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EDUARDO L'ARTE DEL TEATRO IN TELEVISIONE A cum di Antonella Ottai PreJaz.ione di Stefano Balassone Premessa di Isabella Quarantotti De Filippo Rai+Eri

L'ARTE DEL TEATRO IN TELEVISIONE · do le contemporanee sperimentazioni di teletrasmissione: il ... ria e massima utilita del teatro dialettale far conoscere agli ita-liani di una

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EDUARDO L'ARTE DEL TEATRO IN TELEVISIONE

A cum di Antonella Ottai

PreJaz.ione di Stefano Balassone

Premessa di Isabella Quarantotti De Filippo

Rai+Eri

Antonella Ottai

EDUARDO DALLA RADIO ALLA TELEVISIONE

Gli anni del fascismo

U na rivista che Eduardo scrive per salutare il 1931 co-mincia con la povera famiglia Sardella che, in man-

canza del tradizionale "cenone", si appresta a festeggiare il capodanno con un piatto di spaghetti, quando arriva il futu-ro genero con un "dono":

ARMANDO. Mi tratterro soltanto un attimo, dicevo, per farvi gli auguri che gia vi ho fauo e per portarvi in casa il cibo ... Prima colazione, pran-zo e cena... (La famiglia Sardella eraggiante) Vincenzo, vieni avanti! (Entra un facehino, con un paeco) Apri il pacco, Vincenzo. (Armando prende La grossa radio ehe gLi porge it faechino e La mostra) II cibo dello spirito, la voce del mondo, gli attimi di attualita sconcertante vissuti nei pili lontani continenti.

Qualche minuto di sgomento da parte dei munificati, pili sensibili al cibo materiale che a quello spirituale, e che soprat-tutto vogliono impedire ad Armando di collegare i fili della radio alla rete metallica del letto, sotto al quale hanno nasco-sto illoro misero desinare, e poi, girata la rnanopola:

SPEAKER. Fra pochi minuti, in collegamento con il Teatro Nuovo di Napoli, con la partecipazione del trio De Filippo, gli astri pili fulgidi della schietta comicita partenopea, trasmetteremo i due tempi della rivi-sta Ogni anna punto e da capo, di Tricot'.

E a questo punto, cominciano i numeri veri e propri della

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nvista; siamo agh esordi della formazione del trio, che si esibi-see al Teatro Nuovo di Napoli, dove Eduardo e Peppino hanno raggiunto la sorella Titina all'interno della compagnia stabile Molinari. "Tricot" e 10 pseudonimo con cui Eduardo firma i suoi sketch, al quale si affianca ancora per qualche anna quel-10 di "Molise". La "diretta" con la quale i tre attori entrano in scena e solo un espediente per dissolvere suI numero successi-vo fingendosi annunciati in una trasmissione radiofonica. La radio e un oggetto di lusso, eccedente la misera condizione in cui si trova a essere ospitata (la sua diffusione in Italia e infe-riore a quella delle automobili) cosi come e improbabile che trasmetta fra i suoi programmi proprio i tre De Filippo appena all'inizio dei propri comuni successi. La situazione e un para-dosso e la presenza dell'apparecchio radiofonico aiuta a coniu-gare, secondo i moduli della rivista, miseria e fame con illusso futuribile delle nuove conquiste della tecnica. Verso la fine de-gli anni trenta sara ancora la rivista a utilizzare allo stesso mo-do le contemporanee sperimentazioni di teletrasmissione: il meraviglioso scientifico viene messo in scena a teatro per mol-tiplicare e rendere possibile l'assurdo, "sfondando" i limiti del principio di realta. Ma nel periodo che stiamo trattando la ra-dio non era solo fantascienza, gia da alcuni anni metteva in suono il teatro, mentre sulle pagine del "Radio Orario" prima e del "Radiocorriere" poi, era attivo un dibattito - destinato a essere alimentato da interventi importanti - sui modi in cui era possibile l'incontro fra la scena e la registrazione radiofoni-ca, sulla nuova drammaturgia che nasceva da una situazione nella quale la visione veniva a essere evocata dal solo suono, parola, musica 0 rumore che fosse.

Oltre agli aspetti "rivoluzionari" che il nuovo medium assu-meva, nella misura in cui per la prima volta forniva un evento di una memoria tecnologica in grado di ripeterlo al di la del suo accadere e al di la del suo pubblico naturale, oltre agli aspetti strettamente drammaturgici, che Marinetti aveva contri-buito a rendere eclatanti dedicandogli un apposito manifestos, vi erano poi quelli strettamente linguistici: in un paese la cui oralita era ancora in gran parte "regionale", la radio poteva co-

Antonella altai

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stituire una grande occasione per parlare una lingua "orale" nazionale. E di conseguenza il teatro diffuso per etere sarebbe stato prevalentemente un teatro in lingua italiana. Ancora alla fine degli anni venti, in una prima fase antecedente al riassetto in materia operato dal Regime, quakuno poteva ancora scrive-re sul "Radiocorriere" che proprio il teatro radiotrasmesso pro-muoveva la comprensione di alcuni dialetti, forniti di grande tradizione musicale e scenica, al di Ia delloro naturale territo-rio di appartenenza: «Nessuno di noi puo penetrare a fondo nell'anima di una regione che non e la sua. Ed e massima glo-ria e massima utilita del teatro dialettale far conoscere agli ita-liani di una regione l'anima di un'altra, anzi delle altre regio-ni»3. E una posizione che peraltro non fa che rispondere a quello che succedeva effettivamente sulle scene italiane: una cornmedia, sia che nascesse in lingua, sia che nascesse in dia-letto, al momento in cui otteneva grande successo - fino a tutti glianni venti rna ancora negli anni trenta - veniva tradotta da lingtraadialetto, da dialetto a lingua, da dialetto a dialetto. Lo stesso Eduardo tradurra dal veneto Gino Rocca, dal siciliano Pirandello, dall'italiano Lucio d'Ambra, tanto per fare qualche esempio significativo. La radio, in questa fase, trasmette anco-ra, rispettando il dialetto d'origine, spettacoli "classici" a carat-tere popolare, come la Palummella zompa e vola di Antonio Petito, che va in onda nel 1927 a opera della compagnia della "Rievocazione sancarliniana" di Salvatore De Muto, che stava facendo risorgere la tradizione di Pulcinellat.

Ma la situazione immaginata nella rivista da cui siamo par-titi non puo essere che imrnaginata: il dialetto alla radio ri-guarded sempre pili le canzoni, alcuni sketch 0, in via ecce-zionale, singoli grandi performer, che 10 spettacolo 0 la piece nel suo insieme, e quando, a meta degli anni trenta, Eduardo e Peppino arriveranno a essere personaggi radiofonici, tranne rare eccezioni specificate dal "Radiocorriere", si esprimeran-no piuttosto in lingua italiana.

Prima di trovarsi davanti ai microfoni come attori, sono og-getto pero di una conversazione radiofonica; a raccontarne Ie vicende artistiche presentaridole a un pubblico nazionale e

Eduardo dalla radio alla televisione

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Lucio d'Ambra> e la trasmissione, al momento in cui va in on-da dalla capitale, partecipa di una congiuntura multo partico-lare: la compagnia del "Teatro Umoristico", infatti, e appena approdata a Roma, reduce dalla tournee nell'Italia del Nord, dove ha riportato un successo clamoroso e ha cOSI definitiva-mente smarginato la propria area d'azione, da Napoli all'Italia. Il fatto che d'Ambra dedichi lora uno spazio radiofonico all'in-terno di una sua rubrica, che pubblichi poi il tutto sul "Ra-diocorriere", sancisce questa nuova dimensione della compa-gnia; oltretutto l'articolo viene illustrato da una caricatura di Onorato che rappresenta i tre fratelli in quello che si era rive-lato uno dei loro maggiori successi, Sara stato Giovannino!, di Paola Riccora: giornalista e scenografo, Onorato aveva allora gia raccolto e pubblicato i suoi disegni pili felici'', che ritraeva-no i personaggi del mondo teatrale e culturale italiano. En-trare nella galleria dei suoi ritratti significa qualcosa di pili che essere un attore di successo, vuol dire essere personaggio ac-creditato del mondo della spettacolo; comporta qualcosa di pili che essere semplicemente fotografati, implica avere un'im-magine identificata della propria popolarita,

Ma a una lettura pili attenta, l'articolo al quale ci riferiamo offre ancora altre informazioni: se e vero che conferma un successo, e anche vero che sfrutta questo successo a favore di un progetto futuro comune: d'Ambra infatti afferma di aver conosciuto e "scoperto"? i De Filippo, quando Eduardo gli ha chiesto suoi testi da mettere in scena. Eduardo, Peppino e Titina, an cora sotto pseudonimo, in gran parte autori del proprio repertorio, rna Ie lodi maggiori della stampa van-no piuttosto alla qualita della lora recitazione. Ora questa ri-chiesta - se tale e stata - racconta anche come, in parallelo al-l'affermarsi del "Teatro Umoristico" sulle scene nazionali, si rendesse necessaria una conformazione pili complessa del re-pertorio e la "conversaziorie" finisce col configurarsi proprio come l'incontro fra Autore e Attori che la critica caldeggiava. Per la stagione teatrale 1933-1934, che seguiva a stretto giro questa tournee, vengono infatti annunciati pili volte i nomi di Pirandello, Bontempelli e della stesso .d' Ambra, oramai entra-

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ti nel circuito di conoscenze del trio, anche se l'unico rappor-to concreto e scenicamente decisivo si rivelera essere poi quel. 10 con Pirandello. Chi peraltro conosce la produzione teatrale di d'Ambra sa quante poche affinita potessero correre tra la sua scrittura - sia pure adattata in napoletano - e il repertorio "umoristico", e quindi e facile immaginare come l'articolo, 01-tre a segnalare un successo, costituisca anche un atto di strate-gia culturale da parte di d'Ambra che, come altri autori in quel momento, sa benissimo che giovani attori dialettali "d'as-salto" possono rendere economicamente fruttuosa una com-media che non viene ripresa da molti anni; a lora volta i De Filippo, comunque, si rendono conto come possa essere im-portante introdurre nel loro repertorio nomi accreditati. Appena ritornati a Napoli, infatti, metteranno in scena con grande impegno economico II granatiere di Pomeraniar di Lucio d'Ambra - la critica non manchera di rilevare, per la prima volta nella loro breve carriera, il carattere sfarzoso delle see-nografie -, rna si esimeranno abilmente dal realizzare la com-media che l'autore intendeva confezionare appositamente per loro - di argomento borbonico e in costume - L'allegra corte di Capodimonte, che non arrivera mai aIle scene".

L'anno successivo, il 1934, dopo la consueta stagione al Sannazaro di Napoli, a meta di marzo il "Teatro Umoristico" parte alla volta di Milano, dove rimane fino a maggio, prima al Teatra Odeon, poi all'Olimpia. L'accoglienza del pubblico e della stampa e trionfale, e questo rafforza ulteriormente e in modo definitivo la sua immagine: il eritico del "Corriere della Sera", Renato Simoni, si ricordera di aver gia notato Eduardo, singolarmente, quando questi si recava a Milano con la compagnia di Vincenzo Scarpetta, rna non manca di ri-levare che ora la cifra e tuttaltra. Al consueto repertorio Eduardu ha aggiunto, fra l'altro, il III atto di Natale in casa Cupiello, e quella brusca virata di tono, quel finale sospeso su una ricomposizione degli affetti "poco canonica", crea qual-che sconcerto. Ma nel complesso la chiave "umoristica" eben accolta e ancora la commedia della Riccora, Sara stato

Eduardo dalla radioalta teleuisione 17

Giovannino!, consente di cogliere al meglio il sapiente alter-narsi della recitazione fra i toni comici e quelli drammatici. Nel frattempo muore Salvatore Di Giacomo, un personaggio illustre della cultura napoletana e italiana, il maggior rappre-sentante di quel "teatro d'arte" che, cogliendo tutte le valenze musicali di un dialetto colto, a suo tempo aveva difeso la tradi-zione autoctona contro la francesizzante commedia scarpettia-na. Eduardo confessera la sua ammirazione segreta nei con-fronti dell'avversario del padre, e persino una frequentazione clandestina. Nella precedente stagione napoletana ne aveva messo in scena al Sannazaro '0 mese mariana. Ora nel trigesi-mo della sua morte, che cade a maggio, durante il soggiomo milanese del "Teatro Umoristico", l'EIAR programma le com-memorazioni radiofoniche di Di Giacomo trasmettendo, fra l'altro, proprio Mese maria/no (italianizzato). Tra i De Filippo e Alberto Casella, uno dei direttori dell'EIAR, intercorre una corrispondenza in proposito, in cui Casella, per ottimizzare l'impegno economico, fa rilevare «la larghissima eco artistica che la Radio alimenta per gli Artisti-I''; alla stessa data pero, in trasmissione nazionale, il dramma va in onda con la compa-gnia di Raffaele Viviani, un'altra grande formazione dialettale che, a dire il vero, a suo tempo non sempre Di Giacomo aveva mostrato di apprezzare: la parte principale - che spetta senza dubbio al personaggio femminile, Concetta Battimelli - sara di Luisella Viviani!". Un lungo articolo sul "Radiocorriere", corredato di fotografie, ci mostra Viviani in sede di registra-zione e ci racconta i problemi che comporta passare dalla see-na all'ascolto radiofonico, dal dialetto alla lingua:

Gran mistero la radio, il microfono, la registrazione, per questi attori troppo legati al palcoscenico per avere farniliarita con tali nuovi mezzi d'ar-te [ ... J Trovo la Compagnia impegnata in un attento esame della "italianiz-zazione" del testo, che essa ha sempre recitato in dialetto. Italianizzando a perfezione si perdera ogni calore folcloristico. Mantenendo un sapore dia-lettale, si rischiera di diminuire la comprensione del testo da parte di mol tis-simi spettatori. E Ie didascalie? Le quali corrispondono ad altrettanti impor-tantissimi effetti scenici, ad altrettante maschere, espressioni con quel carat-teristico silenzio mimico in cui eccellono questi attori? [... J Occorre qua e

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la un delicato lavoro di connessione [... ] per creare un mormorio di secon-do piano, che corrisponde per esernpio allo stupendo silenzio dei quanro personaggi, i quali si fanno cenni d'intesa, di stupore, d'angoscia all'annun-cio che il piccolo di Concetta e morto. [... ] ecco Raffaele Viviani davanti al microfono, dice l'ultima frase, e il singhiozzo gliela stronca. Questa e la sua parte. Ma fra qualche sera, a Napoli, a casa sua, "si risentira", Per la prima volta il grande attore "ascoltera se stesso", come in sogno. [...J Caro e ro-mantico Viviani "uorno", in ascolto di Viviani "attore" [ ... ]12.

Spariti dal "Radiocorriere" per le commemorazioni digia-comiane, i De Filippo tornano invece a essere annunciati nei programmi radiofonici dell'anno successivo, con piccoli "mo-nologhi", tenuti separatamente, due volte da "Giuseppe" De Filippo e una volta da "Edoardo'v'': della lora attivita radiofo-nica troviamo traccia anche in una lettera che Eduardo scrive a Bontempelli, il quale 10 sollecitava a mettere mana alla sua commedia Valoria, tratta dal romanzo La famiglia del[abbro, per adattarla in napoletano e portarla cos1 sulle scene!". La vita milanese dei tre fratelli, oramai al culmine del successo, si svolge a ritmi incalzanti da mattina a sera, e l'attivita radiofo-nica ne partecipa in buona parte: sono ritmi ai quali e difficile sottrarsi se si vuole mantenere una presenza significativa nella vita della spettacolo, rna che finisce per mettere in crisi pro-prio l'attivita della scrittura, che non riesce a tenere il passo con tutti i soggetti che Eduardo ha in mente.

Peppino e Eduardot> si ripresentano l'anno successivo, il . in uIl'alliaseiie radiofonica,'iiIi'concorso a premi intito-

'-. Chi eal microjono},di cui purtroppo non e stato possibile reperire il copione originale: ognuno degli attori interpellati cercava di dare in forma di quiz qualcheelernento della pro-pria identita artistica. Inauguralaseriel'attore Nino Besozzi:

Questa volta torno a voi sotto forma di rebus! Chi sono? Cerchero di aiutarvi un po'. Voglio aiutarvi perche I'ultima volta mi dicono che avete incontrato qualche difficolta. (imitando Gandusioi Non vi dice nulla questa mia voce? Eppure e caratteristica, non vi pare? Non le riconoscete queste inflessioni? Questi falsetti? E questa mia risata e h, eh, noh? (imitando Ruggeri) Non gli credete! Quest'uorno mente. Vi posso assicurare che non e Antonio Gandusio (imitando Musco) ...

