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72 BIVISTA Anuali di Wiedemann. SMIa tempcrat~tra dci fill pcrcorsi da corren[e eleltric(t; ]-I. STREINTZ. -- CLX, 409. -- L'Edhnld e lo S~reintz os- servarono ehe un filo metallico pereorso da una corrente si allunga 19ill di quanto do~rebbe, per il riscaldamento che in esso si osserva, gssi attribuirono questo maggiore allunga- rnento ad un effe~to parti(.oh~re delia corrente, e lo chiama- rono albt~gamento galvanico. I1 Wiedemann ( Galvanismus. N. o 66 delle aggiunte a11a seconda edizione) osservb chela temperatura dei fill veniva misurata dai due fisici or nomi- nati alia snperficie dei reofo~i, e chela temperatura della parle eentrale doveva certamente essere pill elevata. Calco- lando l'allungamento spettante alia temperatura osservata alla superficie, e non tenendo conto della temperatura pih elevata della parle interna, dovea certamente ottenersi un al- lungamento inferiore al vero. I1 Wiedemann espresse quindi il dubbio ehe l'accennata ditierenza di temperatura, fra la parle centrale del reoforo e la esterna, potesse dar ragione della differenza riscontrata fra l'alhtngamen~o calcolato e l'ef- fettivo. L' Edlund gih mostrb che quest'uttima differenza, <tual fu da lui osservata, non po~eva spiegarsi a quel modo. (Vedi Nuovo Cb~wJ#o XXII, 54). Ora lo ~treintz fa altrettanto se- guendo una via un 4~o'diversa. Considerando un reoforo di resistcnza specifica w per- corso da una corrente eguale ad i, supposto the 1o stato di trasmissione permanente si,~ raggiunto, si trova ehela tem- peratura di un I)unto inferno dcl filo, la cui distanza dal- l'asse sia r, ~ esl)ressa da dove r ~ la temperatura della superfieie esterna, a il raggio

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B I V I S T A

Anua l i di W i e d e m a n n .

SMIa tempcrat~tra dci fill pcrcorsi da corren[e eleltric(t; ]-I. STREINTZ. - - CLX, 409. - - L'Edhnld e lo S~reintz os- servarono ehe un filo metallico pereorso da una corrente si allunga 19ill di quanto do~rebbe, per il riscaldamento che in esso si osserva, gssi attribuirono questo maggiore allunga- rnento ad un effe~to parti(.oh~re delia corrente, e lo chiama- rono albt~gamento galvanico. I1 Wiedemann ( Galvanismus. N. o 66 delle aggiunte a11a seconda edizione) osservb c h e l a temperatura dei fill veniva misurata dai due fisici or nomi- nati alia snperficie dei reofo~i, e c h e l a temperatura della parle eentrale doveva certamente essere pill elevata. Calco- lando l'allungamento spettante alia temperatura osservata alla superficie, e non tenendo conto della temperatura pih elevata della parle interna, dovea certamente ottenersi un al- lungamento inferiore al vero. I1 Wiedemann espresse quindi il dubbio ehe l 'accennata ditierenza di temperatura, fra la parle centrale del reoforo e la esterna, potesse dar ragione della differenza riscontrata fra l'alhtngamen~o calcolato e l'ef- fettivo. L' Edlund gih mostrb che quest 'uttima differenza, <tual fu da lui osservata, non po~eva spiegarsi a quel modo. (Vedi Nuovo Cb~wJ#o XXII, 54). Ora lo ~treintz fa altrettanto se- guendo una via un 4~o' diversa.

Considerando un reoforo di resistcnza specifica w per- corso da una corrente eguale ad i, supposto the 1o stato di trasmissione permanente si,~ raggiunto, si trova e h e l a tem- peratura di un I)unto inferno dcl filo, la cui distanza dal- l 'asse sia r, ~ esl)ressa da

dove r ~ la temperatura della superfieie esterna, a il raggio

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wi ~ del reoibro, e I = -K--' posta eguale a K la conducibilith del

met~llo. L'equazione serve a stabilire l 'andamento della tempe-

ratura in una sezione trasversale del filo, e quindi al caleolo esatto dell'allungamento termico del file, purchb [ sia note. Considerando la perdita di ealore verso l' esterno si ha una seeonda cquazione che, confrontata con la preeedente, d~

I=2 - v). r

Ill questa equazione U ~ l a t-emperatura dell'aria che eir- eonda fl file, h ~ il rappmr ira il coefiiciente di trasmissione esterna del reoforo e quello di trasmissione interna. 0ecorre determinare il valore di h. Se si abbia un tube a grosse pa- reti che sia percorso da un liquido di temperatura costante r~, il valoro di h pub dedursi dalla equazione "

h ~ ~'$ - - T I

c, (r, - - U) (log. i1~. c, - - l og . i1~. c , ) '

dove c, e c2 sono i raggi esterno ed interne della sezione tra- sversale del tube, r, la temperatura della superficie estcrna, U la temperatura dello spazio eircostanto. Lo Streintz deter- minb il valore di h per l'o~tone. Attraverso un tube vertica- le di 9 mill. di diametro interne e 43 di diamctro esterno, venne tatta passare dell'aequa ealda con tant~ rapidit~ ehe essa si rafi'reddasse poehissimo passando da un cape all 'altro del tube. La temperatura r~ dell' aequa calda nel tube veniva misurata con un termometro, quella della superfieie esterna venne determinata spalmando qualehe tratto della' superficie stessa con stearina, e determinando con separate esperienze qual'b la temperatura d' una pareto sottilissima d' ottone, la quale da una par~o sia a eontatto con aequa calda e dall 'al- tra abbia uno strato di stearina ehe eomineia a tbndersi, o sia appena fusa interamente, o si.ia rapprendendosi. Cosi si potb stabilire ehe in media la temperatura delia superfieie esterna del grosso tube era di due gradi piit bassa della su-

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poriicic interna. Si poth quindi calcolare h dalla precedente equazione e da questo dedurre I.

I1 valore di h trovato per l'ottone poteva anche servire a determinare qual vatore spettasse ad h per altri metalli, perehh nelle esperienze sull'allungamettto i reofori erano stati levigati tutti nel mode stesso, e prossimamente l)otevasi ammettere che il eoefliciente di trasmissione esterna fosse eguale. Cos1 lo Streintz trovb che la differenza fra la tempe- ratura delia superficie e la temperatura dew asse, doveva es- sere varia nei casi quale ~ qui sotto indicata.

1~ilo d' ottone . . . . . 0~ >~ di ferro . . . . . 0~ >~ di platino . . . . 050149.

Ammettendo che questo fossero per i vari reofori le dif- fereaze di temperatura fra l'asse e la superfieie, e che ,in ciascuna sezione trasversale la temperatura fosse distribuita secondo I' equazione riferita di sopra, lo Strein~z trova che non b assolutamente possibile spiegare nel mode indicate dal Wiedemann le notevoli differenze trovate, fra l'allungamento prodotto nei fill dal semplice riscaldamento e quello prodotto dal riscaldamento dovuto alle correnti. Lo Streintz aecenua aUa sua ipotesi che nel case di corrente olettrica le vibrazioni termiche avvengono a preferenza nel sense della corrente, ch'esse sieuo polarizzate, e combatte le obbiezioni fatte alla sua ipotesi dal Deft. Exner.

