A. MARCHETTO, Il Concilio Vaticano II. Contrappunto Per La Sua Storia (2005)

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    STORIA E ATTUALITA `

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    COLLANA STORIA E ATTUALITA `

    1. Karol Wojtya e il Sinodo dei Vescovi. Redazione di Joseph Sarraf a cura della Se-greteria Generale del Sinodo dei Vescovi, 1980, pp. 432.

    2. Sacramentarium sublacense (Roma, Cod. Vallic. B 24, cc. 1-99, sec. XI), a cura diSergio M. Pagano, seconda edizione 1981, pp. 264.

    3. A lcide De Gasperi , Scritti di politica internazionale, 1933-1938. Presentazione diGabriele De Rosa. Volume 1: 1933-1935, 1981, pp. 352; Volume 2: 1936-1938,1981, pp. 412.

    5. Bellarmino Bagatti, Alle origini della Chiesa. 1: Le comunita giudeo-cristiane, secon-

    da edizione 1985, pp. 288.6. De imitatione Christi libri quattuor. Edizione critica a cura di Tiburzio Lupo, 1982,

    pp. 396.

    7. Bellarmino Bagatti, Alle origini della Chiesa. II: Le comunita gentilo-cristiane, 1982,pp. 288.

    8. Mario Olivieri, Natura e funzioni dei Legati Pontifici nella storia e nel contestoecclesiologico del Vaticano II, 1982, pp. 320.

    9. Italo Marzola, Le carte ferraresi piu importanti anteriori al 1117, 1983, pp. 268.

    10. Joseph Sarraf, La notion du droit dapre s les Anciens Egyptiens, 1984, pp. 132.

    11. Il Sinodo dei Vescovi. Natura - metodo - prospettive, a cura di Jozef Tomko, pp. 184.

    12. Giuseppe M. Croce, La Badia greca di Grottaferrata e la rivista Roma e lOriente.Cattolicesimo e ortodossia fra unionismo ed ecumenismo (1799-1923). Con appen-dice di documenti inediti. Vol. I, 1991, pp. 416; Vol. II, 1991, pp. 892.

    13. Vittorio Peri, Lo scambio fraterno fra le Chiese. Componenti storiche della comu-nione, 1993, pp. 496.

    14. Alessandra Bartolomei Romagnoli, Santa Francesca Romana. Edizione critica deitrattati latini di Giovanni Mattiotti, Prefazione di Giorgio Picasso, 1995, pp. 1040.

    15. Antonio Scotta ` , La conciliazione ufficiosa. Diario del barone Carlo Monti incari-cato daffari del governo italiano presso la Santa Sede (1914-1922). Presentazionedel card. Achille Silvestrini, Prefazione del prof. Giorgio Rumi, 1999, Vol. I, pp. 552,Vol. II pp. 678.

    16. Agostino Marchetto, Chiesa e Papato nella storia e nel diritto. 25 anni di studicritici, 2002, pp. 764.

    17. Agostino Marchetto, Il Concilio Ecumenico Vaticano II. Contrappunto per la sua

    storia, 2005, pp. 408.

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    AGOSTINO MARCHETTO

    IL CONCILIO ECUMENICOVATICANO II

    Contrappunto per la sua storia

    LIBRERIA EDITRICE VATICANA

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    A mia madre

    Copyright 2005 - Libreria Editrice Vaticana - 00120 Citta del VaticanoTel. 06.6988.5003 - Fax 06.6988.4716

    ISBN 88-209-7702-8

    www.libreriaeditricevaticana.com

    I Edizione: giugno 2005Ristampa: luglio 2005

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    PREFAZIONE

    Dopo la pubblicazione, presso la Libreria Editrice Vaticana, di Chiesa ePapato nella storia e nel diritto. 25 anni di studi critici , con la parte IVdedicata ai concili, in cui moltissimi saggi vertono sul Concilio Vaticano II, e `sorto in me il desiderio di scorporarli da quel grosso volume e di aggiungere glialtri miei successivi contributi nello stesso campo di ricerca (ventotto) in unanuova pubblicazione.

    Lintento e di contribuire a giungere finalmente ad una storia del Vatica-no II che vinca i condizionamenti gravi e si capisce quindi quel mio con-trappunto del titolo posti finora, a tale riguardo, da una visione da medefinita ideologica fin dallinizio e che si impone monopolisticamente sul mer-cato delle pubblicazioni.

    Dunque ecco qui un volume certo piu snello del precedente e piu unitario,tutto dedicato, come , al magno Sinodo Vaticano, che cos grande importanzaha avuto nellaggiornamento ecclesiale del secolo scorso e si dimostra di rile-vante attualita anche agli inizi di questo nuovo millennio.

    Ho cercato anche questa volta di rispettare lordine cronologico della pub-blicazione dei miei contributi alla ricerca, ma la disposizione appare anche ragionata. Si inizia cioe con il telone di fondo di tutti i concili, compreso

    dunque il Vaticano II (capitoletti NN. 1-3), per passare poi a quelli Vaticani,con successivo fuoco dattenzione sul solo II (NN. 5-9). Ve qui la fondamentalee dettagliata analisi critica dei cinque volumi della sua storia secondo il Prof.Alberigo e la scuola , pur dilatata, di Bologna (NN. 10-14). Segue unappen-dice ( Volti di fine Concilio: N. 15), nonche uno sguardo sulla Chiesa delVaticano II (in due parti: N. 16) e su una relativa pubblicazione divulgativa(N. 17), con prospettiva, infine, da Mosca (N. 18).

    A questo punto ritorno, nel volume, a considerare i due Papi conciliari, valea dire il Beato Giovanni XXIII e Paolo VI (NN. 19-21 e 22), per poi riprenderelesame di alcune pubblicazioni con orizzonte conciliare generale (NN. 23-27).

    Lattenzione e diretta successivamente alla Lumen Gentium (NN. 28 e 29) ea uno scolio sulla veritas salutaris (N. 30), con ritorno al tema del Primato edella Collegialita in tre opere recenti (NN. 31-33), nonche allanalisi del legametra lo sviluppo odierno dei Movimenti ecclesiali e il Concilio stesso (NN. 34-35).

    Ma in tutto cio non si puo dimenticare una questione fondamentale, quelladelle Fonti del Concilio, private (NN. 36-45: si riferiscono ad opere su o adiari di Siri, Chenu, Edelby, Bea, Ratzinger, Charue, Philips, Prignon, Betti eCongar, nellordine), sinteticamente presentate dal Turbanti-Faggioli in un vo-lumetto (N. 46), e ufficiali, a cui le anteriori debbono criticamente sottomettersi(NN. 47-48).

    Riportiamo infine lintervento del Padre Scheffczyk, ora Cardinale, peruna corretta interpretazione del Concilio Vaticano II (N. 49) e un nostro

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    contributo, sulla stessa linea, dal titolo: Tradizione e rinnovamento si sonoabracciati: il Concilio Vaticano II (N. 50).

    Concludono lopera due studi riassuntivi sulle tendenze ermeneutiche rela-tive al magno Sinodo, dal 1990 ad oggi (NN. 51 e 52), con visione, il primo, chesi ferma al giugno 2000, e che arriva invece allOttobre 2002, nel secondo caso.

    Come in precedenza, abbiamo raggruppati i nostri studi in Parti (7), i cuititoli hanno il vantaggio di scandire chiaramente il procedere e di indirizzare illettore nella scelta degli argomenti da affrontare, secondo il suo particolareinteresse. Eccoli: Nel contesto conciliare ; La preparazione conciliare ; Una storia del Concilio Vaticano II ; Altre storie del Concilio e dei suoiPapi ; Temi e questioni particolari ; Fonti conciliari ufficiali e private e

    Per una corretta interpretazione del Concilio .Limpostazione del volume rimane la stessa del precedente per elenchied indici, che risultano assai ricchi. Buona lettura, anche se ve la consiglio per partes!

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    SIGLE E ABBREVIAZIONI

    a. = anno (i)A. = AutoreAa. = AutoriAAS = Acta Apostolicae SedisAa.Vv. = Autori VariAD = Acta et Documenta Concilio cumenico Vaticano II

    Apparando (ed. V. Carbone), Typis (Polyglottis) Vatica-nis, 1960ss.

    A.H.C. = Annuarium Historiae ConciliorumA.H.P. = Archivum Historiae PontificiaeApol = Apollinarisart. = articoloAS = Acta Synodalia Sacrosancti Concilii cumenici Vatica-

    ni II (ed. V. Carbone), Typis (Polyglottis) Vaticanis,1970ss.

    c. (anche can. o cap.) = canone, o capitoloca. = circaCard. = Cardinalecf o cfr. = confrontacit. = citatoCICO = Codice dei Canoni delle Chiese OrientaliC.I.C. = Codice di Diritto Canonico

    Civ. Catt. = La Civilta Cattolicaconc. = concilio (concilium)Doc. Cath. = La Documentation CatholiqueE. = Editoreed. = edidit, editio, edizioneEm.mi = Eminentissimienc. = enciclicaep. = epistola(e)es. = esempioG.S. = Gaudium et Spes (Conc. Vat. II)ibid. (ib.) = ibidemid. = idemL.G. = Lumen Gentium (Conc. Vat. II)

    loc. cit. = luogo citatoLOss. Rom. = LOsservatore RomanoM.E. = Medio Evon., N. = numero, qualche volta notaN.E.P. = Nota Explicativa PraeviaN.R.T. = Nouvelle Revue The ologiqueop. cit. = opera citataP. = Padrep., pp. = pagina (e)par. = paragrafo

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    P.L. = Patrologia Latina (ed. J. P. Migne)q. = quadernoRev. des sc. rel. = Revue des sciences religieusesRiv. della Dioc. di Vicenza = Rivista della Diocesi di VicenzaRSChIt. (o R.S.C.I.) = Rivista di Storia della Chiesa in Italias. (ss.) = seguente (i)S. = Sansec. = secolo (i)t. = tomo (i)tit. = titolov. = vedivol. (voll.) = volume (volumi)

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    ORDINE CRONOLOGICODELLE PRECEDENTI PUBBLICAZIONI

    (i numeri si riferiscono a quelli progressivi del volume)

    1989 N. 28.1990 N. 5.1992 N. 1.

    1995 N. 4, 6, 16.1996 N. 2, 7, 10.1997 N. 8, 9, 11, 22, 36, 37, 38, 39, 40.1998 N. 12, 18, 23, 24, 47A.1999 N. 48, 49.2000 N. 19, 47B, 50, 51.2001 N. 3, 13, 15, 20, 30, 41.2002 N. 14, 17, 32, 33, 34, 42, 46.2003 N. 35, 43, 44, 45, 52.Inediti: N. 21, 25, 26, 27, 29, 31.

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    ELENCO DELLE PRECEDENTI PUBBLICAZIONI

    1. Apol. LXV (1992), pp. 665-689; cfr. RSChIt XLVI (1992), pp. 246-263.2. Apol. LXIX (1996), pp. 453-460.3. Apol. LXXIV (2001), pp. 801-809.4. RSChIt XLIX (1995), pp. 547-551; cfr. Apol. LXVIII (1994), pp. 433-438.5. RSChIt XLIV (1990), pp. 585-591.6. Apol. LXVIII (1995), pp. 848-854.7. Apol. LXIX (1996), pp. 444-453.

