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Udienza 27 giugno 1910; Pres. Catastini, Est. Persico, P. M. Cipollone (concl. contr.); Macchia (Avv. Brenzini, Attalla) c. Balestri (Avv. Cocchi Ott) Author(s): G. P. Source: Il Foro Italiano, Vol. 35, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1910), pp. 1131/1132-1135/1136 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23113070 . Accessed: 28/06/2014 10:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 10:28:02 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

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Udienza 27 giugno 1910; Pres. Catastini, Est. Persico, P. M. Cipollone (concl. contr.); Macchia(Avv. Brenzini, Attalla) c. Balestri (Avv. Cocchi Ott)Author(s): G. P.Source: Il Foro Italiano, Vol. 35, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1910), pp. 1131/1132-1135/1136Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23113070 .

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1131 PARTE PRIMA 1132

CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 27 giugno 1910; Pres. Catastini, Est. Persico,

P. M. Cipollone (conci, contr.) ; Macchia (Avv. Bren

zini, Attalla) c. Balestri (Avv. Cocchi Ott).

Infartont «al lavoro — Operai aventi diritto all'asal

caraxlone — Caratteri — Carrettieri piccoli Impren

ditori (L. 31 gennaio 1904, sugli infortuni del la

voro, art. 1, 2).

Operaio addetto all' impresa, e perciò avente diritto al

l'1 assicurazione, è quello il cui lavoro si collega, con un

intimo nesso di mezzo a fine e con carattere continua

tivo, allo scopo propostosi dall' impresa. (1)

Quindi i carrettieri che, per proprio conto e senza stabile

occupazione presso un imprenditore, assumono il tra

sporto di merci con carretto e cavalli di loro pro

prietà, devono essere considerati, agli effetti della legge

sugli infortuni, non come operai, ma come piccoli im

prenditori. (2)

La Corte, ecc. — Attesoché col primo mezzo si censuri

anzitutto la sentenza del Tribunale di Livorno per avere

manifestato il concetto che l'attore Balestri fosse da con

(1-2) La questione è nuova ed importante. Un precedente analogamente deciso può vedersi nella sentenza della Cassa zione di Palermo 21 marzo 1908 (Foro it., Rep. 1908, voce Infor tuni, n. 198).

È bene anche tener presente la sentenza pronunciata in que sta stessa causa dal Pretore di Livorno, 2 marzo 1909 {id., Eep. 1909, voce cit., n. 36), della quale la Corte fiorentina, nel cas sare la sentenza del Tribunale, è venuta implicitamente a ri conoscere l'esattezza giuridica.

Il Pretore aveva infatti osservato : « Il Balestri esercita, sia pure in minime proporzioni, l'in

dustria del vettore ; si serve infatti di materiale di sua proprietà, può liberamente oggi impegnarsi con una persona, domani con

un'altra, senza che per questo chi spedisce o riceve la merce

possa opporsi quando il trasporto avvenga senza inconvenienti. E tenuto sotto la sua responsabilità alla consegna della merce a lui affidata, ed ha obbligo di invigilare per la sua conserva zione. In una parola, il barrocciaio, della specie del Balestri, esplica un'attività autonoma e indipendente tanto dal mittente

quanto dal destinatario. . . Da tal figura si differenzia l'altra

figura del barrocciaio operaio, del lavoratore vero e proprio che con salario determinato impiega l'opera sua alle dipendenze dirette di un imprenditore da cui gli vengono forniti i cavalli ed i barrocci, e che deve eseguire gli ordini che a lui vengono tassativamente impartiti ». E in base a tali considerazioni aveva concluso che la legge sugli infortuni era applicabile solo ai bar rocciai di questa seconda specie, e non a quelli della prima, a cui indubbiamente il Balestri apparteneva.

Ma il Tribunale di Livorno andò in contrario avviso con sentenza 2 agosto 1909 (per quanto ci consta, rimasta inedita), sostenendo in sostanza che « se guardato sotto un certo aspetto si può ritenere l'appellante Balestri un piccolo imprenditore, questa qualità viene assorbita quando esso entra a lavorare e par tecipare in un' impresa ampia e più vasta, come quella del Mac

chia, della quale viene a compiere una estrinsecazione natu rale ».