Eduardo dalla radio alia teleuisione

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VIa 01 questo passo attraverso lmutazione degh attori pill popolari dell' epoca. La soluzione del quiz compariva poi sul "Radiocorriere" della settimana successiva attraverso la pubbli-cazione della fotografia del personaggio in questione: la foto che identifica i De Filippo equella che li ritrae in una delle 10-ro interpretazioni pili popolari, e certamente meno impegna-te, ovvero la coppia truffaldina, composta da uno zio furbo e da un nipote stolido di L'ultimo Bottone, un testo che Eduardo aveva ricavato da I milioni dello zio Peteroff, di Munos e Seca nel 1932 e che aveva funzionato cosi bene da spingere l'autore a prolungarne le avventure e a scriverne il seguito, Tre mesi dopa (1934). Lo stesso Peppino, in seguito, ne scrive il terzo episo-dio, intitolato Una notte di [ortunal»,

Successivamente, nel)937, Eduardo e Peppinojnsieme, invece, scrivono una breve scena - cioe pensata direttamente per la radio - Primo amore, che e ancheuna del-

le rarissime scritture a doppia firmadei due fratelli. La

- poco pili che uno sketch - partecipa di una piccola serie, Il e

mio prima amore, all'interno della quale diversi attori, Renzo Ricci, Umberto Melnati, Enrico Viarisio monologano raccon-tando ciascuno la propria prima avventura amorosa, la quale, ovviamente, risponde ai diversi stili che ciascun attore imper-sona per il suo pubblico!". Cosi Renzo Ricci, attore di prosa impegnato e incline a una recitazione ricca di echi "canori", avra un innamoramento intellettuale e raccontera la sua disa-strosa attrazione per la propria maestra, favorita dai risvegli di una incipiente primavera: «C'era dell'inquietudine intor-no: pizzicotti di sole, freccioline di luce, brividi di caldo»: Melnati, condannato sulle scene ad amori mai ricambiati, ha di conseguenza quell'avventura comica al quale il suo fisico da caratterista disastrosamente 10 consegna, aiutato , per di pili, da un travestimento femminile con il quale, ancora ra-gazzo, calcava le scene: «La mia mamma mi infilava una leg-giadra vestina di trine rosa e azzurra, mi calzava sul capo una parrucca bionda dai lunghi e inanellati riccioli, mi rimpiccio-liva con un lapis rosso la bocca che fin da allora era piuttosto

grandicella, ravvivava con il minio il desolato pallore delle mie guancette e mi spediva in scena dove non mancavo di in-tenerire il folto pubblico e l'inclita guarnigione con la mia commovente grazietta-Ie,

Elaborato da Eduardo e Peppino, l'argomento presenta ne-cessariamente una virata di tono: il titolo perde il possessivo "mio" e I'amore diventa uno per due, come due sono gli attori che subentrano al personaggio delle trasmissioni precedenti. La coppia, nell'immagine pubblica, sostituisce il protagonista unico, che aveva caratterizzato gli altri interventi e rende in-scindibili Ie singole persone che Ie danno vita, condannate ad avere e a essere una sola storia. In questo senso anche Primo amore si presta a una doppia lettura, quella di un abile sketch, e, insieme, quella dei ruoli "divergenti" che vi vengono gioca-ti. I due fratelli, in quanto figli d'arte - come Melnati -, rae-contano ambedue di aver avuto fra Ie quinte la propria prima esperienza d'amore, per scoprire, man mana che la racconta-no, che la fanciulla oggetto di attenzione non solo era la stes-sa, rna che si e promessa all'uno scambiandolo per l'altro. Eduardo spiegaalfratello, il con ilquale ci si pre-

EOOARDo. Eccoci qua, davanti al microfono, che dobbiamo raccontare in maniera il piu che sia possibile simpatica e brillante in che modo si e svolto l'episodio del nostro primo amore.

PEPPINO. Gia, rna a chi 10 dobbiamo raccontare? EOOARDo. Qui, al microfono. PEPPINO. Cesu, Cesu, e che gliene importa al microfono? Quello e un pezza

di ferro con due fiJi attaccati. EOOAROO. Cia, rna capisci? Parlando davanti a questa apparecchio tutti

quelli che hanno la radio in casa sentono il nostro discorso. \ PEPPINO. Pure quelli che la tengono chiusa? 'tEoOARDo. Ma no ... quelli che la tengono chiusa, non ci sentono. PEPPINO. Perche? Sono sordi? EOOARDo. Come? Sono sordi? PEPPINO. Tu hai detto: quelli che tengono la radio chiusa non ci sentono, e

queIIi che non ci sentono, sono sordi. EDOARDO. Ma no, rna no... quelli che la tengono chiusa non ci sentono a noi ... PEPPINO. Non ci sentono a noi? E allora, se noi andiamo a pariare con uno

che tiene la radio chiusa, quello a rioi non ci sente, mentre se gli va

Antonella Ottai i

I Eduardodalla radio alia televisione 20 21

a parJare un altro, a quello 10 serite. Neh, perche? EDOARDO. Tu non mi eapisei. Oggi sui programma della radio ei sta seritto: ai-

le 13,15 i Fratelli Edoardo e Peppino De Filippo parJeranno del loro primo amore. Allora, tutti quelli ehe hanno letto dieono: Ah, oggi Edoardo e Peppino De Filippo parJano alia radio ... ehe bellezza! Bisogna stare attenti a quando ineomineiano, rieordiamoei alle 13,15 di aprire la radio.

La dinamica, come eevidente, equella consueta di una spal-la che possiede e difende la logica coerente della situazione da-ta e di un comico che puntualmente, prendendola alla lettera, la fa esplodere; le modalita rimandano vagamente a quelle dei fratelli De Rege, torinesi e popolarissimi a quei tempi; la lingua, nonostante la cornicita immediata, e rigorosamente italiana. II racconto radiofonico prende il via con Eduardo che narra co-me, ventenne, esibendosi nei teatrini napoletani, conquistasse il pubblico nella parte di Amleto. Spietatamente Peppino gli fa da controcanto:

EDOARDO. Queste sono storie. Fatto sta ehe il pubblico napoletano mi ap-prezzava moltissimo per Ie mie uscite spiritose, quando recitavo nel-Ie commedie, rna dove mi apprezzava di piu era nelle tragedie. Quando reeitavo nell' Amleta per esempio, tutti piangevano. II pub-blieo delle poltrone piangeva, il pubblico del loggione piangeva... il pornpiere di servizio piangeva... la maschera vicino alia porta pian-geva ... rna chi piangeva piu di tutti ...

PEPPINO. Era I'impresario che aveva ineassato due lire soltanto.

Eduardo quindi spiega come il suo primo amore fosse pro-prio la sua partner shakespeariana, che rispondeva al nome di Concettina Scannagatte, la quale, per un incidente, a un certo punto si ritira dalle scene: cosi, visto che era la figlia del custo-de e abitava nel teatro, lui la raggiungeva dopo 10 spettacolo, ancora vestito con gli abiti da scena dei diversi personaggi che interpretava, e che cambiavano ogni sera, come voleva il re-pertorio del "teatro all'antica italiana".

EDOARDO. Ed eeeo la tragedia vera. Appena fu guarita, io Ie domandai: E adesso Concettina, dimmi la verita. Ti sono piaciuto di piu quando

Antonella Ottai

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ero Amleto, quando ero il Padrone delle Ferriere 0 quando ero D'Artagnan? ..

PEPPINO. E lei? EOOAROO. E lei mi ha risposto, che le era piaciuto di p iu vestito da

Pulcinella, eapisci? PEPPINO. No. EDOARDO. Come non mi capisei? Un infame, un lazzarone, approfittando

del fatto che Concettina era abituata a vedermi ogni sera con una faccia nuova, si era travestito da Pulcinella, sostituendosi a me ... e cosi la lasciai. E adesso racconta tu.

PEPPINO. Che devo raccontare? EDOARDO. II tuo primo amore. PEPPINO. Ah ... gia ... io, a quei tempi, come ricorderai, facevo la farsa nello

stesso teatro dove lavoravi tu. Una volta avevo sete, avevo appena fi-nito di recitare, entrai nella stanza del custode del teatro per farmi dare un bicchiere d'acqua quando mi vidi acchiappato e baciato da una donna che mi disse: «Quante sei bello vestito da Pulcinella». E io non sapevo che quella credeva che fossi tu ... tu mi devi perdona-re ... Edoardo .

EDOARDO. Ma allora sei stato tu! PEPPINO. Si, rna tu eapisei ... ero giovane... inesperto... Edoardo tu mi devi ca-

pire ... Estato quello il mio primo amore.

Quando i due fratelli si esibiscono in questo sketch, il "Teatro Umoristico" ha affrontato nel frattempo con grande successo alcune piece di Pirandello, Liola, tradotto nel 1935 da Peppino in napoletano e andato in scena all'Odeon di Milano, e soprattutto Il berretto a sonagli, tradotto nel 1936 da Eduardo e andato in scena al Fiorentini di Napoli; inoltre, di li a poco, ad aprile, andra in scena a Milano L'abito nuouo, frutto di una scrittura a due mani di Eduardo e Pirandello, scomparso alla fine dell'anno precedente. Proprio quest'ulti-rna prova, in cui Eduardo si e messo in gioco come autore accanto a Pirandello, sceneggiandone una novella, si e rive-lata molto delicata, e ha trovato Peppino particolarmente ostile: la diversa natura delle due personalita e dei rispettivi talenti comincia a diventare inconciliabile. Racconta signifi-cativamente Lucio Ridenti, direttore della rivista "II Dramma", che aveva preso a seguire con attenzione la vita scenica del trio, in un articolo ripubblicato nel 1961 suI "Radiocorriere Tv":

Eduardo dalla radio alla teleoisione

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Della prima recita milanese, all'Odeon, il ricordo e preciso: recitavano It berretto a sonagli di Pirandello in napoletano; la marea tardava ad avanzare da una platca stupita e, forse, pili attonita che amrnirata. «Che sta succe-dendo?»: che cosa stava accadendo? A un certo momenta della recita, Titina era in scena e i due fratelli la seguivano dalle quinte; ma non segui-vano lei: correvano dietro alia propria angoscia. Peppino soffriva scoperto: quel vuoto ovattato Ii raggelava; sembrava che il Signore stesse trasforrnan-do il silenzio in eternita. «Edua, Edua - balbettava Peppino - non ridono». L'intercalare scavava sempre pili. il volto de! fratello; alia fine, torcendosi Ie mani, Eduardo disse: «Statte zitto, che se ridono vuol dire che non ci piglia-no sui serio». Poco dopo, come avanti all'atterrita attenzione del "rniraco-10" napoletano di San Gennaro, que! gelD si sciolse e la marea Ii investi. Ne furono inondati per almeno tre lustri: ma ritirandosi, man mano, quella marea, lasciava sempre pili spazio tra di lora.19

Le diverse "vocazioni" di Eduardo e Peppino sono giocate in chiave comica anche all'interno di questa sketch, in cui un Peppino, Pulcinella della farsa, si comrappone alle pretese tra-giche di un Eduardo, improbabile Amleto. L 'abito nuovo non si e rivelato un successo e ha avuto pochissime repliche, rna il rapporto con Pirandello ha confortato e stimolato profonda-mente la ricerca drammaturgica di Eduardo. Uno spettacolo di rivista successivo, Lo specchio del mondo, di Bixio, Cherubini e Marchionne che va in seena I'll maggio 1937, due mesi dopo questo sketch radiofonico, non manca di restituirci come fos-sero visti i due fratelli De Filippo, che abbandonavano la pro-pria cifra consueta per impegnarsi nella drammaturgia piran-delliana. Siamo all'Esposizione Universale di Parigi:

QUEI DUE. (Peppino ed Edoardo entrano esitanti, mentre due clienti parla-no tra lora)

EDOARDO. (a Peppino) Trasi, Peppi, che abiassimo arrivati. PEPPINO. E questo sarebbe? EDOARDO. (con importanza) II Casino... PEPPINO. (guardando i tavoli) Aggio capito... Cesu, io non saccio come t'c

venuto in capo 'e me purta pe' fa vede ' I'Esposizione mondiale. EDOARDO. Peppi, tu rni a fa fa ... Noi abbiamo bisogno di emancipiarsi ... La

nostra arte non puo rimanere nel tiatro napolitano... PEPPINO. Pero abbiamo fatto nu passo avanti rappresentando Pirandello... EDOARDO. Oh, menu male che ti si apre la cervice... PEPPINO. Noi saremo grandi quanno riusciremo a rappresentare Dannunzio,

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Sem Benelli, Sakkespeare e Dumazze. EDOARDO. Peppi, tu si nu genio... PEPPINO. Nun aggio capito ancora pero che ci azzecca il teatro con questa

esposizione.... EDOARDO. Ma tu non sai che a Parigi e pili. una cosa teatrale che urr'esposi-

zione... Figurati che la Mistinguette e gghiuta fino all'America pe ' scri ttura artisti d'eccezione stile Novecen to ...

PEPPINO. Gia chissa quante cose possiamo imparare a Parigi... da questi co-mici internazionali.

EDOARDO. Questo e10scopo del nostro viaggio. PEPPINO. sara difficile 'e ce fa capi da sti francesi. EDOARDo. Nun ave' paura che I'italiano 10capiscono, e come! PEPPINO. Eppoi noi parliamo proprio la lingua madre... EDOARDO. Beh, assettiamoci, ingeriamo qualche cosa (si siedono e Peppino

batte sui tavolo per chiamare il cameriere). Statte queto, Peppi, nun stamrno mica a Napoli ... Qui ci vuole un po' di ristocrazzia... Adesso 10 chiamo io in frangese (Si pone due dita in bocca ed emette un fi-schio acutissimo).

La rivista va in scena al Teatro Valle di Roma - poco dopo la prima milanese di L'abito nuovo - con l'interpretazione di Renato Rascel e di due dei fratelli Maggio, Enzo e Dante, a cui spettano i ruoli di Eduardo e Peppino: la dialettalita cafona ed esasperata di "quei due" (come li voleva il titolo del film che Eduardo e Peppino avevano interpretato per Righelli nel 1934) cozza con le lora pretese letterarie, che, non ancora pienamente soddisfatte da Pirandello, Ii spingono fino a Parigi e finiscono con esporli al ridicolo che attende chi non si sa pili accontentare delle proprie origini e osa al di la di quanto la convenzione della scena contemporanea consenta.

In linea di massima dunque, se e vero che Mese mariana di Di Giacomo va in onda solo per I'interpretazione di Viviani, la frequenza radiofonica del "Teatro Umoristico" in quanto tale, in quanto compagnia e repertorio, non esiste. D'altra parte, ri-spetto agli interpreti, I'ElAR preferisce in generale addestrarne di propri e creare attori specificamente radiofonici, adatti a re-citare al microfono piuttosto che davanti a un pubblico-", ed evita quando puo, per ragioni che definisce "tecniche", regi-strazioni "in diretta" da teatro, nonostante vengano insistente-mente richieste dagli ascoltatori'". E comunque, anche se non

Eduardo dalla radio alia teleoisione 25

ci fossero state queste scelte, che pure consentivano diverse ec-cezioni, il dialetto negli anni successivi sarebbe stato un osta-colo difficilmente sormontabile. Mentre si definisce uno stan-

',;j

dard di teatro radiotrasmesso, legato ad alcune voci e ad alcu- ni moduli drammaturgici, i De Filippo, persi nella popolazio-

ne degli attori del momento, ascoltati dai ristoranti trasteveri-ni, 0 ai microfoni milanesi, alIa radio continuano a essere

identificati per le lora interpretazioni pili schiettamente corni-'J che: mentre tanto Liola che Il berretio a sonagli, nonostante la

lora origine dialettale e il successo che vi aveva riportato il "Teatro Umoristico", vanno in onda alIa radio con gli interpre-ti pili tradizionali, esistono soltanto, per Eduardo e Peppino prima, e quindi per Titina dopo, singole prestazioni che sfrut-tano e rilanciano la fama del trio. Quel trio che un articolo di Bertuettit", comparso sempre sul "Radiocorriere" del 1935, puo paragonare a una musica perfettamente concertata. Questa musica pero sulla radio non e mai andata in onda.