    8. Apol. LXX (1997), pp. 881-883.9. Apol. LXX (1997), pp. 883-888.10. Apol. LXIX (1996), pp. 305-317.11. Nel suo testo piu esteso la critica e pubblicata in Apol. LXX (1997), pp. 331-351;

    in forma ridotta e apparsa su LOsservatore Romano del 13/XI/1997, pp. 8s.12. Cfr. LOsservatore Romano del 28/VIII/1998, p. 6. La forma lunga e apparsa in Apol.

    LXXIII (2000), pp. 571-590 e A.H.C. XXXI (1999), pp. 468-483.13. Apol. LXXIV (2001), pp. 811-825 e A.H.C. XXXIII (2001), pp. 213-227; cfr. LOs-

    servatore Romano dell1/II/2000, p. 10.14. Apol. LXXV (2002), pp. 855-877.15. Apol. LXXIV (2001), pp. 789-799.16. Apol. LXVIII (1995), pp. 412-421 e pp. 425-433.17. Apol. LXXV (2002), pp. 319-322.18. LOsservatore Romano del 22/VIII/1998, p. 6; cfr. Apol. LXXI (1998), pp. 373-380.

    19. Nuova Storia Contemporanea n. 5 (2000) pp. 157-160; Apol. LXX (2002), pp. 385-389.20. LOsservatore Romano del 16/III/2001; Apol. LXXV (2002), pp. 389-393; A.H.C.XXXIII (2001), pp. 463-467.

    21. Inedito.22. Apol. LXX (1997), pp. 891-898; cfr. LOsservatore Romano 26/IX/1997, p. 3.23. A.H.C. XXX (1998), pp. 131-142; cfr. LOsservatore Romano del 12/VIII/1998, p. 5;

    cfr. Apol. LXXI (1998), pp. 325-337.24. LOsservatore Romano del 10/VI/1998 p. 10; cfr. Apol. LXXI (1998), pp. 721-727.25. Inedito.26. Inedito.27. Inedito.28. Apol. LXII (1989), pp. 382s.29. Inedito.30. Bailamme (2001), pp. 39-42.

    31. Inedito.32. Apol. LXXV (2002), pp. 353-360.33. Apol. LXXV (2002), pp. 361-366; A.H.C. XXXIV (2002), pp. 193-198.34. Apol. LXXV (2002), pp. 887s.35. People on The Move XXXIV (2002), pp. 101-111; La nuova Europa, n. 3 (2003),

    pp. 74-81, con traduzione russa, nella stessa rivista, n. 16 (2003), pp. 77-84.36. Apol. LXX (1997), pp. 413-417.37. Apol. LXX (1997), pp. 888-891.38. Apol. LXX (1997), pp. 421-425.39. Apol. LXX (1997), pp. 409-413.40. Apol. LXX (1997), pp. 417-421; cfr. LOsservatore Romano del 7/VI/1998, p. 9.

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    41. Apol. LXXV (2002), pp. 393-395; LOsservatore Romano del 19/V/2001, p. 5; A.H.C.XXXII (2000), pp. 467-470.

    42. Apol. LXXV (2002), pp. 884-886; A.H.C. XXXIII (2001), pp. 459-462.43. Apol. LXXV (2002), pp. 591s.44. Apol. LXXVI (2003), pp. 592-594.45. A.H.P. XLI (2003), pp. 252-270.46. Apol. LXXV (2002), pp. 881-884.47. A. Apol. LXXV (2002), pp. 378-383; LOsservatore Romano del 14/X/1998, p. 8.

    B. LOsservatore Romano del 12/IV/2000, p. 5; A.H.C. XXXII (2000), pp. 204-209.48. LOsservatore Romano del 20/I/1999, p. 4; A.H.C. XXXI (1999), pp. 233-236.49. LOsservatore Romano del 22/I/1999, p. 6.50. Bailamme (2000), pp. 51-64; Riv. della Dioc. di Vicenza (1999), pp. 1232-1245.51. A.H.P. XXXVIII (2000), pp. 275-286; Apol. LXXIII (2000), pp. 515-627; cfr. A.H.C.

    XXXII (2000), pp. 371-386.52. Jus Ecclesiae XV (2003), pp. 187-202.

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    LISTA DEGLI AUTORI DELLE OPEREE DEGLI STUDI CONSIDERATI E NUMERI CORRISPONDENTI

    NELLA TRATTAZIONE CRITICA

    Aa. Vv., Storia dei Concili ecumenici, N. 1. Aa. Vv., Chiese particolari italiane a conci-

    lio, N. 5. Aa. Vv., Verso il Concilio Vaticano II,

    N. 6.

    Aa. Vv., A la veille du Concile Vatican II,N. 7.

    Aa. Vv., Cristianismo e Iglesias de Am.Lat., N. 8.

    Aa. Vv., Il Vaticano II fra attese e celebra-zione, N. 9.

    Aa. Vv., Storia del Conc. Vat. II, vol. I,N. 10.

    Aa. Vv., Storia del Conc. Vat. II, vol. II,N. 11.

    Aa. Vv., Storia del Conc. Vat. II, vol. III,N. 12.

    Aa. Vv., Storia del Conc. Vat. II, vol. IV,

    N. 13. Aa. Vv., Storia del Conc. Vat. II, vol. V,N. 14.

    Aa. Vv., Volti di fine Concilio, N. 15. Aa. Vv., La Chiesa del Vaticano II (I e II

    Parte), N. 16. Aa. Vv., Giovanni XXIII e il Concilio,

    N. 17. Aa. Vv., Vatican II in Moscow (1959-

    1965), N. 18. Aa. Vv., Giovanni XXIII e il Vaticano II,

    N. 21. Aa. Vv., Levento e le decisioni. Studi sulle

    dinamiche del Concilio Vaticano II,N. 23.

    Aa. Vv., Vatikanum II und Modernisie-rung ... Perspektiven, N. 24.

    Aa. Vv., I Concili Vaticani e Ut unum sint,N. 31.

    Aa. Vv., Le ministe re des e veques au Con-cile Vat. II, N. 33.

    Acerbi A., N. 22. Acerbi A. (a cura di), N. 31. Alberigo G. (ed.), NN. 1, 5, 6 e 9.

    Alberigo G. (diretta da), NN. 10, 11, 12,13 e 14

    Alberigo G., N. 19. Aubert R., NN. 2 e 25.Beozzo J. O. (ed.), N. 8.

    Betti U., N. 44.Buonasorte N., N. 27.Cannelli R. (a cura di), N. 38.Carbone V. (ed.), N. 47Carbone V., N. 48.Charue A.-M., N. 41.Chenu M.-D., N. 37.Congar Y., N. 45.Declerck L. (ed.), NN. 41, 42 e 43.Dore J. (a cura di), N. 15.Edelby N., N. 38.Faggioli M. (ed.), N. 46.Fattori M. T. (a cura di, con A. Melloni),

    N. 23.Fedalto G., N. 2.Garzaniga G. (a cura di), N. 21Grootaers J. (presentazione di), N. 28.Guasco M. (a cura di), N. 16.Guerriero E. (a cura di), N. 16.Haquin A. (ed.), N. 43.Hegge Ch., N. 34.Kaufmann F. X. (ed., con A. Zingerle),

    N. 24.Lai B., N. 36.Lamberigts M. (ed.), N. 7.Legrand H. (sotto la direzione di), N. 33.Maiheu E. (ed.), N. 45.Mayeur J. M. (diretta da), N. 25Melloni A. (a cura di), NN. 6 e 15.Melloni A. (a cura di, con M. T. Fattori),

    N. 23.Melloni A. (ed.), NN. 18 e 37.Philips G., NN. 28 e 42.Pottmeyer H. J., N. 32.Prignon A., N. 43.Quaglioni D., N. 2.Ratzinger J. (Card.), N. 40.Roncalli M. (a cura di), N. 20.

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    Schatz K., N. 3.Scheffczyk L., N. 49.Schmidt S., N. 39.Siri G. (Card.), N. 36.Soetens Cl. (ed.), NN. 7, 25 e 41.Theobald Ch. (sotto la direzione di),

    N. 33.

    Thomas J., N. 26.Traniello F. (a cura di), N. 16.Turbanti G. (ed.), N. 46.Verschooten W. (ed.), N. 42.Zambarbieri A., N. 4.Zingerle A. (ed., con F. X. Kaufmann),

    N. 24.

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    INEL CONTESTO CONCILIARE

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    1. Una storia dei concili ecumenici

    Aa .Vv., Storia dei Concili ecumenici, ed. G iuseppe Alberigo , Brescia

    1990, pp. 479. La celebrazione di grandi assemblee conciliari costituisce un filo rosso che

    attraversa in profondita tutta la secolare storia cristiana: cos G. A lberigonella prefazione.

    La presente pubblicazione affronta dunque un tema di particolare interessenella vita della Chiesa ed e percio benvenuta; solo che, ancora una volta, il filtrodel noto Professore dellUniversita di Bologna e subito manifesto, appunto findalla sua breve introduzione quale concertatore e direttore dorchestra.

    Egli, per i grandi concili dellantichita , riuniti su iniziativa dellautorita `imperiale e celebrati sotto la sua ombra , rileva le seguenti caratterizzazioni: Vi emergono tre elementi: la concentrazione primaria sulla formulazione diprofessione di fede ... Alle professioni si aggiungono statuizioni disciplinari

    per la vita interna della comunita . In secondo luogo la partecipazione ai lavoriconciliari appare aperta sia a teologi che a laici, ancorche sia essenziale (manon esclusivo) lintervento dei vescovi e, via via, divenga conditio sine qua non ilcoinvolgimento dei cinque Patriarcati apostolici (Pentarchia). Infine, costituisceun fattore di particolare rilievo la partecipazione di rappresentanti degli am-bienti monastici (pp. 5s.). Il lettore notera la messa in sordina del ruolo delVescovo di Roma e quel via via che apre il passo alla conditio sine qua non .

    Di fronte ad una realta cos descritta che per lA. sembra ideale i concili generali del Medio Evo presentano una fisionomia sostanzialmentediversa, non solo per la loro limitazione alla Chiesa latina con le sterilieccezioni del Lionese e del Fiorentino ma anche per altri significativi aspetti.Anzitutto fa la sua comparsa, in misura sempre piu consistente, una accezioneastratta della fides intesa come dottrina e veritas , concettualmente formulata edefinita [ma cosa definivano i concili cristologici dellantichita ?]. Il dirittocanonico acquista ... una centralita ecclesiale, sconosciuta nel primo millennio(p. 6) [ma in una realta che e mutata ed e lo stesso Autore ad ammetterlo]. Ancora, la partecipazione a questi concili papali [categoria a parte, dunque]e selezionata discretamente dal papa; vi hanno un peso sempre piu cospicuo icardinali, ancorche di norma non siano vescovi. Tuttavia il ruolo piu incisivospetta ai rappresentanti degli ordini mendicanti, a causa del loro inatteso quan-to dilagante successo ( ibid. ). E anche qui ci chiediamo se i giudizi siano benfondati.