A maggior svolgimento della questione crediamo utile ri ferire anche quanto il prof. E. Serafini, in un suo parere per la Ditta Macchia nel giudizio d'appello, scriveva circa la differenza che in fatto e in diritto intercede fra l'operaio vero e proprio che stà all'altrui dipendenza e il piccolo imprenditore :

« Yi hanno delle industrie, le quali non possono assere com

piutamente esercitate se non si ha dall' industriale a propria dipendenza un certo numero di addetti al carico, scarico e

trasporto, corrispondenti alle necessità ordinarie del lavoro quo tidiano.

« Il commerciante, che non può consegnare entro il proprio magazzino all'acquirente la merce vendutagli, tiene alle proprie dipendenze stabilmente, secondo l'entità del proprio lavoro, dei

facchini, i quali, a termini dell'art. 7 della vigente legge sugli

siderarsi come un operaio ai sensi degli art. 1 e 2 L.

31 gennaio 1904 per gli infortuni degli operai sul lavoro,

e in tale sua qualità avesse diritto all'assicurazione, e

si afiermi clie con quel concetto il Tribunale ha invece

violato cotesti articoli, o quanto meno non ne ha dimo

strato in modo certo ed univoco l'applicabilità nel caso

concreto.

Ora, quando si ponga mente alle risultanze degli atti

della causa, quali sono state ritenute dalla sentenza de

nunziata, e le si mettano in raffronto non solo colla let

tera, ma altresì collo spirito informatore della legge su

gli infortuni, sarà facile persuadersi che cotesta censura,

che forma principalmente argomento del primo mezzo, è

perfettamente fondata, non fosse altro sotto il rispetto della perplessità della motivazione.

E di vero, i giudici del merito ritennero in fatto che

il Balestri non faceva parte del personale al servizio con

infortunì, debbono essere assicurati contro i sinistri che pos sono colpirli.

« Ma vi hanno delle attività che industriali e commercianti ed anche cittadini, i quali non compiono atti di commercio, si trovano in determinate ma rare circostanze a dovere esplicare e per cui si rende loro necessaria in via eccezionale l'opera di un carrettiere. Dall'altro lato, quegli industriali e commercianti che ordinariamente — come opera subordinata ma necessaria alla

integrazione del proprio esercizio — compiono operazioni di tra

sporto e tengono a questo scopo presso di sé permanentemente salariati dei facchini, hanno di tanto in tanto, per circostanze

speciali, un qualche lavoro improvvisamente più esteso del so lito ; ricevono — per mantenersi nell'esempio fatto e che si at

taglia al caso nostro — delle ordinazioni straordinarie di speciale entità, per cui, mentre non possono assumere a proprio ser

vizio altri operai (appunto perchè si tratta di casi straordinari), debbono però per un giorno, e magari per poche ore, ricorrere

all'opera di qualcuno che venga a fare quel trasporto per cui

i loro operai disponibili non sono sufficienti. Ed allora sorge una figura particolare di imprenditore che

esercita l'industria dei trasporti, assumendo per conto suo, oggi da Tizio, domani da Caio, secondo che gli capita, questi lavori, senza impegnarsi con nessuno per più di quel che non importi un singolo atto di trasporto.

« E in questa industria, come in tutte le altre, gli impren ditori si presentano in varie forme, che non sono però, diremo

cosi, se non diverse gradazioni di una stessa figura. Come vi è il commerciante di vini all'ingrosso che fa importazione ed

esportazione, acquisti e vendite in grandi partite, con ampi lo

cali e personale numeroso, e accanto a questo si trova il pic colo bettoliere che vende a bicchieri ad una ad una qualche ma

gra botticella ; così si ha la grande impresa di trasporti, con

carriaggi e facchini numerosi, e la piccola impresa esercitata in famiglia, con uno o due garzoni, e magari a solo da un pro prietario di uno o due cavalli e barrocci, che è il caso presente.

E la figura del barrocciaio-facchino, stabilmente occupato e sa lariato presso una ditta, è completamente e sostanzialmente di versa da quella del piccolo imprenditore di trasporti. Noi possia mo, tra queste due figure, far quella medesima differenza che intercede fra un cocchiere addetto stabilmente presso una fa

miglia e il piccolo proprietario di vettura di piazza. E la diffe renza essenziale sta appunto in questo, che 1' uno è un operaio, un salariato, mentre l'altro è un imprenditore.

