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Gentes Lms - Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Roma - Dir. Resp. Massimo Nevola sj r r i i v v i i s s t t a a d d e e l l l l a a L L M M S S s s e e z z i i o o n n e e m m i i s s s s i i o o n n a a r r i i a a d d e e l l l l a a C C V V X X - - I I t t a a l l i i a a Settembre – Dicembre 2014 Nº 3 IN CAMMINO IN CAMMINO

IIN CAMMINONCA M O - cvxlms.it · Gesù, canta la filastrocca natalizia, ... grande scienziato Einstein, una lettera in cui confida a sua figlia quale fu la vera sco-perta della sua

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Settembre – Dicembre 2014Nº 3

IN CAMMINOIN CAMMINO

Sommario

67 editoriale– Natale in guerra

di P. Massimo Nevola S.I.

69 Studio– La Grande Guerra Mediorientale

di Luciano Larivera S.I.

76 rifleSSione– Einstein alla figlia– Note pechinesi

di Massimo Marnetto

80 vita legaCUBA– La Habana: all’Edad de Oro il primato della persona

di Andrea Di Lorenzo

– Il reciproco dono della missionedi Gabriele Ciccarelli

PERÙ– Campo 2014: tornare a casa

di Francesco Serra

ROMANIA– Sighet: una provocazione sfrontata ai miei egoismi stringenti

di Oscar Del Monaco

– Un nuovo cuore, il nostrodi Lucrezia Imperiali

– Lettera ai benefattori di P. Massimo Nevola S.I.

98 indice generale 2014

rivista della LMS - sezione missionaria della CVX-Italia

N. 3 Settembre-Dicembre 2014

Direzione e Redazione: 00144 Roma –Via M. Massimo, 7 – Tel. 06.591.08.03– 54.396.228 – Fax 06.591.08.03 –Spedizione in Abbonamento postaleart. 2 comma 20/c legge 662/96 – Filialedi Roma – Registrazione del Tribunaledi Roma n. 647/88 del 19 dicembre1988 – Conto Corrente Postale34150003 intestato: LMS Roma.e-mail: [email protected]

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COMITATO DI REDAZIONE

Massimo Nevola S.I. (direttore),

Elena Maietich (redattore capo)

Leonardo BecchettiMichele Camaioni

Annabella Marcello

Giacomo Mennuni

Oliver Borg Olivier

Francesco Salustri

Antonio Salvio

Per abbonamenti versareun’offerta libera sulcc postale 34150003intestato: LMS Roma

causale: abbonamento Gentes

Associato alla Federazione StampaMissionaria Italiana

Fotocomposizione e Stampa:

Finito di stampare Dicembre 2014

TIPOFFSET ROMA s r l

P iù volte Papa Francesco, riferendosi all’attuale scenario internazionale, hadefinito lo status come quello di una vera e propria guerra mondiale. Non èufficialmente dichiarata, ma è combattuta a macchia di leopardo su vari

fronti, soprattutto mediorientali, ma non solo.L’avanzata dell’ISIS e l’incancrenimento delle tensioni nell’est Ucraina, sono i fer-menti più evidenti.Sappiamo bene però che le cose non nascono da sole, meno che meno queste tensio-ni così gravi. Non possiamo semplicisticamente attribuirle al demonio quasi che ildio negativo possa saltare a piè pari le nostre coscienze e responsabilità. Il demoneva smascherato nelle ingiustizie di sempre: una non mai stabilita volontà di porre fi-ne al contenzioso tra israeliani e palestinesi, favorendo finalmente la costituzione diuno Stato Palestinese totalmente libero ed autonomo; le ingerenze occidentali suiviadotti petroliferi (alimentate da continue politiche divide et impera dei paesi ricchisui più poveri); la vendita di armi sempre più sofisticate; la rinascita di imperialismipolitici ed economici che bloccano la legittima volontà dei popoli ad autodetermi-narsi.Gesù, canta la filastrocca natalizia, «viene in una grotta al freddo e al gelo». In realtàtorna a nascere in un clima che nel mediterraneo sarà piuttosto “caldo”, non soloper la tropicalizzazione atmosferica, ma per le incandescenti chiusure dei paesi ric-chi verso i migranti. Clima caldo anche in casa nostra per i dissesti idro-ecologici eper le instabilità sociali che le nuove prospettive della jobs act hanno trasmesso aiceti più deboli, cui vengono tolte sicurezze senza l’offerta – per ora – di alcun credi-bile ammortizzatore sociale.Insicurezze, guerre, atrocità, cataclismi: pare si stiano realizzando alla lettera i san-guinosi vaticini apocalittici. Ma è proprio all’Apocalittica biblica che dobbiamo guar-dare se vogliamo celebrare degnamente il Natale e non farci rubare la Speranza.Nel mezzo del conflitto infatti si staglia vittorioso l’Agnello! È la vittoria del Cristo,«mite agnello redentor», così come lo cantiamo a Natale. È la vittoria della mitezza,dell’umiltà, del servizio. La vittoria c’è ed è sicura se la si cerca non nella potenza deldanaro, né in quella delle armi o delle ideologie religiose che, bestemmiando il Diovivo, esaltano la morte sulla vita. La vittoria c’è e sarà certa se non si combatterà ildrago con le stesse sue armi. Le nostre armi vogliono allora essere simili a quelle dell’Agnello. Si chiamano verità,povertà, umiltà disarmante; gioia nella solidarietà; accoglienza che sa condividerepane e calore umano. Sono le beatitudini evangeliche.

67Settembre-Dicembre n. 3-2014 67

editoriale

natale in guerra

ricordiamo P. Paolo dall’oglio

Momento di preghiera, proposto daifamiliari di Paolo Dall’Oglio S.I., ra-pito in Siria il 29 luglio 2013, lo scor-so 17 novembre in occasione dei suoi60 anni:

“Caro Paolo,per i tuoi sessant’anni, il nostro regalosarà una preghiera o un pensiero con-diviso a distanza. Lo proponiamo achi ti vuole bene in ogni parte delmondo, alle 19 ora italiana.Pregheremo per te e per tutte le altrepersone private della libertà.

Noi pregheremo per i vescovi e gli altri preti di cui, come te, non si hanno più notizie datempo. Pregheremo per la pace e la giustizia in quella regione.Noi pregheremo affinché un po’ di luce o un soffio di vento possano dare sostegno econforto a te e a tutte le persone che da troppo tempo stanno soffrendo.Caro Paolo ti vogliamo bene e continuiamo con insistenza e speranza ad aspettarti”.

La tua famiglia

Sì, Gesù che nasce ha bisogno di un altro calore. Non è quello del fuoco e degli spa-ri, degli autunni caldi che automaticamente seguono ai tagli dei servizi pubblici spe-sa e del mobbing. Gesù reclama il calore proprio di un corpo umano che sa abbrac-ciare ed amare. Appare allora sensato aver puntato, in questa terza monografia dell’annata, all’acco-stamento tra un tema di emergenza mondiale, la guerra mediorientale (rubrica stu-dio) con articoli di risonanza sulle esperienze estive compiute dai nostri volontari aCuba, Perù e Romania (rubrica vita Lega). Il collante è una pagina poco nota delgrande scienziato Einstein, una lettera in cui confida a sua figlia quale fu la vera sco-perta della sua vita, il “principio” che regge l’universo: la legge dell’Amore. Fuori daquesto “principio” non c’è collante, manca il senso, non c’è salvezza. Il generoso im-pegno dei nostri ragazzi è una risposta al problema del male. È credere nell’amore.Rispondere con una rinnovata fede nell’Amore ai conflitti mondiali appena accenna-ti può apparire banale. Non ci risulta esistano però ricette più convincenti capaci d’i-spirare l’agire concreto.Gesù bambino ci prenda per mano e ci aiuti a rinnovare la nostra fiducia nell’amoreche tutto crede, tutto spera, tutto sopporta, tutto vince.Buon Natale

Massimo Nevola S.I.

68 Settembre-Dicembre n. 3-201468

D opo l’11 settembre 2001, gliStati Uniti iniziarono la pro-pria «guerra al terrore» contro

al-Qaeda e i suoi alleati, come i talebaniafgani e i loro vari finanziatori. E cosìla nozione classica di Medio Oriente,che include il Levante (o Vicino/Prossi-mo Oriente), l’Egitto, la Penisola Araba,l’Iraq (e spesso l’Iran), si è allargata permotivi bellici (ossia strategici in sensoproprio). Il Grande Medio Oriente include l’Afri-ca Settentrionale e Saheliana, e parte diquella Orientale ed del Corno d’Africa,che è abitata in prevalenza da arabi, mapure da bergeri. Ma si allarga oltre cheall’Iran, alle Repubbliche ex-sovietichecentro-asiatiche, all’Afghanistan e alPakistan, dove gli abitanti non sono dietnia araba, ma appartengono in granparte all ’islam. Il (Grande) MedioOriente è infatti caratterizzato da unagrande ricchezza etnica e religiosa, an-che se la presenza cristiana si sta di-luendo. Lo Stato d’Israele, nato nel1948, rompe nettamente l’omogeneitàislamica. Anche la Turchia rientra nelvortice mediorientale, sia per la storia

ottomana sia per la presenza di mino-ranze turcofone sia per il coinvolgimen-to diretto nell’evoluzione delle «prima-vere arabe» tra il 2010 e il 2011 e ades-so con le guerre civili in Siria e in Libia.

la situazione in medioriente

La realtà mediorientale è rappresenta-bile con l’immagine delle sabbie mobilie dal modello di un sistema di equazio-ni con numerose incognite, costanti evariabili, da cui possono risultare mol-te possibili soluzioni o nessuna. Infat-ti, la pace in Medio Oriente, da un lato,sarebbe segnalata dal tacere delle armima dall’altra anche da confitti armati abassa intensità, che sarebbero preferi-bili a scontri ancora più aperti di quelliin corso. E ogni equilibrio mediorien-tale è sempre fragile finche non si tro-vano accordi vantaggiosi per tutti, masarebbero ben fondati se basati sullatolleranza religiosa, il rispetto dei di-ritti umani fondamentali, la coopera-zione regionale economica e finanzia-ria e il buon governo in ogni Paese del-l’area.

69Settembre-Dicembre n. 3-2014 69

Studio

la grande guerra mediorientalePadre Luciano Larivera S.I. disegna un quadro della situazione inMedio Oriente. Cause prossime e remote, forze in gioco e motiviideologici e religiosi fanno riflettere e suscitano domande su unapossibile, e sperata, pace.