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    Dopo aver caratterizzato, ancora a suo modo, i concili di Trento e delVaticano I e II e tratto alcune conclusioni circa la composizione dei conciliecumenici e generali e la loro fisionomia, il prof. Alberigo affronta brevementel aspetto cruciale della loro ecumenicita , per il quale riesce a non citare mai ilVescovo di Roma, se non nel contesto della tradizione cattolico-romana, che ha messo laccento soprattutto nel tardo medioevo sul riferimento al papa, alquale viene accreditata la direzione del concilio (convocazione, determinazionedel regolamento e dellordine del giorno, trasferimento, chiusura). Anzi, secon-do alcuni contraddetti pero dal Vaticano II , la stessa autorita conciliaredipenderebbe da quella papale e, comunque, spetterebbe al papa dare efficaciavincolante alle decisioni dellassemblea (p. 9). E evidente anche qui lequivo-cita delle affermazioni e la necessita per il lettore di continuamente fare distin-zioni. Lo prova ulteriormente la successiva attestazione circa il fatto che e `arduo per molti concili medioevali distinguere le decisioni dellassemblea e quel-le del papa che la presiedeva (p. 10). Ma ci domandiamo, a questo proposito,se ci siano decisioni finali conciliari senza che il Vescovo di Roma le assuma.

    Conclude lAutore: Levoluzione storica sembra caratterizzata da unaprogressiva riduzione dellecumenicita dei concili da universali a occiden-tali, da occidentali a romani e anche del loro orizzonte. Legemonia delservizio alla fede vissuta della comunita sembra via via sostituita dalla funzio-nalita dellistituzione ecclesiale ( ibid. ). I sembra non tolgono la pesantezza elinfondatezza della prospettiva di conclusione. Ad ogni modo, il volume assu-me come riferimento, lelenco dei concili ecumenici ritenuto dalla tradizione

    cattolico-romana (p. 10). Si tratta solo di riferimento.La prima parte dellopera, che va da Nicea (325) a Calcedonia (451)

    (pp. 11-118), comprende cinque capitoli ed e affidata a L orenzo Perrone , pro-fessore di Storia del Cristianesimo nellUniversita di Pisa. Il sottotitolo cos `suona: I primi quattro concili ecumenici: istituzioni, dottrine, processi di rice-zione .

    Linizio, ricezione verso Nicea , ha una premessa sul primato dei primiquattro concili ecumenici che hanno formulato i dogmi fondamentali del cri-stianesimo e stabilito le premesse essenziali per lassetto ecclesiastico dellapentarchia (il regime dei cinque grandi patriarcati, con la loro gerarchia inter-na), sanzionato poi a Calcedonia. Anche qui si puo ` notare il silenziatoreimposto al Vescovo di Roma perche e il concilio lunica possibilita per dareespressione allunita della Chiesa (p. 15), mentre nel terzo secolo non emergeancora unistanza rappresentativa universale ( ibid. ). Daltra parte, la com-ponente sinodale non e assente nemmeno dove vanno emergendo istanze eccle-siali di portata regionale o sovraregionale, quale e la situazione delle chiesemadri di Roma in Italia o di Alessandria in Egitto. Qui si profila la dia-lettica fra le rivendicazioni primaziali delle sedi maggiori, ma specialmente delVescovo di Roma, e i poteri del concilio, non solo locale, ma poi anche uni-versale, sebbene essa rimanga allo stato latente per gran parte dei concili ecu-menici antichi ( ibid. ).

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    La stessa tendenza minimista per il ruolo del Papa si puo trovare ancora aproposito del concilio di Arles, che pur manifestando la sua autonomia siaverso limperatore sia verso il papa, proprio in ragione della sua collocazionegeografica ( sic! ) riserva ... un trattamento di speciale riverenza nei riguardi diquestultimo al quale demando (sic! ) il compito di pubblicizzare le sue decisionigarantendo in particolare la ricezione dei canoni (p. 17). Rifacendosi al sinododi Antiochia, poi, lAutore pensa che le sue decisioni, per quanto significative,non siano state piu vincolanti di quel che fosse stata la sentenza romana del 313per il successivo sinodo di Arles (p. 22).

    Per Il concilio di Nicea continua lo stesso spirito. Cos , a proposito diOsio di Cordova, la sua presenza al fianco di Costantino, per quanto abbia

    contribuito a far sentire anche la voce dellOccidente, non va vista in alcunmodo a titolo di rappresentanza formale di Roma (p. 24), e ancora: si pensache la presidenza sia stata tenuta da Ossio di Cordova, non perche si trattassedel legato romano, bens in quanto fiduciario dellimperatore (p. 26).

    Landamento poi di presentazione del concilio, in forma spesso congettu-rale, parte dalla convocazione e passa allo svolgimento, con indicazione dellecircostanze e del contenuto del simbolo niceno (piuttosto somigliante al credogerosolimitano-antiocheno) ed analisi dell homoousios, con il quale si penso direfutare larianesimo.

    E ` dato quindi spazio allillustrazione dei testi disciplinari di Nicea (datadella Pasqua, con allineamento alluso in vigore a Roma, soluzione dello scismameliziano, regolamento della penitenza pubblica, importanti norme relative alle

    strutture del governo ecclesiale). Tendenziose, anche in questo contesto, sono leconsiderazioni circa lentrata nel collegio episcopale (p. 38) e il ruolo della Sededi Roma: ragioni geografiche-politiche e la rivendicazione dellorigine aposto-lica furono forse le premesse per [la] nuova struttura patriarcale. Lo stessocanone riconosce come ovvia una prerogativa analoga [a quella di Alessandria]della sede romana, benche pure in questo caso si eviti di precisarne il contenuto.Quanto allestensione geografica di un simile primato si presume che il canonefaccia riferimento alla posizione della chiesa romana in Italia piu precisa-mente nellItalia centrale e meridionale. nonche in Sicilia e Sardegna ... primaancora che nelloccidente, di cui Roma verra in seguito a costituire lunicopatriarcato (p. 39).

    Anche sulle questioni della disciplina del celibato sacerdotale e della vali-dita [o illiceita ?] delle ordinazioni, in talune circostanze, avremmo desiderato piuprecisione, sulla linea di ben fondate soluzioni proposte dagli A a .

    Segue il capitolo Da Nicea al Costantinopolitano I. La ricezione delprimo concilio ecumenico , conformemente allinteresse peculiare, appuntoper la ricezione dei sinodi, manifestato dallopera.

    Tra silenzio e reazione il Perrone descrive cos la rivincita dei seguaci(ariani) di Eusebio di Nicomedia, fino alla morte di Costantino e poi durante ilregno di Costanzo II (a Roma papa Giulio I invalida, peraltro, la deposizionesia di Atanasio che di Marcello di Ancira), arrivando allavvento di Teodosio I.Rileviamo qui unespressione e questione di linguaggio, ma non solo

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    stonata, e cioe il riferirsi lAutore a comunione delloccidente per la comu-nione ecclesiale con Roma operata dal Melezio.

    Anche in precedenza, e successivamente, luso di formule improprie puo `rivelare o una mal assimilata terminologia teologica o limpegno sistematico ariferirsi il meno possibile al Vescovo di Roma, e alla comunione con lui, che e `decisiva per quella ecclesiale, non solo in Occidente. Vi e tendenza inoltre ariferirsi a chiese anche quando si dovrebbe parlare di Chiesa universale (edel suo patrimonio comune: v. per es. p. 57).

    Segue la trattazione del concilio di Costantinopoli (381), della sua convo-cazione, della fase iniziale, delle trattative di unione con i macedoniani, deicanoni 2 e 3 (primato donore di Costantinopoli in Oriente) con risvolti anti-

    alessandrini e antiromani, e del simbolo di Costantinopoli.Il capitolo successivo e dedicato a La questione cristologica e la rottura

    dellecumene. Da Efeso (431) a Calcedonia (451) con illustrazione della crisinestoriana e le reazioni di Roma (condanna di Nestorio in un sinodo tenutoallinizio di agosto del 430) e di Alessandria. Anche in questo caso lAutore hacura di aggiungere, significativamente, losservazione che il ricorso a Roma daparte di Cirillo, rispondeva in sostanza a ragioni tattiche piu che allammis-sione di un primato dottrinale del papa (p. 77).

    Per Efeso il Perrone descrive le due assemblee contrapposte che vi si riuni-rono con condanna di Nestorio e la rottura con gli orientali, nella prima, edeposizione, di Cirillo e Memnone di Efeso, nella seconda, presieduta da Gio-vanni di Antiochia, in assenza in entrambe dei legati di papa Celestino, non

    ancora giunti nella citta . Essi daranno poi la loro approvazione formale alladeposizione di Nestorio. Sciolto il concilio, iniziarono le trattative di pace,concluse con lepistola indirizzata da Cirillo al vescovo di Antiochia.

    Ma si apre gia la crisi eutichiana e si arriva al latrocinio efesino (449) eallappello di Flaviano alla Sede Romana, seguito da quello di Eusebio diDorileo e Teodoreto. Anche qui lAutore chiosa: senza che tale ricorso debbaessere visto come un esplicito riconoscimento del suo primato di giurisdizione (p. 91). E ` dunque implicito, almeno? Ingiustamente limitante suona anche lasuccessiva affermazione, con riferimento a una lettera di papa Leone allimpe-ratore, che domanda la convocazione di un concilio in Occidente. La richiesta... era rivelatrice di come il papa ... non volesse ne potesse fare a meno delli-stanza conciliare per regolare una questione dogmatica di importanza vitale [noidiremmo che non era possibile convocare un concilio ecumenico senza linter-vento imperiale]. Linsieme dei pronunciamenti di Leone, prima e dopo il 451,dimostra che il rapporto tra papato e concilio si pone piuttosto in termine di unacorrelazione dialettica e non unicamente di superiorita del primo e subordina-zione del secondo. Sebbene il vescovo di Roma ... intervenga autorevolmente ...esponendo la propria decisione di fede e rivendicando la supremazia della sedeapostolica in maniera affatto diversa da tutti i suoi predecessori [e qui dissen-tiamo ancora una volta], nellultima fase del pontificato riflettendo su Calcedo-nia si fa sempre piu strada lidea di un significato del concilio indipendentedalladesione a Roma ( ibid. ).

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    E siamo al concilio di Calcedonia, il piu frequentato dellantichita , con lariabilitazione di Flaviano, secondo la decisione romana, la formulazione, allafine, di un testo dogmatico e lapprovazione di importanti canoni disciplinari erelativi alla struttura ecclesiastica (fra cui spicca la soluzione per i diritti dellasede gerosolimitana e il famoso canone 28 , riguardo ai privilegi di quellacostantinopolitana, non accolto da Roma). A tale proposito suona strano ilgiudizio dellAutore per il quale Calcedonia inverte, in qualche misura, gliaccenti [di Efeso] insistendo sullumanita di Dio (p. 99), mentre e felice, invece,losservazione che lanzidetta formula dogmatica media fra i diversi modellicristologici delle tradizioni alessandrina ed antiochena e, per la prima volta,inserisce in maniera davvero decisiva nellelaborazione dogmatica il contributo

    della Chiesa occidentale per il tramite di papa Leone ( ibid. ). E una tragediadella Chiesa antica aggiunge il Perrone ... che la volonta armonizzatrice diCalcedonia non sia stata compresa da ampie porzioni del cristianesimo orien-tale ( ibid. ). Unampia nota bibliografica conclude questa prima parte delvolume manca pero la citazione di alcuni lavori importanti di V. Monachino:v. per es. larticolo Communio e primato nella controversia ariana , A.H.P. 7(1969) pp. 43-78 che non riesce a colmare peraltro il disagio della mancanza,nel contributo dellAutore alla ricerca, dellapparato critico.

    La parte successiva che va Dal secondo Concilio di Costantinopoli (553) alsecondo Concilio di Nicea (786-787) (pp. 119-154) e ` dovuta a P anayotisA. Y annopoulos .

