 684.386 Salons, 1767, p. 160.

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imitarla387. Oppure derivare l’esistenza di Dio dalla bellezza delmondo.

Anzi, l’arte-secondo mondo smentisce l’idea che il mondo come stasia il piú bello. Lo prova essa medesima, ordinando scegliendo sop-primendo raccostando. Piuttosto, c’è da meravigliarsi che l’universonon sia ancora piú bello di quello che è, se lo proporzioniamoall’energia della supposta causa creatrice; e il merito, il valorestanno dalla parte dell’artista e non di Dio; Dio, creando, darebbesempre qualcosa meno di sé, e quindi in realtà non creerebbe.Invece il pittore dà qualcosa di assai superiore alla sua debolezza, eil suo creare è autentico.

153 Venendo poi all’ipotesi della natura deterministica, èmanifesto che le sue produzioni non fanno alcuna meraviglia: de-vono appunto essere quel che sono. Ma l’arte invece produce libe-ramente, ogni volta conquista la sua opera e lí sta il valore: Raf-faello che dipingesse senza posa come una macchina, non sarebbeartista. La cosmologia dell’arte è dunque la cosmologia della libertà,l’arte-secondo mondo, offre un ordine libero, posto dalla felicità dellacreazione, creazione umana.

Il modello ideale

154 Il demiurgo che costruisce il secondo mondo dell’opera siserve di un modello: un modello ideale. Spesso Diderot vi allude, maesemplare è il preambolo al Salon del 1767, dove si muove dallaquestione del ritratto. Non si creda, osserva Diderot, che si possa ri-produrre la bellezza imitando un oggetto molto bello, poniamo unadonna bellissima. Non si riesce, cosí, ad altro che ad un ritratto, alla«représentation d’un être quelconque individuel».

L’arte avverte la differenza che passa di qui alla «chose générale»,e lavora i suoi prodotti ritoccando, aggiungendo e sopprimendo; essasi rischia al termine di una cascata ontologica che comprende:

La verité ou le prototype, son fantôme subsistant qui vous sert de

387 Vous avez beau dire Vernet, Vernet, je ne quitterai point lanature pour courir après son image; quelque sublime que soitl’homme, ce n’est pas Dieu. Salons, 1767, p. 131.

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modèle, la copie que vous faites de cette ombre mal terminée, de cefantôme.

C’è bisogno di avvertire che la copia d’un fantasma non soddisfa,che l’arte esige invece una sua ligne de beauté, ligne idéale liberadagli accidenti e dalle singolarità? E tuttavia l’imitazione che al-l’arte vien prescritta deve sempre farsela con un oggetto compro-mettente, alterante, pur se (mondanamente) bellissimo:

Il y a, entre la vérité et son image, la belle femme individuelle qu’il achoisie pour modèle.

«Platonismo» certo, questo388; e che si alloga bene nella fluentecosmologia diderotiana, col principio degli indiscernibili ad affollarla.È una splendida giornata, la gente passeggia nei giardini, guardia-mola: non una testa che somigli all’altra, non un tratto del volto chesia proiettabile sul tratto d’un altro. La diversità regna389.

E cosí dev’essere. L’infinita variabilità consegue dall’incrocio diinfinite sequenze deterministiche; pensando in particolare agli og-getti viventi, ben si rileva che ognuno deve certe sue inconfondibilialterazioni al giuoco della vicenda biologica, all’intersezione delle suefunzioni e delle cause che agiscono e reagiscono nel suo sviluppo. Indefinitiva, non risulta di fatto alcun animale che possa fare da mo-dello per la sua specie390.

155 Ritroviamo qui figure già note; il determinismo si invertenella libertà della circostanza. La progettazione in prototipi dellanatura si polverizza nella infinita variabilità che pure la naturadeve realizzare, incontro di movimento e immobilità. Ora, se l’arte –come è parso precedentemente – costituisce per la Natura il luogo

388 Il richiamo a Platone è esplicito nel testo. Quando fu imprigio-nato a Vincennes, Diderot usava il suo Platone come oracolo (L. G.CROCKER, Diderot, cit., p. 88).389 Ed anche: Il n’y a peut-être pas, dans l’espèce humaineentière, deux individus qui aient quelque ressemblance approchée.Poésie dram., p. 283.390 Convenez donc qu’il n’y a et qu’il ne peut y avoir ni un animalentier subsistant, ni aucune partie d’un animal subsistant que vouspuissiez prendre à la rigueur pour modèle premier. Salons, 1767, p.59.

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dell’incontro con sé, per la via dell’arte la Natura potrà ritrovare sénell’immobile generazione dei prototipi, tornare per cosí dire «in fab-brica», nell’ufficio modelli.

Stiamo seguendo l’infiltrato metafisico nella critica d’arte, e orasiamo a un luogo limpido in cui esso circonda le figure critiche, poe-tiche ed estetiche; ma non mancano, ancora, difficoltà. La metafi-sica di cui parla Diderot è empirista, e già si sa che il modello idealenon può trovarlo nell’esperienza. Insistiamo: la perfezione della na-tura è la sua estrema imperfezione, essa è strutturalmente viziata(nature viciée): razionalmente, non di qui Diderot è in grado di recu-perare il modello ideale. E ciò, pure se ne avverte la fortissima esi-genza. Pensiamo alle pagine terminali della Poésie dramatique, incui Diderot (sotto lo pseudonimo facile di Ariste) si trova quaran-tenne, e tutti dicono che è filosofo, ma invece si sa tutt’altro chetale: la trinità laica, il buono vero bello, gli manca.

156 Da dove muovere? L’essenziale diversità e fra i soggetti, enell’esistenza temporale del medesimo soggetto, non consente ilreperimento induttivo dei valori. Non resta dunque che costruirsi unmodello di valore stabile, sottratto alla vicissitudine cosmica,storica e personale, un modello ideale.

Cosí opera in complesso lo spirito umano, nel segreto dell’istintoche (ricompaiono i temi dell’articolo sul Beau), prova e riprova ac-cumulando i risultati parziali fino a superarne l’accidentalità391.

391 Celle que je viens de prescrire (scil. la voie) est celle de l’esprithumain dans toutes ses recherches. Salons, 1767, p. 62. Il modelloideale, tanto connesso alla ricerca generale dello spirito, nonproviene da astrazioni né da generalizzazioni, e neppure si concludein semplice conglomerato empirico. Piuttosto somiglia a unsedimento inconscio elaborato attivamente dalla «psiche collettiva»,per usare la terminologia junghiana. FUNT, Diderot and theEsthetics of the Enlightenment, pp. 158-166, dedica bei luoghi aprecisare il concetto diderotiano di memoria cosmica. Essa,immensa, si sprofonda nell’unità della natura e si determina d’altraparte come coscienza personale e storicità (la quale poi paga lapropria determinazione in incompletezza: La memoire immense outotale est un êtat d’unité complet. La memoire partielle, êtatd’unité incomplet, Eléments, p. 245). Scrive il Funt: «It is this

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Tali gli esiti, metafisici se altri mai, dell’avventura che con l’arte haDiderot. Ed egli lo sapeva e lo vantava:

Est-ce que cette métaphysique, qui a pour objet la nature, la bellenature, la vérité, le premier modèle auquel tu te conformes sous peinede n’être qu’un portraitiste, n’est pas la plus sublimemétaphysique?392

U s a g e s b a r b a r e s e v i r t ú l a i c a

157 Nell’esperienza critica dilagano non solo le venature meta-fisiche e si profila l’Immobile (almeno operativamente e nel mitodell’istinto) ma irrompono anche le rivalse e gli umori del philosophe.Anche qui sosteremo, perché i fremiti dell’emotività vi propongono(dialetticamente se vogliamo) una condizione piú limpida eintangibile, quella del genio.

La poetica della barbarie

158 Diderot si chiede se lo spirito filosofico sia favorevole allapoesia, e distingue come rivali immaginazione — imitatrice esintetica, poetica — da giudizio, osservativo e analitico,filosofico393.

memory which forms the basis, for Diderot, of the possibility of thetrue and authentic model in the artist - the ideal model». (O.c., p.166).392 Salons, 1767, p. 59.393 L’imagination et le jugement sont deux qualités communes etpresque opposées. Salons, 1767, p. 153. Opposizioni analoghe nellostesso testo, logique du goût — logique de la raison, raison — goût.Sull’argomento, cfr. ROLAND MORTIER, Diderot au carrefour dela poésie et de la philosophie, in «Revue des Sciences Humaines»,1963, pp 485-501. Diderot, osserva il Mortier, non se la sentiva diescludere dalla poesia un profondo messaggio etico e una posizionefilosofica. Cosí piú volte (ricca la documentazione del Mortier)sembra considerare la filosofia e l’azione assai piú serie e

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La questione e la distinzione meglio si pongono osservando che lateoria del modèle idéal parrebbe sollevare un’ipotesi genetica percui il raffinamento progressivo dei modelli coinciderebbe con l’avan-zamento generale della civiltà e con lo sviluppo quindi del razionali-smo e delle abilità intellettuali. Diderot grida il contrario: non solo ilmeglio dell’arte non coincide col meglio della ragione, ma anzi piú lafilosofia va avanti piú la poesia perde394. Al posto del genio, quandol’età della ragione sopravviene, c’è la critica, c’è la metodologia;subentra, Diderot osserva, un invilirsi del gusto che non sa piú go-dere le grandi opere e superbamente taccia di puerilità le fortiimmagini del passato, di Pindaro poniamo.

159 Diderot ben volentieri fa coincidere con una poetica delbarbaro dello scatenato395 la sua passione per le scene ad effetto.

importanti della poesia, ma questo in nome di una poeticatotalizzante, che nella poesia facesse confluire l’eticità, l’impegnosociale, la sapienza filosofica, la voce lontana dell’inconsciobarbarico.394 Su ciò, lungo passaggio: Plus de verve chez les peuplesbarbares que chez les peuples policés… le règne des images passe, àmesure que celui des choses s’étend… les moeurs se policent, lesusages barbares, poétiques et pittoresques cessent… l’espritphilosophique amène le style sentencieux et sec; les expressionsabstraites… prennent la place des expressions figurées. Salons,1767, p. 153. Sono gli Ebrei a possedere, in confronto ai Greci, laverve. Questa patente di barbara poeticità conferita a Israeleriempie un vuoto di tradizione biblica nella letteratura francese,opponendosi ai Fontenelle, ai Condillac. Cosí DIECKMANN, inEsthetic theory and criticism, cit., p. 94. Opposizione tra verve e goûtpure nell’elogio di Terenzio (OE, pp. 62-63), sul che bel passaggio diJEROME SCHWARTZ (Diderot and Montaigne, Genève, Droz,1966, pp. 40-41), ed esame delle fonti in Montaigne.395 Predilezione che come si è visto proviene già dai temi deglistudi drammaturgici. Ma da considerare, in certi passaggi del Salondel 1767, la sonorità di letture ossianiche (cfr. la Prefazione alSalon, pp. VII-VIII) nonché l’eco della dottrina sul sublime delBurke. In proposito, da rammentare lo studio di GITA MAY(Diderot and Burke: a study in aesthetic affinity, PMLA, dic. 1960,

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La buona educazione del suo secolo è impoetica, si richiede benaltro:

Il faut aux arts d’imitation quelque chose de sauvage, de brut, defrappant et d’énorme… Touche-moi, étonne-moi, déchire-moi; fais-moitressaillir, pleurer, frémir, m’indigner d’abord; tu récréeras mes yeuxaprès, si tu peux.396

Il terribilismo che (pur con qualche limitazione397) piace tanto aDiderot, non avendo a disposizione usages barbares in cui sguaz-zare, cercherà argomenti impressionanti nella civiltà moderna:scene cruente del fanatismo, gli inglesi in folla soffocati nella pri-gione di Calcutta, le atrocità dei Prussiani in Sassonia e in Polonia;il delitto, si cerchi, perché esso è bello398. E quanto a delitti, il Cri-stianesimo ne fornisce una ricca galleria, perché «jamais aucunereligion ne fut aussi féconde en crimes que le christianisme»399. Eoltre che crimini il Cristianesimo fornisce i grandi esempi tragici del

pp. 527-539).396 Essais, p. 714. La dizione è quasi identica a quella vista nelcontesto drammaturgico (Poésie dram., p. 261: La poésie veutquelque chose d’énorme, de barbare et de sauvage).397 Soyez terrible, j’y consens; mais que la terreur que vousm’inspirez soit tempérée par quelque grande idée morale. Penséesdét., p. 764. Nel Salon del 1767 (p. 185) mette a tema un soggetto«orribile», i corvi che strappano gli occhi a dei cadaveri. «Cet oiseaucruel battant les ailes de joie est horriblement beau». Solo che labellezza non consiste nello spettacolo dello strappamento (che vacontro il bon goût) bensí nell’immagine rara, batter le ali di gioia, laquale riscatta il disgusto dell’immagine precedente.398 C’est une belle chose que le crime et dans l’histoire et dans lapoésie, et sur la toile et sur le marbre. Salons, 1763, p. 214. La bel-lezza del crimine esprime l’energia naturale, come si manifestanegli usi barbari e nella genialità malvagia, e bene la ROY (DiePoetik Denis Diderots), cit., p. 39, parla d’una Ästhetik der reinenEnergie, d’una Faszination von der Ambivalenz der reinen Kraft (p.37). «In der Natur wie in der Kunst bewundert er die ethischindifferente Schönheit der reinen Kraft» (p. 56).399 Salons, 1763, p. 214.

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fanatismo, o che il cristiano fanatico subisca la persecuzione, o chela compia. In ogni caso, la teofobia (théophobie) è fonte di granditragedie e quadri spaventosi.

Questioni morali e sociali

160 Questa poetica della barbarie fa da spia a un distaccodell’arte rispetto all’andamento tranquillo di una società ordinata edegoista. Non che un pittore abbia da essere senz’altro ribelle oimmorale: anzi! La morale gli è essenziale quanto la prospettiva, enon potrà pretendere a un gusto puro, se non avrà un cuore puro.

Le sue opere concorreranno a purificare i costumi, evitando rap-presentazioni licenziose e in particolare nudità femminili, precettoche si giustifica non solo per il malefico influsso dei soggetti disone-sti, ma anche nell’interesse medesimo dell’artista; non solo i tipi re-ligiosi (e superstiziosi) ma anche i libertini, gli atei, disapprovanoprofondamente certe opere infami e presto o tardi un autore immo-rale viene ignorato dalla posterità.

161 Nel moralismo Diderot si effonde persino senza ritegno:rendere il vizio odioso, rendere la virtú amabile, ecco il doveredell’artista, predicatore laico anche lui, come gli attori400; c’è datrovare una conciliazione però col programma terribilista, e Diderotla trova reclamando: Pittore, «étale-moi les scènes sanglantes dufanatisme»401, ma a scopo edificante. Insomma anche la pittura si

400 Il campione della pittura morale è Greuze, quello della depra-vata Boucher. «Courage, mon ami Greuze, fais de la morale en pein-ture, et fais-en toujours comme cela!» incita Diderot (Salons, 1763,p. 233). Greuze ha dato «des moeurs à l’art» e dipinto dei quadri-ro-manzo (Salons, 1765, p. 144); fa della propaganda demografica(cela prêche la population) e instilla la fedeltà coniugale (Ivi, p.155). Boucher è trattato malissimo: Je ne sais que dire de cethomme-ci. La dégradation du goût, de la couleur, de la composition,des caractères, de l’expression, du dessin, a suivi pas à pas ladépravation des moeurs» (Ivi, p. 75). Boucher è «toujours vicieux»,non sospetta neppure che la pittura deve avere moeurs. (Essais, p.717).401 Essais, p. 719.

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presta alla propaganda d’una virtú laica che fiorisce nel cittadinospontaneamente, senza bisogno di benedizioni.

Ma tanto virtuosi empiti sono da sfumare, in un’ambiguità effet-tiva di stacco attuale e collaborazione sperata, fra l’eticità dell’artee l’eticità sociale. E per eticità dell’arte, Diderot intende una con-vergenza non solo di scelte etiche dell’artista, ma anche di modod’esistere di persone «belle», e di persone che in genere all’arte hannogusto.

162 Seguiamo Diderot in uno dei suoi passi allusivi e un po’sognati402. Al fondo, le antiche suggestioni da Shaftesbury, svoltecol solito modo biologico: virtú è fare l’interesse della specie, sullabase d’un’organizzazione comune. Ciò che fa il bene a questa specie,può risultare materialmente dannoso a un’altra, e moralmente nonc’è nulla da obiettare: Polifemo, che non ha quasi niente in comunecon la gente di Ulisse, non fa piú male morale a divorarla, che quellaa mangiare lepri o conigli.

Piú oltre: non si darà una morale particolare per individui chesiano unici nella loro specie, come i re, Dio? E qui c’è un’obliquità distoccata sospensiva che Diderot lascia com’è, seguendo inte-riormente il suo concetto demiurgico dell’artista. Egli Dio nel suomondo, con la tipica sua originalità, viene proprio a fare specie a sé,e dunque si può ben pensare che ci potrebbe essere:

Une morale propre aux artistes ou à l’art, et que cette morale pourraitbien être le rebours de la morale usuelle.

E non solo l’artista viene a trovarsi cosí al contrario rispetto al-l’andazzo delle cose usuali, ma anche la persona bella, adatta afornire un soggetto di poesia, o di quadro, e che contravviene all’a-maro e saggio precetto: «Il me faut point faire de poésie dans la vie»;Eroi, amanti da romanzo, patrioti, magistrati inflessibili, apostoli,filosofi oltranzisti, tutti costoro non scelgono la via della felicità — ilgiusto mezzo —, ma della sciagura: gli estremi. Sono estremi. E per-tanto e per natura sono poetici ma sfortunati:

Il est d’expérience que la nature condamne au malheur celui à qui ellea départi le génie, et celle qu’elle a douée de la beauté; c est que cesont des êtres poétiques.

402 Salons, 1767, p. 148-149.

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Ed ancora:

Le goût des beaux arts suppose un certain mépris de la fortune, je nesais quelle incurie des affaires domestiques, un certain dérangementde cervelle, une certaine folie qui se passe de jour en jour.403

163 Ma nonostante la sua morale particolare, la sua estraneitàal filisteismo corrente e i fastidi che gli tocca subire404, l’artistacontinua a partecipare alla vita economica in modo necessario.

