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Le Campane di Uggiate e Ronago

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Bollettino della Comunitàpastorale marzo 2015

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RisoRgi

Risorgi, ora che la paura domina la speranza.

Risorgi e donaci parole coraggiose e spighe di calore,

affinché questa generazione spezzi le catene.

Risorgi e donaci pace nei cuori non più abitati dalla gioia,

tu che ci accogli senza soffocare il nostro grido.

Risorgi e donaci la pazienza, unica cura,

quando il male è scaltro.

Risorgi e donaci occhi lacrimanti di stupore.

Risorgi, silenzioso, a riempire la casa di luce.

don Luigi Verdi

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Cari parrocchiani,la nostra preghiera è rivolta ai carissimi fratelli e sorelle perseguitati e

che stanno versando il sangue per la fede cristiana: la Pasqua ormai vicina porti il mondo intero ad aprire gli occhi e il cuore su tanti martiri contemporanei e su tante sofferenze nascoste dalla “globalizzazione dell’indifferenza”. Sono parole di Papa Francesco che ci inducono a riflettere, ad adoperarci, nella nostra famiglia, nei nostri ambienti, nella nostra Comunità, perché nessuno si senta solo e senza speranza.

Dio non ci abbandona mai e più ci sentiamo deboli, più ci sentiamo poveri, Lui ci è vicino con la Sua misericordia: è il pensiero che ci accompagnerà al Giubileo straordinario, proclamato dal Papa. Nel secondo anniversario della sua elezione, a 50 anni dal Concilio Vaticano II, Papa Francesco ha annunciato un Anno Santo speciale, un anno di Grazia, in cui la Chiesa si chinerà anche sulle tante situazioni di sofferenza, di fatica, di povertà e pregherà ancora più intensamente per la pace, per la giustizia fraterna, per riconoscere la dignità di ogni uomo, in quanto creatura del Dio della misericordia.

Anche le nostre parrocchie di Ronago e Uggiate si prepareranno e parteciperanno a questo evento, per sentire la vicinanza del Signore, per ravvivare la fede, per riconoscere e per praticare la misericordia, per perdonare e chiedere perdono, per trovare nuovi slanci.

Il Padre, rivelato nel Figlio sacrificato sulla Croce, con la Sua misericordia, abbraccia ogni uomo. La Chiesa abbraccia, misericordiosa, tutta l’umanità, come riporta “Avvenire”, in un’intervista che riflette sul Giubileo. Mi sembra il punto di partenza per prepararci alla Pasqua e all’Anno Santo.

E io ringrazio tutti voi: in questi primi mesi nella Comunità Pastorale di Uggiate Trevano – Ronago, ho incontrato tante persone, tante famiglie e soprattutto tanto bene. Certo, ho incontrato il dolore, la fatica, lo sgomento, il disorientamento, ma ho incontrato anche tanta fede e tanto coraggio e mi avete dato lezioni evangeliche con la vostra accoglienza, i vostri racconti di vita, la cura degli anziani e dei malati, la dedizione alla famiglia e ai figli, la vostra forza per contrastare il male, la crisi economica e morale.

Perciò, in occasione della Pasqua, concludo con le parole di Papa Francesco: “Pregate per me il Signore. Che mi benedica”. Ed io pregherò per voi, con la stessa intenzione.

Don Sandro

Il nostro carissimo collaboratore pastorale, Don Marco Cairoli, don Ernesto Guglielmetti e tutti i sacerdoti che camminano con noi, vi augurano una buona e Santa Pasqua, nel Cristo che ha sconfitto il peccato e la morte.

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Il messaggio del Papa per la XXX Giornata Mondiale della Gioventù

Forse pochi sanno che le Giornate Mondiali della Gioventù (GMG), nate nel 1985 per intuizione di San

Giovanni Paolo II, vengono svolte a livello internazionale ogni due o tre anni con un grande raduno in una specifica

città del mondo, scelta volta per volta, ma vengono anche svolte a livello diocesano negli anni in cui non si svolge la GMG internazionale, in occasione della Domenica delle Palme.

Tutti gli anni, perciò, il Papa prepara un messaggio per la GMG e quest’anno Francesco, come già fatto l’anno scorso, intende preparare i giovani in vista del grande incontro che si terrà nel 2016 a Cracovia, in Polonia, nella terra nativa di Giovanni Paolo II. “Proprio trent’anni fa san Giovanni Paolo II istituì nella Chiesa le Giornate Mondiali della Gioventù. Questo pellegrinaggio giovanile attraverso i continenti sotto la guida del Successore di Pietro è stata veramente un’iniziativa provvidenziale e profetica. Ringraziamo insieme il Signore per i preziosi frutti che essa ha portato nella vita di tanti giovani in tutto il pianeta”!

Come guida per il cammino di preparazione Francesco ha scelto le Beatitudini evangeliche. L’anno scorso ha riflettuto sulla Beatitudine dei poveri in spirito, inserita nel contesto più ampio del “discorso della montagna”, illustrando il significato rivoluzionario delle Beatitudini e il forte richiamo di Gesù a lanciarci con coraggio nell’avventura della ricerca della felicità.

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Quest’anno il Papa ha proposto di riflettere sulla sesta Beatitudine: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8).

Per approfondire come questa beatitudine passi attraverso la purezza del cuore occorre capire il significato biblico della parola cuore. “Per la cultura ebraica il cuore è il centro dei sentimenti, dei pensieri e delle intenzioni della persona umana. Se la Bibbia ci insegna che Dio non vede le apparenze, ma il cuore (cfr 1 Sam 16,7), possiamo dire anche che è a partire dal nostro cuore che possiamo vedere Dio. Questo perché il cuore riassume l’essere umano nella sua totalità e unità di corpo e anima, nella sua capacità di amare ed essere amato”.

“Per quanto riguarda invece la definizione di “puro”, la parola greca utilizzata dall’evangelista Matteo è katharos e significa fondamentalmente pulito, limpido, libero da sostanze contaminanti”.

“In che consiste dunque la felicità che scaturisce da un cuore puro? A partire dall’elenco dei mali che rendono l’uomo impuro, enumerati da Gesù, vediamo che la questione tocca soprattutto il campo delle nostre relazioni. Ognuno di noi deve imparare a discernere ciò che può “inquinare” il suo cuore, formarsi una coscienza retta e sensibile, capace

di «discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2)”.

Il Papa esorta perciò i giovani a seguire Cristo e a fidarsi di lui: “Il periodo della giovinezza è quello in cui sboccia la grande ricchezza affettiva presente nei vostri cuori, il desiderio profondo di un amore vero, bello e grande. Quanta forza c’è in questa capacità di amare ed essere amati! Non permettete che questo valore prezioso sia falsato, distrutto o deturpato”. “Il cuore rimane ferito e triste in seguito a queste esperienze negative. Vi prego: non abbiate paura di un amore vero, quello che ci insegna Gesù e che san Paolo delinea così: «La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine» (1 Cor 13, 4-8)”. “Cari giovani, vi

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chiedo di essere rivoluzionari, vi chiedo di andare controcorrente; sì, in questo vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in fondo, crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, crede che voi non siate capaci di amare veramente. Io ho fiducia in voi giovani e prego per voi. Abbiate il coraggio di andare controcorrente. E abbiate il coraggio anche di essere felici”. Per fare ciò “non dobbiamo avere paura né scoraggiarci: nella Bibbia e nella storia di ognuno di noi vediamo che è sempre Dio che fa il primo passo. E’ Lui che ci purifica affinché possiamo essere ammessi alla sua presenza.

“Nel Nuovo Testamento, quando sul lago di Gennèsaret Gesù chiamò i suoi primi discepoli e compì il prodigio della pesca miracolosa, Simon Pietro cadde ai suoi piedi dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore» (Lc 5,8). La risposta non si fece aspettare: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (v. 10)”. L’invito del Signore a incontrarlo è rivolto perciò ad ognuno di voi, in qualsiasi luogo e situazione si trovi. Basta «prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 3). Siamo tutti peccatori, bisognosi di essere purificati dal Signore. Ma basta fare un piccolo passo verso Gesù per scoprire che Lui ci aspetta sempre con le braccia aperte, in particolare nel Sacramento della Riconciliazione, occasione privilegiata di incontro con la misericordia divina che purifica e ricrea i nostri cuori.

“Sì, cari giovani, il Signore vuole

incontrarci, lasciarsi “vedere” da noi. “E come?” – mi potrete domandare: attraverso la preghiera e leggendo frequentemente la Sacra Scrittura. “Se non avete ancora l’abitudine, iniziate dai Vangeli. Leggete ogni giorno un brano. Lasciate che la Parola di Dio parli ai vostri cuori, illumini i vostri passi (cfr Sal 119,105). Scoprirete che si può “vedere” Dio anche nel volto dei fratelli, specialmente quelli più dimenticati: i poveri, gli affamati, gli assetati, gli stranieri, gli ammalati, i carcerati (cfr Mt 25,31-46).” “Come accadde ai discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35), la voce di Gesù farà ardere i vostri cuori e si apriranno i vostri occhi per riconoscere la sua presenza nella vostra storia, scoprendo così il progetto d’amore che Lui ha per la vostra vita”.

“Alcuni di voi sentono o sentiranno la chiamata del Signore al matrimonio, a formare una famiglia. Molti oggi pensano che questa vocazione sia “fuori moda”, ma non è vero! Proprio per questo motivo, l’intera Comunità ecclesiale sta vivendo un periodo speciale di riflessione sulla vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. Inoltre, vi invito a considerare la chiamata alla vita consacrata o al sacerdozio”. “A partire dal vostro “sì” alla chiamata del Signore diventerete nuovi semi di speranza nella Chiesa e nella società. Non dimenticate: la volontà di Dio è la nostra felicità”!

«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8). “Cari giovani, come vedete, questa Beatitudine tocca molto da vicino la vostra esistenza ed è una garanzia della vostra felicità. Perciò vi ripeto ancora una volta: abbiate il coraggio di essere felici!”

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AnnO SAntO DELLA MISERICORDIA

Uno straordinario anno di Grazia: è l’Anno Santo della Misericordia annunciato da Papa Francesco, un invito a raggiungere il cuore del Vangelo, aprendo il proprio cuore alla fede, alla conversione, al perdono.

Il Giubileo rappresenta il Signore che ci viene incontro con la Sua misericordia: Papa Francesco l’ha ripetuto nell’Angelus di domenica 15 marzo e il giorno dopo, nell’Omelia in Casa Santa Marta ha spiegato che “Dio è innamorato dell’uomo”, tanto da sognare di stare sempre con le Sue creature, come due fidanzati sognano una vita per sempre insieme.

Sono parole tanto belle che ogni commento rischia di sciuparle. Ma ogni volta che il Papa accenna alla Misericordia, nella nostra Comunità Pastorale sorge il pensiero di un legame vicino e profondo, di un segno particolare a noi prossimo e che appartiene a tutta la Diocesi.

è il santuario diocesano di Maccio, dedicato alla Santissima Trinità Misericordia, tempio testimone di speciali esperienze di Grazia e di intensi incontri spirituali, iniziati nell’anno 2.000, proprio mentre era in corso il Giubileo del Millennio proclamato da Giovanni Paolo II che volle così affidare alla benedizione di Dio tutta l’umanità che si affacciava ad un nuovo corso del tempo.

La chiesa parrocchiale di Maccio è l’ultimo santuario eretto nella Diocesi di Como, pur costellata di luoghi realizzati a ricordo di apparizioni e di miracoli avvenuti in tutti i secoli ed è la raffigurazione dell’essenza di Dio, la Misericordia, che concede sempre all’uomo un’altra possibilità di conversione, riafferma ogni volta la Sua fedeltà, è fonte della vita, è il Padre dei poveri, è grande nell’amore ed è un Dio che si è rivelato attraverso il Figlio, Gesù Cristo.

Questo è il legame tra il santuario diocesano vicino a noi e l’Anno Santo della Misericordia, ma non è il solo. Il Giubileo è stato proclamato in un periodo di persecuzione e di martirio per i cristiani: la furia si è abbattuta sui credenti in Cristo, scatenata dal fondamentalismo islamico che non risparmia né vite umane, né dignità, né libertà. Ma il mondo è indifferente, come ha sottolineato Papa Francesco, un appello incessante perché finiscano le persecuzioni e ci sia pace.

Inevitabile intravedere un altro legame della Diocesi di Como con la Misericordia: è rappresentato da Benedetto Odescalchi, Papa Innocenzo XI, figlio di una nobile famiglia comasca. Quattro secoli fa, si adoperò per la pace e per la propagazione della fede cattolica in Oriente nel mondo travagliato di allora: la Sua intercessione protegga i perseguitati e prosciughi il sangue che continua ad essere versato per fede.