    Detto in breve, il quinto concilio ecumenico tratta della questione del mo-

    nofisismo e dellorigenismo. Per la prima il decreto del 544-545 e la politica cheesso inaugurava costituivano la linea direttrice del concilio. Bisognava dunquecondannare i Tre Capitoli per permettere un riavvicinamento con i monofisiti.Dopo il constitutum I [di papa Vigilio] il concilio condanno , nellottava sessione,le idee occidentali e i Tre Capitoli. La politica imperiale trionfava mentreRoma riceveva un duro colpo ... E certo [inoltre] che il concilio ha condannatoOrigene (p. 132). Il concilio del 553 ha finalmente ristabilito lordine e lunita `della Chiesa, ma ha fallito laltro obiettivo, il ravvicinamento con i monofisiti,che non hanno accettato le sue decisioni .

    Introducendo il sesto concilio ecumenico (terzo di Costantinopoli:680/681), lAutore nota che dopo la morte di Giustiniano regno ` sul fronteecclesiastico una relativa calma. Il monofisismo trovo ` rifugio in Siria ed inEgitto. Teodosio di Alessandria, e soprattutto Giacomo Baradeo, organizzaro-no la Chiesa monofisita su basi solide. La Chiesa monofisita di Siria porta, delresto, fino ad oggi, il nome di Chiesa giacobita dal nome di Giacomo, mentrequella dEgitto porta il nome di chiesa copta ... Questo clima sereno venneavvelenato da Foca (602-610) ... [ma il suo successore] Eraclio fece appello allasaggezza e al senso politico del patriarca di Costantinopoli, Sergio [per] ...trovare una formula capace di riunire tutti i cristiani per rifare lunita del mondogreco-romano (p. 135). Sfortunatamente, pero , nel testo di Unione in novecapitoli, il settimo ammette il monoenergismo. A questo punto Yannopoulossegue la nuova pista dei contrasti fino al concilio Costantinopolitano III, che

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    proclamo la fede ortodossa con lammissione di due volonta nel Cristo, dellequali pero la umana veniva detta sottomessa a quella divina (p. 139).

    Lanzidetto concilio ebbe un prolungamento piuttosto imprevisto ed inat-teso, il quarto concilio di Costantinopoli (692) o Quinisesto , che prese deci-sioni unicamente di ordine pratico, ma quando i canoni e gli atti venneroinviati a Roma per essere firmati da papa Sergio, questi non volle sottoscriverli e i suoi successori fecero lo stesso (p. 143).

    Il settimo concilio ecumenico, il secondo di Nicea (786/787) , rigetto ledecisioni iconoclaste del sinodo di Hieria e accetto la rappresentativita del sacroe la venerazione delle icone , che gli abusi degli ortodossi, linflusso deglieretici e lesempio degli arabi e degli ebrei, la tradizione orientale e la teologia

    di qualche padre della Chiesa avevano messo al bando (p. 146). Roma e ipatriarcati doriente accettarono favorevolmente la decisione finale del concilio,ma le cose non ebbero un seguito facile (p. 150).

    Il contribuito, piuttosto conciso, specialmente quando si riferisce a Roma,lascia a desiderare. Citiamo qui, ad illustrazione, alcuni passi esemplificativi: Roma non ha mai voluto riconoscere la perdita del proprio primato politico elerezione di Costantinopoli a capitale dellimpero, con tutte le conseguenzesullordine gerarchico delle chiese. Sotto la pressione del potere imperiale, Romaaveva dovuto ammetterlo, ma senza accettare i canoni dei concili che attribui-vano a Costantinopoli uno statuto pari al suo (pp. 123-4). Roma approfitto `cos del periodo di occupazione dei goti per crearsi uno spirito di indipendenza (p. 124). Alessandria venne in tal modo eliminata dalla corsa al primato: lalotta fu limitata unicamente a Roma e a Costantinopoli ( ibid. ). Teodoro[papa], un greco di origine orientale, [si badi bene!] sosteneva lidea che il papae il capo supremo della Chiesa e quindi ha il diritto di intervenire negli affariinterni delle altre Chiese (p. 137). Martino I ... convoco nel 649 un sinodo aRoma senza chiedere il permesso allimperatore, come invece si faceva di solito (p. 137). Anche se qualche storico contemporaneo ha messo in dubbio lacondanna del papa [Onorio, durante il III concilio di Costantinopoli] essa ebbeeffettivamente luogo in occasione della XIII sessione ... senza che i rappresen-tanti occidentali reagissero (p. 139). Inoltre, notiamo che i due supposti cos riteniamo rappresentanti del papa e quelli di Antiochia sono indicaticon la voce sospetti.

    La terza parte ritorna nelle mani del P errone con Il Costantinopolita-no IV (869-870). Primato romano, pentarchia e comunione ecclesiale alla vigiliadella separazione tra oriente ed occidente (pp. 155-181). E ` a tutti noto ilproblema della sua ecumenicita e ci si puo domandare se laverlo introdottoin questo volume significhi una risposta positiva alla questione. Comunque iltitolo non lafferma.

    Per lAutore i pontificati di Leone IV, Benedetto III, Nicolo I, Adriano II eGiovanni VIII vedono nellinsieme da parte di Roma la rivendicazione di unprimato universale di giurisdizione con una fermezza mai incontrata in prece-denza (p. 159). E esatto o si vuol posticipare al piu tardi possibile una tale rivendicazione ? Comunque il Perrone ammette che Leone IV, per il caso

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    della deposizione di Gregorio Asbesta, critica il fatto che Roma non fosse stataaffatto interpellata o coinvolta in essa, e cio ` ancora prima che le decretalips.isidoriane fossero note a Roma (v. p. 161).

    Lavvento di Fozio come patriarca di Costantinopoli segna linizio di unacrisi nei rapporti tra Roma e Costantinopoli, dopo la condanna del suo prede-cessore Ignazio. Ma Roma riserva a se il giudizio, delimitando il compito dei[suoi] legati al ruolo di ispettori che avrebbero dovuto controllare come si eranosvolti i fatti e ribadendo i privilegi della Sede apostolica nei confronti dellaChiesa costantinopolitana (p. 162).

    Mentre lAutore accenna al fatto che a Costantinopoli si reag assai cri-ticamente alla pretesa romana di giudicare i problemi interni della Chiesa bi-

    zantina (p. 164), egli deve riconoscere, a proposito dei diritti della Chiesaromana ... ad intervenire nelle questioni di quella costantinopolitana, anche incasi disciplinari , che si tratta di un atteggiamento non nuovo nelle sue mo-tivazioni essenziali (che si richiamavano a princ pi gia formulati da Leone Ma-gno e Gelasio). La conseguenza piu rilevante era tratta in ordine al rapportodel papa col concilio ecumenico, la superiorita del primo sul secondo vieneaffermata espressamente (p. 164). Ma anche questo non e nuovo. Senzalautorita della sede apostolica come Nicolo I ha cura di affermare in nume-rose occasioni i concili non hanno alcun valore; per la loro validita necessi-tano dellapprovazione papale (p. 164). Ed anche questa aggiungiamonoi non e novita . Ci piace pure rilevare laffermazione che Fozio rompendola comunione con il papa, si sarebbe automaticamente escluso dalla Chiesa (p. 165). Ebbene, cio valeva gia nella Chiesa primitiva e fu proprio la conces-sione o il ritiro della comunione, in nuce, quellesercizio del primato pontificioche non e stato debitamente rilevato proprio dal Perrone come dicevamo ,nella prima parte di questopera.

    Ignazio fu reinstallato il 23 novembre dell867 e la condanna di Fozioconsumata durante il concilio Costantinopolitano IV. Nota lAutore: Se Ro-ma si preoccupa di ribadire il suo ruolo di giudice e arbitro supremo che le e `stato drasticamente contestato da parte di Fozio, limperatore bizantino apparedisposto a riconoscerlo solo a condizione che non pieghi lautonomia e la di-gnita della sua Chiesa. E in questa prospettiva che nel Costantinopolitano IVnellaffermazione del primato romano si affianchera ` il forte riconoscimentodella pentarchia (p. 166). A riguardo del ruolo di Roma, il Perrone rilevache i legati romani ottennero finalmente la sanzione richiesta per la sentenzaemessa da Roma, sia pure come autonomo pronunciamento del concilio (p. 168). Che significato ha qui autonomo quando la sanzione richiesta e `esatta da Roma? I canoni approvati dal Costantinopolitano IV riflettono inprevalenza una problematica strettamente legata alla vicenda di Fozio, ma nonsono privi di risvolti piu generali che toccano i temi del primato romano, dellapentarchia, e dei rapporti fra la Chiesa e lAutorita civile .

    Segue la revisione del giudizio su Fozio nel Concilio di S. Sofia (879-880), che si concluse con un preannuncio indiretto di futuri conflitti. Le diffi-colta fra Roma e Costantinopoli si trascinarono fin verso la fine del secolo. Solo nell899 Giovanni IX riusc finalmente a chiudere la controversia con la

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    formula conciliatrice che non scontentava direttamente ignaziani e foziani, ne `abdicava ai diritti della chiesa romana, riconfermando indirettamente lillegitti-mita del primo patriarcato di Fozio e la validita delle sentenze di Adriano II(p. 176). Infine lAutore illustra le sorti separate di due concili di unione ,in Oriente e in Occidente, e fornisce una buona nota bibliografica.

    La quarta parte, I sette concili papali medievali , e affidata ad A lbertoM elloni (pp. 183-218). Diciamo subito che non ci piace tale qualificativo purinserito tra virgolette. Egli lo giustifica per rendere ragione dellapprodo a cuigiunge la tradizione sinodale latina , che vede tali concili come il punto diforza del pontefice nello sforzo di emancipazione del proprio potere dai vincoliimpostigli dalla simbiosi con lautorita dellimperatore, dalle tradizioni e dirittilocali, dalla collegialita cardinalizia. Ogni parola avrebbe bisogno di una pre-cisazione. La trasformazione in ecumenici di sette di detti concili generali (ouniversali) e dovuta allopera di alcuni canonisti e teologi posttridentini (magia ` Costanza aveva reclamato per se il diritto di rappresentare la Chiesauniversale ).

    Nota il Melloni: lingresso della Rus nel mondo cristiano, la rottura tra ilpapa di Roma e il patriarca di Costantinopoli, la vittoria di unecclesiologia chesi impernia sulla ecclesia romana, il successo della riforma perseguita con tenaciada Gregorio VII e dal variegato gruppetto dei gregoriani, sono altrettantifattori che contribuiscono a innestare un processo storico di portata epocale,che nel volgere di due secoli avrebbe fatto del successore di Pietro il veroreggitore ed il supremo legislatore della cristianita ` occidentale (p. 187). E

    qui bisognerebbe chiarire il concetto di Christianitas, perche gia in antecedenzail pontefice romano era, per la Chiesa, vero reggitore e supremo legislatore. Nonsi risolvono le questioni ripetiamo posticipando sempre, con soluzione dicontinuita , quegli elementi presenti magari in nuce nella Chiesa dei primi secoli.

    Limpegno poi dellAutore di differenziare tali sinodi dai concili ecumenici,appare piuttosto affannoso (v. pure p. 196), con ricerca di fondamento nelDictatus Papae. Non sa che esso pure cristallizza fondamentalmente quantogia e prassi occidentale, non senza fondamento in quella ecumenica, sulla lineadei privilegi della Chiesa romana? Le conseguenze di quei principi ribaditi persecoli da tale Chiesa sono proprio inattese e rivoluzionarie (p. 188)?