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In Medio Oriente la stessa istituzionestatale è in crisi perché salvo Israele,Iran e Turchia e in parte Egitto, gli al-tri Stati sono lasciti del colonialismooccidentale (cfr. in particolare laframmentazione in Libia e in Siria,Iraq). E i loro confini legali separanoetnie, tribù, gruppi religiosi che cerca-no anche altri modelli politici rispettoallo Stato centralista (autonomia fede-rale, secessione con o senza accorpa-mento in entità Statali nuove o preesi-stenti). Di fatto l’istituzione che presi-dia all’unità statale e territoriale, inMedio Oriente, sono le Forze armate,con i servizi segreti civili e militariche assicurano l’ordine pubblico inter-no e attivano operazioni di destabiliz-zazione in altri Paesi dell’area (o se nedifendono tramite il contro-spionag-gio). Dove manca l’esercito su base in-teretnica, il Paese rischia la frammen-tazione, come in Siria, Afghanistan,Libia, Yemen.L’unificazionee la pacificazio-ne del MedioOriente in sen-so stretto non èstata realizzatatramite la co-mune etnia, os-sia il pan-arabi-smo, che inclu-de anche mino-ranze di altrereligioni come icristiani pale-stinesi o quellimaroniti in Si-ria o assiro-cal-dei in Iraq. Néè pensabile laricostituzionedell’Impero ot-

tomano multietnico e multinazionale,anche se in chiave di repubblica con-federale. Le primavere arabe non sonoriuscite a fare trionfare lo «Stato didiritto» come modello comune nellaregione, perché soltanto la Tunisiasembra aver imboccato questa strada.

le forze in gioco

Lo «Stato islamico in Iraq e Levante»punta a creare l’unità dei popoli arabitramite una propria interpretazionedell’islam sunnita, che si basa sull’u-nità prodotta dal governo politico reli-gioso di un Califfo, ossia di un succes-sore riconosciuto di Maometto e sullaconversione di tutti alla loro correntereligiosa di islam sunnita (salvo con-vertire, espellere o uccidere le mino-ranze religiose). Questa idea politicafunzionerebbe anche da cappello perogni gruppo islamico non arabo che sivolesse ergere, anche nei Balcani o nel

Caucaso o nell’Africa Centrale, a emi-rato del medesimo «Califfato». Ma in Medio Oriente giocano anche al-tri importanti attori non statali (pertacere del potere di grandi miliardariarabi) come i Fratelli Musulmani, natiin Egitto, e a cui appartiene Hamas inPalestina; Hezbollah in Libano; al-Qai-da con le sue ramificazioni e alleanzelocali; i curdi che in prevalenza abita-no in Turchia, Siria, Iraq settentriona-le e Iran, ma per ora non sembranotrovare vantaggioso (né alleati stranie-ri) per unirsi e creare uno Stato a sé (ilKurdistan). Tuttavia non sarà facileneppure che i curdi si costituiscano inuna federazione sovrannazionale dientità politiche autonome ma apparte-nenti ai quattro Stati sopramenzionati.Questo potrebbe essere il premio se illoro apporto militare sarà fondamen-tale e vittorioso nel combattere lo Sta-to islamico senza diventare una mi-naccia per Iran e Turchia. Occorre anche rimarcare che il MedioOriente, inclusivo dell’Iran ed esclu-

dendo gli Statinordafricani ela Turchia, ècomposto percirca la metàdella popolazio-ne da musulma-ni sciiti, a lorovolta suddivisiin varie corren-ti. Gli sciiti so-no presenti inSiria, Libano,Iraq meridiona-le (e Baghdad),Yemen Nord-Occidentale, neiterritori orien-tali dell’Arabia

Saudita e del Bahrein che si affaccia-no sul Golfo Persico (o Arabico, se-condo i sauditi). E spesso i sunnitimediorientali sconfessano come ereti-co l’islam sciita.

le ingerenze esterne

Il coinvolgimento dei grandi attori dellacomunità internazionale nel MedioOriente avviene per molteplici motivi:l’alleanza strategica degli Stati Uniticon Israele per assicurare la prosperitàe continuità dello Stato ebraico; gliidrocarburi mediorientali venduti inAsia, America ed Europa (e il coordina-mento internazionale dell’Opec); il con-trollo dei migranti verso la regione (cfr.i Filippini che lavorano in Arabia Sau-dita) e dei profughi palestinesi, siriani,iracheni in uscita; i grandi flussi dei pe-trodollari in tutto il mondo; le importa-zioni di prodotti industriali (in primoluogo armi); le alleanze culturali, reli-giose ed economiche con altri Stati amaggioranza islamica (Pakistan, Indo-

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nesia, Malaysia, Stati dell’Africa Orien-tale ed Occidentale) o con presenza diforti comunità di migranti musulmani,anche perché continua l’opera di isla-mizzazione nel mondo; infine i gruppiterroristici di matrice islamica e medio-rientale sono una minaccia attuale nonsoltanto in Occidente (Australia e Cana-da inclusi), ma anche per la Russia (cfr,Cecenia e Daghestan nel Caucaso Set-tentrionale) e in Cina (nella regione oc-cidentale dello Xinjiang), nelle Filippi-ne (Mindanao) ecc. Inoltre il Canale di Suez e lo Stretto diBar el Mandeb sul Mar Rosso, come loStretto di Hormuz all’imbocco delGolfo, sono luoghi di passaggio di im-mensi traffici commerciali, non soltan-to di petrolio, e potrebbero essere resiimpraticabili con relativa facilità da pi-rati, terroristi o «Stati canaglia». Perquesto vengono presidiati dalle marinemilitari non soltanto degli Stati Uniti edi membri dell’Unione europea.Il mondo occidentale è coinvolto inMedio Oriente per difendere i profughidi guerra, promuovere il rispetto delleminorante etniche e religiose e delledonna. Ma spesso le grandi potenzetrovano nel Medio Oriente un terrenodi scontro tra di loro per estendere lapropria influenza e sicurezza (non sol-tanto energetica), o minare quella degliStati concorrenti. In Siria è chiaro chela Russia, insieme con Iran ed Hezbol-lah libanesi, sostiene il regime di Ba-shar Assad, in particolare con le forni-ture di armi; mentre gli Usa e l’Ue, in-sieme con Turchia e Arabia Saudita,puntano anche se per vie diverse alla fi-ne del regime degli alawiti (una formadi islam sciita). In generale tutti gli Sta-ti mediorientali temono di essere invasidai loro vicini (o attraverso di loro), so-prattutto il piccolo Israele, perche i

confini non sorgono su territori facil-mente difendibili. E così nascono muri,zone cuscinetto con campi minati opresidiati da caschi blu dell’Onu od oc-cupati dai propri militari. E una nazio-ne come la Giordania ha bisogno del-l’alleanza militare degli Usa e di unaforte partnership con Israele e ArabiaSaudita per evitargli sia invasioni dallo«Stato islamico» sia rivoluzioni interneda parte di profughi palestinesi o siria-ni o dai Fratelli Musulmani o da jihadi-sti interni.

il ruolo delle armi atomiche

Una questione trasversale agli equilibrimediorientali è la possibilità di impie-gare le armi atomiche come deterrente,ossia per minacciare una rappresagliadevastante in caso di invasione o ag-gressione massiccia. Israele, pur nonconfermandolo ufficialmente, si è dota-to di armi nucleari, che potrebbe lan-ciare contri i suoi obiettivi tramite aereie missili da terra e da sommergibili.Questa evenienza ha fatto sì che nessu-no Stato arabo confinante ha più fattoguerra aperta ad Israele, anche se TeAviv si è scontrata in Libano contro ipalestinesi e contro Hezbollah, e in Ci-sgiordania e nella Striscia di Gaza. Seanche l’Iran venisse in possesso dellearmi nucleari potrebbe attaccare Israe-le, oppure offrire la sua protezione adaltri Stati, o rispondere a un attaccoisraeliano o altrui. E comunque potreb-be minacciare l’Arabia Saudita (e in fu-turo l’Europa). E ciò rende inquieta laMonarchia saudita che potrebbe chie-dere al Pakistan di difenderla con il suoarsenale nucleare se gli Stati Uniti nonlo facessero. La comunità internaziona-le non vuole che Teheran possieda arminucleari perché ciò renderebbe ancora

più complessa la gestione delle tensionimediorientali, accendendo ancora dipiù la guerra fredda tra Iran e ArabiaSaudita e tra Iran e Israele. Con la Tur-chia che perderebbe il suo prestigio mi-litare non avendo armi atomiche.

le radici storiche

Le tensioni in Medio Oriente hanno ra-dici storiche molto antiche. In tempi re-centi occorre ricordare il 1979. Inquell’anno gli Usa e l’Arabia Saudita fi-nanziarono alcuni gruppi islamici percombattere in Afghanistan contro l’in-vasore sovietico, anche tramite recluteprovenienti da tutto il mondo islamico.Queste milizie, motivate anche religio-samente (jihad), sfruttarono la propriapreparazione per poi combattere anchein Bosnia; ma poi si resero autonome eportarono avanti i loro progetti politi-co-religiosi o globali tramite al-Qaeda olocali (come i ceceni russi). La scelta dial-Qaeda fu di opporsi a Usa e Israele(ma non contro gli sciiti in sé), tuttaviail suo obiettivo finale è un diverso regi-me politico nella Penisola araba e inMedio Oriente: una teocrazia, che si so-stituisca ai regimi monarchici e a quellirepubblicani più o meno democratici omilitaristi/autoritari.Questo progetto di rivoluzione politicadell’islam sunnita è stata una delleconseguenza un altro evento, ancorapiù importante per il mondo islamico,che avvenne nel 1979: la rivoluzione diKhomeini e la nascita della Repubbli-ca islamica dell’Iran. Questo nuovo re-gime non si opponeva al mondo sunni-ta, ma di fatto offrirà un’alternativa digoverno nei regimi sunniti per via ri-voluzionaria. Per questo già nel 1980iniziò una guerra sanguinosissima,contro l’Iran, da parte dell’Iraq appog-

giato dai Paesi arabi del Golfo e dal-l’Occidente. Si temeva soprattutto igiacimenti di idrocarburi finissero nel-le mani di regimi particolarmente osti-li agli Stati Uniti e al Regno Unito. Nel1988 la guerra Iraq-Iran si concluse,ma Saddam Hussein non venne pre-miato nel 1991 lasciandogli il Kuwaitche aveva invaso. Lo scontro tra Iran eArabia Saudita, la quale creo nel 1981il Consiglio di Cooperazione del Golfoa proprio sostegno, continua ancoraadesso in Siria, Libano, Iraq, Yemen(la cui capitale è ora sotto il controllodi una milizia sciita). Quando gli StatiUniti, nel 2003, spodestarono SaddamHussein, di fatto aumentarono l’in-fluenza dei sciiti iracheni (e quindi deiloro mentori iraniani) a discapito deisauditi. In Medio Oriente non si assiste soltantoalla prosecuzione dello scontro tra scii-ti-iraniani e sunniti-sauditi e tra irania-ni e israeliani, anche tramite i loro al-leati regionali. Con le primavere arabedel 2011 e l’uscita, alla fine di quellostesso anno, delle truppe statunitensidall’Iraq, è scoppiato un problema an-cora più ampio: la questione sunnita.Da un lato, i sunniti in Iraq e Siria nonhanno più accettato un ruolo subalter-no, e con l’aiuto di attori esterni si sonoribellati. Dall’altro lato, in paesi esclusi-vamente sunniti c’è la lotta di potere sunuove forme di regime, come già avvie-ne da molto tempo in Afghanistan. Il«regolamento di conti» intra-sunnita ri-corda la guerra di Trent’Anni in Europache si concluse con la Pace di Vestfalianel 1648.