Un santuario diocesano dedicato alla Santissima Trinità Misericordia; un Beato Papa che difese la fede cattolica minacciata come ai tempi nostri: sono i segni della Misericordia Infinita già scesa e che continua a scendere sulla nostra Diocesi. Si aprono le porte del Giubileo; si aprono le porte del cuore a Dio Trinità Misericordia sotto i segni che rendono particolare la Chiesa di Como, portatrice dell’infinito amore per ogni creatura e della forza evangelica contro il Male.

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QUARESIMA MISSIOnARIA 2015la Proposta del Centro Missionario Diocesano

Durante la Quaresima siamo stati chiamati a vivere il nostro tempo preparandoci al

mistero pasquale, dando adeguato spazio alla preghiera, all’ascolto della Parola, al digiuno, all’elemosina. Non sono pratiche religiose d’altri tempi: sono l’invito presente nel Vangelo perché ogni cristiano percorra la strada della conversione personale e comunitaria.

Non mancano tra le proposte del Centro Missionario e della Caritas occasioni di ascolto della Parola e dei testimoni del nostro tempo, inviti a momenti di preghiera e a trovare gesti di digiuno e scelte di solidarietà e condivisione. Per quanto riguarda le scelte di solidarietà e di condivisione, sono tante le realtà missionarie che hanno bisogno del nostro sostegno ed accompagnamento; allo stesso tempo anche le nostre comunità hanno bisogno di lasciarsi evangelizzare dai poveri.

Provocati dalle parole di papa Francesco nell’Evangelii Gaudium e dalle storie di vita di fratelli e sorelle in missione, condividiamo i nostri beni, che è “molto di più di qualche atto sporadico di generosità. Richiede di creare una nuova mentalità che pensi in termini di comunità, di priorità della vita di tutti rispetto all’appropriazione dei beni da parte di alcuni” (EG 188).

In quest’ottica abbiamo scelto di sostenere i progetti nella missione diocesana in

Perù, della missione diocesana in Camerun, dell’opera che la Caritas sta portando avanti in Sud Sudan, in Siria e in Iraq, del lavoro che i missionari saveriani, presenti in Diocesi, stanno sostenendo in Bangladesh.

Due precisazioni: continua, anche se in modo diverso, la presenza missionaria di

Como nella Diocesi di Maroua-Mokolo, nell’estremo nord del Camerun. La violenza

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sempre crescente ha costretto migliaia di persone a fuggire nei paesi vicini (Ciad, Niger e Camerun). In moltissimi hanno cercato rifugio nel Nord Camerun. Gli sfollati sono accolti nelle famiglie, da parenti e conoscenti, o nelle scuole e un campo profughi gestito dall’Acnur è stato allestito vicino a Mokolo. Il Nord-Camerun, dapprima toccato solo da azioni isolate di Boko Haram, ha visto un continuo crescendo della violenza e degli attacchi entro i suoi confini.

Proprio in questo contesto d’insicurezza e di sofferenza della popolazione si rafforza

il legame tra la Chiesa di Como e la Chiesa sorella di Maroua-Mokolo, convinti che l’educazione dei bambini e dei ragazzi sia essenziale per combattere dal di dentro ogni fondamentalismo, e che solo lo sviluppo e la promozione umana possano permettere a tutti una vita dignitosa e offrire ai giovani una speranza per il futuro.

Grazie alla collaborazione del CDD (Comitato Diocesano di Sviluppo) di Maroua e delle Suore della Santa Famiglia di Bordeaux che sono presenti sul posto, la diocesi di Como continua a sostenere alcune attività già iniziate dai fidei donum: la scuola superiore di Mogodé, i centri per l’educazione scolastica di bambini sordi e ciechi, le biblioteche e la formazione professionale dei giovani, per contribuire a migliorare le condizioni di vita come via alla giustizia e alla pace.

Non possiamo dimenticare la Siria e l’Iraq, paesi tormentati da una guerra senza fine.

Il progetto di aiuto alla Siria nasce dal bisogno di alleviare la sofferenza delle famiglie siriane vittime del conflitto, che sono rimaste in quella terra. Il contributo raccolto si sommerà a quello di Caritas Ambrosiana e verrà destinato a Caritas Siria, titolare dell’intervento nel settore socio-sanitario che andrà a privilegiare i soggetti più deboli come bambini, anziani e donne in gravidanza. Il progetto di sostegno all’Iraq andrà a sostenere le famiglie sfollate nelle zone del paese meno servite da associazioni e realtà che prestano assistenza garantendo loro cibo (riso, olio, pasta, legumi) e il necessario per l’igiene personale.

dal Centro Missionario Diocesano

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A partire dall’inizio di febbraio, il nostro oratorio ha accolto, a turno ogni do-menica, oltre ai bambini, impegnati nei vari giochi organizzati, i rispettivi genitori delle diverse classi del catechismo della Comunità Pastorale per un

incontro di conoscenza e condivisione con don Sandro, don Marco e le catechiste. Ap-puntamento per i giochi nel primo pomeriggio, alle 16.00 raduno e incontro dei genitori con il parroco, aiutato nelle meditazioni da don Marco; a seguire una gustosa merenda in compagnia e poi la partecipazione comunitaria alla S. Messa delle 18.00.

Nessun evento straordinario, nessuno spettacolo: la caratteristica di queste semplici domeniche pomeriggio è stata quella di essere vissute “INSIEME”.

All’invito di don Sandro a passare qualche ora di condivisione dell’appartenenza delle nostre famiglie alla medesima comunità cristiana, hanno risposto moltissimi ge-nitori cui è stata offerta l’opportunità di approfondire, grazie alle brevi ma intense ri-flessioni guidate, il significato della fede nella società odierna; una nuova occasione per riscoprire il senso dell’essere testimoni dell’amicizia di Gesù, soprattutto in riferimento al percorso di crescita dei nostri bambini. Con l’invito a restare nel solco dell’insegna-mento del Vangelo, per il quale al primo posto non c’è una dottrina da imparare ma un modo di vivere, perché “seguire è andare dietro a Qualcuno cui si vuole restare vicini, facendo la stessa strada e condividendo le stesse scelte.”

Concluse le riflessioni, dopo alcune comunicazioni orga-nizzative del percorso di catechismo, anche il momento della merenda insieme è stata occasione per la conoscen-za di genitori di altre sezioni, per uno scambio di idee con i don e le catechiste, indaffarate a “preparare il buffet”, per quattro sane chiacchiere da oratorio e, tra un delizioso dolce preparato dai “genitori-pasticceri” e un buon caffè del bar, ci s’è preparati a salire in Chiesa per la S. Messa.

Ovviamente, vista la folta partecipazione, non solo i primi banchi, ma anche quelli sull’altare si sono riempiti di famiglie. E così, ogni DOMENICA INSIE-ME s’è conclusa con la celebrazione dell’Eucaristia.

DOMENICA INSIEME

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CATECHESI IN PREPARAZIONE AL BATTESIMO

“Rallegratevi nel Signore, i vostri nomi sono scritti in cielo!”

Da due mesi, nella nostra Comunità Pastorale è iniziato il cammino dei genitori che chiedono il sacramento del Battesimo per i figli. Si tratta di un percorso articolato in tre brevi incontri mensili, che hanno lo scopo di preparare al sacramento che inserisce nella famiglia dei figli di Dio. Attualmente una ventina di coppie ha accolto l’invito a condividere la gioia della nascita e la responsabilità di affidare al Signore le loro creature. Gli incontri sono occasione di conoscenza e di scambio di esperienze, di amicizia e di cordialità.

I genitori sono i primi testimoni della fede per i figli. Per loro desiderano il meglio, li circondano di attenzioni, ne tutelano i diritti: la vita, la famiglia, la scuola, il gioco, il rispetto... per questo vogliono far loro un dono prezioso fin dai primi mesi, un dono che li accompagnerà sempre e che verrà confermato nelle tappe di crescita cristiana.

Il Battesimo è, infatti, la porta che introduce nella grande comunità della Chiesa. è il primo gesto di tenerezza che il bambino riceve: un bacio della Grazia di Dio.

Il nome che i genitori scelgono per il figlio dona un’identità unica e riconosce la paternità di Dio Padre. Per questo, il sacerdote con i genitori e i padrini traccia un segno di croce sulla fronte del battezzando. è un segno di benedizione: “Dio dice bene di lui”.

La Comunità e la Chiesa lo accolgono in un abbraccio di fede e con l’acqua benedetta il sacerdote lo battezza nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. è una nuova nascita, un riemergere nella grazia di Dio che cancella il peccato.

La veste bianca e la candela accesa alla fiamma del cero pasquale sono simbolo che i battezzati, purificati e illuminati da Cristo, sono chiamati a vivere come figli della luce, accompagnati dai genitori e dalla Comunità.

Il Battesimo viene registrato sul Libro dei Battezzati che la Parrocchia e la Diocesi conservano, ma più ancora il nome del bambino è scritto nel cuore di Dio. Crescerlo come battezzato significa per i genitori far brillare in lui giorno dopo giorno – con le premure, con le parole, con i comportamenti – il volto di Dio, origine della vita e dell’amore.

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Diocesi di Maroua Mokolo, regione dell’Estremo Nord del Camerun. Da 20 anni la Diocesi di Como è presente con una missione. Il confine della Nigeria

è a km zero. Dove fino a un anno fa convivevano pacificamente quaranta etnie e tre religioni, ora si è toccati dalla violenza di Boko Haram che rischia di azzerare un cammino di promozione umana che dava visibilmente i suoi frutti.

Vakote era un bambino di Rhumzu. Vedeva gli altri bambini andare a scuola. Lui no. Il papà non voleva. Per lui c’erano i campi da coltivare, il gregge da pascolare, la famiglia da formare. Ma lui voleva andare a scuola. Per un bambino di sei anni non manca il lavoro al mercato. Si dà da fare. Racimola qualcosa. Si paga la scuola. Frequenta. Il papà scoprirà solo un anno e mezzo dopo che suo figlio è a scuola. Aiutato a frequentare le superiori dai missionari, ora è all’università. Dalla vicina Nigeria, le truppe criminali di Boko Haram, da più di un anno presenti anche in Camerun urlano, fucili alla mano. L’educazione occidentale, la scuola è proibita! Le scuole sono incendiate, gli studenti rapiti o uccisi. All’università di Yaounde, Vakote ascolta queste notizie e si domanda: perché rubarci la scuola?

Gilbert ha lavorato duro. Miglio, patate, arachidi e soia... La terra è ancora generosa sull’altipiano dei Kapsiki. Le piogge ancora regolari, per essere nel Sahel. I troppi diserbanti e fertilizzanti chimici, banditi in Europa e commercializzati in Africa, non hanno ancora trasformato i terreni in deserto. Grazie ai prodotti della terra, venduti in Ciad e Nigeria, ha potuto sostituire il tetto di casa - dalla paglia alla lamiera -, ha mandato i figli a scuola, si è comprato una moto per raggiungere più in fretta i mercati, ha un cellulare... L’insicurezza creata dalla formazione dei Boko Haram ha però obbligato a chiudere la frontiera con la Nigeria e il Ciad. Un muro di mattoni impedisce il transito di vetture e moto sui sentieri e sulle strade che portano in Nigeria. La grande strada che collega Maroua, capitale dell’Estremo Nord del Camerun, e Ndjamena, capitale del Ciad, è impraticabile. Troppi agguati, uccisioni, attacchi a villaggi sulla strada. Su questa strada sono iniziati i rapimenti. Su questa strada Boko Haram si sente a casa. Il commercio si è fermato. Koda non sa più cosa fare. Come provvederà alla sua famiglia? Si domanda: perché rubarci il futuro?

Catherine è una giovane donna di ventiquattro anni, tre figli, un marito... per ora.

QuEllO ChE BOkO hArAM NON puó ruBArCI

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Frequenta il gruppo delle donne della sua comunità. Grazie alle formazioni ricevute la sua vita è cambiata. Non permetterà a suo marito di far sposare la figlia a tredici anni, come è successo a lei. Ha appreso nozioni elementari d’igiene e cura delle malattie: ora è più attenta alla salute dei figli. Con altre due donne coltiva arachidi e alleva maiali. Ha acquistato una discreta autonomia finanziaria. La spesa per la scuola dei figli pesa tutta su di lei, ma ora può affrontarla. É lei che custodisce la cassa della comunità. Si sa: le donne sono più oneste e affidabili. Nell’assemblea, un po’ alla volta, ha imparato a prendere la parola e dire quello che pensa. Non è poco. Ma è preoccupata. Dalla vicinissima Nigeria, ma anche solo dai villaggi vicini, le notizie non sono buone. Le

donne sono costrette a velarsi e a rinchiudersi in casa. Le studentesse strappate dalla scuola e forzate a sposarsi. Koteri ripensa alla sua vita e a quanto ha dovuto lottare per mettersi in piedi e prendere in mano il suo destino. Ora è decisa. Non mi ruberanno ancora la dignità!

