LES DI COMBUSTIONE IN REGIME SUPERSONICO PER APPLICAZIONI SCRJ

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  • 7/23/2019 LES DI COMBUSTIONE IN REGIME SUPERSONICO PER APPLICAZIONI SCRJ

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    SCUOLA DI INGEGNERIA AEROSPAZIALE

    CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN INGEGNERIA

    ASTRONAUTICA

    Elaborato di Laurea

    LES DI COMBUSTIONE IN REGIME SUPERSONICO

    PER APPLICAZIONI SCRJ

    Relatore Laureando

    Prof. Claudio Bruno Luigi Romagnosi

    Correlatore

    Dott.ssa Antonella IngenitoDott. Donato Cecere

    Anno Accademico 2009/2010

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    Indice

    INDICE

    Introduzione I

    Capitolo 1 I principi di conservazione

    1.1 Introduzione 1

    1.2

    Equazione di conservazione della massa 1

    1.3 Equazione di bilancio della quantit di moto 2

    1.4 Equazione di conservazione dellenergia 5

    1.5 Equazione di stato 6

    1.6 Equazione di conservazione delle specie chimiche 7

    1.7

    Equazione di trasporto della vorticit 8

    1.8 Equazione della vorticit in forma adimensionale 11

    1.9

    Teorema di Kelvin 12

    1.10 Teoremi di Helmholtz 13

    Capitolo 2 Modellistica della turbolenza

    2.1 Introduzione 15

    2.2 Caratteristiche della turbolenza 16

    2.3

    La teoria di Kolmogorov 18

    2.4

    Modellizzazione numerica della turbolenza 212.4.1 Approccio RANS 22

    2.4.1a Cenno ai modelli RANS 25

    2.4.2 Approccio LES 26

    2.4.2a Modelli LES: Smagorinsky e Lilly 28

    2.4.2b Modelli LES: Dinamico (Identit di Germano) 30

    2.4.2c Modelli LES: Frattale FM 31

    2.5 Modello di combustione: EDC 34

    2.6 Accoppiamento combustioneturbolenza 36

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    Indice

    Capitolo 3 Progetto HyShot, simulazione e validazione

    3.1

    Origini e sviluppo 38

    3.2

    Set-up di simulazione 403.3

    Validazione della simulazione HyShot II 42

    3.4 Risultati della simulazione 44

    3.4.1 Descrizione del campo fluidodinamico 45

    Capitolo 4 Studio della vorticit

    4.1

    Introduzione al codice 58

    4.2 Schema numerico WENO35 59

    4.3

    Implementazione e validazione del WENO35 62

    4.4 Analisi dei termini della equazione della vorticit 64

    4.4.1 Termine baroclinico 65

    4.4.2

    Vortex stretching 72

    4.4.3 Termine compressibile 77

    4.4.4 I termini viscosi 81

    4.4.5 Vorticit e mescolamento 86

    4.5

    Conclusioni 91

    Appendice A I termini viscosi

    A.1 Termine diffusivo D 96

    A.2 Termine compressibile-viscoso CV 96

    A.3 Termine viscosit-velocit VV 98

    A.4 Termine deformazione-viscosit DV 99

    Appendice B I Codici

    B.1 Post_plt_evo.f 101

    B.2 Mod_EqTurb_evo.f90 111

    B.3

    Mod_Weno5_evo.f90 127

    B.4 Pde.f90 129

    Bibliografia 132

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    Introduzione

    I

    INTRODUZIONE

    SCOPO DELLA TESI

    I primi tentativi di raggiungere velocit di volo superiori a quelle del suono risalgono alla finedegli anni 30, ma il primo volo supersonico arriv il 14 Ottobre 1947 con Charles Yeager, pilota

    dellUnited States Air Force, a bordo del velivolo sperimentale Bell X -1A, propulso da un motore

    a razzo alimentato con ossigeno e alcool etilico liquidi. Parimenti allo sviluppo della tecnologia e

    alle nuove conoscenze sui materiali, seguirono numerosi successi conseguiti da velivoli dotati di

    motori air-breathing (RAMJET). Questi rappresentavano levoluzione dei turbogetto, che sullidea

    di Ren Lorin (1913), non presentavano parti rotanti. Lassenza di compressore e turbina permise

    temperature in camera di combustione maggiori e diede il via, per ovvi fini bellici, alla conquista

    del record di velocit che coinvolse le maggiori potenze dellepoca. Con gli anni, il volo

    supersonico fin per destare linteresse anche dellindustria aeronautica per il trasporto civile, si

    pensi al velivolo russo Tupolev-144 (1968) o allanglo-francese Concorde (1969). Nel frattempo

    procedevano i test sulla serie X e nel 1997 venne costruito da Boeing un aereo prototipo senza

    pilota per un futuro impiego civile, lX-43A, propulso da un motore SCRAMJET e attuale

    detentore del record di velocit ipersonica a Mach 9.6lanciato da un Boeing B-52 il 16 Novembre

    2004.

    Fig.I.1: Velivolo sperimentale Bell X-1A che vol per la prima volta nel 1947 (a sinistra); lX-43A che nel 1997 raggiunse M=9.6 (a destra)

    Oggi gli statoreattori (Ramjet e SCRJ) hanno conquistato lattenzione anche dellindustria

    spaziale. Lattuale sfida la realizzazione di una nuova generazione di motori per lanciatori

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    Introduzione

    II

    spaziali in grado di sfruttare in fase di salita lossigeno presente nellatmosfera allo scopo di

    abbattere i costi di messa in orbita di almeno un ordine di grandezza rispetto agli attuali ~10000

    doll ari al kg. Lambizioso progetto prevede laccoppiamento di un rocket (per la fase iniziale di

    lancio, utile a raggiungere velocit operative del ramjet/scramjet, e per la fase finale di volo nel

    vuoto) con un motore air-breathing nel volo ipersonico in atmosfera. Il vantaggio risiede nel

    minor peso al decollo del lanciatore dovuto alla minor quantit di ossigeno liquido (LOX) richiesta

    a bordo. Numerosi sono gli Stati coinvolti attualmente nello sviluppo di velivoli ipersonici, gli

    Stati Uniti nei progetti come Falcon, HyFly e X-51, la Russia, il Regno Unito, lAustralia con

    HyShot della University of Queensland, in Europa lESA coordina lo sviluppo di LAPCAP 2,

    progetto al quale collabora anche la Sapienza Universit di Romae che prevede la realizzazione di

    aerei civili in grado di raggiungere M = 5con motore ramjet e M = 8con scramjet. Anche Cina,

    India e recentemente la Korea hanno mostrato interesse per gli scramjet in particolar modo la

    Seoul National University anche questa impegnata nel progettoHyShot.

    La presente tesi si pone lobiettivo di indagare gli effetti della turbolenza sul mescolamento e

    quindi sulleffettiva fattibilit di una completa combustione , allinterno di camere, in condizioni

    supersoniche. Applicazioni che prevedono combustioni a velocit supersoniche vanno sotto il

    nome di SCRAMJET(Supersonic Combustion Ramjet); questi, come avviene per motori Ramjet,

    sfruttano la compressione dinamica dellaria con la differenza che alluscita dalla presa daria,

    anteposta alla camera di combustione, il flusso caratterizzato da velocit superiori a quelle

    soniche (M > 1). Il limite dei Ramjet sta nella massima velocit di volo che riescono a raggiungere

    (M 5), poich un rallentamento fino a condizioni subsoniche comporterebbe temperature troppo

    elevate in camera. Ma avere un flusso supersonico in camera di combustione, cosa che

    contraddistingue i motori Scramjet, comporta un minor tempo di residenza, condizione che in

    passato ha portato a dubitare sulleffettivapossibilit di ottenere un ancoraggio di fiamma; recenti

    sviluppi hanno per scongiurato ogni dubbio.

    Affinch possa esserci combustione, il tempo caratteristico delle reazioni, unito al tempo di

    mescolamento e a eventuali ritardi di accensione, deve essere inferiore al tempo di residenza, che

    in motori Scramjet dellordine di 10-4s. In un flusso supersonico il processo di combustione

    controllato dal mescolamento, reso critico dallelevata energia cinetica che rende la corrente rigida

    a variazioni di direzione rallentando i processi di interdiffusione molecolare combustibile-

    ossidante. Come facile intuire, flussi che viaggiano a velocit supersoniche forzano

    lallineamento del vettore vorticit con la direzione principale del moto (vorticit streamwise);leffetto una riduzione globale della turbolenza essendo nulli i contributi dati da lle altre due

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    Introduzione

    III

    componenti del vettore vorticit al vortex stretching. Tale concetto verr chiarito nei capitoli

    successivi. Allo stesso tempo per, elevati numeri di Mach impediscono alle particelle di

    ridistribuirsi in presenza di ostacoli (es: idrogeno iniettato in cross flow rispetto allaria entrante),

    la velocit di propagazione dei disturbi inferiore a quella convettiva con leffetto di

    addensamenti locali nel flusso a cavallo di onde durto. Laumento della pressione comporta una

    riduzione del libero cammino medio, e la cinetica chimica accelera per via di un numero maggiore

    di collisioni efficaci tra le particelle. Lo studio dellaccoppiamento tra turbolenza e combustione

    (mescolamento) viene fatto sulla base dei dati forniti dalla simulazione numerica realizzata in

    collaborazione con il Dott. Donato Cecere e la Dott.ssa Antonella Ingenito per il progettoHyShot,

    pressoEnea Centro Ricerche Casaccia. Il lavoro strutturato come segue:

    I.