« Nè la differenza può apparire di difficile apprezzamento quando si pensi a questi dati fondamentali : che l'operaio sala riato non corre nessun rischio, perchè egli sa perfettamente quali sono le condizioni in cui lavora, quale il suo onorario, quale il suo guadagno ; mentre il proprietario di barrocci, che lavora oggi per una ditta, domani per un privato, dopodomani per un altro, è soggetto all'alea delle condizioni del mercato, soggetto a periodi di inerzia, susseguiti magari da periodi di eccesso di lavoro, è soggetto insomma ad un rischio, che sarà

pur piccolo, proporzionato alla piccolezza dell' impresa sua, ma che fondamentalmente esiste e caratterizza con precisione la sua figura economica ».

Concetti questi ai quali crediamo di poter fare completa adesione. O. P. G. P.

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1133 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1134

tinuativo della Ditta Macchia, ma era un carrettiere che,

adoprando barroccio e cavalli propri, prestava l'opera sua

indifferentemente ad ogni richiesta, ora al servizio di un

commerciante, ora di un altro, e lavorava, magari nello

stesso giorno, alle dipendenze di diverse ditte ; ritennero

ancora che spesse volte, abitualmente quasi, il Macchia

adoprava dei barrocciai per il trasporto del carbone, dando

loro tale incarico ogni singola volta che gli occorreva, sia

pur isolatamente, e che soltanto sotto questo punto di vi

sta ogni barrocciaio all'uopo adibito era da considerarsi

come un dipendente diretto dell' imprenditore. Ciò premesso, è evidente che tali circostanze di fatto

ha tratto il Tribunale di Livorno erronee conseguenze

giuridiche allorché ha affermato che il Balestri dovesse

considerarsi come un operaio al servizio del Macchia, nel

senso che questi avesse obbligo di garantirlo dal rischio

professionale ; e l'errore consiste nel non essersi formato

un concetto esatto degli estremi che la legge sugli infor

tuni richiede perchè il lavoratore possa godere del bene

ficio da esso impartito. Infatti per l'art. 1 della legge, affinchè l'operaio possa

pretendere l'assicurazione ivi disposta, è necessario che

egli sia addetto a taluna delle imprese che in quell'arti

colo sono specificate. Senonchè non deve fraintendersi il

significato nel quale la parola addetto è stata adoprata

dal legislatore. Con tale parola si è voluto manifestare

il concetto che l'operaio sia all'immediata e diretta di

pendenza di una determinata impresa e presti al servizio

di questa tutta la sua attività personale, sia pure in modo

avventizio, ma continuativo, in relazione con la durata

del lavoro (art. 6), con l'obbligazione personale di dare,

durante il periodo stabilito per il lavoro, l'intera sua

opera all'impresa, e di non locarla ed assoggettarla ad al

tro conduttore : insomma, si è voluto intendere che tra

il lavoro dell'operaio e lo scopò dell' industria, che l'im

presa si propone, corra un intimo nesso di mezzo a fine.

Non basta pertanto, agli effetti della legge speciale di

cui si tratta, che il lavoro dell'operaio abbia semplice mente relazione o attinenza coli' industria che dell' im

presa forma oggetto, nè che si tratti di un lavoro occa

sionale, temporaneo, che si esegua in poche ore, ma oc

corre che codesta relazione rivesta i requisiti della con

tinuità e della causalità, requisiti indispensabili onde

l'impresa possa raggiungere il fine che si è prefisso. A cagion d'esempio, in un' impresa di costruzione è

necessaria l'opera continua del muratore e del manovale,

giacché senza costoro non si può eseguire l'edificazione

che è lo scopo cui l'impresa è diretta, cosicché tanto il

muratore quanto il manovale debbono essere considerati, ai

sansi della legge, operai addetti all'impresa ; altrettanto in

vece non potrebbe dirsi di coloro che sono addetti nelle for

naci a formare i mattoni, giacché la loro opera ha bensì

attinenza e relazione coli' impresa di costruzione, ma con

tribuisce a costituire un' industria a sé, quella dei forna

ciai ; per la qual cosa essi avranno bensi diritto ad esser

protetti dall'assicurazione qualora concorrano tutti gli al

tri elementi richiesti dalla legge, ma l'obbligo correlativo

di assicurarli non starà a carico dell'impresa delle costru

zioni, sibbene a carico dell' impresa per l'industria delle

fornaci, alle cui dipendenze direttamente e immediata

mente si trovano.