Sul la res is tenza elettrica dei compost i aloidi ; R. LENZ. - - I~ogg. A n n . CLX, 475. - - L' Hittorff trovb che iI cloruro e l'ioduro di potassio presentano eguale resistenza elettrica, quando le lore soluzioni contengono egual numero di mole- cole. I1 Lenz volle ripetere quelle esperienze ed esteaderle a parcechi composti ~loidi.

Dei singoli sali si ioresero quantiti~ chimicame~ute equiva- lenti, e vennero disciolte ia molt' acqua, siceh~ prossimamen- te un quarto di equivalente era sciolto in mille grammi di acqua. [ sali erano della qualit'~ migliore ehe si potesse fro-

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rare in commercio. Vennero pesati secchi, poi sciolti. SoIo per due gruppi di composti la quautiti~ del sale pure velme determinata con analisi chimica. Le esperienze vennero ese- gui~e col me,ode dell 'Horsibrd. II Lenz presen~a i risul~ati in uno speccbietto dove sono registrate le resistenze r effet- tivamente trovate per le varie soluzioni, le densith di esse d. e i prodotti rd. V' ~ inoltre registrata la media resistenza dei composti che hanno la stessa base. Fatte poche eccezioni do- vute probabilmente alla presenza di acqua nei sali adoperati, le resistenze dei composti aloidi che hanno la stessa base si trovano presso a poco eguali. Esaminando pih attontamente i risultati, si vede che in generale in ciascun gruppo di composfi aventi la stessa base, il cloruro ha la massima re- sis~onza e la minima densit'~, menfire l'opposto avviene del- l:ioduro. Questa osservazione conduce a sospettare che ira i prodotti rd debbasi osservare coneordanza maggiore che non fra i valori di r. :Non avviene in generale cosi: ma una con- cordanza quasi perfetta fra i valori di ~'d most.rano i sali di zinco. 0ra questa coneordanza ha importanza grandissima, perch~ Ira i gruppi d i sali, a cui si riferiseono le prime esperienze, questo dello zinco ~ appmgo il solo in eui la quantit~ di sale venne determinata analitieamente. Le diffe- renze pateva-nsi percib attribuire all' impuriff~ dei sali o al- l 'acqua i~ essi contenuta. Per meglio met~ere in ehiaro la cosa il Lenz fece alcune al~re esperienze sul gruppo de1 po- tassio, determinando analitieamen~c la quautit'~ di sale con- tenuta nolle soluzioni, e trovb che per i quattro sali sogo- posfii all 'esperienza e che erano KI, KBr, KC1, KCySL il prodofito rd era prossimamente lo stesso.

Quando cresce il grade di concentrazione, la concordanza fra i valori di r spettanti ai varii sali va a poco a poco sceman- do, e quando la concentrazione diminuisce, la q~antit'~ dva acco- standosi all'unitk. Quand'essa avesse raggiunflb questo valore, il prodotto rd zarebbe eguale ad r. 0ra quel prodotto deter- minato con le esperienze descritte, vien considerate da11'A, co- me il limite a cui si accosterebbero le resistenze delle solu- zioni, se queste venissero continuameate diluite e sparissero

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quelle piccole ditferenze nel mode di comportarsi dei salt di- sciolti, le quali sono sensibili nelle soluzioni concentrate e van- no attenuandosi con la diluizione.

L'A. conclude the le sue esperienze dimostrano che Ie solu- zioni poco concentrate dei composti aloidi, d' una medesima ba- se presentano eguale conducibilit'~, qualora contengano egual numero di molecole di sale.

]ntorno ai movimenti dei cort~i che emettono rad iaz ion i o

~ze ricevouo. F. Z ( ) L L N E g - - P a r t e seconda e terza. - CLX. 296. 459 -- Vedi Nuovo Cimento. (3)II , 178. Secondo l'ipo- test assunta dallo Ziillner fi'a un elemento superficiale che emeC- t e particelle materiali nell'interno d 'un radiometro, e un al- tro elemento the le riceve, v'~.un'azione meecanica reciproca. Se un solo di essi ~ mobile, il movimento avverrk in sense opposto a seeonda she ~ mobile 1' nno o l'altro dei due elemen- ti. S'immagini un molinello a palette di alluminio inclinate e non annerite come quello ehesi ~ prima descritto, ma fisso anzich~ mobile come al solito. A1 di sopra si dispose un di- sco di mica girevole interne ad asse verticale. I1 centre del disco stava sopra l'asse del molinello. Quando il radiometro venne espos~o al~a lace, il disco assunse una velocit'k di ro- tazione assai grande, quale all'A, non era mat avvenuto di os- serrate in alcun altro radiometro. I1 sense della rotazione era come si poteva prevedere, opposto a quello in cut avrebbe rota- te il molinello se esso fosse state mobile e fisso il disco.

Se si riscalda con la mane soltanto quella parte dell' invo- lucre che sta al di sopra del piano deI disco di mica, questo ultimo non si muove. Se invece si riscalda la parte inferiore dalla quale i~ circondato il molinello fisso, allora si scorge una rotazione rapidissima del disco in sense inverse a quello del- la rotazione prima osservata. Scil molinello fisso non vi fosse, la radiazione della parete non produrrebbe alcun effetto s u l disco, appunto come avviene quando si riscalda la parte su- periore dell'involucre, ma le palette intercettano in parte la radiazione, tolgono o attenuano le pressioni the hanno direzio- ne perpendicolare alla superficie delle palette. Ne viene che l'equilibrio pih non persiste, e il movimento avviene in sen-

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so contrario a quello osservato quando la rotaziono principal- monte dovevasi alia radiazione eme~sa dalle palette.

In un esperimento st(ccessivo sotto al molinello formate da palette di mica non annerita e inclinate all'orizzonte, si di- spose invece del disco fisso di alluminio un anello di file di pla- fine de1 diametro di mlll. 0, 3 circa, in piano orizzontale, fen- deride iI vetro si fecero passare i tilt attraverso le pareti del- l'involucre. Si pose in comunicazione il radiome~ro con una macehina pneuma~ica a mercurio, e contemiSoraneamente si fece passare la corrente d 'una piccola coppia elettrica attraverso ranello di file di platino. Questo si riscaldb fine a circa 10~ C. La pressione dell 'aria nel radiometro era 10 millim, quan- do si chiuse la corrente. I1 molinello comincib tosto a rotate ma in sense opposto a quello in cut la rotazione doveva av- venire per effetto della radiazione del file. La veloeitk di que- sin rotazione anomala aumentb al crescerc del grade di rare- fazione. Non parve chela direzione della corrente esercitasse alcuna influenza. La rarcf'azione venne proseguita fine a tal punto che non si poteva piit misurarlacol manometro: la tensione dell' aria doyen prcsso a poco esser ridotta 'h~ di mil- limetro. Parve che allora il molinello si rallentasse alquanto.

Essendosi ancor proseguito a rarefare 1' aria, il sense delia rotazione mutb, e la velociti~ divenne si grando da non peter- si discernere le varie patti del molinello rotante. L'apparato vennr staccato dalla pompa fondendo il vetro, e fatta passare la corrente otto giorni dope, si trovb che il molinello girava novamentc nel sense anomalo, ma applicato il radiometro alla pompa e aumentata la rarefazione, la rotazione assunse il sense normale. L' A. attribuisce il movimento anomalo ad assor- bimento di gas prodotto dal file di platino, e precisamente ad assorbimento di vapor d'acqua o di piccolo quantitk di idro- geno, provcnienti dalla dissociazione del vapor d'acqua.