    Nel primo capitolo vengono ricavate le equazioni fondamentali della fluidodinamica per

    flussi comprimibili servendosi dei principi di conservazione della massa, della quantit di

    moto e dellenergia. Combinando opportunamente le equazioni di Navier-Stokes si giunge

    alla formulazione dellequazione di trasporto della vorticit, utile alla comprensione dei

    fenomeni legati alla turbolenza. Infine si richiamano alcuni teoremi fondamentali sui

    vortici;

    II. Il secondo capitolo si focalizza sulla turbolenza riportando i concetti fondamentali della

    teoria di Kolmogorov. Vengono poi passati in rassegna le tecniche di analisi della

    turbolenza, quali DNS, RANS, LES e alcuni dei pi noti modelli numerici di chiusura;

    III. Il terzo fornisce un breve panoramica del progetto HyShote dei principi di funzionamento

    di un motore Scramjet. Viene trattato nello specifico il set-up del codice proprietario

    S-HeaRT inerente alla simulazione di un flusso supersonico daria in una camera di

    combustione con iniezione di idrogeno a 90 di inclinazione. A seguire la validazione dei

    risultati mediante confronto con le prove sperimentali effettuate dalla University of

    Queensland[19], e descrizione del campo fluidodinamico;

    IV. Nel quarto e ultimo capitolo vi unabreve descrizione del codice sviluppato per lanalisi

    della vorticit. Viene inoltre affrontata limplementazione e la validazione dello schema

    numerico WENO35 su cui si basa il codice stesso. Il campo di moto vorticoso cos scisso

    e separatamente studiato in ogni suo termine, di trasporto, di produzione e di dissipazione,

    risaltando gli effetti della turbolenza sul mescolamento.

    Infine sulla base delle nuove conoscenze, si conclude presentando due configurazioni diverse di

    iniettore che potrebbero migliorare il mescolamento tra reagenti, ma ci rimane ancora daverificare.

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    Capitolo 1I principi di conservazione

    1

    CAPITOLO

    1

    I PRINCIPI DI CONSERVAZIONE

    1.1 INTRODUZIONE

    Il set di equazioni per lo studio del moto dei fluidi va sotto il nome di Equazioni di Navier-Stokes,

    esprimibili mediante i principi di conservazione della massa, della quantit di moto e dellenergia.

    Queste rappresentano un sistema di equazioni alle derivate parziali che descrivono il

    comportamento di un qualsiasi fluido continuo deformabile dal punto di vista macroscopico. Per la

    chiusura del sistema occorre affiancare lequazione di stato dei gas perfetti e specificare le

    condizioni al contorno e iniziali imposte dal problema in esame. Inoltre se si ha a che fare con

    miscele di gas va verificata la conservazione delle singole specie gassose. Di seguito verranno

    esposti i principi di conservazione e da questi si ricaver lequazionedi trasporto della vorticit e

    verranno enunciati alcuni teoremi fondamenti per lo studio dei vortici.

    1.2 EQUAZIONE DI CONSERVAZIONE DELLA MASSA[1]

    La conservazione della massa M contenuta allinterno un volume arbitrario V esprimibile

    mediante:

    = = 0 (1.1)

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    Capitolo 1I principi di conservazione

    2

    Per il teorema del trasporto di Reynolds si ha che:

    = + = 0 (1.2)con volume fisso nello spazio (formulazione euleriana). Servendosi del teorema di Gauss:

    =

    (1.3)

    la (1.2) diventa:

    + = 0 (1.4)che per lipotesi iniziale di arbitrariet del volume si riduce a:

    + = 0 (1.5)

    1.3 EQUAZIONE DI BILANCIO DELLA QUANTIT DI MOTO[1]

    Lequazione del moto si ottiene dalla seconda legge di Newton la quale, nel caso pi generale,

    esprime luguaglianza tra la risultante delle forze esterne applicate a una certa massa, nel moto

    lungo la sua traiettoria, e la variazione di quantit di moto nellunit di tempo:

    = () (1.6)in altri termini, la (1.6), riscritta in forma integrale per un volumetto di fluido V, suggerisce che :

    = (1.7)Le forze sono classificabili in:

    Forze di massa, dovute al fatto che le particelle dotate di una propria massa si trovano

    immerse in un campo di forze (es: campo gravitazionale). Si indichi con fil contributo di

    dette forze per unit di massa.

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    Capitolo 1I principi di conservazione

    3

    Forze di superficie, dovute invece al contributo della pressione normale p unito alla

    componente tangenziale nel caso di fluido in movimento. = + (1.8)

    dove esono rispettivamente la frazione massica della specie k-esimae la forza esterna cheagisce su tale specie. Per teorema di Gauss vale:

    =

    (1.9)

    e considerata larbitrariet del volume scelto possibile scrivere la (1.7) in forma differenziale:

    + = 1 + (1.10)

    Il tensore degli sforzi esprimibile come:

    = + + 2 (1.11)e consta di due parti:

    = + + 2

    con

    il tensore di deformazione (strain rate, velocit di deformazione). Introducendo il

    coefficiente di viscosit di volume, definito come:

    = + 23 (1.12)

    gli sforzi di taglio (parte deviatorica) assumono la forma:

    = + 2 (1.13) = 23 + 2 (1.14)

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    Capitolo 1I principi di conservazione

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    che, sotto lipotesi di Stokes (viscosit di volume nulla), si riduce a:

    =

    2

    3 + 2

    (1.15)

    Sostituendo il tensore degli sforzi nellequazione di conservazione della quantit di moto si

    ottiene:

    + = 1 23 + 2+ (1.16)

    e sviluppando loperatore divergenza a secondo membro:

    + = 1 23 1 + 2 + (1.17) + = 1 23 1 23 + 2 + 2 +

    (1.18)

    Il tensore di deformazione esprimibile come:

    = 12 + (1.19)dove il tensore gradiente di velocit (il gradiente applicato a un campo vettoriale fornisce untensore) e il suo trasposto, definiti come segue:

    =

    =

    (1.20)

    Applicando loperatore divergenza aentrambi si ottiene:

    =

    =

    22 + 22 + 222

    2+2

    2+2

    2

    22 + 22 + 22= 2 (1.21)

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    Capitolo 1I principi di conservazione

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    =

    =

    22 + 2 + 2

    2

    +

    2

    2

    +

    2

    2 + 2 + 22=

    (1.22)

    che sostituite nella (1.18):

    + = 1 23 1 + 13 + 2 + 2 + (1.23)

    1.4 EQUAZIONE DI CONSERVAZIONE DELLENERGIA[1]

    Lequazione dellenergia deriva dalprimo principio della termodinamica:

    = (1.24)con ETenergia totale del sistema, L lavoro fatto sul sistema e Q il calore ceduto allesterno dal

    sistema. Indicando con Elenergia totale per unit dimassa, definita come somma di unenergia

    interna ee dellenergia cinetica, la ET pu essere scritta come:

    = = +22

    (1.25)

    Moltiplicando scalarmente lequazione (1.8) per si ottiene lespressione del lavoro: = + (1.26)

    mentre per il flusso di calore qvale:

    = + +

    (1.27)

    dove il primo termine a destra del segno di uguaglianza rappresenta il flusso di calore trasferito per

    conduzione (legge di Fourier), il secondo termine il contributo per interdiffusione cio il flusso

    di entalpia di tutte le specie chimiche presenti con velocit diffusiva e infine il terzo tiene conto

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    Capitolo 1I principi di conservazione

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    delleffetto Dufour. Se un gradiente di temperatura responsabile di un flusso di massa (effetto

    Soret), allo stesso modo un gradiente di concentrazione deve produrre un flusso di calore (effetto

    Dufour) [Relazioni reciproche di Onsager - 1929].

    Sostituendo la (1.26) e la (1.27) nellequazione (1.24), riscritta in forma integrale, si perviene alla

    seguente equazione:

    = + (1.28)

    Servendosi nuovamente del teorema del trasporto di Reynolds e di Gauss, si ricava dalla (1.28) la

    forma differenziale dellequazione di conservazione in termini di energia totale:

    + = + +

    +

    (1.29)

    La stessa equazione pu essere scritta, passando per lenergia interna e, in termini di entalpia:

    =

    =

    0+

    0

    (1.30)

    intesa come somma del contributo sensibile e di formazione .La (1.29) diventa quindi: = +

    + +

    +

    (1.31)

    ove

    , funzione di dissipazione, rappresenta il lavoro compiuto dagli sforzi viscosi

    .

    1.5 EQUAZIONE DI STATO[1]

    Lequazione di stato per flussi in equilibrio termodinamico, nella sua forma pi generale, vale:

    = (1.32)ove V il volume, N il numero totale di moli della miscela gassosa e la costante universaledei gas (=

    .

    ). Dato che:

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    Capitolo 1I principi di conservazione

    7

    = =1 =

    =1 =

    =1 =

    =1 =

    =1 (1.33)

    la (1.32) diventa:

    = =1 (1.34)

    Nelle applicazioni di nostro interesse, quali flussi in camere di combustione per motori

    SCRAMJET, si ben lontani dalla condizioni di equilibrio per via dei forti gradienti di velocit,

    pressione e temperatura locali e di altri fenomeni che entrano in gioco in flussi reagenti, quali

    dissociazioni e ionizzazioni. Tuttavia pratica comune servirsi dellequazione di stato (1.34)

    ritenendo comunque valida lipotesi semplificativa di equilibrio termodinamico purch sia

    verificata lipotesi di continuo(lontano dalle onde durto).

    1.6 EQUAZIONE DI CONSERVAZIONE DELLE SPECIE CHIMICHE[1]

    Per chiudere il sistema occorre aggiungere alle precedenti equazioni, NS-1 equazioni di

    conservazione della massa per NS specie chimiche. Si ricorda che lequazione di conservazione

    (1.5) riferita alla massa totale. Lequazione di conservazione per la k-esima specie vale invece:

    = (1.35)con velocit di produzione o scomparsa della singola specie chimica. La forma differenzialedella equazione (1.35) riportata di seguito:

    + = (1.36)avendo indicato con la velocit assoluta data dalla somma della velocit del baricentro delsistema (moto di insieme) unita alla velocit relativa al baricentro, cio la velocit di diffusione . Separando i due contributi possibile distinguere i termini rappresentanti i trasporti convettivie diffusivi delle specie:

    + = + (1.37)

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    Capitolo 1I principi di conservazione

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    1.7 EQUAZIONE DI TRASPORTO DELLA VORTICIT[2][3]

    Tale equazione porta con s tutte le informazioni necessarie alla comprensione della fisica della

    turbolenza, descrivendo la dinamica di un fluido in moto rotazionale. Lequazione di trasportodella vorticit si ricava applicando loperatore rotore allequazione di bilancio della quantit di

    moto esposta precedentemente e di cui si trascurano volutamente gli effetti dovuti a eventuali forze

    di massa:

    + = 1 23 1 + 13 + 2 + 2 (1.38)TERMINE A:

    Definendo il vettore vorticit come:

    = = + + (1.39)e servendosi della relazione di Lagrange[2]per cui:

    =

    1

    2 2

    (1.40)

    a primo membro si ottiene:

    + = + 12 2 (1.41)Per il teorema di Schwartz sulle derivate miste si ha che:

    = 0

    (

    )

    = 0 mentre il rotore di un prodotto vettoriale esprimibile come:

    = + ()

    Sfruttando le propriet (a) e (c), la (1.41) diviene:

    + = + (1.42)

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    Capitolo 1I principi di conservazione

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    Riprendendo la definizione di (1.39) , per la propriet (b) il termine = , quindi:

    + = + + (1.43)

    TERMINE B:

    Sapendo che un cambiamento di scala delloperatore rotore si effettua mediante la seguente

    formula:

    = + ()Allora per = e = e tenendo conto della propriet (a), tale termine diviene: 1 = 1 + 1 = 2 (1.44)TERMINE C:

    Applicando qui due volte la propriet (d) e poi la (a) si ha che:

    2

    3

    1

    =

    2

    3 1

    +

    1

    =

    = 231 + 1 12 =

    =2

    3

    1 + 23 12 (1.45)TERMINE D:

    Procedendo allo stesso modo per questo termine si ottiene:

    1

    3 =1

    3 +

    =1

    31 2 (1.46)

    TERMINE E:

    2 = 2 1 + 1 == 2 1 12 (1.47)

    TERMINE F:

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    Capitolo 1I principi di conservazione

    10

    2 = 2 + 2 ==

    2

    + 1

    2

    2

    2

    (1.48)

    Sostituendo i vari termini, la (1.38) diviene:

    + + = 2 + 23 1 + 23 12 ++

    1

    3

    1 13 2 + 2 + 22 + 2 + 1 2 2 2 (1.49) = 2 + + 2 + 1 2 + +

    +2 12 23 + 2 + 2 + 13 (1.50)

    Riprendendo la (1.23), si nota che il termine tra parentesi quadra, moltiplicato vettorialmente dal

    gradiente di densit, altro non che la divergenza dello sforzo di taglio ( ) che sostituitafornisce lequazione di trasporto della vorticit:

    + =12

    + + 2 + 12

    +1 2 +

    +

    1 + (1.51)

    Una forma analoga delleqn.(1.51) stata proposta da Crocco e Vazsonyi[4], nella quale la

    variazione di vorticit espressa in funzione del gradiente di entropia specifica. Per ottenerla

    occorre riscrivere il termine baroclinico come segue:

    12 = (1.52)La dimostrazione immediata. Passando per la definizione di entropia:

    = = + = + 1 = (1.53)il prodotto vettoriale a secondo membro della (1.52) vale:

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    Capitolo 1I principi di conservazione

    11

    = 0

    (1.54)Riscrivendo adesso come:

    = 2 (1.55)e svolgendo leqn.(1.54) si ottiene:

    = (1.56)1.8 EQUAZIONE DELLA VORTICIT IN FORMA ADIMENSIONALE

    Per meglio comprendere limportanza di ogni singolo termine nella produzione/dissipazione di

    vorticit, si procede con ladimensionalizzazione dellequazione di trasporto (1.51). La scelta delle

    variabili di rifermento dettata dalle condizioni fluidodinamiche del flusso in esame, lelevato

    numero di Mach della simulazione preclude unelevata pressione dinamica, per cui si adopera

    questultima come pressione di riferimento in sostituzione della pressione statica. Il set di valori di

    riferimento usato : ,, ,,, = , . Indicando con un asterisco in apice legrandezze adimensionali, si ha:TERMINE INERZIALE: 00

    = 000

    TERMINE CONVETTIVO:

    0

    0

    0 =

    02

    02

    TERMINE BAROCLINICO:

    12 102 00 0020 12 = 0

    202 12 TERMINE VORTEX STRETCHING:

    0 00 = 0202

    TERMINE COMPRESSIBILE:

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    Capitolo 1I principi di conservazione

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    0 10 0 = 0202

    TERMINE DIFFUSIVO:

    2 00 002 2 = 00 003 2 TERMINE COMPRESSIBILE-VISCOSO:

    12 102 00 10 0 00 12 = 00 003 12 TERMINE VISCOSITA-VELOCITA:

    2

    +

    000

    00

    2

    2

    +

    =0000

    3

    2

    +

    TERMINE DEFORMAZIONE-VISCOSITA:

    1 + 100 00 00 1 + = 00 003 1 + Sostituendo ogni singolo termine dentro leqn.(1.51) e dividendo tutto per

    : + = + + 1

    0

    + + (1.57)con Ste numeri di Strouhal e Reynolds definiti come rapporto di tempi caratteristici:

    = = 000 (1.58) = = (1.59)Il numero di Strouhal correla le frequenze proprie dei vortici, attraverso un tempo caratteristico

    della eventuale non stazionariet, al trasporto convettivo, quindi stabilisce limportanza degli

    effetti non stazionari sulla convezione. Dalla (1.57) si evince che in flussi supersonici tutti i

    termini dellequazione di trasporto della vorticit, fatta eccezione per quelli dissipativi, hanno lo

    stesso peso. I termini dissipativi tornano a essere importanti a parete e nelle zone di combustione

    per via dellincremento di viscosit dovuto agli innalzamenti locali di temperatura.

    1.9 TEOREMA DI KELVIN[5][6]

    Prima di passare allanalisi fluidodinamica dei singoli termini, occorre enunciare alcuni teoremi

    fondamentali sui vortici, utili alla comprensione degli effetti del vortex stretching sulla cascata di

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    Capitolo 1I principi di conservazione

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    energia turbolenta. Per definire il teorema di Kelvin occorre dapprima introdurre il concetto di

    intensit di un vortice o circolazione , come la circuitazione del campo di velocit lungo unpercorso chiuso contenente per intero il vortice, che per il teorema di Stokes equivale al flusso di

    vorticit attraverso la superficie racchiusa dal suddetto percorso:

    =

    =

    (1.60)

    Il teorema di Kelvin afferma che in un fluido barotropico, cio con densit funzione della sola

    pressione, con forze di massa conservative e forze viscose trascurabili, la circolazione calcolata

    lungo una linea materiale chiusa costante nel tempo, che equivale a scrivere:

    = 0 (1.61)A dimostrazione del teorema si riscriva la (1.61) come segue:

    =

    =

    +

    (1.62)

    Sostituendo alla derivata lagrangiana della velocit lequazione di bilancio della quantit di moto

    per fluido non viscoso, il primo termine a destra delluguaglianza si annulla in quanto integrale su

    un circuito chiuso di differenziali esatti. Per il secondo termine vale:

    = 0 = 0 + = (1.63)e rappresenta anche questo un differenziale esatto, quindi:

    = = 2

    2= 0 (1.64)

    Il teorema di Kelvin risulta dunque dimostrato.

    1.10 TEOREMI DI HELMHOLTZ[5][6]

    I tre teoremi di Helmholtz di seguito enunciati sono una conseguenza del teorema di Kelvin.

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    Capitolo 1I principi di conservazione

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    Si definiscono le linee vorticose, in analogia con le linee di corrente, come quelle linee che in ogni

    punto verificano la condizione di tangenza al vettore vorticit. Le stesse linee vorticose che

    attraversano un generico circuito chiuso Cformano un superficie vorticosa e il volume di fluido al

    suo interno prende il nome di tubo vorticoso. Sotto le stesse ipotesi del teorema di Kelvin valgono:

    I)

    La circolazione in un tubo vorticoso si mantiene costante lungo lo stesso tubo

    II) Il tubo vorticoso un tubo materiale, cio costituito sempre dalle stesse particelle

    III)

    Lintensit del vortice si mantiene costante nel tempo

    Il primo teorema trova conferma nel fatto che, essendo nulla la divergenza del vettore vorticit per

    la propriet (b) di pag.8, valido quanto segue:

    0 = V

    dV = nS

    dS = nS1

    dS + nS2

    dS + nS l

    dS = 1 + 2 (1.65)lintegrale sulla superficie esterna Sl zero per lannullarsi del prodotto scalare( ) e datalarbitrariet del volume considerato ne segue che per qualsiasi tubo vorticoso vale = .Lannullarsi del terzo integrale della (1.65), conseguenza del fatto che per definizione le linee

    vorticose sono sempre tangenti a , giustifica il secondo teorema; se per assurdo una particella,contenente vorticit, uscisse dal tubo vorticoso il flusso sulla parete laterale sarebbe non nullo, ilche impossibile. Il terzo teorema di Helmholtz giustificato da Kelvin in quanto per ogni sezione

    deve valere lequazione (1.61).

    Fig.1.1:Definizione di tubo vorticoso [5]

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    Capitolo 2Modellistica della turbolenza per flussi reattivi

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    CAPITOLO

    2

    MODELLISTICA DELLA TURBOLENZAPER FLUSSI REATTIVI

    2.1 INTRODUZIONE

    In fluidodinamica possibile distinguere due stati comportamentali per il moto dei fluidi .

    Osborne Reynolds, nel suo esperimento condotto nel 1883, dimostr lesistenzadi due regimi di

    moto e ne intu la dipendenza dalle grandezze macroscopiche del campo quali densit, velocit e

    viscosit. In particolare per numeri di Reynolds (si vedaeqn.1.59) inferiori a 2000 la corrente

    completamente laminare, per

    il moto turbolento,

    rappresenta

    invece uno stato di transizione in cui i due regimi coesistono.