Il dopoguerra

Siamo ora negli anni cinquanta: alla guerra e alle sue trage-die sono subentrati altri problemi e, dopo gli entusiasmi della ricostruzione, si respira c1ima di guerra fredda; colpe latenti, atti sotterranei, paure inespresse, terrori non dimenticati in cerca di nuovi nemici sui quali investirsi popolano dei lora fantasmi la vita quotidiana. Cia dal 1944 la compagnia del "Teatro Umoristico" si e sciolta, e ciascuno dei suoi compo-nenti segue la propria inc1inazione: insieme con la nuova for-mazione "II teatro di Eduardo con Titina De Filippo", ha pre-so forma compiuta quella nuova drammaturgia a cui Eduardo aspirava da tempo, mentre Peppina a sua volta realizza i suoi progetti con una propria autonoma compagnia. Dopo i sue-cessi di Napoli milionaria!, Questi fantasmi! 0 Filumena Martura-no - per citarne solo alcuni - al clima sociale e politico con-temporaneo Eduardo dedica ora una nuova commedia, La paura numero uno (1950), dove ritroviamo in scena proprio la

Antonella Ottai

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radio; oramai divenuta centrale in ogni interieur prima di ce-dere il posto alla televisione, (he sta per cominciare la propria programmazione. La "paura numero uno" e la guerra, quella,

!- flihira,che e soprauuttotl ricordo di quella passata, ed epro-prio'li radio adiffonderla e ad alimentarla nei ritmi delle sue cronache. L'apparecchio ora e trattato da Eduardo come stru--mento di comunicazione di massa, come "altro potere", "voce di fuori" che prepotenternente si insinua dentro la vita quoti-dIana-aene famiglie medie italiane e ne alimenta le fobie. Se norCeplu un dispositivo d'eccezione per alternare i quadri di una rivista, e pero comunque un dispositivo finzionale, che ri-b':ll.taJa peripe'Zladei personaggi: per guarire il protagonista, Matteo Ceneroso, dalla paura di una prossima guerra, l'amico Andrea; mediante un microfono, ne mette in scena l'annun-cio radiofonico in mentre tutta la fami-glia'Sl raccoglie In ascolto. L'autorita prcpotente e

mezzo e della sua tecnologia viene cosi confusa e iffi'a11cIata da un espediente artigianale che riesce a impadro-nirsi del suo "verbo" con una vistosa contraffazione.

-Ma-se-Eduardo affronta ora un uso quotidiano piuttosto che un'immaginazione del medium, il suo teatro non ha anco-raavuto un incontro significativo con l'ascolto radiofonico. II dibattito sul rapporto Era radio e teatro nel frattempo i: anco-ra ben presente sul "Radiocorriere" COS1 come sono presenti a lora volta nella programmazione Ie diverse sperimentazioni del radiodramma. Un articolo di Vito Pandolfi segnala intanto al pubblico l'opera di figurazione che il teatro di Eduardo compie attraverso la realta della lingua parlata, «e quindi di natura dialettale che e sottofondo continuo del nostro teatro, fino a che non si formera nettamente una lingua parlata co-mune, dal Nord al Sud»23. Eduardo e andato oltre l'''umori-smo" e oltre il dialetto: il modo in cui si fa riferimento alIa sua personalita, al suo ruolo di autore, e distante anni luce da quello dei precedenti articoli: quella svolta annunciata dal paIcoscenico, prima del II atto di Napoli milionaria!, e stata pie-namente recepita dal pubblico e da una parte della critica: esiste ora con lui una lingua teatrale con la quale parlare in

Eduardo dalla radio alla televisione

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j scena la societa contemporanea. Questa lingua teatrale pero 1

non si fa ancora ascoltare dai microfoni della RAI. Due mesi

,ff dopo l'articolo di Pandolfi, in occasione del Natale, va in on- da, per la regia di Ernesto Grassi, Natale in casa Cupiello'": la

l trasmissione i: accompagnata da una dettagliatissima descri-

zione della trama sul "Radiocorriere", rna non figurano altre informazioni se non quella che la regia non edi Eduardo, rna di una figura con cui sicuramente questi ha avuto, e ha, rap-porti di collaborazione e amiclzia'".

I problemi che intercorrono fra il drammaturgo e la RAI, fra l'uomo di teatro e chi vuole in qualche modo riprodurre que! teatro, costituiscono una questione dibattuta: sono gli stessi problemi che si ripresenteranno quando, di li a poco, il mezzo non sara pili la radio, rna la televisione. Un articolo pubblicato sulla rivista "II Dramma" in questo periodo, risulta r.articolarmente illuminante in proposito e si riallaccia a una letrera nella rubrica del "Radiocorriere " dedieata agli ascoltatori. Scriveva un radioabbonato:

A quanti Ie hanno chiesto di mettere in programma una qualche com-media di Eduardo De l'ilippo, la RAJ ha fatto sapere che non ha la possibi-lita di farlo perche l'auore non 10consente. Sono certo che questo rispon-de a verita, rna purtuttaia mi permetto di insistere perche sono persuaso cne se la RAJ fa sapere 3.1De Filippo che vi e tanta gente che vive lontana dai grandi centri, e non pH'> recarsi a teatro, che sentirebbe volentieri qual-che sua commedia, e in paticolare la Filumena Marturano che tutti dicono un capolavoro, ho I'idea ch- il permesso 10 accorderebbe.

A tale richiesta la RAl replicava ehe proprio a proposito di questa commedia «ilgrande commediografo napoletano» ave-va espresso diviezo di trasmissione, Ma interviene a questo punto la re daz iane di "II Drarnrna ", spiegando che «Se Eduardo ha prabito ulla RAJ di trasmettere le sue commedie, e perche compagnie stabili della RAJ non .sonoin gra-do - e nonnOuebhero esseflo =di recitare al microfono quel-le commedie [ .. ] Eduardo non acconsentira mai perche non puo rovinare It sue cQriunedie alla radio [... ]»26, Non e solo quindi il fatto Iti rischiare il proprio pubblico teatrale per un

Antonella Ottai

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pubblico radiofonico, quanto piuttosto il fatto che Eduardo non intende cedere ad altri le proprie commedie; 0 meglio, non Ie vuole cedere a una tecnica standardizzata e omologan-te, che soffocherebbe la sua drammaturgia: se queste devono andare in onda, ci devono andare insieme alla sua regia e alla sua compagnia. E questo accadra il 10 gennaio del 1951, pro-prio can l'opera richiesta, Filumena Marturano'], Un bell'arti-colo di Guerrieri, che accompagna l'evento, ripropone e con-trobatte sul "Radiocorriere" le due questioni antinomiche che accompagnano il suo teatro, ovvero la dialettalita e il pirandel-lismo, la popolanita e l'intellettualismo:

Dire che Eduardo e dialettale significa dire che l'Italia e dialettale e non ha senso (oppure, se ha senso, ha ragione Eduardo a credere possibi-Ie, per ora, soltanto un dialetto per fare teatro in Italia). Dire che e pi ran-delliano vuol dire soltanto che Eduardo si e accorto di essere dialettale e cerca di uscirne. Tutto il suo teatro e un profondo, sincero, accorato sforzo di uscire dalla situazione dialettale28,

Figura forte del passato nel presente teatrale italiano, Eduardo eil suo teatro in modo inalienabile e la tradizione del suo mestiere si scontra con i sistemi di riproduzione tecni-ca e riesce a modificarli. Sono illuminanti in proposito gli ap-punti per la direzione che accompagnano e spiegano gli ap-proeci fra la RAI ed Eduardo stesso per produrre il primo cicIo di commedie in televisione mentre stanno per iniziare le pro-grammazioni del secondo programma (fino ad allora, per il programma nazionale, sono andate in onda solo le riprese in diretta da teatro di alcune commedie del suo repertorio):

Sin dai primi contatti esplorativi e ufficiosi avuti con il De Filippo, e emerso che l'autore-attore, per quanto tentato e lusingato dalla proposta di offrire al pubblico televisivo una visione panoramica della sua produzione teatrale (dalle iniziali farse e parodie aile ultime impegnate opere), teme di dovervi, suo malgrado, rinunciare perche ritiene improbabile un accordo con la nostra Societa sulla base delle richieste economiche che egli e co-stretto ad avanzare, considerando che il lungo periodo di tempo (15 ago-sto-3D novembre 1961) nel quale sarebbe da condursi a termine I'iniziativa televisiva, 10indurrebbe:

Eduardo dalla radio alla teletnsume

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- a ridurre di due mesi la durata del giro teatrale nella stagione lYbl-1962 con la forzata rinuncia aile consuete entrate e ai "rientri" accor-dati dallo Stato solo aile imprese capocomicali che agiscono per un mi-nimo di sei mesi;

- a rinunciare al riposo estivo-autunnale abitualmente da lui destinato al cinema e alia sua attivita di scrittore e di commediografo;

- a "bruciare" - e quindi a sacrificare l'utilizzazione scenica per un perio-do di almeno due anni -Ie opere pili rappresentative del suo teatro.

Virgolette e sottolineature stanno a indicare, al di la della progressione, la reale gerarchia delle motivazioni a sfavore dell'impresa. Raggiunta una reciproca soddisfazione economi-ca di costi e benefici, l'accordo finale prevede una soluzione assolutamente inedita per la RAI, ovvero che la somma conelu-siva ineluda il costa:

- di 107 giornate lavorative di tutta la compagnia e di Eduardo interprete; - di 8 regie; - di tutte Ie sceneggiature; - di 8 testi di presentazione aile serate e dell'eventuale redazione di "col-

loqui col pubblico" che potrebbero riempire, ove si ritenesse necessa-rio, alcuni dei 16 intervalli;

- della for nitura dei costumi; - della fornitura delle scene.

Un ulteriore appunto sottolinea che «nella lettera-eontrat-to si menzioni l'obbligo da parte sua di fornirci scene e costu-mi necessari all'allestimento degli spettacoli in questione». II controllo artistico della produzione - compagnie e maestran-ze - in questo modo e affidato interamente a Eduardo, il qua-le si accinge cosi a realizzare le sue commedie senza delegare agli studi neanche il singolo costume, 0 i singoli oggetti di see-na, senza cioe accondiscendere in nulla allo standard profes-sionale televisivo. Ma non solo: «I'autore-attore si accinge an-che, attraverso le otto regie, a raccontarsi, a ripercorrere la storia della sua incredibile carriera scegliendone le tappe si-gnificative». "II teatro di Eduardo" e allo stesso tempo, ogget-to e soggetto dei due cieli in cui si propone, e contempora-neamente "il teatro" e la "storia del teatro" di Eduardo.

Antonella Ottai 30

una stona esemplare cne corruncia nel teatro di varieta -in cui prestazione performativa e drammaturgia ancora coin-cidono perfettamente - e termina nella produzione pili re-cente, in una drammaturgia dove - se ancora coincidono scrittore, attore e regista - il testo ha acquisito un'autonoma scrittura d'autore e possiede oramai anche una propria vita letteraria. La prima trasmissione del cielo, infatti, di cui pur-troppo e andata perduta la registrazione, oltre a presentare la "macchietta" di Mangione, Signori, cruvatte, eseguita da Eduardo ai tempi delle Piedigrotte, contiene 10 sketch L'airoocato ha fretta che riprende uno schema di parodia musi-cale29 , applicato alle canzoni contemporanee. La scena si svol-ge fra un avvocato di grido che, come recita il titolo, ha molta fretta, e un eliente, al quale non riesce a sottrarsi, che ha il di-fetto della balbuzie, per ovviare al quale la segretaria suggeri-see di esprimersi cantando piuttosto che parlando. II eliente, Caianello (Eduardo), espone il caso:

CAlANELLO. Questo lazza ... za ... lazzarone del mio vicino... PRlOLI. Non parli canti. CAIANELLO (canta sul motiuo di Lazzarella). Illazzarone sapete che ha pensa-

to? Ha costruito un colonnato. E sapete dove l'ha piazzato? Proprio all'altezza del frutteto ... Cia.

PRlOLI. Ma ha costruito nei suoi confini? CAlANELLO. SI... rna ... un te ... te ... tete ... PRlOLI. Cantil CAlANELLO (canta). Un temporale ignobile con pioggia lampi e tuoni, un

vento pili implacabile scasso la costruzione. II colonnato debole so-spinto dal ciclone, mi ha frantumato gli alberi di aranci e di limoni.

PRIOLI. E non avete potuto raggiungere un accordo? CAIANELLO. Quello echia... chia... chiappo e mpiso ... Avvocca... Avvocca... Ca... PRIOLI (autoritario). Ho detto che deve cantarel CAlANELLO (canta sul motiuo di Tuppe tuppe Marescia). Avvocca questo si-

gnore e un malo guappo e mpiso... 10 per poco non l'ho ucciso. Voi l'avite a fa' arresta ... Se 10 merita avvocca ... Se 10 merita avvocca ...

PRIOLI (involontariamente canta anch 'egli sullo stesso motivo). Ma se andiamo in tribunale, senza prove e testimoni ...

CAlANELLO. Tutti gli alberi 'e limoni stanno lla, Edawero una pieta. Vuie l'avite fa' arresta, (Il telefono squilla di nuovo. Al telefono).

PRIOLI. Pronto... Niente affatto Signor Barone ... me ne guarderei bene di

Eduardo dalla radio alla teleoisione 31

prenaere III gIro rei. .. L.alma, calma... oro sune masse ... Scenrio SU-

bito. (Riattacca eriuolto a Caianello canta sul motiuo La donna e mobi-le) Ho l'autornobile che sta aspettando.

CAJANELLO. Allora quando debbo tornare? PRIOLI. Fra cinque giorni ... (Prendendo la borsa di pelle si avvia veno l'ingresso). CAlANELLO. Io torno apposta... E una risposta darete a me. PRIOLI. Causa a oltranza gli intendererno. CAIANELLO. Se vinceremo vi paghero. Vendetta ... ven ... ve ... vendetta (E

canta sul motivo dell'opera II Rigoletro) 51... vendetta... trernenda ven-detta! Di quell'anima il solo desio. Di punirlo gia I'ora s'affretta... II lazzarone punito sara.

PRIOLI. Ora partite! CAIANELLO. Eccomi come folgore scagliata dal cielo il mascalzone punito

sara! ... tNunzia apre la porta d'ingresso inchinandosi rispeuosamente a Caianello a al dollar Prioli, i quali escono cantando, in tono trionfale le ul. time battute del: "Si, vendetta").

Canzoni e opera lirica diventano ugualmente pretesto per intrattenersi con la memoria musicale del pubblico, inseren-dovi le proprie note corniche. Uri'eco lontana di una pratica parodica antica, utilizzata ad esempio ai tempi in cui Titina con Agostino Salvietti prima, e con Eduardo e Peppino poi, eseguiva al Teatro Nuovo di Napoli la parodia di Cavalleria ru-sticana, 0 di La Vedova allegra, rna anche come quando Scarpetta parodiava la Boheme 0 Petito I'Aida. Anche un sem-plice sketch ha una memoria antica e raffinata: la storia del teatro di Eduardo e storia moderna e contemporanea dell'in-novazione geniale di una tradizione remota, ed e da qualche anna che questa storia Eduardo la sta riscrivendo al teatro che ha appositamente acquistato e restaurato, il San Ferdinando.