Lambert non aveva mai visto nulla di simile. Il villaggio è sconvolto. Centinaia di persone, migliaia di capi di bestiame l’hanno invaso. Una colonna che fugge dalle pianure della Nigeria dopo essere stati attaccati, decimati, seviziati da Boko Haram. Si dirigono vero sud, per entrare di nuovo, per altra via, in Nigeria. In fretta, prima della semina dei campi. Per non provocare anche una guerra tra contadini e pastori. A pochi kilometri, il campo profughi del UNHCR: una tendopoli di circa ventimila persone che hanno dovuto lasciare definitivamente la propria casa. Una bomba ad orologeria. Anche il piccolo villaggio di quattrocento abitanti di Lambert ha fatto la sua parte. Ospita quasi duemila profughi. Hanno aperto le loro case. Hanno condiviso il loro miglio. Fin quando ce ne sarà. Con quella disponibilità e generosità di cui solo i poveri, quelli che non hanno niente da perdere, sono capaci. Lambert si guarda intorno e ritorna ad organizzare la sua comunità. No, i terroristi non ruberanno la solidarietà al nostro popolo!

Bernard è prete a Mora, piccola cittadina, capitale di un antico regno. Qui la prima guerra mondiale era continuata a oltranza. Le collina era presidiata con tenacia dai tedeschi. Nessuno li aveva informati che era finita da un pezzo. Cento anni dopo Mora è ancora la prima linea del fronte. Attacchi, scontri, massacri. Qui si sente forte la complicità di una parte della popolazione e dei poteri tradizionali con Boko Haram. La piccola comunità cristiana condivide la paura di tutta la popolazione. Ma non è paralizzata. Bernard mi scrive. “Sto bene. Da qualche giorno gli attacchi sono diminuiti. Ma abbiamo rifugiati ovunque che non sanno cosa mangiare e dove dormire: ne abbiamo contati più di millecinquecento. Ho appena comprato dei sacchi di miglio con l’aiuto della Caritas Diocesana di Maroua. Il buon Dio farà il resto per questi suoi figli che attraversano un momento difficile.” Bernard non sa che quel miglio viene anche dalla generosità dei cristiani della diocesi di Como. Io lo so. Tiro un sospiro di sollievo. Quante volte la gente ti domanda: Ma gli aiuti arriveranno? Serviranno davvero allo scopo per cui li abbiamo raccolti? Ora ho la risposta. La guerra continua. La speranza si accende un po’ di più.

don Corrado Necchi

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BANGLADESH: NOTIZIE DA p. QuIrIcO

Carissimi tutti, mercoledì 18 Febbraio abbiamo iniziato anche a Mirpur il cammino della Quaresima distribuendo a tutti i bambini un piccolo salvadanaio di terracotta.I salvadanai sono stati decorati con vari colori dai ragazzi del catechismo. Qui a Mirpur il catechismo settimanale si svolge al venerdì, perchè è giorno di festa in Bangladesh, quando le scuole, gli uffici e le fabbriche sono chiuse. La domenica è giorno lavorativo e le scuole sono aperte.Ogni bambino della Missione ha portato il salvadanaio a casa e durante la Quaresima vi metterà i suoi risparmi, frutto di piccoli sacrifici e rinunce. Alla fine della Quaresima, il Giovedì Santo, festa dell’Ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli, i salvadanai saranno messi vicino all’altare, come dono a Gesù per la sua Ultima Cena. Il ricavato sarà donato ai poveri e ai malati del nostro quartiere, perchè possano fare un po’ di festa durante la Pasqua. É importante per i bambini (poveri e ricchi: fra i nostri bambini cittadini ci sono tutte e due le categorie...) saper rinunciare, fin da piccoli, a qualcosa per i più bisognosi e sofferenti, e non solo crescere pretendendo tutto quello che gli piace... Anche dare una mano per piccoli lavori in casa e anche qui in missione e non solo essere serviti in tutto, e’ molto educativo...

Un piccolo salvadanaio magari contiene pochi soldi, ma tanto amore per Gesù e per i più poveri e sofferenti…Buon cammino quaresimale verso la Pasqua di Gesù.Una preghiera di cuore.

p. Quirico con tutti i bambini di Mirpur

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P.S. I giornali oggi parlavano di relativa calma sul fronte degli scioperi; ieri sono stati bruciati solo due pullman e senza che ci fossero vittime perché la gente ha avuto il tempo di scendere e scappare, essendo i pullman quasi fermi... Siamo al cinquantesimo giorno di scioperi e blocchi stradali a oltranza dell’opposizione contro il governo, che sono costati settantotto morti e trecento feriti, con danni economici molto rilevanti. Da questa situazione non si vede una via d’uscita. Alcuni gruppi di eminenti cittadini della società civile, non legati ai partiti politici, hanno cercato di proporre vie di soluzione attraverso il dialogo tra governo e opposizione, ma senza risultati... Settantadue sono i morti e tanti i dispersi dello scontro avvenuto due giorni fa, sul fiume Padma, uno dei più grandi del Bangladesh, tra un traghetto e un battello passeggeri. I traghetti sono molto grandi e pieni di veicoli, camion, macchine e pullman, ma sono molto lenti, mentre i battelli passeggeri sono piccoli, strapieni, ma molto veloci e la gente li preferisce: ma non sono sicuri... E così ci uniamo anche noi con i nostri piccoli e grandi dolori ai dolori dei Paesi in guerra e ai dolori di Gesù, che continuamente sale al Calvario portando con sé tutte le nostre sofferenze, le nostre fatiche e tutti i dolori del mondo...

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RICORDANDO PADRE GIUSEPPE AMBROSOLI“Padre Giuseppe è ancora vivo….”

Sul sito facebook –Ambrosoli Memorial Hospital - LESSOnS FROM KALOnGO - si può leggere questa meravigliosa testimonianza insieme a tante altre, ascoltata e poi scritta da Marta, volontaria per 70 giorni all’0spedale realizzato da p. Giuseppe.

Susan l’ho incontrata stamattina. Ai tempi, era la ragazzina che faceva

le pulizie alla missione. “Padre Ambrosoli voleva che la sua camera fosse rimessa a posto solo da me”, precisa con tono d’orgoglio. Quando le dico che

Giuseppe era il fratello di mio nonno, tira un urlo di gioia. Non ci può credere. Mi abbraccia e mi tira su di forza per farmi girare nell’aria. Urla: “You’re Father Ambrosoli’s daughter!!!“. É la persona più felice al mondo e mi stringe forte in aria. Quando riesco a rimettere i piedi per terra, le spiego che è impossibile: Padre Ambrosoli era un prete. Not possible. “Non importa – mi dice – tu sei sangue del suo sangue, quindi per me sei sua figlia”. Vede in me la continuità. Continua a ripetermi, con una gioia infinita, che Padre Ambrosoli è ancora vivo, che il fatto che io sia qui è il segno che lui c’è ancora. “He’s still alive through you“. Mi sussurra cose importanti, Susan, personali e commoventi, con occhi così profondi da non riuscire quasi a reggerli. Mi dice che se lei è viva, se è la persona che è, è solo grazie a lui. Durante la guerra civile, è stata presa dai ribelli e portata nel bush. Picchiata per un tempo infinito. Con sé, solo l’immaginetta di Padre Ambrosoli. Ha pregato tanto, ed è riuscita a tornare a casa, ma così ridotta male che la sua famiglia non la riconobbe. Mi dice che quando c’è qualcosa che non va, prende l’immaginetta e prega. E tutto va a posto. Perché lui è ancora qui che li guarda e li protegge. “Marta, when you have a big pain, let it go, pray Father Ambrosoli“. Mi abbraccia ogni tre minuti, come se non potesse ancora credere di avermi davanti agli occhi, come se potessi scappare via da un momento all’altro. E io, invece, sono felice di rimanere ancora un po’ qui.

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CELEBRAZIONI DELLA SETTIMANA SANTA Uggiate

Domenica 29 marzo Domenica delle Palme, nella Passione del Signore Giornata Mondiale della Gioventù

Ore 10.15 davanti all’Oratorio nuovo: inizio della S. Messa con la benedizione dei rami di ulivo e la processione verso la chiesa

TRIDUO PASQUALE

Giovedì 2 aprile Giovedì Santo

ore 10.00 Cattedrale di Como: S. Messa crismale concelebrata dal Vescovo con tutti i sacerdoti di tutta la Diocesi

ore 20.30 S. Messa in Coena Domini: accoglienza degli Oli benedetti, lavanda dei piedi, reposizione dell’Eucaristia.

ore 21.30-21.45 Adorazione adolescenti e giovaniore 22.00-22.45 Adorazione guidata per tutta la Comunità Pastorale

Venerdì 3 aprile Venerdì Santo Giornata di astinenza e digiuno

A ronago ore 8.30 Celebrazionedell’UfficiodelleLettureedelleLodi

ore 15.00 AzioneLiturgica:LetturadellaPassione, Adorazione della Croce e S. Comunione

ore 20.30 Via Crucis dalla Chiesa Parrocchiale alla Chiesa di Somazzo

Sabato 4 aprile Sabato Santo

A ronago ore 8.30 Celebrazionedell’UfficiodelleLettureedelleLodi

ore 21.00 SolenneVegliaPasquale.LiturgiadellaLuce, LiturgiadellaParola,LiturgiaBattesimalecon celebrazioneBattesimieLiturgiaEucaristica

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Domenica 5 aprile Pasqua di Risurrezione

SS. Messe ore 7.30 Chiesa Parrocchiale ore 8.30 Trevano ore 9.00 Mulini ore 10.30 Chiesa Parrocchiale ore 16.00 Vespri solenni ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Lunedì 6 aprile Lunedì dell’Angelo

SS. Messe ore 7.30 Chiesa Parrocchiale ore 8.30 Trevano ore 9.00 Mulini ore 10.30 Chiesa Parrocchiale

CONfESSIONI IN ChIESA PARROCChIALE - UGGIATE

Lunedì30marzo dalleore9.30alleore11.30

Martedì31marzo dalleore9.30alleore11.30 dalle ore 15.00 alle ore 18.00

Mercoledì1aprile dalleore9.30alleore11.30 dalle ore 15.30 alle ore 18.00

Giovedì2aprile dalleore15.00alleore18.00

Venerdì3aprile dalleore9.00alleore11.30 dalle ore 16.30 alle ore 18.00 Sabato 4 aprile dalle ore 9.00 alle ore 11.30 dalle ore 15.00 alle ore 18.30

È inoltre possibile accostarsi al Sacramento della Penitenza prima e dopo le S. Messe dei giorni feriali, durante la Settimana Santa.

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CELEBRAZIONI DELLA SETTIMANA SANTA Ronago

Domenica 29 marzo Domenica delle Palme, nella Passione del Signore Giornata Mondiale della Gioventù

Ore 9.45 Piazzale Ambrosoli inizio della S. Messa con la benedizione dei rami di ulivo e la processione verso la chiesa

TRIDUO PASQUALE

Giovedì 2 aprile Giovedì Santo

ore 10.00 Cattedrale di Como: S. Messa crismale concelebrata dal Vescovo con i sacerdoti di tutta la Diocesi

ore 20.30 S. Messa in Coena Domini: accoglienza degli Oli benedetti, lavanda dei piedi, reposizione dell’Eucaristia.

A uggiate ore 21.30-21.45 Adorazione adolescenti e giovaniore 22.00-22.45 Adorazione guidata per tutta la Comunità Pastorale

Venerdì 3 aprile Venerdì Santo Giornata di astinenza e digiuno ore 8.30 Celebrazionedell’UfficiodelleLettureedelleLodi

ore 15.00 Azioneliturgica:LetturadellaPassione, Adorazione della Croce S. Comunione

Sabato 4 aprile Sabato Santo

ore 8.30 Celebrazionedell’UfficiodelleLettureedelleLodi

ore 21.00 SolenneVegliaPasquale.LiturgiadellaLuce, LiturgiadellaParola,LiturgiaBattesimalee LiturgiaEucaristica

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Domenica 5 aprile Pasqua di Risurrezione

ore 10.00 S. Messa, a seguire processione al Cimitero

Lunedì 6 aprile Lunedì dell’Angelo

ore 10.00 S. Messa

CONfESSIONI IN ChIESA PARROCChIALE - RONAGO

Martedì31marzo dalleore15.00alleore17.00

Venerdì3aprile dalleore9.00alleore11.00

Sabato 4 aprile dalle ore 9.00 alle ore 11.00

È inoltre possibile accostarsi al Sacramento della penitenza prima e dopo le S. Messe dei giorni feriali, durante la Settimana Santa.