uno scontro di modelli politico-religiosi

Nel mondo arabo sunnita si confron-tano varie forme di «islam politico», e

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si fronteggiano quindi tra di loro imodelli (piò o meno democratici) direpubblica militare o islamica (comequella proposta dei Fratelli Musulma-ni o quella del partito Akp in Turchia)e di monarchia accentrata (con carat-teristiche sacrali). Il modello repubbli-cano e quello monarchico, con le lorosignificative varianti interne a secon-da dai Paesi, a loro volta si scontranocon il modello teocratico rappresenta-to dal «Califfato islamico» (ma ancheda al-Qaeda). E così i ribelli sirianinon sono coesi tra di loro per abbatte-re lo sciita/alawita Bashar Assad, e siscontano tra di loro. Anche in Libia,dove tutti sono sunniti, è corso inguerra civile. Da un lato c’è un gruppopiù islamista (legato ai Fratelli Musul-mani) è appoggiato da Turchia, Qatare, per ora, dal gruppo qaedista di An-sar al-Sharia (operativo anche il Tuni-sia). Sul fronte opposto, un altro grup-po libica è sostenuto da Arabia Saudi-ta, Emirati Arabi Uniti ed Egitto. Que-sti tre Paesi si oppongo, in Libia ed al-trove, come nella Striscia di Gaza, al-l’influenza dei Fratelli Musulmani, unmovimento politico che propone unmodello di repubblica che islamizzi lasocietà dal basso, vinca le elezioni ecostituisca regimi alternativi alla de-mocrazia liberale e alle monarchieislamiche. L’Emirato del Qatar, checondivide il sunnismo wahabita delRe saudita, ha cercato di proteggere iFratelli Musulmani e ha buone rela-zioni con Usa, Stati europei e Iran,perche teme di essere sottomessa allavolontà dei sauditi e cerca alleati.Il «Califfato/Stato islamico», con le suediramazioni (potenziali) anche in Afri-ca vuole proporre un regime sunnita digiustizia e di benessere alternativo.Adopera un’ideologia riduttiva e igno-

rante riguardo alla religione e alle varieculture locali islamiche; impiega unaviolenza terroristica e spettacolare; eusa i social media per attrarre giovanireclute e accreditarsi un grande potere.Tuttavia la potenza dello Stato islamicoè stata loro concesso dall’incapacità de-gli Stati di far fronte ai loro compiti(anche di giustizia sociale) e di coordi-namento tra di loro. E così neppure ilpan-è un elemento di pacificazione.

il conflitto israelo-palestinese

Infine, per dare conto della violenzache insanguina il Medio Oriente va ri-marcato il ruolo del lungo conflittoisraelo-palestinese. Prima «la fine del-lo Stato d’Israele» e adesso (forse) sol-tanto «la nascita dello Stato di Palesti-na» hanno fatto da catalizzatore delmondo islamico, sunnita e sciita, perfavorire una sorte di comune sentire.Tuttavia alcuni Stati a maggioranzasunnita hanno riconosciuto lo Statod’Israele, altri hanno in corso collabo-razioni su sicurezza (anche energeti-ca) e scambi economici. Il movimentopalestinese di Hamas che desidera ladistruzione di Israele non ha alleaticredibili, salvo sperare che lo «Statoislamico», insieme con al-Qaeda, in-globi Libano, Siria, Giordania e Siriaper sferrare un attacco (in primo luo-go missilistico) su molti fronti e forseaddirittura in alleanza con Hezbollahe Iran. Ma questa è fanta-politica, chealimenta un’ideologia antiebraica enon soltanto antisionista. Ma non va escluso che, per mobilitarereclute e aiuti in suo favore e reagire aprogressive sconfitte militari, il «Calif-fato islamico» possa farsi portavocedella causa palestinese. Ma ciò aumenterebbe l’intransigenza

israeliana e depotenzierebbe l’Auto-rità Nazionale Palestinese e il suopresidente Abu Mazen, che cerca in-vece sostegno politico dalle istituzionidi diritto internazionale e non da ter-roristi organizzati, perché venganodefiniti i confini del suo Stato e libe-rati da Israele. Nel frattempo a Geru-salemme si teme una nuova ribellionesu vasta scala dei palestinesi controgli ebrei, perché sentono minacciati iloro territori.

la via perso la pace

Le possibilità di pace in Medio Oriente(o almeno la riduzione della violenza edelle tensioni attuali), è legate a varieventi e processi: un accordo interna-zionale tra gli Stati Uniti e Teheran,perché credibilmente l’Iran non prose-gue il suo programma nucleare miliare(almeno lo faccia con estrema lentez-za); il successo duraturo del nuovo go-verno di coalizione inter-etnico in Iraq,perché garantisca benessere e parteci-pazione politica e sociale a tutti i sun-niti e un sistema di sicurezza (polizia e

Forze Armate) efficace; la riconquistadelle città occupate dallo Stato Islami-co, che però potrebbe continuerà a fareattentati alla stessa stregua di al-Qaeda;il riconoscimento dello Stato di Palesti-na da parte di Israele; l’accordo politi-co perché la Siria trovi un regime diconvivenza, ad esempio federale sulmodello iracheno libanese, per nonescludere nessuno dal benessere di unostato unitario; la creazione di accordidi ricostruzione, investimento e com-merciali tra tutti gli Stati del Nord Afri-ca e del Medio Oriente (in particolaretra Arabia Saudita e Iran). Tutto questo sembra molto improbabi-le, almeno a breve e medio termine.Inoltre queste soluzioni non significa-no automaticamente che il rispetto deidiritti umani fondamentali trionferà eche le minoranze cristiane possanotornare a vivere a casa loro. Per questooccorre anche pregare e molto. Senzala Grazia di Dio è impossibile la pacenel Grande Medio Oriente.

Luciano Larivera S.I.La Civiltà Cattolica

75Settembre-Dicembre n. 3-2014 75

Mentre la rivista era già in corso di stampa i media di tutto il Mondo hanno trasmesso la tra-gica notizia dell’ennesima strage di cristiani compiuta da fondamentalisti islamici nel nordest del Kenya all’alba dello scorso 22 novembre. Sgomento, tristezza, rabbia, desideri divendetta: comprensibili reazioni. Tuttavia il credente in Gesù Figlio di Dio mentre effonde da-vanti a Lui il suo dolore, chiedendosi angosciato “perché Signore?”, non può dimenticarequelle misteriose parole del Signore che danno luce e speranza su quanto accade da sem-pre: “un discepolo non è da più del Maestro” (Mt 10,24) e “se il mondo vi odia sappiateche prima di voi ha odiato me” (Gv 15,18). Ci uniamo con umiltà al dolore delle famigliedelle vittime e delle comunità cui appartenevano, impegnandoci a custodirne la memoria.Lungi dal proporre ingenui ed ideologici buonismi (i deboli vanno sempre difesi), ci permet-tiamo comunque d’osservare che un coerente atteggiamento cristiano rifugge dal condanna-re e bollare come fomentatore di crimini l’Islam come tale. Sono nostri fratelli, figli – insiemeagli ebrei – dello stesso comune padre Abramo, con i quali dobbiamo compiere ogni sforzoper costruire convivenze pacifiche perché fondate sulla giustizia (Is. 32,17).

Quando proposi la teoria della rela-tività, pochissimi mi capirono, eanche quello che rivelerò a te ora,

perché tu lo trasmetta all’umanità, siscontrerà con l’incomprensione e i pre-giudizi del mondo.Comunque ti chiedo che tu lo custodiscaper tutto il tempo necessario, anni, de-cenni, fino a quando la società sarà pro-gredita abbastan-za per accettarequel che ti spiegoqui di seguito.Vi è una forzaestremamente po-tente per la qualela Scienza finoranon ha trovatouna spiegazioneformale.È una forza checomprende e gestisce tutte le altre, ed èanche dietro qualsiasi fenomeno cheopera nell’universo e che non è stato an-cora individuato da noi.Questa forza universale è l’Amore.Quando gli scienziati erano alla ricercadi una teoria unificata dell’universo, di-

menticarono la più invisibile e potentedelle forze.L’amore è Luce, visto che illumina chi lodà e chi lo riceve.L’amore è Gravità, perché fa in modoche alcune persone si sentano attratte daaltre.L’amore è Potenza, perché moltiplica ilmeglio che è in noi, e permette che l’u-

manità non siestingua nel suocieco egoismo.L’amore svela e ri-vela. Per amore sivive e si muore.Questa forza spie-ga il tutto e dà unsenso maiuscoloalla vita.Questa è la varia-bile che abbiamo

ignorato per troppo tempo, forse perchél’amore ci fa paura, visto che è l’unicaenergia dell’universo che l’uomo non haimparato a manovrare a suo piacimento.Per dare visibilità all’amore, ho fatto unasemplice sostituzione nella mia più cele-bre equazione.

rifleSSione

einstein alla figlia

Pubblichiamo una toccante lettera del grande scienziato Albert Einstein,uno spunto di riflessione da interiorizzare non solo in vista del Natale,ma sempre, in ogni momento della nostra vita per aiutare il mondo acambiare.