Per concludere nelle sue linee generali la panoramica del percorso che porta il teatro di Eduardo in televisione, con gli svi-luppi e gli aspetti problematici che saranno analizzati altrove, occorre prendere brevemente in considerazione anche quella scrittura pensata in funzione dram;n"afui-gia: alIa fine degli anni cinquanta Ed.:tl<lrdo scrive e realizza infat-ti un radiodramma, Dolore sotto chiave (195&-:59)', T>resentato al Premio Italia, mentre, durante il suo primociclo in televisione gia pensa a uno sceneggiato, Peppino Cirella (1963), tratto da una

Antonella Ottai 32

novella di Isabella Quarantotti, e che andra in onda in sei punta-teo \!istoche"aobiamo privilegiato in questa sede quella parte del

percorso che indugiava piuttosto nella radio, e visto che 10 sce-neggiato meriterebbe un discorso a parte, soffermiamoci sul ra-diodramma, che solo successivamente viene adattato per Ie sce-ne dalla versione originale-". II dramrna tratta, come e noto, del decesso di una donna, avvenuto diversi mesi addietro, che viene temuo'nascosto'-al manto della defunta dalla sorella di questi, Iyet 'ne sa.rebbe co11.seguito. II dialogo si consuma soprattutto fra sorella e fratello - Titina ed Eduardo -, e, sullo sfondo, il consueto popolo dei casigliani. Riguardando a posteriori la programmazione di prosa del mese in cui va in Oil-

da Dolore sotto chiave, suI programma nazionale, per quello che oggi possiamo attribuire solo a una coincidenza, abbiamo diver-se novita radiofoniche che svolgono il tema di morti che parteci-pano, in qualche modo, di una finzione: dal Pantografo, di Luigi Squarzina, dove occorre allestire una messinscena della morte di un operaio diversa da quella reale per consentire alIa famiglia di riscuotere un'indennita che altrimenti non le sarebbe s1414 ri-conosciuta, aLe etichette31 , di Paolo Levi, dove il protagonista ha finto la propria morte per ricominciare una vita diversa, meno incasellata della precedente. In tutte queste piece c'e un'accen-tuata orchestrazione sonora e una decisa predominante di ester-ni, strada, ferrovie, fabbriche, vocalita diffusa; prevale, in altre parole, un carattere epico e narrativo, reso evidente dalIa pre-senza della prima persona che ricorda e raccorda fra loro i di-versi episodi e i luoghi e i tempi che Ii ambientano. Anche Dolore sotto chiave e pens<ito in termini "acustici" e, senza alcuna appros-simazione, i piani sonori si avvicendano nel dramma: voci, passi, silenzi, oggetti che si spostano, avvicinamenti e allontanamenti mettono in essere l'azione vera e propria rafforzandone pero quell'idea di teatro "da camera" che l'informa:

Siamo nell'androne di un palazzo di una via secondaria di una qualun-que citta d'ItaIia. Atmosfera stradale in secondo piano. Le voci dei perso-naggi che agiscono nella parte iniziale di questa scena devono essere alona-te per evocare, in chi ascolta, l'arnbiente ampio e sonora dell'androne-t".

Eduardo dalla radio alia teleoisione 33

I

Eduardo non viene meno alla sua poetica: mentre la "qua-lunque citra dItalia" sposta l'area linguistica piutrosto verso l'area nazionale, anche in questa caso , cioe, dove la visione non e obbligata a seguire e a coincidere con il raggio d'azione del palcoscenico, e ancora la parola teatrale, il suo ritmo, la sua vocalita, la sua gestualita, la logica della sua sintassi a ge-nerare e a determinare l'evento drammatico. Bugie, finzioni, sotterfugi stanno tutti dentro i toni della voce, i suoni dei si-lenzi: «Queste battute devono essere recitate con una voce ca-rica d'affanno e con pause volutamente errate», raccomanda la didascalia del radiodramma, quando vuole dare segnali sen-sibili di quella recita dei buoni sentimenti che e poi tutta la peripezia della vicenda. Insomma, e comunque ancora la drammaturgia teatrale a produrre quella radiofonica, dispo- nendosi e dislocandosi, attraverso accorgimenti acustici, nella spazio ideale di un palcoscenico, articolato per piani sonori; e sara poi il teatro, appena possibile, a produrre televisione, rendendo percepibile all'orecchio 0 all'occhio di un ascolta- tore 0 di uno spettatore lontano quello che a volte il teatro puo perdere 0 confondere, il volume di un sussurro, la mobi- lita di un'espressione. Non importa allora andare a cercare al- trove quella peripezia che e gia tutta contenuta nelle minuzie del tempo e della spazio che abitiamo: e se il medium utilizzato perde 10 spettatore e la sua presenza attiva, che amplifichi al-lora almena l'attore e la sua tradiziane espressiva.

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( I J:duardo De Filippo, Ogni an no punto e da capo, Einaudi, Torino 1971. II tesn, '--- - -.. .. rielabora, insieme ad altri sketch, una sua rivista degli anni trenta, E ani.

Wto'«) trentuno a cui fa riferimento la scena riportata, f. 2 Marinetti fa uscire nel 1933 un Manifesto futurist a della radia [sic], ne! quale so-I

medium.' , . "Radiocorriere", n. 50, 30 novernbre-f dicembrel929.

4 L'anno successivo alia registrazione, anche Eduardo e Peppino avrebbero reci-tato nella stessa compagnia.

5 Cfr. Storia di tre umon'sti, conversazione con Lucio d'Ambra, in "Radiocorriere", n. 45, 5-12 novembre 1933 (pp. 107-II2 del presente volume) e , quindi, successiva-mente, Lucio d'Ambra, Tre umoristi del teatro, i De Filippo, "II Drarnma", dicembre 1933. La conversazione era andata in onda a meta ottobre e «il "Radiocorriere", nel-l'intento di lasciar traccia di quanto verra detto di eccezionale negli auditori del no-stro e degli altri Paesi, riprodurra in tutto 0 in parte i testi di quei discorsi 0 di quel-Ie conversazioni che mentano di essere ricordati ».

6 Onorato era, fra l'altro, uno dei collaboratori di "Radio Orario", come si chiama-va aile origini il "Radiocorriere". Inoltre all'epoca aveva pubblicato gia Pupoxzi. Cari-cature del teatro di prosa, Maia, Milano 1930, e Nuevo per queste scene, Cappelli, Bologna 1931.

7 Ma questa scoperta sara addirittura oggetto di contestazioni da parte di Mario Intaglietta, che, nella successiva pubblicazione dell'articolo su "II Dramma", inter-viene rivendicando di essere stato il primo ad aver parlato dei De Filippo.

8 D'Ambra aveva gia mandato in scena Il granatiere di Pomerania nel 1924, e pro-prio al Teatro Sannazaro di Napoli, con la compagnia di Antonio Gandusio.

9 La commedia non arriva aile scene probabilmente a causa di finanziamenti ve-nuti a mancare. II carattere del testo, in costume e corale, avrebbe richiesto, d'altra parte, un notevole impegno economico per la realizzazione.

10 Cfr. in proposito Paola Quarenghi, Lo spettatore col binocolo. Eduardo De Filippo dalla scena allo schermo, Kappa, Roma 1995, p. 13.

II Titina avra modo poi di ritornarci tanto in radio (1956), che in te!evisione (1960): anzi, e proprio con questa piece che fara la sua ultima comparsa in pubbli-co, con urr'interpretazione indimenticabile, che spegne i toni e intensifica Ie espres-sioni fino al punto di ereare urr'aura emotiva alia quale e impossibile sottrarsi.

12 Casalba, Viviani al microfono, in "Radiocorriere", n. 18, 29 aprile-6 maggio 1934.

13 Cfr. "Radiocorriere", n. 6, 3-9 febbraio 1935. I "monologhi" durano circa die-ci minuti e vanno in onda per tre sere successive aile 20,15, offerti dalla Societa Cisa-Rayon. All'interno dello stesso programma, fra gli altri, vanno in onda il mese sue-cessivo Toto e Milly e 10 stesso Viviani. Da notare che per tutta l'epoca fascista Eduardo viene scritto Edoardo.

14 Cfr.: «Carissimo Massimo, sono certo che non mi terrai il broncio e non ti me-raviglierai se non ti avevo seritto ancora. Fra la prova e la recita io sono sempre cosi preso, che riesco poco a curare la corrispondenza personale, specie quella a cui ten-go di riscontrare personalmente! Inoltre, come saprai a prove, Milano lascia poco tempo per il riposo, I ricevimenti nei circoli di cultura, al pomeriggio i the, le conver-sazioni alia radio e tutte Ie altre cure della giornata finiscono per mandarti a letto nelle ore piccoIe in condizioni tutr'altro che propizie. Ecosi che io, nonostante tuna la buona volonta, e pur avendo messo nel cartellone di Milano La bOt/ega del [abbro [sic], non sono potuto andare avanti nella stesura del lavoro, e orrnat vedo che per questa volta non se ne puo far di nulla. Devo assolutamente ne! prossimo anno comi-co rinnovare tutto il repertorio, e a cia bisogna che dedichi almena un paio di mesi

Eduardo dalla radio alla teleuisione

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estivi. Sara allora che mettero fine alla tua commedia ["']'" Lettera di Eduardo a Bontempelli, 10 febbraio 1935, conservata presso il Gabinetto Vieusseux, Firenze.

15 A essere coinvolti nei programmi radiofonici sono pero soprattutto Eduardo e Peppino, mentre Titina trovera un proprio spazio solo nel 1942, quando si esibira in uno sketch in coppia con un antico compagno d'arte, Agostino Salvietti, che alla fine degli anni venti era state suo partner nelle riviste del Teatro Nuovo. I due attori si esibivano a Radio Igea: Salvietti faceva I'eterno ammalato e Titina la moglie pa-ziente e brontolona.

16 Qualche mese pili tardi, per il giugno radiofonico, i due fratelli partecipano" ancora a serate a sorpresa, e si esibiscono, questa volta, "nel pili arguto dei dialetti, iI napoletano", da una trattoria trasteverina, che condividono con Odoardo Spadaro e Raffaele Viviani. .

17 Peraltro i testi per Renzo Ricci, 0 per Enrico Viarisio, Ii scrive direttarnente Alberto Casella, a differenza di quello di Melnati 0 dei De Filippo, che si scrivono i testi da soli.

18 AC.S., M.C.P., Direzione generale Teatro e Musica, Ufficio censura teatrale 1931-44, b. 575/8046.

19 Cfr. Lucio Ridenti, Eduardo com'e, in "Radiocorriere Tv", n. 1, 31 dicembre 1961-6 gennaio 1962, pp. 128-132 del presente volume.

20 «Un attore che sia abituato a recitare davanti a un pubblico e con l'aiuto del-le infinite sensazioni che gli procurano Ie scene, i lumi, il contatto diretto con mille sensibilita, non puo perfettamente recitare davanti al microfono, ove tutto deve es-sere profondita di tono, creazione e distribuzione di vocalita e potenza incisiva di espressione unicamente adatta alia parola- (Angiolo Biancotti, Teatro radiofonico, in "Radiocorriere", n. 13,23 -29 marzo 1934).

21 Vi sono in proposito numerose richieste nelle lettere pubblicare suI "Radiocorriere": «Si tratta di convincere I'illustrissimo signor Microfono a ficcar 1'0-recchio (Lui che 10 ficca ovunque) anche al Quirino, all'Odeon, all 'Argen tina, dove De Sica, Tofano, la Rissone, interpretano Ie spassosissime commedie falconibiancoli-niane lsi tratta del repertorio brillante a firma Dino Falconi e Oreste Biancoli]». Lettera proveniente da Siracusa e firmata La Mauritana, in "Radiocorriere", n. 52, 20-26 novembre 1934.

22 Cfr. Eugenio Bertuetti, Ritratti quasi veri. [De Filippo, in "Radiocorriere", n. 18, 28 aF:rile-4 maggio 1935, pp. 113-115 del presente volume.

3 Cfr. Vito Pandolfi, Teatro di Eduardo De Filippo, in "Radiocorriere", n. 44, 3-9 ottobre 1946, pp. 116-117 del presente volume.

24 Natale in casa Cupiello va in onda nel 1946, in occasione del Natale, aile 17,30. 25 Uno dei successi della stagione 1933-34 del "Teatro Umoristico", al Sannaza-

ro di Napoli, era stata una commedia di Grassi, allora giornalista di "II Mattino", Venti-quattr'ore di un uomo qualunque. La collaborazione avrebbe dovuto proseguire con al-tre piece, che pero non si realizzarono. Grassi partecipa poi come sceneggiatore ad alcuni film dei De Filippo.

26 In "II Dramma", n. 67, seuernbre 1949. 27 Andata in onda sulla rete rossa il 1Q gennaio 1951. 28 Cfr. Gerardo Guerrieri, Jl teatro di Eduardo. "Fiiu mena Marturano ", in

"Radiocorriere", n. 1, 31 dicembre 1950-6 gennaio 1951, pp. 118-121 del presente volume. AII'inizio degli anni sessanta, Eugenio Ferdinando Palmieri e Federico Zardi propongono, attraverso un cicio di comrnedie rappresentative dei diversi dia-letti, che non si parli pili di "teatro dialettale", rna di "teatro in dialetto": cfr. E. Ferdinando Palmieri-Federico Zardi (a cura) , Jl teatro in dialetto, suppl. al "Radiocorriere Tv", n. 49, 1960.

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29 Lo sketch L'airoocato ha fretta, di E. Lubrano, era andato in scena la prima vol-ta iI 7 marzo 1931 al Cinema Moderno di Roma con il "Teatro Umoristico".

30 La versione teatrale, oltre a tradurre in termini visivi la parte pili specifica-mente acustica, modifica sensibilmente il finale, facendo correre sorella e fratello al-Ia stazione per fermare la partenza dell'amante di questi, mentre la versione radiofo-nica conclude sui due che, inginocchiati in preghiera, si contendono l'ascolto del Signore.

31 Le etichette, di Paolo Levi, va in onda sabato 5 dicembre 1959 aile ore 21 suI programma nazionale; Dolore sotto chiaue, di Eduardo De Filippo, va in ouda sullo stesso programma sabato 2 gennaio 1960 e Jl pantografo, di Luigi Squarzina, sabato 30 gennaio 1960. . .

32 Cfr. Dolore sotto chiave, di Eduardo De Filippo, copione depositato per la Censura, AC.S, M.T.S., Direzione generale Spettacolo, Revisione Teatrale 1946-62, b.18470.

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Eduardo dalla radio alia teleuisione

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mezzo del mattino, in maniera da poter esaurire il nostro compito e il suo in particolare nel giro di tre 0 quattro ore. Puntualissimi tutti gli attori, lui prima di tutti, mancava solo un attore, il famoso Ugo D'Alessio che lui stimava moltissimo, che pero era un po' ribelle. Tutti eravamo presenti, era passa-ta circa mezz'ora e Ugo D'Alessio non si vedeva. Non potendo usufruire di un numero maggiore di ore, Eduardo a un certo punto disse: «Cominciamo, che dobbiamo fare», e dette il via alla registrazione. E la compagnia ando a registrare la comme-dia. Il tempo passava e il ritardatario non si vedeva. Eduardo stava visibilmente montando dentro di se una certa ira e si ar-rabbiava nei confronti delI'assente rivolgendosi ai presenti. E quando l'assente finalmente, con una faccia tosta pili unica che rara, entro nello studio, Eduardo rivolgendosi malamente a lui gli fece un cicchettone di quelli tremendi, gliene disse di tutti i colori ed era un cicchettone sentito a tal punto che Ugo D'Alessio rimase istupidito. E lui incalzava ancora guardando-10 negli occhi: «E inutile che fai questa faccia, ttl hai sbaglia-to». E gli rinfacciava questo comportamento come se fosse un tradimento alla commedia alla quale lui partecipava e inventa-va, attimo per attimo, situazioni che potessero essere agevol-mente in serite nel contesto, a tal punto che la durata comple-ta dell'opera venne a essere maggiore di trentacinque-quaran-ta minuti. Ed erano tutte invenzioni di una sapidita infinita, di un divertimento folle, e lui fu contento di questo tant'e vero che dopo la registrazione mi disse: «Mi devi consentire di rile-yare tutte le cose che sono state dette per inserirle nella rap-presentazione teatrale che sto continuando al Teatro Qui-rino» [oo.J.

* Questa intervista si e svolta nellestare del 1999 - in occasione della produzio-ne di un cicio di trasmissioni del teatro di Eduardo in onda su RAJ SAT per il cente-nario dell'autore (prefazioni e postfazioni aile commedie di Isabella Q. De Filippo, Ferruccio Marotti, Paola Quarenghi e Antonella Ottai) - tra il prof. Ferruccio Marotti, Ordinario di Storia del teatro e della spettacolo presso l'Universita "La Sapienza" di Roma e Maurizio Ferrara, dirigente deJ secondo canale della RAJ all'e-poca in cui Eduardo accetto di portare il suo teatro in televisione.