L'A. passa di pot ad esaminare e diseutere le due.teorie prin- cipali che vennero propostc per spiegare i fenomeni del radio- metro. L'A. ritione che la spicgazione i'ond~Lta sulla teoria mec- canica dei gas non possa accertarsi, pcrch~ ,~ spiegare i feno- mcnisi ammcttc che il rapporto fra lo spazio percorso in media

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da una molecola tra due urti suecessivi con altre molecole, e le dimensioni del radiometro sia molto maggiore di quello the pub essere in fatto. I Prof. Tai~ e Dewar, per applicare la detta ipotesi ai fenomenl del radiometro, ammettono che la densit~ del gas stia alla densit~ normale come 1 a 4 000 000. Nolle esperienze del Fiikener perb la densit'~, secondo il Ffi- kener stesso, doveva essere 132 volte maggiore, e secondo ogni probabilitY, essa era anche in ta[ mode valutata troppo pieeola. Da queste indieazioni e da quelle del Crookes I'A. deduce che se si ammette chele dimensioni del radiometro stieno fra 50 e 80 mill., queste risultano da 125 a 200 volte maggiori dello spazio percorso ill media da una molecola fra due urti successivi. Non ~ quindi soddisf~att~ la condizione che ~ necessaria perch~ la teoria meccanica dei gas possa spie- gate i fcnomeni del radiometro. L' A. fete poi notate che entre i radiometri dove in ogni mode esistere del vapor di mercu- rio, lo cui molecole devono avere una massa 7 voIte maggio- re di quella dello moleeole dell'altro gas ehe vi esist.e e devo- no avere una media corsa assai pih piceola di quella spettante all' altro gas.

La seconda teoria considerata dallo ZOllner ~ quella della evaporazione, intendendo egli per evaporazione di uu corpo solido o liquido l'emissione di molecole le quali sieno chi- micamente eguali a quelle del corpo emittente. I difonsori di questa teoria ammettono la esistenza di un gas condensabile ( vapore acqueo ) e poi spiegano i fenomeni del radiometro come si spiegano con la teoria dell'emissione proposta dallo ZSllner. Y'ha la sola differenza che quest' ultimo lascia inde- terminata la natura delle particelle emesse.

La teoria della evaporazione fu prineipalmente sostenuta dai sigg. Osborne, Reynolds e Govi. Essa ~ fondata sopra un prin- ciple che si pub tenere per giusto. Tutti i corpi, qualunque sia il lore state, probabilmente evaporano, vale a dire emet- tone dalla superficie delle particelle matcriali spettanti alia proprirz sostanza o a gas o a liquidi che siensi per avventura disposti in istrato sottile sulla superticie. Per dare un'idea delle conseguenze chc questo fcnomeno dow'ebbe avere iu Lm

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radiometro, lo ZiStlner imagina di avere un radiometro le cui palette e le pareti sieno di ghiaceio alla tcmperatura di - - 32 ". La tensione del vapore lk entre, sccondo le esperienze del Regnault, sarebbe eguale a mill. 0,320. In tali condizioni ciascun elemento superficiale delle pareti e delle palette rice- vcrebbe gl ' impulsi delle molecole di vapore the verrebbero a battere centre di esso, cd emetterebbe in pari tempo un egual numero di melecole con eguale velocit'L I1 molinello sarebbo in equilibrio. Si pensi era che un punto della pareto venga riscaldato di 17~ vale a dire che lo si por t ia - - 150 C. Basra eib perch~ la tensione del vapore che ne viene emcsso, ere- sea di lmiH.08. Da quel punto partirebbe dunque una corren- te di vapore con tensione maggiore, la quale probabilmente basterebbe a mettere in mote il molinello. In questo case, se l'esperienza fosse possibile, il movimento del molinello si spiegherebbe mediante emissione di particclle materiali dal ghiaecio, eiob mediante l 'evaporazione di questo, cite b uu fatto sicuramente prorate. Qualora si ammetta the i corpi solidi possono evaporare anche a temperature distanti dal pun- to di pressione, i fenomeni del radiometro potrebbero asso- migliarsi a quelli della esperienza era supposta e trovar facile spiegazione.

:Nella terza parte della sua memoria lo ZOllner riferisce aleune altre esperienze atte a portar qualche luce hello studio dei fenomeni radiometrici.

Sotto un disco mobile di mica venne disposto un molinello mobile con palette di alluminio inclinate, che sulla faccia infe- riore portavano una laminetta di mica. Tostoch5 il radiome- fro cosi costruito venne esposto alla luce, il molinello comin- cib a girare nel sense gi'2 osservato nel case del disco fisso, e i l disco in sense opposto. Se si riscalda l'involucro al di sotto del piano dcl disco tenendosi a contatto la mane, tan- to il molinello quanto il disco si muovono in sense opposto a quello in eui si movevano nel case prima considerate.

In un' ultra esperienza lo Z011ner adoprb due radiom etri che comunicavano l'uno coll'altro. I due molinelli avevano palet- te di mica inclinate e non annerite. So,to 1' tree di essi v' era

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0 un auello di file di 1)latino disposto nel mode ?;ik deseritto parlando d iuna antecedente esperienza, sotto l'attro v'era un anello di file di alluminio disposto nel mode stesso. La stessa corrente elettrica si fece passare per i due aaelli. Il riscalda- mento che avvenne nel file fu valutato di 10" al pih. Quando la pressione dell'aria interna era eguale alla esterna, al pas- saggio della corrente segui nel molinello un movimento di rotazione in sense aormale, vale a dire quale sarebbe state prodot~o da correuti d'aria che si alzassero dull' anello. Quando si diminui la pressione nel radiometro, avvenne un rallentamento nel molinello. A 100 mill. di pressione il movi- mento cessb. Venendo eontinuata la rarefazione, si osservb una rotazione anomala, vale a dire in sense opposto al preee- denLe, la quale si mantenne inalterata anche a pressioni mino- ri e tanto piccole che non poteano pih venir misurate, e corrispondevano alia massima velocit-~ d'un radiometro, post0 contemporaneamente in comunicazione con la maechina pne~- matica. Continuando la rarefazione, si giunse ad ua punto che ta rotazione cambib di sense quasi ad un tratto, e il moli- nello assunse grandissima vetocit/~. I1 risealdamento del file metallico poteva in tal case essere di due o tre gradi. I cambiamenti di sense della rotazione avvennero eontempora- neamente, nei due radiometri comunicanti l'uno col file di platino, l'altro con quello di alluminio; e fenomeni simili si presentano se gli anelli d[ file metallico stanno al di sopra dei molinelli. Avendo ehiusi i radiome~ri mediante filsione de1 vetro, dope aver fatto le esperienze sopra deseritte, si ebbe novameute la rotazione normale quaudo si fece passare la corrente. Perb cell' aadare del tempo si osser~'a uua dimi- nuzione della velocith, che il molb~ello assume per eit~tto della corrente; dope 8 o 10 giorni il molinello b insensibile anche ad una correate che rende incandescente il file. Dope trascorso un tempo aneor pih hinge si presenta la ro~aziono anomala. L'Autore attribuisce questi cangiamenti ad un lento aumento della pressione interna nel radiometro, dovuta alla evaporazione di gas condensati sulla sttperfieie int.erna delle pareti di vetro, oppure del vetro stesso.