La parola usata dal legislatore (addetti da addieere,

obbligare stabilmente), adunque, persuade il Supremo

Collegio che non qualsiasi lavoro può dar diritto all'ope

raio di pretendere l'assicurazione, ma soltanto quel la

voro che riveste gli estremi di cui si è sopra discorso.

E lo spirito cui si è informata la legge nel dettare

quelle disposizioni conforta codesto concetto, imperocché

dall'esame sintetico della legge e del regolamento relativo

si rileva che, se il legislatore si preoccupò doverosamente

di risarcire l'operaio dai danni cui può andare incontro

nell'esecuzione del lavoro a lui commesso, non poteva,

senza dar luogo a gravi inconvenienti ed a possibili at

triti fra le classi dei proletari e degli industriali, prescri

vere che da qualsiasi lavoro, fosse pure momentaneo o

transeunte, sorgesse il diritto nell'operaio di pretendere

la garanzia del rischio professionale. Poste dunque queste norme regolatrici e ritenute le

circostanze di fatto quali nella sentenza denunciata sono

state esposte, è evidente che i giudici del merito, nel de

cidere la specie in esame, non ebbero un chiaro e preciso

concetto delle dette regole e non ne fecero esatta e cor

retta attuazione. Imperocché, avendo il Tribunale rite

nuto che il Balestri non fosse al servizio di nessuna ditta,

e nemmeno della Ditta Macchia, e che prestasse l'opera

sua a chiunque glie la richiedesse, non si comprende come

potesse poi, senza violare le dette norme, annoverarlo tra

gli operai a favore dei quali è largito il beneficio dell'as sicurazione dal rischio professionale.

Dalle circostanze di fatto ammesse dal Tribunale con

seguiva invece più ammissibile l'ipotesi che il Balestri, come esattamente ebbe a giudicare il Pretore di Livorno

nella sua elaborata sentenza, dovesse piuttosto essere con

siderato come un piccolo imprenditore di trasporti per

conto proprio ; e ciò, sia perchè esercitava la sua attività

in modo autonomo, sia perchè il guadagno, che egli ri

traeva dall'industria, rappresentava non solo il compenso

del suo lavoro, ma altresì il lucro che esso ricavava dal

l' impiego dei capitali costituiti dal barroccio e dai ca

valli di sua proprietà; sia, finalmente, perchè, a diffe

renza dell'operaio che trovasi alle dipendenze dirette ed

immediate di un' impresa ed è da questa retribuito con

salario fisso o a cottimo, il Balestri, lavorando per conto

proprio, correva l'alea della mancanza di lavoro ed era

soggetto ad un rischio che, come bene osserva il ricorrente,

caratterizza con precisione la sua figura economica.

Ma non solo la sentenza denunciata nell'interpreta

zione del disposto degli art. 1 e 2 della legge speciale

vigente nella materia è venuta meno all'osservanza delle

regole su esposte ; essa ha pure violato, sotto altro ri

guardo, il disposto degli art. 360, 361 e 517 cod. proc.

civ., e giustamente gliene viene mossa censura in fine

del mezzo primo del ricorso.

Infatti il Tribunale, dopo aver considerato che « guar

dato sotto un certo aspetto si può ritenere il barrocciaio

come un piccolo imprenditore », soggiunge che « questa

sua qualità viene assorbita quando esso entra a lavorare

e partecipare in un' impresa ampia e più vasta ecc. ».

E così ragionando, oltre a contraddirsi, si espresse con

una motivazione incerta e perplessa sul concetto saliente

della causa, quale è quello che ha per fine di stabilire

quando, come e perchè il piccolo imprenditore di trasporti

cessi di essere tale per diventare un semplice operaio.

Ed è massima costante di questa e delle altre Corti

regolatrici che la motivazione perplessa ed incerta equi

vale a mancanza di motivazione e produce quindi la nul

lità della sentenza in base al disposto degli articoli di

legge sopra citati.