Ferruccio Marotti interuista Maurizio Ferrara

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Paola Quarenghi

IL PERSONAGGIO ASSENTE: IL TEATRO DI EDUARDO

NEI DOCUMENTI AUDIOVISIVI*

L a poliedricita della figura di Eduardo, cioe il suo essere, insieme, attore, autore, regista, oltre che direttore delle

sue compagnie, rende pili complesso il riferimento ai docu-menti (nel caso specifico, ai documenti audiovisivi) relativi alla sua arte, che dovranno anch'essi essere considerati nella lora multipla valenza di documenti relativi all'attore, all'autore, al regista teatrale e/o, di volta in volta, televisivo, cinematografi-co, ecc. 11 caso di Eduardo e, poi, anche quello di un artista di teatro che molto presto e con sorprendente lungimiranza si i: posto il problema dei media e della loro capacita di conserva-zione e diffusione di massa del messaggio artistico.

Abbiamo i film da lui interpretati, sceneggiati, diretti, molti dei quali sono tratti da opere teatrali sue 0 di altri autori gia in-terpretate in teatro '. Abbiamo le varie edizioni televisive delle sue opere, che per la prima volta con lui la Tv diffuse in cicli, registrate e trasmesse nell'arco di oltre vent'anni-, in un rap-porto segnato dall' evolversi delle tecnologie e dal trasformarsi dei sistemi e delle tecniche di realizzazione, oltre che da una consapevolezza sempre pili matura da parte di Eduardo circa gli scopi da perseguire. E abbiamo i video, in gran parte realiz-zati nel corso dellavoro all'universita negli ultimi anni, che co-stituiscono documenti tanto pili preziosi quanto pili rari".

La quantita delle immagini che ci restano di lui e notevolis-sima e distribuita nel tempo e nelle varie fasi della sua vita e E.

questo costituisce senz'altro uno straordinario patrimonio do-cumentario per 10 studioso. Proprio come nel caso dei docu-

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menti tradizionali, anche per quelli audiovisivi e importante, pen), capirne la destinazione, l'uso, le finalita, la tecnica di realizzazione, tanto pili influente sugli esiti finali quanto pili complessa; e capire quali sono i limiti, i vuoti, le lacune di ogni singolo documento rispetto al suo referente perduto, che non e un oggetto, l'attore, rna qualcosa di assai pili com-plesso, l'evento teatrale.

La casa dell'attore

Se si fa il conto delle scene in esterni - veri esterni - che si incontrano nei film che Eduardo ha tratto da sue opere tea-trali, si vedra che esse rappresentano un numero molto esi-guo. E che i paesaggi e le situazioni descritti in queste scene sono spesso un po' fittizi e i personaggi e gli attori vi si rnuovo-no a disagio.

Anche facendo cinema, Eduardo non e riuscito quasi mai a dimenticare il teatro, non ha voluto dimenticarlo. Intendo, pri-ma di tutto, il teatro come spazio, un elemento forzatamente trascurato nei documenti audiovisivi di teatro, rna, almeno nel caso di Eduardo De Filippo, un elemento molto importante. Per lui la quarta parete esiste, non come convenzione del tea-tro naturalista, rna come demarcazione netta, anche se impal-pabile fra due mondi, quello dell'attore e quello della spettato-reo Nei ricordi di Eduardo questa parete si manifesta prima di tutto come percezione fisica, come la sensazione di un muro di luce attraverso il quale arriva all'attore 10 scrosciare dell'ap-plauso del pubblico. II ricordo e remoto: risale a quando, bam-bino, per la prima volta in scena, si trovo a recitare, con la com-pagnia di suo padre, la parte di un giapponesino nella parodia dell'operetta La Geisha e un attore dovette sollevarlo e mostrar-10 al pubblico. Eduardo ha insistito in diverse occasioni sull'i-dea di un attore la cui natura, sociale soprattutto rna non solo, ediversa da quella degli altri uomini. II muro di luce che segna il confine del boccascena e la parete che separa questi due mondi: da una parte l'attore, dall'altra il pubblico. E la diffe-

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renza e anche una differenza di natura spaziale: all'attore e ri-servato - e non solo sulla scena - uno spazio, un posto diverso.

Addirittura la sua percezione della realta e diversa, se Eduardo fa dire all'attore Campese, protagonista di un suo la-voro, L'arte della commedia, che puo essere considerata il mani-festo della sua poetica teatrale:

Eccellenza - Campese si rivolge al Prefetto -, quando cammino per Ie strade e mi capita di battere due 0 tre volte il piede in terra perche mi si e attaccato qualcosa sotto la scarpa, mi sorprende sempre il fatto che quei colpi battuti non producano 10 stesso rumore di quando batto il piede sulle tavole di un palcoscenico; se tocco con la mana il muro di un palazzo, un cancello di ferro, una statua di marmo, una quercia secolare, 10 faccio sem-pre con estrema delicatezza e con la sensazione di avvertire sotto Ie dita la superficie della carta 0 della tela dipinta,

La scena e un mondo, complementare e necessario al mon-do reale - questo e del restoanche l'assunto della commedia - rna separato, con le sue regole, i suoi codici, i suoi principi di realta diversi da quelli del mondo di fuori. E l'attore che questa scena frequenta finisce per sviluppare una sensibilita e addirittura una capacita di percepire la realta diverse.

E ancora Eduardo ha ribadito questo concetto in un afori-sma: «La mia vera casa e il palcoscenico, la so esattamente co-me muovermi, cosa fare; nella vita sono uno sfollato-".

f E cio che e pili difficile restituire nei documenti audiovisivi

di teatro non e tanto l'oggetto (l'esibizione di un attore in scena, 0 10 spettacolo), ma la complessita della relazione che e alla base del teatro: quella fra scena e sala, fra attori e pubbli-co come abitanti di due mondi distinti e complementari.

Fissare cio che cambia

Eduardo e uno dei pochi uomini di teatro del Novecento che siano restati fedeli a una pratica oggi ormai quasi dovun-que abbandonata: quella della compagnia come struttura rela-tivamente solida e quella del repertorio come bagaglio, patri-

Il teatro di Eduardo nei docu menti audiovisivi

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1

monio, in senso artistico e anche commerciale della compa-gnia stessa. Prendiamo ad esempio una delle sue commedie pili famose: Natale in casa Cupiello. Nasce nel 1931 e viene mes-sa in scena suI palcoscenico del cinema-teatro Kursaal dalla compagnia del "Teatro Umoristico I De Filippo" come atto unico da avanspettacolo. Poi, per la stagione al Teatro Sannazaro, Eduardo vi aggiunge un atto, il I dell'attuale ver-sione. II III atto, che cambia notevolmente il carattere della commedia imprimendole una svolta pili tragica, viene scritto nel 1934. Natale in casa Cupiello e una delle commedie pili for-tunate dei De Filippo e ogni anna viene messa in repertorio. Vi rimane fino allo scioglimento della compagnia del "Teatro Umoristico" e sara ripresa da Eduardo per diverse stagioni, negli anni cinquanta, sessanta, settanta,

Leggendo Ie cronache che recensiscono Ie prime edizio-ni del lavoro si ha l'impressione che i critici si siano trovati di fronte a un canovaccio imbastito attorno a motivi quasi farseschi; una com media di poco valore, rna resa irresistibi-Ie dall'arte comica dei suoi interpreti: Eduardo e Peppino. Leggendo la recensione di Cesare Garboli all'ultima edizio-ne del 1976, pero, si ha l'impressione che egli abbia assisti-to a ben altro:

Col tempo questa grande commedia ha imparato (ed era naturale) a "citarsi". E diventata una commedia che si guarda, che osserva se stessa. Oggi Eduardo la recita lasciando che infinite variazioni, come tropi di un antifonario, fioriscano al margine del testo. Uccide il copione e 10 fa rina-scere, improvvisando, salivando Ie battute e rallentando i ritmi della "show" fino a "non recitarli", pago del teatro che si manifesta ugualmente, radiosa-mente, nella sua taciturna presenza''.

II vecchio canovaccio e diventato una grande commedia, rna tanto familiare al suo autore-interprete che egli non ha pili nemmeno bisogno di recitarla. «Ogni volta che sale sul palcoscenico, Eduardo uccide la recitazione», dice ancora Carboli''.

Come si puo dunque pensare che una commedia (e con es-sa l'attore-autore che l'ha portata in scena) che ha avuto vita

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COS! lunga, che si e arricchita del contributo di tutti gli attori che l'hanno interpretata e che si e presentata ai suoi spettatori in tante forme diverse, possa trovare in un unico, pur perfettis-simo documento, il suo specchio, la sua immagine fedele?

II teatro da all'attore - e al regista, e all'autore -la possibilita di cambiare e Natale in casa Cupiello e la prova pili evidente di questa possibilita in atto. Le stesse chances non sono offerte al ci-nema 0 alIa televisione, che inevitabilmente fissano, in una sia pur relativa eternita, quel teatro che secondo Eduardo deve in-vece cambiare, evolversi con l'evolvere della vita che non ha fi-ne. In questo senso e gia importante che Eduardo abbia avuto la possibilita di lasciare due edizioni televisive diverse di questa commedia, una registrata nel 1962 e l'altra nel 1977, interpreta-te dagli attori della sua compagnia che dava, negli stessi anni, il lavoro in teatro. A un confronto fra i due documenti risulta gia chiaro almeno questo: che il documento audiovisivo di Natale in casa Cupiello non esiste; esistono due frammenti, piuttosto diversi fra lora e, in questa lora diversita, entrambi preziosi, di un calei-doscopio la cui forma definitiva non si puo afferrare 0 fissare.

Lo spettatore di cartone

II terzo personaggio assente, lit grande assente, nei docu-menti audiovisivi di teatro e il pubblico. E se evero che una si-mile mancanza costituisce un problema in assoluto nel caso di questo tipo di documenti, loe particolarmente per quelli di Eduardo. Non e una metafora dire che nel suo teatro il pub-] blico eun personaggio. \

In Questi fantasmi! il pubblico viene investito del ruolo del professor Santanna (<<anima utile, rna non compare mai», di-ce la didascalia), un dirimpettaio ficcanaso con cui Pasquale, il protagonista, si intrattiene al balcone in lunghi conversari tenendolo al corrente delle proprie abitudini e delle proprie complicate vicende domestiche.

Eduardo afferma di aver ripreso la vecchia forma scenica dell"'a parte" in cui l'attore abbandona momentaneamente

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:

.

Ir' 11'

l'azione scenica per rivolgersi direttamente al pubblico, e di averla aggiornata coinvolgendo in qualche modo il pubblico nell'azione e attribuendogli la funzione di un vero e proprio personaggio. Oppure si puo pensare a Gli esarni non finiscono mai, costruita come un monologo-dialogo del protagonista con gli spettatori, il racconto di una vita, tanto sincero che non c' e pili bisogno di trucco: baffi e barbe finte possono sta-re tranquillamente appesi, a solo scopo indicativo, al bottone della giacca di Guglielmo Speranza (0 di Eduardo?).

Un'immagine molto affascinante del rapporto attore-pub-I !

, blico Eduardo ce l'ha Iasciata nel finale del II atto della Grande ! i- rnagia, quando Otto Marvuglia, il prestigiatore, forza Calogero

ad attraversare l'invisibile muro che 10 separa da queI mare meraviglioso che e il pubblico di fronte a lui, per un atto di co-munione che resta impossibile, perche in questo mare non c'e una goccia d'acqua, rna mille braccia che respingono in mezzo alIa scena colui che cerca di tuffarvisi. Due elementi, l'attore e 10 spettatore, dalle nature inconciliabili; rna e proprio dal gio-

F

I co contrastante di questa relazione che nasce il teatro. Cosa resta di questo gioco attore-spettatore nei documenti

audiovisivi del teatro di Eduardo? A questo punto e necessario 1 riconoscere la diversa natura di tali documenti. Nel caso di i

I

Eduardo la casistica e molto varia, vista la sua lunga frequenza con i sistemi audiovisivi di ripresa. Ma per semplificare si pos-sono dividere tutti i documenti che ci ha lasciato in due gran-di blocchi: quelli registrati 0 filmati in presenza di pubblico e quelli in cui il pubblico e assente. Questo problema della pre-senza 0 meno degli spettatori al momenta delle riprese, que-sta alternativa fra il teatro e 10 studio e un po' l'eterno dilem-ma che si e presentato fin dall'inizio a chi ha voluto intrapren-dere questo tipo di operazione. Nelle primissime trasmissioni !

W televisive della RA:r in diretta da teatro, il pubblico c'era, rna,1 forse per la rudimentalita delle tecniche impiegate, quello

''-.l-che finiva per scomparire era l'attore, ridotto aIle dimensioni di poco pili che un punto nel mare di grigi del piccolo scher-mo. Per la realizzazione dei primi grandi cieli del teatro di Eduardo in televisione la scelta e invece pili radicalmente in-

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,-., .'1'

dirizzata verso un prodotto specificamente televisivo. Le com-medie vengono girate in studio, con una tecnica gia impiegata per la realizzazione degli sceneggiati Tv: una scenografia a pili ambienti, riprese con diverse telecamere che si muovono davanti e attorno agli attori, uso di controcampi, creazione di esterni, sia pur rudimentali. II pubblico non c'e. Quello che viene valorizzato e il gioco degli attori, ripresi singolarmente 0

a piccoli gruppi; soffrono invece, come e ovvio, le azioni cora-li e d'insieme, sacrificate dalla difficolta di realizzare i totali e dalla lora sostanziale inefficacia: gli ambienti sono grandi rna ingombri e Ie dimensioni della schermo sono piccole. Gli at-tori, che di soli to sono gli stessi della compagnia teatrale di Eduardo, si muovono un po' a disagio in ambienti COS! diversi da quelli del palcoscenico, nonostante le scenografie e gli og-getti di scena non si allontanino poi molto da quelli del tea-tro. Diversa i: la qualita dei materiali, diverso e 10 spazio, in-gombro fra l'altro delle macchine e affollato dei tecnici che durante l'azione Ie manovrano e che spostano, quando occor-re, certi oggetti, certi mobili di scena; e, anche se il modo di recitare degli attori non cambia molto rispetto a quello del teatro e se gli atti vengono ripresi, per esigenze tecniche, tutti interi, senza interruzioni, diversa e la resa delle loro interpre-tazioni, spesso ancora troppo teatrali, troppo finte di quella tecnica che in scena diventa naturalezza, rna che di fronte al-l'impietoso obiettivo delle telecamere rivela l'artificio, pro-prio quando si pretenderebbe di far credere al pubblico che quella e la realta. E poi manca, come si e detto, il gioco con 10 spettatore. Vediamo allora cosa resta, di questo gioco, proprio in a1cune delle scene ricordate poco fa. Quando Otto Mar-vuglia, il prestigiatore della Grande magic; parla del mare all'i-nizio del I atto, sullo schermo televisivo compare in soggettiva l'immagine di un mare di repertorio. II telespettatore, pur senza capire il senso di questo snaturamento, avverte di fronte a quel mare la sensazione di un tuffo in una dimensione estra-nea; sensazione dovuta forse anche al contrasto fra la diversa natura delle due immagini: quella piuttosto £inta degli attori truccati e delle scene ricostruite in studio, e quella troppo ve-

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ra di un qualsiasi vero mare. AI finale del II atto succede una cosa ancora pili curiosa. Eduardo sembra suggerire al telespet-tatore una lettura "politica" del testo, identificando la figura di Calogero Di Spelta, irretito da Otto, con quella del borghe-se, conservatore, pavido e pronto a farsi ingannare dai trucchi di politici e governanti. Calogero, affascinato dalle parole del prestigiatore e suggestionato dal sonoro di un disco che ripro-duce i clamori e gli applausi di una folla osannante, dovrebbe vedere il mare, e invece la silhouette si staglia, con un effetto creato da una tecnica piuttosto rudimentale, contro un fonda-le in cui compaiono in proiezione immagini che ricordano le tristemente famose adunate oceaniche. La sensazione di estra-neita e di contrasto di queste immagini con quelle della situa-zione precedente e ancora pili forte. Ma rileggendo attenta-mente il testo, 0 vedendo la commedia a teatro, si puo scopri-re che que1 rudimentale effetto di eroma-key serve soprattutto a mascherare un'assenza: quella del pubblico. Einfatti davanti al pubblico-mare che si perde, in beata contemplazione, l'at-tore sulla scena e sono ancora gli applausi veri di quello stesso pubblico-mare che si mescolano ai finti applausi del disco, rafforzando COS! l'illusione del personaggio (e, insieme, il pia-cere dell'attore). Di questo gioco, nel documento televisivo, non resta nulla.