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Se invece di E = mc2 accettiamo che l’e-nergia per guarire il mondo può essereottenuta attraverso l’amore moltiplicatoper la velocità della luce al quadrato,giungeremo alla conclusione che l’amoreè la forza più potente che esista, perchénon ha limiti.Dopo il fallimento dell’umanità nell’usoe il controllo delle altre forze dell’univer-so, che si sono rivolte contro di noi, è ar-rivato il momento di nutrirci di un altrotipo di energia.Se vogliamo che la nostra specie soprav-viva, se vogliamo trovare un significatoalla vita, se vogliamo salvare il mondo eogni essere senziente che lo abita, l’amo-re è l’unica e l’ultima risposta.Forse non siamo ancora pronti per fab-bricare una bomba d’amore, un artefattoabbastanza potente da distruggere tutto

l’odio, l’egoismo e l’avidità che affliggonoil pianeta.Tuttavia, ogni individuo porta in sé unpiccolo ma potente generatore d’amore lacui energia aspetta solo di essere rilasciata.Quando impareremo a dare e riceverequesta energia universale, Lieserl cara,vedremo come l’amore vince tutto,trascende tutto e può tutto, perché l’amo-re è la quintessenza della vita.Sono profondamente dispiaciuto di nonaverti potuto esprimere ciò che contieneil mio cuore, che per tutta la mia vita habattuto silenziosamente per te.Forse è troppo tardi per chiedere scusa,ma siccome il tempo è relativo, ho biso-gno di dirti che ti amo e che grazie a tesono arrivato all’ultima risposta.

Tuo padre, Albert Einstein

il padre della teoria della relatività

Fisico tedesco naturalizzato svizzero e statunitense nasce ad Ulma nel 1879 e si spegnea Princeton nel New Jersey nel 1955. Trascorre il primo periodo della sua vita a Monaco,quindi con la famiglia si trasferisce in Italia e in seguito si recò in svizzera. Qui, completa-ti gli studi secondari, frequenta l’università e nel 1905 consegue il dottorato in fisica. Il1905 è un anno fondamentale per lui e per la storia della fisica: scrive e pubblica due ar-ticoli in cui sviluppa alcune idee fondamentali sulla propagazione di un segnale luminoso.Partendo da tali studi, Einstein reinterpreta in modo radicale i concetti di spazio e tempoe formula la teoria della relatività ristretta o speciale per descrivere il moto dei corpi cheraggiungono una velocità prossima a quella della luce. È impossibile seguire in queste poche righe lo sviluppo del pensiero del fisico, per cui ci li-mitiamo ad indicarne le tappe fondamentali.1914: si trasferisce a Berlino come membro dell’Accademia Prussiana delle Scienze e di-rettore dell’Istituto Imperiale di Fisica1915: pubblica la teoria della relatività generale1921: riceve il Nobel per la Fisica per la teoria dell’effetto fotoelettrico1933: abbandona la Germania e si trasferisce negli Stati Uniti1935: pubblica, con B. Podolski e N. Rosen, un importante articolo sulle conseguenze ap-parentemente paradossali della meccanica quantistica1955: muore a Princeton il 18 aprile

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considerazioni dopo un viaggio in cina: osser-vazioni e domande su una cultura affascinante

Lo si vede bene da qui, a Pechino, do-ve – nella sua espressione più estre-ma – ha imposto le più gran-di modifiche urbanistiche,spingendo in alto grattacielie consumi, ma senza riuscirea risolvere le macroscopichedifferenze sociali.Non esiste il cinese medio,perché non esiste una classemedia diffusa.La società è polarizzata tra inuovi ricchi delle grandicittà con le grandi macchinee i milioni di poveri dellecampagne con le vecchie bi-ciclette. Che continuano ainurbarsi per migliorare lapropria vita e finiscono inmicro appartamenti di peri-feria, con la parabola fuori ei panni stesi dentro per evita-re che puzzino di smog. Gli operai dei cantieri lavora-no su tre turni di 8 ore e legru girano di notte sotto leluci fotoelettriche per realiz-zare gli edifici in tempi re-cord. Per il traffico è sempreora di punta. La mattina e lasera il sonno dei pendolari affolla imezzi pubblici, assediati dalla colatadi auto eruttata da 20 milioni di resi-denti, che gira in cinque anelli stradaliconcentrici attorno alla città (il sesto

lungo più di mille chilometri è in co-struzione).Per noi turisti c’è la meravigliosa quie-te della Città Proibita dove Bertolucciha girato L’ultimo imperatore, i draghi

e le fenici dello splendido Palazzo d’E-state e l’effetto speciale dei 44 ettari diPiazza Tienanmen, Pace Celeste, doveinvece si è consumato il primo moto dirivolta giovanile soppresso nel sangue

note pechinesi

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e nella rimozione pubblica. Non soniente, mi dice la guida quando glichiedo notizie della reazione pubblicaa quegli eventi. Quello che so me lo di-te voi turisti, ma qui non abbiamo maivisto la foto del ragazzo davanti al car-ro armato e comunque, taglia corto, èillegale parlarne.Per il nostro gruppo di studenti e inse-

gnanti delle scuole dei Gesui-ti, il senso del viaggio è rac-chiuso nella piccola tomba diMatteo Ricci, il gesuita che siè fatto cinese tra i cinesi, uti-lizzando la sua immensa cul-tura per rompere l’isolamen-to della “sua” gente.Torno in Italia pensando chesiamo più comunisti dei ci-nesi, perché anche chi nonha soldi viene operato al cuo-re, mentre nella Cina capita-lista i poveri senza assicura-zione o parenti disposti a pa-gare, muoiono per omissionemedica.Eppure, mi sento riconoscen-te verso questo popolo cheha inventato la calma e la se-ta, la ginnastica nei parchiballata dalle anziane, la calli-grafia delle poesie scritte interra con l’acqua, il thè neroche pulisce le vene dai millefritti che mangiano col riso.Un popolo tenace che cerca

da millenni armonia interiore, per da-re un senso alla fatica esteriore.Dove la povertà è ancora una minacciae “come stai?” si dice “hai mangiato?”.Ma che ora rischia di perdere la pro-pria identità, sommerso da uno svilup-po taroccato, più dei “rolex cheap pri-ce my friend”.

Massimo Marnetto

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N ell’agosto dell’estate ormai pas-sata sono partito per il campomissionario a Cuba. Ho vissuto

per tre settimane nella capitale dell’iso-la, L’Avana, ed insieme ad altri volonta-ri ho prestato servizio nel centro per di-sabili denominato Edad de Oro, per cin-que giorni a settimana, dalle 9 alle 15.Si tratta di una struttura che accogliepersone affette da disagi psico-fisici,prive delle capacità necessarie per vive-re autonomamente nonché di chi possaaiutarle e possa star loro costantementeaccanto. Il nome deriva da una serie di

pubblicazioni di fine Ottocento delgrande eroe dell’indipendenza cubana,José Martì che vedeva nell’infanzia/ado-lescenza gli anni d’oro in cui la personasi forma per diventare protagonista del-la propria vita, attore di trasformazionisociali incisive e durature. Quando fuaperto, gli ospiti erano quasi tutti bam-bini nati con handicap, affidati al cen-tro dai familiari che non avevano la ca-pacità di poterli assistere. Oggi il centroospita più di 200 ricoverati, uomini,donne, bambini, adulti, anziani. Queiprimi bambini ormai sono cresciuti,

ma gli operatori e lefantastiche suoredella Carità di S.Vincenzo de’ Paoli,che lì dentro vivonoin evangelica formacomunitaria, si rivol-gono a tutti con l’af-fettuoso appellativodi “niños”. Non ritengo di poterdare una descrizioneaccurata, approfon-dita ed esauriente diquesta complessarealtà, in quanto lamia esperienza è sta-ta temporalmentemolto limitata; lo

vita lega

cubala Habana: all’edad de oro, il primato della persona

scopo di queste ri-ghe è semplice-mente quello di te-stimoniare comequesto mondo ab-bia colpito e inte-ragito con un ven-titreenne studenteitaliano.Il 5 Agosto 2014 èavvenuto l’impat-to: la mattina sia-mo stati condottiall’Edad de Oro peruna prima visita.Guidati stanza perstanza dalla supe-riora delle suoreche lì lavoranoogni ora e ogni giorno dell’anno, ho os-servato un susseguirsi di braccia egambe deformate dalla malattia e re-spirato un’aria intrisa di cattivi odori edisinfettante. Attonito, ho pensato chedavanti a quello che vedevo ero incapa-ce di fare alcunché. Quando avevo de-ciso di partire, alcuni mesi prima, loavevo fatto desiderando di crescere co-me uomo; adesso avevo trovato la miafrontiera.Quello successivo è stato il mio primovero giorno di lavoro. Ero terrorizzatoall’idea di ritornare all’ Edad de Oro esul bus che ci portava alla strutturacredo di non aver proferito parola; hodovuto far forza su me stesso per var-carne la soglia. E poi... poi è passato ilprimo giorno, e il secondo, e il terzo etutti quelli successivi. Confesso cheall’inizio preferivo offrirmi volontarioper pulire i pavimenti; almeno, ero si-curo di riuscire a farlo senza affronta-re le difficoltà relative al dover intera-gire e comunicare con los niños chenon solo non parlavano la mia lingua,

ma il più delle volte si esprimevanocon un altro linguaggio. Eppure, a po-co a poco, pian piano, è successo il mi-racolo. Mentre prima i miei occhi per-cepivano solo una massa indistinta dideformità, ora cominciavano a coglie-re delle persone. Questa trasformazione è stato il regalodi uno scambio continuo con gli ospitidell’Edad de Oro che cercherò di descri-vere tramite tre immagini. La primache mi viene in mente ha per protago-nisti un ragazzo con disabilità fisiche ementali e un esperto volontario. Il primo si esprimeva a gesti e con ver-si, ma tutto ciò era sufficiente al secon-do per poterlo capire perfettamente; laconversazione fluiva, così come avvienequotidianamente tra noi e chi ci sta ac-canto. Ho pensato a come mi rivolgevoai disabili, credendo che non capisseronulla: devono aver fatto un grande eser-cizio di pazienza per sopportarmi, op-pure rassegnati devono aver pensato: “èscemo”.Durante la seconda settimana, il servi-