403 Salons, 1769, p. 111. Di simili sregolati Diderot fa parte. Silegga la confessione della sua esistenza, con l’errore del matrimonioin nome della bellezza (je rencontre sur mon chemin une femmebelle comme un ange), la famiglia, l’abbandono degli interessiscientifici e poetici, l’impegno enciclopedico cui sacrifica venticinqueanni. Salons, 1767, p. 256. È sempre in causa l’incoercibileresistenza del singolo all’irrigidimento istituzionale, specie quando ilsingolo è «creativo». Cfr. JOSEPH L. WALDAUER: Society and theFreedom ot the Creative Main in Diderot’s thought, in «DiderotStudies», V, 1964. La «Diderot’s perception of man’s inevitableresistance to constraint» (p. 33) non esclude la convinzione che iltemperamento creativo abbia, tuttavia, forti affezioni sociali (cfr. ilcapitolo The Social Drive of the Creative Man).404 Posto dunque che l’esistenza poetica è mal conciliabile con lamorale e con la felicità correnti, Diderot non manca di indicare aquali angherie vengono sottoposti gli artisti. Un caso è quello delcollezionista La Borde, che si gode per sé i quadri di Vernet e sirifiuta di esporli, togliendo cosí a Vernet lo stimolo piú potente, lagloria. Gli amateurs, sono una razza maledetta (maudite race), loroche decidono le reputazioni a dritto e a rovescio; hanno affamatoGreuze, e in generale tengono gli artisti in condizioni di mendicitàper sfruttarli meglio, e vengono a infastidirli in studio coi loroconsigli presuntuosi, e se non sono ascoltati rovinano chi gli si èribellato. Un episodio particolarmente toccante, è, poi, quellocapitato ad Hall: aveva dipinto delle graziose miniature, e lemostrava a un malvagio principino. Costui prima gli chiede se haavuto molto piacere, a dipingere uno dei quadretti, e sentendo cheHall, sí, ne ha avuto gioia, gli fa a pezzi l’opera per semplicecattiveria.

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Pittura e scultura non potrebbero sussistere senza un certobenessere che può compiacersi di prodotti a rigore nonindispensabili405; e a sua volta l’arte si integra all’agricoltura, alcommercio e alla difesa fra le attività di pubblico interesse. Nonsolo, cioè, diverte il popolo, ma anche lo «istruisce» facendopropaganda in favore dell’ordine e della legalità e favorendo lacoesione interna delle istituzioni406. La stabilità sociale le devequindi non meno di quanto le dia.

L’opulenza, insiste Diderot, promuove l’attività artistica; la sol-lecita, certo, per accidente (nella funzione ornamentale o piace-vole407) ma insomma la sollecita. Ora, se parimenti l’umilia408 èperché quest’opulenza non è giusta. Non è dovuta al lavoro e al ri-sparmio, non si fonda che sulla corruzione dei costumi: con decisapolemica, Diderot rifiuta la nascente forza della borghesia indu-striale che egli vede alleata alla malversazione dello Stato in deca-denza, e trova non solo immorali, ma anche impoetiche le condizionidella società contemporanea409; ridicolo, piccolo, il costume esprime

405 Diderot sviluppa quest’idea a proposito dell’architettura. Colcrescere dell’opulenza, con l’ingrandirsi del potere religioso emonarchico, vengono disponibili templi e reggie da adornare conquadri e sculture. Il lusso e la ricchezza liberano l’affinamento delgusto, l’architettura migliora, l’inserimento delle sculture e pittureviene sempre piú richiesto. Essais, pp. 729-730.406 Salons, 1767, pp. 210-211.407 Car si l’on ne mange pas l’or, à quoi servira-t-il, si ce n’est àmultiplier les jouissances, ou les moyens infinis d’être heureux, lapoésie, la peinture, la sculpture, la musique, les glaces, lestapisseries…? Salons, 1767, p. 119.408 Ils ont vu que les beaux-arts devaient leur naissance à la ri-chesse. Ils ont vu que la même cause qui les produisait, lesfortifiait, les conduisait à la perfection, finissait par les dégrader, lesabâtardir et les détruire… Ivi, p. 118.409 «Si nos peintres et nos sculpteurs étaient forcés désormais depuiser leurs sujets dans l’histoire de France moderne, je dismoderne, car les premiers Francs avaient conservé dans leurmanière de se vêtir quelque chose de la simplicité du vêtementantique, la peinture et la sculpture s’en iraient bientôt en

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la sua povertà nell’abbigliamento innaturale. Quale ispirazione alpittore porgeranno le signore simili a bambole infagottate? «Oh quenous sommes petits et mesquins!», esclama Diderot. E un semplicesguardo al pubblico che frequenta i Salons fa subito certi che, daparte sua, il contesto sociale non è neppure in grado di gustarel’arte valida, e riserba il successo alle mediocrità410.

164 Non siamo soltanto nell’impoeticità. La bassezza etico-estetica si esprime pure nell’inganno costante. Diderot infattiriprende a guisa di espediente letterario per commentare unFragonard, ma con impegnata e profonda asprezza che rammentaLa promenade du Sceptique, l’antico esempio della caverna.Caverna è l’esistenza contemporanea in cui racchiusi si mangia, sibeve e si ride senza minimamente accorgersi che si sta legati inceppi; ché, anzi, coloro i quali tentano di liberarsi e di liberare, ven-gono oltraggiati, accusati di ogni disastro, evitati come malati con-tagiosi. E sullo schermo della caverna si proiettano le scene dellavita, a cura dei ciarlatani depositari del dominio:

décadence. Salons, 1767, p. 219.410 Tout le monde se croit compétent sur ce point, presque tout lemonde se trompe, il ne faut que se promener une fois au Sallon, et yécouter les jugemens divers qu’on y porte, pour se convaincre qu’ence genre comme en littérature, le succès, le grand succès est assuréà la médiocrité, l’heureuse médiocrité qui met l’artiste et lespectateur commun de niveau. Salons, 1767, p. 278. Sullo scultoree il filosofo cfr. ANNE BETTY WEINSHENKER, Falconet: hiswritings and his friend Diderot, Genève, Droz, 1966. Contrarissimoalla tesi diderotiana sul «giudizio della posterità» e duro polemista,Falconet aveva forse meno argomenti che Diderot, per il qualel’istante è limite nell’infinità temporale, punto senza spessore trapassato e futuro (Le Pour et le Contre, pp. 75 e 88). L’esistente nelpresente si prospetta «dans l’avenir pour se le préparer glorieux àlui-même et aux siens» (p. 151). L’avvenire appartiene dunque alladurevolezza della storia in cui converge la memoria sociale: è comeun concerto lontano di cui si odono i suoni lusinghieri, o piú cheudirli, si immaginano (pp. 47-48). In nome di questa «gloria»l’impresa artistica prende senso: tesi che rammenta quella deiSepolcri foscoliani.

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Des rois, des ministres, des prêtres, des docteurs, des apôtres, desprophètes, des théologiens, des politiques, des fripons, des charlatans,des artisans d’illusions, et toute la troupe des marchands d’espéranceset de craintes.411

Ora, l’arte e la vita dovrebbero liberarsi insieme dall’inganno, ri-trovare una libertà unita e felice; se Diderot piú volte ha cercatoquesta libera spontaneità dell’immanenza chiedendo l’energia delbarbarico, similmente si volge a una sua figura della civiltà pagana.A quel tempo la bellezza corporea costituiva gli stessi oggetti per lateologia e per l’arte; il popolo uscendo dal tempio trovava i propriDei viventi, perché quegli Dei erano ripresi direttamente dalla na-tura. L’esistenza sociale era esistenza estetica412.

165 Di una società poetica, di una società la cui legge sia labellezza, l’arte anticipa come «secondo mondo», la realtà. Le virtúlaiche vi comporrebbero un’equilibrata felicità, sarebbe una societàdipinta da Greuze; il pittore ne può essere, oggi, il profeta, conl’immediata efficacia che gli consente la sua eloquenza gestuale413.

411 Salons, 1765, p. 189.412 Essais, pp. 703-709. Simili idee nella corrispondenza conFalconet, in Le Pour et le Contre, cit., p. 89, e nell’Extrait d’unouvrage anglais sur la peinture, in A.-T., XIII, p. 38: nella Greciasensuale la bellezza delle cortigiane era identica a quella delladivinità. «A remarkable insight into the meaning of mythology, onewhich was rare in the period of Enlightenment», commentaDIECKMANN, Esthetic Theory, cit., p. 98.413 E in ciò si può prendere una grande lezione proprio dagli stru-menti dell’inganno e del dominio, dalle pittoresche pompe della litur-gia cattolica, false ma commoventi La pittura dovrebbe prenderedalla religione questa tecnica di governo psicologico di massa. Cfr.Salons, 1765, p. 184. Il nostro lavoro non tematizza esplicitamentené particolarmente le idee politiche di Diderot, sia a causa del suopiano generale, sia perché Diderot sembra essere piuttostometapolitico, discutere l’istituzione piuttosto che il tipo d’istituzione.Rammentiamo su questi argomenti il citato YVES BENOT,Diderot de l’athéisme à l’anticolonialisme, nonché le pagine diPROUST, D. e l’Encyclopédie, cit. Naturalmente, cfr. le OeuvresPolitiques, a cura di PAUL VERNIÈRE, Paris, Garnier, 1963.

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È qui che possiamo dare l’addio al versante emotivo e politico dellafilosofia dell’arte: seguiremo Diderot nelle lucide, fredde altezze chela teoria del genio instaura.

N e l l a t e o r i a d e l g e n i o i l p a r a d o s s o d e l l ’ I m m o b i l e

Le forme della genialità

166 A parte le frequenti allusioni sul genio414, Diderot ne proponedue forme, una di passione e una di ragione, una «calda» e unainvece «fredda

Génie vale, dunque, come attitudine, causale per la riuscitadell’opera, che l’artista ha se eccelle. Non è un’attitudine comune,anzi può essere qualcosa di speciale per lo stesso soggetto, comeuno stato di grazia che a volte c’è, a volte no. Infatti, richiede l’en-tusiasmo, che non è evento sopportabile a lungo né facile a conse-guire. Proprio qui si distingue la semplice abilità, l’esprit, dal de-

414 Da OE qualche esempio (tra parentesi la pagina): ouvrage dugénie (203), hommes de génie (204, 252), génie — scil. di Molière —(256), homme de génie (115), homme qui a le génie de son art (168),prodigieux génie que puisse avoir cet artiste (170), génie dumusicien (171), quelque génie qu’ait un poète (233), les hommes quiauront du génie (113), plein de ce morceau, il l’eût exécuté de génie(221), le génie se sent; mais il ne s’imite point (26), transportezSalvator (Rosa) dans les régions glacées voisines du pôle; et songénie les embellira (765). Nei Salons (tra parentesi data e pagina)Carle Van Loo, quoique grand artiste d’ailleurs, n’a point de génie(1761, 109), Hallé… est sans génie (1761, 100). Quand on a dugénie, il n’y a point d’instans ingrats (1765, 82). Mais croyez-vousqu’avec du génie il n’eût pas été possible d’introduire dans cettescène le plus grand mouvement (1767, 77). Marmontel non saràmai un buon tragico perché gli manca le génie (1767, 144). C’est legénie qui fait la belle esquisse, et le génie ne se donne pas (1767,298).

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miurgico produttivismo geniale. L’entusiasta esce fuori di sé, è tra-volto dall’arte, ma quando l’ispirazione passa torna quel che era,persino un uomo comune415. Analogamente Dorval vienetrascinato dall’entusiasmo, e quando la sua febbre si spegne è comeuscito da un sonno profondo e chiede: «Qu’ai-je dit? Qu’avais-je àvous dire? je ne m’en souviens plus»416.

167 L’anormalità del genio non va d’accordo né con le regoleestetiche, né col decoro corrente. Dopo avere esposto alcuni principid’arte drammatica Dorval soggiunge che l’uomo di genio puòinfrangerli come vuole. Le regole, se mai, gli sono nocive, perchél’atmosfera propria del genio è la libertà. Il genio, si rammenti, non èneppure dipendente da sé stesso, e quindi neppure dai modelli cheliberamente ha posto417. Similmente, le regole della decenzavengono travolte dalla genialità che, al loro posto, evoca laNatura418: in definitiva, l’anormalità del genio è la normalitàdell’essere naturale, l’irruzione della nascosta energia cheun’estraniazione storica dimenticava.

Scopritore, inventore419, il genio fa opere non di ragione, quanto diproduzione, opere che si giustificano violente col porsi, che sconvol-

415 Poésie dram., p. 252.416 Entretiens, p. 98.417 Et surtout ressouvenez-vous qu’il n’y a point de principegénéral; je n’en connais aucun de ceux que je viens d’indiquer qu’unehomme de génie ne puisse enfreindre avec succès (Entretiens, p.140). (Le regole) ont servi à l’homme ordinaire; elles ont nui àl’homme de génie. Pensées dét., p. 754. Je ne prétends point donnerdes règles au génie. Je dis à l’artiste: «Faites ces choses» ; comme jelui dirais: «Si vous voulez peindre, ayez d’abord une toile» (Penséedét., pp. 802-803). O faiseurs de règles générales, que vous neconnaissez guère l’art, et que vous avez peu de ce génie qui aproduit les modèles sur lesquels vous avez établi ces règles, qu’il estle maître d’enfreindre quand il lui plaît! (Poésie dram., p. 227).418 C’est alors que nous verrons sur la scène des situations natu-relles qu’une décence ennemie du génie et des grands effets a pros-crites. Entretiens, p. 120.419 Quel nom donner à un inventeur? le nom d’homme de génie.Pensées dét., p. 756.

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gono e rovesciano i vecchi pregiudizi, opere in cui giace la speranzadella scienza e dell’arte420; nell’impresa nessuna materia gli è estra-nea, egli feconda tutto421. Tale il quadro del genio immaginativo422 evulcanico, del genio «caldo». Ma esiste anche un genio «freddo», moltopiú dotato di autocontrollo.

168 Il genio «caldo» è un’antenna sensibilissima, che capta tutti isegnali provenienti dalle profondità cosmiche, e nel suo furore entu-siasta li amplifica e li ricompone. Questa specie di maniaco de-pressivo, che passa dai gesti eccessivi dell’ispirazione allo stuporedel risveglio, rischia di confondere ogni cosa e di perdere un impor-tantissimo coefficiente di riuscita artistica: la scelta:

La sensibilité, quand elle est extrême, ne discerne plus; tout l’émeutindistinctement.

Un certo controllo della sensibilità si richiede dunque non solo al-l’operatore artistico, ma anche al critico. Se il critico vien preso dalfurore dell’entusiasmo, «sera ému, transporté, ivre», si metterà abalbettare, e non dirà piú nulla423.

169 Quest’osservazione proviene dagli Essais sur la Peinture, checercano di dare una sistemazione teoretica all’esperienza critica deiSalons. Diderot ha riscontrato di fatto che per riempire pagine criti-che non basta il sia pure felice stato di grazia: l’entusiasta balbet-tante vivrà intensamente l’arte, ma l’osservatore munito di espe-rienza e di studio è il piú qualificato al giudizio critico. E Diderot nel-

420 Il faut espérer que quelque jour un homme de génie sentiral’impossibilité d’atteindre ceux qui l’ont précédé dans une routebattue, et se jettera de dépit dans une autre; c’est le seulévénement qui puisse nous affranchir de plusieurs préjugés que laphilosophie a vainement attaqués. Ce ne sont plus des raisons,c’est une production qu’il nous faut. Entretiens, p. 118.421 Le génie féconde tout. Salons, 1765, p. 182.422 Il a reçu de la nature, dans un degré supérieur, la qualité qui di-stingue l’homme de génie de l’homme ordinaire, et celui-ci dustupide: l’imagination. Poésie dram., p. 219.423 Il balbutiera; il ne trouvera point d’expressions qui rendentl’état de son âme. Essais, p. 739.

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l’esperienza e nello studio mette anche l’abitudine scientifica, cheper lui stesso è stata antecedente all’incontro con la pittura: chi co-nosce preventivamente, freddamente e razionalmente la natura,ha una garanzia di migliori effetti artistici. E per l’appunto la poeti-ca dell’effet che ora torna in azione, coi suoi presupposti psicologici etutto sommato scientifici. Se occorre un effetto, bisogna primasapere quali stimoli vanno impartiti e quali risposte se ne suscite-ranno.

Dal punto di vista della critica, si tratta poi di controllare e retti-ficare il giudizio immediato della sensibilità424. È chiaro dunque cheil critico stesso dovrà essere un genio «freddo», in grado di sorve-gliarsi e di compiere con spirito lucido la grande prova: rapportarel’opera in esame alla natura (ciò che Diderot fa continuamente): «Etqui est-ce-qui sait remonter jusque-là? Un autre homme degénie»425.

170 L’entusiasmo a questo punto viene notevolmente an-nacquato. Diderot torna a Shaftesbury, all’entusiasmo di Theoclesche in piena esaltazione si ferma e commenta: «Stavo diventandotroppo caldo»426. Gli entusiasmi che vanno bene e per la produzionee per la critica d’arte sono dei commedianti: fingono lo stato entu-siasta, ma non lo provano veramente.

Vi sono due entusiasmi, ribadirà Diderot piú tardi427: quello dell’a-nima e quello del mestiere. Il primo è necessario perché l’opera nonrimanga nella pura condizione di calcolo concettuale, il secondoperché avvenga concretamente l’esecuzione. Con questo, dunque, lafrazione entusiasta non è perduta; essa presiede all’opera dalprogetto alla conclusione. Ma deve essere bilanciata dalla ragione:

424 Les hommes froids, sévères et tranquilles observateurs de lanature, connaissent souvent mieux les cordes délicates qu’il fautpincer. Ils font des enthousiastes, sans l’être; c’est l’homme etl’animal. La raison rectifie quelquefois le jugement rapide de lasensibilité…Essais, p. 740.425 Ivi. Sono le parole finali degli Essais, a loro significativo sug-gello.426 I was growing too warm, I find. SHAFTESBURY, Characteris-tics, II, cit., p. 118.427 Pensées dét., p. 772.