Altre considerazioni si possono fare a proposito di Questi Jantasmi! Prendiamo la scena del balcone, uno dei momenti di colloquio del protagonista col professor Santanna (alias il pubblico), di cui si e detto. Nell' edizione televisiva registrata nel 1961, in studio, senza pubblico, la recitazione di Eduardo e rapida, asciutta, con poche pause. La scena si consuma nel giro di pochi minuti. II professore non compare mai e la tele-camera resta, coru'e ovvio, sull'attore che recita il suo monolo-go-finto dialogo, e beve il caffe (l'occhio del telespettatore, curioso, cade dentro la tazzina per vedere se il caffe c'e 0 no, l'orecchio si aguzza per sentire se il rumore del cucchiaino che gira nella tazza e un rumore pieno 0 vuoto) .

Di questa stessa scena esiste un altro documento audiovisivo, registrato a Montalcino nell' estate del 1983, nel corso di una se-

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rata memorabile in cui Eduardo tenne la sua ultima, pili com-piuta lezione e insieme la sua ultima prova d'attore. La scena del caffe, che nella versione televisiva sembra recitata con una fretta quasi imbarazzata, qui e invece giocata con tutta calma, centellinata quasi come la tazzina di caffe che il personaggio sorseggia piano, "fra una sigaretta e l'altra". Nel testo si aprono le insenature che permettono all'interpretazione dell'attore di allargarsi, aIle pause di farsi significato, al pubblico di risponde-re con le risate, con gli applausi, rna anche con i silenzi.

La natura dei due documenti e totalmente diversa. II docu-mento televisivo realizzato in studio tende a porsi, in assenza dell'attore e della spettacolo, come sostitutivo della sua arte, si fa a poco a poco, nel tempo, monumento di quell'arte. II documento ripreso dal vivo si presenta, pili umilmente, come l'impronta del passaggio dell'attore davanti a un suo pubbli-co, quel pubblico, quelluogo, quell'interpretazione, quella se-rata e non aItri. E in quanto traccia di questo passaggio ci pro-pone non l'illusione di una presenza, rna la tangibile nostalgia di un'assenza.

Conclusioni

Dopo le moIte esperienze di teatro in cinema e in televisio-ne a cui si e accennato, Eduardo arriva con gli uItimi cicli del suo teatro in televisione a una soluzione radicale.

Negli anni settanta ricostruisce negli studi televisivi di via Teulada e poi a Cinecitta un palcoscenico e recita e fa recitare i suoi attori come se l'azione si svolgesse in teatro.

II suo scopo, dichiarato, e quello di lasciare un documento, il pili possibile fedele, del suo teatro in azione. II trucco quindi e teatrale, cosi come i costumi, le scene, addirittura gli effetti sono creati con tecniche da teatro e non importa se sul piccolo scher-mo non si vedono, se, per esempio, l'efficacia di un cambio di scena con il sistema del tulle in gran parte si perde (come nell'e-dizione di L'arte della commedia): sara un piccolo omaggio all'arti-gianato del teatro, una citazione non sottolineata.

Il teatro di Eduardo nei documenti audiovisivi

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Le telecamere sono rigorosamente di fronte e di tre quarti rispetto alla scena, mai dietro, non ci sono quasi mai contro-campi, se non in situazioni particolari (per esempio nella see-na del Paradiso di De Pretore Vincenzo). 11 punto di vista e, rigo-rosamente, quello della spettatore di una sala di teatro. La tecnica di ripresa, quella si, e raffinatamente televisiva, rna non risponde alle regole astratte di un presunto linguaggio te-levisivo: risponde alle esigenze della scena. Televisivo i: l'uso del colore, impiegato a fini espressivi, con atmosfere ottenute saturando certe tinte, con effetti spesso considerati dai tecnici troppo azzardati, troppo lontani dalle caratteristiche del buon prodotto medio; televisivo e l'uso molto frequente del primo e del primissimo piano, come nella commedia Il cilindro, in cui al personaggio del vedovo interpretato da Ferruccio De Ceresa e riservato quello che Mario Soldati dice essere forse «il pili lungo primo piano della storia non soltanto del cinema televisivo rna del cinema tout-court-".

11 pubblico non c'e, rna i: presente in effigie: un pubblico di sagomine di cartone, di signore con gli orecchini, di bambini, di carabinieri col pennacchio, di umanita varia, che affolla la finta platea e i finti palchetti. A queste figurine, simbolo di-chiaratamente falso di tutti i pubblici veri che Eduardo attore ha incontrato nella sua vita, gli attori in scena si rivolgono e a esse va illoro saluto e il ringraziamento finale. Per la prima e unica volta le telecamere, dal fondo della scena, inquadrano di spalle gli attori; sullo sfondo il pubblico di cartone applaude.

E il pubblico te1evisivo? E noi? Eduardo sembra suggerire che non c'enrriamo, che abbiamo solo assistito da fuori a un avvenimento, a un rito, al quale non abbiamo preso parte, che possiamo solo avere unidea... E il sospetto di una simile ri-sposta ce 10 insinuano quegli attori di spalle che si inchinano al finto pubblico, ignorando del tutto noi, gli spettatori televi-sivi, i veri assenti.

* Quest'articolo e un estratto dell'intervento dell'autrice al convegno Per un mu-seo multimediale dell'attore, svoltosi aRoma al Teatro Ateneo nel maggio del 1988. II testa integrale e pubblicata in II leatro e i suoi doppi. Percorsi muliimediali nella ricerca sullo spettacolo, a cura di Antonella Ottai, Kappa, Roma 1994,

Paola Quarenghi

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1 Per la filmografia di Eduardo attore e regista, cfr, Franco Cauli, Eduardo e il ci-nema, Tempi moderni, Cineclub Napoli, Napoli 1985, e Paola Quarenghi, L" ,pettatore col binocolo. Eduardo De Filippo dalla scena alio schermo, Kappa, Roma 1995.

2 Eduardo inizio la sua collaborazione con la televisione nel 1955 e la concluse ne11979.

3 Se si esclude il fondo della RAi, che ora ha anche messo in comrnercio vari ti-tali della produzione teatrale eduardiana. la raccolta di audiovisivi pili consistente dedicata a Eduardo e quella del Centro Teatro Ateneo dell'Universita di Roma "La Sapienza", sistematicamente schedata in Valentina Valentini, Teatro in immagine, Bulzoni, Rorna 1987.

4 Isabella Quarantotti De Filippo (a cura) , Eduardo. Polemiche, pensieri, pagine me-dite, Bompiani, Milano 1985, p. 148.

5 Cesare Garboli, Quando il teatro diventa "uestizione", in "Corriere della Sera", 7 mag-gio 1976.

6 Ibidem. 7 Lettera a Eduardo De Filippo per celebrare la sua invenzione di un "teatro da

camera", in Mario Soldati, Lettere, Mondadori, Milano 1979.

RlFERIMENTl BIBLIOGRAFICI

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De Filippo, E., L'arte della commedia, in Cantata dei giorni dispari, vol. Ill, Einaudi, Torino 1979.

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De Filippo, E., Conversazione inedita con gli studenti del corso di drammatur-gia, Teatro Ateneo, Universita di Roma "La Sapienza", 14 dicembre 1982.

De Filippo, E., I [antasmi siamo noil, lezione inaugurale dello "Studio Internazio-nale dello Spettacolo" tenuta a Montalcino nel luglio 1983, in "Piccolo Teatro di Milano", 3, 1985.

De Filippo, E., Lezioni di teatro, a cura di Paola Quarenghi, Einaudi, Torino 1986. Garboli, C., Quando il teatro diventa "oestizione", in "Corriere della Sera", 7 maggio

1976. Quarantotti De Filippo, I. (a cura), Eduardo. Polemiche, pensieri, pagine inedite,

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II teatro di Eduardo nei documenti audiovisivi

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Antonella Ottai

DENTRO EDUARDO, LE -vocr DEL TEATRO*

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1 l'IJ;, r Di medium in medium '1.'1,r'

D al copione alla scena, all'edizione in stampa, alle tra-smissioni radiofoniche, alle edizioni cinematografiche,

alle riprese televisive, al fumetto, il teatro di Eduardo ha forme diverse di esistenza e di comunicazione. Se e vero che le dina-miche fra I'autore-attore e il suo pubblico durante la rappre-

s sentazione teatrale sono, per lora natura, destinate ad accade-F re quella sola volta e quindi a perdersi per sempre, e anche ve-

I t ro che l' edizione televisiva delle commedie costituisce un do-r

cumento ricco e articolato dell'arte di Eduardo, e che, comeR;, , tale, si presta a usi diversi. Epossibile cioe non solo godere, in

quanto spettatori, della singola opera, rna anche studiarvi alcu-ni aspetti della cultura teatrale di cui partecipano in modo tra-sversale, sottraendoli, cioe, al contesto specifico in cui si mani-festano. Ad esempio, si potrebbero individuare, con un pazien-te lavoro di analisi, alcune "figure" classiche del gioco teatrale, anche se alterate e "ridotte" - come vedremo - dall'economia

\' delle esigenze di ripresa: Ldizersi-modi -.di.eI!!rare e uscire i dell'attore addetto a

fare-da "spalla", Ie andature, i monolOgtri:- 0 -arfcnrrr-;-pitrin dettaglio, il della voce, l'uso dei silenzi, tutti elementi che il testo seritto 0 non racconta, 0 affi-da alle indicazioni didascaliche. Le stesse scelte di regia televi-siva possono costituire un autonomo percorso d'interesse, che restituisce una particolare poetica della visione: quei colori

bruni che spengono nei toni autunnali il Natale della famiglia Cupiello, oppure i colori accesi che virano nell'incandescenza della farsa le vicende tragicomiche di Gennaro De Sia in Uomo e galantuomo, rendono ragione dell'uso espressivo delle gamme cromatiche e l'atmo-;fera in CUI respiraF;:-zione; 0, ancora, il modo incui si di-spongon6 e che aiutaa figurare nel-Ie sue geometrie la dlnamlca del rapporti ;il (

uri-cre \ Insomma, le videocommedie partecipano dell'opera di Eduar-do aggiungendo dati e informazioni specifiche, che vanno a interagire e a confrontarsi con il corpus complessivo che sara composto, a questo punto, di numerosi media.

In realta, per completarne l'esame e immaginare le trasfor-mazioni che tali media hanno apportato, e che soprattutto ap-porteranno, al "teatro di Eduardo" e alle sue possibili fruizio-ni, anche frammentate e trasversali, occorre prendere in con-siderazione ulteriori "passaggi" tecnologici, di cui uno i: quasi obsoleto, e gli altri sono in via di sperimentazione e realizza-zione. II primo riguarda l'edizione del teatro di Eduardo in vi-deocassetta, diffusa gia a partire dalla fine degli anni ottanta, che, se non ha introdotto modifiche sostanziali al singolo pro-dotto, sottraendolo pero alle modalita di trasmissione e al pa-linsesto televisivo, ha indotto diversi comportamenti spettato-riali e differenti pratiche della visione. Se, come e stato pili volte ricordato, Eduardo lavorava durante le riprese per uno spettatore remoto, idealmente fornito di un binocolo, ora, al di la delle sue stesse aspettative, obbedisce a uno spettatore fornito anche di videoregistratore e telecomando, che non e pili obbligato a una lettura sequenziale, rna puo posizionarsi dove pili gli aggrada, 0 scorrere velocemente dove trova punti di minor interesse, come si fa con le pagine di un libro. In al-tre parole, e cambiata la memoria della spettacolo, non pili, nel caso del teatro, evento tra attori e spettatori sempre diver-so, non pili, nel caso di un'edizione televisiva, trasmissione pri-ma 0 dopo il telegiornale della sera, che puo eventualmente tornare a replicarsi - sempre uguale a se stessa - a distanza di

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tempo, rna oggetto da maneggiare a propria volonta, disponi-bile anche a una lettura frammentata, alla quale tendono dun-que il piacere della spettatore come l'analisi di chi intenda leggere in Eduardo anche Ie singole voci di una cultura teatra-le sedimentata nella sua arte da una grande tradizione. A que-sto proposito occorre considerare ora l'ulteriore passaggio tee-nologico al quale avevamo accennato in precedenza, quello reso possibile dai supporti elettronici e dalle filosofie informa-tiche insiemc. L'opera complessiva di Eduardo puo infatti tra-sformarsi in un enorme archivio elettronico multimediale, una "macchina" informatica che si presta a essere interrogata per quelle svariate informazioni che contiene, rilevate attraver-so un Iavoro di analisi e schedatura particolareggiata, che met-ta in evidenza quegli elementi che ne collegano l'insieme in relazioni significative, ad esempio fra immagini e testo seritto, fra immagini cinetiehe e immagini statiche, fra diverse e suc-cessive edizioni della stessa eommediaJ. Si creano in questa modo Ie informazioni che mcttono in grado di individuare e rintracciare, laddove sono contenuti, quei pereorsi ai quali ac-cennavamo in precedenza, Ie particolarita della recitazione, le scelte di regia, gli "accomodamenti" e le deviazioni dal testo originale dovute alIa regia televisiva, le tematiehe ehe Ia dram-maturgia frequenta con maggiore insistenza, e cosi via. II "tea-tro di Eduardo" consente cOSI di allestire un archivio- che e anche uri'enciclopedia interattiva ehe, nelle sue voei, model-lizza una grande arte di tradizione e Ia sua storia attraverso una delle personalita che in questo secolo l'ha rappresentata in modo completo-'; non e l'unica personalita di questo gene-re, ccrto , e pero quella meglio documentata. "Interrogare" questo teatro e la sua doeumentazione e un'operazione anco-ra diversa ehe assistervi, leggerlo 0 vederlo.

Ma questo tipo di analisi consente anche di "scrivere" sul soggetto trattato in modo differente, owero di pubblicare in un 'edizione elettronica - per ora e in attesa di altri supporti pill potenti -, in un Cd-Romv, un saggio che utilizzi scrittura, immagini e sequenze video delle commedie, per raceontare in modo interattivo Ia storia del teatro di Eduardo, esemplifiean-

Antonella altm

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do i pereorsi pill signifieativi della drammaturgia, della ret- zione, della regia. Vediamo con qualche esempio di qua. informazioni siano ricehi alcuni di questi percorsi>.

Scenografie teatrali e teleoisioe

/ ni" ,e)ehe tutto le pareti domestjche: le corn-

che fungono da "comunia juni.gli.usi'' e chc.trovano una soluzio-

inspazi ehe hanno nel fondale le loro traspa- ,'.._- '., ", .-- .- •......." -

renze affaeci, mentrele porte quinta. Ma a un siStema--che si in modo cosi elementare eorrisponde un'economia del movimento scenico estrema-mente precisa e articolata, che proprio all'interno di uno spa-zio concluso puo governare il senso Ia il fuoriscena, tra quello che si vedeequello cheildialogoimpli-aiaPfoprib quelle linee ehe identificano e eireoserivono gli

lnterni, ne esaltano le trasgressioni, in scena a sor-presa, Ie apparizioni improvvise,

antraui (stanze netle.stanze. con tutto il meccanismo delle entrate inscena dilazionate, cfr. NaJiofi milionariaf, Le vocidi dentro) , cheindicano nella casa UB, "/

teatrill:Qdell'esistenzaquotidiana, giocato a turno da tutti i \-j7\---- ....

sUs>lJ!.bitaIlti. Se, a eontroprova di questo tipo di funziona-mento degli interni, si vuole eontrollare vieeversa quello degli esterni, per esempio attraverso le regie cinematografiche di Eduardo stesso, dove la macchina da presa edisancorata dagli obblighi della scena, si puo notare che quando si affrontano visioni urbane, siano quelle di Napoli, di Roma 0 di Milano, raramente si ricorre a inquadrature inedite, che mettano in discussione la lettura dello spazio dato; se abbandona i vicoli 0

le piazzette, che ripropongono in esterni una logica di COI1te-nimento ehe e aneora da interni, la ripresa va a reeuperarsi i punti di vista pili ovvi e eonsueti, e visita quei luoghi tanto "co-muni" da stare per la citra stessa, ehe non consentono csplora-

Dentro Eduardo, le "ooci" del teatro

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zioni d'orizzonte, vuoti figurativi, incertezze di identificazioni. Non a caso la versionecinemarografica di Napoli milionariav comincia proprio dalla cartolina pili trita e abusata della citra, qiiella che ne dispiega la visione pi-no; oppure la fuga di Fortunella nel film omonimo? va a fin ire alIa fontana del Gianicolo: quanto pili l'immagine ha una fun-zione certificante, tanto meno richiama su di se l'attenzione e tanto pili assolve 10 sguardo da ogni ulteriore indagine, libe-randolo dagli obblighi dell'interpretazione e riportandolo alIa logica della scena. La scenografia.iasomma non deve 'sottrarre attenzione alIa scena e al dialogo.