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zio al centro è consistito nell’accompa-gnare le persone dell’Edad de Oro allaspiaggia di Santa Maria, distante unamezz’ora da L’Avana, per aiutarli nel fa-re il bagno ed assisterli nelle loro ulte-riori necessità. Se foste stati da quelleparti in quei giorni avreste potuto vede-re, sfrecciante per l’autostrada cubana,un vecchio bus americano anni ‘50 pie-no di malati, volontari e carrozzelle ar-rugginite, queste ultime sistemate comenel gioco del tetris quando si sta quasiper perdere. Osservando la scena dal-l’interno, ho avuto l’impressione chefossimo semplicemente un gruppo diamici in vacanza. Riflettendo, ho avutomodo di focalizzare un po’ meglio que-sta immagine: il punto centrale è la pa-rola “corpo”. In quel veicolo scassatoero parte di un corpo fatto di invalidi edi volontari. Probabilmente, poteva ap-parire un corpo brutto agli occhi di chilo guardava dall’esterno eppure, inquelle circostanze più che in altre, ave-vamo la possibilità di essere un’unità: i

disabili infatti non avevano pregiudizinei nostri confronti e verso chi entravain contatto con loro. A mio parere eraquesta loro libertà a donarci l’opportu-nità di fare corpo, oltre alla loro co-scienza di necessitare costantemente diun aiuto. Nella terza settimana abbiamo collabo-rato con il personale della struttura perlavare e vestire gli ospiti dell’ Edad deOro. Non riuscivo a sopportare a lungola vista delle piaghe, né l’odore e ognitanto uscivo per prendere delle boccated’aria; poi rientravo, restavo un po’, riu-scivo, rientravo e così via fino a chenon terminavamo il nostro compito.Forse era la prima volta che assistevo eaiutavo a lavare un corpo che non fosseil mio.Ecco, la mia esperienza è sintetizzatadalle immagini che vi ho descritto. Tuttequeste possono essere lette in una dupli-ce maniera. Nel primo modo, c’è un vo-lontario che dà qualcosa ad un disabile:orecchie che ascoltano, braccia che sor-

reggono, mani chelavano. Il secondopunto di vista è esat-tamente l’inverso:c’è un disabile eduna persona “sana”ed il primo con lasua mancanza dipregiudizi e la suaaccoglienza permet-te al secondo di rela-zionarsi libero e inpace. Non credo cheuna visione sia piùcorretta dell’altra.Interiormente, rin-grazio Dio per aver-le vissute entrambe.

Andrea Di Lorenzo

“U na terrau n i c anel suo

genere, capace diconservare ancora itratti del sistema co-munista, eppure ingrado di apertureimpensabili fino acinquant’ anni fa”:questa è la Cuba do-ve i membri della Le-ga Missionaria Stu-denti si sono recati lascorsa estate conscopi di volontariatomissionario.L’ esperienza, delladurata complessivadi tre settimane, si è svolta all’interno enei dintorni di La Habana ed è di certoben diversa dall’aurea finzione in cui cisi ritroverebbe immersi in un villaggiovacanze. Il mondo con cui si entra incontatto non è quello delle bianchespiagge caraibiche, dei cocktail in pi-scina e del relax, ma quello più “vero”,quello della popolazione umile, chetuttavia è felice del poco che possiede eche non perde occasione per dimo-strarlo.I nostri incarichi erano divisi in tre ca-tegorie, comprendevano assistenza aglianziani del convento di Belèn, nella zo-na più vecchia della città, esauritosi inuna settimana, cura ricreativa per ibambini di Casablanca (“vera periferia”della città, confinante con una baracco-poli) con piccoli aiuti pratici di varianatura per le relative famiglie (come

pulizia e “ristrutturazione” delle barac-che in cui abitano) ed infine volontaria-to nel centro di igiene fisica e mentaleEtàd de oro.La mia personale esperienza si è limita-ta a quest’ ultimo servizio, di certo mol-to impegnativo, specie al livello emoti-vo. Non voglio nascondere la pesantez-za del primo impatto, la sensazione disconforto che mi attanagliava duranteil primo sopralluogo nella struttura, maquesto sentimento è incredibilmentesparito nell’ istante i cui abbiamo ini-ziato a lavorare. Improvvisamente latristezza del luogo in cui ci trovavamo edelle condizioni in cui versavano i pa-zienti è passata in secondo piano.Davanti a noi c’erano solo persone cheindubbiamente soffrivano, ma alle qua-li bastava poco per essere felici, anziuna cosa sola, stando alle parole stesse

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il reciproco dono della missione

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di una signora che abbiamo conosciu-to: “essere trattati con rispetto… e noncome animali”.Non mi riesce troppo difficile immagi-nare che ognuno di noi, a prescinderedal servizio svolto porterà nel cuore al-meno una immagine, un ricordo che alsolo pensiero farà commuovere per lasua dolcezza: in quello che per la “no-stra” concezione era un inferno di tantoin tanto si accendevano delle piccole lu-ci, come lucciole in un campo notturno.Mi ha colpito fin dal primo giorno lagratitudine che sempre ci hanno mo-strato per tutte le piccole attenzioni chedonavamo loro. C’era un ragazzo adesempio (che nonostante avesse la miaetà dimostrava oltre quarant’ anni) ilquale un po’ per problemi di linguag-gio, un po’ per l’affanno dato dal dolorefisico parlava molto lentamente ed inmaniera spesso incomprensibile, tantoche nessuno (me compreso) ascoltavafino in fondo ciò che aveva da dire. Ungiorno avendo preso coscienza di tale

triste realtà ho deciso di impegnarmiper comprendere le sue parole ed i suoiracconti: la storia che ho ascoltato miha profondamente toccato… ma la pro-verbiale “goccia” finale che mi ha com-mosso fino alle lacrime è stato il suo“grazie”. Con gli occhi lucidi mi ha rive-lato che era la prima volta che qualcu-no lo ascoltava tanto a lungo e che mene era molto riconoscente. Questo, come moltissimi altri commo-venti spaccati di una vita tanto distantedalla nostra, naturalmente rimarrà im-presso molto a lungo nelle menti e neicuori di ciascuno di noi, e di certo nelraccontarli suscitano molte emozioni:si ricordi tuttavia che il punto focale diquest’ esperienza è stato l’essere MIS-SIONARIO.Su questo argomento sono intervenutenumerose voci autorevoli, non da ulti-mo il Santo Padre, che del concetto di“missionarietà” ha fatto uno dei cardinidel proprio agire apostolico. Vorrei rias-sumere la complessità di tale “stile di vi-

ta” in una sempliceimmagine: il ritrattopiù celebre al mon-do, la Gioconda.Ecco… essere “mis-sionario”, averecioè ben chiaro il“filtro spirituale”con cui osservare leproprie esperienzeè come ammiraretale capolavoro perore, prima il sogget-to principale e poiogni singolo, minu-scolo dettaglio dicornice sforzandosidi comprendere ilsignificato profon-do della loro rela-

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zione e cercare di trar-ne un insegnamento daestendere alla vita ditutti i giorni.Al contrario fare “filan-tropia” (cosa peraltrobuona e molto impor-tante) rischia di rima-nere un’esperienza cheinizia e si esaurisce nellasso di tempo che oc-cupa: come concentrar-si esclusivamente sulsoggetto principale,trascurando lo sfondooppure i dettagli, per-dendo di vista il pri-mo… o ancora osserva-re entrambe senza no-tare l’intrinseca con-nessione.È stato, in definitiva, fa-re del bene nel nome diDio: l’amore unificanteche tutto avvolge, chedimora in noi e ci fa“piccole matite” nelleSue mani, veicoli delSuo messaggio, affian-cando la nostra “umanapropensione” al bene,che da sola risulterebbeassai limitata.Filantropo o missionario? Questa è ladomanda che ognuno di noi porteràsempre nel cuore: è vero, abbiamo fattodel bene e questo è innegabile… ma la-

sceremo che sia una esperienza circo-scritta, magari occasione di autocom-piacimento, oppure le consentiremo diattecchire come un seme nella nostraquotidianità?

Gabriele Ciccarelli

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È il secondo anno consecutivo chedecido di partire per il Perù, an-che se in realtà solo l’anno scor-

so sono “partito per il Perù”, quest’annosono tornato a casa, perché al Caef in unsolo istante ci si sente parte di una nuo-va famiglia e tornare vuol dire essere ri-conosciuto dalla direttrice, dalle educa-trici, dal resto del personale e dai bam-bini e vuol dire anche riconoscere queiluoghi, le strade, le luci e gli odori.Siamo partiti da Roma e Milano il 30 lu-glio, ci siamo incontrati tutti insiemedurante lo scalo a Madrid e da lì 12 oredi volo verso la nostra avventura. All’al-ba del 31 siamo stati accolti all’aeropor-to dal tipico cielo di Lima, grigio e pe-sante. L’esperienza dei tre giorni a Limaè fondamentale per arrivare al Caef:pronti a tutto. Scontrarmi con i millecontrasti della grande capitale è per memeno pesante dello scorso anno, riesco

a vivere con più distacco il vedere a po-chi minuti di taxi di distanza la ricchez-za di Miraflores, la malavita e la povertàdi El Augustino, lo squallore del ConoSur, dove l’anno scorso non eravamostati. Forse anche grazie a questo modo nuo-vo di confrontarmi con Lima è stato piùforte l’ascolto di quelle persone che que-sti luoghi li vivono tutti i giorni: PadreChiqui che ha liberato El Augustino dal-le “pandillas”, le bande criminali di ra-gazzini, trasformandole in centri cultu-rali, squadre di calcio, gruppi di studio,che hanno preso i nomi di grandi dellastoria, Martin Luther King, Ghandi, Er-nesto Che Guevara e tanti altri; Marujache ha votato la sua vita ai bambini delColo Sur, con il centro studio, la biblio-teca Michele Mosna, dove ogni giornopassano all’incirca 180 bambini delquartiere; Oscar e il progetto di “Justicia

Juvenil Restarautiva” della“Red Encuentros” e “Terre deshommes”, che permette aigiovani colpevoli di reati mi-nori di non entrare in carcerema di essere aiutati a cresce-re, attraverso l’appoggio dipsicologi ed educatori, che la-vorano con loro, le loro fami-glie e quando è possibile an-che con le vittime dei lororeati, anche attraverso lavorisocialmente utili.Ma Lima è solo una piccola