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Quando ]o strumento era nella condizione test~ accennata, the la corrente non produceva su esso effetto alcuno, si rail fl'eddaron(~ lo pareti con acqua prossima a 0 ~ s tosto la rotazione normale, la quale corrisponderebbe ad una diminu- zione della tensione dei vapori contenuti nel radiometro. Ri- scaldando invece s'ebbe la rotazione anomala che corrisponde ad ua aumento di tensione. Nella stessa condizione d'indiffe- renza del molinello, qualora il radiometro si esponga alla luce, si ha la rotazione normale. L'anello di file me~allico fa in tal case, bench~ in proporzione minore, lo stesso uflicio che f'aceva il disco di alluminio in una delle esperienze precedcntemen- te deseritte. L'A. attribuisce alia corrente la facolt'~ di far che il file metallico da esse percorso esercifi sul gas del radiome- fro un effetto opposto, a quello che il riscaldamento dovreb- be fare. Quell'effetto potrebbe, come si ~ dctto, essere uu as- sorbimento.

Citiamo in fine una esperienza notevole che fu preeeden~e- mente fatta dal Deft. Gcissler di Bonn. S'immagini un ordinario radiometro con palette verLicali di mica anneri~e. Nel radio- metro entrino due fill di platino, le cui punte s'addentrino alquanto e si trovino l 'una di fronte all'altra. La tetra the passa per queste punte non passi per l'asse del molinello, ma un po' lateralmente. Ciascuna paletta girando, quando pren- de la posizione perpendicolare alla detta retta, sia interseca~a da questa nel sue centre, o l i presso. Se era si fa passare fra le punte la corrente di un piccolo rocchetto del Ruhmkortt, il molinello vien fatto girare in tal sense che corrisponde a una emissione di particelle materiali dall'elettrodo positive.

A. NACC,tRI.

11 Tdcfono. - - Le seguenti brevi notizie son tolte dai Comptcs rendus, dal Te~grat)hie Journal, dall'Elettricista dagl'Arehives des scie~wes nab~relles, e dal Jo,tr~al de, Pity. del D'AT,.~IEID.~. I1 Page nel 1837 seoperse the un file di ferro magnetizzandosi e smagnetizzandosi produceva un suono. iE nolo che tal suono b piuttosto un romorio fine ed acu- te, come di piccola grandine che cada SOl)ra un veLro, e che

S'erie 5, Vol. I l L 5

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cagionato da moti moleoolari, e non da vibrazioni della massa del repro. Pare che da quell'epoea cominr i tenta- tivi per la cosiruzione d[ un telefono. Wheastone ~ se ne oe- cupb; ed oft@he resultati sufficienti ad ineoraggiare altri fi- sici a continuare le sue ricerehe. ~lel 1860 il Reis in Germa- nia feee ua telefono, nel quale una membrana tesa, vibrando sotto l'influenza della voee, apre e chiude suecessivaraente un cireuito veltaieo, il quale serve a far fanzionare, uu altro lontano apparecchio, il ricevitdre, formate da una sbarra di ferro dolce che sin hell'interne di un rocehetto.

Y~el 1870 il Gray di Eehieago fete un telefono piii per- fetio, sostituendo alia membrana, una verga vibrante the fa da s~rumen~o sonoro e da in~errut~ore delia corrente, ~1 una serie di tall verghe, fatte in mode che ognuna di esse non pub trasmettere che un date numero di correnti al seeondo, corrispondendo ad una sola nora. Un~ tastiera serve pei" fai" agire l 'una o 1' ultra verga vibrante; e:il rieevitore ~ molto simile a quello del Reis. Presso a c h e contemporaneamente il De la Cour di Copenhagen feee un appareechio, simile al precedente; fuorch~ inveee di eanne vibranti ss servi di dia- pason, de'quali ciascuna branea era ia un rocehetto.

~legl' accennati appareechi le vibrazioni seno prodot~e da rapide interruzioni in un circuito voltaiC0; ma non varia- no di intensit'i, il ehe fa difet~o per riprodurre le gradazioni dei suoni della voee. 5Tel telefo~o Bell le vibrazioni nel rice- ~itOre sono prodotte da un corpo, da un induttore, che vibra al- l'unisono con ta voee, e con una forza in ciascun istante proporzionale alla in~ensit~ della voce medesima.

11 Prof. A. Graham Bell di Brandtford nel Canad~ fe- ce le sue prime esperienze nell' Agosto del 1876. Qui descri- veremo il telefono del Bell qual ~ quello che attualmenle in use.

I1 telefono Bell si compone di due 13arti, iltrasmissore e il ricevitore, in tutto perfettamente uguali f ra lore. Deseri- viamone uno. Esso si compone di una membrana di fer, re, vale a dire d i u n a sottile lamina circolare di ferro che ~ibra all'unisono della vote. Questa lamina sin di faecia e

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a piccola distanza di ~ma verga di acetate calamitata. Sopra questa vcrga ~ infita~o un roechetto, piuttos~o corto, sul qua- le ~ avvolto un file conduttore sottile. Lo due es~remitk di questo file vanno a congiungersi con le due estremit~ del file del rocchetto del ricevitore; e cib per mezzo di un altro file pih grosso, e che pub essere assai lunge. L' astuccio di legno entre cui sin la lamina e la verga ealamita~a col sue roe- chet~o, ha davanti alla lamina una cavit~ con un piccol fore centrale, che corrisponde al mezzo delia lamina stessa vibran- re. Si parla ponendo la bocea vicina e di faccia a quella ca- vitk, oppure si ada~ta ques~a an'oreechio, se s i vuol ascol- tare la parola trasmessa, dall' altro lontano appareechio.

La voce fa vib~are la lamina del trasmissore; LI quale vibra con la stessa legge di vibrazione de1 suono the lo in- fluenza, e con ampiezze pih o meno grandi a seconda della forza della voce stessa. Tal mote vibratorio, con tut~e le sue complicate ~articolarit~, influisce sul magnetismo delia sbarra o verga d'acciaio, e questa, con Ie sue rapide e successive variazioni di magnetismo genera nel file de1 sue rocchetto delle correnti di induzione; e queste alla lot volta, passando nel rocchebto del ricevitore, provocano nel magnetismo della sbar- ra di quest'ultimo apparecchio una serie di modificazioni, ugua- l e a quella che avviene nella sbarra del trasmissore. Percib la lamina deI ~ ricevitore sotto la influenza del variabile ma- gnetismo della sun sbarra, prende anch' essa, con ugual legge un movimento vibratorio.

Tale ~, in termini molto generali la spiegazione del fe- nomeno, di cut perb non ~ per era facile il dare una spiega- zione chiara e completa.

Su di tale spiegazione scrisse il Du Bets Reymond ( Verhandlungen der Physiolog. Gesell. z~t t~erlin. 8 Dec: 1877 ).