    Il primo papale, Lateranense (1123), sancisce la fine dello scisma diGregorio VIII, ma mostra forti resistenze davanti alla ratifica della dichiarazio-ne di Worms. Tuttavia il mezzo secolo di ostilita e la indisponibilita del papa arevisioni persuase, alla fine, il concilio (p. 189). Esso provvede anche a re-golare varie questioni pendenti e destinate ad un forte sviluppo ( ibid. ) che sonoin seguito illustrate (vi furono promulgati 22 canoni).

    Nellaprile del 1139, poi, Innocenzo II convoca a Roma una plenaria syno-dus, oggi conteggiato come Lateranense II. Il concilio scioglie fra laltro ilconflitto di competenze generatosi in oriente fra i patriarchi (p. 192).

    A questo punto lAutore inserisce alcune considerazioni su la svolta dellameta del secolo XII , legata per lui a Graziano, Non si avvede come ilMagister e fondamentalmente un raccoglitore del passato? Parecchie afferma-

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    zioni a riguardo di tale svolta ci lasciano quindi perplessi. Si puo ` dire che esisteva una tendenza, in fondo ancorata ad una prassi attestatasi propriograzie ai gregoriani, [senza distinzioni!] che si spingeva a rifiutare i sacramentiamministrati da chierici indegni ? (p. 194). E a proposito del concilio di Reims(1148), in cui si consegna a Gilberto una lista di correzioni da inserire nellesue Opere, cosa dire dellasserzione che si usurpa cos ( da parte del concistoro,la riunione del papa e dei suoi fratres cardinales ), a nome della Ecclesia roma-na, una prerogativa conciliare (atto fin l normale e necessario per il giudiziospecialmente su di un vescovo : ibid.)?

    Tali smottamenti istituzionali introducono per Melloni alla tema-tizzazione di un salto di qualita che connota ... la Chiesa latina della meta del

    secolo: la nascita del diritto canonico come scienza ( ibid. ). Ma e proprio iusnovum? Gli atti qualificanti del governo di Alessandro III conclude lAuto-re sono altrettanti gradini verso questa nuova concezione del potere papalee della cristianita . E, pure qui, bisognerebbe ancora distinguere.

    Laccordo di Anagni (1176) e la composizione fra il pontefice e limperatoreraggiunta a Venezia, nel luglio del 1177, prevedono un concilio generale diratifica e pacificazione. Esso si svolge finalmente a Roma. E il Lateranense III(1179), a cui segue il IV (1215), indetto da Innocenzo III e che approvera 70capitoli, poi inseriti nelle Compilationes .

    Gli importanti argomenti ivi affrontati sono illustrati brevemente. Notiamosolo, a tale riguardo, unincongruenza a proposito del canone 9, che proibisce lapluralita dei vescovi nella stessa sede. Sarebbe, tale disposizione, lo strumentocon il quale si vogliono imporre alla chiesa greca i vescovi latini, in ordine aduna concezione dellunita gia tutta pensata nei termini del ritorno e della uni-formita (p. 203). Invece proprio nel canone 9, riportato del resto dal Melloni,leggiamo: Comandiamo rigorosamente ai vescovi ... di nominare uomini ca-paci di celebrare gli uffici divini e amministrare i loro sacramenti nei diversi riti elingue . Dunque almeno laccusa di uniformita non regge, in questo caso.

    Il Lionese I (1245) e convocato da Innocenzo IV per sanare le 5 piaghe cheaffliggono la Chiesa, immagine di Cristo. Sono la corruzione della fede e deicostumi, il mancato recupero della Terra Santa (Gerusalemme era ripassata inmano maomettana nel 1244), lo scisma orientale, il pericolo dei tartari, e, infine,il contrasto col contumace Federico II (p. 205). Il negotium con limperatoreda luogo ad un processo sbrigativo ... Federico viene addirittura privato di tuttii diritti imperiali e regali, ivi compreso quello alla fidelitas da parte dei sudditi (p. 206).

    Passano quasi trentanni e Gregorio X coltiva lidea di un concilio piena-mente ecumenico (con la finalita di riconquista della Terra Santa alla EcumeneCristiana), di riunione ( reductio ) a Roma dei greci e degli armeni, anche in vistadellammissione nella cristianita dei tartari e di riforma della Chiesa. E celebratocos il Lionese II (1274).

    Unamara costatazione del Melloni ci dice quanto fu effimero lo sforzo disuperare lo scisma, perche piuttosto si voleva rimuovere una fonte di debo-lezza per la crociata, mercanteggiando sulla base della convergenza di inte-ressi fra lambizione romana e la debolezza costantinopolitana (p. 209). Non si

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    poteva quindi prendere in considerazione la profondita teologica delle que-stioni irrisolte, prima fra tutte la divaricazione ecclesiologica fra le Chiese (p. 210).

    A tale proposito, a titolo di esempio, si criticano due prese di posizioneconciliari, la prima, peraltro, deriva da unanalogia, mentre poi il fatto che ilLionese II stabilisca che tutte le cause relative alle elezioni episcopali o quellenate da tali elezioni vengano annoverate fra le cause maggiori e di conseguenzala loro trattazione, per qualsiasi genere di ricorso, deve essere demandata alle-same della sede apostolica ( ibid. ), e legato alla considerazione gia plurisecolareche i giudizi che concernono i vescovi sono appunto causae maiores .

    Sul successivo concilio di Vienne (1311-2) pesa in misura determinante, adetta di molti, leredita di Bonifacio VIII ... effettivamente listruttoria compiutaa carico dellordine cavalleresco dei Templari e le accuse contro di loro, laquestione della Terra Santa, il programma della crociata, sono merce di scambiofra papa Clemente V e Filippo il Bello, alla ricerca di una improbabile condannapostuma di papa Cajetani, ovvero alla riscossione di quanti piu vantaggi possi-bili dalla rinuncia a questo progetto (p. 211s.).

    Nelle conclusioni , prima della buona bibliografia (pp. 216-218), si ripe-te: cio ` che connota il concilio nella cristianita medievale e ormai ilpapato, che ha surrogato unecumenicita impraticabile e neppure desiderata.La funzione genetica del concilio rispetto al diritto canonico verra a mutareprofondamente quando, in misura macroscopica dal Lateranense III in poi, ledecisioni assembleari di valore giuridico universale verranno prese in attuazione

    di precedenti decretali papali. Solo nelle nicchie del diritto e della teoria politicasi conservera la coscienza dellalterita fra papa e concilio, grazie alla quale sipotra risolver lo scisma doccidente (p. 214). Per le relazioni canoni conciliari-decretali crediamo si possa notare gia in precedenza il mutuo influsso ed inoltrelalterita di cui si fa cenno e sui generis poiche non vi e concilio senza il Vescovodi Roma, legittimamente eletto e non deviante nella fede.

    La quinta parte del volume, ad opera di J. W ohlmuth , professore di Storiadella Chiesa nellUniversita di Bonn, e dedicata a I concili di Costanza (1414-18) e Basilea (1431-49) (pp. 219-281).

    Per la prima volta fra i vari contribuiti troviamo espresso chiaramente ilproposito dellAutore ed il metodo del suo lavoro: Il mio tentativo personale siaccontentera di una ridotta cronaca degli eventi, concentrando linteresse sullasequenza delle sessioni e dei loro testi ... Mi occupero quindi dapprima separa-tamente dello sviluppo dei due concili e riassumero le acquisizioni teologichenelle linee ecclesiologiche fondamentali che legano strettamente i due concili fradi loro. La cronaca delle sessioni rappresentera lo sfondo pragmatico in cui sisituano i testi conciliari (p. 221). Il programma risulta interessante e lo svol-gimento e allaltezza delle premesse. Varra anche ricordare che il cronista didue concili cos grandi ... deve limitarsi allindispensabile, tanto piu che, nono-stante una sterminata mole di ricerche parziali, a tuttoggi la storia di questi dueconcili non e ancora stata scritta ( ibid. ).

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    Lassemblea piu grande e rilevante del tardo medioevo (K. A. Fink) fuconvocata per superare la crisi della duplice serie di papi, a Roma e ad Avi-gnone. Non seguiremo lAutore nei meandri del sinodo, ma citeremo alcuneconsiderazioni fra le piu interessanti, con qualche chiosa personale. La famosaquinta sessione porta alla decisione, grazie a un approfondimento teologico ...di grandissima importanza (p. 226), che anche dopo la fuga del papa, anziproprio a causa della sua assenza, il concilio riunito deve avere la competenza, edisporre della forza, per ricreare lunita della chiesa. Questa competenza delconcilio viene motivata su un piano cristologico: il concilio riunito legittima-mente nello Spirito Santo (come recita il passo introduttivo) ha la sua potestasdirettamente da Cristo. La conseguenza e evidente: anche un papa deve obbe-

    dienza verso questa potestas e precisamente in materia di fede, unita e riforma.Una conseguenza ulteriore si aggiunge nella sessione V: ogni credente che osti-natamente si oppone a una decisione conciliare, fosse anche il papa, deve esserepunito. Se quindi il concilio voleva affrontare il suo primo obiettivo, cioe riu-nificare la Chiesa ponendo termine allo scisma, doveva trovare mezzi e metodiper procedere in questo senso. Il decreto della sessione V e quindi dovutoanzitutto a quella determinata situazione storica in cui questo concilio ( Haecsancta synodus constantiensis ) doveva trovare una soluzione al problema delquale poteva assumersi la responsabilita davanti alla Chiesa intera, di cui siconsidero la rappresentanza ( repraesentatio ) (p. 226).

    Wohlmuth cos continua: Va quindi fatta una distinzione fra il condizio-namento storico del testo e la sua motivazione teologica. Il fatto che dietro

    questa decisione stia la contingente situazione di emergenza dello scisma papaledeve considerarsi piuttosto come una condizione che non come motivazione deltesto: poiche la situazione e cos precaria e poiche la Chiesa non puo vivere alungo sotto tre obbedienze, si cerca una soluzione motivata teologicamente equesta si trova nel rapporto immediato con Cristo del concilio radunato, ilquale rapporto richiede obbedienza assoluta (p. 226s.). Ci verrebbe da chie-dere se quella conditio e sine qua non, ma reputiamo dal contesto che non lo siaper lAutore. Di poco peso sembra poi a noi la conclusione che Costanza (eanche Basilea) avessero ben altre mire che quelle di abolire il papato , trattadalle intenzioni del concilio di eleggere un papa. Si apre, cioe , una porta gia ...aperta. In effetti e un papato... diverso, delimitato da parte del concilio(p. 228).

    Un altro punto culminante e toccato successivamente, che potrebbe indi-rizzare ad una soluzione tradizionale il giudizio su Benedetto XIII (sess.XXXVII). Pedro de Luna sarebbe divenuto eretico (e quindi non poteva piuessere papa, secondo la comune sentenza canonica) per non aver osservatolarticolo di fede una (sic) sanctam catholicam ecclesiam (p. 233). Nota lAu-tore: con laccusa di eresia, il testo raggiunge senza dubbio il nocciolo auten-tico dellargomentazione conciliare: senza la dimostrazione delleresia il conci-lio, come gia accaduto prima, per Giovanni XXIII, non vide alcuna possibilita `di procedere contro Pedro de Luna (p. 233). E anche a noi sembra che unapprofondimento di questo aspetto possa risultare illuminante nellinterpreta-

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    zione, dal punto di vista cattolico, riguardo a Costanza. (Si veda anche laquestione della plena fides del papa: p. 237).