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Sans cette balance rigoureuse, selon que l’enthousiasme ou la raisonprédomine, l’artiste est extravagant ou froid428.

L’espressione esige dunque un’inventiva bruciante, un’immagi-nazione forte; ma, a produrre e non immaginare soltanto, bisognache si componga in ordine, e ciò presuppone il temperamento

de jugement ed de verve, de chaleur et de sagesse, d’ivresse et de sangfroid429.

Il genio ebbro, entusiasta e vulcanico ora trova un limite neces-sario nel genio veggente e calcolatore. Ciò ha del fondamento in unadialettica materiale, di cui piú oltre. Conviene qui sostare anche suun articolo enciclopedico non propriamente diderotiano, ma che ri-mane utile a disegnare la forma sentimentalmente colorata, attivae un po’ frenetica della conoscenza geniale430.

428 Essais, p. 720.429 Ivi. E già nell’articolo Eclectisme, dove intarsia una tiratasull’entusiasmo, ammette sí che l’entusiasmo è necessario per farecose sublimi in pittura, poesia, eloquenza, musica; ma l’entusiasmoresta sempre un che di patologico (si cet état n’est pas de la folie, ilen est bien voisin) da tener bene sotto controllo. Cfr. Eclectisme, inE 5, pp. 270 a-293 b.430 L’articolo enciclopedico Génie, lungamente attribuito aDiderot, è di Saint-Lambert. Ma le notazioni di Paul Vernière (OE,pp. 5-8) ci fanno respirare in questo breve saggio lo spiritodiderotiano. Lo includeremo quindi nel nostro lavoro come un’operaalmeno della bottega del Diderot. Citiamo dal testo di OE,abbreviando con Génie I. A Diderot invece appartiene pienamente ilframmento Sur le Génie, proveniente dai fondi leningradese eVandeul. Anche questo viene citato da OE, con l’abbreviazioneGénie II. Il celebre Paradoxe sur le Comédien si trova in OE,fondandosi sul testo di Leningrado. Da OE lo citiamo abbreviandocon Paradoxe. Doveroso e utile rimandare, circa quest’opera, alcitato BELAVAL, L’Esthétique sans paradoxe; cfr. pure laprefazione di RAYMOND LAUBREAUX a DENIS DIDEROT,Paradoxe sur le Comédien, précédé des Entretiens sur le Fils Naturel,Paris, Garnier-Flammarion, 1967.

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Il genio, prigioniero di sé

171 L’articolo propone uno schema conoscitivo empirista dove leidee, come al solito, provengono dalle sensazioni431. Ma le sensa-zioni non si stampano in una ricettività inerte, bensí reagiscono conl’interesse pratico, il quale seleziona solamente quanto importa alsoggetto.

Cosí, comunemente. Ma ben diverso è il modo conoscitivo delgenio: esso accoglie tutto, amplifica sentimentalmente tutte le sen-sazioni, nessuna ne perde. Inoltre per lui il decremento di vivacitàche dovrebbe esserci fra sensazione e idea s’inverte; e il suo ricordoè piú forte dell’esperienza immediata, cosa per il modulo empiristaassai strana, ma è che il ricordo, nella conoscenza geniale, non èmai solitario, è affollato da una coorte di mille altre idee associate,sí che ne sorge un sentire particolarmente violento. Il genioscatena, in altre parole, una forza immaginativa che, alle figureinteriori, aggiunge un rilievo in piú. Cosí aperto cosmicamente, esoccorso dall’immaginazione, non ha neppur bisogno per conosceredi un contatto diretto; chiuso nell’ombra silenziosa del suo studiovive la campagna ridente sí come le tempeste; il suo immaginareallora non si contenta del possesso interiore, ma demiurgicamentedà corpo ai fantasmi: il genio è poetico.

Il suo modo d’essere poetico è l’entusiasmo; ossia la trasfusioneintera della personalità geniale negli oggetti rappresentati, di modoche, immerso in essi, il genio si abbandona alla loro realtà e pro-priamente non è piú padrone della sua opera. È un demiurgo cheagisce nell’immanenza, proprio come la Natura diderotiana (allaquale egli, col suo destino cosmico, si assimila), e in quanto opera-tore nell’immanenza abbatte i creduti confini fra materia e spirito,ché la materia ne viene animata, il pensiero materialmente de-terminato432.

431 L’homme jeté dans l’univers reçoit, avec des sensations plusou moins vives, les idées de tous les êtres. Génie I, p. 9.432 Dans la chaleur de l’enthousiasme, il ne dispose ni de la natureni de la suite de ses idées; il est transporté dans la situation des per-sonnages qu’il fait agir; il a pris leur caractère… il anime la matière,il colore la pensée. Génie I, p. 10.

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172 Ciò ha conseguenze stilistiche, una delle quali è l’opposizionefra l’opera del genio e quella del gusto. Qui ci congiungiamo diretta-mente alla poetica della barbarie e alle polemiche diderotiane con-tro le regole; il genio è puro dono di natura (pur don de la nature) e ilsuo produrre ha l’istantaneità naturale. Il gusto è storico (ouvragede l’étude et du temps), obbedisce a delle convenzioni, tende all’ela-borato, al finito e al falso spontaneo. Il genio invece fa quel che fasenza tornarci su, cosí che il suo risultato è irregolare e selvaggio,alla Shakespeare. Altra conseguenza è che l’opera del genio ha ca-ratteri immediati e gestuali, si avvale di effetti sensibili e di onoma-topee efficaci e dirette433.

Il genio che riesce cosí bene immaginativamente, non è con parifortuna filosofo né politico. Meglio: Non che in filosofia non abbia diche eccellere: l’estensione cosmica delle sue sensazioni gli consented’accumulare esperienza in brevissimo tempo, gli consente lapenetrazione sintetica e immediata degli enigmi naturali. Ma ètroppo entusiasta, le sue intuizioni torrenziali tendono a prendereun corpo sensibile e poetico, senza curarsi troppo del vero o delfalso434. In definitiva, pur se non manca d’eccellenti risultati, ilgenio bada troppo all’aspetto architettonico dei suoi sistemi, allabrillante eloquenza. Immagina piú che vedere, produce piú chescoprire, d’impeto435.

173 In politica, analogo lo stile. Al genio manca il sangue freddo,come qualità assolutamente opposta al suo temperamento. La suaestrema sensibilità, la mobilità dei suoi sentimenti, la continua al-terazione imaginifica, lo fanno adatto a rivoluzioni e conquiste, nona condurre un ordine; insomma, manca al genio entusiasta uno

433 Delle solite frasi a effetto che Diderot predilige, come «Qu’ilmourût» e simili, cfr. Génie I, p. 10. La citazione di «Qu’il mourût» èuna spia diderotiana: la troviamo simile in Beau (p. 422). Oltre chetragica, il genio ha pure «imagination gaie» (Génie I, p. 11). Sa (conatteggiamento alla Shaftesbury) il ridicolo e lo esibisce, quando ilridicolo è infrazione dell’ordine universale.434 Le vrai ou le faux, dans les productions philosophiques, ne sontpoint les caractères distinctifs du génie. genie I, p. 14.435 Uno stile di filosofare, che il testo attribuisce a Shaftesbury;altra spia diderotiana.

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spirito pratico sufficiente. L’entusiasmo poetico gli travolge il cal-colo razionale.

Il genio è dunque un rappresentante della conoscenza produt-tiva436 ancora prigioniera di sé, emanante e non creante; e calatacon ardente partecipazione nelle proprie opere.

Come dire: presa dentro la propria materia che la vincola contorbido mutamento. Ontologicamente è la questione; trovare ingenerale nella materia una liberante, interna modifica.

Una dialettica della materia

174 Veniamo a quest’alterazione felice della materia, e ancora alRêve de d’Alembert; non senza avvertire, però, che l’impianto ne lotroviamo al cuore dell’indagine critica, del vissuto antagonismo fraentusiasmo e ragione, emozione e controllo, che l’esperienza conl’arte ha sollecitato. E appunto in quel luogo dei Salons437 un sogno,una notte squassata, fanno chiedere unitamente quale sia il discri-mine fra sogno e veglia (nessun filosofo l’ha trovato ancora) e qualeil fondamento delle emozioni. Diderot si risponde col complesso degliequilibri e squilibri fra tête e intestins, che se le viscere prevalgonoinsorgono i deliri, la vita onirica; insorgono comportamenti grandiosie impressionanti, labile prodotto dell’agitazione fisiologica destinatoad afflosciarsi.

175 Torniamo al Rêve. Di nuovo: gli organi tendono all’autonomia,ognuno vorrebbe far stato per conto proprio ed in tale competizioneemerge il contrasto fra l’origine del reticolo nervoso e le sue dira-mazioni. Ne viene una serie di conseguenze che in parte abbiamovisto, mentre qui insistiamo sulla responsabilità che s’attribuisce aldominio dell’origine reticolare sulle diramazioni per quanto riguardal’autocontrollo e la fermezza personale. Quando l’origine domina,un’isterica guarisce dagli anarchici vapori che l’agitazione dei filettisuscita, un filosofo dimentica il torturante mal d’orecchio, un

436 Guidata dal modello ideale. Il genio ha «la passion de conformerses tableaux à je se sais quel modèle qu’il a crée». genie I, p. 12.437 Salons, 1767, pp. 162-165. Qui si trova pure la propostadell’araignée che il Rêve sviluppa, e Diderot si fa un programmad’approfondimento scientifico dei suoi suggerimenti.

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mistico passeggia sui carboni ardenti, un malato tollera l’opera-zione senza anestesia438: tutti esempi di fermezza e tali da metterein evidente inferiorità chi sia vittima del sistema nervoso periferico.O, in altra variante, del diaframma ribelle all’impero del cervello439,talché il proprietario di un diaframma non convulsivo risulta unforte magistrato, un chirurgo impietosamente padrone di sé440. C’èanche la possibilità dell’accordo, del giusto ordine, nel sistema cor-poreo441, ma Diderot sottolinea l’importanza del dominio (e delresto, l’ordine richiama un controllo ordinatore).

La dialettica materiale non consiste risolutivamente nell’anta-gonismo fra centrale di comando e federati periferici (filetti o dia-framma che siano), piuttosto in questo, che la materia trova in sédi che negarsi facendosi da agitata immobile, deterministica libera,sofferente impassibile. Il grand’uomo riesce a sopraffare i vaporisentimentali anche se il diaframma o i filetti ve lo predispongono(non dunque come il chirurgo facilitato dal diaframma rigido), conuna volontà libera sprigionata dal raffinarsi della materia.

176 Sostiamo sulla personalità forte. Essa non dipende dalcervello, piuttosto si occupa a conservargli «tout son empire».Controllata, attenta, sa scegliere al caso quanto meglio convenga; ipiú grandi pericoli non la fanno smarrire, la morte non le fa paura.Lascia che si agiti lo spettacolo del mondo, il forte; egli rimane aguardare intatto:

Les êtres sensibles ou les fous sont en scène, il est au parterre; c’est

438 Tutti gli esempi in Rêve, pp. 346-352.439 Mais qu’est-ce qu’un être sensible? Un être abandonné à la dis-crétion du diaphragme. Rêve, p. 356. Il y a une simpathie trèsmarquée entre le diaphragme, et le cerveau. Si le diaphragme secrispe violemment, l’homme souffre et s’attriste; Si l’homme souffreet s’attriste, le diaphragme se crispe violemment. Eléments, pp.289-290.440 Nella Réfutation… (OP, p. 586). E scrive pure: «C’est elle (lamembrana diaframmatica) qui caractérise les âmes pusillanimeset les âmes fortes».441 Le système entier énergique, bien d’accord, bien ordonné? Delà les bons penseurs, les philosophes, les sages. Rêve, p. 354.

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lui qui est le sage442.

E di contro alle anime deboli che piangono alle dolorose storie, chetrovano buona ogni tragedia, e sono sconvolte da una musichettapatetica (Diderot le derideva già nella Lettre sur les sourds et muets)lo spirito freddo e tranquillo definisce i valori autentici della trinitàlaica:

Ce n’est pas donc à l’être sensible comme vous, c’est à l’être tranquilleet froid comme moi qu’il appartient de dire: Cela est vrai, cela est bon,cela est beau443.

177 Questa trinità, già progettata nel modèle idéal, esaltata dalfarneticante Rameau444, si raccoglie nel supremo affinamento dellamateria, e centrata nel bello consente la giusta visione estetica.Chi libero dall’influsso viscerale e periferico è grande artista, so-prattutto grande commediante, poeta, musicista, quanto si con-trappone all’indeciso, vago nel trascorrere la sua esistenza nell’al-ternativa infantile del dolore e del piacere, del riso e del pianto! Lasensibilità si abbandona smodatamente al piacere musicale odrammatico, il diaframma si stringe, e lo stesso piacere si risolvenella pura emozione445. Il piacere è invece puro a chi ne fruisca ge-

442 Rêve, p. 357. Cosí prolunga e definisce quella trascendenza,quel disimpegno conoscitivo che venivano connessi al piacere dellafruizione estetica fin dalla Lettre sur les sourds et muets. La richiestadell’organizzazione fisiologica, allo scopo, per esempio in Salons,1767, pp. 277-278. E pure in quel Salon si osserva argutamenteche se gli spettatori dovessero identificarsi alle tragiche sorti inscena, i palchi andrebbero deserti! (p. 143).443 Rêve, p. 359.444 Le vrai, qui est le père et qui engendre le bon qui est le fils, d’oùprocède le beau qui est le saint-esprit. Rameau, p. 467. Cfr. Essais,pp. 736-740, per i tre valori, coi vantaggi che a vederli e goderne, hail genio freddo. Testo un po’ confuso e retorico, dove il bello-buonoscivola nell’utile. Ancora la trinità laica nelle pagine terminali dellaPoésie dramatique, dove Ariste, filosofo scontento di sé (è Diderot)vuol superare le infinite variazioni e dei gusti e delle persone in unmodèle idéal che gli offrirà finalmente le vrai, le bon et le beau.445 Vous vous laissez entraîner au charme d’une scène

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lido, senza crisi emozionale; l’elogio risulta piú riflesso, la censurapiú severa446. Adesso, ripetiamo, la produzione e l’esperienza este-tica totalmente risultano patrimonio della contemplativa freddezzae non del travolgente entusiasmo.

Il genio aperto

178 In una tarda pagina, Diderot precisa la teoria dei genio. Essoè una qualità tipica di quelli che appunto sono detti «hommes de gé-nie»447 e che risulta indispensabile per la produzione di opere ec-celse. A definirla escludendo, se ne diffalchino l’immaginazione, ilgiudizio, l’esprit, la vivacità, la sensibilità, il gusto.

Per quanto riguarda gli ultimi due: la sensibilità è solo utile a farversare lacrime ed a sollecitare il balbettio, come di inebriato o tor-nante all’infanzia. Il gusto non tanto è produttore quanto corret-tore, e non soccorre dunque la demiurgica efficacia del genio.

Resta allora la «conformation de la tête et des viscères», che ab-biamo appunto descritta. Ma con un’aggiunta che si può facilmentericavare, sempre da quanto detto. Se il dominio della centrale ner-vosa nella dialettica materiale consente la visione del vero-bello-buono, esso è dunque al servizio di un momento conoscitivo che suquel dominio riposa.

E, nella nota che citiamo, dice appunto Diderot: la conformazionebiologica non basta: deve unirsi a un «certo spirito osservatore».

179 Si tratta allora di definire lo spirito d’osservazione. Nell’ac-

pathétique; votre diaphragme se serre, le plaisir est passé, et il nevous reste qu’un étouffement qui dure toute la soirée. Rêve, p. 358.446 Je sais jouir aussi, je sais admirer, et je ne souffre jamais, si cen’est de la colique. J’ai du plaisir pur: ma censure est beaucoup plussévère, mon éloge plus flatteur et plus réfléchi. Est-ce qu’il y a unemauvaise tragédie pour des âmes aussi mobiles que la vôtre?Combien de fois n’avez vous pas rougi, à la lecture, des transportsque vous aviez éprouvés au spectacle, et réciproquement? Ivi, p.359.447 Je ne sais quelle qualité d’âme particulière, secrète, indéfinis-sable sans laquelle on n’exécute rien de très grand et de très beau.Génie II, p. 19.

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cezione corrente, sarà una superiore raffinatezza nel percepire lesfumature sociali, orientarsi e cavarsela per il meglio; ma lo spiritogeniale ha piú, ha caratteri profetici448, sa prevedere la riuscitadelle sue imprese come per un calcolo che non ha bisogno diesplicitarsi. Il genio, aperto alla conoscenza, non si sforza di sapere;non guarda ma vede. Per lui, non fa di bisogno la presenza deifenomeni, perché è come se tutti i fenomeni l’abbiano già colpito.

Quest’accezione del genio concentra in una sola figura il geniopratico e quello teoretico. La lucida sovranità della conoscenza, sal-data in lui alla prassi, non ne è oscurata da alcuna torbidezza sen-timentale.

Il paradosso dell’Immobile

180 Un movimento apparente, l’anima il genio con attivaimmobilità. Questo è il paradosso, che irrompe nella figuradell’attore tragico, il cui comportamento agitato e violento è rettodal calcolo interiore, ed è il medesimo paradosso della natura,unitamente immobile e fluida.

Dal punto di vista dell’azione drammaturgica, il paradosso sienuncia escludendo che le qualità prime del grande attore consi-stano in chi sa qual furente o squisita partecipazione sentimentaleo intima aderenza al suo ruolo.

Da lui, piuttosto, si esige la totale mancanza di sensibilità. Freddoe tranquillo, imita qualsiasi carattere col medesimo distacco449. Èuna tesi sviluppata specialmente per il teatro ma, Diderot lochiarisce di passaggio, concerne egualmente i poeti e in genere igrandi imitatori della natura, insomma tutti gli artisti450. Non vi èmotivo a che l’attore differisca dal poeta, dal pittore o dal musico, seper tutti loro i lineamenti caratterizzanti dell’opera sopravvengono

448 Cette sorte d’esprit prophétique. Génie II, p. 20.449 Paradoxe, p. 306. Fino a nuovo avviso, tutte le citazioniverranno d’ora in poi da Paradoxe.450 Les grands poètes, les grands acteurs, et peut-être en généraltous les grands imitateurs de la nature, quels qu’ils soient, douésd’une belle imagination, d’un grand jugement, d’un tact fin, d’un goûttrès sûr, sont les êtres les moins sensibles (p. 310).