I1 Du Bets Reymond rammenta la ipo~esi di I-Ielmohltz sulla conformazione dell' orecchio interne, onde spiegare la no- ra legge della percezione dei su0ni compos~i. Not distinguiamo, in un date suono composto qualunque, un colore (o timbre o metallo come meglio vorr~ chiamarsi) determil!at% pvrch~

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quel suono ha tal legge di oscillazione, ehe ~ rappresentabile dalla somma, di un date numero di vibrazioni pendolari, di ampiezze e di periodi determinati. I1 nostro orecchio deve lu sua facolt~, di decomporre un suono nei suoni parziali che corrispondono a quelle vibrazioni pendolari, a cib che ognuno di quei suoni non eccita nell'orecchio interne cheil filamen- to nervoso che gli corrisponde, e lo eccita proporzionalmente alia sua stessa forza eccitante. Cosi ta vibrazione sonora com- posta, si divide da s~, fisieamente nell'orecchio, helle sue par- ti elementari, in mode che possiumo distinguere, nel ~uono composto qualunque, i suoni elementari, ed il metallo dell'in- tiera massa sonora; e tal mode di percezione ~ indipendente dalle differenze di fuse che possono esistere fra quelle vibra- zioni elementari.

Cib premesso il Du Bois Reymond osserva the il fatto del vibrar della membrana, per l'infiuenza di vibrazioni tra- smesse dull'aria, non ha bisogno di essere spiegato; e cite es- sendo piccolissime tall vibrazioni e deformazioni periodiche della membrana, si poSsono considerare ad esse proporzionali le variazioni the ne rosultano nel potenziale magnetite della sbarra di aceiaio culamitata. Ma quelle variazioni sono prO- porzionali alle de~rivate; relativamente al tempo, di quel poten- ziale; e eib introduce delle differenze di fuse fra quelle vibra- zioni elemeatari.

Infatti se, come indica 1' A., il potenziale b espresso da

13 ~ COSt. s e n t

si avr~ una corrente indotta proporzionale a cost. cost; il the

~r Que- d~ una sinusoide spostata sull' asse delle ascisse, di ~ .

sta corrente provoca alla sua volta una proporzionale variazio- ne del potenziale, nel ricevitore, ed una pure proporzionale deformazione o spostamento nella corrispondente membrana.

Cosi si vede, che la possibilit~ di servirsi del telefono implica, in primo luogo la ]egge che lega l a forza della indu- zione alia variazione delpotenziale, e, in secondo luogo la

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85 indipendenza fra quelle differenze di fase, ~dei suoni elemen- tari cha formano il suono composto.

L'A. conclude che il t(~lat'ono dimostra nel mode il pill evidente la verit~ di quella teoria dell' Helmohltz, relativamen- t e a l timbre di un suono.

da osservarsi che in luogo di quolla lamina di ferro dolce, si pub far use di lasfire ben diverse; come per es. di pezzi di lastra da caldaia di due o tre piedi di diametro, e di tre quinti di pollice di grossezza; onde b che le vibrazio- ni della lamina devon supporsi, in parte almeno, sempliee- mente molecolari.

Nel primo esperimento del Bell passavan 10 miglia fra il trasmissore e l ' interruttore. Preece, che mostrb il telelbno a Plymouth, all' Associazione Brittannica, raccontb di esserne servito a 32 miglia di distanza. Certo b che a ben maggiori distanze potr~ agdre il telefono, qualora per la grossezza del file intermediario sin esclus~ una troppo grande resistenza ncl circuito. L'apparecchio del Bell ha un difetto che b cau- sate dalla sun stessa sensibilit'~. Quando il file di corrispon- denza b vicino ad altri till telegrafici, questi pereorsi dalle eorrenti danno luogo ad induzioni che si confondono con quelle proprie del telefono. Inoltre vi sono le correnti tellu- riche, o correnti prodotte da cause atmosferiche qualunque, o da lontane aurore boreali, che turbano il regolare anda- mento dei telegrafi, ma ben pih ancora il telefono.

I telefoni rimpiazzeranno essi, perfezionati che siano, i telegrafi ordinarii? Questo ancor non si pub deeidere. 0ra vi sono dei telegrafi che trasmettono i dispacci molto pih rapi- damenta del telefono, il quale non lascia traecia del dispae- cio, mentre ehe que'prinn lo lasciano belle e stampato.

Per parlare nel telefbno conviene accentuare bene le sillabe. Si pub riconoscere il timbre della persona che parla, ma la voce appar nasule e fessa.

I1 telafono Ball nou trasmette la voce a mol~o grandi distanze a causa della debolezza della eorrenti, ma il Trouvd vi ha proposta ]a seguento modificazione. (Comptes Rendus. Dee. 1877). Egli lia sostituito all'unica lamina del Bell, una

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camera cubica, di cui ciascuna faccia b formata da ~ma la- mina vibrante che ha di faecia la sun relativa calamita col rocchetto. Cosi si ha una eorrente indotta di maggiore inten- si~, di quella dovuta ad un' unica lamina.

I I fonografo parlante dell' EDISON. -- Tolgtfiamo dal Scientific American i seguenti cenni. Si ha un cilindro di Duhamel, che ruota mentre si muove parallelamente al sup asse; come il cilindro che serve per il nolo metodo graft- co per contar le vibrazioni di un diapason, di cui un leg- giero stile oseillando si appoggia sulla superfieie del cilindro, d' ordinario affumica~a. Un foglio di stagnuola ~ applicato attorno al cilindro. Da un la~o di questo sta un tubo con imboeca~ura, al fondo del quale~ presso al cilindro, vi ~ una lamina metallica the porta nel centro una pUl~a metalliea, che naturalmento deseriverebbe un' elica continua sul cilin- dro girante. ~ a sul cilindro stesso ~ fatto un solco che ap- punto corrisponde a quell' elica medesima. Se la voce fa vi- brate la lamina, quella punta non segna pih sul cilindro gi- rante un' elica continua, ma bensl una serie di piccoli incavi, comprimendo la stagnuola che sta sopra a quel soleo:

Dalt' altra parte del eilindro v ib un altro tubo, provvi- sto esso pure di un' altra lamina, con una punta ehe col mez- zo di una piecola molla si appoggia al eilindro. L' elica trac- clara dalla anzidetta prima punta, passa sot~o alia seeonda punta, e con le sue cavit~ pih o meno profonde, e pill o me- no distanti fra loro, fa eseguire ad essa ed alla sua lamina, una serie di vibrazioni simile a quella che a lei fu dalla vo- ce primitivamente impressa. Evidentemente conviene che la velocit~ di rotazione sia conveniente ed uniforme.

Memoria sopra la liquefaz~o~se dell' ossige~,w, la lique- fazione e la solidifieazione dell'idrogeJw, e solgra le teorie dei cangiamenti di stato dei cor2l ; per R. PICTET. ~ Ar- chives des Sciences, ee. 1 8 7 8 . - Questo ~mportantissimo e lungo lavoro ~ diviso in sei patti, che respettivamente com- prendono: Considerazioni generali ~ la descrizione degli apparecchi -- la narrazione delle csperienze - i calcoli per la ri&tzionc delle osservazioni, per la densith, per le tempe-

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rature a tensioni massime e minime dei vapori e dell' ossige- no liquido - - la quinta parte tratta in particolare dell' id~o-

geno - - e la sesta dk ie c o n c l u s i o n i g e n e r a l i . - - Non pos- siamo far altro che accennare i punti principali di quella memoria, che oltre alla esposizione di grandi e fortunate espe- rienze, h ricca ancora di molte e importanti considerazioni teoriche.