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A n a g r a f e della Comunita’ pastorale

Ronago - 1 marzo 2015

Noemi Morandi di Elisa MorandiElisa Valenzisi di Domenico e Sara Monacchia

Rinati in Cristo per il dono del Battesimo

Per sempre con Dio nel suo Regno

Leonilde Roncoroni di anni 89 – Via Al Fontanino, 2 – Uggiate (30 gennaio 2015)

Ernesto Somaini di anni 96 – Via Faloppio, 1 – Uggiate (3 febbraio 2015)

Noemi Bernasconi, vedova di Arialdo Grisonidi anni 94 – Oltrona S. Mamette (3 febbraio 2015)

Adele Luppi, vedova di Santino Gallidi anni 90 – Sala Comacina (6 febbraio 2015)

Fernando Capiaghi, vedovo di Teresa Luppidi anni 94 – Via Bellaria 5 – Ronago (14 febbraio 2015)

Domenico Loffredo, coniugato con Rosa De Laurentiisdi anni 59 – Piazza Vittorio Emanuele II, 20 – Uggiate (14 febbraio 2015)

Vincenzina Carpanese, vedova di Antonio Varrasodi anni 76 – Via Serafino, 39 – Ronago (15 febbraio 2015)

Marco Valsecchi, coniugato con Eugenia Donadinidi anni 87 – Valmorea (21 febbraio 2015)

Armida Cerfoglio, vedova di Costante Andreolidi anni 102 – Via XXV Aprile, 53 – Uggiate (3 marzo 2015)

Clementina Janssen, vedova di Bruno Casolinidi anni 77 – Via Garibaldi, 14 – Uggiate (15 marzo 2015)

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Cari Parrocchiani,

la Novena di san Giuseppe si è rivelata per me una grande testimonianza di fede. In una realtà secolarizzata, come quella in cui viviamo, vedere ogni mattina più di duecento persone che sfidano sonno, intemperie e pigrizia per partecipare alla Santa Messa, a un orario inconsueto ai nostri giorni, mi ha davvero meravigliato. Mentre salivano processionalmente al mattino recitando il Santo Rosario sono risuonate ai miei orecchi le parole del testamento spirituale di un Santo Prete che ho avuto la grazia di conoscere nel mio ministero: “Siamo anello di congiunzione tra un passato ricco di fede e di tradizione e un futuro cui dobbiamo consegnare ciò che è stato tramandato”.

Noi siamo anello di congiunzione: consapevoli di avere ricevuto tanto siamo chiamati a rivitalizzare tale bene, con una vita fedele al Vangelo, per consegnarla a chi verrà dopo di noi. Mi pare che questo avvenga ininterrottamente da più di trecentocinquanta anni nella lunga tradizione della novena di San Giuseppe.

Ho avuto la grazia di raccogliere tante confessioni, e non solo durante la Novena, che mi fanno pensare a un risveglio della fede che richiede in tutti noi una grande perseveranza.

Non fermiamoci troppo a considerare le nostre miserie, impariamo a metterle davanti al Signore con una confessione frequente, e poi scorgiamo il sole che ogni giorno brilla sopra le nuvole, come diceva don Gerardo nella sua omelia, concludendo la Novena di San Giuseppe. “Avere lo sguardo capace di andare oltre la nostra fragilità per scorgere la presenza consolante di un Dio che è amore e accompagna sempre la nostra vita, è segno di una maturità di fede.” San Giuseppe, che ha custodito tesori più grandi della Chiesa, ci aiuti a restare sempre umili nel cammino della vita.

Guai, però, se queste tradizioni ricche di fede diventassero per noi motivo di orgoglio: finiremmo per vanificare gli sforzi compiuti; non dimentichiamo che la fede è un dono e prima del nostro fare c’è sempre l’azione gratuita e amorevole di Dio, che riempie i nostri cuori del suo amore. Come ha detto qualcuno: “La tradizione significa tenere vivo il fuoco, non adorare le ceneri”. Ci sostenga sempre nella nostra lotta contro il male l’intercessione potente di San Giuseppe.

Con affetto don Sandro

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SAn GIUSEPPE 2015

Mentre il Bollettino va in stampa, stiamo vivendo la festa di San Giuseppe a Uggiate Trevano. La Novena, vissuta di buon mattino mentre la notte si spegne pian piano e si accendono le prime luci del giorno, dà il

ritmo alla nostra attesa e la arricchisce di una gioia semplice, da raccontare sottovoce talmente è lieve. La preghiera del Rosario, recitato lungo la via che conduce al santuario di Somazzo, dona energia e introduce alla Santa Messa partecipata da tanti fedeli che provengono anche dai paesi vicini. Si rinnova così una tradizione antica radicata nel cuore delle nostre famiglie.

A San Giuseppe offriamo la nostra giornata e a lui volgiamo lo sguardo interiore per chiedere aiuto, rifugio, protezione, soprattutto nelle difficoltà della vita e quando i giorni bui sembrano offuscare la speranza. La fatica della salita si stempera nella gratitudine al Signore per questi giorni di fede. Bello anche partecipare alla Messa celebrata da tanti sacerdoti amici, che hanno lasciato segni di grazia tra noi: don Gianluigi Braga e don Christian Bricola nativi di Uggiate, don Michele Parolini, don Marco Nogara, don Loris Flaccadori, don Lorenzo Butti, don Roberto Secchi, don Bruno Biotto, don Gerardo Bernasconi vicari della nostra Parrocchia, don Gianluigi Vercellini, don Mario Ziviani, don Pierangelo Livio arcipreti negli anni passati, insieme ai nostri sacerdoti don Sandro e don Marco e ad altri venuti il giorno di san Giuseppe.

La festa ha il suo culmine nella giornata del 19 marzo con la messa solenne celebrata da don Sergio Bianchi e nella domenica 22, giorno della sagra. La tradizione dei vitt, portati all’altare di San Giuseppe, fa riaffiorare il sapore di riti religiosi tramandati di padre in figlio, che s’intrecciano con momenti e suggestioni di vita paesana: la presenza del Luna Park, le bancarelle lungo le vie del centro, la fiera zootecnica.

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C’ERA tAntA GEntE...

“C’era tanta gente”: è la considerazione che sempre più spesso scaturisce dai commenti alle funzioni religiose della nostra Comunità Pastorale, agli incontri e ai convegni.

Non esistono statistiche che consentano di raffrontare l’andamento attuale rispetto agli anni precedenti, ma le chiese o i saloni pieni sono un dato di fatto: le Messe festive e prefestive, le Quarantore e la Via Crucis, le riunioni con i genitori o con i ragazzi disposti a far da animatori al Grest assistono a folte presenze. E questi sono solo esempi.

Ancora: chi entra in chiesa durante la giornata, quando non sono in corso celebrazioni, non è mai solo. C’è sempre qualcun altro che prega, qualcuno che esce, qualcuno che entra anche solo per un attimo.

Nessun trionfalismo, ma solo riflessioni, in questa sede, all’insegna della cautela e del realismo. Innanzitutto, sarebbe eccessivo affermare che la fede e la preghiera sono tornate al centro della vita personale e sociale, poiché è tuttora profondo il segno di decenni di secolarismo e di negazione del Cristianesimo, accantonato come superfluo e riservato ai tradizionalisti e ai creduloni. Gli oroscopi, i maghi e la fattucchiere, le lotterie e nuovi idoli materiali hanno preso il posto di Dio, il Dio della propria giovinezza e della propria famiglia, sono cambiati gli stili di vita, la cultura, i costumi e un ritorno al passato è inverosimile.

Nel frattempo, la crisi economica, il naufragio di tante speranze affidate al denaro, all’individualismo, alla scienza e alla tecnica, la nostalgia per i valori che hanno sorretto la storia delle generazioni precedenti potrebbero aver posto interrogativi nel cuore dell’uomo: e se Dio esistesse? E se la Parola di Dio indicasse la salvezza? E se la “Buona Novella” predicata dalla Chiesa fosse davvero quella buona? E ancora: il fascino di grandi pontefici e di santi contemporanei, ma anche la testimonianza dei cristiani perseguitati potrebbero aver contribuito a ravvivare la fede che rappresenta pure le proprie radici e la propria identità. Ma la fede ha bisogno di nutrimento, di Sacramenti, di formazione e di partecipazione comunitaria: per questo, aumenta la frequenza alle funzioni religiose e ai momenti di vita spirituale e pastorale.

Tuttavia, è evidente il “vuoto” dovuto alla fascia d’età che va dall’adolescenza fino ai cinquant’anni: gli impegni di lavoro, di studio, di famiglia, la mobilità e le varie attrattive sociali sembrano allontanare giovani e giovani adulti dalle Chiese e dalle parrocchie.

“Nessuno può giudicare”, dice Papa Francesco. Ma la proposta cristiana è in continuo rinnovamento e le proposte pastorali per le diverse fasce d’età si susseguono, mentre è sempre efficace la preghiera di Charles Pèguy: “Signore, ascolto la Tua parola non solo perché è la Tua. Ma perché è la più bella di ogni parola umana”.

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IL PREvOStO MOnS. LUIGI MOjAnA

Tra le figure di spicco nella storia religiosa di Uggiate va senz’altro annove-rato il prevosto monsignor Luigi Mojana. Nato a Como nel 1812, dopo gli studi presso il Liceo “A. Volta”, entrò in Seminario Maggiore e fu ordinato

sacerdote nel 1835. Fu parroco per tredici anni a Tartano, in Valtellina, da dove fu trasfe-rito come prevosto a Uggiate, in successione a don Carlo Somaini, morto il 7 settembre 1848. Fece il suo ingresso l’11 febbraio 1849.

Tra le opere da lui promosse ci fu la ristrutturazione della casa prepositurale, ma soprattutto il completamento della chiesa settecentesca, addossata al vecchio coro della chiesa romanica mediante la costruzione del nuovo coro e della nuova sacrestia (l’at-tuale), su progetto del 1858 dell’architetto neoclassico milanese Giacomo Moraglia. La decorazione pittorica fu eseguita nel 1874 da Francesco Nicora di Castiglione, per la parte d’ornato, e da Giuseppe Carsana di Bergamo per la parte figurativa. Questi affrescò nella volta l’Assunzione, nei pennacchi gli Evangelisti e nella mezza calotta dell’abside l’Adorazione del Sacro Cuore. Tra gli adoranti ha rappresentato il papa Pio IX (ora beato) e alle sue spalle il vescovo di Como mons. Pietro Carsana. L’ultimo a sinistra, vestito in cappa magna, è lo stesso prevosto Luigi Mojana, nell’atto di scrivere su un libro. Egli, infatti, ha iniziato a scrivere la cronistoria della parrocchia, conservata in archivio.

Nel 1864 don Luigi sostituì l’effigie della Madonna del Rosario, ancora in tessuto, con l’attuale statua, opera del milanese Felice Villa. Nel 1876 fece fare il nuovo pavi-mento della chiesa in marmo bianco di Carrara, nero di Varenna e quadrelloni di Tre-vano. Nel 1879, dopo vari progetti susseguitisi dal 1851, decise l’acquisto dell’organo Bernasconi, inaugurato nel 1889, tuttora presente in chiesa. Nel 1880 ecco il portale della chiesa in granito bianco di Baveno.

Don Mojana era un fervente patriota, ma gli capitò di vivere le tensioni che carat-terizzarono i rapporti tra Chiesa e Stato negli anni immediatamente seguenti l’unità d’Italia. Tra l’altro ebbe a patire egli stesso i danni della politica anticlericale, a causa dell’incameramento dei beni ecclesiastici da parte dello Stato, compensato con una ren-dita del Debito Pubblico, i cui valori furono fortemente inflazionati.

Promosse a Uggiate l’istituzione delle Associazioni Cattoliche. Nel 1885 fu inaugu-rata la Società Cattolica Operaia di Mutua Beneficenza, in risposta alla Società Operaia di Mutuo Soccorso di stampo socialista fondata nel 1884 dal dottor Gamba. Fondò an-che la Pia Unione del Sacro Cuore di Gesù, l’Apostolato della Preghiera (1872), l’Opera

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della Santa Infanzia, (1875), il Comitato Parrocchiale (1879) per la cui inaugurazione invitò il direttore dell’Osservatore Cattolico don Davide Albertario e l’avvocato Alber-to De Mojana, collaboratore dello stesso giornale e de La Scuola Cattolica. Nel 1882 fondò il Terz’Ordine Francescano. Sostenitore dell’Opera dei Congressi, antesignana dell’Azione Cattolica, partecipò ai congressi generali o regionali, come a quello di Ve-nezia (il primo) nel 1874 e a quello di Bergamo nel 1877.

Egli era particolarmente fedele e devoto al Sommo Pontefice Pio IX, tanto che già nel 1867 andò a Roma in occasione delle celebrazioni del 18° centenario del martirio di S. Pietro. Ma non fu il solo viaggio di pellegrinaggio e di turismo compiuto da don Luigi Mojana. Già nel 1867 aveva intenzione di proseguire il viaggio da Roma a Napoli, ma dovette rientrare a Uggiate perché fu raggiunto dalla notizia che era scoppiato il colera, da cui furono contagiate a Uggiate settantadue persone (su 891 abitanti) e ne morirono ben quarantaquattro. Egli stesso ne fu colpito, ma riuscì a cavarsela.