    Si parla di regime laminare quando il moto avviene con scorrimento di strati gli uni suglaltri

    senza che vi sia alcuna interazione tra i vari filetti fluidi che costituiscono il campo di moto, come

    tante piccole lamine sovrapposte che viaggiano parallelamente alla direzione principale del

    flusso. Non vi alcun mescolamento a livello microscopico (particellare). Fluidi caratterizzati da

    elevate propriet viscose permangono nel tempo in stato laminare. La viscosit tende di fatto a

    smorzare ogni forma di perturbazione che potrebbe manifestarsi per esempio a seguito di

    imperfezioni e irregolarit superficiali e geometriche di corpi lambiti da fluidi. Quando le forze

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    Capitolo 2Modellistica della turbolenza per flussi reattivi

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    viscose non sono pi sufficienti a contrastare le forze di inerzia avviene la transizione a regime

    turbolento, caratterizzato da forti fluttuazioni, apparentemente a carattere randomico, di pressione

    e velocit. Le particelle non seguono traiettorie ordinate come avveniva nel caso laminare ma si

    muovono in maniera caotica. Spesso allaggettivo caotico si associa erroneamente il significato

    di non prevedibile, qui va inteso come riportato dalla teoria del caos[7]secondo la quale un sistema

    dinamico si dice caotico se presenta le seguenti propriet:

    I) Sensibile alla condizioni iniziali

    II) Le sue orbite devono essere periodiche e dense, cio che levoluzione del sistema, nello

    spazio delle fasi, descritto da innumerevoli orbite che rimangono confinate entro un certo

    spazio; si veda lattrattore di Lorenz.

    proprio limpossibilitdi conoscere con certezza le condizioni iniziali o al contorno che rende

    agli occhi di un osservatore la dinamica di tipo stocastica. In realt le fluttuazioni riscontrate in un

    flusso turbolento non sono per niente aleatorie ma sono ampiamente predicibili dalle equazioni di

    Navier-Stokes, si parla quindi di caos deterministico. Nonostante ci si trovano spesso in

    letteratura approcci statistici per lo studio dei fenomeni turbolenti.

    2.2 CARATTERISTICHE DELLA TURBOLENZA[8]

    Non per nulla semplice descrivere la turbolenza con una definizione rigorosa nonostante

    quotidianamente si presentino ai nostri occhi fenomeni a essa legati. Unottima definizione fu data

    da Zahir U. Warsi: La forma prevalente del moto dei fluidi in natura di tipo irregolare e

    caotico. Se il flusso, oltre a essere caotico e irregolare, ha una natura diffusiva e dissipativa,

    allora il flusso detto turbolento. Qui ci limiteremo a elencare le caratteristiche pi importanti

    della turbolenza:

    I) Un flusso turbolento non prevedibile, come scritto precedentemente una piccola

    incertezza sulle condizioni iniziali tende ad amplificarsi falsando una qualsiasi previsione

    deterministica della sua evoluzione.

    II) Trasporto notevolmente pi rapido rispetto a quello diffusivo. Si pensi a una sigaretta, al

    moto dei fumi da questa generati e al fatto che, dopo pochi secondi, se ne avverte la

    presenza allinterno della stanza, dimostrazione dellavvenuta diffusione. Tentare di

    spiegare il fenomeno pensando agli effetti della sola diffusione molecolare conduce a

    risultati in contrasto con lesperienza quotidiana. Detto D coefficiente di diffusione di

    massa, legato alla diffusione della quantit di moto ( per aria a 20C) per

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    Capitolo 2Modellistica della turbolenza per flussi reattivi

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    mezzo del numero di Schmidt ( per aria), il tempo impiegato dal fumo perpercorrere una lunghezza vale:

    La spiegazione della discrepanza della stima quantitativa dallesperienza pratica, laver

    trascurato lapparente aumento di diffusivit dovuto allapresenza di vortici e alla cascata

    turbolenta di cui si discuter nel paragrafo successivo.

    III) Elevati numeri di Reynolds, le instabilit non vengono smorzate dalla viscosit in quanto

    trascurabile rispetto alle forze di inerzia.

    IV)

    Intense fluttuazioni delle variabili di campo con frequenze mediamente dellordine dei

    kHz, e presenza di sporadici picchi pi elevati che danno origine al fenomeno noto come

    intermittenza.

    V) Un flusso turbolento tridimensionale e non stazionario ed caratterizzato dalla

    presenza di zone ad alta vorticit. Le strutture vorticose si autosostengono in quanto

    alimentate continuamente del moto medio.

    VI) Maggiore dissipazione, rispetto al caso laminare, dellenergia cinetica in calore dovuta

    alla formazione di strutture via via sempre pi piccole (cascata di energia) nelle qualitornano a farsi sentire gli effetti viscosi.

    VII) Verifica lipotesi di continuo poich la scala pi piccola delle strutture di gran lunga

    superiore alla scala molecolare ( con Kn numero di Knudsen definito comerapporto tra il libero cammino medio molecolare e la dimensione della pi piccolastruttura ).

    VIII) Un flusso turbolento interessa un grande spettro di lunghezze donda spaziali e temporali.

    Si pu parlare quindi di turbolenza solo quando sono verificate contemporaneamente tutti gli

    aspetti sopra elencati. Occorre infatti precisare che la sola individuazione di vortici in un campo

    non indicativa della presenza effettiva di turbolenza. Si prenda un flusso bidimensionale a

    elevato numero di Reynolds tale per cui possibile trascurare tutti i termini viscosi dellequazione

    di vorticit (1.51), ricavata nel capitolo precedente, che nel caso incomprimibile si riduce a:

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    Capitolo 2Modellistica della turbolenza per flussi reattivi

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    Il prodotto vettoriale del termine baroclinico nullo poich , nullo anche il vortexstretching visto che, per lipotesi di bidimensionalit del campo, lunica componente di vorticit

    diversa da zero quella perpendicolare al piano del moto quindi ortogonale a tutti i gradienti di

    velocit. Ne segue che la vorticit, se presente, rimane costante nel tempo e i vortici vengono

    trasportati a valle dal moto medio senza essere dissipati. In definitiva, col termine turbolenza si

    soliti individuare quel meccanismo autonomo (la turbolenza si autosostenta) di cascata di energia

    che a partire da vortici di grande scala, le cui dimensioni dipendono dalla geometria e dalle

    condizioni al contorno, genera vortici sempre pi piccoli fino alla scala di Kolmogorov. Fu

    Richardson nel 1922 a intuire il trasferimento di energia a cascata dalle scale integrali a quelle

    dissipative, ma solo nel 1941 con Kolmogorov vennero gettate le basi di una teoria rigorosa

    applicabile alla turbolenza di tipo omogenea, isotropa e statisticamente stazionaria.

    2.3 LA TEORIA DI KOLMOGOROV[9][10][11]

    Come preannunciato nel paragrafo precedente lipotesi base della teoria di Kolmogorov che la

    turbolenza sia omogenea e isotropa, ci implica che le sue caratteristiche statistiche devono essere

    rispettivamente indipendenti dalla posizione spaziale e risultano uguali in tutte le direzione. Si

    osserva in pratica che tutti i sistemi reali soddisfano la condizione di omogeneit e isotropia solo

    localmente, cio su un dominio spaziale e temporale molto piccolo. Per numeri di Reynolds

    elevati, in cui gli effetti inerziali sono pi importanti di quelli viscosi, il processo di cascata di

    energia si spinge verso strutture turbolente di dimensioni pi piccole. Per questultime infatti, al

    contrario dei vortici di grande scale le cui dinamiche e dimensioni sono fortemente influenzate

    dalle condizioni al contorno, nel processo di trasferimento di energia dalla scala integrale a quella

    dissipativa, plausibile immaginare una perdita di memoriadelle caratteristiche delle strutture

    che le hanno generate. In definitiva le strutture fini di qualunque flusso turbolento si comportano

    tutte allo stesso modo. La seconda ipotesi di flusso statisticamente stazionario ha permesso a

    Kolmogorov di affermare che, essendo la cascata non viscosa, lenergia cinetica turbolenta per

    unit di massa, prodotta alle grandi scale (scala energetica o integrale) nellunit di tempo, viene

    completamente dissipata alle piccole scale. La viscosit, difatti, opera un taglio al trasferimento di

    energia cinetica dissipandola in calore ed entra in gioco solo alla scala di Kolmogorov la quale

    stabilisce la dimensione della pi piccola struttura che si autosostiene. Al di sotto della scala di

    Kolmogorov le forze inerziali non sono sufficienti a mantenere compatto il vortice che, per attrito,

    vede disgregare particelle al contorno. Sotto tali ipotesi si pu affermare che le piccole scale hanno

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    Capitolo 2Modellistica della turbolenza per flussi reattivi

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    un comportamento universale e sono governate unicamente dalla viscosit e dallenergia

    dissipata .Da considerazioni puramente dimensionali valgono:

    che rappresentano rispettivamente lunghezza, velocit e tempo caratteristici delle scale dissipative.

    Essendo la potenza dissipata la stessa di quella introdotta dal moto medio alla scala integrale,

    non pu dipendere dimensionalmente dalla viscosit, allora indicando con U, L e Trispettivamente

    velocit, lunghezza e tempo dei grandi vortici e ricordando la definizione del numero di Reynolds,

    si ha:

    Queste relazioni correlano le caratteristiche delle due scale in funzione del numero di Reynolds, si

    noti che a parit di tutte le altre condizioni al diminuire della viscosit si riduce la dimensioni dei

    vortici pi piccoli che possibile trovare nel flusso. Queste stime sono utili in fase di progetto di

    una griglia di calcolo poich, qualora si fosse interessati a cogliere tutte le dinamiche del campo,

    dettano i limiti sulla dimensione massima della cella. Per quanto riguarda le scale intermedie

    (range inerziale), nelle quali lenergia non viene n creata n dissipata ma unicamente trasferita,

    lipotesi di Reynolds elevati assicura, anche per vortici di dimensioni r con , la soladipendenza da e per la conservazione della potenza trasferita (stazionariet) si pu scrivere:

    dalle quali si deduce che i vortici pi grandi hanno velocit maggiori che scalano con lapotenza allun terzo di rma allo stesso tempo presentano dinamiche pi lente (tempi maggiori).Analizzando i gradienti di velocit, questi risultano invece pi intensi alle scale pi piccole, infatti

    possibile scrivere come:

    Spesso si suole affiancare allanalisi temporale unanalisi spettrale, cio nel dominio delle

    frequenze, in questo modo possibile risalire al contenuto energetico dei singoli vortici

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    verificando la distribuzione di energia cinetica turbolenta alle varie frequenze (spettro di energia).

    Ogni vortice possiede infatti una propria energia cinetica media per unit di massa data da dove

    rappresenta la fluttuazione di velocit generata dalla rotazione del vortice. Le fluttuazioni

    a bassa frequenza sono prodotte da vortici di grandi dimensioni, viceversa per i vortici pi piccoli

    che ruotano in tempi pi corti. Definendo lo spettro di energia E(k) tale che:

    con K energia cinetica per unit di massa del flusso e k numero donda, da considerazioni

    puramente dimensionali possibile ricavare landamento dello spettro al variare del numero

    donda.Per ipotesi di cui sopra, alle scale inerziali si pu esprime la dipendenza di E(k)del tipo:

    Ora essendo k linverso di una lunghezza, in particolare della lunghezza donda, affinch

    lintegrale abbia le dimensioni di unenergia deve essere:

    da cui si ricava e . In figura 2.1 riportato lo spettro della turbolenza omogeneae isotropa.