L'A. nelle sue considerazioni parte dalla teoria dinami- ca del calore, e specialmente da quella de' gas stabilita da Clausius. La esperienza ne dice che quasi tutti i corpi pos- sono passare per tutti i tre stati, i l solido, il liquido ed il gassoso, m a a temperature diverse. Lo stato solido corrispon- de alla temperatura pih bassa. Percib si ammette che le mo- lecole o gli atomi dei corpi si attirano, ma che il moto ca- lorifico impedisce gli effet~i di quella at~razione, che pot con- duce il corpo allo sta~o liquido quando pih e pih diminuisce il calore.

Tutti i vapori si comprimono pih che non lo richledono le leggi di Mariotte e di Gay Lussac; e cib dimostra che la coesione si aggiunge alla pressione esterna per diminuire le distanze moleeolari. M a i gas permanenti e specialmen~e l'idrogeno, si comprimono meno the non lo richiedono quelle leggi; e convien riconoseere che l e molecole di cer~i gas, bench~ molto riavvicinate tendono a respingersi piutto~o che ad attrarsi.

I resultati del!e esperienze del Prof. Numberer di Vienna, senza raffreddamen~o, sull'idrogeno, sull'ossigeno e sull'azoto, indicano in questi gas una tendenza ad un certo limite di compressibilitk, che non sarebbe possibile di oltrepassare. Egli agi fino a 2790 atmosfere, senza raffreddare ma senza liquefare il gas. Quei risultati rappresentati da una curva le di cut ascisse eorrispondono ai volumi, e le ordinate alle pressioni, mostrano che a quel limite, ad un piccolissimo aumento di densitk Corrisponde un aumento infinito nella pressione: Tutto cib quando non si fa che variai: la pressione, ea l l a tempera- tufa ordinaria.

Fondandosi sui resultant teorici di un suo precedente la,

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voro, sulle pro~.riet~ fisiche e chimiche dei liquidi volatili, Ia- voro nel quale iu dimostrato che ~ver u~+a stessa temLperat~ra, ht coesione i+~ tutti i liquidi ~ la stessa, I'A. dimostra che per liquefare un gas, non solo si devono ottenere grandi pressioni ma altresl indispensabilmente bassissime temperature.

Per la liquefazione dei gas permanenti sono indispensa- bill le einque seguenti condizioni. 1. Che il gas sia assoluta- mente puro, onde non aver dubbi sui resultati delle esperien- ze. 2. Peter metodicamente sottoporre il gas ad a l t e e mi- surabili pressioni. 3. Ottenere le temperature pill basse possibili, e poterle mantenere indefinitamente sottraendo ca- lore. 4. Che sia molto grande la superficie sottoposta a tal raffreddamento. 5. Potere utilizzare la espansione hell 'aria del gas c ompresso, per obbligarlo alla liquefazione.

Per misurare le pressioni servi un manometro Bourdon, graduato per mezzo di misurate pressioni idrauliche. Gli ap- pareeehi posson classarsi in tre pardi. La prima serviva per produrre un primo abbassamento di temperatura, faeendo eir- colare dell' acido solforoso. La seeonda serviva per un ulte- riore raffreddamento, per mezzo di una eorren~e di aeido car- bonico o di protossido di azoto. La terza, per produrre ossi- geno in un recipiente ehiuso, e comunieante con aeido earbo- nice solido, per mezzo di uno stretto tubo immerso in quel- l' acid+ s~esso. La prima cireolazione dell' acido solforoso ne- gl'appareeehi ~ un sempliee espediente, per aiutare ad otte- nere aeido earbonieo o protossido di azoto allo stato liquido in quantit~ eonsiderevole.

Per determinare le temperature I'A. si ~ servito di una formula che egli dedusse dalla teoria dinamica del 'ealore, pereh~ a temperature cosi basse non si poteva pih far caso del termometro ad alcool. Quella formula d~ la temperatura cereata conoscendo le pressioni a saturazione, a due date tem- perature diverse, e alcuni altri dati dell' esperienza. La prima cireolazione, dell' aeido solforoso, abbassa la temperatura fino a circa - - 65t e la seconda fino a - - 140 ~

Per il gas da liquefarsi si aveva come recipiente un obice espressamente eostruito, avente nel suo inferno una ea.vit~ ei-

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lindrica di 1659 centimetri cubi, e avrebbe potuto resistere fino a 1500 atmosfere. Vi si introdusse un dato peso di clo- rato di potassa mescolato a del cloruro di potassio, e si ri- scaldb, inferiormente, a gas. Lo sviluppo dell' azion chimica la sola causa della pressione in tale recipiente, fl quale ~ poi unito per mezzo di un tubo, e di chiavette, alle altre patti dell' apparecchio.

Sviluppato che sia 1' ossigeno, si f~ comunieare 1' obice con quel tubo, e si misura la prcssione. AtLorno di quel tubo ve nc ha un seeondo, il quale comunica con l'interno di un re- cipiente pieno di acido carbonico liquido, e con una chiavctta si lascia che a poco a poco tal tubo inviluppante si empia di t~d liquido. Poi due pompe fanno il vuoto su questo acido fino a cristallizzarlo. Allora 1 osslgeno si condens't.

In una esperienza furon liqueihtti 800 litri di acido car- bonico: 1' obice era s~ato carieo di 700 grammi di clorato di potassa c di 259 grammi di cloruro di potassio perfctta- mente seeehi. La pressione sali a 495 atmosfcre, e poi in virth della condensazione del gas, si abbassb a 471 restando costan- to per alcuni minuti, indicando cosi the la condensazione si arrestb, e che per conseguenza si era t'ormato un liquido nel tu- bo. Si apri una chiavetta di questo tubo, e un getto liquido sorti violentemente simile ad un bianchissimo pennello, circondato da una aureola azzurra. Era lungo circa 12 centimetri, grosso 2 e durb tre o quattro secondi. Chiusa la chiavetta, la pressione diseese a 396, e poi dopo alcuni minuti a 352 atmosfere, re- stando, stazionaria per tre minuti, dopo i quali si riapre la ehiavetta. Sorte il getto di nuovo come la prima volta, ma dopo prende l'aspetto aeriforme senza alcuna apparenza di ]iquido. Ii passaggio del getto dall 'uno all'altro stato era manifestissimo.

Per ealeolare la densit.~ dell'ossigeno liquido, I 'A. usa diversi modi, uno dei quali b il seguente. Dal peso del clo- rato di potassa, e supposte esatte le leggi di Mariotte e di Gay Lussac, egli deduce la pressione che nel suo appareechio dovea aver 1' ossigeno alla temperaf.ura dl 4850 in eui fu ge- nerato, e tal pressione resulta di 532 atmosfere. Tal pressiono

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non fu mai raggiunta, e vedemmo nazi che, dopo aver salito fino a circa 526, si abbassb a 471 res~ando stazionaria, e cosl iudicando la presenza del liquido. La differenza, 62, fra la pressione teorica e la stazionaria fornisce il modo di calcolare il peso del liquido contenuto nel tubo sopra descritto; e dal volume di quest 2 si deduce la densit~ cercata, la quale si

t rova prossimamente uguale a 0,9787. I1 Dumas nell' oecasione di queste espericnze scrisse al-

l' A., che infatti la teoria at0~iea condurrebbe ad assegnare a quella densit~ un valore uguale all'unit'S.