Questo tipo di trattamento "da interni" della spazio i: stret-tamente legato alIa sua praticabilita e, di conseguenza, alIa qualita e al tipo delle azioni sceniche che vi si svolgono. Le informazioni sulla sua fungibilita ci provengono dalle fotogra-fie di scena e dalle indicazioni didascaliche delle commedie. Se ora ne esaminiamo la traduzione in video, vediamo che, nei primi cieli televisivi in bianco e nero "in studio", a ogni

quale pero corrispondoito IQQl.te camerex .9i:rersamenle-"da quanta suggeriscono le didascalie, e da quel che cimostrano te ferodjscena (e da quanto avverra poi nei cicli a colori), questi

sconfinano continuamente di luogo e finisc0.J:loco[· perdere la scena in un disegno che la scontorna in estenuanti percorsi domestici. Se si verifica iI disegno funzionale all'inter-no della spazio tracciato dai percorsi degli attori e della ripresa - se cioe sovrapponiamo 10 spazio praticato allo spazio rappre-sentato - e si incrocia 10 spazio con Ie azioni, possiamo consta-tare che le scene si svolgono per la maggior parte esattamente

il testo prevede e che aggiunti, non accade quasi altro se non appunto i percorsistes-

-. . - - . ......si. Ma in realta proprio questi percorsi, il corridoio attraversato

in largo di Non ti pago!, lescale e l'androne del pa-lazzo di Questi fantasmi!, la lunga teoria di.stanze prima di .arri-

alIa camera da letto di Natale in casa Cupiello (ed. 1962), il giaidino in cui "dissolve" (rna anche qui c'e subito una siepe a "concludere" 10 spazio aperto) delII atto di

Ditegli semjlIT .di si; .stravolgono proprio quell' economia della spazio che dicevamoprima, in quanto cancellano ogni soglia e 'ammortlzZcmo. la tealraiWl-detle "eritrate e delleuscite -<Ii scena mostrandone il prima, il durante e il do-

omaggio a una visione "dal ver()"-ad.razioHe, contro la convenzionedellaVisibillti' scenica. di-------.-.- . .-...

ventano vuoti pneumatici dell'azione e del dialogo e introdu-cono nel ritmo uno spazio di silenzi imbarazzati, di parole con-vehzionali, di brontolii, un teIllPo interstiziale cheprolunga ed \\ esrefiuaqiiello dell'azione, e, per cosi dire, la prepara avista.

Non ti pago! il corridmo, con i suoi percorsi di andata e ritorno, occupa circa quindici minuti su due ore di comme-dia, e riesce alIa fine a istituire un "tormentane" visivo, a con-gestionare gli eventi nei fitmi di traffico Ma c'e un ulteriore livello di controllo di questa informazione: il con-fronto fra gli ultimi fotogrammi di uscita dei personaggi dal soggiorno con quelli di reingresso rivela alcune piccolissime variazioni, che mostrano come il fatto che uno dei personaggi "si porti dietro" la telecamera per il corridoio consenta alIa scena principale di riassestarsi e disporsi per la ripresa successi-va. Probabilmente la vera uscita di seena, che si rendeva indi-spensabile per l' economia della ripresa, era quella della teleca-mera piuttosto che quella dei personaggi. E quindi, con que-sta. que11a del telespettatore.

Ma perdere i confini della scena, disseminandoli nell'area perimetrale di un appartamento, non comporta solo perdere il sistema teatrale delle entrate in scena, delle metafore Ii, dei ribaltamenti simbolici, ecc.: se si prende in considera-zione, oltre ai percorsi, quella piccola percentuale di azioni, che, come accennavamo prima, sono derogate alle stanze "ag-giunte" a quelle originarie, si puo rilevare almeno uno degli slittamenti di senso che questo proliferare dei luoghi finisce col produrre. Sempre a partire dal rapporto che viene a stabi-lirsi tra spazio e-azioni, vediamo che, quando la scena coinci-de con un unico ambiente, che la didascaIla"inclica appunto

adatto--"a-luttI-gli 'usi", tale ambiente conciIia tra lora 11 soggiorno di Non ti pago!, ad esempio,

A ntonella Ottai Dentro Eduardo, Ie "uoci" del teatro 58 59

cosi come ce 10 consegna 1a della commedia, dec1i-nacon-flitti familiari e' di credo tra.fagioli sgranati e pornodori imbottigliati; ii letto di Natale in casa Cupiello e 1uogo e memoria di cibo, scena di separazioni e ri-conciliazioni, mentre allestisce i ritua1i della veg1ia; iLlel!9-'.!n-CO!a.:1.5liNapoli milionaria!ospita finti e

sapore di domesticita che queste sce-ne possiedono si produce per addensamenti di gesti e promi-scuita intense: le azioni - e in questo caso risulta significativo i1 confronto con 1a serie delle fotografie di scena - avvicinano e sovrappongono i personaggi fra di loro, pili di quanto non li ripartiscano in zone di contiguita. II fatto pero - in occasione delle riprese in studio - di avere non pili una stanza rna una casa a disposizione, specia1izza e separa in parte le azioni e de-stina, per brevi porzioni di tempo, 1a sgranatura dei fagioli al-la cucina, le confidenze spirituali di Stella e Concetta a1 parro-co alla camera da letto, sempre per attenersi a Non ti pago! Dialogo e azioni divaricano cosi le loro sequenze: se i1 soggior-no ospita solo l'intrattenimento mentre i11avoro domestico se ne va altrove, i1 sistema gestua1e che assiste Concetta e diverso da quello che aveva quando in scena - nella "comune a tutti gli usi" - combatteva con pento1e e coltelli; le mani, vuote di arnesi e sprovviste della partitura gestua1e che questi compor-tano, cercano sostegno ne1 corpo, toccano i capelli, i1 collo, il costume, tornano a quei gesti di "autocertificazione" che ri-spondono a un 'economia di scambio tra attore e personaggio, dove I'uno perde temporaneamente i1 controllo dell'altro. Abitudini comportamenta1i che appartengono piuttosto alla persona e che possono costituire quasi dei lapsus, delle incer-tezze, ne11avoro d'interpretazione''.

Sempre per tenere conto deg1i spostamenti che si verificano tra scena e video, c'e da notare che cambia anche i1 verso di let-tura, i1 sistema percettivo: nella stessa commedia, 1a didascalia denuncia l'esistenza di "porta in quinta a destra'v, mentre i1 soggiorno televisivo, oltre all'accesso in terrazza uti1izzato per 1a prima comparsa in scena di Eduardo, ha una porta soltanto a sinistra: questo fa si che l'ambiente costituisca non un 1uogo

Anionella Ottai

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di attraversamenti, da sinistra a destra come presumibilmente :t era in scena, rna una vera e propria sacca in cui approdano i di- versi percorsi. Tutto quello che puo mutare 1a situazione giun- f'

ge quindi da sinistra per approdare a destra e 1a lettura della scena risulta orientata soprattutto da destra a sinistra, contro quella tradiziona1e da sinistra a destra, e dal fondo in avanti.

La casa "televisiva", attraverso 1a sequenza "orizzontale" dei 1uoghi, in cui pro1unga e scioglie non solo e non tanto l'orga-nizzazione scenografica (la profondita di campo che la ripresa poteva permettersi era 1imitata), rna soprattutto 10 spazio see-nico qua1e risultante della pregnanza delle azioni e dei rap-porti fra i personaggi, conferisce al teatro che ospita un com-portamento pili vicino allo "sceneggiato" televisivo che non al-la commedia vera e propria, e i percorsi, perdendo 1a logica delle azioni, ne diventano gli indicatori narrativi. A suo modo, e forse suo ma1grado, questa casa si trova a giocare una sua stra-tegia e a impegnare 10 spettatore in una serie di finte, di per-corsi fuori scena che gli promettono molto - soprattutto effetti di realta che a volte 10 estromettono dagli eventi e 10 portano ad affacciarsi persino ag1i esterni, come in Napoli milionaria; 0 10 introducono dalla finestra, come in Questi [antasmil - ma non gli rivelano che i1 superfluo, i1 non evento, i1 rumore.

La spazio dei rapporti fra i personaggi

A partire dalla voce "percorsi" si e cercato di 1eggere i1 fun-zionamento dello spazio d'azione, dei suoi pro1ungamenti e delle sue estensioni, ne1 testo, nelle foto di scena e nella ver-sione in video dei primi cieli in bianco e nerol''. Se si vogliono esplorare ulteriormente quelle direttrici della spazio che re-golano i in COB·

sifuazione quelle.fsa.padronee.servo, che in alcuni casi coin-cidono con figura tipica del gioco

;J _e spalla, che si dispiega spesso in una zona pro- :t

lungata in altezza 0 in profondita'J: 1a disposizione alto/basso e una--<tiretdva spazia1e che Eduardo pratica spesso, e in gene- i

Denim Eduardo, le "uoci" del teatro

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rale proprio di e sott.?-missio-ne, di padronanza eservitu, Ma come tale risponde non tanto

geometria di ordine gerarchico, quanto a una zona di contatto, in cui i corpi si sovrappongono e si confondono e le distanze vengono annullate e confuse in una sostanziale pro-miscuita. L'area spaziale che accoglie servo e padrone eunica, non tanto perche ci troviamo davanti a rapporti di profonda intimita, quanto perche siamo di fronte a un corpo che tende, da due, a farsi uno: questo evero ad esempio, nel casu del Sindaco del rione Saniui 0 del Contratto, ed evero in altro modo in commedie dove la dinamica servo/padrone diventa in mo-do pili esplicito quella di protagonistalspalla, in funzione del-le strategie comichet-. Nell'edizione televisiva di Non ti pago!, la ripresa tende a rendere costante la presenza del servo Aglietiello, insieme a quella del personaggio principale Ferdinando, in particolare quando questi, nel II atto, si scon-tra con i vicini di casa e con la famiglia e quindi, invece di al-largare e distendere 10 spazio in cui i due soggetti agiscono, addensa e unifica, appunto, i due corpi. Questo si verifica no-nostante il personaggio di spalla non abbia, praticamente, bat-tute proprie e si limiti a qualche rumore di assenso che ampli-fica i discorsi di Ferdinando. Un controllo sui tipo di azioni che spettano ad Aglietiello rende manifesto che queste non sono particolarmente "funzionali" all'intreccio, che cioe non appartengono a quella tipologia di azioni capaci di provocare e di determinare i movimenti sostanziali della commedia, e che, quindi, a un'assenza dialogica corrisponde anche uri'as-senza fattuale, operativa. In molte scene Aglietiello potrebbe non esserci e non per questo la logica degli eventi ne risulte-rebbe alterata. Infatti il testo della commedia, nella sua ripar-tizione dialogica, non restituisce assolutamente la dinamica tra i due nei termini e nei dosaggi in cui la vediamo agire in-vece in video. In particolare, la didascalia che specifica il ruo-10 di Aglietiello, nella scena che risulta pili significativa per il discorso che stiamo svolgendo, ci dice che questi «si trovera fra i due (Concetta e Ferdinando) e, a seconda dei casi, dara ragione ora all'una ora all'altro» 13. Lo spazio scenico (e anche

Antonella Ottai

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Ie rotograne en scena sernbrerebbero suggenrJo) e molto pili elastico del campo di ripresa: i corpi 10 possono giocare e tira-re in lungo e largo senza che per questo perda di tensione 0

allenti le Iinee di forza che 10 innervano. La ripresa invece tra-sforma questo gioco di mediazioni: il "servo" non e pili un punto al confine tra due aree di gravitazione, disponibile a en-trare in quella che esercita di volta in volta la forza di attrazio-ne maggiore, rna sposta il peso della sua inerzia tutta su Ferdinando per ammortizzarne le esplosioni. La sua presenza quasi ossessiva nel campo di ripresa produce una logica del contrappunto e del raddoppiamento: Aglietiello diventa un "doppio muto", che esplora i sensi e le direzioni dell'area di azione di Ferdinando, si spinge fino ai suoi bordi, fino a ren-dere esperienza sensibile la lora liminalita, articola la gerar-chia dei volumi, disegnando il perimetro in basso, ai lati, in al-to; ogni volta che trasgredisce il disegno, viene richiamato e come risucchiato all'indietro, fino a sparire, a confondersi e a ricomporsi dentro una figura unica che la ripresa, a differen-za della scena, e costretta a serrare e a raddensare nel suo campo visivo proprio per rispettarne I'inscindibilita, In questo modo ne viene esaltato il carattere di protesi, che trasforma il corpo del protagonista, raddoppiandolo continuamente, in quel "corpo grottesco", che Bachtin riconosce come modello letterario popolare!". Ferdinando acquisisce nella sua "spalla'' un volume che ora 10 allunga, ora gli da spessore, che 10 aiuta a contenere e a rendere concreto 10 spazio che la sua ira e il suo livore muovono e animano: ecome se in questo modo riu-scisse a dargli un peso specifico, una sostanza figurativa, che trascende il suo corpo e ingloba quello dell'altro, nell'ambiva-lenza del comico.

Parole e-suoni

Un altro cornportarnento specifico del corpo e quello delle 'pause di silenzio", delle "difficolta a discorrere", laddove ai vuoti-drparo rnsponde un piena e carp a , in quanto

Denno Eduardo, Ie "uoci" del teatro

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tonte di ermssione sonora, pnma che mtervenga I'arucolazio-ne verbale.

A questo punto del percorso diventa interessante lasciare l'analisi delle edizioni in video e tornare a quella del testo scritto, nella sua ripartizione di parti didascaliche e parti dialo-giche. Nell'economia complessiva di un testa

e quella che in modo pill esplicito funge aa commutatore tra la pagina e la scena, e tra la scena e la pagina: in particolare, nel caso di Eduardo, quest'area si presenta tal-mente ricca di informazioni e declinare continuamente nella scrittura quemCt:rlpTfce figura professionale dell'autore e quello della commedia stessa. Un "corpo" corsivo, puntigliosa-mente presente in quello "rondo", con una propria, autonoma letterarieta'>. Proprio dove il dialogo viene meno alla scena, interviene la didascalia a promuovere l"'aria" dell'azione, attra-verso gli sguardi, le espressioni, i gesti, i rumori e i silenzi, ri-consegnando al corpo dell'attore quello che la parola non puo esprimere. La didascalia cosi trascorre da una scena a un'altra, da una battuta a unaltra, saturando i vuoti e trasformandoli, ove occorra, in silenzi; assegna i luoghi e i tempi a un discorso che si consuma tutto negli sguardi, nei gesti e nelle intenzioni, pill da vedere che da ascoltare. All'interno della scrittura drammatica, affidata ai soggetti io/tu del dialogo, la didascalia rivela nel testo, insieme alla logica del discorso indiretto, la presenza forte di una terza persona che guarda e ascolta insie-me, esplorando continuamente Ie qualita sensoriali del quadro che si anima intorno alle scene. In modo cosi fitto che, per amor di paradosso, si potrebbe anche ribaltare a volte nei con-fronti del dialogo l'accusa di intrusione all'interno di unaltra scrittura, di interrompere una narrazione inserendo brandelli, strappi di discorso, dentro il flusso prorompente del racconto visivo!'', Pill che essere una particolarita stilistica, questo dice che nelle commedie di Eduardo esiste un universo, soprattutto quello degli affetti, impossibile al discorso dialogica, che viene infatti sottratto alle battute e affidato all'azione, al corpo/atto-re, al sistema del teatro. In questo modo, a lora volta, le battu-

A.ntonella Ottai 64

1959, Eduardo De Filippo (RADIO)

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Bene mio e core mio, 1963, Anna Miserocchi, Vera Nandi, Eduardo De Filippo (T\')

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te vengono liberate dal peso di descrivere, raccontare, mostra-re, informare 10 spettatore di tutto quello che la scena tralascia di dire, e tornano ad appartenere esc1usivamente al personag-gio e alla sua esistenza scenica.