    Fig.2.1:Spettro di energia della turbolenza omogenea e isotropa in scala bi-logaritmica [5]

    Si noti come, ai bassi numeri donda, cio alla basse frequenze (scala integrale), sia associata

    unenergia cinetica turbolenta maggiore, la quale decresce con

    nel range inerziale fino alle

    scale dissipative dotate di energia inferiore.

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    Occorre precisare che la teoria di Kolmogorov trova riscontro pratico unicamente nel caso di flussi

    incomprimibili non reattivi, difatti qualora si considerassero anche gli effetti di comprimibilit

    verrebbe meno lipotesi di energia trasferita costante alla scale inerziali. Si prenda nuovamente

    lequazione di trasporto della vorticit (1.51) riscritta trascurando i termini viscosi:

    per il termine baroclinico nullo ( e dallequazionedi conservazione della massasi ricava che anche la divergenza del vettore velocit vale zero, per cui il trasporto di vorticit

    affidato unicamente al termine di vortex stretching, il cui effetto quello di stirare i tubi vorticosi

    orientati nella direzione del gradiente di velocit. A un allungamento del tubo vorticoso (tubo

    materiale), per la conservazione del volume, deve corrispondere un restringimento della sezione

    generando cos un vortice pi piccolo. Il vortex stretching in questo caso il solo responsabile del

    trasferimento di energia innescando quel fenomeno chiamato turbolenza. Laggiunta del termine

    compressibile comporta un aumento o una riduzione locale di vorticit a seconda che ci sia una

    compressione o espansione del flusso. Le onde durto contribuiscono alla dissipazione di energia

    ancor prima di raggiungere le dimensioni della scala di Kolmogorov limitando il processo di

    cascata di energia. Se agli effetti di comprimibilit si aggiungono quelli derivantidallinnalzamento locale di temperatura dovuto alla combustione, seguito dallaumento della

    viscosit del fluido che tende a laminarizzare il flusso, si deduce che la pendenza dello spettro pu

    solo essere inferiore ai di figura 2.1.2.4 MODELLIZZAZIONE NUMERICA DELLA TURBOLENZA

    Per la risoluzione del campo fluidodinamico in regime turbolento esistono essenzialmente tre

    metodologie di approccio. La prima, nota come DNS (Direct Numerical Simulation) prevede larisoluzione diretta del set completo di equazioni di Navier-Stokes determinando tutte le

    fluttuazioni spazio-temporali delle singole grandezze. Per far ci sono necessari passi temporali e

    spaziali rappresentativi dei fenomeni presenti nel flusso. Riuscire a cogliere, per esempio,

    fluttuazioni di velocit nel campo generate dal passaggio dei piccoli vortici, richiederebbe griglie

    di dimensioni inferiori alla scala di Kolmogorov. Se il rapporto tra scala integrale e scala

    dissipativa proporzionale a , allora per ogni direzione occorrono un numero di punti pari a . Lo stesso dicasi per le altre due dimensioni spaziali per un totale di punti. A questi

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    Capitolo 2Modellistica della turbolenza per flussi reattivi

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    vanno aggiunti i passi temporali che, sempre dalla eqn.(2.3), devono essere un numero dellordine

    dei . In definitiva per poter simulare correttamente un flusso turbolento tramite DNSoccorrono

    nodi. Inoltre volendo trattare flussi reagenti, si devono considerare i tempi delle

    reazioni chimiche, molti ordini di grandezza pi bassi dei precedenti. Il grosso carico

    computazionale richiesto dalla DNS, per via dellintegrazione diretta delle equazioni di N-S, ne

    limita luso a geometrie particolarmente semplici e comunque a flussi dotati di bassi numeri di

    Reynolds, condizioni ben lontane da quelli riscontrate in camere di combustione per applicazioni

    Scramjet. Lalternativa servirsi di un approccio di tipo RANS (Reynolds Averaged Navier

    Stokes) risolvendo il campo medio e introducendo modelli universali per il trasporto turbolento e

    per la chimica. In RANS le scale vengono modellate tutte allo stesso modo, e ci rappresenta

    unassunzione troppo restrittiva e ben lontana dalla fisica della turbolenza. Inoltre la risoluzione di

    equazioni mediate nel tempo non consente di catturare eventuali instabilit del flusso come

    mostrato in figura 2.2:

    Fig.2.2:Traiettorie delle linee di corrente prima e dopo loperazione di media

    A met strada tra le due metodologie si pone la LES (Large Eddy Simulation), la quale propone

    una simulazione diretta delle strutture di larga scala e una modellizzazione di quelle pi piccole,

    risultando meno onerosa in termini computazionali di una DNS ma pi precisa di una RANS.

    2.4.1 APPROCCIO RANS[9][12]

    RANS la tecnica pi adottata in campo industriale perch consente di simulare flussi anche

    molto complessi col minor carico computazionale, ovviamente a scapito della precisione dei

    risultati. Con tale metodologia si riesce comunque ad avere una panoramica generale del campo

    fluidodinamico. Come detto precedentemente, il modello RANS interviene a tutte le scale della

    turbolenza caratterizzate per da dinamiche completamente differenti, le scale integrali dipendono

    dalle condizioni al contorno e iniziali mentre le scale dissipative sono governate dalla viscosit. Unmodello che sia valido a ogni scala di difficile implementazione e questo rappresenta la maggiore

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    fonte di errore. RANS un approccio di tipo statistico che conduce alla risoluzione di equazioni di

    moto mediate. La media di una qualsiasi variabile aleatoria, funzione dello spazio e del tempo,

    viene fatta per mezzo delloperazione di media dinsieme, cio basata su un insieme di

    realizzazioni statisticamente indipendenti (N dati acquisiti). Se poi possibile considerare la

    variabile di tipo statisticamente stazionaria la media dinsieme equivale auna media temporale:

    Tale ipotesi semplificher la scrittura delle equazioni mediate di Reynolds, difatti decomponendo

    la generica grandezza uin una parte mediata , costante nel tempo, e in una parte non stazionariadetta fluttuazione :

    valgono e le seguenti propriet della media:

    Fig.2.3:Decomposizione della velocit in una parte mediata (stazionaria) e in una fluttuazione (non stazionaria) [5]

    La media di Reynolds introduce per, attraverso il termine convettivo (non lineare) nuoveincognite che andranno poi modellizzate per garantire la chiusura del sistema. Per limitare la

    proliferazione di tali termini nel caso di flussi comprimibili si soliti effettuare una media pesata

    con la densit (media di Favre):

    Le due medie differiscono per

    , cio:

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    I vantaggi apportati dalla media di Favre sono notevoli, come intuibile dal confronto:

    Decomponendo tutte le variabili delle N-S secondo Favre, a esclusione della pressione e delladensit per le quali si utilizzata la media di Reynolds, e mediando si ottiene il sistema RANS qui

    espresso in forma indiciale:

    avendo trascurato nellequazione di energia il termine di trasporto di energia dovuto alla diffusione

    di massa (assunzione valida per numeri di Lewis ). In sono stati raggruppati iseguenti termini:

    Qui si indicato con K la conducibilit termica, k lenergia cinetica turbolenta, e rispettivamente lentalpiastandard di formazione e il calore specifico delln-esimaspecie.

    Si noti che la comparsa dei nuovi termini aggiunti , effetto delloperazione di media,ripropone il problema della chiusura del sistema di equazioni. Tali incognite sono i cosiddetti

    sforzi di Reynoldse costituiscono il tensore simmetrico di Reynolds, presente anche nella terzaequazione delle (2.16) a indicare la sottrazione di energia dal moto medio a favore della

    turbolenza. Generalmente le fluttuazioni delle variabili di campo sono molto elevate e possono

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    superare perfino i valori medi; ne consegue che gli sforzi di Reynolds risultano ordini di grandezza

    pi grandi rispetto a quelli derivanti dalla viscosit molecolare, e da qui si spiega laumento di

    diffusivit riscontrata in flussi turbolenti.

    Per quanto riguarda lequazione di conservazione delle specie chimiche:

    se si assume la legge di Fickla velocit di diffusione della specie k-esimavale:

    che sostituita fornisce:

    Mediando la (2.19) secondo Favre si ricava:

    Termini come , , prendono il nome diflussi di Reynoldse vanno anchequesti modellizzati come del resto il termine di produzione .2.4.1a Cenno ai modelli RANS

    Senza addentrarsi troppo nei vari metodi di chiusura delle RANS, per i quali si rimanda a testi

    specialistici, si presenta per sommi capi la filosofia base del noto modello eddy viscosity nel

    ricostruire gli sforzi di Reynolds. Lidea, attribuibile a Boussinesq(1877) e sviluppata da Prandtl,

    considerare, nellipotesi di turbolenza completamente sviluppata e numeri di Reynolds elevati, il

    moto delle strutture turbolente del tutto simile a quello molecolare. Boussinesq si accorse

    dellanalogia della struttura degli sforzi molecolari, generati dalle particelle nel loro moto caotico,

    con gli sforzi di Reynolds a patto di sostituire alle fluttuazioni di velocit molecolari quelle

    turbolente. Il modello eddy viscositypropone la modellizzazione degli sforzi servendosi di una

    legge di trasporto di tipo gradiente correlando le fluttuazioni di velocit alle grandezze medie del

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    campo, in particolare ai gradienti incrociati dei valori medi delle componenti di velocit secondo la

    costante di proporzionalit (viscosit turbolenta dinamica), cio:

    con kenergia cinetica turbolenta . Gli ultimi due termini della (2.21) sono statiaggiunti per far s che la somma degli sforzi normali, cio per i = j, torni a essere uguale a . Laturbolenza cos simulata come effetto di una viscosit aggiunta . Il modello qui proposto isotropo avendo ipotizzato che la viscosit turbolenta non vari con la direzione. Si perci

    spostato il problema della chiusura da un tensore (sei incognite) a due grandezze scalari

    e

    .