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non con furore, ma «dans des moments tranquilles et froids».181 La differenza specifica fra l’uomo sensibile e il grande attore

sta qui, che il primo obbedisce all’impulso emotivo, e grida, ma il se-condo no. A sua volta non appena l’uomo sensibile comincia a con-trollare la sua espressione, si trasforma in commediante. E, grandecommediante, lo è chi, non sensibile, osserva l’uomo sensibile, se nefa modello, lo medita e lo corregge.

Il genio si porta in una zona neutra fra la natura e la sua opera, elà attentamente osserva451; entusiasmo e delirio gli sono estranei, ilsuo sangue freddo li tempera452 e favorisce l’aprirsi della cono-scenza serena. Cosí, i grandi poeti drammatici sono per essenza(surtout) spettatori di ciò che avviene nell’immanenza naturale453;non si risolve però il loro conoscere in puro ricevere: «Ils saisissenttout ce qui les frappe», intervengono attivamente sulle proprie im-pressioni e le organizzano con incosciente elaborazione in raccolteche utilizzeranno per l’opera artistica. E cosí poco, del resto, ha davalere per loro la legge della ricettività, perché tutto il loro essere èimpegnato a guardare, riconoscere e imitare; sembra quasi di ve-derli continuamente con carta da disegno e matita fra le mani.

182 La freddezza, legge della genialità, non è dunque statica.Anzi, è in movimento continuo di accumulazione; ma essa realizzauna conoscenza che si libra sull’urto delle impressioni senzacommuoversene, e se prova un sentimento è quello del godere lospettacolo del mondo dove altri, i sensibili, caldi e violenti, sono inscena:

Dans la grande comédie, la comédie du monde… toutes les âmeschaudes occupent le théâtre; tous les hommes de génie sont auparterre.454

Noi sentiamo, essi—i geni freddi—osservano e dipingono. Il lorocarattere è conseguenza di questa disposizione calma e riflessiva:

451 Suspendus entre la nature et leur ébauche, ces génies portentalternativement un oeil attentif sur l’une et l’autre (p. 309).452 C’est au sang-froid à tempérer le délire de l’enthousiasme. Ivi.453 …dans le monde physique et dans le monde moral… Qui n’estqu’un ( p. 310).454 P. 311.

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se praticano la giustizia, ad esempio, lo fanno «kantianamente»:«sans en recueillir la douceur».

A questo modo geniale ha da essere l’attore. L’imitazione prescriveche egli imiti, non che si trasfonda. La figura che lo descriveesattamente è quella di uno specchio, disposto sempre a mostraregli oggetti con inalterata forza e costante verità: come uno spec-chio, egli non è coinvolto dagli spettacoli che riflette, né si affatica.

Nella vita e a teatro: vantaggi della trascendenza

183 a) Rilievi della vita quotidiana. Alla minima sorpresa l’uomosensibile perde la testa; troppo in balia del suo diaframma, non saràmai grande né in politica né in arte, nel diritto, nella scienza. Puòriscattarsi e muovere al successo se dimentica sé medesimo e siprepara uno stabile modello di comportamento, divenendo estraneoa sé. Quest’eroe prudente e calcolatore sarà essenzialmente com-mediante, per cortigiano che esperto nella simulazione, od oratoreche trascina gli spiriti fingendo collere e pietà non provate, egli sia.E consegue non solo alto dominio nel mondo, ma pure imprese piúmodeste, è un buon seduttore mentre l’innamorato vero riesce sola-mente a balbettare ed a rendersi ridicolo. La sua battuta pronta,soccorsa da una vigile osservazione l’aiuta sempre455. Nulli alloscopo sono i piaceri e i dolori violenti, o di troppo aleatorio ren-dimento. Si fa un racconto in società, ci si emoziona, si piange: gliascoltatori sono commossi; ma se si vuol ripetere l’effetto, peresempio per un ritardatario, non ci si riesce, perché sensibilità ca-lore e lagrime sono scomparsi. Ché poi, l’emozione non lascia nep-pure parlare: un tale «tendre et sensible» rivede l’amico dopo lunga

455 Lo stesso Diderot lamenta d’essere uno di quei sensibili che,nei frangenti impegnativi, perdono la testa e la ritrovano solo infondo alle scale (p 331). Egli corre da Sedaine per complimentarlod’un successo drammaturgico, lo abbraccia, piange e non sa piú chedire; Sedaine, lui, lo squadra e dice «Ah, monsieur Diderot, que vousêtes beau!». Sedaine è stato «l’observateur et l’homme de génie», eDiderot no (p. 330). Un’altra volta però, con l’autocontrollo e larisposta giusta, Diderot riesce a congelare le ire d’un ricco, inaciditothéologal di Notre-Dame (p. 332-333).

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separazione, cade in delirio, balbetta e in definitiva non sa né puòdire456.

In definitiva: le circostanze della vita quotidiana provano a mag-gioranza che la sensibilità blocca l’espressione e nuoce agli effettipossibili sul pubblico, rilievo trasportabile all’interpretazione sce-nica457. L’attore non crolla, come il narratore di società perché nonpartecipa affatto al suo racconto; e del resto, basta confrontare iltono di società con quello del teatro per accorgersi che le loro ri-spettive causalità sono differenti. Gli atteggiamenti teatrali, portatiin società, fanno ridere o sembrano deliranti458.

184 b) I fatti teatrali. Vi sono esempi d’esperienza sull’inconve-niente, in teatro, dell’essere sensibile, e dei vantaggi dell’essereinsensibile.

In generale, l’attore sensibile non recita459 per nulla, o recita ridi-colmente. Uno che balbetta, piange, tace, a teatro non può tornargradito, perché dal teatro non si vogliono pianti veri, ma discorsi chefacciano piangere. Anzi, una recitazione convulsa da personasensibile (e sia pure non sentita, ma imitata) è dannosa dal punto divista del sistema drammatico, e mal servirebbe l’azione e il discorsopoetico. Né vale la proposta di riserbare al raptus sentimentale imomenti in cui è appunto opportuno che in scena compaia uno cheha perduto la testa. Se veramente e sia pure per un istantedovesse comparire in scena uno che soffre davvero, lo spettacolo

456 P. 334.457 Il est mille circonstances pour une où la sensibilité est aussinuisible dans la société que sur la scène (p. 334).458 P. 315. Del ridicolo Diderot porge il motivo: On accouple à uneâme petite ou grande, de la mesure précise que Nature l’a donnée,les signes extérieurs d’une âme exagérée et gigantesque qu’on n’apas; et de là nait le ridicule (p. 358).Dunque due ridicoli: a) quello che sorge dall’emozione palese; b)quello che sorge dall’emozione simulata nel luogo inadatto.459 Casi pratici: la Riccoboni sensibilissima, è vittima di sé epessima attrice (pp. 366-367, ed anche in Réfutation…, OP, pp.579-580). Similmente Mlle Raucourt: sente troppo, e nello strettorecinto del proprio particolare consegue al piú qualche bel momento(p. 370).

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non sarebbe piú spettacolo, ma supplizio. Attore e pubblico non siabbandonano mai completamente a questo punto, fra loro corresempre il tacito accordo che gli eventi rappresentati siano finti.

185 E si osservi, insiste Diderot, l’enorme incidenza che hanno ilcalcolo e la preparazione per l’effetto drammatico. Bisognaprepararsi a lungo, minuziosamente; accade pure che qualcuno sigetti in scena fidando nel mestiere e nell’improvvisazione, mafornirà un abbozzo, un prodigio da fiera, non recitazione finita. Inrealtà, vi sono attori che cominciano a recitar bene solo quandosono ormai spossati dalla fatica delle ripetizioni, ed a quel momentosi stabilizza il loro personaggio, destinato a mantenersi con bravuramesi e mesi di seguito.

Ma che l’insensibilità regni, non contrasta coll’invasato compor-tamento degli attori? Veramente, non sono tanto invasati: bastaguardare con che indifferenza Baron, gli cade una giarrettiera e luise la rimette a posto adattandola perfettamente alle circostanzesceniche, ed è stato un tratto geniale: Baron vi è riuscito perché erafreddo460.

186 Gli apparenti furori sono rigorosamente coordinati in unsistema di declamazione461: le voci devono essere temperate cosí e

460 Ce froid et sublime comédien (p. 374). Caillot emette accentimoribondi e intanto sistema una sedia; la Gaussin nel pieno d’unascena patetica si diverte alle smorfie degli spettatori. Un altroattore esce, coperto di sangue, dal sepolcro del padre, ove hasgozzato la madre; sembra veramente travolto dall’orrore. Ma colpiede sposta un’orecchino di diamanti caduto ad un’attrice: C’est unhomme froid qui ne sent rien, mais qui figure supérieurement lasensibilité (p. 336). Vari altri esempi d’indifferenza, a pp. 323-328 e377-378.461 Se l’attore fosse sensibile non avrebbe costanzainterpretativa: «caldissimo» alla prima rappresentazione,diventerebbe «freddissimo» nelle seguenti. La sua eguale efficacia èdovuta alla preparazione e al calcolo (pp. 306-307). Altradimostrazione: se gli attori fossero emotivamente travolti, nonriuscirebbero ad accordarsi in azione comune e armonica (p. 313).Né si opponga che, a volte, una folla commossa offre dell’azionescenica, solo dispiegando la sua sensibilità naturale. Questo teatro

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cosí, la legge d’unità domina, le grida pietose concorrono allasoluzione di un problema scenico. E soprattutto, ancora una volta,tutto è studiato a puntino. I gesti disperati, l’attore li ha provati allospecchio, i furori non sono che pura imitazione.

Quando, allora, vediamo l’attore che, reduce dalla scena, manife-sta la piú profonda stanchezza, non bisogna ingannarsi: è solastanchezza fisica, non turbamento d’animo: per tutto il tempo dellasua esibizione, egli era rimasto vigile: voi soffrite, vi commuovete,lui no,

c’est qu’il s’est démené sans rien sentir, et que vous avez senti sansvous démener.

Si porrà dunque, seguendo Diderot, la conclusione:

C’est l’extrême sensibilité qui fait les acteurs médiocres; c’est lasensibilité médiocre qui fait la multitude des mauvais acteurs; et c’estle manque absolu de sensibilité qui prépare les acteurs sublimes.

187 La spiegazione teorica si ritrova subito nella dialetticamateriale fra gli organi. Esiste l’opposizione fra tête ed entrailles,questo è acquisito: ebbene, nell’uomo sensibile i viscericommuovono la testa; nel commediante invece la testa commuovei visceri. Egli rientra nella classe dei grand’uomini simulatori, simileal prete incredulo, al mendicante querulo, al seduttore attento,tutte le persone che non sentono nulla ma fingono perfettamente ilsentimento.

Finalmente, si consideri quanto il teatro sia artificioso e conven-

spontaneo sarà sempre inferiore al teatro preparato, sarà grezzanatura cacofonica, assai meno pregevole (ammissione grave perDiderot!) dell’opera d’arte progettata e ben eseguita.Lo spettacolo somiglia a un gruppo sociale: l’entusiasta, il fanatico,disturbano comunque, dell’uno e dell’altro, l’armonia (pp. 319-320).Altra cosa: che i sentimenti scenici siano finti risulta facilmente,osservando per esempio la collera della Duclos che erompe duranteuna rappresentazione in cui mimava il dolore. Collera vera, doloresimulato, sullo stesso palcoscenico (p. 335).Ancora: un attore migliora con l’andar degli anni, cioè quando in etàdi ragione diventa meno sensibile (p. 321).

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zionale. La distanza fra vita quotidiana e messa in scena è evi-dente: recitate col tono familiare d’ogni giorno, e sarete debole,piangete per davvero e sarete ridicolo. E a loro volta, ridicolissimisarebbero, portati in società, i Cinna, le Cleopatre e le Agrippinedella scena. Quello del teatro, è un altro mondo462, con sue leggi, suolinguaggio, suo rapporto fra comportamento e motivazioni assai di-versi da quanto ci appare abitualmente.

La mimesi è intenzionale

188 Il ricco materiale sperimentale che si è riassunto in partebasta, dunque, per convincere Diderot che non necessariamente ilmovimento è animato dal movimento; che non necessariamente eneppure utilmente, l’agitazione visibile implica un’agitazione essen-ziale. Tutt’altro. E si profilano quindi due livelli d’essere, uno indi-pendente, attivo e immobile, uno dipendente, accettato e mobile. Lamimesi teatrale soccorre a indicarli, poiché essa è intenzionale enon materiale: prende su sé gli imitati, ma non li altera né ne vienealterata. Lo provano ancora altre esperienze.

L’attitudine a imitare qualsiasi carattere, e con sorprendenterapidità463 richiede che l’attore sia completamente indipendentedalla parte assunta: se vi si identificasse tanto o poco, la colore-rebbe determinandola della sua propria colorazione sentimentale,od a sua volta ne sarebbe modificato e non passerebbe cosí facil-mente ad altro ruolo. La sensibilità, la mobilità di visceri, bloccanol’attore in monotona ripetizione, ed a lui il compito è liberarsene colferreo dominio della testa464. Tenersi puro, indenne da emozione,

462 Giustamente il MØLBIERG, Aspects de l’esthétique de Diderot:«Le théatre est un monde à part». E Diderot: c’est un autre monde.Ritroviamo qui confluenti le oscillazioni del realismo, il margine diillusione attribuito all’arte, secondo mondo.463 Esemplare, in questo, Garrick (pp. 328-329).464 Cependant je ne nierais pas qu’il n’y eût une sorte de mobilitéd’entrailles acquise ou factice; mais si vous m’en demandez monavis, je la crois presque aussi dangereuse que la sensibiliténaturelle. Elle doit conduire peu à peu l’acteur à la manière et à lamonotonie. C’est un élément contraire à la diversité des fonctions

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evitare di inquinare la parte con la propria sensibilità o avanzi di al-tre parti, ecco il suo pregio.

189 Errore madornale, credere che se un attore recita ad esseresé stesso, reciti meglio465. Recita molto peggio. La sensibilità, giàessa sola, inabilita a imitare i caratteri forti466. Un attore, gelosod’un collega, si troverà a dover recitare la gelosia? Molto male,perché vien meno al modello compiutamente realizzato, che si erafatto del comportamento geloso. Se vogliamo una ricetta perrecitar male, eccola: «avoir à jouer son propre caractère».

Ciò si spiega: quando, poniamo, si recita l’Avaro, si propone unmodello di avaro universale, che trascende questo o quel personag-gio reale. L’attore avaro che esponesse esattamente il proprio ca-rattere, impoverirebbe sulla sua figura particolare la figura univer-sale che invece piú vantaggiosamente ha da proporre.

La dimostrazione ammetterebbe dunque che artistico è come direuniversale, per dedurne quindi che il particolare non è artistico; ma,sotto questa veste piuttosto rigida, essa non fa che riproporre lateoria del Modèle Idéal, come la troveremo piú avanti. Fondamen-tale invece la tesi, che il grande attore rimanga ontologicamentedistaccato dal suo ruolo: è come un bambino che ulula travestito dafantasma, ma non è fantasma; entra nella parte come in un grandemanichino di giunco, che agita e fa muovere con diligente calma467.

190 Il grande attore insomma accoglie ogni forma, ma né la sua

d’un grand comédien; il est souvent obligé de s’en dépouiller, et cetteabnégation de soi n’est possible qu’à une tête de fer (p. 318).465 È vero che Quinault faceva bene il glorieux, essendo eglistesso tale: ma faceva anche altri caratteri (pp. 340-341).466 P. 372.467 Si obiettano fatti «storici». Ad esempio l’attore Paolo, citato daAulo Gellio, che appare in scena facendo la parte del padre doloroso,e infatti ha fra le braccia l’urna con le ceneri del figlio perduto. Èchiaro risponde Diderot, che ciò non era teatro. La gente piangevanon a causa della recitazione, ma a causa dello spettacolo di unpadre infelice. O si rammenta, altro fatto «storico», l’attore Esopoche, tutto immedesimato nella sua passione furiosa, assesta uncolpo sulla testa d’una comparsa e l’uccide. Questo poi, commentaDiderot, non era un attore, ma un pazzo (pp. 379-380).

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forma particolare ne viene affetta, né a sua volta altera le formeaccolte. Egli, in tal senso, è tutto, ed è nulla468. Quest’idea, viene ri-presa con insistenza, con analogie metafisiche e rilievi di costume;la disponibilità del commediante rammenta quella, assoluta, d’unamateria prima469, ed egli è come uno di quegli arrivisti che sannopiacere a tutti perché nulla li distingue, perché sanno colorare lapropria neutralità volta a volta nel modo piú gradito; l’abile corti-giano, il grande attore, sono burattini meravigliosi470 che pren-dono—ribadisce Diderot—ogni forma, docili al padrone o al poeta.Male sarebbe, ché diverrebbero cattivi burattini, se potesseroprendere una sola forma: la propria.

Quanto a disposizione psicologica speciale, o chi sa quale sensibi-lità, l’attore dunque non ne ha. Se l’educazione scenica fosse piú dif-fusa, assai piú gente si avvierebbe al teatro471.