Se questa accade nella scrittura, in video si possono vedere, come ultimo esempio di questo percorso, gli esiti e segnare nella topologia del corpo il luogo della parola, per tentare di individuare il rapporto tra il corpo e la parola. Secondo il fa-moso esempio di Arlecchino!", in fonda anche per Eduardo si puo dire che il "corpo e gravida della parola", anche se le affi-nita con il parto si esauriscono nella metafora della fatica che costa pronunciarla. Nelle sue commedie, la parola e spesso persa e ritrovata, ritrovata e "portata alla luce", strappata a un corpo che la vorrebbe trattenere e di cui reca ancora la sono-rita, l'impronta della zona di emissione: Natale in casa Cupiello ci mostra Luca che incespica proprio in quella espressione "ci riuniamo" che riferisce di un'azione che si sta rivelando dram-maticamente impraticabile; in Non ti pago! (rna solo nell'edizio-ne televisiva) Ferdinando, nella sfuriata contro Bertolini, per-de il filo logico degli esempi che ne dimostrano, in termini og-gettivi, l'mtollerabilita: in Napoli milionarial, dopo che si e detto che il servizio militare prestato nella prima guerra mondiale ha reso Gennaro "un po ' stonato", il protagonista conferma questa particolarita, tentando, in un battibecco can la moglie, di fornire un'alternativa, etica eprammatica, al mercato nero, rna smarrisce le parole che dovrebbero argomentarla; e cosi via, fino a casi in cui la parola non diventa pili perdita, rna ri-nuncia (Le voci di dentro, Gli esami non finiscono mai). II discorso costituisce una zona a rischio, irta di ostacoli in cui si incespica e si tentenna, dove gia l'articolazione si prospetta come un percorso che offre sempre la possibilita di un movimento di andata e ritorno, disseminato di appigli sonori e vocali. L'eloquio complessivo di Eduardo dal punto di vista sonoro -il suo andamento vocale - ha proprio come caratteristica la "mancanza di fluenza", cioe il ricorso, ancor pili che alle pause di silenzio, che intervengono come fratture e interruzioni del parlato, aIle pause di esitazione, che agiscono come soluzioni

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di continuita, come legamenti del discorso, in cui alla parola-e in attesa della parola - si sostituiscono borbottii, tartaglia-menti, brevi risa, gorgoglii. .. Se i tempi dei silenzi appartengo-no alle prestazioni classic he da grande attore, le altre viceversa alimentano Ie psicopatologie del personaggio. C'e, nella recita-zione di Eduardo, tutta una zona gestuale del suono che rein-troduce e rende sensibile il peso e il volume del corpo nell'atto di parola - parola quanto mai "partorita" - e che mette in see-na tanto l'area preverbale che preme sul linguaggio, quanto, allo stesso tempo, le operazioni di censura a cui il linguaggio stesso e sottoposto. Specialmente il linguaggio dei sentimenti, da cui le parole procedono a fatica - in via, per cosi dire, prov-visoria - cercando ogni occasione per regredire. Come insegna soprattutto Luca Cupiello, con le sue parole impronunciabili, con le sue parole inspiegabili (come la "telepatia''), con il suo lungo racconto, in punto di rnorte, sulla "scorpacciata di fagio-li", che nasce e vive tutto dentro al corpo, in conforrnita e asso-nanza al cibo di cui narra, e dal corpo quasi non fuoriesce, al limite come e tra l'onomatopea, il rumore e quell'articolazio-ne che illinguaggio ora e impedito a compiere, proprio quan-do il discorso aveva finalmente intrapreso un pieno e felice an-damento narrativo.

E cosi via ...

D'altra parte siamo a teatro e che il discorso risponda non solo alla logica della prestazione, rna anche a quella della rap-presentazione viene a raccontarcelo l'episodio delle prove dei comici in Uomo e galantuomo, dove il rapporto tra Gennaro, il capocomico, e Attilio, il suggeritore, si basa appunto sul fatto che l'uno suggerisce all'altro la battuta attenendosi al copio-ne, rna leggere, dire e intendere la parola scritta costituisce so-lo apparentemente una sequenza logica e conseguente "in li-nea retta": alla prova dei fatti la sequenza stessa si rivela piut-tosto un labirinto ad andamento circolare in cui Gennaro e Attilio si inseguono e si perdono infinite volte, tante quante

A ntonella Ottai

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sono appunto Ie possibnita di senso che esistono fra il testo e la sua decifrazione, fra la scrittura e la parola riferita attraver-so la mediazione della lettura e dell'interpretazione. Si apri-rebbe qui un ulteriore percorso, quello che racconta dell' op-posizione tra parola scritta e parola parIata, quale verrebbe a crearsi se, per esempio, prendessimo in considerazione le va-rie occasioni in cui agiscono le "lettere ": prestazioni corniche (e non solo) di grande tradizione, prima e dopo Eduardo, le "lettere" in scena, oltre a fungere da espedienti dell'intreccio stesso - come insegna sempre Uomo e galantuomo - creano nuovi attori e nuovi spettatori e quindi nuove realta e nuove finzioni. Finta appare soprattutto la lingua che Ie parIa, una lingua da grandi occasioni, rigida, goffa e italiana nelle inten-zioni pili che negli esiti, che riferisce, e allo stesso tempo de-canta, quello che illinguaggio quotidiano sa solo tacere: i sen-timenti di Ninuccia, in Natale in casa Cupiello, gli affetti e i di-spetti di Tommasino, nella stessa commedia, un ideale di fa-miglia ritrovata - a contrasto di quella reale - in Napoli milio-narial, e cosi via. A questo proposito si puo ancora ricordare la lingua di quelle brevi porzioni narrative che sono Ie "storie di vita" dei personaggi secondari, quando la parola, per sostener-si in un andamento a pili ampio respiro, tenta persino l'avven-tura delle frasi subordinate e si dota puntigliosamente di dati anagrafici, come fa Rosalia Solimene in Filumena Marturano: «Nata il '70 da poveri e onesti genitori, mia madre Sofia Trombetta » 0 Assunta in Napoli milionaria!: «10 mi sono spo-sata con Ernesto Santafede il ventiquattro marzo 1941, pe' procura, dato che trovasi tuttora militare a servire la patria in Africa Settentrionale ... », quasi a legittimare e a difendere, nelle circostanze burocratiche che la attestano, la realta in-controvertibile della propria esistenza.

Si potrebbe proseguire all'infinito a interpretare i dati, rna per concludere su quest'ultima famiglia di tecnologie, bastera ricordare che utilizzare tecniche e tecnologie elettroniche si-gnifica trasformare l'opera in una rete interattiva di informa-zioni e predisporla a diventare tutti quei testi virtuali che la ri-cerca stessa costruisce ne! cornplesso delle sue interrogazioni.

Dentro Eduardo, Ie "uoci" del teatro

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Auesure un sistema 01 consuttazione e pretigurare nell' opera data un dispositivo che 10 metta in funzione, alimentandone un "programma" di opzioni e di possibilita di relazioni, com-porta infatti non soltanto modificare il testo stesso per il solo fatto di attivarvi diverse attualizzazioni, rna soprattutto - come dicevamo all'inizio - riflettere, immaginare e "fingersi" in un diverso assetto della spettatorialita, di cui, come ricercatori, si usufruisce per primi. Dove il fatto di comandare le informa-zioni dalla tastiera di un computer, di sperimentarle in catene semantiche diverse da quelle originarie, compararle, allimite su pili schermi, trattarne i particolari, combinare gli indizi in un quadro sempre mutevole, trasforma i tempi lunghi della ri-cerca - la peripezia del reperimento - nel tempo reale della domanda/risposta e nel "qui e ora" della spettacolo.

*Quest'articolo e una rielaborazione dell'intervento dell'autrice al convegno Per un museo multimediale dell'attore, svoltosi aRoma al Teatro Ateneo nel maggio del 1988. II testa integrale e pubblicato in /l teatro e i suoidoppi. Percorsi multimediali nella ricerca sullo spettacolo, a cura di An tonella Ottai, Kappa, Roma 1994.

1 Questo tipo di lavoro - il fatto cioe di servirsi delle edizioni in video delle com-medie di Eduardo, per creare un modello d'analisi dell'attore e della cultura teatra-Ie "di tradizione" - i: stato svolto una prima volta, in via sperirnentale, da chi scrive, nell'arnbito di una ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche sulle tecnologie audiovisive, diretta dal prof. Marotti (ordinario di Storia del teatro e dello spettaco-10, Dipartimento di ltalianistica e Spettacolo, Universita "La Sapienza" di Roma). La base dati che ne e all'origine i: stata allestita dalla dott. Carla Maria Ricci. I1lavoro e statu presentato nel corso di un convegno, Per uri museo multimediale dell'attore, che si e svol to nel 1988 a Rorna, organizzato dal Centro Teatro Ateneo e dall'allora Dipartimento di Musica e Spettacolo (efr. gli atti pubblicati a cura di Antonella Ottai, /l teatro e i suoi do/)pi. Percorsi multimediali nella rirerca sullo spettacolo, Kappa, Roma 1994). E attualmente in corso di realizzazione un lavoro pill esaustivo di ar-chiviazione multimediale dellopera di Eduardo e dei documenti relativi a essa, presso il Centro Teatro Ateneo e il Dipartimento di ltalianistica e Spettacolo, sotto la direzione del prof. Marotti.

2 Le destinazioni e gli usi di questo archivio possono essere svariati, tra cui quel-10 di renderlo disponibile via Internet.

A ntonella Ottai

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3 A parte il valore intrinseco, cio che rende Eduardo pili adatto a fungen: da modello e il fatto che e insieme scrittore, attore, regista e spesso anche regista delle edizioni televisive delle sue piece.

4 Cfr. in proposito il Cd-Rorn Eduardo. Un teatro lungo una vita, di Antonella Ottai, Ru ERI, Roma 2000.

5 Nel modello originario dell'archivio, erano state messe a punto diverse aree dinteresse: l'area "edizione", che contiene i dati relativi al testo analizzato (tipo di edizione, cast, tipo di ripresa, uso del colore, ecc.); I'area ternatica, Ie cui inforrna-zioni riguardano i temi della drammaturgia trattati nella singola porzione di testo presa in considerazione (cibo, rapporti farniliari, argomenti sociali, ecc.); l'area del-l'attore, con informazioni relative alia recitazione; l'area dello spazio scenico, con informazioni relative all'uso espressivo che la regia fa dei movimenti. Per un catalo-go completo delle voci, efr. Antonella Ottai, VoGi dentro Eduardo. Un modello di archivio multimedialeinterattivo, in II teatro e i suoi doppi, cit.

6 Napoli milionaria, 1950, regia di Eduardo De Filippo. Soggetto: tratto dalla commedia Napoli miiionaria! (1945) di Eduardo De Filippo. Sceneggiatura: Eduardo De Filippo, Piero Tellini, Amedeo Majuri. Fotogratia: Aldo Tonti. Scenografia: Antonio Spazzaferri (realizzata da Piero Filippone). Musiche: Nino Rota. Cast: Eduardo De Filippo (Gennaro Jovinc), Leda Gloria (donna Amalia), Toto (Pasquale Miele), Titina De Filippo (donna Adelaide), Delia Scala (Maria Rosaria), Carlo Ninchi (il brigadiere Ciappa), Gianni Glori (Amcdeo) , Dante Maggio, Laura Gore, Michael Tor, Mario Soldati. Produzione: Dino De Laurentiis.

7 Fortunella, 1958, regia di Eduardo De Filippo. Soggetto: Federico Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli. Sceneggiatura: Federico Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli, Eduardo De Filippo. Fotogratia: Aldo Tonti. Scenografia: Mario Chiari. Musiche: Nino Rota. Cast: Giulietta Masina (Nanda Diotallevi dena Fortunella), Alberto Sordi (Peppino), Paul Douglas, Franca Marzi, Aldo Silvani, Eduardo De Filippo (Cavalier Cesare Maccaroni, il capocomico), Carlo Dapporto, Nando Bruno, Guido Celano, Enrico Glori, Carlo Delle Piane, Piera Ar co , Mimmo Poli. Produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica-Les Films Marceau.

8 Einteressante notare come, rnentre la maggior parte degli attori utilizzati, pos- il siede piccoli atti cornportarnentali che ripete indipendentemente dai personaggi, Eduardo riesca a specializzare anche questo repertorio gestuale pili strettamente personale e a differenziarlo a seconda dei personaggi, di cui conserva il controllo fin nei minimi particolari.

9 Anche Ie fotografie della prima messa in scena, infatti, rivelano un peso della scena tutto spostato a destra.

10 Per unanalisi pill generale del rapporto fra Eduardo e Ie riprese in video, efr. all'interno del presente volume, Paola Quarenghi, /l personaggio assente: il teatro di Eduardo nei documenti audiovisivi, pp. 43-53.

11 1 termini in realta sono impropri perche in alcune scene 0 gag Eduardo, pur interpretando iI personaggio principale, si presta a fare da "spalla", e comunque ra-ramente c'e una spalla fissa per tutta la commedia. II ruolo del servo, nella sua acce-zione maschile 0 femminile, invece e spesso presente e si distingue da quello pill professionale del cameriere/a proprio per una maggiore appartenenza al protago-nista/padrone. II che e riscontrabile anche in termini spaziali in quanto padrone e servo abitano sempre la stessa zona. Per controllare la differenza fra i due r uoli su-bordinati, di cameriere e servo, si presta particolarrnente bene Filumena Marturano, dove sono compresenti, e dove risulta evidente che la funzione drammaturgica del secondo einfinitamente pill pregnante di quella del primo.

12 La direzione alto/basso e spesso percorribile nei due sensi, COS] come a volte

Dentro Eduardo, Ie "voGi" del teatro

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mterrambiabile diventa la funzione di spalla: valga per tutte la scena tra i due fratelli di Natale in casa Cujnello; dove a turno I'uno si inginocchia ai piedi dell'altro, 0 la see-na in cui, in Non ti pago!, mentre il personaggio principale. Ferdinando, disserta su Bertolini e Ie sue fortune, il servo Aglietiello 10sovrasta in controscena da una sedia.

13 Per queste e altre citazioni dalle commedie, ci riferiamo a I capolauori di Eduardo, Einaudi, Torino 1973.

14 In L 'opera di Rabelais e la culture popolare, 10 studioso russo contrappone a un corpo armonioso che agisce le letterature classiche e umanistiche, un corpo defor-mato, protagonista invece delle arti popolari, e che riproduce nella sua difforrnita, la topologia dell'universo e dei cieli della vita, efr. Michail Bachtin, L'operadi Rabelais e la cuitura popolare (Tvorcestvo Fransua Rabie i narodnaja kul'tura sredneoekou'[a i Renessansa, 1965), Einaudi, Torino 1979.

15 Sulle funzioni narrative della didascalia e sulla eccedenza di questa rispeuo aile funzioni puramente sceniche, cfr, Antonella Ottai, Le due scritiure. II tondo e il cor-siuo nelle commedie di Eduardo, in Antonella Ottai-Paola Quarenghi, L'arte della comme-dia. Atti del ronvegno di studi sulla drammaturgia di Eduardo, Bulzoni, Roma 1990, pp. 81-96-

16 Cfr, in proposito la lunghissima descrizione che accompagna il ritorno a casa i di Gennaro in Napoli milionaria! di fronte ai pochi e commossi singulti che sono as- segnati ai personaggi. I sentimenti non hanno parole, hanno piuttosto I'irnpossibi- lita della parola. s

17 Sernpre Bel testa precedentemente citato, Bachtin per esemplificare la "fisi- cita" della parol a all'interno del modello del "corpo grottesco" r acco ntava di Arlecchino, che "partorisce" la parola che non riusciva a dire, grazie ad un colpo nel basso ventre (efr. Michail Bachtin, cit., P: 353).

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RIFERlMENTI BlBLiOGRAFICI

Bachtin, M., L'opera di Rahelais e la cultura popolare i Toorcestuo Fransua Rabie i na-rodnaja kul'tura sredneoekoo'[a i Renessansa, 1965), Einaudi, Torino 1979. r

Barnett, D., The art ofGesture: The practices and principles of 18th century acting, Carl oWinter - Universitatsverlag, Heidelberg 1987. De Filippo, E., I capolauori di Eduardo, Einaudi, Torino 1973. s De Filippo, E., Lezioni di teatro, a cura di P. Quarenghi, Einaudi, Torino 1986. « Mahl F. G. - Schulze, G., Ricerca psicologica nell'area extralinguistica, in AA.VV.,

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Mancini, M. - Perrella, G" Pier Paolo Pasolini. Corpi e luoghi, Teorema, Roma 1981. Mancini, M. - Perrella, G., Michelangelo Antonioni, Architetture della uisione,

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colo, Kappa, Roma 1994. (

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