Nel 1876 don Luigi andò pellegrino a Lourdes, non senza varie soste nelle città lun-go il percorso di andata; con puntata di quattro giorni a Parigi sulla via del ritorno, pure costellata di altre tappe turistiche. Era partito con cinquecento lire, ritornò con cinque.

Un nuovo pellegrinaggio lo portò a Roma nel febbraio 1881, quando don Luigi fece benedire dal nuovo papa Leone XIII il vessillo del Comitato Cattolico di Uggiate: ves-sillo che fu pure premiato con medaglia d’argento. Sequestrata nel 1898 da «avversari-teppisti» – come li definisce nelle sue note mons. Tam – «la preziosa bandiera fu vendu-ta in un’osteria al Prevosto di Bizzarone per poche lire». Ma il nostro don Luigi, in quel 1881 da Roma proseguì il viaggio per Napoli e Pompei, e nel ritorno fu alla Madonna di Monte Negro sopra Livorno. Portò da Roma varie reliquie. Il 30 luglio gli arrivò l’ono-rificenza pontificia di Cameriere Segreto Soprannumerario di Sua Santità, che gli valse

1. particolare della Adorazione del Sacro Cuore nella calotta del coro

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il titolo e le insegne di monsignore.Un nuovo pellegrinaggio lo portò a Roma nell’ottobre 1883, questa volta come de-

legato-rappresentante del vescovo, in nome del quale presentò al papa l’obolo offerto dalla Diocesi.

Nel 1885 il prevosto Mojana fu solennemente festeggiato in occasione del suo cin-quantesimo di sacerdozio. Le memorie da lui lasciate su questi avvenimenti sono tra-scritte nel volume storico su Uggiate Trevano e la sua pieve, in appendice al capitolo XIII.

Tra le altre notizie, egli riporta di aver osservato per primo nella sua vigna una ma-lattia crittogamica delle viti ancora sconosciuta, che egli segnalò tramite il ragionier Corbellini all’Istituto di Agricoltura di Milano. Per combatterla si cominciò allora, su suggerimento del vescovo di Biella, a usare lo zolfo. Nei nostri paesi furono indette conferenze per i contadini da parte del canonico Roncoroni, quindi si istituì una società

per organizzare la solforatura delle viti.Mons. Luigi Mojana morì il 28 giu-

gno 1888, dopo una lunga sofferenza per un carcinoma renale. «Aveva l’in-fermo manifestato più volte il deside-rio che il Signore gli facesse la grazia di poter celebrare in cielo la prossima solennità dei santi Titolari della parroc-chia». E, confortato dalla benedizione del papa, fu esaudito. Aveva 75 anni, di cui quasi quaranta di ministero a Ug-giate.

Mario Mascetti

2. Ingrandimento del ritratto di don Luigi Mojana nel dipinto in chiesa prepositurale.

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INIZIATIVA DI QuARESIMA: MENO CHAT, PIù DIALOGO

Nel periodo quaresimale che stiamo vivendo ha suscitato molto l’interesse la proposta lanciata da don Sandro, che ha invitato

tutti noi a compiere delle rinunce diverse da quelle solitamente caldeggiate per la preparazione alla Pasqua.

L’oggetto dei “fioretti”, com’è giusto che sia, va di pari passo con l’epoca che si sta vivendo e così, nell’era di Internet e dei social network, l’invito è stato quello di non essere schiavi delle mille tecnologie informatiche che ormai caratterizzano la nostra vita quotidiana.

Google, Facebook, Twitter, WhatsApp, You Tube, Wii, Play Station, Nintendo DS: sono tutte sigle, conosciute da giovani e meno giovani, che sentiamo pronunciare in tanti momenti della nostra giornata. Sono certamente divenute abituali azioni quali navigare, chattare, pubblicare foto/video/messaggi; senza contare il tempo dedicato alla “vecchia” televisione e ai videogiochi.

Tutte queste nuove “applicazioni” della nostra vita giornaliera, ovviamente, hanno il merito di permetterci possibilità che, fino a pochi anni fa, sarebbero state impensabili, come cercare rapidamente informazioni su qualsiasi oggetto di studio in una frazione di secondo, comunicare in diretta con persone che si trovano dall’altra parte del mondo (vedendone anche il volto!), scambiare rapidamente (e anche gratuitamente) informazioni con amici, colleghi e conoscenti.

Come spesso accade, tuttavia, l’abuso di uno strumento di per sé positivo può portare a situazioni paradossali, se non addirittura pericolose. Basti pensare all’utilizzo del cellulare da parte di chi è alla guida. Ci capita, così, di controllare in modo ossessivo il telefono per vedere se qualcuno ci ha scritto, di connetterci per “cambiare stato”, di “postare” quella fantastica foto di ciò che stiamo mangiando, di rispondere all’ultimo messaggio della chat: nel fare tutto ciò, con la testa china sullo schermo del nostro smartphone o sulla tastiera del PC, non ci accorgiamo di trascurare il rapporto con le persone che sono attorno a noi nello spazio fisico (e non virtuale). Nel disperato tentativo di essere “connessi” con gli altri, insomma, rischiamo, al contrario, di isolarci e d’impoverire le nostre relazioni sociali, non curandole adeguatamente. Ecco, allora, che si arriva al punto di non salutare per strada persone con cui si intrattengono fitte conversazioni telematiche, oppure di ritrovarsi in casa con tutti i propri familiari, ma nel silenzio generale, perché ognuno è occupato a scambiare messaggi per proprio conto.

La proposta quaresimale, ribattezzata “digiuno tecnologico”, ci ha pertanto invitato ad essere capaci di “disconnetterci”, in alcuni momenti, da tutti gli strumenti da cui spesso siamo dipendenti, per focalizzarci, invece, sul legame con chi ci sta vicino.

Spegnere tv, cellulari e computer, insomma, almeno nel momento della cena, per favorire un vero dialogo con i nostri familiari: una piccola rinuncia che, però, può farci riscoprire la bellezza dello stare insieme e il calore delle relazioni umane.

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SAn GREGORIO DI nAREK DOttORE DELLA CHIESA UnIvERSALE

Durante la Prima Guerra Mondiale (1914-1918) si compì nell’ex Impero Ottomano, odierna Turchia, il genocidio del popolo armeno (1915-1923), il primo del XX secolo.

La responsabilità dell’ideazione e dell’attuazione di questo spaventoso progetto s’individua nel partito dei Giovani Turchi, che pianificò e realizzò il genocidio attraverso una struttura paramilitare, l’Organizzazione Speciale (O.S.). L’obiettivo di questo partito nazionalista era quello di creare uno stato turco, sul modello delle nazioni europee nate nell’Ottocento. Gli Armeni, cristiani e indoeuropei, erano l’ostacolo più evidente da eliminare per portare a termine il sogno nazionalista di un immenso territorio abitato soltanto da turchi, linguisticamente e culturalmente omogeneo.

A cominciare dall’aprile 1915 lunghe file di uomini, donne, bambini e anziani, furono condotte a morire lungo le strade infuocate e sabbiose: vere e proprie “marce

della morte” che coinvolsero almeno 1.200.000 persone che morirono per fame, malattie, sfinimento.

Molti storici considerano questi avvenimenti una sorta di “prova generale” delle deportazioni e dello sterminio di massa messe in atto dal nazismo.

Gli Armeni vantano un’antichissima tradizione cristiana e la fondazione della loro Chiesa viene fatta risalire agli apostoli Taddeo e Bartolomeo, ma fu solo all’inizio del IV secolo con

l’opera di San Gregorio Illuminatore e la conversione del re Tiridate III, che si portò a compimento la cristianizzazione di tutta la nazione armena.

Religione e cultura furono i segni distintivi degli Armeni, che vissero per secoli sotto la dominazione straniera.

Nella vicenda tragica del genocidio armeno ciò che colpisce non è solo l’entità dei morti, ma l’ostinazione con la quale la Turchia, ancora oggi, non lo voglia riconoscere. Ancora oggi parlare del genocidio degli Armeni è considerato un reato, un attentato all’unità nazionale. Molti intellettuali e letterati per averlo fatto hanno dovuto subire processi e condanne, alcuni sono stati costretti l’esilio. Lo stesso Pamuk, premio nobel per la letteratura, ha avuto problemi per questo motivo. Sarà molto importante su questo tema l’atteggiamento che terrà la comunità internazionale.

In occasione del centenario che proprio quest’anno si celebra, Papa Francesco ha annunciato che celebrerà una messa nella basilica di San Pietro il 12 aprile prossimo.

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Un gesto importante, anche simbolicamente, perché proclama dinanzi al mondo intero che non è più possibile mettere in dubbio, tacere, ignorare questa tragica realtà, e che i genocidi, le persecuzioni, per motivi razziali, religiosi, etnici, non sono un semplice retaggio del passato, ma storia contemporanea, cronaca di cui si riempiono quotidianamente i nostri occhi.

E un altro gesto significativo è stata la decisione, da parte del Pontefice, di proclamare san Gregorio di Narek Dottore della Chiesa Universale.

San Gregorio nacque molto probabilmente nel 950 nel piccolo villaggio di Narek in Armenia, da una famiglia di scrittori. Morta la madre, mentre Gregorio era ancora in tenera età, suo padre Khosrov, lo affidò insieme al fratello Giovanni alla cugina Anania di Narek, fondatrice della scuola e del villaggio.

Ben presto fu ordinato sacerdote e divenne abate del monastero, dove condusse una vita piena di umiltà e carità, impregnata di lavoro e di preghiera, animato da un ardente amore per Cristo e la sua Madre Santissima. Gregorio fu un insigne teologo e uno dei più importanti poeti della letteratura armena. Tra le sue opere si annoverano un Commentario al Cantico dei Cantici, numerosi panegerici e una raccolta di novantacinque preghiere in forma poetica dette “Narek”, dal nome del monastero in cui visse. Morì verso l’anno 1010 e venne sepolto nello stesso monastero. La sua tomba fu meta di pellegrinaggi sino ai tempi dei massacri perpetrati dai Turchi.

Gregorio fu grande devoto della Vergine, e secondo la tradizione Maria gli sarebbe anche apparsa. Egli la cantò con accenti ispirati. Tra le sue composizioni sono degne di nota il “Discorso panegirico alla Beata Vergine Maria” e la Preghiera 80 intitolata “Dal fondo del cuore, colloquio con la Madre di Dio”. Nel Discorso Gregorio approfondì la dottrina dell’Incarnazione, mentre nella Preghiera 80 il santo, afflitto da molte preoccupazioni, espresse con amore ardente, la certezza di essere aiutato dalla Madre di Dio.

Mentre la Chiesa Armena lo annovera già tra i Dottori, la Chiesa latina ne riconobbe presto la santità definendolo “insigne per la dottrina, gli scritti e la scienza mistica”, come recita il Martirologio Romano ricordandolo al 27 febbraio.

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gruppo appoggio missionario Gam.Ronago@Gmail .com

uN pONTE D’AMOrE CON l’AFrICA G.A.M.

Carissimi amici del GAM, come ogni anno rendiamo

conto del denaro da voi dona-to, tramite il GAM, ai missio-nari amici della nostra parroc-chia da molti anni.

Ringraziamo tutti coloro che con amore e determinazione conti-nuano il loro appoggio, aderendo alle iniziative proposte. Quest’anno poi abbiamo avuto la gioia di avere tra noi padre Philip e suor Amelia, di far loro festa, di ascoltare e vedere le immagini delle le loro esperienze. Essi hanno ringraziato tutti noi di persona. Prima di Natale, è arrivato il “Grazie” dalla Fondazione per l’ospedale di Kalongo che come sapete fu realizzato da padre Giuseppe Ambrosoli.

Antonietta e Rosanna

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FESTA DEL PERDONO: i pensieri dei nostri bambini

Sabato 14 e domenica 15 marzo i bambini di terza elementare, insieme ai loro genitori, ai sacerdoti e alle catechiste, hanno vissuto con gioia la Festa del Perdono, accostandosi per la prima volta al Sacramento della Riconciliazione. Alcuni loro semplici pensieri aiutano a comprendere l’emozione e la bellezza d’incontrare Gesù, che perdona e abbraccia teneramente i suoi figli.

Io domenica ero commosso.

Mi sono sentito importante come un re e anche felicissimo!

Ho provato fiducia in Gesù perché ho potuto raccontare le mie cose al sacerdote. In questo caso era come parlare con Gesù.

Ho provato emozione e felicità. Mi è piaciuto accendere le candeline, dire la preghiera “O Gesù d’amore acceso” e recitare l’Ave Maria vicino alla Madre di Gesù.