Passando poi alla determinazione delle tensioni massime del vapore dell' ossigeno liquido, I'A. trov'a per' la temperatura di - - 1300 la pressione di 273 atmosfere, e per la t~empera- turn di - - 140 ~ la pressione di 252 atmosfere.

Per esaminare l 'appareuza del getto di ossigeno, servl la lute elettrica condensata da un riflettore. Con questo mezzo si distingueva nel getto una porzione centrale trasparente, ed un' ultra periferica di un bianco splendente. Rieevendo su di un prisma di Nicol la luce riflessa dalla porzione bian- ca, si trov5 che era parzialmente polarizzata; il che prov'b che il freddo prodotto dalla subitanea espansione del gas potea trasformare una parte del gas stesso in polvere, ossia in piceoli eris~alli solidi, che il ealore dell' aria di nuovo ridu- ceva allo stato gassoso.

Per l'idrogeno I'A. fece pure eonsimili esperienze. A1- l 'aprire della chiavetta il getto era opaco e colore azzurro di acciaio. A1 disotto di tal vena opaca ed attraverso di una nebbia prodotta dalla condensazione vescicolare dell' idro- geno, si vedeva una zona bianchiccia e translueida. Si intese un rumore stridente, come di ferro infocato immerso nell' ac- qua, e poi si udi partire dal suolo un rom0re come quando vi cadono pallini di piombo, da caceia. Ma il getto non restava continuo come con l'ossigeno. Esso era in~ermit~ente, sortendo a tratti, con violenza. La pressione, a chiavetta chiusa, arrivb a circa 650 atmosfere, e, dopo alcuni secondi che fu aperta la chiavetta, discese a circa 330. lga le irregolarit~ de1 ge~to, le variazioni del manometro, ed altre cause impedirono per

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allora, di fare per l' idrogeno agli stossi calcoli che indicammo per l'ossigeno liquido. Nulladimeno rimase constatata la l~os- sibilith di liquefare 1' idrogeno alla pressione di 650 atmosfere, ed a - - 140 ~

~Esperienze sulla liquefazione dei gas; di ANDREWS. _Phil Trans 1869. - - Dovendo parlare delle esperienze

de1 Pictei e de1 C~illetet sulla liquefazione dei gas, abbiamo creduto bene di rammen~are qui anche quelle dell' Andrews.

11 gas ~ contenuto in una provetta di velro fat~a di due parti: l'una grandee aperta inferiormente, e l'altra b u n tubo capillare saldu~o superiormen~e alla prima. La pro- vetta sta dentro uu cilindro di aeciaio chefa da pozze~to a mereurio, laseiando libero il tubo capillare a grosse parcel. La pressione ~ trasmessa dal mercurio. I1 tubo capillare in un bagno liquido per variar la temperatura. L'Andrews studib partieolarmente 1' aeido carbonieo. Prendendo per ascisse i volumi e per ordinate le pressioni, onde rappresen~are gra- ficamente lo stato gassoso, ~ no to che secondo le leggi di Mariotte e di Gay Luss~c per un gas perfetto si ha unu iperbola equilatera, che ha i due assi per asintoti. Se si tratt~ di un vapore a temperatura cos~ante, diminuendo il vo- lume ed aumentando lu pressione, il suo st~to sarh, ad una certa distanza dalla origine delle coordinate, dappri- ma rappresentato da una porzione di curva, analoga a4 una porzione di iperbola, in cuile ordinate aumenteranno al diminui~'e delle ascisse. Poi arrivati alla tensione massima, la pressione rimanendo costanSe, lo sta~o del eorpo sar~ rap- presentato da una tetra parallela alle ascisse. Tale stato cor- risponde alla esistenza con~emporanea del liquido e del vapo- re. Quando turbo ~ divenuto liquido, l~ compressibilit~ del corpo b piccola, e la curva tende ad esser parallela alle ordi- nate. Per i liquidi comuni e helle condizioni ordinurie, il vo- lume del liquido b una fi'azione piecolissima del volume in cui comincia la liquefazione; ma vicino al punto di volatilizza- zione totale non ~ pih cosi, e gi~ nelle note esperienze di Cagnard Latour quel primo volume era la mete, od i quat- tro quinti del secondo.

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Per l 'acido carbonico l 'Andrews determinb per pu~ti molte di tall curve isotermiChe, ed ottenne i seguenti risu]- tati. A misura che la temperatura aumenta, la lunghezza della parte orizzontale della curva diminuisee, e la distin- zione delle due parti, relative: 1' una allo stato liquido, e 1' al- tra allo stato interamente gassoso, divien difficile; a 30%9 vi ha Vaporizzazione totale, L a curva non ha pih parte orizzon- tale, ]~ questo il cosiddetto p~nto critico. Per temperature piiz alte, la eurva ha un cangiamento di convessR~,.ma non ha piit taugente orizzontale. A 48 ~ la convessit~ ~ sempre ri- volta dalla stessa parte.

Immaginiamo era di avere disegnate, con gli stessi assi coordinati, molte di tall curve isotermiche, e di riunire con una curva le estremit~ delle parti orizzontali, ciob di quelle parti rettilinee che corrispondono alla esistenza eontempo- ranea del liquido e del gas. Una curva cosi traceiata ha due parti, 1' una delle quali passa per tutte le estremit~ a destra, e 1' altra passa per tu t te le estremit~ a sinistra di quelle ret- re. Queste due parti poi s i riuniscono nel cosl detto punto critico, giacch~ la hnghezza di quelle r e t t e orizzontali va d~minuendo a misura che ]a temperatura e la pressione s i elevano, e la curva anzidetta volge in quel punto la sua con- cavitk all' asse delle ascisse medesime. Tal curva limita gra- ficamente una regione tale, che il corpo non pub esser hello stesso tempo in parte solido e in parte ]iquido, che alla con- dizione che il sue stato corrisponda graficamente ad un pun- to situato in quella regione medesima; che se la curva iso- termica cbe rappresenta diversi stati di volume e pressione del corpo non passa per quella regione, il passaggio dallo stato liquido allo stato gasso~o si compirh, senza che sin pos- sibile accorgersi da una superficie di divisione di uu liquido dal vapore, del cangiamento fisico avvenuto.

Eszverienze sulla tiquefazione dei gas; per CAILLE- TET. - - Comptes l~e~d~s. Dee. 1877. ~ L'appareechio del Cail- letet, differisce da quello dell' Andrewu, in cib the la pres- sione ~ operata da uno strettoio idraulico. I1 gas puro e secco b introdotto nella provettu posta orizzontalmente, la quale

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poi ~ raddrizzata e pesca nel bagno a mercurio. Prima ~ state liquefatto l'acetilene per semplice pressione. La parziale lique- fazione era ancor visibile a 31 ~ il che mostra che il punto critico b superiore a quella temperatura. Per il biossido di azoto, tal liquefazione non si fa ad 8 ~ ma si trovb possibile a - - 11~ il che pone il punto critico vicino a zero. ~Ia se lo si lascia espandere a + 80 il tube empie di nebbia per un istante, per il raffreddamento cagionato dalla espansione. Que- sta osservazione somministrb all 'A, un mode semplice cd elegante per far vedere, anche nei Corsi, con un appareechio su'i'ficientemente semplice, la liquefazione dei gas; e nello stesso mode egli ottenne la liquefazione dell' ossigeno.

liiflessione slgecularc sopra dei cilindri sottili, e tan- genti a delle superficie; per LUCIANO DE LA R I V E - - A r - chives des Sciences. Novembre 1 8 7 7 . - L'A. osservb the non era possibile di rendersi conto della riflessione speculate di una superficie coperta da capelli, solo tenendo conto delia forma della superficie, e cercb quale influenza doveva attri- buirsi alia ibrma dei capelli. E infatti trovb che una tal su- perficie cosi ricoperta, deve presentare allo sguardo dei punti lucidi diversi da quelli che sarebbero presentati da. quella sola superfieie (').