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1135 PARTE PRIMA 1136

Infine ha motivato in modo equivoco e non esau

riente in riguardo al combinato disposto degli art. 1 n. 2

e 7 della detta legge, laddove esprime il convincimento

che « spesse volte, abitualmente quasi, il Macchia adopra va barrocciai, operai ecc., e che l'essenziale si è che nella

mattinata in cui avvenne l'infortunio il Macchia per i

bisogni del suo commercio si servì dell'opera di più di

cinque barrocciai ; quindi egli doveva tutti iscriverli nel

suo registro-paga agli effetti dell'assicurazione».

Dalle quali espressioni non risulta positivamente sta

bilito, come vuole la legge, che costui occupasse in me

dia abitualmente più di cinque operai. Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 17 marzo 1910; Pres. Ostermann P. P., Est.

Milano, Società idroelettrica italiana (Avv. Campi,

Bruno, Cattaneo, Marcora, Abbove) c. Astori e

altri (Avv. Pozzi, Ferraris, Beltramelli).

Società — Società per azioni — Cambiamento deli og

getto — Diritto di recesso del soci (Cod. comm.,

art. 158). Hanno diritto di recedere dalla società i soci dissidenti

dalla deliberazione eon la quale Vassemblea ordinaria

abbia approvato Voperato degli amministratori, quando da tale operato consegua un mutamento dell'oggetto della società. (1)

La Corte, ecc. — Osserva che la questione che dap

prima si fa a sollevare la Società idroelettrica ricorrente

non è che la ripetizione di quella che essa aveva di già

(1) Questa massima sembra forse alquanto oscura ed ambi

gua. Tengo ad avvertire che in tal caso essa è da ritenere esat tamente rispondente alla decisione donde è tratta, la quale è

appunto oscura ed ambigua. Non è facile comprendere infatti se la Cassazione torinese

abbia voluto ritenere ammissibile l'esercizio del diritto di re cesso in seguito al mutamento dell' oggetto sociale avvenuto di fatto per le operazioni compiute dagli amministratori ; o ab bia invece inteso dire che basta a legittimare il recesso la deli berazione con la quale l'assemblea ordinaria abbia approvato le operazioni degli amministratori esorbitanti dai limiti dell'og getto sociale. Questa seconda ipotesi sembra però più verosimile.

Ma non è del resto necessario risolvere il dubbio, poiché io intendo dimostrare che in ambedue le ipotesi, od anche in

qualsiasi altra per avventura più benigna, la decisione della Corte suprema non può essere approvata.

La stessa valutazione dei fatti che han dato luogo alla con troversia non sembra esatta. Gioverà quindi rifarsi da quelli, tenendo conto anche della confermata sentenza App. Milano 5 novembre 1909 (edita dalla Temi lomb., 1910, 61), oscura ed

ambigua anch'essa.

I. — L'atto costitutivo della Società idroelettrica, costituitasi in forma successiva (Boll, uff., 1906, fase. XXXIV. p. 11), all'art. II così indicava l'oggetto dell' impresa sociale : « Scopo della So cietà è la produzione e distribuzione dell'energia elettrica uti lizzando le forze idrauliche ricavabili dai rivi valtellinesi : Bitto, Tartano, Masino, Coderà e Eatti, e quelle altre successive che la Società credesse del caso. Potrà essa anche prender parte cipazione e cointeressenza in aziende simili, sia in forma diretta

che indiretta e coll'acquisto di azioni o compartecipazione sotto

qualsiasi forma ». Lo statuto, più genericamente, all'art. 2 diceva essere « scopo

della Società la produzione e la distribuzione dell'energia elet trica nonché delle sue applicazioni in genere. Potrà anche pren der partecipazioni in aziende similari ».