Quando sono andata a confessarmi ho sentito tante sensazioni: paura, emozione, felicità, un po’ di brividi.

Dopo la confessione mi sono sentito diverso.

In quel momento mi sono sentito bene.

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VERSO IL MOLO 14 - IL “BAZAR DEL PORTO”

I ragazzi di terza media della nostra Comunità Pastorale, con le loro catechiste, si stanno preparando a vivere una giornata importante del loro cammino di fede: il “MOLO 14”. Il 3 maggio, infatti, s’imbarcheranno al molo di Como sul battello

che li porterà a Bellagio, dove avverrà l’incontro di tutti i quattordicenni, o aspiranti tali, delle nostra Diocesi con il loro “Capitano”, il Vescovo Diego. Questa giornata di festa rende visibile il cammino comune di tutta la nostra Diocesi: il molo 14 è occasione per scoprire che siamo Chiesa, famiglia dei figli di Dio. Una Chiesa che non è solo parrocchiale, ma che oltrepassa i confini per riscoprirsi in quella più ampia della Diocesi.

Per salpare, sarà necessario approntare un equipaggio che sia in grado di navigare; ognuno dovrà dare il proprio contributo perché la barca giunga sana e salva alla meta. Così, ogni ragazzo, riflettendo sulle sue doti e risorse, ha individuato il ruolo che più assomiglia alla sua personalità. Cuochi, mozzi, marinai, carpentieri, rematori, nostromi, vedette, timonieri, segnalatori e cambusieri metteranno in comune le loro risorse per farle diventare quelle del gruppo e la nave sarà così pronta in tempo per la partenza.

Una prima tappa, vissuta con i 14enni della nostra zona, è stato il “BAZAR DEL PORTO” che si è tenuto sabato 14 marzo a Cagno. Preparazione della bandiera, giochi divisi in ruoli, momenti di preghiera, merenda e shopping per acquistare ciò che potrebbe essere necessario alla navigazione, hanno fatto gustare ai nostri due equipaggi, quello di Ronago e quello di Uggiate, già il sapore di una piccola festa in previsione di quella più grande dell’ IMBARCO AL MOLO 14.

Queste alcune impressioni dei nostri ragazzi al termine del pomeriggio:

“É stato molto bello il lavoro divisi in ruoli e fare lo shopping è stato suggestivo.”“É stata un’esperienza molto interessante e divertente soprattutto perché ho

conosciuto ragazzi e ragazze di altre parrocchie. Il gioco è stato carino, anche se non sono brava nei puzzle.”

“É stato bello fare shopping e tutte le altre attività insieme ai ragazzi delle altre parrocchie.”

“Mi sono divertita molto, soprattutto con il gioco fatto all’inizio divisi in ruoli.”“É stata una giornata bella e divertente. Piacevole giocare, condividere e conoscere

ragazzi di altri paesi.”“É stato bello e divertente. Proprio una

bella esperienza”.Ora i

“ W A T A N K A RONAGO” e i “PIRATI URUK” sono carichi e gasati per continuare nella preparazione al MOLO14 sostenuti dalla loro comunità e sospinti dalla forza dello Spirito Santo.

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nOn DI SOLO PAnE vIvE L’UOMO

Il cibo: è il tema di Expo, l’Esposizione Universale, che tra poche settimane si aprirà a Milano, e che richiamerà milioni di visitatori da tutto il mondo.

Oltre centotrenta i Paesi partecipanti a un’edizione che non vuole essere solo la vetrina mondiale dedicata a “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Ma vuole anche mettere in evidenza le grandi contraddizioni del nostro tempo, i centottanta chili di alimenti gettati in pattumiera ogni anno da ciascun cittadino europeo e le venticinquemila persone che ogni giorno nel mondo muoiono per fame; il grido dei poveri e l’indifferenza dei ricchi; le disuguaglianze di reddito e di accesso alle risorse, l’ “economia che uccide”, come ha detto Papa Francesco, il rapporto malato con il Creato, con le creature e fra le creature.

Per risanare queste contraddizioni, la Chiesa Universale e tutte le sue articolazioni, le Diocesi, le Parrocchie, i fedeli in forma singola o associata, sono impegnate da sempre e anche nella nostra Comunità Pastorale non sono mai mancate, né mancano, le iniziative di solidarietà e di condivisione. Il “pane spezzato” con i fratelli vicini e lontani fa parte del cuore solidale della nostra gente ed è frutto della nostra fibra capace di sacrifici e di quei comportamenti sobri richiamati da sempre e tuttora dai nostri parroci e dai nostri catechisti, sulla scia degli esempi trasmessi da generazioni che non hanno mai considerato il cibo una merce, ma piuttosto, incontro e condivisione, dono di Dio, ricompensa della fatica. Vivevano nel bisogno e lo stato di necessità insegnava che “abbiamo bisogno di altro e di altri per vivere”, come ha detto il biblista milanese Luca Moscatelli, in un convegno per la Giornata del Ringraziamento del novembre scorso. Nel loro piccolo, chine sui campi, rispettose dei ritmi della natura, attente alle regole ecologiche e all’aiuto umano reciproco, intere generazioni sul nostro territorio ci hanno insegnato come nutrire il pianeta: è il patrimonio della nostra Comunità e potrebbe portare un contributo ai dibattiti oggi in corso sugli equilibri sconvolti della Terra.

In occasione di Expo, la Chiesa rilancia la sfida, per promuovere un modello di sviluppo integrale per tutta l’umanità, poiché non è più accettabile che una persona su otto nel mondo sia malnutrita e l’obesità sia raddoppiata nel restante venti per cento della popolazione mondiale. Non è più accettabile lo spreco di beni, a cominciare dal suolo e dall’acqua. E già la Costituzione Gaudium e Spes del Concilio Vaticano II sollevava lo scandalo della rapina del Creato, di cui tutti sono responsabili. Del Creato, fanno parte l’essere umano e la società, rapinate dalla corruzione, dall’evasione fiscale, dalla criminalità, dall’accumulo di risorse sottratte ai poveri, dalla mancanza di dignità e di lavoro. Il Papa, i Vescovi, i sacerdoti ricordano ogni giorno che non di solo pane vive l’uomo.

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LA vIA LUCIS“Egli è la luce del mondo” (Gv. 8, 12)

La Via Lucis, dal latino, Via della Luce, costituisce il seguito e allo stesso tem-po il culmine della tradizionale Via Crucis. Mentre quest’ultima rievoca in quattordici stazioni i momenti dolorosi della Passione di Cristo dalla sua con-

danna a morte fino alla deposizione nel sepolcro, la Via Lucis commemora in quattordi-ci “glorie” i momenti gloriosi dalla Resurrezione di Gesù fino all’Assunzione di Maria in Cielo: 1. Gesù risorge da morte, 2. I discepoli trovano il sepolcro vuoto, 3. Gesù si manifesta alla Maddalena, 4. Gesù in cammino con i discepoli di Emmaus, 5. Gesù si manifesta allo spezzar del pane, 6. Gesù si mostra vivo ai discepoli, 7. Gesù dà ai di-scepoli il potere di rimettere i peccati, 8. Gesù conferma la fede di Tommaso, 9. Gesù si mostra ai discepoli sul lago di Tiberiade , 10. Gesù conferisce il primato a Pietro, 11. Gesù affida ai discepoli la missione universale, 12. Gesù sale al cielo, 13. Gesù manda ai suoi discepoli lo Spirito Santo, 14. Maria è assunta in Cielo.

Sul colle di Drezzo possono essere percorse entrambe: la Via Crucis si inerpica sulla strada acciottolata che dal parcheggio sale alla chiesa: le croci in me-tallo scandiscono le rispettive stazioni. La Via Lucis invece – voluta da don Giovanni Valassi-na, parroco di Drezzo dal 1988 al 2009 e scomparso nel 2010 e donata dal professor Dome-nico Discacciati nel 1998 – si snoda nel bosco, in un percorso che riunisce arte e natura: ogni stazione gloriosa è caratterizza-ta da una formella in ceramica dipinta su cui è raffigurato oppure evocato con forme astratte il momento del percorso. Applicate su un supporto in vetro trasparente, le formelle sembrano essere sospese nello spazio, accentuando così la forte spiritualità dell’evento rappresentato. Fa eccezione l’ultima stazione, l’Assunzione di Maria: perfetto coro-namento di questa Via Lucis, la formella è applicata sulla parete della sagrestia del santuario, dedicato appunto a Maria Assunta. La didascalia scolpita sul cippo in pietra in questa stazione recita: “… Assunta in cielo trionfa con Cristo”.

Citazioni evangeliche e riflessioni invitano alla preghiera e alla meditazione in ogni stazione.

“Nel percorso della Via Lucis i fedeli sono invitati a ricordare il momento centrale della loro fede – la Resurrezione di Cristo – e la loro condizione di discepoli che nel Battesimo, sacramento pasquale, sono passati dalle tenebre del peccato alla luce della grazia”.

La partenza della Via Lucis si trova sotto il santuario, al termine del terrazzo erboso su cui ad agosto venivano allestiti fino a qualche anno fa i tavoli della sagra.

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pastorale GiovanileIL CANTIERE & LE STELLE:

XIv COnvEGnO nAzIOnALE DI PAStORALE GIOvAnILE

Brindisi, 9-12 febbraio 2015

Da Genova 2014 a Brindisi 2015, un viaggio di circa mille km per passare da “Tra Porto e Orizzonte” a “Il cantiere & le stelle”. Al centro di questo quattordicesimo convegno, le pratiche della progettazione educativa. L’oc-

casione è stata duplice: da una parte è stato un modo per verificare i vent’anni di vita del Servizio Nazionale di pastorale giovanile che ha generato la stabilità e strutturazione dei servizi diocesani, dall’altra si è valorizzato il decennio che la Chiesa Italiana ha voluto dedicare all’educazione. Questo giustifica i due grandi poli attorno ai quali si è mosso il percorso: il tema della cura e della dedizione sempre da tener vivo, e il tema del “can-tiere di lavoro”, ossia il desiderio e la volontà di avere punti di riferimento e direzioni, un aspetto più rivolto alle “tecniche”. Educare richiedere competenze che vanno fatte crescere dentro la comunità cristiana. è infatti frequente la domanda nelle nostre realtà: “Dove vado a prendere gli educatori?”. Il punto di arrivo dovrebbe essere quello di ri-conoscere le risorse presenti nei territori e nelle realtà ecclesiali per farli crescere ogni giorno di più. A tale proposito, un intervento particolarmente interessante e perfetto per approfondire l’argomento è stato “Educare, una faccenda di comunità”.

“Per educare un figlio ci vuole un villaggio”. L’espressione resa celebre da Papa Francesco può essere letta in due direzioni: non esiste educazione senza comunità e al di fuori della comunità; non esiste comunità che possa chiamarsi fuori dal compito educativo”. Così ha esordito il neo vescovo S.E. Mons. Paolo Giulietti, parlando di educazione come una “faccenda” che interroga l’intera comunità cristiana. Continua a esserci un certo “parallelismo” tra PG e comunità, tuttavia cresce la fatica di comunicare con le diverse generazioni e da quest’ultima derivano le esperienze di coinvolgimento e di collaborazione con le altre agenzie educative locali. Il “villaggio” è dunque l’insieme dei soggetti presenti sul territorio che interagiscono con il mondo giovanile e da cui de-rivano difficoltà di collaborazione e integrazione, che possono essere affrontate a partire da alcuni punti comuni:

• I figli sono un dono prezioso per tutti, al di là di ogni differenza, condividiamo lo stesso interesse per la loro educazione e le stesse preoccupazione per l’esito dei loro percorsi di crescita

• nessuna agenzia è capace da sola di conseguire i propri obiettivi, se davvero scommette sull’educazione, la sinergia è una necessità

• non basta far quadrato contro alcuni “nemici comuni” ( dipendenze, media, …) occorre progettare insieme con coraggio.

• “Dinanzi a tali sfide, un compito centrale e costitutivo dell’educatore – ha detto Giulietti - appare sempre più quello di un costruttore di ponti: avvicinare i gio-vani al mondo adulto, conducendoli a divenirne partecipi; aiutare la comunità adulta a farsi accogliente e attiva verso i giovani.”

Inoltre inizia, a chiusura del Convegno Nazionale di Pastorale Giovanile, il conto alla rovescia verso la GMG di Cracovia 2016.

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Auguri pasquali...DALLE HAwAII

Carissimi amici che leggete le Campane di Uggiate e di Ronago, anche se sono molto lontano e via dal paese ormai da quarantacinque anni, penso spesso a due

realtà dei nostri paesi, che mi sono a cuore: la casa dei miei nonni di Ronco dove mio papà Secondo di Uggiate s’innamorò della Angelina, la mia mamma, e le campane della chiesa di Uggiate, il cui suono mi ricorda tutti i cari della mia famiglia, gli amici che ci han preceduto e voi, che mi siete vicini da tanti anni con la vostra amicizia, pazienza e comprensione.