    Prandtl successivamente propose una modellizzazione della viscosit turbolenta che legasse

    questultima auna lunghezza di mescolamento e alla fluttuazione di velocit :

    riducendo il problema alla determinazione di e . Tra i pi noti modelli di chiusura siannoverano il modello a zero equazioni e il modello (due equazioni). Il primo applicabile ageometrie semplici che ipotizza una lunghezza di mescolamento dellordine delle dimensioni dei

    vortici di grande scala (es: flusso in camera di combustione ), e la fluttuazione legata algradiente di velocit media per mezzo della stessa lunghezza di mescolamento; il secondo lega laallenergia cinetica turbolenta e al rateo di dissipazione viscosa, mentre la fluttuazione vienescritta come la radice quadrata di k:

    e risolve le rispettive equazioni di trasporto delle grandezze e ricavate sperimentalmente.Difatti le formulazioni esatte di e , ottenute combinando opportunamente le equazioni di

    Navier-Stokes risultano a loro volta non chiuse[13].

    2.4.2 APPROCCIO LES[11][12][14]

    Il principale limite delle RANS, oltre a quelli brevemente accennati al paragrafo 2.4, la necessit

    di dover calibrare le costanti presenti nei vari modelli di chiusura per il particolare tipo di flusso in

    esame. I modelli includono anche le larghe scale e il loro comportamento dipende per lappunto

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    dal tipo di flusso e dalle condizioni al contorno. Con lapprocc io LES (Large Eddy Simulation)

    tale limite viene superato, poich a essere modellizzati sono unicamente le strutture fini che per

    loro natura hanno un comportamento isotropo e omogeneo. Le grandi scale, invece, vengono

    risolte direttamente come fatto per la DNS. Il vantaggio sostanziale apportato dalla LES che per

    quanto precisi e affidabili possano essere i modelli, questi introducono inevitabilmente degli errori,

    ma tali imprecisioni vengono commesse alle piccole scale che sul bilancio energetico globale

    pesano poco se confrontate al contenuto energetico delle scale integrali (si veda fig.2.1). Il prezzo

    da pagare per per la migliore accuratezza quantificabile in maggior tempo di calcolo e memoria

    richiesta nettamente superiori alle simulazioni RANS. Per separare le grandi scale dalle piccole ci

    si serve di un operatore filtro, definito dallintegrale di convoluzione della generica funzione

    ,

    con al dominio D:

    con dimensione della pi piccola scala risolta a cui viene applicato il filtro. chiamatafunzione filtro e gode delle seguenti propriet:

    1) 2) 3)

    I filtri pi utilizzati sono[2]:

    1)

    filtro gaussiano

    2) filtro sharp Fourier cutoff3) filtro top-hat

    Il secondo un filtro in frequenza, con knumero donda, mentre gli altri due sono filtri definiti

    nello spazio. Cos come fatto nelle RANS si decomponga la generica grandezza fcome segue:

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    qui intesi per come parte risolta direttamente o anche filtrata e parte di piccola scala damodellizzare. Si introducano alcune propriet generali delloperatorefiltro:

    Sempre al fine di evitare la proliferazione dei termini aggiuntivi di sottogriglia, per flussi

    compressibili, si adotta ilfiltro di Favredefinito come:

    Con queste assunzioni le equazioni di N-S filtrate, trascurando il contributo apportato dalle forze

    di massa, diventano:

    Col pedice SGS (SubGrid Scale) si vogliono indicare i termini di sottogriglia da modellizzare, vengono chiamati sforzi di sottogriglia mentre sono i flussi convettivi di calore. Ilmodello deve essere in grado di accoppiare le scale risolte con quelle simulate evitando che si

    accumuli energia alle scale del filtro, quindi deve dissipare lenergia p roveniente dalle grandi scalee, allo stesso tempo, trasferire a questultime il calore di reazione che si sviluppa alle scale

    molecolari.

    2.4.2.a Modelli LES: Smagorinsky e Lilly

    La LES vede la nascita alla fine degli anni sessanta con Smagorinsky e Lilly, i quali applicarono il

    modello, che tuttoggi porta il loro nome, al settore della meteorologia. Tale modello, come per le

    RANS, si basa sul concetto di eddy viscositycio legando gli sforzi di sottogriglia alle grandezze

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    di larga scala. In LES, al contrario della RANS, luso di un mod ello anisotropo ( ) rischia solodi appesantire il calcolo senza apportare grosse migliorie alla soluzione visto che a essere simulate

    sono solo le piccole scale, che per loro natura tendono ad avere un comportamento pi isotropo.

    Per semplificare la trattazione si consideri lequazione di trasporto della quantit di moto per un

    fluido incomprimibile:

    Applicando loperazione di filtro alla (2.30), si ottiene:

    Lequazione filtrata (2.31) differisce dalla (2.30) per lultimo termine a secondo membro che

    chiameremo di sottogriglia. In , sforzi di sottogriglia, sono inclusi tutti i termini aggiuntivi:

    di cui i primi due costituiscono il tensore di Leonardche rappresenta il contribuito alle scale SGS

    fornito dallinterazione delle scale risolte, un termine misto (cross term) e tieneconto dellinterazione tra le scale risolte e le non risolte, lultimo il tensore degli sforzi diReynolds di sottogriglia. Loperazione di filtro introduce un numero maggiore di termini rispetto a

    quanto visto nelle RANS proprio perch non sempre verificata luguaglianza delle (2.27).

    Il modello Smagorinsky-Lilly suggerisce una modellizzazione degli sforzi di sottogriglia del tipo:

    con tensore di deformazione filtrato, definito come:

    e suppone che la viscosit turbolenta abbia una forma simile a quella proposta da Prandtl, cio

    proporzionale a una lunghezza, settata pari alla dimensione del filtro , e a una velocitcaratteristica . vale e rappresenta un gradiente di velocit. Quindi:

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    con CScostante di Smagorinsky, scelta normalmente tra 0.1e 0.2. Questa va impostata a priori e

    poco si adatta a quelle zone del campo in cui il flusso torna a essere laminare come ad esempio aparete o laddove si ha transizione laminare-turbolento, con leffetto di una sovrastima dellenergia

    realmente dissipata. Il problema delleccessiva dissipazione del modello di Smagorinsky-Lilly

    venne superato negli anni novanta con la formulazione di un nuovo modello in grado di adattarsi

    dinamicamente alle condizioni del flusso.

    2.4.2.b Modelli LES: Dinamico (I denti tdi Germano)

    Il modello dinamico sfrutta il concetto di identit di Germano, il quale si basa sullipotesi di

    similitudine di scale allinterno del range inerziale dello spettro di energia turbolenta. Tale modello

    non prevede lesistenza di costanti esterne al modello stesso, da settare a priori, come avveniva per

    la CS, ma prevede una procedura per il calcolo delle costanti in tempo reale in grado di disattivare

    il modello nelle zone laminari. In pratica viene effettuata una seconda operazione di filtraggio con

    un filtro test di ampiezza maggiore di , ottenendo un tensore degli sforzi di sottogriglia test:

    Lidentitdi Germano lega i tensori degli sforzi (2.32) e (2.36) al tensore degli sforzi delle scale

    risolte:

    secondo la relazione (2.38):

    Entrambi i tensori vengono poi modellati secondo Smagorinsky:

    che sostituiti nella (2.38) forniscono 5 equazioni linearmente indipendenti nellincognita C. I

    tensori che compaiono nella (2.40) oltre a essere simmetrici hanno traccia nulla. Minimizzandolerrore ai minimi quadrati si ottiene:

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    La costante di Smagorinsky C ricavata dal modello dinamico pu assumere adesso valori sia

    positivi che negativi, col vantaggio di poter simulare gli effetti di cascata inversa di energia o

    backscatter. Il modello di Germano introduce per un nuovo errore generato dal fatto che la

    viscosit turbolenta considerata omogenea e isotropa, ipotesi che impone nellidentit (2.38)

    lallineamento deltensore degli sforzi di sottogriglia al tensore delle scale risolte. Di qui la nascita

    della versione anisotropa del modello di Germano o lo sviluppo di modelli misti i quali risolvono

    una parte delle scale SGS sfruttando le pi piccole scale risolte, ma per questi ultimi si rimanda a

    testi specialistici.

    2.4.2.c Modelli LES: Frattale FM

    Il modello in questione merita maggiore attenzione in quanto proprio su tale modello che stato

    sviluppato il codice proprietario S-HeaRT. Alla base del FM vi la teoria dei frattali utile a

    descrivere la geometria di oggetti di forma irregolare. Un frattale (termine coniato da

    Mandelbrot[15] nel 1975) un oggetto geometrico caratterizzato da un certo grado di auto-

    similarit, non strettamente geometrica, ma anche approssimata o statistica[16]. Un frattale ripete la

    propria struttura a diverse scale (fig.2.4).

    Fig.2.4:Frattale di Mandelbrot. Lo zoom a destra mostra una geometria simile a quella percepita a grande scala

    Ai frattali associata una dimensione che rappresenta una misura delle irregolarit di questi

    oggetti ed direttamente legata allevoluzione della loro forma. Se Dd la dimensione frattale di

    un oggetto immerso in uno spazio di dimensione d, L la dimensione di un lato di un cubo,

    contenente il frattale, Nil numero di volumetti di dimensione necessari a coprire interamente la

    forma del frattale, allora vale[16]:

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    Lapplicabilit di tale teoria ai fenomeni turbolenti sta nellanalogia tra i processi moltiplicativi,

    tipici dei frattali, di strutture a tutte le scale con il concetto di cascata di vortici. Il modello di

    sottogriglia (SGS), sviluppato dal Dott. Eugenio Giacomazzi, ha lo scopo di modellizzare le scale

    non risolte al di sotto delle dimensione del filtro sfruttando la natura frattale della turbolenza. Il

    FM sempre di tipo eddy viscositye simula una viscosit turbolenta funzione del numero divortici dissipativi che si formano dentro la generica cella di dimensione , e della viscosit

    molecolare:

    con

    costante di calibrazione del modello. Lipotesi di fondo dello schema numerico che il

    Reynolds alla scala del filtro sia sufficientemente alto da poter immaginare un range inerzialeallinterno della cella, cio una cascata di energia fino alla scala dissipativa(fig.2.5).