Ora, come si rileva dall'annotata sentenza, è avvenuto che

dopo la costituzione della Società, essendosi reso disponibile un

altro rivo di maggiore importanza di quelli già in programma,

opposto davanti la Corte di Milano per contrastare la

domanda subordinata dei soci dissenzienti dalla delibe

razione dell'assemblea 30 gennaio 1908, i quali, pel ri

flesso che si fosse mutato l'oggetto della Società, facevano

valere il diritto di recesso di cui al n. 6 dell'art. 158 cod.

il Consiglio d'amministrazione ne sollecitò ed ottenne la con

cessione, e diede opera all'utilizzazione del nuOvo rivo insieme a quella di uno degli altri già contemplati. Il lamentato muta mento dell'oggetto sociale consisterebbe appunto nella sostitu zione dello sfruttamento di un nuovo corso d'acqua non com

preso tra quelli di cui era fatta parola nell'atto costitutivo. Alcuni azionisti, avuta notizia degli affari intrapresi dagli

amministratori, domandarono che fosse inserita nell'ordine del

giorno della prossima assemblea ordinaria una proposta così formulata : « a) Richiesta al Consiglio d'amministrazione di co municazioni dettagliate dei lavori sinora compiuti e di esposi zione del programma che intende attuare ; b) discussione del

l'operato del Consiglio d'amministrazione, sopratutto in merito al programma tecnico e finanziario fin qui svolto in relazione a quello posto a base della costituzione della Società; c) prov vedimenti e proposte in merito ai commi precedenti, nonché discussione e provvedimenti in merito alle eventuali responsa bilità ».

L'assemblea approvò il bilancio e l'opera degli amministra

tori, respinse l'ordine del giorno della minoranza, e votò da ultimo la seguente deliberazione : « L'assemblea, udita la rela zione del Consiglio, ha approvato, come approva, il suo ope rato, per quanto riguarda il programma tecnico finanziario

adottato e lo incoraggia a darvi piena esecuzione. Approva in fine in base alla relazione dei sindaci il bilancio chiuso al 31 di

cembre 1907 » . In seguito a questa deliberazione gli azionisti dissidenti

fecero dichiarazione di recesso per mutamento dell'oggetto della

Società, ed è questa dichiarazione di recesso che la Corte d'ap

pello di Milano ed ora la Cassazione hanno ritenuto valida ed

efficace, e che io ritengo invece per moltissime ragioni non va lida o almeno non efficace.

II. — Un primo ordine di ragioni consiste nella valutazione

dei fatti. Mi sembra che nella specie, non si potesse parlare di cambiamento dell'oggetto. Si intende che occorre tener pre sente un concetto esatto di ciò che sia quel cambiamento del

l' oggetto, il quale, costituendo un mutamento dello statuto, deve essere deliberato a norma dell' art. 158 cod. comm. e dà

luogo al diritto di recesso dei dissenzienti.

Non ogni deviazione dallo scopo sociale può essere consi

derata come mutamento dell'oggetto, perchè non ogni devia

zione è un mutamento dello statuto.

Certo non è agevole fissare in linea generale il concetto

di « cambiamento dell'oggetto > (vedi su ciò la mia nota in Foro

it., 1905, I, 1380), poiché è una pura questione di interpreta zione di volontà vedere se l'oggetto della società, come si trova

determinato dopo la modificazione, sia o no diverso da quello che era prima: interpretazione della volontà dei soci nella deter

minazione dell'oggetto nella prima formolazione delio statuto, ed

interpretazione della volontà manifestata nel modificare lo sta tuto stesso. Ed a seconda dell' intenzione dei soci può aversi cambiamento per deviazioni qualitative dalle operazioni indicate nello statuto, od anche solo per deviazioni quantitative. Il Ma nara (Trattato della società, I, n. 163) osserva giustamente : « Oc corre stabilire qual'era l'oggetto della società in tutta la deter

minatezza che esso ebbe al momento in cui la società si costi

tuì, e mettere a raffronto col medesimo l'oggetto della società

qual risulta dopo la deliberazione che introdurrebbe il preteso cambiamento ».

La difficoltà di questa ricerca diventa anche maggiore quan

do,, come nella specie, si deve vedere se l'oggetto è stato mu

tato, senza avere una formale deliberazione da interpretare. Tuttavia è chiaro che l'utilizzazione elettrica di un nuovo

corso d'acqua poteva essere considerata come un cambiamento

dell'oggetto della Società idroelettrica solo per deviazione quanti

tativa, e unicamente quindi nel caso che nello statuto fossero tassa

tivamente indicati i corsi d'acqua da utilizzare. E questo in so stanza ha creduto di aver assodato la Corte d'appello, ma a

torto, ed esorbitando dai confini che devono limitare la ricerca

della intenzione delle parti nella determinazione dell'oggetto della società.

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