    Pure il decreto Frequens della XXXIX sessione e nato da una nuova situa-zione di crisi del concilio. Comparabile a quella esistente prima e durante lasessione V, esso fu considerato normalmente non vincolante per la mancataosservazione nella pratica.

    In ogni caso, nella storia della recezione, il giudizio sui due testi e fluttuan-te. Per Wohlmuth lelemento della sessione XXXIX piu importante per ladogmatica e da vedere nel fatto che lufficio papale, proprio in quanto massimacarica della Chiesa, viene vincolato alla plena fides della Chiesa, la quale fedeimplica, da una parte, un vincolo alla storia diacronica della fede e, dallaltra,

    un riferimento vincolante, in ciascuna epoca, al concilio universale. Si potrebbequindi pensare ad una specie di vincolo costituzionale del piu alto potere papalealla plena fides, cui e sottomesso anche il concilio (p. 237). Ma cosa si deveintendere per plena fides in casi di conflitto? E come si deve comprendere il riferimento vincolante ?

    Il concilio di Basilea (1431-1449), che sta per passare dallobl o a fenome-no storico di portata universale (Helmrath), indubbiamente fu, sul piano ec-clesiastico, una lotta decisiva fra papismo e conciliarismo (H. Jedin).

    Finalita dello studio, anche qui esemplarmente indicato dal Wohlmuth, e rilevare le piu importanti linee di fondo per lecclesiologia e la storia deidogmi, il conflitto costituzionale, importante per i suoi aspetti ecclesiologici, iprogetti di riforma e gli sforzi ecumenici del concilio nelle trattative con i Boemi

    e negli sforzi per lunione con i greci (p. 241). Come orientamento lAutore siserve dei testi delle 45 sessioni di Basilea e delle 5 di Losanna (queste ultimeormai praticamente irrilevanti) e ricorda che rivolgersi a questo intero corpusdi testi, sembra cosa ovvia per lo storico, ma rappresenta fino ad oggi unproblema di primordine per un tipo di approccio teologico ad orientamentosistematico. E ben noto che con la convocazione del concilio di Ferrara-Firenzesi tolse al concilio di Basilea il riconoscimento papale, di modo che la ricezionecattolica (quando esiste) in genere si interrompe con la sessione XXV (del7 maggio 1437) ( ibid. ).

    Dopo aver brevemente illustrato il procedere degli avvenimenti sinodalidallinaugurazione (23 luglio 1431) fino alla XIX sessione, prima, alla XXV,poi, per giungere alla fine a conclusione, il Wohlmuth espone alcune impor-tanti linee guida ecclesiologiche che hanno improntato i due concili (p. 242).

    Tralasciamo i fatti (noto solo, con rammarico teologico, due afferma-zioni pure teologiche e politiche di p. 254, n. 74) riportati con ordinedallAutore egli mette in evidenza le tres veritates del concilio, in cui ilconciliarismo arriva al suo vertice dogmatico, e non cattolico, aggiungeremmonoi e veniamo dunque alla panoramica sulle acquisizioni ecclesiologiche deidue concili .

    Dopo aver valutato lopera conciliare di riforma della Chiesa, piuttostopovera ed incompiuta a Costanza, mentre i risultati di riforma del conciliobasilese oggi vengono riconosciuti con minore esitazione (p. 260), e citato

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    Meuthen che rileva limportanza di Basilea come tappa nellelaborazione diunecclesiologia cattolica consistente e costruita sistematicamente , Wohl-muth precisa: nel contesto del concilio ... nacquero i primi grandi trattati sullaChiesa provenienti da parte conciliare e papale (p. 263).

    Ad ogni modo la domanda fondamentale che lAutore pone a se stesso e sesi possa parlare di unecclesiologia che da Costanza si evolve verso Basilea, e cio `in base ai testi conciliari (regolamenti sinodali e interpretazione odierna dellaHaec sancta e della sua ricezione basileese). Ed evoluzione ce .

    Nel fine procedere di Wohlmuth avremmo amato, dal punto di vista teo-logico, che gli e proprio, una maggiore sensibilita per la visione cattolica dellarelazione Papa-Concilio. In ogni caso se egli afferma che ambedue i concili

    sono profondamente radicati nei princ pi costituzionali cattolici, cui appartienepero non solo la tradizione del papa, qui potest dici ecclesia, ma dai tempi diZabarella anche luniversalis ecclesia id est concilium (p. 268), bisogna esplicitareche, allusare il termine concilio , vi si include anche il papa. Del resto lostesso Autore rileva, successivamente, che, quando a Costanza si parla di con-cilio, presumibilmente si intende lasciare aperta la questione se si deve inten-dere il concilio con o senza il papa (p. 269). Basilea, invece, nella sua inter-pretazione di Haec sancta, effettivamente pensa al solo concilio senza il papa.

    A questo proposito, pur non riportando qui il pensiero di vari studiosi inrisposta alla domanda di cui sopra, vorremmo citare la conclusione e applica-zione alloggi fatta dal Wohlmuth. Partendo dalla convinzione che il concilia-rismo non deve essere limitato ne nei suoi propositi di riforma ne nella suafondazione teorica, al rapporto tra papa e concilio e rilevando come sia estremamente precario lequilibrio tra principio monarchico e principio cor-porativo, oppure, per dirla con parole che ricordino meno la logica deldominio, tra la responsabilita del singolo per il tutto e la sua inclusione nellaresponsabilita di tutti appunto per questo tutto , il Wohlmuth ricorda che la soluzione non sta nelleliminare uno dei due princ pi (p. 276). Siamo dac-cordo con tale conclusione.

    LAutore prosegue: La lotta per trovare un equilibrio tra questi due prin-c pi scuote la Chiesa fino ad oggi. Il fallimento storico dellecclesiologia conci-liare oggi non dovrebbe indurre nessuno a rinunciare a quellelemento costitu-zionale che sono i concili universali ( ibid. ). Per trovarci daccordo, anche suquesta considerazione, avremmo desiderato precisione su cosa si intenda perecclesiologia conciliare (o conciliarista?) e sapere se per il Wohlmuth esistono

    concili universali senza il papa, in Ecclesia , naturalmente. Non si tratta in casu si guardi bene di principio monarchico, bens di esercizio personaledella responsabilita petrina nella Chiesa e per la Chiesa. Il problema e cos postoalla radice, con franchezza.

    A U mberto Proch e affidata la sesta parte, dal titolo: Lunione al IIconcilio di Lione e al concilio di Ferrara-Firenze-Roma (pp. 283-319).

    Per il primo dei due anzidetti sinodi, ecumenici tradizionalmente per icattolici, e non per gli orientali non cattolici, lo scopo prioritario fu quello delsoccorso alla Terra Santa e del reperimento dei fondi necessari ad organizzare

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    una crociata (p. 287) e secondario quello dellunione dei greci e della pax(rapporti pacifici tra oriente cristiano e potenze occidentali e fra le Chiese). I dueelementi unio e pax devono essere ben distinti, per evitare confusioni riguardo alLionese II (p. 288). Il terzo scopo era la promozione di una riforma intraec-clesiale. LAutore illustra la preparazione dellunione ( reductio ) dei Greci ed illoro interesse politico, ma con giudizio piu positivo, per laspetto teologico, diquello formulato, per esempio, dal Melloni (v. p. 209s.). Non si tratto sem-plicemente di un gioco di compromessi politici (p. 291; v. pure p. 292), con-clude Proch, ma per i latini la unione doveva essere unaccettazione dellafede prescritta da Roma (p. 291). Cio avvenne nel febbraio 1274, a Costanti-nopoli, e laccettazione fu ripetuta ufficialmente, a nome dellimperatore, alcuni

    mesi dopo, a Lione, da una delegazione del Paleologo, che vi giunse il 24 giugno.Dopo avere presentato i lavori del concilio secondo la ordinatio , Prochanalizza la sorte dellunione stessa e le cause dellinsuccesso.

    Vi e qui acutezza di visione: proprio ... [nel] mancato chiarimento eccle-siologico si puo riconoscere la causa probabilmente piu profonda del fallimentodei colloqui unionistici del secolo XIII. Nonostante qualche sporadico sforzoqua e la , non si riusc ad arrivare ad un confronto in profondita fra (almeno)due impostazioni teologiche differenti (ma non necessariamente discordanti),quella scolastica latina ... e quella greca, piu rivolta alla patristica, meno inclinead accettare il metodo filosofico nellindagine teologica, e piu legata alla tradi-zione delle formule di fede (p. 296). La bibliografia conclude la trattazione,come sempre.

    Dopo la storiografia del concilio fiorentino, e avere esposto il contesto delXV secolo e i preliminari del concilio, lAutore ne presenta fatti e prassi. Du-rante le sessioni furono dunque discussi 5 fattori principali di divisione (aggiun-ta al Credo, Processione dello Spirito Santo, Purgatorio, Epiclesi e Primatopapale), identificati insieme, e si fece luce via via nei Greci il pensiero che iPadri delle due Chiese avessero sempre sostenuto idee simili fra loro in campotrinitario: fu una sorpresa (p. 307). Particolare cura mette il Proch nel descri-vere levoluzione e il perfezionamento del metodo di lavoro e di discussione delconcilio.

    Il decreto di Unione ( Laetentur Caeli ) si compone di due parti: una intro-duttiva, ampia e apparentemente ampollosa, ed unaltra piu sobria e di caratteredottrinale, formata dai testi praticamente giustapposti delle singole formulevia via proposte, discusse, emendate e approvate .

    LAutore le presenta con ordine e conclude: Qualche settimana piu tardiessi lasciarono lItalia, ma senza grandi entusiasmi, con lanimo incerto, senzamolti aiuti economici e militari, e con la fatica di dover spiegare in patriaunevoluzione di 15 mesi e piu . Sommate allincertezze dellimperatore Giovan-ni VIII nella proclamazione dellunione, alla lotta ormai aperta fra mediazioni-sti sostenitori del decreto e intransigenti, al fallimento della crociata e degli aiutimilitari (sconfitta di Varna, novembre 1444), alla scomparsa in breve tempodegli uomini artefici dellunione e soprattutto al mancato aggancio reciproco adun piano teologico ed ecclesiologico piu profondo, queste cause possono farcapire difficolta ` e fallimenti di ununione pur vera ma da approfondire

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    (p. 311). E in nuce la risposta alla questione: Il concilio di Firenze: un successomancato?, che segue alla presentazione di unioni con altre Chiese e precedelanalisi finale su affinita e diversita fra Lionese II e Fiorentino.

    La settima parte ( Il concilio Lateranense V e il Tridentino: pp. 321-368)e opera di M arc Venard , che, con scrittura piana ed equilibrio, sintetizza laricerca a proposito dei sinodi anzidetti.

    Il V concilio del Laterano si apr a Roma il 3 maggio 1512, convocato dapapa Giulio II, anche per fare fronte al conciliabolo riunito a Pisa, dallotto-bre del 1511, per iniziativa del re di Francia, sostenuto dallimperatore. Perquesto si inser nella dinamica di riforma, in favore della quale due nobili vene-ziani, il Giustiniani ed il Querini, avevano scritto un libellus ad Leonem X,redatto nel 1513, e che e considerato dallo Jedin il piu ampio e radicale ditutti i programmi di riforma dellera conciliare (p. 325).