468 A vous entendre, le grand comédien est tout et n’est rien… Etpeutêtre est-ce parce qu’il n’est rien qu’il est tout par excellence, saforme particulière ne contrariant jamais les formes étrangères qu’ildoit prendre (p. 341). Seguono conferme, rilevate dalla carriera tea-trale del Lesage figlio, con la sua grandissima versatilità (p. 342).469 L’âme d’un grand comédien a été formée de l’élément subtildont notre philosophe remplissait l’espace qui n’est ni froid, nichaud, ni pesant, ni léger, qui n’affecte aucune forme déterminée, etqui, également susceptible de toutes, n’en conserve aucune (p. 347).470 Pantin merveilleux (p. 348).471 Oggi, fa notare Diderot, si finisce attori quando non si sa chefare o quando si cerca l’avventura, e l’ambiente teatrale non brillaaffatto per moralità né pietà di costumi. Lui stesso, un temposognò di far l’attore per nient’altro che «vivre familièrement avec lesfemmes de théâtre… que je savais très faciles» (p. 350).Naturalmente, ciò non sta affatto bene. Gli attori non rispondonoaffatto alla loro missione popolare educatrice, e per loro si può par-lare di «avilissement» (p. 352). Ma a parte il sogno di attori moral-mente irreprensibili, professionisti con una loro severa deontologia,la tesi del Paradoxe qui ha rinforzo. Gelidi, insensibili, cattivi, gliattori non hanno carattere (p. 350), non hanno anima (p. 351),nella loro vita privata. Altra prova che essi vengono alla scena conla massima freddezza e disponibilità. Diderot si dilunga, stimolato

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191 Ma il paragone che piú interessa è quello che rovescia ilmodello di uomo-cembalo. Quando Diderot lo proponeva, nel Rêve ded’Alembert, si obiettava che il cembalo richiede un musicista, e nonsapeva bene come uscirne. Obiezione piú forte, sarebbe stata cheun cembalo è intonato, mentre la conoscenza non ha tono né tim-bro, conosce senza colorare di sé l’oggetto conosciuto. Ora Diderotriprende il modello, ma per negarlo: il commediante non ha un suoaccordo, non è affatto assimilabile a questo o quello strumentomusicale, o piuttosto è uno strumento universale che si adatta aqualsiasi spartito472.

Il modello ideale: ripresa e suggello

192 Ed ora l’oscillazione del realismo, l’affermata convenziona-lità del teatro, la mimesi intenzionale e non riproduttiva473, mediatanell’immobile freddezza del genio, evocano la teoria del modelloideale. Diderot insiste fittamente, chiama a testimone il grandeGarrick474, accumula aneddoti e reperti. Fa notare che a teatro v’è

da queste osservazioni sugli aspetti etici del teatro. Gli attoripotrebbero essere «prédicateurs laïques» (OE, p. 341) delle virtúcivili, ma non lo sono. Se fossero gente per bene sceglierebbero darecitare cose morali, quali ad esempio Le Père de Famille (pp. 353-354). Sulla miseria morale e sulla redenzione del teatro Diderotinsiste fortemente.472 Un grand comédien n’est ni un piano-forté, ni une harpe, ni unclavecin, ni un violon, ni un violoncelle; il n’a point d’accord qui luisoit propre; mais il prend l’accord et le ton qui conviennent à sapartie, et il sait se prêter à toutes (p. 347).473 Una donna sventurata che piange non solo non commuove,ma infastidisce e fa ridere. Un eroe, un gladiatore devono morire condecoro. La natura avrà i suoi momenti sublimi, ma la loro sublimitànon vale come sta, bensí freddamente restituita dal genio (pp. 317-318).474 Je te prends à temoin, Roscius anglais, celèbre Garrick…Lorsque je t’objectai que ce n’était donc pas d’après toi que tujouais, confesse ta réponse; ne m’avouas-tu pas que tu t’en gardaisbien, et que tu ne paraissais si étonnant sur la scène, que parce que

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un equilibrio concorde o discorde di modelli, non solo fra attori piú omeno affiatati e proporzionati, ma anche fra il modello dell’attore equello del drammaturgo: o che l’autore pervenga a proporre unmodello cosí perfetto da non lasciare piú nulla all’attore, o cheinvece il modello proposto sia perfettibile, e allora l’attore puòmigliorarlo al punto che l’autore si domandi: «Sono io che ho fattoquesto?». In ogni caso, viene sempre confermato che l’artedell’attore consiste nel costruire o immaginare freddamente unmodello, o anche solo nel riceverlo, e nell’imitarlo poi con lucidoesercizio e staccata abilità.

E veramente, sarebbe abusare delle parole, scrive Diderot,chiamare questa facilità di rendere, con l’ausilio dei modelli, ogni na-tura, chiamarla sensibilità. Il modello, l’attore se l’è costruito utiliz-zando la sua stessa immaginazione e le proprie conoscenze sull’ar-gomento, e la recitazione per lui non è che affare—una volta il mo-dello messo a punto — di memoria fedele: senza emozione.

In tal senso si può parlare di un certo sdoppiamento dell’attore:egli si è fatto il suo modello, a lui del tutto estraneo e anche moltosuperiore475; si tratterà di esaminarlo bene e di sapersi vedere, conpreveggente calcolo, nella maschera che si desidera assumere. Ècosí che si riesce a fingere una sensibilità: si imita un comporta-mento sensibile, rimanendo per natura quel che si è, per imitazionediventando un altro476.

Celui donc qui connaît le mieux et qui rend le plus parfaitement cessignes extérieurs d’après le modèle idéal le mieux conçu est le plusgrand comédien.477

193 Ora, la questione: il modello ideale, che origine ha? «Il n’y arien dans l’entendement qui n’ait été dans la sensation»478: a questo

tu montrais sans cesse au spectacle un être d’imagination quin’était pas toi? (pp. 346-347).475 La Clairon stesa su una sdraia, a occhi chiusi, medita la suainterpretazione: Dans ce moment elle est double: la petite Claironet la grande Agrippine (p. 309).476 On est soi de nature; on est un autre d’imitation (p. 358).477 Ivi.478 P. 339.

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presupposto non si rinuncia. Bisogna dunque attribuire al modelloideale un’origine empirica, e il Paradoxe ripete le tesi «metafisiche»sorte nella filosofia della pittura. Rimane ferma (questa è fra le piúsolide del Diderot) la posizione imitazionistica: l’arte originaria-mente copia il primo modello che capita; ma prosegue con l’imitaredei modelli meno imperfetti, esclude un po’alla volta i difetti coninseguimento sempre piú raffinato, fin quando:

Par une longue suite de travaux, elle atteignît une figure qui n’étaitplus dans la nature479.

Che la figura non sia nella natura viene ricavata da Diderot me-diante considerazioni note (egli rinvia del resto ai Salons480): la na-tura è il regno dell’irregolare e infinita variabilità, proprio il contrariodel modello ideale. Di nuovo c’è che qui il modello ideale ha anche ilrequisito operativo della costanza quale garanzia per la recitazioneinalterabile, e anche a questo titolo non può ritrovarsi in alcunoggetto variabile della natura:

194 Ma:a) «eliminare i difetti»… «perfezionare», questi termini presuppon-

gono già l’idealità metempirica del modello. Se no, in nome di che siperfezionerebbe? Il modello è in qualche modo già presentato, edalla sua oscura latebra emerge sempre più in luce; ma almenocosì, confusamente, era dato.

b) E ciò quando solo si ponga mente al requisito della costanza,dell’eguaglianza a sé, dell’immobilità, che per presupposto non sonodati nell’esperienza. Il modello ideale immobile richiede al minimo—per la sua costruzione—la nozione dell’immobile.

M o d e l l o D i d e r o t

195 In apertura, nominavo un Kitsch aderente alla mentalità diDiderot (come non manca neppure a qualche suo gusto artistico);ma importava tutto rilevare, anche gli effetti di una turba emotiva

479 P. 339.480 Mais si vous voulez savoir davantage sur ces principesspéculatifs de l’art, je vous communiquerai mes Salons (p. 340).

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che sembra proiettare le angustie e le rivalse, proprie di unletterato socialmente al margine, nella fantasia orrorosa einsensata che s’inventa per Cristianesimo. E, infine soffre Diderotla difficoltà non solo a saldare ragione e passione, ma soprattuttoad esaurire la realtà in una certa ragione.

196 Levando le croste, e tornando al programma riassuntivo esintetico di questo capitolo, ecco lo schema dei primi momentididerotiani. Le passioni sono da liberare, tale l’impegno (opresupposto). Liberare da cosa? Ma da sé stesse, ma da un dolorosocircolo in cui si è involta l’originaria e felice energia della natura.Quest’energia nel cosmo non umano, non sociale, consegue sempreun suo splendido bilancio positivo, e in nome di esso scioglie ogni sa-crificio degli oggetti singoli e fuga il male particolare. Invece nell’esi-stenza sociale si riscontra una malsana alterazione della vita af-fettiva, le passioni private si affermano autoritariamente conl’egoismo e la repressione, giungendo a contrastare ed umiliare lastessa radice emotiva da cui sorgono. Per mantenere questo pro-gramma di repressione (che è pure autorepressione) occorrono gliargomenti giustificativi di una razionalità ingannevole. Ebbene, ilmassimo di questi argomenti consiste nel presentare una realtà ul-teriore alla presenza naturale, e in nome di questa realtà nell’in-durre i singoli e i popoli ad accettare le sofferenze, il sangue, le mi-serie ed anzi a bearsene. Liberare le passioni implica dunque, perDiderot, un fugare lo spettro dell’altra realtà, un gettarsi nella de-molizione della teologia e della tradizione religiosa, con tutti gli im-pegni e gli esorcismi suggeriti dall’occasione.

Non da queste opzioni ci si attenderà una notevole coerenza, teo-retica o pratica. Diderot mischia un audace anarchismo alla pre-dica della morale media, si esalta ai liberi costumi come alle virtúfamiliari. Ma infine la sua proposta sarebbe d’una società atea, apassioni liberate, nel quadro di un tal quale buon ordine che sfumanel sogno d’un paganesimo soddisfatto del divino corporeo e bello,secondo l’ausilio dell’arte. E tutto sommato è un suggerimentoantico e mai taciuto: che il disagio dell’essere (l’essere soloimmanente) si concluda in disagio della civiltà e qui possa guarire.

197 Torniamo all’esorcismo della teologia, col suo programma diriduzione monista. Qui c’è una difficoltà: le stesse bontà, lemeraviglie, della natura, che servono a porre in lei tutto il valore,hanno pure un rimando apologetico quasi automatico. L’ordine del

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mondo richiama tradizionalmente una fondazione divina. Si trattadunque di fare un taglio, sgombrare l’indicazione teologica edelineare se mai un ordine presumibilmente vaccinato contro latrascendenza.

Soggettivamente, non è difficile togliere l’ordine: basta non vederlo.Ché se poi uno è imperfetto nel suo non vedere, allora è ammessoche la bontà delle cose ha una lacuna in lui mostro, escluso dallafede nell’infinito valore. Cosí recita la favola di Saunderson,newtoniano pentito.

Oggettivamente appunto, l’ordine del mondo si presenta a Diderotcon le fattezze precise, matematiche e devote, dell’universonewtoniano. E, a parte la devozione attuale, da sempre gli oggettimatematici sono parsi il dono e la prova di spiritualità e d’eternità.Con questo, la matematica è presto da licenziare, e Diderot negache essa possa veramente esprimere la fluenza cangiante della na-tura. La matematica ed il metodo newtoniano sono anch’essi par-tecipi della falsa razionalità; la prima è troppo astratta, si diletta inuno spettacolo esangue di pensieri puri che la ragione s’offre«metafisicamente». Il secondo non finge ipotesi e marcia con pe-sante prudenza logica. Invece Diderot non solo vola con la conget-tura, ma preferisce alla scoperta mediante nozioni provate o ipotesilegittime una specie di empirismo mistico: la voce della naturamormora oscuramente nell’istinto inventore. Del resto, la mate-matica non ha alcuna origine a parte: essa può completamente de-dursi a partire da un livello zero di sensibilità, dalla struttura dell’e-sperienza tattile, olfattiva.

Di qui, le scienze vengono a partecipare attivamente al sistemadiderotiano, ammesse in misura del servizio che gli prestano, e alposto nel modello matematico Diderot ne assume uno piú adattoalla propria cosmologia, biologico, vitalistico ed energetico.

198 Questa cosmologia propone la pienezza, l’attualità e il movi-mento.

Innanzitutto, niente vuoti in natura. Se ciò si desse, il programmadi riduzione monistica si imbatterebbe in radicali insufficienzeontologiche e subito nell’esigenza del divino. Al contrario si esige chela natura sia tutta la realtà e che quindi sia tutta realtà,completamente espressa ed attuale. D’altra parte, le differenze fragli oggetti sembrano introdurre fra loro del non essere (per quel cheessi non sono l’uno dell’altro). Allora, l’esigenza della pienezza vuole

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che le differenze siano colmate da un’infinità di sfumature imper-cettibili: che è la figura della grande catena, a connettere ogni ente.E la pienezza si formula pure come continuità.

Il principio degli indiscernibili viene di conseguenza evocato a guisadi principio cosmologico fondamentale, ed a ragione. Infatti, poichétutte le differenze sono in atto, non potranno mai darsi de-terminazioni fra loro identiche, a meno che non si pensi a duplicati:ma è proprio quel che Diderot non vuole, un’altra realtà oltre questadi per sé esauriente del tutto l’essere.

In un cosmo dove non esistono differenze nette, crollano purecerte opposizioni tradizionali, come sacro-profano, mobile-immobilespirito-materia: «Ciò che è in alto è come ciò che è in basso», per ri-prendere l’incipit d’un celebre testo. Fermandosi all’opposizione spi-rito-materia, il suo dissolvimento viene compiuto da Diderot all’in-segna della materia, poiché lo spirito gli appare subito qualcosa diesterno alla natura e comunque saprebbe di teologia. La questione èpertanto esibire nella materia l’attività, la sensibilità, la conosciti-vità in successive sfumature che comprendono l’assunzione dellavita. Ecco il luogo dove le scienze tornano utili, sembra.

199 Utili, ma (Diderot lo sa) non di per sé utilizzabili. Ripetiamoche le differenze sono infinite e sono tutte le differenze: ciòappiattisce l’universo in una continuità dove nessun oggetto prenderilievo speciale, e su questa base è impossibile tracciareun’interpretazione della natura che a qualche modo dovrà scegliereo preferire. Peggio ancora, nel diritto la grande catena èinaccessibile con la sua infinitezza; nel fatto lo è per la povertà,l’errore e la sommarietà delle scienze. La natura si vela e si svela,secondo Diderot parzialmente, a chiazze, con maligna civetteria. Ilsuo svelarsi sarà ogni volta un fatto, la scienza riguarda i fatti comea proprio nutrimento ma anche a propria dolorosa limitazione. Eccodunque la scienza instaurare una catena propria di contenuti, laquale ha la sua garanzia ontologica nella grande catena ma ivi haanche la sua sfida epistemologica; catene parziali, tese fral’esperienza e la meditazione, tentano di collegare le due seriesomiglianti ma lontane. Insomma, le scienze si trovano in unanativa condizione di estraneità rispetto alla natura e costituiscononel fatto quell’altro mondo che si cerca di esorcizzare.

200 Diderot, disinvolto, fa pazienza e prende dove ha vantaggioper sostenere il suo concetto della materia, quali che siano e quanto

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siano a lui note le effettive difficoltà della scienza.Questo concetto è tradizionale, perché qualifica la materia nella

plasticità e nel movimento. Quel che ora importa è saldare a taleconcetto un’inesausta attività generatrice, e Diderot non sa vederlase non nel movimento medesimo.

Un’opzione verso la chimica e la biologia lo aiuta dunque a con-fermare e dilatare l’evidenza del fluire che si constata immediata-mente. Il movimento nell’universo meccanico e newtoniano com-prende dislocazioni fra corpi per sé inerti, nel vuoto; l’universo dide-rotiano della pienezza è impregnato d’energia alla scala microfisica,sicché il riposo apparente risulta, appunto, solo apparente; e l’iner-zia si definisce quale energia condensata. Quanto al mondo orga-nico, il rimescolamento perpetuo lo travolge, sfumando non solo iconfini fra i livelli e le specie della vita, ma anche la barriera fra lavita e gli oggetti inorganici: una perpetua comunicazione metabo-lica e catabolica. La sensibilità stessa non appare piú una prero-gativa eccezionale della vita, ma può essere inseguita sino allastruttura fine della materia.

Cosí Diderot accoglie un altro concetto, tradizionale per l’empiri-smo: dico la continuità fra movimento, sensibilità e pensiero. Certo,inserire la conoscenza nella materia non congetturalmente oanalogicamente, gli è difficile; ma di questo piú oltre.

Sopravviene quindi un’acuta contraddizione.201 Diderot, filosofo dell’infinita differenziazione che abbatte le

contrarietà e sfalda le essenze, ripropone in dettaglio le contrarietàcol principio degli indiscernibili. L’omogeneità magmatica trova unatessitura eterogenea addirittura piú fine ed intima. Ed ancora,pensa ad un fenomeno centrale dal quale si irraggino le innumeriapparenze, fenomeno il cui possesso coronerebbe la scienza; che ècome, quanto alle cose viventi, rimandare la loro trasformazione aun prototipo unitario ed originario, dove essa si smentisce.

E piú dentro: la contraddizione essenziale consiste nel mantenerela tesi di una fluenza ostinata, esclusiva, e totale. Oltre di essa,nulla. E cosí si ottiene il toglimento di un Dio esterno alla natura,come pure di un Dio interno,soggetto alle mobili sorti del divenire, edel perire.

202 Ma la fluenza a oltranza, incerchiata su sé, risultaprecisamente l’Assoluto. In quanto fluenza non diviene mai in altro,ed è immobile. E riflettendo ancora, si vede che il movimento

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esaustivo ben richiede la pienezza e la continuità, perché non devemai contenere irrealizzazioni né vuoti. Ma proprio per questarichiesta, esso impone dunque la completa attuazione delledifferenze, e si inverte in immobilità. Instabile sintesi, la cuiimmagine piú approssimativa è per Diderot biologica: unafermentazione che finemente ribolle, ma nella totalità non cambia.Vi accade tutto, ma in bilancio mai nulla.

L’Enciclopedia è dunque il contrario di quel che farebbe felicità allaconoscenza: il sogno e tuffo demonico nelle profondità del pozzooscuro e ribollente, dove ogni legge è travolta (sopporterebbe, os-servo, appena un trattamento statistico). Essa ulteriormente con-gela la conoscenza in secondo mondo.

Le scienze infatti, a guisa d’albero, s’impiantano nella natura, mapure spingono i loro rami per sottili e allontananti canali mentali:ragione, memoria, immaginazione. Cosí il sistema delle scienze di-serta la fluenza, abbandona la radice densa e può solo cercare disimulare la continuità della natura mediante un iperriflesso di spec-chi: i renvois.

Ma l’Enciclopedia può essere la totalità della conoscenza, senzafarne parte essa stessa, e dare dunque il via a un’infinitorincorrersi. Deve restare uno specchio orientato verso una sezionesincronica del precipite flusso in cui volano i contenuti culturali:soffre in sé la precarietà di una datazione fatale.