    Fig.2.5:Spettro dellenergia turbolenta E in funzione del numero donda in scala bi-logaritmica[16]

    Lisotropia delle scale pi piccole che vengono modellizzate garantisce la self similarity tipica

    frattale. Il punto di separazione del FMdalla teoria di Kolmogorov sta nel numero di vortici che si

    generano a partire da una data scala nel processo di cascata di energia. Una possibileinterpretazione della teoria statistica di Kolmogorov che da un vortice si genera uno e uno solo di

    dimensioni pi piccole[16]. Qui invece si immagina che un vortice iniziale di dimensione metta inmoto Ncvortici pi piccoli della stessa scala, e cos via fino alle strutture dissipative (fig.2.6). Sifaccia notare che non coincide con quello previsto da Kolmogorov; lenergia associata aunvortice di scala l vieneinfatti distribuita tra i vortici figlie da ognuno si dirama un processo di

    cascata indipendente. chiaro, sotto tale visione, che il trasferimento di energia risulta cos

    accelerato e ci sar tanto pi marcato tanto pi ci si spinge verso strutture pi piccole. In questomodo si riesce a simulare anche il tratto curvo di fig.2.5.

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    Fig.2.6:Produzione frattale di vortici a partire dal seme centrale (Nc=5)[16]

    Se si indica con Rcil rapporto tra una scala e la successiva considerato per ipotesi costante, con la dimensione del vortice di partenza e con Nl il numero di step (o livelli) necessari al

    raggiungimento della scala dissipativa, possibile ottenere dalla seguente relazione:

    Mentre il numero totale di vortici creati compreso il primo (il seme) e il numero di vortici di scala sono dati da:

    con Ncnumero di copie del seme imposto costante per semplicit. Il rapporto tra le due equazioni

    fornisce la frazione numerica delle scale dissipative rispetto al numero totale di vortici, che per il

    modello frattale vale:

    Inoltre per il range inerziale la potenza trasferita si conserva (si veda par.2.3), quindi si pu

    scrivere:

    avendo sostituito al tempo dissipativo il rapporto .

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    Manipolando opportunamente la (2.48) e ricordando che alle scale dissipative il Reynolds vale 1,

    possibile ricavate le grandezze caratteristiche del vortice pi piccolo, quali dimensione velocit e

    tempo:

    Questultime se confrontate con quelle ottenute dalla teoria di Kolmogorov (eqn.2.3) mantengono

    la stessa dipendenza funzionale dal Reynolds con la differenza che, nel FM, ci si riferisce alla

    cella e non al flusso. Nelfractal model, in aggiunta alle equazioni (2.3), si tiene conto, attraverso i

    rapporti di densit e viscosit, dellespansione delle scale dissipative per effetto della combustione.

    Stesso effetto, cio dissipazione a numeri donda pi piccoli, si ha se ad aumentare il numero di

    copie del seme (equ.2.46); lenergia dei vortici sempre pi piccola perch ripartita tra vortici[16].

    Rimane incognita la

    poich non si conoscono

    ,

    e

    . Nei problemi non reattivi, da

    considerazioni geometriche e passando per la definizione di dimensione frattale D3, possibile

    prescindere dalla conoscenza di queste ultime incognite e ricavare direttamente [16].Tralasciando i dettagli, si riporti di seguito lequazione risolutiva del numero di vortici di

    dimensioni generati in ogni cella:

    che sostituita nella (2.43) fornisce la chiusura del problema fluidodinamico. Caratteristica

    importante del modello appena presentato che nelle zone laminari si disattiva automaticamente

    poich la scala gi essa stessa dissipativa ( ). Il caso reattivo verr affrontato al paragrafo2.6, in particolare quando si analizzer laccoppiamento tra il modello di combustione e la

    turbolenza.

    2.5 MODELLO DI COMBUSTIONE: EDC[16]

    EDC lacronimo di Eddy Dissipation Concept rappresenta un modello di combustione

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    turbolenta sviluppato da Magnussen e Lilleheie[17]. Lipotesi di base che le reazioni chimiche

    avvengono in piccole strutture (fine structures) aventi due dimensioni dellordine della scala di

    Kolmogorov e la terza dellordine delle dimensioni della cella

    . Immaginando i vortici a struttura

    circolare possibile considerare le fine structures come tanti piccoli tubi cilindrici, chiamati

    reattori, allinterno dei quali avvengono le reazioni chimiche. La pi piccola dimensione di tali

    reattori () assicura un mescolamento a scale pi vicine a quelle molecolari, cio laddoveavvengono gli urti e quindi la combustione. Lipotesi aggiuntiva di Perfect Stirred Reactor(PSR)

    permette di semplificare di molto la trattazione; i reagenti vengono considerati perfettamente

    mescolati allinterno del reattore indipendentemente dal fatto che si voglia simulare una fiamma

    premiscelata o diffusiva. Si suppone inoltre che i reattori siano adiabatici e che non ci sia

    differenza di pressione tra i singoli reattori che occupano una certa frazione di volume dellacella e la restante parte di fluido che li circonda (surrounding fluid). Sotto tali ipotesi, per un

    volumetto reattivo , possibile scrivere le equazioni di conservazioni di massa per ogni singolaspecie coinvolta nella reazione, e dellenergia:

    ove , espressa in kg/m3s, la velocit di comparsa/scomparsa delli-esima specie; rappresentata solo una parte del volume totale occupato dalle fine structures ( ), ciounicamente la frazione di strutture dotate di temperature tali da consentire le reazioni ( ); sonoportate in massa da e verso ilsurrounding fluid; indica lentalpia sensibile; rappresenta il calore trasferito per irraggiamento dai reattori al fluido circostante, e infine [ ] il termine sorgente o pozzo di calore per effetto delle reazioni chimiche, esprimibile come:

    In stazionario i termini a sinistra delle equazioni (2.51) e (2.52) sono nulli e le portate in massa

    entranti e uscenti coincidono, quindi:

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    Capitolo 2Modellistica della turbolenza per flussi reattivi

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    avendo indicato con lapice 0 le grandezze del surrounding fluid e con * quelle legate al

    reattore . Introducendo inoltre il tempo di residenza nel reattore ( ) che per ipotesi si considerauguale al tempo di vita delle strutture fini, quindi dei vortici di piccola scala (

    ), si ha:

    Legando poi, per ogni cella, le grandezze del reattore e del surrounding a quelle filtrate come

    proposto dallo stesso Magnussen:

    si ottengono, con semplici passaggi, le equazioni risolutive dello stato del reattore:

    avendo imposto e trascurato lirraggiamento.2.6 ACCOPPIAMENTO COMBUSTIONE - TURBOLENZA

    Ci che lega il modello di combustione, appena presentato, al modello di turbolenza frattale la

    frazione di volume occupata dalla scale dissipative . La determinazione di questa grandezza,trascurata in precedenza, diventa ora necessaria nel trattare flussi reattivi comparendo

    esplicitamente nelle equazioni risolutive del modello EDC (eqn. 2.59 e 2.60).

    Sempre dalla teoria frattale possibile valutare la frazione di volume totale ( ) occupata datutte le scale turbolente che si formano al di sotto della dimensione del filtro e da questa risalirealla moltiplicando la frazione volumetrica per la frazione numerica delle scale dissipativerispetto al numero totale di vortici. Richiamando la definizione di dallequazione (2.47):

    e definendo come

    [16]

    :

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    Capitolo 2Modellistica della turbolenza per flussi reattivi

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    per la (2.49) e la (2.50), si ottiene:

    con dimensione frattale dello spazio tridimensionale.Il non per ancora noto in quanto rimane incognita la grandezza , cio il numero di copiedel seme. Per semplificare il modello, gi di per se pesante dal punto di vista computazionale, si

    effettua unanalisi asintotica mandando a infinito . Lesistenza dellasintoto consente di chiudere il problema.

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    Capitolo 3Progetto HyShot, simulazione e validazione

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    CAPITOLO

    3

    PROGETTO HYSHOT,

    SIMULAZIONE E VALIDAZIONE

    3.1 ORIGINI E SVILUPPO

    HyShot un progetto di ricerca sviluppato presso il Centro di Ipersonica dal lUniversit del

    Queensland (UQ) e coordinato dal Dr. Allan Paull. Il progetto nato con lintento di dimostrare la

    fattibilit della combustione in regime supersonico con prove in volo e confrontare i risultati di

    telemetria con quelli ottenuti sperimentalmente in galleria (T4 Shock Tunnel). Il programma

    iniziato nellOttobre del 2001 con HyShot I; il primo esperimento, utile a verificare la traiettoria

    del lanciatore, la strumentazione e la combustione, stato un fallimento a causa di un guasto al

    sistema propulsivo. Il test prevedeva il lancio del motore scramjet allinterno del nose del razzoTerrier-Orion Mk70 il quale, seguendo una traiettoria balistica, raggiungeva dapprima circa 300

    kmdi quota e successivamente, puntando verso la Terra e seguendo una traiettoria quasi verticale,

    accelerava fino a Mach 7.6. La traiettoria verticale di rientro offriva minori carichi termici e

    strutturali. Il profilo di volo riportato in fig.3.1 mostra le varie fasi della missione: al decollo per i

    primi 6.4 s il sistema era spinto con unaccelerazione di 22 g dal razzo Terrier raggiungendo

    velocit di 4000 km/he una quota di 3.7 km, in seguito alla separazione di questo primo stadio

    veniva acceso per altri 27 s circa il motore Orion contenente il payload. Questultimo stadio, acombustione ultimata, non veniva per separato dal carico utile poich si occupava della

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    Capitolo 3Progetto HyShot, simulazione e validazione

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    stabilizzazione del sistema in fase di rientro. Con questo secondo stadio venivano raggiunti gli

    8300 km/h. Le manovre di assetto allapogeo della traiettoria erano gestite interamente dal

    computer di bordo, equipaggiato di due sensori di assetto e tre magnetometri. Come sistema

    propulsivo per le modifiche di assetto si usava azoto in pressione stivato a bordo.