Sono pensieri che mi vengono in mente spesso quando mi siedo, dopo il lavoro, sotto le piante di mango, nel silenzio della campagna, dopo che tutti i bambini, (sono seicento che vengono a curare la terra ogni settimana) i genitori, gli amici, i visitatori se ne sono andati. Mi vengono in mente tanti ricordi, le persone che ho incontrato sulla strada. Mi preoccupo di come fare a tirare avanti la baracca e rifletto sulla mia vita e su quello che succede nel mondo.

In queste settimane passate il mio pensiero è stato sempre rivolto alle notizie così scoraggianti che leggo sul giornale o che vedo in televisione.

Così tanto odio, migliaia di morti, guerre senza senso. Bambini che vengono uccisi o usati come carnefici. Quante lacrime, quante sofferenze. Situazioni che non sono lon-tane da noi e che ci spezzano il cuore. Mi sento anche impotente di fronte alle storie che ci raccontano i nostri bambini. Storie tristi delle loro famiglie, violenze e di profondo dolore.

Ogni volta però, quando mi sento così, succedono cose belle che mi ridanno speran-za.

L’altro giorno piantavamo il taro – una pianta speciale polinesiana – con i bambini di quarta. Prima di piantare chiesi loro se erano contenti di essere qui, nella farm. All’ unisono tutti dissero: ”Sìììììì”

Sottovoce chiesi loro perché erano contenti. Una ragazza timidamente alzò la mano e disse: “Perché qui trovo tanta pace e tanta gioia”. Gli altri ascoltavano in profondo silenzio. Questo vecchio dovette trattenere le lacrime per la commozione. Pensavo che in fondo, con l’aiuto di tanti amici, forse siamo riusciti a creare un posto dove chi viene trova un po’ di pace e un pizzico di gioia.

Che bello!

Mi sono sempre domandato che cosa voglia dire “Auguri di Buona Pasqua”. Forse vuol dire impegnarsi e far “risorgere” la speranza nei cuori di chi ci sta vicino con semplici gesti di amore e di compassione. Piccoli gesti che illuminano di calore la notte della disperazione, della sofferenza e della povertà.

Buona Pasqua!Aloha e arrivederci a prestocon affetto

gigi e Judy

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MIRACOLI DI BONTA’...

Tonmoe Simsong è un ragazzo di dodici anni, molto buono, ma che non riesce a parlare bene e a farsi capire, pur dando prova di intelligenza. Due anni fa si è

perso e non è stato più trovato, nonostante le ricerche fatte dai famigliari per tanti mesi, presso parenti e amici, e un po’ dovunque.

Una settimana fa è stata pubblicata una sua foto su un giornale locale e i suoi fami-

gliari l’hanno riconosciuto e sono andati a prenderlo in Sylhet, una regione lontana da Dhaka duecento Km: come vi sia arrivato, come e dove sia vissuto per due anni, lui non sa spiegarlo, ma è stato felicissimo di riabbracciare la mamma (a destra nella foto) e tut-ti i suoi famigliari. Nella foto anche il momento dei saluti e dell’addio alle persone che l’hanno accolto come un figlio. Le sue condizioni fisiche sono buone: vuol dire che ha incontrato gente buona che l’ha accolto e curato, fino a quando un commerciante del po-sto, ha avuto l’idea di pubblicare la sua foto sui giornali, alla ricerca dei suoi famigliari.

Tonmoe e’ un ragazzo cristiano, di etnia Garo, ed e’ vissuto per due anni, accolto

e curato, in una zona mussulmana. Noi che viviamo in un paese al novanta per cento mussulmano, in cui i cristiani sono una piccola minoranza (cinquecentomila su cento-sessanta milioni), possiamo testimoniare che ci sono ovunque persone buone e di fede. Tutte le cose terribili che sentiamo sul terrorismo, sono di una minoranza fanatica, che usa la religione per scopi politici e che colpisce e fa soffrire per primi, i propri fratelli nella fede...

“fa piu’ rumore un albero che cade,che una foresta che cresce...” dice un proverbio orientale Il male del mondo fa un grande rumore, am-

plificato a dismisura dalla TV e da Internet, e talvolta restiamo attoniti e siamo tentati di sco-raggiarci... mentre il bene è silenzioso e quasi invisibile, ma è ovunque, e molto, ma molto più grande... se no il mondo sarebbe finito già da un pezzo...

La Pasqua è il messaggio della vittoria di

Gesù sul male e sulla morte. Lui solo può rav-vivare la nostra speranza nel futuro e la nostra fiducia nella bontà, che sempre abita nel cuo-re dell’uomo, perché ce l’ha messa il Signore, quando l’ha creato a sua immagine...

Buona Pasqua a tutti nel Signore Risorto.Una preghiera di cuore.

p.Quirico

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Animatori + Oratorio = AnIMAtORIO

“Perché essere animatori d’oratorio non è la stessa cosache fare gli animatori per un villaggio turistico”

A compendio delle esperienze maturate in questi mesi invernali durante le aper-ture domenicali dei nostri oratori e in preparazione all’animazione dell’esta-te, i giovani delle superiori sono invitati a partecipare al corso per animatori

d’oratorio “Animatorio+”. Il percorso, ideato con una serie di incontri che durerà fino all’inizio del Grest, rappresenta un banco prova decisivo verso il raggiungimento di un obiettivo semplice ma ambizioso: “costruire un gruppo di animatori d’oratorio”.

Costruire un gruppoIl primo passo è la creazione di un gruppo. Come si fa? Semplice: si chiama un po’

di gente, chiedendo di venire al tal giorno, alla tal ora per svolgere una determinata mansione.

Tuttavia ciò non basta. Magari potrebbe funzionare per la prima volta ma già dalla seconda ci si troverebbe in seria difficoltà. Ciò che invece è fondamentale è la trasmis-sione del valore di ciò che si fa: se quelle persone non riescono a cogliere le motivazioni della chiamata e l’importanza della missione che si vuole loro affidare, sarà durissima formare un gruppo.

Proprio con questo spirito è stato già raggiunto un primo incoraggiante risultato: su più di una decina di domeniche in cui sono stati proposti giochi nei nostri oratori, sono state più unici che rari gli episodi in cui non si sia visto un animatore in tutto il pome-riggio.

Costruire un gruppo di animatori d’oratorio Il passaggio da un gruppo di persone qualsiasi a un gruppo di animatori è facile.

Quello da un gruppo di animatori a un gruppo di animatori d’oratorio, un po’ meno. “Ma dai… non farmi ridere! Che differenza c’è tra le due cose? Se uno è in grado di fare l’animatore lo fa in oratorio come in qualsiasi altro posto…”.

E invece no. Innanzitutto: un animatore d’oratorio non solo “fa” l’animatore bensì “è” un anima-

tore. In che senso? Un animatore d’oratorio è innanzitutto un cristiano; di conseguenza dai comportamenti di un animatore d’oratorio dovrà necessariamente trasparire il più possibile lo stile di Gesù, non solo nelle grandi cose ma soprattutto nei dettagli. Ecco perché non ha senso definirsi animatori d’oratorio se poi si sceglie di rinunciare a vivere da cristiani.

Ed è proprio questo il motivo per cui un animatore di un villaggio turistico e un ani-matore d’oratorio sono entrambe brave persone, ma il secondo ha una “+” in più, ossia un segno della croce che porta sempre con sé. Qualche suggerimento a livello pratico? Venite al corso e vedrete!

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InCOntRO COn DOn GIUStO

Il giorno giovedì 15 gennaio a Ronago si è tenuto un incontro con don Giusto, parroco e dirigente della casa di accoglienza a Rebbio, insieme a sei ragazzi accolti dal don, i quali hanno contribuito a spiegare il perché di questo progetto di accoglienza. Erano presenti circa cinquanta persone, tra cui molti ragazzi, che hanno seguito in modo interessato. Dopo una breve introduzione del parroco, la serata si é strutturata principalmente sui racconti dei giovani ‘stranieri’, cosi chiamati solamente per le loro diverse nazionalità. Questi giovani hanno raccontato la loro vita e ascoltandole una ad una mi sono ritenuta davvero fortunata per essere nata in un Paese come il mio, l’Italia, e penso di non essere stata l’unica. La storia che più mi ha colpito é stata quella di un ragazzo ganese diciassettene che, dopo aver passato tre giorni senza bere né mangiare e, dopo aver perso il suo migliore amico nel viaggio verso l’Italia, era ancora lì, in mezzo a noi, a raccontare la tragica esperienza immersa in una nota di dolore. Io, pur avendo la sua stessa età, non so nemmeno cosa voglia dire stare senza cibo e soprattutto perdere il mio migliore amico in un viaggio per fuggire da un Paese in guerra. Queste persone per arrivare nel nostro Paese hanno dovuto subire molte sofferenze ed è questa la dimostrazione che nella vita per “voler l’arcobaleno bisogna saper sopportare la pioggia.”

GIORnAtA DEL MALAtO 2015

“Io ero occhio per il cieco e piede per lo zoppo” (Gb 29,15). Sono queste le parole scelte da Papa Francesco in occasione della Giornata del Malato 2015, vissuta anche dalla nostra Comunità Pastorale mercoledì 11 febbraio con un incontro di preghiera, al quale hanno partecipato numerose persone anziane e i loro familiari.

La recita del Santo Rosario ha scandito la prima parte di questo momento, affidando all’intercessione di Maria i malati e chi si prende cura di loro. La preghiera è continuata in atteggiamento di adorazione verso l’unica fonte di vita e di salvezza: Gesù, presente nel volto dei fratelli che incontriamo nel cammino di ogni giorno, così come ci insegna il Buon Samaritano nella pagina di Vangelo, letta e meditata davanti all’Eucaristia esposta sull’altare.

L’olio santo con cui sono state poi segnate le mani di molti presenti e la Comunione Eucaristica siano sempre la forza per affrontare i momenti di prova e di sofferenza, certi della benedizione di Do in ogni stagione della vita, secondo le parole della preghiera proclamata insieme alla fine di questo incontro: “ Ti preghiamo, Padre Santo, benedici tuoi figli che ricorrono a te; dona a chi sta accanto ai malati occhi nuovi per scorgere il tuo volto e fa’ che possiamo giungere a vedere faccia a faccia il Volto di Dio, bellezza senza fine. Amen.”

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SAntE QUARAntORE A UGGIAtE

La Parrocchia di Uggiate ha vissuto con intensità le Sante Quarantore, ricevendo doni di grazia dalla presenza dei sacerdoti e delle suore, che hanno predicato alle Sante Messe e guidato gli incontri di preghiera. Una particolare gioia è stata per tutti noi incontrare suor Mariagrazia Girola, delle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento. Sentirsi accompagnare nella preghiera a Gesù Eucaristia dalla sua voce amica ci ha commossi e ci ha fatto riflettere sul dono di chi, in umiltà, consacra la vita al Signore. Le adorazioni, che si sono succedute nel corso delle Giornate Eucaristiche, hanno raccolto in chiesa numerose persone di diverse età che hanno donato un po’ del loro tempo per contemplare il Pane della Vita. E proprio in segno di questo gesto d’amore, al termine dell’Adorazione delle Famiglie, a ognuno è stato offerto un piccolo pane da portare a casa nel ricordo dell’esistenza che si dona e si spezza per la gioia del mondo.

COn LO SGUARDO ALLA CROCE

Nel tempo di Quaresima, ogni venerdì la nostra Comunità si è riunita in preghiera ai piedi della croce, compiendo il pio esercizio della Via Crucis nelle chiese parrocchiali e in alcune zone di Ronago e di Uggiate-Trevano: dalla chiesa di Ronago a Ronaghino, nella zona della Croce Rossa a Uggiate, dalla casa di suor Tomasina Pozzi fino alla chiesa dei Mulini, dalla Casa Anziani al Santuario di Somazzo, a Trevano Inferiore in via I Maggio. Molte persone hanno avuto l’occasione di ripercorrere, passo dopo passo, il cammino di Gesù nelle ultime ore della sua vita e di sostare ai piedi della croce proprio come fece Maria, sua madre. Siamo certi che queste esperienze di preghiera “in cammino” e di vicinanza al Signore rendano più ricca la fede della nostra Comunità e ci avvicinino al Signore. Gesù è il centro della nostra unità, guardando a Lui insieme diventiamo fratelli e rinnoviamo la nostra speranza. Ringraziamo quanti hanno preparato ogni Via Crucis, animando la preghiera: i catechisti, le famiglie, i confratelli, i giovani. Un grazie anche a chi, lungo le vie, ha posto un segno di devozione, un lumino, un fiore per accogliere con fede il passaggio di Gesù.