Supponiamo che il so~til cilindro, ossia il capello che si considera ci presenti una lineet~a lucida, che sar'~ parallela al sue ~sse. Sia M un punto di tal linea ; M L il raggio inci- dente, ed M V il rifiesso. Se i punti constderati sono molto vicini Ira lore, relativamente alla lore dist~mza dall 'oechio e dal punto luminoso, potremo supporre costan~i le direzioni di quei due raggi. Chiameremo direttrice la linea bisettriee dell 'angolo V M L ; e piano dirr il piano normale alia direttrice. Cib premesso ecco i ~esultati principali a cui giun- se I 'A.

1. I'erch5 un capello sembri lueido conviene e basLa che sia nel piano direttore. 2. Sopra una superfieie sferica ri-

(1) Si avverta ehe ]'A., figlJo di A. Do La Rive 6 non ~1o scJonziat~ ma

ancho pittoro di~ti,ito.

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coperta da capelli: a) tutti i eapelli the passauo pc1 pun~o the apparirebbe lucido sulla ,superficie sferica, sono lueidi essi pure; b) ogni capello diretto in un de' suoi punti secon- do un cerchio normale alla direttrice, ~ lucido in quel punto stesso; c) quando i eapelli sono disposti secondo dei eireoli massimi, che partono da uno stesso punto, la superfieie pre- senta una linea brillante continua, formata da due curve identiche, che uniscono quel punto al punto brillante della sfera. 3. Sopra una superficie cilindrica coperta da capelli: a) se l' asse nel cilindro ~ nel piano direttore, tutti i capelli che passano per la generatrice lucida, sono lucidi; b)quando i capelli sono avvolti secondo la sezione ret~a del cilindro, qualunque sia la posizione del cilindro, esso ha una genera- trice lucida, nel piano dell'asse c della dil-ettrice; c) quaudo i capelli sono avvolti secondo un' elica, qualunque sia la po- sizione del cilindro, si ha generalmente una generatrice bril- lante, a mcno che il passe dell'elica nan sia grandissimo. Se 1' elica muta verso, la generatrice lucida appare dall' altro late del piano dell'asse e della direttrice.

lufluenza della l~tce sulla tensione voltaica dei metalli ; /)or R. BORNSTEIN. - - 1)hil. ilf.ag. 1 8 7 7 . - Fu dimostrato dall'A, che in un circuito di due metalli si genera una cor- rente, quando le due saldature sono esposte a radiazieni lu- minose disuguahnente intense. Se una delle saldature ~ espo- sta era ad un irraggiamento pii~ forte, era a pih elevata temperatura, le correnti in quei due casi sono in sense op- posfo fra lore. L'A. narra in primo luogo le esperienze del Becquerel, il quale studib la forza elettromotrice, eccifata nelle lamine metalliche immerse nei liquidi, dalle radiazioni luminose; e poi quelle in sil lili casi fatte dal Grove, dal Pa- cinotti e dal ttankel. Finahfiente l'A. parla delle esperienze dell 'Adams e del Day, i quasi verificarono che il disuguale irraggiamento sviluppa correnti sopra uu pezzo di selenio; e quindi descrive le sue esperienze.

L'A. impiega lamine metalliche tanto sottili da es:~er trasparenti, e deposte chimicamente sopra del vetro, o della

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foglie d'oro battu~o, o di rame o d'alluminio incollato su vetro. Adoperava la luce del magnesio.

La serie di queile tensional usando semplicemente calore, inversa di quella che si ottiene adoperando luce. Per l~

lute si ha, per ordine di intensitk, l 'argento, il platino, i[ rame. l 'oro e 1' alluminio. Nella luce solare diretta prevale l'azione delle radiazioni oscure, e si ha una semplice cor- rente termoelettrica.

Strati metallici trasparcnti /'alti dalla scintilla nei tubi di Geissler ; per A. W. W H I G H T . - The American dourn. 1877. - - In un tube di Geissler. delle foglie d' ore batfiuto poste nella parte centrale capillare, sono rapidamente volati- lizzate, e ibrmano sul vetro uno strafe continue, con molto peter rifiettente, e, per trasparenza, verde.

L'argento d'~ un simil resultato, ma azzurro per traspa- renza.

Lo zinco e i l cadmio danno per trasparenza uu grigio azzurro scuro, e l'alhlminio pare azzurro. Ma l'alluminio e i l magnesio sono pih difllcili a volatilizzare.

L'A. ha esperimentato con altri meialli, ed ha trovato che i metalli pih volatilizzabili sono quelli che hanno maggiore equivalenfie chimico.

t)ara['ulmini a punte, ed a comunicazioni multiple col suolo ; per M E N S E L N S . - ~Ball. de l'Acad, de Belgiq,ee. 1877. - - L'A. ~ state incaricato di mettere dei parafuhnini sul palazzo municipale di Bruxelles, perch~ quell'edifizio fu pii~ volte colpito dal fulmine. L' A. si attenne principalmente alle istruzioni note, delI'Accademia di Parigi, ma facendovi delle importanti aggiun~e.

Prima di tutto in luogo di ?gnuna delle solite aste egli sostitul diverse aste inclina~e ai~dorizzonte, e collegate metal- licamente fi'a lore, e dei pennae~,hietti di fill metallici, dispo- sti interne alla verticale, secondo'la quale usa porsi tuttora una unica asia verticale. Pot l'A. non si i~ limitato ad un solo cordone conduttore per la eomuni,;azione col suolo, ma invece a tale oggetto ha poste molte funicelle metalliche the parto- no dalle aste anzidette. Finalmente I'A. si b approlittato anche

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dei tubi di condotta del gas, per fare t~l comunicazione col suolo.

Nuovo metodo per deporre elettricamente de.gli strali me- talliei su l vetro ; per A. W. WRIGHT. - - The Amerie . J-ourn. 1 8 7 7 . - L'h. continua le sue rieerche, qui sopra narrate. Fa passare la seariea in un pallone di vetro di 0%07 in diametro, e vi sospende delle lastre di vetro.

SuI reoforo negativo si pone il metalto da volatilizzarsi, e si empie il pallone d'idrogeno secco a Om,O01 in pressione, I)erch~ l'aria pub nuocere alla lucidezza dello strato, anche se quesfo ~ di platino. Que.~to mctallo sopratutto d~t sulla lastra di vetro un bellissimo strar speeulare, brillante e molto resistente; talchb si spera di poter con quel mezzo argentaro gli specchi di vetro. Si pub fregare quello strato col rosso cosi detto inglese, usato per pulire i metalli, senza graffiarlo; e si pub anche lavarlo con gli acidi.

Infatti I'A. platinb con quel modo uuo specehio concavo di 0%04 di.diametro.

Uno strato di platino, cosi grosso da non lasciar vedere il sole, era grosso 0~%000174.

F.