203 Nel cuore di questo lavoro cosí superbo e cosí originaria-mente fragile, Diderot scopre la fallacia del linguaggio. Comunicareoccorre, perché le scienze sono intersoggettive, e allora bisognaanalizzare il modo del comunicare. Il linguaggio comune, l’espressio-ne corrente ambigua e logora, sono lo zero linguistico come si deter-mina nella situazione storica: bisogna rigorizzare, costruirsi i ter-mini piú precisi con rigorose convenzioni, e cosa si raggiunge, forseun livello superiore e piú ricco? Tutt’altro, si raggiunge la neutraimpassibilità delle lingue morte, che la scienza vorrebbe bloccareuna volta per tutte con protocolli fonetici e scelte di radicali.

Fallacia, in tutto questo, perché l’ordine consecutivo del discorsonon coincide piú con la situazione primaria della conoscenza; che èglobale, istantanea, totalizzante. Certo, si dà un linguaggio, piú chevicino, addirittura impastato con l’originario presente conoscitivo, èquello dei gesti; le sporgenze e le rientranze della situazione che sivive sono tradotte in plastica e in grido, tutto si svolge nella pre-

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senza conoscitiva senza uscirne. Ma proprio perché cosí intimo allasituazione globale il linguaggio dei gesti è inadatto alla comunica-zione intersoggettiva e a maggior ragione alla logica, alla scienza. Igesti sono polisemantici, ambiguissimi, tutti legati allo stare del si-gnificato. Se il linguaggio deve acquistare rigore e potenza, dovràassumere in sé i segni corrispettivi delle operazioni logiche, dovràastrarre, ripartire e distribuire; e in tal modo il costante blocco dellapresenza è infiltrato dal tempo e la conoscenza precipita nella me-moria.

204 Le determinazioni tenute insieme cosí instabilmente dallacosmologia, a questo punto prendono chiarezza maggiore di sé comeopposte; e vi agiscono le spinte dell’occasione. La necessità redazio-nale per l’enciclopedia, la polemica col Batteux, hanno portatoDiderot a ridosso d’una zona di realtà assai densa, e inesplorata edisponibile all’avanzamento teoretico: l’arte.

Con l’impegno estetico, Diderot traduce dunque in piú soddisfattaquiete la pulsione demonica della scienza (intermedio, l’istintotecnico che egli ha conosciuto nell’impresa enciclopedica). È la per-ception des rapports, l’intuizione felice della sintassi delle cose:Conseguita, anche tale intuizione, in maniera pragmatica , per ilfiltro dei bisogni e delle esperienze ripetute, finché la bellezza chescaturisce sia il volto della natura. Per questo Diderot non potevaammettere una belle nature, o corrispettivo estetico dell’ulterioritàche egli esorcizza: la natura è tutta bella.

Come ammettere che la materia è già immediatamente signifi-cante. E l’arte (poesia, pittura, musica) rileva ed esprime questolinguaggio intrinseco della materia, lo evoca: è emblema, diceDiderot. La conoscenza globale e istantanea viene recuperata in ungesto dell’artefice che è simultaneamente gesto della materia.

205 Ma a questo si intesse il presupposto, tenuto fermamente,che l’arte abbia da imitare la natura. Un presupposto accettatodalla tradizione col buon intento di appoggiare l’arte alla sedenecessaria del valore, ma che trascina con sé fastidiose con-seguenze.

L’inventario degli erramenti che conseguono alla presenza delpresupposto imitativo non sarebbe breve; ne scaturisce un’esi-genza realista, verista, che inertemente scivola poi nel vago pre-cetto della verosimiglianza; ma una verosimiglianza assiomatica earbitraria, condita di fisicalismo e neppure capace di sostenersi

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quando si imbatta in soggetti mitologici o favolosi o storici, od anchenel ritratto la cui aderenza è tanto discutibile non appena trascorraalquanto il tempo. Il realismo si tende fra la minuziosa poetica dicarni, frutta, inseguite nell’alterazione del divenire, e l’applicazionedi invenzioni compositive estremamente letterarie. Un convenzio-nalismo irrompe, in teatro o in pittura, ché Diderot si abbandona aconcedere che l’imitazione certe volte debba scegliere in nome dicerte poetiche o certi effetti: subito vi si accompagna un largomargine di illusorietà, di falsità deliberata lasciato all’arte. Le di-sposizioni organiche dell’operatore o del critico, Diderot ammette,incidono profondamente nell’esecuzione o nella fruizione, la qualeper di piú resta composita: c’è un piacere riflesso dell’oggetto comeimitato, e un piacere dell’oggetto.

206 Negli sbandamenti, la contraddizione piú profonda e checonta esibire è questa: la materia è svelante, ma anchenascondente. Diderot, nell’occasione critica dei Salons, viveintimamente e ripetutamente la pittura, e si avvede che quelmondo luminoso non è di fantasmi segnaletici la cui realtà siesaurisca nell’indicare (talché lo spessore ontologico competeall’imitato il cui valore si riflette se mai sul segno), bensí ha unarealtà, e solida, nella materia propria. Un Chardin trascina lamateria al piú palpitante raffinamento, la fa brillare in rivelazionedell’oggetto; ma proprio quel perfettissimo imitare rinserranell’opera l’allusione, e l’opera non rimanda che a sé, fermando laconoscenza sul proprio fulgore. È la sua materia, unguenti, calci,terre, succhi colorati, ad aspirare in sé ogni realtà, a bloccarla nellapropria particolarità, diversa dalla sostanza dell’imitato.

La pittura dunque, può ben edificare un suo secondo mondo, comele scienze, ma con quanta piú conclusa libertà e completezza! Il co-smo pittorico brilla di un sole che non è quello della natura; sgombrodal pesante determinismo fisico e persino in grado di fare, esso, damodello alla natura medesima. Quando un Vernet ad esempio, si ètirato da parte, all’opera resta una sua densa e profonda realtà,dove si entra, si viaggia, si vive mentre, fuori, battono lesopraffazioni, le brutture e le miserie dell’esistenza sociale.

207 Diderot affida anche a un altro titolo un compito liberatorioall’arte. Torniamo a ribadire che (questo è il presupposto opzionaleche Diderot adotta in partenza) la natura si avvilisce e soffre nelleangustie della civiltà. Essa è il regno del determinismo, sia perché

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l’attuazione completa non lascia certo libertà, sia perché Diderotaccetta il causalismo biologico. Ma questo determinismo, rompen-dosi contro la repressione e il conformismo sociali, si inverte nell’ur-gente richiesta di libertà che temperamenti ribelli e irregolari gri-dano. Rameau ne è un buon esempio, ed a lui si allineano molti altrisavi, semisavi e pazzoidi. Anime belle pretendono di vivere poeti-camente e pagano cara la loro illusione, giustizieri privati sfidano ildiritto vigente, genii del male perseguono e ottengono il piacere confreddo calcolo.

L’arte può dare un canale all’ondata di energia che preme dal pro-fondo della natura. Può evocare — lo deve — scene cosí selvagge,barbare ed enormi che il XVIII secolo, aggredito violentemente nelleemozioni, scuota da sé la compassata scorza civile. Che poi, predi-catori laici, gli artisti debbano propugnare un moralismo benpen-sante, viene egualmente sostenuto da Diderot con ambigua disin-voltura.

208 Siamo, comunque, nuovamente al tema politico, e quiavviene lo slittamento alla teoria del genio per una sempliceconstatazione pratica. Diderot si è accorto che, per riuscirenell’azione reale, bisogna disincagliarsi dalla situazione, mantenereun certo controllo e in definitiva una tal quale trascendenza. Quiinsisterò, tornando alla vicissitudine della materia vivente.

Il punto d’attacco è ancora l’incombenza di ridurre in una le «duesostanze», e precisamente di presentare la materia in modo taleche essa comprenda la fenomenologia della conoscenza e in generedella vita cosciente. Diderot cerca quindi modelli antropologici pu-ramente materiali, nei quali il suo riduttivismo soffre una crisi pro-porzionale all’ostinazione.

Modello meccanico ed estetico, il cembalo rappresenta con le suepersistenti sonorità e con la risposta simultanea degli accordi nonsolo il perpetuarsi memore delle idee, ma anche la loro presenzacomplessa. La sua tensione costante traduce in modo fisicalisticol’esser sempre cosciente della coscienza, l’apertura ininterrotta allesignificazioni.

Però se il cembalo piú o meno rappresenta i comportamenti dicoscienza (con la limitazione, che esso medesimo è un contenuto dicoscienza) non ne esaurisce la fenomenologia. Infatti la conoscenzaha una prerogativa di neutralità: prende in sé questo o quelcontenuto, senza tingerlo a questo o quel tono, senza conferire

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alcuna nota propria. Al contrario un cembalo ha il proprio timbro,la propria tonalità, le applica alla musica e ne la colora.

Il problema è dunque instaurare nella materia un grado tale diraffinamento che la strappi alla partecipazione fisica, e per otte-nerlo Diderot deve rivoltarsi contro molti suoi presupposti, in parti-colare contro la continuità. Se egli ammette la fluidità della specie,ora deve ammettere la specificità degli organi ed attribuire agli or-gani proprietà, vita e funzioni nettamente differenziate. Cosí pen-sato dunque il corpo come una federazione d’organi indipendenti(quasi ognuno un animale distinto) può attribuire alla materia cen-trale, cerebrale, il compito conoscitivo. Essa è neutra ma attiva,non ha piú sensibilità propria ma accoglie imparzialmente i mes-saggi degli organi sensibili.

209 Di contro alla sovrana libertà cerebrale, si agitano gli organiperiferici che ricevono gli stimoli e fomentano le passioni (siano essiil diaframma o le terminazioni nervose o genericamente dei visceri).Il rapporto che tiene con essi il livello cerebrale è di controllo e do-minio su una persistente tendenza anarchica.

La semplice opposizione consente a Diderot una psicologia note-volmente comprensiva di reperti normali e patologici, e soprattuttogli consente di isolare due tipi fondamentali di personalità. Il tipoabbandonato all’anarchia degli organi periferici è l’entusiasta. Egliagitato sempre dalle situazioni stimolo, vi partecipa senza media-zione: debole, vittima sempre è là per scivolare nella malattia ner-vosa. Il tipo cerebrale invece traduce l’impassibilità conoscitiva insuo freddo autocontrollo. Esiste nelle circostanze mediatamente, lesupera e prende le piú calme ed opportune decisioni per vincere eprodurre. È il tipo del Genio, sia esso artistico o politico o anchecriminale.

Le scienze hanno dunque reagito, agli intenti riduttivi, in manieratraditrice. Hanno (tale il nocciolo della questione) prospettato unamaniera d’essere intenzionale e libera della personalità, nel cuiambito è pure corretta l’originaria teoria delle passioni. Diderot si èaccorto che si può vederle in maniera altra che magmatica e ribelle:o meglio, se l’empito ribelle persiste, esso trova nella ragione nonuna componente di malattia, bensí un orientamento efficaceall’edificazione reale. Il dominio viene trasferito in uno schema psi-cologico dai forti colori politici, come di robuste autonomie locali co-ordinate da una sovranità filtratrice delle esigenze e arbitra delle

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decisioni. Altrimenti, è l’entusiasmo allucinatorio, la vertigine del-l’anima bella senza conseguenze pratiche valide.

210 Lo sbocco, ora esposto, delle considerazioni fisiologiche, èmeno delicato e potente del suo analogo poetico, che i testididerotiani presentano spesso insieme e con piú forzaautonomamente. Rammento ancora la mediazione tecnologica.Diderot ha ben appreso che d’una macchina esistono, latenti opreventivi, i piani, e non manca di trasferire (alleandovi latentazione letteraria) questa esperienza nella pittura. Infarciscedunque di capitoli sui «soggetti» il suo dire critico. Ma, analoga eassai piú teoreticamente avanzata, la proposta sul modello idealemerita attenzione. Un modello ideale, dunque, è fondativo per laproduzione artistica; ideale, perché è un pensato, non in quanto calida chi sa quali altezze La sua origine infatti è semprenell’esperienza e nei bisogni, elaborata in un tragitto inconscio eprolungato che fa pensare piú agli archetipi di Jung che al suosuggerimento prossimo in Platone.

Operativamente, i modelli compongono un magazzino pronto adeterminare certe materie, siano d’arte che di comportamentopratico. La zona di conoscenza che li alberga è dunque trascendenterispetto ai prodotti. Di piú, è anche sganciata da quegli stessimodelli, che lungamente impastati nelle tenebre, si presentanoadesso all’intuizione.

211 È opportuno adesso rammentare come, nella teoriadell’Encyclopédie, la luce della ragione splendesse disimpegnata daipropri contenuti; piove su di essi, li ritaglia e trasforma da oceanoindistinto in ordinato paesaggio. Chi porta la luce? Un analogo del-l’organo cerebrale, l’Editore. Esso, vigile in mezzo alla folla dei con-tributi, li adotta, li pota e sistema, li connette in un sistema di ri-flessi coordinati. Abbia a che fare con la siderurgia, la calzetteria, lafilosofia o la chimica, egli può occuparsi di tutto perché in nulla ècoinvolto e la sua partecipazione non è identità. Similmente,quell’altro impegno enciclopedico che è l’analisi e il rendiconto deiSalons. Fare gli inventari, attendere alle pieghe del colore, resisterealla facile, entusiasta partecipazione emotiva, tutto si deve a unacerta freddezza, a uno svincolamento della critica dalla situazioneimmediata. Convergenze che trovano il centro nella teoria del Genioe nella drammaturgia. Diderot per qualche tempo ha creduto che lagenialità comprenda un’esaltazione entusiasta, versione produttiva

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del tuffo nella natura che demonicamente sollecita le scienze. Maquesto entusiasmo si accompagna solo pittorescamente alle altreprerogative del Genio: spirito d’osservazione finissimo, visionedilatata a contenuti cosmici, apertura a qualsiasi conoscenza oimpresa. E capacità pratiche: vincere con calma sicurezza nelleansie della vita, imponendosi con sua personalità dominatrice alleabitudini inerti ed ai precetti vigenti.

212 Il Genio tale non può compromettersi negli affetti: gli occorrelucidità. Il suo entusiasmo sarà freddo, assunto e deposto a volontà,sarà essenzialmente un entusiasmo di attore. E finalmente Diderotrisolve la teoria del Genio nella figura del perfetto commediante.Esso è guidato dal modello ideale del proprio ruolo, e con calma osti-nazione cerca di adeguarvi il proprio comportamento, senza alcunapartecipazione affettiva. Può prendere su sé qualsiasi parte, perchéin lui non è alcuna disposizione ad essere l’uno o l’altro dei suoiinterpreti: se finge l’ira non si adira, se finge il pianto non piange, epassa liberamente da una apparente passione a un’altra. Fosse ilcontrario, sarebbe un pessimo attore per l’identità materiale con lesue parti, che ne impedirebbe la libera correzione e il superiorecambiamento. Immobile, come lo sono i suoi modelli, il com-mediante anima intimamente l’agitazione della sua parte. E quisopraggiunge il paradosso la cui forza teoretica non si deve impo-verire in modesta psicologia teatrale. Non si tratta d’una sempliceinversione di tendenze, ossia che prima Diderot sia favorevole agliaffetti e poi no, ma di un assunto ontologico inaccettabile, sebbeneegualmente accettato, per tutto l’andamento del suo pensiero: chel’immobilità possa fondare il movimento.

In tali prospettive di ulteriorità Diderot suggella il suo lungotentare.

N o t a a l t e s t o

213 L’edizione tipografica, prima e unica, di quest’opera era:L’orologio vivente e il paradosso dell’immobile. Studio su Denis

Diderot. Milano, Celuc, (collana «scienze umane» n. 26), 1974. Cm17x 21, pagine 211. Illustrazioni.

Al fine di ottenerne una seconda, il testo è stato digitalizzatomediante scanner, e quindi consegnato al Prof. Eugenio De Caro, il

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quale lo ha restituito a fedeltà con l’originale, ha provveduto adividerlo in blocchi concettuali consecutivamente numerati, haeffettuato un vasto e penetrante spoglio di vocaboli e temi per gliindici analitici. Del suo intelligente, indimenticabile, contributo loringrazio di cuore.

La redazione attuale si differenzia dalla prima per alcune misuredi stile. Il resto è identico.

L a B i b l i o g r a f i a

214 [Scrivo nel 2202]. Nel 1974 era disponibile Diderot in varie,buone e anche ottime, edizioni, da combinare alla raccolta diAssézat e Tourneux. La ricerca in atto481 non prometteva difficoltàfilologiche tali da sottrarre la tranquillità testuale al presentestudio, almeno per i caratteri che esso ha. Si poteva scegliere inuna letteratura secondaria ampia e spesso di valore.

Inutile ripetere le notizie bibliografiche dichiarate via via nel corsodelle note al testo.

Ho rispettato nelle citazioni le ortografie volta per volta trovate.

Abbreviazioni di titoli

215 Utile invece elencare le adottate abbreviazioni di operediderotiane:

A.-T., col numero Œeuvres complètes.

481 Esempi da non tacere la succinta ma significativa inchiesta diPAUL VERNIÈRE, Diderot, ses manuscrits et ses copistes, Paris,Klincsieck, 1967 e le ricerche di HERBERT DIECKMANN,Observations sur les manuscrits de Diderot conservées en Russie, in«Diderot Studies», IV, pp. 53-71; Inventaire du fonds Vandeul etinédits de Diderot, Genève, Droz. 1951.

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romano del volumeOPOEORE, col num. del tomoEs.Pens.Promen.Aveug.BijouxNatureSourdsProsp.Enc.Beau

Rêve

ElémentsRameauFatalisteEntretiensPoésie dram.

Œeuvres philosophiques.Œeuvres esthétiques.Œeuvres romanesquesEncyclopédie nel reprint Frommann.Essai sur le Mérite et la Vertu (A.-T., I).Pensées philosophiques (OP).La promenade du sceptique ou les Allées (A.-T., I).Lettre sur les Aveugles, à l’usage de ceux qui voient (OP).Les Bijoux indiscrets (OR).De l’Interprétation de la Nature (OP).Lettre sur les sourds et muets.Prospectus (A.-T., XIII).Articolo Encyclopédie (A.-T., XIV ed E 5).Recherches philosophiques sur l’origine et la nature duBeau (OE).Entretien entre Diderot ed d’Alembert, Le Rêve ded’Alembert, Suite de l’Entretien (OP).Eléments de Physiologie (ed. MAYER).Le Neveu de Rameau (OR).Jacques le fataliste et son Maître (OR).Entretiens sur le Fils Naturel (OE).De la Poésie dramatique (OE).