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vIA CRUCIS vIvEntE

Parlando di Via Crucis, va segnalata una nuova esperienza che si è voluta vivere in questo tempo di Quaresima nella nostra Comunità Pastorale: la preparazione della Via Crucis Vivente, che prevede un lungo itinerario da Ronago a Trevano Superiore. Quando uscirà questo numero del Bollettino, sarà già stata vissuta nella sua completezza. Attualmente, stiamo realizzando le ultime prove. Sono anch’esse momenti importanti di preghiera e di conoscenza del Vangelo di Gesù. Partecipano alla sacra rappresentazione persone di diverse età. Daremo il resoconto di quanto avvenuto più avanti; sin da ora, tuttavia, desideriamo esprimere la nostra gratitudine al giovane Alessandro Savio, che ha voluto condividere con noi questo evento di fede da lui già sperimentato nella Parrocchia di Lora. Iniziare non è stato facile. Certamente la novità dell’iniziativa ha creato qualche fatica in più; man mano che passava il tempo nuove persone si sono interessate e hanno chiesto di poter dare una mano nell’organizzazione, nella preparazione dei costumi e delle scene, nella scelta dei testi da proporre.

COn GRAtItUDInE... DAL SEMInARIO

Caro don Sandro,a nome della Comunità del Seminario, ti ringrazio di vero cuore per la generosa

offerta che, per mezzo di don Marco Cairoli, ci hai fatto pervenire quale contributo della Comunità Pastorale all’annuale Giornata del Seminario.

Ti chiedo di ringraziare, a nome di tutti noi, le comunità che il Signore ha affidato alla tua cura pastorale.

don Ivan

BENEDIZIONE PASQuALE DELLA FAMIGLIA

Nella nostra Comunità è iniziata la Benedizione Pasquale delle famiglie: è una tradizione molto antica nella Chiesa e ha come scopo di far irrompere nella famiglia la forza di Gesù Risorto, vittorioso sulla morte e sul male. La benedizione viene da Dio e a lui ritorna: si benedice lui per le persone, frutto del suo Amore. L’aspersione con l’acqua benedetta è ricordo del Battesimo e segno di vita. Ciò che allontana il male dalle nostre case è proprio la vita buona e serena delle persone che si mantengono unite al Signore, a Maria Santissima, la Vergine Immacolata, Madre di Dio, ai Santi. Soggetto primario della benedizione, quindi, non sono le “cose” ma la famiglia: sono le persone “santificate” che portano benedizione con la loro presenza. Ogni battezzato è consacrato a Dio e per questo porta in sé la forza del Risorto, che lo chiama a santificare i luoghi in cui vive con la sua presenza.

La benedizione è un momento d’incontro in un dialogo che vuol essere un segno di Dio. Per il sacerdote è un compito essenziale e necessario, non solo per incontrare gli anziani e i malati, che non escono mai, ma per conoscere persone che non ci sarebbe modo di vedere in nessun altro ambiente o occasione, e per aprire un rapporto personale, vero, per quanto fugace.

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SAntA vALERIA A SORMAnO

Proseguiamo il nostro pel-legrinaggio, seguendo il cammino di fede traccia-

to dai nostri padri. Nello scorrere del tempo hanno dedicato chiese e oratori a santi e a sante da lasciare come testimonianza in atto di de-vozione e pietà.

Seguendo questo itinerario spi-rituale giungiamo a Caglio. Situa-to in posizione elevata all’ombra del monte Palanzone, tra i luoghi pittoreschi della Vallassina, è con-siderato uno tra i più interessanti e

suggestivi paesi del Triangolo Lariano per l’amena posizione e per i suoi angoli caratteristici.

L’antica chiesetta di Santa Valeria e San Vitale si trova nel territorio di Sormano, ma dal punto di vista religioso dipende sin dalle origini dalla parrocchia di Caglio. è stata la prima chiesa parrocchiale sostituita poi da quella dei Santi Gervasio e Protasio, situata al centro del paese. Santa Valeria è l’unica, tra le chiese medioevali della valle, ad avere la pianta a forma di croce greca. Alcuni studiosi ritengono che sia il primo edificio sa-cro della Vallassina. Dal 1974, la chiesa è inglobata nel parco della novecentesca Villa Giuliani. L’esterno dell’oratorio ha mantenuto il semplice aspetto originario a pietra a vista. L’antica porta di accesso alla chiesetta era rivolta verso la montagna, oggi vi si accede dall’estremità del braccio destro. Dalla parte opposta si eleva la torre campana-ria: fu costruita in seguito, su ordine di San Carlo Borromeo, in occasione di una visita pastorale, in cui donò la campana tuttora esistente.

Come detto sopra, si accede all’edificio dal braccio destro. Qui è conservata un’anti-ca testimonianza dell’arte medievale: il riquadro raffigurante la Madonna del Latte con Santa Valeria e i due figli Gervaso e Protaso, realizzato nel 1371.

Oggi è l’unico affresco esistente nell’oratorio ma un antico documento ricorda che il vano destro era completamente coperto di affreschi molto rovinati. Durante i lavori di restauro del 1899, fu salvato dall’intonacatura solo il riquadro citato, cui la popolazione del luogo è da sempre legata.

Una nota storica relativa alla chiesa è riferita al 1971. Tra i mesi di luglio e agosto San Josemaria Escrivà con alcuni membri dell’Opus Dei affittò nella Parrocchia di Ca-glio una villa per trascorrervi qualche settimana (l’attuale Villa Giuliani).

A Caglio San Josemaria andò per riposare, dedicandosi allo studio di una parte della Bibbia: i cinque libri del Pentateuco. Sicuramente egli avrà pregato e celebrato Messa nell’oratorio annesso alla villa.

Per arrivare alla chiesa si giunge a Caglio, si prosegue in direzione di Sormano fino a incrociare sulla sinistra via Santa Valeria, qui troviamo posti auto per parcheggiare. Si continua a piedi prima, su strada di campagna poi su prato, e si arriva quindi alla recin-zione, entro alla quale vediamo l’edificio religioso.

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Card. MartiniÈ IL SIGnORE! QUEStA È LA nOStRA FEDE!Edizioni Dialogo

Con il suo stile inconfondibile, il cardinal Martini guida i lettori alla scoperta del senso profondo dell’esistenza, rispondendo alle domande: “Che cosa cerco? Che cosa desidero? Che cosa voglio fare della mia vita?”. Un percorso affascinante in cui Martini mette al centro la domanda rivolta da Gesù a Pietro: “Mi ami tu?” e che si dipana attorno alla straordinaria espressione di Giovanni: “è il Signore!”. Questo episodio evangelico

in cui è inserita tale domanda, è successivo al rinnegamento di Pietro e alla Resurrezione del Signore. Il card. Martini ne sa trarre una perfetta lettura e conseguente spiegazione: secondo le logiche umane, Pietro non merita più la fiducia, non è stato all’altezza del compito, è stato un pessimo responsabile di Chiesa nel momento difficile. Ma Gesù cosa fa? Gesù restituisce la fiducia a Pietro. Non semplicemente dà fiducia, ma gliela restituisce con un interrogativo sull’amore: “Mi ami tu?”. Così Gesù si mostra “Vangelo” per Pietro.

L’altra espressione giovannea “E’ il Signore”, è una scoperta che getta luce su tutta l’esistenza: “Quando abbiamo capito”, scrive il cardinale, “che Gesù è il Signore della mia vita, colui che io amo, l’amico, il tutto per me, allora il resto si riordina nella pace e i miei desideri appaiono nel giusto significato”. Così, ancora una volta, il cardinale si pone come un maestro di vita spirituale, per giovani e meno giovani, tracciando la via di un’esistenza piena e felice, alla scuola del Vangelo.

Paola MastracolaL’ESERCItO DELLE COSE InUtILI

EinaudiÉ un romanzo che ruota intorno a una domanda semplice e

decisiva: cos’è che riempie davvero la vita? Anche quando fai la cosa più inutile del mondo - che sia raccogliere conchiglie, trapiantare primule, trascinare stancamente i tuoi passi, invecchiare, amare qualcuno in silenzio - puoi trovare una scintilla di vita, un lampo di senso, uno scatto inaspettato. O persino te stesso. Perché l’inutilità - sembra dirci Paola Mastrocola con questa sua storia che coinvolge ed emoziona - è soprattutto un sentimento. Ciò che è vecchio, desueto, ai margini, eccentrico, può essere mosso da un’energia misteriosa e seguire strade poco battute, dove l’utile e l’inutile sanno ribaltarsi l’uno nell’altro e diventare, forse, una sostanza nuova.

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Angelo CasatiI GIORnI DELLA tEnEREzzAEd. Romena

“Quando non si ha più niente da dare perché si è dato tutto, allora si diventa capaci di veri doni”. Queste parole di Primo Mazzolari stanno idealmente sulla porta d’ingresso di questo libro. Si prova sempre una bella sensazione quando, attraverso le pagine stampate, si rende possibile un incontro. Il testo “I giorni della tenerezza” è un’occasione preziosa per conoscere e ascoltare la voce poetica e profonda di Angelo Casati. I giorni della tenerezza sono quelli della Pasqua. Don Angelo ci accompagna in un cammino quotidiano di pensieri,

poesie, riflessioni lungo il mistero pasquale. L’autore prova a donarci il profumo della vita nuova che invase i primi discepoli alla loro Pasqua, perché “la libertà nei tuoi occhi e sul tuo viso è il segno che tu sei un vero credente”.

Massimo OrlandiIL MORSO DEL PIù

Ed. Romena

Padre David Turoldo lasciò nella vita di don Ciotti un biglietto scritto a mano: “Lo spirito è il vento che non lascia dormire la polvere”. Nessuna frase ha saputo descrivere meglio la sua scelta di vita. Luigi è presente dove lo spirito chiami, per una ferita da lenire come per una scintilla da trasformare in fiamma. In questo libro l’autore ha raccolto i passaggi più luminosi, più fecondi e carichi di vita degli incontri con Luigi Ciotti. Prepariamoci a respirare l’aria frizzante che ci porta questo “polmone di Dio” e ad ascoltare la sua voce potente e spigolosa che invita a uscire dall’egoismo e a reclamare giustizia per chi non ne ha. Lasciamo che le sue parole ci arrivino addosso: saranno ora pedata ora abbraccio, ora morso ora carezza. Ci faranno anche male, per farci, soprattutto, bene.

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Carnevale 2015

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PROPONIAMO UNA SIMPATICA ATTIVITÀ

PER ABBELLIRE LA TAVOLA DI PASQUA:

AGNELLINO SEGNAPOSTO

PER IL PRANZO DI PASQUA!

1- Disegna due ovali di diverse dimensioni su un cartoncino bianco e ritagliali, saranno il corpo e la testa dell’agnellino.

2 - Taglia le teste dei cotton fioc lasciando mezzo centimetro di bastoncinoe inizia a incollare le teste dei cotton fioc sull’ovale di cartoncino più grande. Puoi usare colla vinilica e stenderla con un pennellino.

3 - Con due cotton fioc crea le orecchie dell’agnello e per il ciuffo di peli sulla testa, taglia tre cotton fioc senza lasciare il bastoncino e incollali tra le due orecchie.

4 - Utilizza i pennarelli per aggiungere i particolaridel muso dell’agnello, incolla l’agnello a due molletteda bucato e lascia asciugare: ecco pronto un simpatico segnaposto per Pasqua!

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PARROCCHIA SS.PIETRO E PAOLOUggiate Trevano

Sottoscrizione a premiFesta di San Giuseppe - 22 marzo 2015

I premi si possono ritirare presso la segreteria parrocchiale di Uggiatepresentando il biglietto vincente,

ENTRO E NON OLTRE 60 GIORNI dall’estrazione (termine ultimo 21 maggio 2015).

Orari segreteria: dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 11.00

DESCRIZIONE PREMIONUMERO

ESTRATTO

1 BUONO COOP € 300,00 00032 BUONO COOP € 200,00 45643 TV 22” 48974 MACCHINA CAFFè CON CIALDE 33405 CESTO PRODOTTI COOP 10126 CESTO PRODOTTI ALIMENTARI 13837 BUONO FIORISTA 02078 TROLLEY “I SANTI” 23469 GOLOSETTO BRANDANI Cuor di dolcetti 359610 SERVIZIO PIATTI 18 pz. 058211 CENTRIFUGA ELETTRICA KOOPER 374512 BISTECCHIERA ELETTRICA KOOPER 176413 BUONO COOP DA € 25.00 + MOULINEX FACICLICK 370714 TRITATUTTO TRISTAR 012415 TOSTIERA ELETTRICA KOOPER 463616 CONFEZIONE ERBOLARIO 277517 CONFEZIONE PROFUMI 213618 TOVAGLIA DA 6 CON TOVAGLIOLI 314219 SPREMIAGRUMI PRINCESS 045520 UOVO DI PASQUA 0086