    Lopera del Lateranense e poi presentata nel suo aspetto dottrinale e inquello di riforma della curia e del clero e per il popolo cristiano. Il susseguirsidegli avvenimenti (lentrata cioe in scena di Lutero) hanno reso irrisorie lemisure che il concilio aveva previsto, se solo fossero state applicate (p. 328).Quindi lacquisizione piu durevole di questo concilio abortito e quella di averdetto la parola fine alle teorie conciliariste, riconoscendo la superiorita ` delpapa ( ibid. ).

    Dal Lateranense V a Trento comprende lanalisi dellappello al concilio,della sua convocazione, per affrontare i mali di cui soffriva la chiesa ( cattivascelta dei vescovi, ordinazioni troppo numerose di preti mal preparati quanto aformazione, cumulo dei benefici ed abuso della curia su questo punto, decaden-za degli ordini religiosi, scadimento della predicazione, slittamento dei collegiverso lempieta : p. 334) e la situazione nella cristianita (nelle varie Nazioni).

    Ne Il concilio di Trento lAutore descrive il funzionamento del sinodo, isuoi personaggi e le sue vicissitudini, fino alla XXV sessione (4 dicembre 1563),durante la quale acclamazioni solenni celebrano la chiusura del concilio (p. 344). Lunita [peraltro] del concilio di Trento si rese manifesta nel fattoche in questa seduta di chiusura, tutti i canoni e i decreti votati sotto Paolo III,sotto Giulio III e sotto Pio IV vennero riletti e approvati in blocco. Lopera delconcilio forma dunque un insieme indivisibile ( ibid. ). Gli stessi Padri conci-liari avevano consegnato tutta la loro opera al pontefice romano per lappro-vazione e la conferma . Pio IV, forse sotto linfluenza del nipote Carlo Borro-meo, con la Bolla Benedictus Deus, datata 26 gennaio 1364, ma pubblicata il30 giugno successivo, confermo tale opera e costitu una commissione di cardi-nali che ne seguisse lapplicazione. In seguito il Venard illustra i risultati dot-trinali (a partire dai testi approvati) e disciplinari ( I vescovi alla testa dellediocesi, i parroci nelle parrocchie: sono questi i due pilastri della Chiesa restau-rata dal concilio di Trento : p. 352. Tutta listituzione ecclesiastica e orientata nella prospettiva della salvezza delle anime : ibid.) del sinodo Tridentino e ildopo concilio. In sintesi, il concilio di Trento e un prodotto della riformacattolica almeno quanto ne e stato la guida; e molte delle realizzazioni poste-

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    riori, che hanno contrassegnato il cattolicesimo moderno, non sono state tantoapplicazione dei decreti conciliari, quanto innovazioni creative (p. 353).

    Nei capitoletti Il completamento dellopera conciliare, La ricezione , Lapplicazione del concilio e La Chiesa post-tridentina (chiesa romana,clericale, di cattolicesimo popolare), agilmente lAutore riesce a darci una pro-spettiva essenziale e degnamente conclude la sua snella e obiettiva trattazionecon una giusta critica e una lode a Jean Delumeau ( la riforma cattolica nonsegna il passaggio dal paganesimo al cristianesimo gli storici del Medioevohanno giustamente reagito a questa visione delle cose , bens lintroduzione,portata avanti con metodo ed efficacia, di un nuovo modello di cristianesimo, ilcattolicesimo moderno: p. 367; una volta costatata la rottura [protestante],

    lassemblea di Trento diede a coloro che restavano fedeli a Roma cio a cuiaspiravano tutti i cristiani doccidente, allinizio dei tempi moderni: un catechi-smo e dei pastori : ibid.).

    L ottava e nona (ultima) parte sono trattate dallA lberigo stesso (pp. 369-396 e 397-448, rispettivamente) e dedicate a Il concilio Vaticano I (1869-1870) ed a Il concilio Vaticano II (1962-1965) .

    Per il primo, le premesse e la preparazione introducono alla prima fase deilavori e al dibattito sul De ecclesia e la costituzione Dei Filius , fino allo schemaDe Romano Pontifice e alla costituzione Pastor aeternus . Segue la sospensionedel concilio e ricezione delle sue decisioni.

    Ci limitiamo a qualche nota critica, per quanto riguarda anzitutto la pre-cisione del linguaggio. E il caso della definizione dei vescovi titolari: quelli

    cioe sprovvisti di una diocesi (p. 373) e se vogliamo, ma ce di piu dellaffermazione che il rapporto personale tra lapostolo (Pietro) e i vescovidi Roma ... lasciava in ombra il rilievo della Chiesa romana, che pure avevaavuto un ruolo decisivo nella tradizione teologica del primato (p. 389). Anco-ra, l inaspettatamente ci sembra fuori posto per linterpretazione sostenutada parte dellepiscopato tedesco [che] trovo in Pio IX un sostenitore zelante edincondizionato (p. 392). Non si tratta, infatti come afferma lAutore , di una interpretazione moderata della Pastor aeternus, che emarginava le posi-zioni integriste degli ultramontani alla Manning (p. 392).

    Le altre nostre obiezioni entrano piu profondamente nel merito. E il casodei seguenti giudizi, che non condividiamo: Era la prima volta che un conciliogenerale aveva un regolamento dei lavori predisposto in anticipo e al di fuori diqualsiasi partecipazione dei padri conciliari (p. 375); Anche piu allarmanteera la norma secondo la quale la maggioranza assoluta era sufficiente per ap-provare definitivamente una decisione (p. 381. A tale rispetto si puo rilevarequanto afferma, al contrario, il Wohlmuth: p. 253); solo laffermazione delterzo capitolo sullobbligo di accettare linsegnamento del magistero ordinariosuscito perplessita (p. 383); il punto cruciale era costituito ancora una voltadal rapporto papa e chiesa: come si collegava la capacita del primo di procla-mare infallibilmente una dottrina con il consenso della coscienza ecclesiale e delcorpo episcopale in particolare? In definitiva il papa era sopra la Chiesa oppureera nella Chiesa, sia pure con una responsabilita sui generis? (p. 387); il voto

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    solenne si ebbe il 18 luglio, quando una parte consistente [ma quanto consi-stente, in relazione allassemblea?] della minoranza irriducibile decise di nonintervenire per attenuare lo scandalo di una definizione conciliare votata amaggioranza e non allunanimita (p. 388). Quel ex sese non scalfiva inveceil criterio altamente tradizionale per cui qualsiasi decisione ecclesiastica com-prese le venerande definizioni dei primi concili ecumenici non puo non tro-vare ricezione nella vita e nella fede della Chiesa universale, pena lirrilevanza?(p. 390). Le tensioni sviluppatesi durante la celebrazione del concilio e lalacerazione finale, per cui la minoranza [?] aveva abbandonato lassembleaprima del voto sulla costituzione Pastor Aeternus, facevano temere echi pre-occupanti per lunita del cattolicesimo (p. 391); Si era cos affermata lim-

    pressione di una precaria liberta del concilio. Lassemblea come tale aveva avutouna vita stentata a causa della prevaricazione per cui gli orientamenti determi-nanti maturavano fuori dal suo seno nei gruppi di pressione (p. 393); mode-sto impatto del concilio e delle sue decisioni ... sugli stessi fedeli cattolici ( ibid. ).La conclusione prepara gia (e da il suo tono) alla trattazione del concilio Va-ticano II, perche neppure tale concilio, pur contribuendo a preparare la dila-tazione del cattolicesimo al di la delleurocentrismo, ha saputo trascender lim-postazione difensiva e la psicosi dellassedio che affliggevano il cattolicesimo(p. 394).

    Dopo aver presentato il contenuto della seconda assise conciliare vaticana,il suo annuncio inatteso, il periodo antepreparatorio (1959-60) e la fasepreparatoria (1960-62) , lAlberigo inizia la trattazione dello svolgersi vero e

    proprio del grande sinodo, con la solenne apertura, dividendo poi il suo studioin conformita ai periodi (I-IV) di riunione dei Padri in assemblea e alle inter-sessioni (durante le quali continuava limpegno delle Commissioni conciliari).

    LAutore mostra dimestichezza con il tema trattato, anche se due recentiarticoli hanno ora arricchito la conoscenza di alcuni punti delicati da lui af-frontati (la questione, cioe , del ruolo del cardinal Tardini pp. 401-2 e dellaCuria Romana pp. 401 nota 6, 403 e 408 nota 12 , nonche del polo diresistenza alla loro [dei Moderatori] autorita ... costituito dalla segreteria gene-rale e in specie da Mons. Felici, che paventava una riduzione del proprio spaziodi intervento, soprattutto se il collegio dei moderatori avesse istituzionalizzatauna propria segreteria, affidata nelle prime settimane a don G. Dossetti : p. 418nota 17). Ci riferiamo a Il Cardinale Tardini e il Concilio Vaticano II di Vincen-zo Carbone, in R.S.C.I. XLV (1991) n. 1, pp. 42-88 e allarticolo, anteriore, diMichele Maccarrone: Paolo VI e il Concilio: Testimonianze, R.S.C.I. XLIII(1989), pp. 101-122.

    In ogni caso anche in questo saggio riappaiono i noti filtri, le sensibilita asenso unico e i giudizi preconcetti dellAutore, molti dei quali furono da noirilevati in altra sede. Si tratta di unecclesiologia di comunione a suo modointesa (v. pp. 425 e 426), chiusa cioe ` a quella comunione gerarchica(pp. 441 e 434) che, pur nella novita dellespressione, qualifica giustamente lamedesima, con sicura base storica. Del resto la Nota explicativa praevia , cheintroduce nella ecclesiologia tale espressione, per Alberigo, non venne messa in

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    discussione ne in votazione, ma non venne neppure sottoscritta dal papa, rima-nendo cos estranea alle decisioni conciliari vere e proprie, documento di lavorodella commissione teologica (pp. 434 e 433). Cio conferma la sua incompren-sione per la faticosa e lungimirante mediazione, fra maggioranza e minoranzaconciliare, svolta da Paolo VI (opera di riduzione delle distanze: p. 436) pertimore di una perdita di chiarezza dottrinale e di incisivita storica ( ibid. ;v. pure p. 438). A noi sembra piuttosto che allAutore stia a cuore, avanti tutto,la sua visione del rapporto papato-episcopato, per superare lisolamento del-lufficio papale (p. 414). Piu che di isolamento, peraltro, si tratta, lo sappiamosuccessivamente, del problema della dimensione esclusivamente personale del-lufficio papale (p. 420, v. anche pp. 429 e 433), che peraltro e parte della

    credenza integrale del concilio.Fanno da corollari, alla difficolta per una tale integralita di visione, altri

    punti del saggio, che pure ci trovano in posizione critica, quali lostentatosilenzio nei confronti della Chiesa universale ( si riconosceva limportanza dellaChiesa locale come autentica realizzazione della chiesa : p. 441 e anche pp. 430e 436), limproprieta , per lo meno, del linguaggio relativo allorigine dell aucto-ritas episcopale (pp. 427 e 437; v. p. 400 nota 3), la suscettibilita per la citazionedel magistero ordinario nei testi conciliari in fatto di procreazione (p. 440), per sottolineare la continuita e la irreformabilita del magistero, malgrado sitrattasse di documenti di diversa autorita e di livello inferiore rispetto a quello diuna decisione conciliare ( ibid. ); il giudizio negativo sulla Optatam totius ( de-creto ... tra i meno adeguati alle esigenze effettive della chiesa, non solo perche

    non aveva potuto approfondire il nodo del celibato ecclesiastico, ma soprattuttoperche era mancata al concilio una percezione lucida della grave crisi di identita `che da decenni minava la formazione sacerdotale e la stessa condizione delprete : p. 442), la supposta gerarchia di valore teologico (decrescente) dei ca-pitoli della Lumen Gentium ( Al capitolo terzo si sarebbe invece trattato dellagerarchia ecclesiastica ... in questo modo la stessa successione degli argomentine avrebbe rispettato la diversa importanza teologica: p. 419), la frecciata alla Chiesa romana che, con la Dei Verbum [la sua presentazione e imprecisa:v. pp. 409 e 415] ritrovava una corretta consapevolezza della propria subor-dinazione alla Parola di Dio: p. 444), laffanno per dimostrare il non interventodi papa Giovanni nel merito dellordine del giorno del concilio (pp. 402 e407) e la sensibilita per lOrdo agendorum (p. 412) e per il regolamento delmedesimo (pp. 405 e 416).