Salons, 1759…1781Pensées dét.EssaisGénie IGénie IIParadoxe o solo p.

Salons.Pensées détachées sur la peinture (OE).Essai sur la peinture (OE).Articolo Génie (OE).Sur le Génie (OE).Paradoxe sur le Comédien (OE)

E inoltre:

BATTEUX 1

BATTEUX 2

CHARLES BATTEUX: Lettres sur la phrase françoisecomparée avec la phrase latine.CHARLES BATTEUX Les Beaux Arts réduits à un mêmeprincipe.

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I n d i c i a n a l i t i c i

Compaiono a destra i numeri di paragrafo o, se preceduti da n., di nota.

Concettuale

Abitudine macchinale: 113Achille ha qualcosa di Tersite: 123Affezioni private e sociali: 15Agitazione calcolata: 180Agitazione visibile non implica essenziale:188Albero delle scienze: 42, 43, 58Albero enciclopedico: 52, 54Alfabeto ragionato: 66Alterazione immaginifica: 173Alto è come basso: 198Amor proprio degenerato: 16Analogie ed opposizioni impercettibili: 42André: 82Anima bella: 207, 209Anima e materia: 100Anima fugarla: 99Anima nella fermentazione cosmica: 103Anima sensibile: 176Animale prototipo: 45Animali da loro si impara: 42Ape e conoscenza, similitudine: 41Archetipi di Jung: 210Argomento fisico teologico rifiutato: 22Aritmetica palpabile: 31Armonia intima e innumere: 146 prestabilita dall'editore: 52Arte canale per energia profonda: 120,207Arte contro teologia: 152Arte e moralità: 160, 161Arte ed economia: 163Arte imita modelli sempre menoimperfetti: 193Arte liberatoria: 207Arte raddoppia il cosmo: 151Arte secondo mondo: 149, 150, 151Arte secondo mondo è ordine libero: 153

Arte si distacca da società ordinataegoista: 160Arte, ontologia e politica: 204Arti belle e meccaniche: 83Artista fa specie a sé: 162Artista grande: 177Artista legislatore: 84Artista predicatore laico: 207Astrazione: 43Attiva immobilità: 180Attività impassibile: 112Attore: 212Attore come uno specchio: 186Attore e moralità: 161Attore e pubblico, loro accordo: 184Attore grande, assume non altera forme:190Attore grande, sue qualità: 180Attore non dipende dalla parte: 188Attore recita a essere sé stesso: 189Attore sensibile recita male: 184Attore tragico: 180Attualismo, una specie di: 74Autofinalità esclusa: 20Automatismo: 50Automatismo della norma: 118Bacone: 52, 59Barbarie liberatoria: 130Bassezza etico-estetica: 164Batteux: 67Batteux , dispetto a: 87Batteux e modèle idéal: 84Batteux sua Bella Natura: 69Batteux suo principio non vale: 85Beau absolu: 91Bella Natura non criterio unificante: 87Bella Natura per il pittore o il poeta: 85Bellezza è legge : 165

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Bellezza non si deduce da oggetto bello:154Bello , cosa non basta a definirlo: 89Bello e brutto in arte: 85Bello è percezione dei rapporti: 86Bello, articolo sul: 88Berkeley: 34Bisogno, macchine, rapporti: 90Buona educazione impoetica: 159Calcolo drammatico: 185Campi d'immagini specifici: 85Caos ribollente: 22Carne disperante per il pittore: 142Casi clinici: 26Caso e necessità: 115, 116Catena interrotta: 54Cause finali eliminate: 50Centrale e confederati: 175Chardin: 206Chardin creatore: 149Chimici, fisici, naturalisti contro igeometri: 43Cieco: 34Cieco coscienza e tatto nel: 32Cieco guarito: 28Cieco insegna ottica geometrica: 31Cieco nato: 27, 29Cieco sulla vista: 31Cieco veggente: 21Circostanza e libertà: 114Circostanza quasi libertà: 116Clarke: 22Collaborazionismo degli organi sensori: 27Colorazione sentimentale: 188Colore delle passioni: 142Colori fissi e variabili: 150Colori irriconciliabili: 147Comico poeta per eccellenza: 126Commediante grande: 177, 181Commediante perfetto: 212Commediante seduttore: 183Comportamento coatto: 115Comportamento invasato: 185Comunicazione alquanto mistica: 138Comunicazione fluidica: 131Comunicazione metabolica catabolicaperpetua: 200Condillac: 34Conformismo teologico, ed empirista: 26Conoscenza emanante : 173Conoscenza fondata sulla presenza: 74Conoscenza geniale: 170Conoscenza globale e istantanea : 204Conoscenza non colora: 191

Conoscenza non solo sensibile: 41Conoscenza serena: 181Conoscenza teatrale intemporal: 133Conoscenza temporalità memoria: 203Conoscenza zero: 34Conservatevi!: 13Continuità cristalli vita: 48Continuità fitto gioco di specchi: 202Contraddizione diderotiana : 200Convenzioni sociali pervertono: 130Corde vibranti: 47Corde vibranti sensibili: 102Corpo federazione di organi : 208Corpo organizzato minerale: 48Corpo sua neutra compattezza: 34Corpo umiliato, passioni distrutte: 16Coscienza centrale e periferica: 108Coscienza e reticolo nervoso: 105Coscienza e temporalità: 101Coscienza evidente sua unità: 104Coscienza nell'organo centrale: 109Coscienza periferica: 106Coscienza simultanea : 102Coscienza somma di psichismi: 48Coscienza trascendentale: 102Cose, pensieri, espressioni, loro ordine:67Cosmologia devota rifiutata: 35Costumi poetici: 129Creazione poetica: 75Cri de la nature: 122Crisi scientifica e linguistica: 63Cristianesimo delittuoso: 159Cristianesimo e religione naturale: 7Critica d'arte diderotiana: 137Critica d'arte, estetica e poetica: 135Critico sia genio freddo: 169Crousaz: 82Danza di particelle : 94Danza, pantomima, poesia: 133De l'Interprétation de la Nature: 51Definire tutto il definibile: 63Deista e ateo, disputa: 18, 19Delirio estraneo al genio: 181Delirio filosofico loquace: 93Delitto è bello: 159Démon de l'analogie: 92Demone congetturale: 46Deriva metafisica della matematica: 43Descartes: 31Destino proprio, seguirlo: 115Destino tenebroso: 113Determinismi in conflitto: 114Determinismo e liberazione: 113

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Determinismo si inverte: 207Devoto un malato per Voltaire: 10Diaframma, se domina: 183Dialettica materiale: 170, 178Dialettica materiale e spirito: 111Dialettica materiale fra gli organi: 187Diavolo: 8Diderot chimico: 95Diderot committente: 138Diderot deteologizza Maupertuis: 49Diderot filosofo e drammaturgo: 119Diderot maltratta Batteux: 83Diderot materialista?: 112Diderot moralista: 116Diderot sua giovinezza: 5Diderot suggella: 194Diderot suoi argomenti poco teoretici : 43Diderotiano, circolo: 35Differenze colmate: 198Differenze tutte in atto: 194, 202Differenziata origine materiale: 106Dimenticare per ragionare: 74Dio ingiusto, rendergli culto: 8Dio ipotesi contraddittoria confondente:98Disagio dell'essere della civiltà: 196Disagio minimo: 49Discorso nell'istante: 72Dissonanze ineliminabili: 147Divenire equivalente all'immobile: 96Divenire estraneo a sé: 183Divenire linguistico bloccarlo: 203Diversità essenziale: 156Divinazione: 42Dolore piace al devoto: 16Dominio della testa: 188Doppi sono impossibili: 38Dorval-Diderot: 121Dramma realistico e verisimile: 121Drammaturgia: 211Editore, analogo dell'organo cerebrale:211Elaborazione inconscia: 181Emblema e geroglifico: 75, 76Emblema materia pittorica: 138Emblema sua densità materica : 92Emozione non lascia parlare: 183Empirismo mistico: 197Empirismo scientista: 27Enciclopedia: 54Enciclopedia niente intervento statale:62Enciclopedia suo rigorismo : 92Enciclopedia tuffo demonico: 202

Encyclopédie: 211Energia , suo circolo: 196Energia della natura-istante: 111Energia fisica e mentale limitata: 55Energia indifferenza morale: 119Energia nascosta irrompe: 167Energia naturale annientata: 17Energia teatrale: 131Energia una e costante: 96Energia, impregna: 94Enorme barbaro selvaggio: 129Entusiasmo allucinatorio: 209Entusiasmo annacquato: 170Entusiasmo contro ragione: 174Entusiasmo freddo: 212Entusiasmo travolgente: 177Entusiasta travolto: 166, 168, 169Equilibrio di modelli: 192Esempio della caverna: 164Esistenza pubblica: 117Esistenza sociale estetica: 164Esistenza successiva: 24Espansione della conoscenza: 42Esperienza libera: 42Esperienza sensibile, genesi: 35Espressionismo: 122Essais sur la Peinture: 169Essere è materia sensibile: 99Essere questo non quello: 38Essere, due livelli: 188Estetici, rudimenti: : 89Etica antirepressiva: 116Evidenze violente: 78Facoltà conoscitive e partizioneenciclopedica: 60Facoltà superiori ridotte a corporee: 26Fanatismo soffoca la virtú: 8Fanatismo, abominazioni: 16Fantasia orrorosa: 195Fatalità: 114Fatti anarchici: 37Fatti interpretati: 62Fatti ricchezza del filosofo: 41Fatti sono quel che sono: 115Favola pittorica: 137Fede unita a scienza acceca: 21Fenomeni incatenati: 37Fenomeni infiniti: 40Fenomeni sempre nuovi: 39Fenomeni solitari: 58Fenomeno centrale: 45Fenomeno centrale : 201Fermentazione : 202Fermentazione della materia: 24

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Fermezza, esempi: 175Filetti nervosi, controllo dei: 107Filosofi quali preferiti: 9Filosofia avanza arte perde: 158Filosofia dell'immanenza: 20Filottete mugolante: 129Finalismo, erratico richiamo al: 28Finiti e infiniti punti di vista: 53Fluenza a oltranza: l'Assoluto: 201Fluenza immobile: 202Fluenza intemporale : 95Fondamento stabile delle apparenze,toccarlo: 34Fondo genetico e acquisizioni sociali: 114Forme germinano infinite: 96Forza immaginativa: 171Francese filosofico: 74Freddezza , legge della genialità: 182Freddezza contemplativa: 177Freddezza in scena: 185Frustrazione: 17Furore: 121Furore entusiasta: 168Furori coordinati imitati: 186Garrick: 192Generazione spontanea: 20,24Genialità travolge decenza: 167Genii del male: 207Genio: 157Genio , libero da sé stesso: 167Genio caldo è antenna : 168Genio caldo e genio freddo: 166, 167Genio del Male: 118, 130Genio e filosofia: 172Genio e follia: 118Genio e gusto: 172Genio e immoralità: 119Genio e politica: 173Genio è specchio: 182Genio musicale: 122Genio nell'immanenza : 171Genio non si compromette : 212Genio pratico teoretico : 179Genio prigioniero di sé: 171Geometri e metafisici: 43Geroglifici propri delle arti: 77Gesti efficaci: 73Gesto della materia: 204Gesto di tutta l'anima: 73Gesto significante ostensivo: 71Grammatica generale ragionata: 66Grande catena: 35, 36, 40, 51, 52, 85Grida pietose: 186Gusto, superarne variazioni: 89

Hutcheson: 82Idealismo dei ciechi: 34Idealismo tattile: 30Ifigenia nell’istante: 143Illuminazione dal fondo: 93Imitazione drammatica, è ermeneutica:123Immaginare astrattivo e costruttivo: 32Immaginazione drammaturgica: 125Immaginazione e giudizio: 158Immaginazione liberatoria?: 126Immaginazione tattile e visiva: 34Immanentismo cattivo: 98Immanenza fermentante: 97Immobile fonda il movimento: 194, 212Immobile freddezza del genio: 192Immobile si profila: 157Immobile sua nozione non è empirica: 194Immobilità falsa: 94Immoralismo: 114Impassibilità conoscitiva: 209Impercettibile gradazione dei riflessi: 147Incatenamenti congetturali bizzarri: 42Indolenza scettica: 22Inestensione della materia: 25Infanzia non repressa: 140Infinita unità nel quadro: 146Infinite determinazioni: 111Influsso viscerale : 177Intelligenza irrigidita: 48Intelligenza suprema non avrebbebisogno del male: 19Intemporalità del tempo: 25Interesse della specie e del singolo: 7Intersoggettività: 28Inversione linguistica: 72Inversione nella frase francese e latina:67Inversione per natura: 70Iperriflesso: 202Ipotesi mitologiche: 22Irripetibili enti di natura: 65Ispirazione: 168Istante indecomponibile: 73Istante invalicabile: 64Istante uno solo, limite: 143Istinto e mondo: 43Jacques le Fataliste: 115Kitsch: 9, 195La Peyronie, esperienze sul cervello: 108La Promenade du Sceptique: 164Le Fils Naturel: 121Lega di filosofi: 40, 52Legge d'unità: 186

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Leibniz: 22,052Lessico ragionato: 66Lettre sur les Aveugles: 26, 31, 44,46, 50,105, 122Lettre sur les Sourds et Muets: 69, 87,136, 176,Libera spontaneità dell'immanenza: 164Liberazione da Dio: 3, 11Liberazione sessuale: 117Libertà cerebrale: 209Libertà vincolata: 125Ligne idéale: 154Lingua franca: 71Linguaggio automatico: 125Linguaggio critico : 136Linguaggio dei sordomuti : 71Linguaggio gestuale: 70, 203Linguaggio gestuale: 74Linguaggio gestuale è primitivo : 72Linguaggio gestuale, immediato: 73Linguaggio inequivoco artificiale: 63Linguaggio intrinseco della materia: 204Linguaggio poetico: 75Linguaggio sua fallacia: 203Livello zero dell'umanità: 70Logica e natura: 135Logica poesia pittura musica: 136Luce conoscitiva: 57, 62, 146Luce della ragione splende disimpegnata:211Lucrezio: 77, 78Macchina: 210Male non è in natura: 14, 15Maligni tiri polemici: 57Mania di soggettista: 140Maniaco depressivo: 168Marche de l'esprit humain: 56Matematica: 43Matematica è teologica: 35Matematica inutile: 43Materia , rivalsa e velo della: 145Materia animata: 171Materia cerebrale neutra ma attiva: 208Materia e movimento, principi su: 94Materia e pensiero: 48Materia eterna: 98Materia fonetica: 76Materia poco materialista: 111Materia prima simile al commediante: 190Materia psichica: 47Materia psichica: 48, 208Materia si raffina: 175, 177Materia sua autoorganizzazione: 18Materia suo nudo opporsi: 34

Materia svelante nascondente: 206Materia trova in sé di che negarsi: 175Materia vivente: 2, 208Maupertuis: 47, 48Melodia urlo: 122Mémoires sur différents sujets demathématiques: 44, 86Memoria della materia: 48Memoria incosciente: 109Memoria totale: 110Metabolismo ininterrotto: 99Metafisica filosofia della natura: 43Metafisica infiltrata: 155Metafisica sublime: 156Mobilità dei visceri: 188Modèle idéal: 177Modelli antropologici materiali: 208Modelli in conoscenza trascendente : 210Modello a ragno e tela: 105Modello antropologico adeguato: 101Modello biologico, vitalistico edenergetico: 197Modello corpuscolare: 47Modello costruito : 192Modello del cembalo: 208Modello dell'uomo-cembalo: 191Modello di comportamento stabile: 183Modello già dato confusamente: 194Modello ideale: 84, 124, 154, 192, 210Modello ideale immobile: 194Modello ideale non è di esperienza: 155Modello ideale sua costanza: 193Modello ideale, costruirlo: 156Modello interiore: 138Modello inventato: 126Modello molecolare: 46Modello newtoniano: 44Modello newtoniano travolto: 35Modello tattile: 31Molecola organica cerca il piacere: 49Molecole elastiche: 47Mondo comincia e finisce senza posa: 97Mondo costituito dalla scienza: 199Mondo organico rimescolato: 200Mondo questo, altro.: 7Mondo sensibile: 43Monismo: 197Monismo aggirato: 108Monismo dinamico: 97Morale dell'artista: 163Morale di individui unici: 162Moralismo benpensante: 207Mostri: 22, 23, 45, 48Movimento , sensibilità e pensiero: 200

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Movimento apparente: 180Movimento continuo di accumulazione:182Movimento è immobile: 97Movimento e rappresentazioneincommensurabili: 53Movimento garantisce pienezza: 97Movimento generatore: 200Movimento innegabile: 95Movimento irrappresentabile: 64Musica , ritmo, colore e onomatopee: 137Musica poesia pittura lo stesso: 77Musiche niente affatto semantiche: 80Musicista e pittore: 147Natura bella di Batteux: 84Natura combinatoria elementale: 46Natura come sta va sempre bene: 85Natura concepita par l’esprit: 84Natura contrario del modello ideale: 193Natura contro norma: 127Natura desiderata e inafferrabile: 151Natura deterministica: 153Natura differenze infinite: 65Natura e arte, reversibili: 151Natura e libro: 54Natura e paesaggio enciclopedico: 58Natura e quadro incircolati: 145Natura è tutta bella: 204Natura fluida e vivente: 44Natura imitarla e modificarla: 83Natura imprevedibile : 56Natura obliata e alterata: 74Natura oltre la natura: 85Natura oltre la natura insopportabile: 86Natura opera d'arte, ma: 152Natura parallela: 149Natura risolve contraddizioni: 42Natura senza vuoti: 198Natura sfrenata in spettacolo: 131Natura si manifesta per sua grazia: 56Natura si svela e si traveste: 40Natura si traveste: 45Natura soffre in civiltà: 207Natura spettacolo: 60Natura sua saggezza e stoltezza: 23Natura sua trascendenza etica: 130Natura suo unico atto: 37, 39, 51Natura svelata a sé nell’umanità: 60Natura tracciato genetico della: 50Natura velata: 142Natura viziata: 155Neveu de Rameau: 12Newton: 22, 41Numero sua genesi: 35