Perù

campo 2014: tornare a casa

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parentesi inziale del nostroviaggio, che ci aiuta a cono-scerci meglio, a formare ungruppo unito che possa lavo-rare al meglio al Caef e con ibambini di Torres e Taquila.Finalmente il 3 mattina pren-diamo l’autobus per spostarcia Trujillo, 10 ore di viaggio an-cora, ma poi arriviamo e in-contriamo Judith alla stazio-ne, carichiamo il nostro pul-mino e in dieci minuti siamoal Caef. Le educatrici si pre-sentano a noi mentre siamo tutti sedutiall’ingresso e poi con grande sorpresa so-no i bambini a presentarsi, attraversoun’immagine: “Io sono J.M. e rappresen-to il coraggio, perché ho capito che nellavita non c’è bisogno di utilizzare la vio-lenza per essere uomini ma bisogna ave-re il coraggio di cambiare ciò che è sba-gliato”. Tutti si raccontano in profondità,condividendo con noi il loro essere, poicome da abitudine ballano per noi e poiiniziamo a giocare con loro, e io ritrovoquella gioia e quella serenità che solouna casa e una famiglia possono dare.Il campo inizia il giorno dopo tra riunio-ni e visite a Taquila e Torres e divisionein gruppi. Come lo scorso anno io restoa lavorare al Caef, con i bambini piùgrandi, e sono circondato da un gruppodi validissimi elementi. Partiamo subitocon idee e piani illuminanti. Quest’annosia con i piccoli che con i grandi affron-teremo il tema della bellezza, chiara-mente con metodi e obbiettivi diversi,cercheremo di far crescere in loro l’ideadella bellezza, la capacità di riconoscer-la e apprezzarla, nelle sue tante rappre-sentazioni, dalla musica alla pittura, dal-la scrittura al ballo. Il percorso di “edu-cazione alla bellezza” viene momenta-neamente interrotto il 12 agosto per il

Campamento, il campo di tre giorni coni bambini del Caef, di Torres e di Taqui-la, in cui grazie ad Irene, Antonio, Zoe eElisa impariamo insieme ai bambini avolare nella libertà e nel ringraziamento.Il Campamento come da copione è statoestremamente pesante ma allo stessotempo bellissimo.Il resto del campo è proseguito liscio, traattività coi bambini, riunioni, spese aimercati, prime comunioni, condivisionidi gruppo, servizi, lavori manuali e chipiù ne ha più ne metta. Tutti noi abbia-mo piano piano preso il ritmo, sia dellegiornate che dell’organizzazione (o me-glio disorganizzazione) peruviana, chevede gli orari slittare apparentementesenza un motivo, i piani cambiare sem-pre all’ultimo momento.Anche a Trujillo abbiamo avuto la possi-bilità di confrontarci con situazioni peg-giori di quelle in cui lavoriamo, visitan-do il “relleno sanitario” e l’Alto Trujillo,il primo un’immensa discarica a cieloaperto in cui quasi duecento persone“lavorano” tutti i giorni, frugando tra irifiuti per trovare qualcosa di riciclabileda accumulare per guadagnare qualchesoldo e poter tirare avanti, in mezzo allaspazzatura e ai gas che escono dai rifiutibruciati. Sono uomini, donne e bambini

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privati della loro dignità, con la pelle e lemani consumate, ma che cercano comemeglio possono di sfruttare questa vita,cercano quella dignità che altri gli han-no tolto e nonostante questo sono perso-ne forti e coraggiose.L’Alto Trujillo è invece il quartiere piùpovero della città, l’invasione più recentee meno sviluppata, ma dall’anno scorsoc’è stata un’evoluzione inimmaginabile,le capanne nella parte bassa della collinasono state sostituite da casette in matto-ni, il silenzio che lo scorso anno tanto miaveva colpito è scomparso, oltre la musi-ca messa credo da qualche sorta di risto-rante, c’è il rumore di vita, si sentono vo-ci e si sono anche persone che passeggia-vano per il quartiere. Una crescita davve-ro impressionante che ci ha lasciato contanti sentimenti contrastanti.In mezzo a tutte le attività siamo ancheriusciti ad organizzare nel centro diTrujillo una mostra fotografica contro laviolenza, attraverso la quale abbiamocercato di sensibilizzare i passanti suquesto tema, dando loro la possibilità diraccontare, di esprimere il loro parere edi denunciare violenze di cui erano a co-noscenza. Uno dei pannelli della mostraconteneva la traduzione di un testo chemio padre ha scritto lo scorso anno per

lo spettacolo PerUnPerù, spettacolo diraccolta fondi per il Caef. Qualcuno pic-chiava i bambini, due volte ho letto il te-sto a voce alta davanti ai passanti, perme è stato forse il momento più toccan-te del campo, perché sentivo di trasmet-tere il pensiero e la forza delle parole dimio padre sino all’altro lato del mondo.Alcuni di noi nell’ultima settimana han-no avuto la possibilità di fare delle espe-rienze di lavoro con abitanti di Torres eTaquila principalmente; io e Michele ab-biamo aiutato una mattina nella costru-zione di un pozzo; Antonio ha vendutouova di quaglia al mercato; Michela eMartina hanno lavato le scale dei palazzie Valeria ha conosciuto una ragazza cheda qualche anno è uscita dal Caef. Il cen-tro di queste esperienze ovviamente nonera provare un lavoro nuovo, ma cresce-re nella comprensione della vita dellepersone che ci vivono attorno, delle lorodifficoltà nel tirare avanti una famiglia,ma anche della grande forza e impegnoche mettono in tutto quello che fanno.Il campo è finito sia a Torres che al Caefcercando di concludere il lavoro fattocon i bambini, a Torres è stato messo inscena uno spettacolo teatrale con tantepiccole scenette dai grandi significatiprofondi, mentre al Caef abbiamo orga-

nizzato una mostra di tutti idisegni, i testi, le sculture e glioggetti vari fatti dai bambinidurante il mese.Ripartire e sempre lasciareun pezzo di cuore in quellacasa, ma come ci ripetiamospesso: il vero campo iniziain Italia, è solo con il nostroimpegno qui che possiamocontinuare ad aiutare il Caefe i suoi bambini.

Francesco Serra

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Q uando i passi vacillano, imbri-gliati nella geografia intricata diuna interiorità sempre avida di

risposte e raggirati dalle impazienze ele irrequietezze dei miei ventidue anni,la memoria del cuore mi consegna inun assalto lo slancio consolante guada-gnato nell’esperienza di volontariato aSighetu Marma�iei, vissuta questa esta-

te. Più che una acquietante risposta atutti i dubbi e le resistenze interiori chemi attraversano sempre indocili, le duesettimane di servizio in Romania han-no la forma di una domanda, anzi, unaprovocazione quasi sfrontata ai mieiegoismi stringenti.Scavalca i pensieri la memoria della fu-ga biblica del popolo di Israele dalla

terra d’Egitto, nazioneliberata dal suo dio nelmezzo della schiavitùopprimente, da parte diun faraone tiranno chenon conosce l’autenticoincontro con l’altro,quindi con se stesso.«Non temere, perché ioti ho riscattato, ti hochiamato per nome: tumi appartieni» echeggiacon la voce del profetal’imperativo che vienedall’alto per zittire ilmormorare concitanteche scompagina il cuo-re. Incastrato nellatrappola di questo giu-dice fantasma in fac-cenda di cambiamento,infatti, ho vissuto igiorni del campo di vo-

romania

Sighet: una provocazione sfrontataai miei egoismi stringenti

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lontariato come il crollo, an-che violento, di molti deiconfini e degli schemi forsetroppo rigidi del mio mododi stare al mondo nell’incon-tro con l’altro.La mia prima esperienza dicampo di volontariato a Si-ghet, in questo modo, signifi-ca il disarmo incoraggiante diun tiranno interiore. Traccianel tempo della mia formazio-ne presso il Pontificio Semi-nario Interregionale Campanodi Napoli le linee e le curve diun disegno nuovo, un percor-so appena abbozzato e mancante di unaforma già compiuta, di una possibileconclusione. Mentre la memoria tornaad abitare quei luoghi, infatti, mi accor-go già ora di non averli ancora mai la-sciati per intero. Forse non mi sarà maipossibile riprendere tutto di me che è ri-masto impigliato in quei posti. Sarà im-praticabile sottrarmi del tutto daglisguardi incrociati, dai racconti di vitaabitati non solo nel tempo dell’ascolto,dall’eco delle emozioni che ancora ogginon smettono di pesare nel cuore. La città di Sighet, per la sua singolareposizione geografica, nella regione set-tentrionale della Transilvania, ai confinicon l’Ucraina e l’Ungheria, è piazza diincontro e di confronto tra popoli di-scordi, culture per certi versi molto di-stanti e religioni differenti. Una perife-ria continua senza un vero centro,affollata da una strisciante condizionedi povertà economica e morale. Nonriesco a prendere le distanze da questocrocevia di gente che cerca di evadereoltre il confine del proprio Egitto socia-le e culturale, perché mi ricorda cheognuno di noi ha frontiere sbarrate che,però, è chiamato sempre a valicare.

Le due settimane di volontariato in Ro-mania sono state attraversamento diconfine per primo, immediato valore co-me tempo di intensa esperienza di servi-zio vissuto in maniera comunitaria, in-sieme ad alcuni miei compagni di semi-nario, con i giovanissimi volontari dellaLega Missionaria Studenti dell’IstitutoMassimiliano Massimo, scuola cattolicadella Compagnia di Gesù di Roma. Impallidire con sguardo vicino di fron-te a tormentate scene di dolore e di di-sumanità presso l’ospedale psichiatricoaccorcia le distanze del cuore. Fare strada con lo stesso passo ai bam-bini e ai ragazzi della scuola comunaleverso un futuro certamente più dignito-so taglia spazio ai cammini individuali. Ascoltare con fraterna complicità i rac-conti di vita degli anziani o cantare lestesse canzoni e inscenare lo stesso gio-co con i giovani del Camin dei Batrani,l’ospizio-ospedale dove vengono ospita-te le persone con particolari patologie osemplicemente abbandonate, apre aqualcosa di singolare tra i volontari. Il cuore sobbalza di fronte alla consape-volezza delle condivisioni fatte anchesolo in silenzio o accompagnate da po-