    Grave sembra inoltre a noi la inesatta presentazione della relazione conci-liare tra Chiesa e Regno, che (come si sa) e gravida di conseguenze. Il Regno non e considerato solo distinto dalla chiesa (p. 435), ma vi e alterita traregno di Dio e chiesa e tra chiesa di Cristo e tradizioni ecclesiali (p. 437). Forseche per il concilio, invece, la Chiesa non e germe e inizio del Regno? ( L.G. n. 5).

    Infine, per la guerra giusta , (pp. 415 e 432) non vale parlare di teolo-gia , cos come non e esatta lespressione che si riferisce alla condanna deicattolici che avessero collaborato con i comunisti, escludendoli dalla parteci-pazione ai sacramenti (p. 400 nota 4).

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    Il volume e arricchito dallindice delle sigle e da quelli analitico e generale,mentre degli Autori dei vari contributi si fornisce una breve indicazione diprofessionalita e di studi ed opere. Un indice per argomento (temi) avrebbepotuto rendere un ulteriore buon servizio al lettore.

    Per gli errata corrige segnaliamo: snodi (p. 13, 1), il regolamento (p. 231, 3), una sanctam (p. 233, 3), s mento (p. 301, 1), e gi(p. 418, 2), invece di: sinodi, di regolamento, unam sanctam , strumento e gli.

    A conclusione, rifacendoci a quanto accennato allinizio, a proposito delprimo saggio del Perrone, la bibliografia posta da ciascun Autore alla fine delproprio contributo non riesce a togliere il disagio per la mancanza abbastanzageneralizzata fanno eccezione A. Melloni, J. Wohlmuth e lAlberigo, il quale,

    peraltro, per il concilio Vaticano II, usa un criterio assai restrittivo dellap-parato critico (note e riferimenti, cioe , al variegato pensiero di chi, prima diloro, si cimento nellapprofondimento storico). Ai nostri tempi e ci siperdoni il giudizio nel caso di tale omissione era espresso nei seguenti duritermini: Il lavoro non e scientifico. Quanto e inserito, in qualche caso, neltesto stesso del lavoro (come riferimento alle fonti in genere) non e sufficiente e,daltro canto, nessuna ragione e fornita appunto per spiegare lassenza dellap-parato critico.

    2. Una storia dei concili

    R. Aubert - G. Fedalto - D. Quaglioni, Storia dei Concili, EdizioniS. Paolo, Cinisello Balsamo 1995, pp. 476.

    Il volume e introdotto da Elio Guerriero con una boutade , crediamo allindicare, ispirato dal Prof. Alberigo, lunica caratteristica veramente co-stante dei concili (ecumenici) nella grande attenzione del popolo dei comunicristiani, malgrado la loro partecipazione sia sempre stata esterna e marginale(p. 5). Su tale onda, anche la questione della convocazione e della ratifica (noi diremmo conferma) pontificia dei concili, al piu (p. 6), ci appare trattatain maniera piuttosto disinvolta. La problematica riguarda il rapporto papa-concilio, i concili ecumenici, ed essi nella storia. Pure qui ci sono cose cheameremmo vedere svolte in altra prospettiva, piu rispettosa della specificita `della Chiesa (e non in termini di assolutismo monarchico o monarchia costi-

    tuzionale), anche se lA. aggiunge: probabilmente, pero , non si puo spingerecos a fondo limmagine del parlamento e conviene rifarsi a immagini piu spe-cificamente teologiche (p. 7). Altres , per i concili ecumenici, il criterio sceltoper un tale riconoscimento, e cioe il consensus ecclesiale, dovrebbe essere speci-ficato, in relazione al ruolo del Vescovo di Roma. In ogni caso nella presentestoria ci si attiene, per i sinodi ecumenici, al catalogo tradizionale della Chiesacattolica.

    A G iorgio F edalto e affidata la prima Parte del volume, e cioe I concilidellantichita (gli otto primi ecumenici: pp. 11-97). E una bella e chiara sintesi,

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    atta a fornire elementi fondamentali di discussione e di giudizio, con buoneconsiderazioni di prospettiva (v. per es. laspetto di libertas ecclesiae: pp. 68-69 e 96), equilibrio di valutazione (si pensi alla questione di Papa Vigilio v. pp. 65 e 68, nonche nota 15 di p. 67 e di Papa Onorio p. 76 ) eanche giusta attenzione a quellabbozzo e sviluppo del primato romano che pursi manifesta nel periodo storico esaminato (v. pp. 33, 39, 49, 56, 72 e 74, 75, 84,89-90 e 94, nel contesto della istituzione patriarcale).

    D iego Quaglioni si occupa, nella seconda Parte, (pp. 99-177) de I concilidel Medioevo e delleta moderna , prendendo pure lavvio dalla libertas eccle-siae e da una felice, telegrafica sintesi delleta che corre dal Costantinopolita-no IV al Lateranense I, cioe dallo scorcio del secolo IX fino agli inizi del XII( epoca di tormentata gestazione di un mondo nuovo : p. 103).

    Con tale sinodo inizia la stagione dei concili generali papali (espressioneche non ci soddisfa). Su di esso, pur citando il giudizio negativo dellAlberigo (ledecisioni sarebbero di interesse circoscritto e frammentario: p. 107), lA.rileva che si tratta di canoni che hanno avuto un ruolo non secondario nellavita della Chiesa e nella storia del diritto canonico (citazione di C. Leonardi),di un momento basilare di quel processo di adattamento razionale che avrebbepresto trovato il suo compiuto sbocco nella Concordia discordantium canonum diGraziano (p. 107). Ad ogni modo per lo Jedin il Concilio Lateranense I gia inalto grado fu punto dincontro e foro della cristianita .

    Sul II ci siano permesse solo due osservazioni ed un giudizio, e cioe lamancata citazione della confutazione vigorosa del Fois, in Archivum Historiae

    Pontificiae, dellopera Cardinalato e Collegialita ... (v. p. 108, nota 2) del-lAlberigo, (Autore molto tenuto presente dal Quaglioni e per il quale sono bennote le nostre motivate riserve di metodo) e una equivoca esegesi, del medesimoAlberigo, del canone 28, che sancisce la fine dellelezione dei vescovi da partedel clero e del popolo e ne riconosce lesclusiva competenza ai capitoli catte-drali (p. 113). Basta in effetti la semplice lettura del testo per intendere chetrattasi del divieto ai canonici della sede episcopale (da provvedere) di esclu-dere i religiosi dallelezione dei vescovi; col loro consiglio piuttosto sia scelta pervescovo una persona onesta e idonea (p. 377). Prendiamo le distanze altres `dal giudizio positivo su un volumetto del Landi ( Tra collegialita e curiali-smo...) citato dal Quaglioni (p. 114, nota 18), che trovammo a suo tempomolto parziale ed artefatto.

    Per il Lateranense III consideriamo ancora sfuocato un enunciato-citazionedellAlberigo, secondo il quale, per i Catari, non era piu la Chiesa che difen-deva la propria purezza dottrinale, ma la societa ` come tale che si ritenevaminacciata e reagiva, colpendo anche le persone e non piu solo le idee(p. 120). Ma non fu sempre cos , dopo le persecuzioni? Basti pensare alle depo-sizioni (vescovili) e agli esl del tempo imperiale (dOriente) e degli stessi Me-rovingi e Carolingi ed oltre, per rendersene conto.

    Giustamente, attenzione particolare e data al Concilio Lateranense IV checostituisce certo, con quello Tridentino, il grande arco sul quale si sviluppo ` come diceva egregiamente il compianto Mons. Maccarrone la vita della

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    Chiesa dalla fine del Medio Evo allinizio delleta moderna. Ai Vescovi e `rimessa la direzione di tutti i negotia ecclesiastica e la responsabilita della curaanimarum , mentre si riafferma lautorita giurisdizionale del pontefice roma-no (p. 122). Le 70 costituzioni lateranensi furono il sigillo del programma dirinnovamento politico-religioso di Innocenzo III.

    Il I Concilio di Lione da occasione a richiamare la monarchia papale e lastessa idea di plenitudo potestatis, della sovranita (v. p. 131). Avremmo amatoun inizio meno ex abrupto e qualche chiarimento, specialmente per la anzidettaantica formula, che qui, versatile come , assume, in altro contesto e tolto ilsecondo elemento delloriginario binomio, ( in partem sollicitudinis vocatus ), unnuovo significato di sovranita (teocrazia, v. anche p. 142). Federico II usc dal

    Sinodo condannato e sconfitto. La sua deposizione significo il crollo dellapotenza di casa di Svevia ... LEuropa cambiava volto, assistendo allascesadel regno di Francia come potenza egemone, creatura del papato destinata adesercitare su di esso una pesante tutela (p. 135).

    Tutto contribuiva a porre il Vescovo di Roma di fronte a compiti di gi-gantesca portata, a dare un salubre remedium, che Gregorio X indico in trepunti: lunione con la Chiesa greca, la crociata e la riforma ecclesiastica, propo-sti al Concilio II di Lione (che ebbe un innegabile carattere di assembleaecumenica: p. 137).

    E dopo il Sinodo di Vienne (anche qui con tre punti in discussione: ilprocesso ai Templari, il ricupero della Terra Santa e la riforma ecclesiastica :p. 143), siamo alla Costanza dell Haec sancta synodus, che costituisce la gran-

    de novita del concilio sul piano della dottrina ecclesiologica: vi si legge infattiche il sinodo generale congregato in Costanza, immagine della Chiesa militante,riceve il suo potere immediate dal solo Cristo, a cui chiunque, sia pure investitodella dignita pontificia, deve obbedienza nelle questioni di fede cos come nel-lestirpazione dello scisma e nella riforma della Chiesa in capite et in membris (p. 150). Era sia pure entro un quadro di contingente emergenza, comeosserva prudentemente lo Jedin il fondamento di ogni successiva afferma-zione di superiorita del concilio sul pontefice in materia di fede e di riformaecclesiastica (p. 151). In ogni caso con Martino V lo scisma ebbe dunque fine eil Concilio si chiuse il 22 aprile 1418. Dei 18 punti previsti di riforma ecclesia-stica il sinodo era riuscito, un mese prima, a regolarne solo sei. Notiamo infineche Martino V non promulgo in alcun modo le decisioni del concilio di Co-stanza, alle quali tuttavia presto scrupolosa obbedienza, co