Occhio per il cieco nato: 30Oggetti poetici totali simultanei: 75Oggetti solitari: 54Oggetti stabili : 61Oggetto alterato: 55Oggetto come sta : 148Oggetto del sapere infinito: 57Oggetto emerge: 140Oggetto in carne ed ossa : 148Oggetto in sé: 149Oggetto sua sfuggenza e infinità: 40Ombra del possibile: 23Ombre colorate: 146Onomatopee: 172Opera che rimanda solo a sé: 206Opera del genio immediata gestuale: 172Ordine del mondo va bene come sta: 118Ordine didattico e scientifico: 73Ordine enciclopedico: 53, 59, 61Ordine multifattoriale: 36Ordine non vederlo: 197Ordine pratico e speculativo: 68Organi coloniali: 104Organi fonatori: 65Organico e inorganico identici: 99Organismi inferiori: 20Organismi sensibili attivi e appassionati:100Organo, ognuno ha un suo senso: 105Orologio argomento: 18Orologio meccanico e vivente: 1Ostensione e linguaggio: 63Ottimismo deterministico: 14Paganesimo soddisfatto: 196Panteismo rifiutato: 49Paradosso dell'immobile: 3, 180, 212.Paradosso linguistico: 74Parola di Dio e di Newton: 21Partecipazione mancante: 180Passioni domarle è il male: 17Passioni salvarle: 11Pathos teatrale: 132Pensées philosophiques: 10, 44,Pensieri come vengono: 36Pensiero: 37Pensiero materialmente determinato: 171Pensiero scientifico e inversione: 72Perception des rapports: 81, 82Perception des rapports e sintassi dellecose: 204Percezione dei rapporti: 89Percezione dei rapporti stabilizzi il gusto:87

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Percezione dei rapporti, collocazione eorigine: 90Percezione globale: 92Perdere la testa: 184Personaggio che si stabilizza: 185Personalità forte: 176Persone «belle»: 161Piacere della conoscenza: 80Piacere puro ed emotivo: 177Piacere riflesso daVernet: 132Pittografia: 64Pittografia perduta: 66Pittore come letterato : 150Pittore profeta: 165Pittura: 70, 75Pittura , valori specifici della: 146Pittura e letteratura: 142Pittura gesto raccolto in sé: 79Pittura magia: 149Pittura mostra la cosa stessa: 78Platone: 210Platonismo?: 154Poesia , non nella vita: 162Poesia è intraducibile: 76Poesia per Batteux: 68Poesia superiore alla natura: 69Poetica cosmologica: 144Poetica dell'effetto: 131Poetica della barbarie: 159, 160Poetica realista: 123Polipo di Trembley: 104Possibile piú perfetto dell'attuale: 84Possibilità in ogni istante attuali: 97Preformismo: 22Presente prelogico : 70Presentificare l'assente: 31Presupposto imitativo: 205Principi originari e generali: 61Principio degli indiscernibili: 154Principio degli indiscernibili : 198, 201Principio del bello non sfumi nei gusti: 86Principio del meglio: 14Principio del meglio, è costruito: 23Principio del piacere: 15, 17Principio del piacere e bene generale: 117Principio della filosofia: 37Principio di continuità: 38, 53Programma epistemologico abbandonato:61Promenade du Sceptique: 9, 10Pronuncia stabilizzarla: 65Prototipi polverizzati: 155Prototipo unitario originario: 201Psichismo elementare della materia: 50

Pubblico-popolo: 131Punti illuminati rari: 39Purezza del gusto e moralità: 160Quadri di rovine: 143Quadri storici: 141Racine: 118Ragione autentica e retta, quando: 15Ragione e passione: 135Ragione geometrica, falsa: 35Ragione pura: 43Ragnatela: 58Rapporti saputi nella prassi.: 91Rapporto non è differenza specifica: 88Razionalità in natura per tentativi ederrori: 23Razionalità teologica falsa: 11Realismo: 124Realismo , limiti al: 147Realismo , oscillazioni del: 139Realismo estremo di Chardin: 148Realtà completamente espressa: 198Realtà dell'arte risolta in natura: 84Realtà densa dell'opera: 206Realtà irreale: 141Realtà suo fondo aggressivo: 119Realtà teatrale: 119Recitazione senza emozione: 192Religione: 11Religione contro interesse e disinteresse:8Religione distruttiva: 13Religione turba emotiva: 17Religiosità riduzione civile: 8Renvois: 57Resistenza individuale: 38Reticolo nervoso: 175Rêve de d'Alembert: 51, 93, 96, 138, 174,175, 191Ricordi nel delirio: 109Rigorizzazione linguistica: 64Rimandi: 58Ripetendo recitare meglio: 185Ritorno a sé in altro: 147Ritratto: 141Rivoluzioni necessarie: 55Rovi e flagelli: 9Saggezza di Salomone: 116Salons: 135, 169, 174, 193Sangue freddo : 173, 181Sapere coordinati bagliori: 57Sapere enciclopedico: 52Saunderson: 25, 31, 33, 44, 45Saunderson insegna geometria aiveggenti: 30

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Saunderson newtoniano pentito: 197Saunderson ribelle: 21Scene selvagge: 207Sciame d’api: 47, 48, 104Scienza e arte: 144Scienza riflette su riflessioni già fatte: 62Scienze come tornano utili : 198Scienze e monismo: 120Scienze estranee alla natura: 199Scomposizione della luce: 41Scontento di letterato: 12Sdoppiamento dell'attore: 192Seconda sostanza , manca: 2 Seconda sostanza, fantasma: 101Secondo mondo della pittura migliore diquello della scienza: 206Senescenza delle cognizioni: 62Sensazione dell'assente: 33Sensazione indivisibile: 33Sensazione non è propria del centrocoscienziale: 105Sensazioni interne: 34Sensibilità blocca l’attore: 188Sensibilità della materia: 100Sensibilità e memoria: 103Sensibilità lacrimosa: 178Sensibilità torpida della vita: 49Sentimento e calcolo: 127Sezione sincronica del sapere: 55 Shaftesbury: 7, 14, 50, 162,Shaftesbury, è origine: 13Shaftesbury, ritorno a: 170Sillogismo sul bello, pessimo: 88, 89Simultaneismo: 133Sistema asistematico degli indiscernibili:145Sistema delle scienze abbandona la radicedensa: 202Sistema di riflessi coordinati: 211Situazione tattile: 31Società enciclopedica: 62Società nuova in Lampedusa: 128Soggetti favolosi: 140Soggetto corregge e rovescia l'imitazione:150Sogni di un malato: 42Sogni, illusioni, fantasie: 107Sogno cosmologico: 108Sogno dell' istinto: 38Sogno di Saunderson: 22, 44Sogno e veglia: 174Sole dell’arte e della natura: 150Somiglianze impercettibili: 38Sordomuti nati: 70

Sostanza una sola: 100Spazializzazione: 33Specchio per un cieco nato: 31Spettacolo del mondo, goderne: 182Spettacolo non supplizio: 184Spiegazione dell' evento particolare: 37Spinoza: 52, 115Spirito divinatorio onirico: 42Spirito filosofico e poesia: 158Spirito osservatore: 179Spirito pratico manca al genio: 173Sprofondamento nel puro palpabile: 31Stanchezza fisica dell'attore: 186Stato fluido iniziale: 48Stato istantaneo e totale : 73Strumento adatto a qualsiasi spartito:191Successo della mediocrità: 163Superistante: 25Tatto: 31, 34Tatto sua forza ermeneutica: 31Teatro , convenzionalità del: 192Teatro come altro mondo: 187Teatro e pittura: 133Teatro eticità, religione, povertà: 128Teatro silente, verso la pittura: 134Teista quasi cristiano: 7Tempo e logica: 71Tempo nella pittura: 142, 143Tempo successione qualificata: 51Temporalità della comprensione: 65Teofobia fonte di tragico: 159Teologia demolirla: 196Teologia falsità della: 9Teoria del genio: 121, 127, 165, 178, 211Teoria del Modèle Idéal: 189Teoria unitaria dell'arte: 85Terribilismo: 159Testa e visceri: 174Tono della natura: 124Tono di società e di teatro: 183Totalità: 54Totalità condizione e distruzione dellafilosofia: 39Totalità dell'attuale e del possibile: 83 Totalità spegne stupore: 37Tramatura di rapporti: 92Trascendenza, suoi vantaggi: 183Trattamento statistico: 202Trinità laica: 155, 176, 177Tutto ciò che è reale è rappresentabile:123Ulteriorità, prospettive: 212Unità con varietà: 82

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207

Unità delle arti: 77Unità funzionale e compositiva: 144Universo appiattito : 199Universo armonico si sfascia: 24Universo corpo elastico: 47Universo in fermentazione: 96Universo microfisico energetico: 200Universo tutto vi è unito: 13Uomo, sua presenza rende interessanti glienti: 60Uomo aggregato di punti viventi: 103Uomo cembalo: 102Uomo comune e grande attore: 181Uomo esperimento fortunato: 23Uomo forse sparirà: 51Uomo grande, è insensibile simulatore:187Uomo sensibile: 183Valori domestici : 128

Verisimiglianza, arbitraria, vaga: 205Verità inarticolata: 129Verità pittorica arbitraria: 140Vernet: 206Vernet entrare in un quadro di: 152Vernet demiurgo esemplare: 152Verso francese e inversione: 68Virgilio: 78Virtú nulla di sacro: 7Virtú pedante: 117Virtú promossa energicamente: 130Vita affettiva malsana: 196Vita affettiva non repressa: 15Vita quotidiana e teatro: 183Vitalismo e meccanicismo: 100Voci temperate: 186Vuoto della ragione: 43Zona neutra fra natura e opera: 181

Onomastico

Achille 123Adhemar 214

Adhémar n. 352

Agazzi n. 156

Agostino n. 207Agrippine 187

Agrippine n. 475

Alfieri n. 171André 82

André n. 207Andromaca 118Ariste 155

Ariste n. 444

Aristofane n. 338

Aristotele n. 58Assézat 214

Athéos n. 15Bachelier 142

Bacon n. 147Bacone 52; 59; 61

Bacone n. 147; n. 192Barbier 118Baron 185

Batteux 66; 67; 68; 69; 72;83; 84; 85; 87; 204

Batteux n. 169; n. 183; n.

196

Baumann n. 117

Belaval n. 89; n. 171; n. 430

Bemetzrieder n. 215Benac 214Benot 214

Benot n. 3; n. 262; n. 413Berkeley 33

Berkeley n. 53Billy 214

Billy n. 3

Birch n. 261Bordeu 93; 138

Bordeu n. 260; n. 296

Bouchardon n. 384

Boucher n. 231; n. 400

Bougainville n. 22Bouret 119

Boyle n. 261

Bravo n. 360

Briasson 214Britannico 118

Britannico n. 350

Brucker n. 89

Buffon n. 118

Burke n. 395

Caillot n. 460Carlière 117

Carlière n. 301

Cartwright n. 171; n. 178; n.

352; n. 355; n. 363

Casini n. 3; n. 5; n. 20; n.

53; n. 122; n. 124; n.

147; n. 308

Cassirer n. 3; n. 53; n. 207

Castel n. 188; n. 250; n.

257; n. 283

Caterina n. 340Catherine Ii 214Chardin 148; 149; 206

Chardin n. 374; n. 378Cinna 187

Clairon n. 322; n. 475

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208$

Clarke 21

Claudel n. 257Cleopatre 187Clitennestra 122Clytemnestre 122

Cochin n. 353Condillac 33

Condillac n. 53; n. 394

Creighton n. 278

Cresson n. 3; n. 25

Crocker n. 3; n. 25; n. 234;

n. 388

Cromwell n. 294Crousaz 82

Crousaz n. 207; n. 208; n.

220

Cru n. 5; n. 6; n. 355D’alembert 21; 50; 93; 96;98; 103; 113; 122; 138; 174;191

D’Alembert n. 188, n. 250

Daniel n. 308David 214

De Booy n. 20De Caro 213

Derche n. 123Descartes 30

Descartes n. 35; n. 253; n.

278Desroches 117

Desroches n. 301Dieckmann 214

Dieckmann n. 50; n. 145; n.

171; n. 319; n. 352; n.

394; n. 412; n. 481Dioniso 138Dorval 121; 122; 152; 166;167

Duclos n. 461Durand 214

Dutourd n. 304

Elena n. 262

Ercole n. 359

Esopo n. 467

Fabian n. 207Fabre 214

Fabre n. 277; n. 285Falconet 138; 214

Falconet n. 262; n. 353; n.

359; n. 410; n. 412

Filolao n. 257Filottete 129

Fontenelle n. 89; n. 394Fragonard 164

Fubini n. 215

Funt n. 171; n. 275; n. 372;

n. 391Furie 133Garrick 192

Garrick n. 463; n. 474

Garritano n. 253

Gaussin n. 460

Gellio n. 467

Giuditta n. 262

Giunia n. 350

Goethe n. 308Greuze 165

Greuze n. 356; n. 358; n.

400; n. 404

Grimm n. 352

Guerchy n. 288

Hagedorn n. 352

Hall n. 404

Hallé n. 414

Hartsoeker n. 42

Hegel n. 308

Helvétius n. 278; n. 348

Hill n. 248

Hobbes n. 15; n. 296

Holbach n. 278

Huber n. 352

Hudson 119Hutcheson 82

Hutcheson n. 207; n. 208; n.

231Ifigenia 143Jacques 115

Jacques n. 239; n. 280; n.

287; n. 289; n. 290; n.

293; n. 304

Jakobson n. 360

Janet n. 278

Jodin n. 339; n. 340Jung 210Khodoss 214

L’Espinasse n. 260

La Borde n. 404

La Mettrie n. 257La Peyronie 108La Tour 142

Lagrenée n. 358

Landois n. 284

Laubreaux n. 430Le Breton 214

Le Gras n. 124

Legros n. 5Leibniz 21; 52

Leibniz n. 53; n. 89

Lenoble n. 95

Lerel n. 113

Lesage n. 468

Leutrat n. 3; n. 34

Leverkühn n. 316

Lewinter n. 339

Locke n. 53

Lough n. 124

Lovejoy n. 84; n. 145

Lucioni n. 124Lucrezio 78

Lucrezio n. 201

Lulli n. 204

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209$

Luxembourg n. 147Macbeth 70

Maddalena n. 231

Mallarmé n. 341

Mann n. 316

Marmontel n. 414

Marte n. 358Maupertuis 46; 47; 48

Maupertuis n. 117

May n. 352; n. 395Mayer 214

Mayer n. 2; n. 112; n. 233

Mesnard n. 3Meyer 214

Meyer n. 51; n. 188; n. 193;

n. 196Minerva 133

Mølbierg n. 171; n. 308; n.

374; n. 462

Molière n. 414

Mollenauer n. 3; n. 171

Molyneux n. 53

Montaigne n. 394Monval 214

Monval n. 285

Mornet n. 3

Mortier n. 308; n. 393

Mossner n. 171

Musschenbroek n. 42Naigeon 214Needham 23

Nerone n. 350Nettuno 85Newton 20; 21; 43; 107

Newton n. 42

Nieuwentyt n. 42Niklaus 214

Niklaus n. 23; n. 75

Oberti n. 169Omero 131Oreste 133

Orou 117

Paolo n. 467

Pascal n. 35Pindaro 158Pitagora 86Platone 210

Platone n. 207; n. 388

Pocar n. 3; n. 316Polifemo 162

Pomeau n. 3; n. 122; n. 215Pommeraye 119

Pommier n. 4

Porée n. 193Poussin 131

Prévost n. 145

Proust n. 89; n. 257Puiseaux 30

Puiseaux n. 62

Quinault n. 465Racine 118

Racine n. 357Raffaello 153

Raffaello n. 228Rameau 12; 114; 119; 130;177; 207; 214

Rameau n. 95; n. 109; n.

196; n. 204; n. 257; n.

277; n. 285; n. 286; n.

296; n. 297; n. 298; n.

304; n. 305; n. 307; n.

308; n. 315; n. 444

Raphson n. 75

Raucourt n. 459

Rex n. 124

Riccoboni n. 459

Robert n. 357

Rosa n. 414

Roscius n. 474

Rosenkranz n. 3; n. 20; n.

52

Rossi n. 278Roth 214

Rouelle n. 249

Rousseau n. 345

Roy n. 171; n. 192; n. 351;

n. 398

Saint-Lambert n. 430Saint-Ouin 119Salomone 116Saunderson 20; 21; 24; 28;29; 30; 32; 43; 44; 197

Saunderson n. 48; n. 50; n.

64; n. 72

Schellemberg n. 271

Schwab n. 124

Schwartz n. 394

Sedaine n. 455

Serena n. 234Seznec 214

Seznec n. 352Shaftesbury 6; 7; 13; 23;49; 116; 162; 170

Shaftesbury n. 5; n. 10; n.

15; n. 21; n. 26; n. 35; n.

39; n. 147; n. 208; n.

220; n. 345; n. 359; n.

368; n. 433; n. 435Shakespeare 172

Simondon n. 168

Spinosa n. 290Spinoza 52; 115

St Hilaire n. 358

Terenzio n. 342; n. 349; n.

394Tersite 123Teti 123Theocles 170

Tindal n. 25

Todorov n. 360

Toland n. 25Tourneux 214

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210$

Trembley 104

Turenne n. 358Ulisse 162

Van Loo n. 231; n. 414

Van Tieghem n. 351Varloot 214

Vartanian n. 253; n. 278

Venere n. 358

Venturi n. 4; n. 5; n. 124; n.

147

Verlaine n. 257Vernet 80; 132; 149; 152;206

Vernet n. 231; n. 335; n.

387; n. 404

Vernière n. 22; n. 340; n.

413; n. 430; n. 481

Vien n. 358

Vier n. 3Virgilio 78

Virgilio n. 228

Volland n. 220

Voltaire n. 53; n. 124; n.

145; n. 154

Waldauer n. 403

Watelet n. 220

Weinshenker n. 410

Wilson n. 124; n. 193

Wolff n. 208Zani n. 5