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che parole, mentre si sta facendo la stes-sa attività. Non è assente la gratitudinenel non volerci mancare, l’esuberanzache tracima in certi incontri, il riguardoche ci intendiamo, la fraternità incorag-giante che spazza ai quattro venti le etàe le distanze. Consola il sogno comunedi non volerci risparmiare nel servizio,quindi nell’amore, che dice appartenen-za. Tutta questa abbondanza pretendefiducia. In effetti, scalcia la certezza dinon poterci completamente perderenell’imparità che si spacca nei camminiquando si è tornati in Italia, così da gua-dagnarci in maniera più intima, più in-chiodata nell’amore, quindi in Dio.Mentre venivo svincolato dalla presa in-gannevole del faraone interiore ho vis-suto nel tempo delle due settimane inRomania, e da lì ancora oggi, l’espe-rienza dell’abbraccio accogliente e ri-temprante di chi mi sta ad aspettare ap-pena fuori le porte sigillate del mioconfine. Iniziare a sentirmi gettato fuo-ri dalla fortezza armata dei miei indivi-dualismi, con i quali ho sempre a chefare, tirato via dalla roccaforte di difesa

in cui mi sono abituato a vivere chiusodentro dalle ragioni con cui certe voltemi scontro con tutti, spinto al di là dime quasi con prepotenza, però, è stataper certi versi un’esperienza di morte.«Oggi mi sono detto addio / spero, persempre, / come un nauta che ha i remispezzati» suggerisce con la stessa salvi-fica struggenza il poeta Turoldo, richia-mando un’uguale esperienza di abban-dono dalle proprie barricate, dalle qualitroppo spesso si dimentica che esisteuna via di fuga, una via di incontro,una via di salvezza. Essere ancora unavolta tirato al di là degli affanni egoisti-ci che forse ognuno coltiva dentro di sé,delle irrequietezze personaliste in cuimolto spesso ci piace dilettarci, mi haconsegnato un’esortazione che ha lastessa forza di un ordine, un autorevolecomandamento di liberazione dalle ce-cità che mi nascondono lo sguardo delvicino.L’evasione certamente più riscattantedell’esperienza di volontariato a Sighet,però, l’ho vissuta quando ho letto neglisguardi intimoriti degli altri miei com-

pagni di cammino lastessa paura e impo-tenza di fronte allasofferenza di questoluogo. La condivisionedella nostra inevitabilenudità davanti all’indi-genza di chi è costret-to in un dispoticoEgitto sociale spinge acomprendere che nonesiste aiuto da offrirepiù fecondo dell’allun-gare con umiltà ed en-tusiasmo contagioso lapropria mano vuota.La legge più intimadell’incontro con l’al-

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tro, del resto, è nell’av-vicinare le proprie po-vertà, perché l’amorepossa mettersi in cir-colo senza resistenze –nostro è solo il compi-to di ospitare, comegrembo accogliente.Nell’esperienza del ser-vizio, dunque, non sitratta affatto di com-piere qualche missioneimpossibile o mandatodifficilissimo, ma solorendersi prossimi conla propria vivace uma-nità in un posto tor-mentato dalla fame diumanità. Quella di farsi vicino a chi è diverso dame, nella più immediata spontaneità, èun’attività che ha la stessa forza internadi una spinta centrifuga, la possibilitàdi iniziare ad uscire fuori dalla trappoladella sopravvivenza egocentrica di chisi comporta come se fosse solo al mon-do. La consapevolezza dell’incontro conl’altro consegna inevitabilmente l’urgen-za di spingersi sempre oltre, al di là delproprio Egitto di stringente solitudine.Tutto questo è per capire che non pos-siamo mai bastare a noi stessi, ma cheabbiamo sempre bisogno di qualcunoche ci venga vicino, che ci abbracci, checi entri dentro e poi ci tiri fuori da noistessi, dalle solitudini che ci sabotanoimmancabilmente.È nell’abbraccio con il prossimo, ho fat-to disarmante esperienza, che si aprenella propria intimità una rottura di im-prevedibile trascendenza. È nella carez-za che il bisognoso ti consegna, comegesto di gratitudine all’esserti reso vici-no a lui, che vivo la traccia di un Dioche si nasconde con fare inaspettato nel

più sofferente. È nel tendere la manovuota che trovo la via di fuga nella re-gione fertile dell’incontro con Gesù, checontinua a osservarmi con lo sguardoinfermo del malato psichiatrico, a inter-rogarmi con lo stesso impeto dello sco-laro sempre spaesato, a scrollarmi conl’aria un po’ smarrita dell’anziano.Il campo di volontariato in Romania,quindi, in forza di questo slancio centri-fugo che continua a sferzarmi e che dicealla mia interiorità che non va bene co-sì, che bisogna dare sempre di più, ini-zia a prendere oggi un valore numericoche comanda un seguito inevitabile. Giàadesso raccolgo in barba ai miei egoi-smi stridenti la necessità di continuarea dirmi addio – «Oggi mi sono detto ad-dio / spero, per sempre, / come un nautache ha i remi spezzati. / Spezzati i remi /lacerata la vela / contro l’onda contrariadel sangue». Il mio primo campo a Si-ghet… resta appena un paradosso, chescavalca la logica e arriva al mistero.

Oscar Del Monaco

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A rrivare a Sighet è faticoso, sipassa per paesi che si sviluppa-no solamente lungo una strada,

carretti, dossi, buche e poi miseria; tor-nare da Sighet lo é ancora di più, mastavolta non saranno le tue ossa a fati-care, a star male stavolta sarà il tuocuore: un cuore che oltre a passare inmezzo alla miseria l’avrà toccata.Un cuore che avrà tenuto la mano aibambini della casa famiglia 1, 2 e 3.Un cuore che avrà visto cucire dolce-mente le vecchine maltrattate dalle in-fermiere del Camin de Batrani.Un cuore che avrà provato ad insegnareinglese nel migliore dei modi, che avràgiocato con Adi, il più tenero dei malatipsichiatrici.Un cuore che tornerà a casa scosso, for-se incompreso da chi in Romania con

te non è venuto.Un cuore che adesso considera Sighetla sua seconda casa. Queste possono a tratti apparire comeparole forti, esagerate, inadeguate perdescrivere un luogo che non è tuo: quista il nodo fondamentale. Infatti nonsbaglia chi crede che quel paesino ru-meno al confine con l’Ucraina non tiappartenga, ma tu dopo aver toccatoper la prima volta quella terra apparter-rai a lui, apparterrai a quella gente.Leggere, giocare, disegnare, ascoltare,ripetere: questi i verbi che caratterizza-no meglio il nostro lavoro di “insegnan-ti volontari” a Sighet.Si legge, si gioca, si disegna, si ascolta esi ripete in classe con i ragazzi a cui sicerca di insegnare l’italiano e l’inglese;sono furbi, attenti, svegli e vogliono im-

parare da te che a volte seipiù piccolo di loro. Vederli èrivedere noi sui banchi qual-che mese prima.Osservare, correre, toccare,aiutare, volersi bene: questele azioni del Camin de Batranie dell’ospedale psichiatrico.Entrare in quei posti richiedecoraggio, vedi il cancellosbiadito del Camin e hai pau-ra, paura che magari ogginon saprai capirli. Ad essersinceri potresti aver paura dinon farcela a sopportare tut-to quel dolore, tutta quell’in-dolenza da parte degli infer-mieri, tutta quella mancanzadi tutto.Entri e preghi Dio, poi inizi acorrere, giocare, abbracciare

un nuovo cuore, il nostro

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quegli uomini e donne cheaspettano te per saltare sulmattonato, per ricevere affet-to, quell’affetto che non han-no forse mai ricevuto.Inizi a voler bene alla Signo-ra Maria, alla Signora Adria-na, alla Signora Eugenia,vecchine che lì, in mezzo agiovani con disturbi mentali,ci sono capitate per sbaglio. Nasce una sintonia particola-re, un rapporto speciale, no-nostante tu non riesca astrapparli da quella situazio-ne loro ti vogliono bene, tiaspettano ogni volta che vaivia, si sente il bisogno di la-sciare all’altro qualcosa dituo. Ti regaleranno un “bon-bon”, un centrino; non sarà ilvalore materiale a colpirti,ma è ciò che c’è dietro a quelpezzetto di stoffa che ti disar-merà, questo è quello checonta.Sighet è una come una stradadissestata, polverosa, piena di buche,sassi, odori forti e crepe dalle quali

ogni tanto vedi nascere un fiore.

Lucrezia Imperiali

i camPi di lavoro

In accordo con le autorità rumene, ogni anno si organizzano “campi di lavoro” a Sighet. In esta-te, da inizio mese di luglio a fine agosto in tre turni, e durante il periodo natalizio in un solo tur-no, adulti e ragazzi si recano a Sighet per portare il loro contributo di assistenza a ricoveratinell’ospedale psichiatrico, nell’orfanotrofio, nella struttura Batrani e nelle case famiglia rumene. Nel periodo estivo i volontari si alternano per insegnare in struttura scolastica l’inglese, l’italiano,la musica, l’uso del computer, concludendo il campo estivo con piacevoli animazioni teatrali.La presenza di tanti volontari italiani, che negli anni ritornano a Sighet o si alternano con nuovi,è attesa con molto entusiasmo dai bambini accolti nelle Tre Case, ma anche da gran parte deicittadini.http://www.progettoquadrifoglionlus.org

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associazione italo-rumena “il Quadrifoglio”

Il PresidenteRoma, 17 novembre 2014

Carissimi amici e benefattori,

tra poco più di un mese celebreremo il Natale del Signore. Come consuetudine, viscrivo per informarvi sull’evoluzione in atto a Sighet con le nostre case-famiglia edinvitarvi a sostenerci in questa nuova, delicata fase in cui siamo entrati. Vi sono del-le novità consistenti che riguardano innanzitutto i ragazzi. Abbiamo avviato ad un regime di semi-autonomia ben cinque di loro che si soncresciuti in Casa 2: Andrei, Andrea, Marianna, Mihai e Ioana. Quest’ultima ci ha da-to tante belle soddisfazioni: Ioana infatti ha raggiunto ottimi risultati scolastici e,siccome lo merita, l’abbiamo iscritta alla facoltà di diritto a Cluj. Marianna e Mihaihanno lasciato a metà ottobre la Casa famiglia per andare a vivere in un apparta-mento dell’Associazione in cui dovranno praticamente cavarsela da soli: entrambilavorano, l’Associazione non farà pagare loro né l’affitto né le bollette e vigilerà sul-la loro capacità di autogovernarsi. Andrea lavora anche lei, è fidanzata con un ra-gazzo molto bravo, lavoratore benché di modeste condizioni sociali: entro il prossi-mo 2015 hanno in progetto di sposarsi e vivere insieme in un mini appartamentoper l’acquisto del quale stanno già risparmiano tutto ciò che possono e in questo so-no ammirevoli. Andrei è il più fragile dei cinque per tenuta psicologica, abitudine airitmi del lavoro (incostante nella macelleria dove già lavora Mihai), amicizie chespesso non lo aiutano a crescere nell’assunzione di responsabilità. Vive in un miniappartamento affittato dall’Associazione, in semi autonomia vigilata con AndreiVarga, che è stato con noi in casa 3 e ne è uscito ormai già da quattro anni: debbonomantenersi col loro lavoro per vitto, vestiario, bollette e spese personali. In Casa 2 resteranno allora per il prossimo anno sociale Denisa, Marcel, Ciprian,Manuel e, finché si sposa, Andrea.In Casa 1 abbiamo avuto dallo scorso inverno l’uscita definitiva di Vali, tornato -dicomune intesa- in regime assistenziale all’orfanotrofio Statale della Protectia Coo-pilor (Protezione dei Minori). Sua sorella Diana che frequenta a Baia Mare unascuola professionale abitando in collegio della Protezione dei Minori, e torna a Si-ghet, in casa-famiglia, nei fine settimana e nei periodi di vacanza. Restano fissi incasa: Baronizza, Stefan, Andrei, Alin, Mugurel, Adela e Maria. Baronizza cresce in fretta, ormai è donna e si può pensare anche per lei dal prossi-mo anno l’entrata in appartamento a regime di semi-indipendenza. Quando Andreadi Casa 2 si sposerà, noi avremmo complessivamente, tra le due strutture di Casa 1e 2, solo 10 ragazzi da assistere stabilmente.