    Fig.3.1: Profilo di volo del test HyShot[18]

    Alla quota di 35 km e M=7.6veniva iniettato combustibile, nello specifico idrogeno, attraverso

    quattro orifizi di diametro 2 mm ciascuno, collocati 40 mm a valle dellingresso in camera dicombustione. Lacquisizione dei dati era principalmente

    affidata a trasduttori di pressione disposti lungo tutta la

    camera di combustione e sulla piastra di spinta. Leffetto

    combinato dello spin di stabilizzazione del lanciatore, unito

    a piccole variazione dellangolo di yaw, ha consentito

    lacquisizione di una vasta quantit di dati a diversi angoli

    di attacco e di yaw. Nel Luglio del 2002 stato effettuato

    un secondo test, questa volta eseguito con successo; si

    trattava diHyShot II. Il prototipo non rappresentava ancora

    lo scramjet definitivo, ma era stato progettato al solo scopo

    di verificare lancoraggio di fiamma in camera. Il disegno

    era stato realizzato dalla UQ (fig.3.2). Fig.3.2: PrototipoQinetiQ (sinistra);UQ (a destra)

    Un ulteriore successo stato conseguito nel Marzo del 2006 (HyShot III) con a bordo lo scramjet

    costruito dallazienda inglese QinetiQ; si trattava di un prototipo di forma cilindrica dotato di

    quattro camere di combustione. Cinque giorni dopo a HyShot IV stato dato il compito di

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    Capitolo 3Progetto HyShot, simulazione e validazione

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    qualificare i nuovi iniettori progettati da JAXA (Japan Aerospace Exploration Agency). La

    successiva collaborazione tra DSTO (Defence Science and Technology Organisation) del

    dipartimento di difesa australiano e US Air Force Research Laboratory(AFRL) ha dato il via a un

    nuovo progetto, HIFiRE (Hypersonic International Flight Research Experimentation) per lo

    sviluppo di una nuova generazione di sistemi propulsivi per trasporto civile capaci di volare a M =

    8. Dei dieci voli previsti, tre sono stati coordinati direttamente dalla UQ. HIFiRE 0, noto anche

    comeHyShotV, stato eseguito nel Maggio del 2009 e non prevedeva uno scramjet a bordo, ma

    servito unicamente a testare il sistema di controllo della traiettoria da impiegare nelle successive

    missioni. Nel test HyShot VI, avvenuto a Marzo del 2010, sono state invece effettuate misure di

    spinta del nuovo motore scramjet disegnato dallUniversitdel Queensland; in quella occasione

    per lo scramjetHyShot VI, separatosi anche dallultimo stadio (Orion), si sono registrate velocit

    di volo cinque volte superiori a quelle del suonoseguendo una traiettoria balistica simile ai primi

    voliHyShot.Lultimo della serieHyShot, la versione VII, in corso dopera, rappresenta il culmine

    dei due precedenti test HIFiRE. Lobiettivo raggiungere Mach di volo pari a otto mantenendo

    una traiettoria orizzontale per pi di un minuto.

    3.2 SET-UP DI SIMULAZIONE

    La geometria di HyShot, come raffigurato in figura 3.3, consiste in una presa daria rettangolare

    lunga 305 mm e larga 100 mm, una camera di combustione di dimensioni 300 75 9.8mm

    (fig.3.7)e da un condotto divergente lungo 200 mme largo 75 mm.

    Laria che entra nella presa dinamica alla pressione di circa1500 Pa e temperatura intorno ai 220

    K (h = 28 km) viene rallentata e compressa nellattraversare lurto formatosi sul bordo di attacco ,

    subendo cos una deviazione angolare di 18. Questa pi a valle soggetta a una seconda

    deviazione (compressione) che tende ad allineare il flusso prima dellingresso in camera. La

    feritoia, creata sul lato superiore dello scramjet, stata studiata con lintento di favorire la

    fuoriuscita dellonda durto e impedire la separazione dello strato limite immediatamente

    allingresso del combustore. Allo stesso tempo, lo strato limite, che si forma sulle pareti della

    presa dinamica, viene risucchiato dentro questa fessura evitando cos unulteriore riduzione della

    sezione utile della camera di combustione. Laria entrando in condizioni supersoniche (M = 2.79)

    reagisce con lidrogenoiniettato in cross flow (90rispetto alla direzione principale del moto) dal

    lato superiore della camera. I prodotti di combustione caldi vengono poi fatti espandere attraverso

    la piastra di spinta seguendo un angolo di 12.

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    Fig.3.3: Geometria dello scramjet HyShot e condizioni di volo durante il test. In rosso evidenziata la porzione di motore simulata [19]

    La simulazione nel presente lavoro relativa al solo combustore evidenziato in rosso in fig.3.3

    assumendo una quota di volo di 28 Kme angolo di attacco 0. Le condizioni di ingresso in camera

    sono state ricavate da una precedente simulazione del Prof. Jeung presso la Seoul National

    University[20]. Impostare un corretto profilo di velocit per lo strato limite, gi completamente

    sviluppato nel punto a, consente di evitare la formazione di unonda durto spuria (non fisica). Il

    problema nasce dal fatto che non si sta simulando la zona antecedente alla camera di combustione,

    per cui necessario impostare le condizioni al contorno includendo lo strato limite presente sul

    tratto che va dal bordo di attacco inferiore dello scramjet e il punto a.Nella seguente tabella

    sono riportate le condizioni di ingresso di combustibile e ossidante:

    = 0.426 Aria IdrogenoPressure [Pa] 82110 307340

    Mach 2.79 1Density [kg/m ] 0.2358 0.3020Temperature [K] 1229 250

    Velocit del suono [m/s] 682.9 1204.4Velocit del flusso [m/s] 1905.291 1204.4

    Tabella 1:Condizioni di ingresso in camera di combustione

    La griglia 3D di tipo strutturato ed costituita da circa nodi (878 nella direzioneparallela al flusso,448e128in quella trasversale rispettivamente lungo x e y). La distribuzione

    delle celle non uniforme (fig.3.4), ma prevede un maggior infittimento lungo zattorno alla zone

    di iniezione tra = e = per poi diradarsi gradualmente a valle della camera. Indirezione x vi una maggiore concentrazione di nodi a parete e su tutta una zona centrale (2 cm 1) e spostandosi verso valori di entropia maggiori (dS > 0), il

    flusso rallenta fino alla condizione sonica come confermato in fig.3.14. Il punto, caratterizzato da

    M = 1, rappresenta un limite oltre il quale non pi possibile fornire calore dato che lentropia non

    pu diminuire (choking termico). Si noti che il ramo supersonico, da sinistra a destra, attraversaisobare caratterizzate da pressioni via via maggiori.

    Fig.3.9: Comportamento di un flusso Rayleigh per entrambi i regimi di moto (subsonico e supersonico) [26]

    La spiegazione fisica del diverso comportamento tra il regime di moto subsonico e quello

    supersonico che per M > 1 laumento dello stato di agitazione molecolare, dovuto alla

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    combustione, comporta un numero maggiore di urti a livello molecolare costituendo un vero e

    proprio ostacolo al moto dinsieme; le particelle non hanno il tempo di ridistribuirsi visto che la

    loro velocit caotica (macroscopicamente molto vicina alla velocit del suono) inferiore a quella

    del flusso e il libero cammino medio diminuisce. Di norma si infatti soliti costruire camere di

    combustione che siano leggermente divergenti, in modo che il flusso torni ad accelerare ed

    possibile continuare a somministrare calore.

    Tornando alla fig.3.8, a met tra la sezione di ingresso e liniettore, si forma un treno di onde di

    compressione ed espansione generate dallinterazione della corrente daria che viaggia a elevata

    velocit (V 1900 m/s) con i getti di idrogeno provenienti dai quattro iniettori. Londa durto che

    si forma a partire dalla superficie inferiore a z 2 cm dovuta alla separazione in quel punto dello

    strato limite. Tale separazione causata dallimpatto della corrente supersonica daria con il getto

    di combustibile trasversale alla direzione di moto. Analogamente a quanto accadrebbe nel moto di

    blunt bodies in correnti supersoniche, lurto, non riuscendo a deviare il flusso, si distacca di una

    quantit proporzionale alla differenza di quantit di moto aria-combustibile e allangolo di

    iniezione. Tra i getti e londa durto si forma una stretta regione subsonica nella quale lo strato

    limite separa con formazione di pi bolle di ricircolo attraverso le quali lidrogeno viene

    trasportato a monte. Lestensione di separazione cos pronunciata da attribuirsi

    allaccoppiamento di pi effetti: londa durto generata attraversa trasversalmente la camera di

    combustione fino a collidere con la parete sottostante, i forti gradienti di pressione, modificano lo

    strato limite stesso deformandolo. La deformazione interessa una regione pi estesa della zona di

    collisione essendo a parete il regime di tipo subsonico. Lurto, penetrando nello strato limite, si

    indebolisce e si incurva per effetto

    della riduzione della velocit fino a

    scomparire del tutto al di sotto del Mach

    sonico; lincremento di pressione,

    generato a valle di questo, favorisce

    lispessimento (gradiente di pressione

    avverso) e lo strato limite separa. La

    corrente supersonica a monte vede di

    conseguenza una graduale riduzione

    della sezione di passaggio con

    formazione di pi onde di compressione Fig.3.10: Schema semplificato di interazione dellaria con il getto di H2

    che al di fuori dallo strato limite coalescono in un urto. Questo inevitabilmente interagisce con

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    lurto di partenza e le rispettive riflessioni vanno a modificare nuovamente lo strato limite di

    entrambe le superfici della camera. Lo schema di interazione, riportato in fig.3.10, mostra la

    complessit del fenomeno, per cui da ogni urto che penetra nello strato limite se ne generano altri

    due pi unonda di espansione.

    Le figure 3.11(a), (b) e (c) forniscono una panoramica generale di quello che accade

    dallinterazione dei getti con la corrente daria. Si noti che la scala in z stata modificata, in

    particolare compressa, per consentire una visione totale dei vari fenomeni. Le pendenze delle onde

    durto sono di norma inferiori, in accordo al basso rapporto di quantit di moto delle due correnti.

    Il parametroj, definito come 22 su 2 , fornisce indicazioni riguardo la penetrazionedel getto di combustibile allinterno della corrente principale e per le nostre simulazioni pari a

    0.51.

    Fig.3.11:Isolivelli della Uz sul piano passante per il centro del 2 iniettore con sovrapposti i vettori di velocit (a); isolivelli sul medesimo piano

    di densit (b) e pressione (c)

    Laria al di fuori dello strato limite subisce una prima compressione a circa z = 20 mm in cui

    pressione e densit salgono rapid