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Siccome il costo della vita in Romania è in continua crescita, non avendo ancoraper il momento una fondazione economica che offra una sufficiente garanzia dimantenimento, stiamo seriamente pensando di unire in una sola struttura, dalprossimo autunno 2015, i ragazzi che sono seguiti nelle Case 1 e 2. L’idea sarebbedi spostare tutto in Casa 2 e mettere a reddito la struttura più grande di Casa 1,sempre che riusciamo a far decollare un progetto di “Bed and Breakfast”.In Casa 3 la situazione appare globalmente la più armonica, in piena sintonia conlo stile di vita medio di una normale famiglia rumena. Sono in tutto nove, tra ra-gazzi e bambini. Norbi è il più grande, vive in casa, ma lavora seriamente ormai daquattro anni e sarebbe anche pronto a stare in regime d’indipendenza se non fosseper le gravi pressioni che riceve dalla sua famiglia di origine che consigliano ancoraper un po’ una sistemazione abitativa protetta. Il servizio di accompagnamento dei ragazzi, usciti dal regime normale di casa-fami-glia, è affidato all’educatrice Laura Sulea, col sostegno del segretario generale del-l’Associazione Il Quadrifoglio, sig. Dan Pralea. Seguirli in questo regime di semi-au-tonomia, non è meno impegnativo di quanto non lo sia star dietro a tutti gli altriche restano nelle case. C’è un salto di vita che i ragazzi stanno compiendo, c’è unimpegno che cambia anche per l’équipe educatrice e per l’Associazione che deve co-munque ancora sostenerli economicamente, benché in forma più contenuta.Per fronte al fabbisogno generale e per avviare al lavoro i ragazzi più grandi, giàdallo scorso anno, come annunciavamo, è sorta la ONG rumena 1,2,3… Viitor : ungruppo di amici imprenditori hanno avviato due esercizi commerciali nella città diSighet: una macelleria e un negozio di abiti usati.Dobbiamo con onestà riconoscere che gli affari vanno a rilento. Il negozio di vestitiriesce a chiudere il bilancio in pareggio, garantendo il lavoro a due dipendenti.La Macelleria, invece, dove lavorano Mihai e Andrei è ancora in passivo. Un ulterio-re investimento dovrebbe consentire l’apertura di un nuovo punto vendita attraver-so il quale si spera aumentino le vendite e quindi i ricavi così da costituire in unpaio di anni una rendita per le case del Progetto Quadrifoglio.Il bilancio preventivo delle tre case, resta invariato rispetto all’anno precedente,quindi sui 160mila euro complessivi. Infatti per tutto il 2015 restano comunqueaperte le tre strutture che hanno notevoli spese di mantenimento, cui vanno aggiun-ti i contributi per Ioana e gli altri ragazzi che vivono in regime di semi-autonomia.Il bilancio può apparire elevato, in realtà è al limite della sufficienza perché i costidella vita in Romania sono così cresciuti da avvicinarsi per molti generi di consumo(tra questi il gas, necessario al riscaldamento, e la benzina) a quelli dei paesi occi-dentali. I salari che diamo sono ormai i minimi consentiti dalla legge e solo la gra-vissima crisi occupazionale ci consente di poter contare sui dipendenti che fin oraci hanno aiutato a tener in piedi le tre strutture. I contributi statali sono pratica-mente nulli.Come già accadde lo scorso anno, per far fronte alle spese del prossimo mese di di-cembre abbiamo praticamente azzerato il conto della Lega Missionaria Studenti.Senza voler esser patetici, debbo con onestà comunicarvi come stanno le cose: daoggi, data in cui ho trasmesso gli ultimi due bonifici sui nostri conti rumeni, nonabbiamo più liquidità.

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Sono anni che andiamo avanti nella precarietà, ormai lo sapete. La crisi si sente unpo’ in tutti gli ambienti ed inevitabilmente tocca anche il mondo della solidarietà.Le donazioni sono in forte diminuzione, ma senza di esse dovremmo realmentechiudere tutto. Vi immaginate cosa comporterebbe una decisone del genere? Mi sono dilungato nell’esposizione dello status delle case, per rendervi partecipi,citando anche i nomi dei ragazzi, del percorso compiuto in dodici anni e dei pro-getti per il futuro. Per loro noi siamo stati fin ora strumento della Provvidenza esenza il vostro aiuto non avremmo mai potuto iniziare nulla. Col cuore pieno digratitudine per tutto ciò che è stato realizzato, mi permetto di chiedere ancorauna volta un vostro contributo per garantire il mantenimento delle Case – Fami-glia. È un aiuto che ci consente di andare avanti e a guardare con fiducia al futurodei ragazzi.Rinnovo l’invito a venire su per conoscere i nostri ragazzi e visitare le struttureche grazie a voi abbiamo avviato. Vederli di persona, constatare il loro livello dicrescita è qualcosa che tocca profondamente e consente di attualizzare il Dono diDio che è amore gratuito. Questo è ciò che anima da anni i nostri volontari e con-sente loro di andare avanti nel sostenere il Progetto, remando spesso controcor-rente.Il Signore Gesù che tra poco tornerà a nascere nei nostri cuori, ci doni di sperimen-tare la gioia di saperci collaboratori della sua opera di salvezza verso i piccoli e ipoveri.E la gioia del Signore sia la nostra forza! Buon Natale a tutti

P. Massimo Nevola S.I.

Coordinate per offerte:• C/C bancario Nº 400995649della UniCreditABI 02008 CAB 05198 CIN: K IBAN: IT11 K 02008 05198 000400995649intestato a “SEGRETARIATO NAZIONALE DELLA LEGA MISSIONARIASTUDENTI” Codice BIC SWIFT: UNCRITM1B75

• C/C postale Nº 34150003 IBAN: IT77E0760103200000034150003intestato a “LEGA MISSIONARIA STUDENTI - ROMA”

Per la detrazione fiscale e il 5 x 1000 suggeriamo: IBAN: IT06 O 0501803200000000141075Intestato a “PROGETTO QUADRIFOGLIO ONLUS”Per il 5 x 1000 è sufficiente indicare nella dichiarazione dei rediti il Codice Fiscale:11651421007

Sede: via M. Massimo 7 – 00144 Roma (Italia) / str. Alexandru Ivasiuc 24 Sighet(Romania) mail: [email protected]

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genteS - indice generale 2014

INVITO ALLA PAROLA Titolo Autori Mese Pag. Il sì che dà vita Sermig Torino GEN-APR 11

MISSIONE E SOCIETÀ Titolo Autore Mese Pag. Dalla tratta alla protezione sociale: un percorso (im)possibile? Chiara Peri MAG-AGO 16 Lo jus soli per promuovere la cultura dell’incontro Antonio Nanni MAG-AGO 16

FORMAZIONE GIOVANI Titolo Autore Mese Pag. Cammino di Pietro. IV: La sfida del mare (Mt 14, 22-32) Massimo Nevola S.I. MAG-AGO 13

RIFLESSIONE Titolo Autore Mese Pag. Einstein alla figlia Albert Einstein SET-DIC 76 Note pechinesi Massimo Marnetto SET-DIC 78

STUDIO Titolo Autori Mese Pag. La profezia del Sermig. Intervista a Ernesto Olivero a cura della Redazione GEN-APR 11 Introduzione alla lettura dell’Evengelii Gaudium Sergio Centofanti MAG-AGO 34 Schede meditative a cura di P. Massimo Nevola, Giuseppe Pellegrino e Salvatore Caso MAG-AGO 34 La Grande Guerra Mediorientale Luciano Larivera SET-DIC 69

EDITORIALE Titolo Autori Mese Pag. Costruttori di ponti Antonio Salvio GEN-APR 1 Evangelii Gaudium Massimo Nevola S.I. MAG-AGO 33 Natale in guerra Massimo Nevola S.I. SET-DIC 67

Settembre-Dicembre n. 3-2014

Buon NataleBuon Natale

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VITA LEGA Titolo Autore Mese Pag. “Dalle nostre radici alle frontiere”. Programma del 41° convegno nazionale Cvx-Lms (Assisi, 24-27 aprile 2014) MAG-AGO 23 Il mio primo campo: Nairobi 2013 Diletta Di Benedetto MAG-AGO Incontri. Appunti di viaggio al ritorno da Sighet Paola Stura MAG-AGO Un, due, tre... Viitor!!! Sarah Rabellino MAG-AGO CUBA La Habana: all’Edad de Oro, il primato della persona Andrea Di Lorenzo SET-DIC 80 Il reciproco dono della missione Gabriele Ciccarelli SET-DIC 83 PERÙ Campo 2014: tornare a casa Francesco Serra SET-DIC 86 ROMANIA Sighet: una provocazione sfrontata ai miei egoismi stringenti Oscar Del Monaco SET-DIC 89 Un nuovo cuore, il nostro Lucrezia Imperiali SET-DIC 93 Lettera ai benefattori Massimo Nevola S.I. SET-DIC 95

INDICE GENTES – Indice generale 2014 SET-DIC 98

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