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AA.VV. - Lettere a Lotta Continua

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    "Le donnei cavuiiier,l'arme,gli amri, le efesie, ''audaci imprese io canto .."

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    edizioni coop,gorn. lotta continua

  • LETTERE A LOTTk CONTINUA

    C4RE COMPAGNE C4RI COMPAGNI

    "Le donne,i cavallier,l'arme,gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto..."

    la storia del 77 in 350 lettere

    EDIZIONI COOPERATIVA GIORNALISTI LOTTA CONTNUA

  • 5. Nota introduttiva

    Copyright 1978 Ediz. Coop. giornalisti Lotta Continua via dei Magazzini generali, 30 00153 Roma Supplemento al n. 48 del 28-2-78 del quotidiano Lotta Continua reg. trib. Roma n. 1442 del 13-3-72 Finito di stampare nel mese di febbraio 1978 nella Tipografia 15 Giugno via dei Magazzini generali 30 00153 Roma

    7. 35. 69.

    115. 145. 175. 191. 225. 271. 305.

    Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

  • AMMELMA

    4MtfMMkfeft

    In questo libro sono raccolte lettere pubblica-te dal quotidiano Lotta Continua nel corso del-l'anno 1977. Sono una parte minima delle migliaia che ci sono giunte. Altre ottomila, circa, sono pur-troppo ancora inedite.

    Non sono queste le pi belle, nemmeno le pi brutte. Neanche un campione rappresentativo. Sono 350 lettere, una di seguito all'altra, datate mese dopo mese. Non hanno bisogno di essere raccolte per argomenti, ogni lettera completa nella sua espressione.

    Migliaia di persone, di compagne e compagni hanno preso la penna in mano, hanno pensato, hanno scritto. Hanno in questo modo comunicato tra loro. E' un fatto importantissimo, unico, se si guarda alla complessit degli argomenti, delle si-tuazioni, dei problemi affrontati. Non deve esse-re disperso.

    Queste non sono lettere di Lotta Continua. Ap-partengono a chi oggi si sente parte dell'opposizio-ne rivoluzionaria, del dissenso, a chiunque viva in maniera talvolta drammatica ma mai rassegnata il problema della trasformazione quotidiana della vita, il problema della rivoluzione.

  • Un editore ha messo le mani sulle lettere a Lotta Con-tinua , per farne un libro chiaramente a scopo di lucro. Non ci ha nemmeno consultato.

    Questa iniziativa che abbiamo tentato e tuttora ten-tiamo di bloccare ci ha creato grossi problemi di tem-po, finanziari e di distribuzione. Uscire insomma prima possibile e nella maniera migliore per neutralizzarla an-che in questo modo.

    Il tempo un record una settimana il finanzia-mento non ancora risolto e la distribuzione sembrava esse-re uno scoglio insuperabile. Per le librerie ci siamo tro-vati di fronte al rifiuto delle grandi catene di distribuzio-ne. Per questo abbiamo chiesto solidariet ai compagni della Savelli. Ci stata data e cos possiamo usare la loro avviata e capillare rete distributiva.

    marzo

    Le Camere riunite discutono il rinvio a giudizio di Gui e Tanassi, mentre a Pisa preci-pita di nuovo un Hercules. Muoiono 40 militari. Tramontani, ufficiale dei ca-rabinieri assassina a freddo, a Bologna Francesco Lorusso. Chiss se il tuo accento ba-rese si sentiva ancora sotto ia parlata del Nord . Nasce la tesi del complotto, ad opera del PCI, in difesa della sua Bologna e delle istituzioni repubblicane. Con-duce l'istruttoria il giudice Ca-tal ariotti. Centomila manifestano a Ro-ma. E' il 12, Francesco mor-to da un giorno. Pioggia e schieramento militare indi-

    " menticabili. Una forza enor-me, numerica. Una potenzia-lit frustrata dalle contraddi-zioni interne. La citt vuota nelle sue strade, tanti arresti, rabbia incontrollabile, ama-rezza. Poi, una discussione aspra. Scioperano 10 milioni di la-voratori, per lo sviluppo del Mezzogiorno. Mentre Andreot-ti tratta col Fondo monetario e si intende coi sindacati sui temi del costo del la-voro, della scala mobile e solo parzialmente sugli in-vestimenti al Sud. E a Bologna non pi quie-te. Carri armati, compagni in-carcerati e l'arroganza del regime. Siamo noi i veri de-linquenti, Gui e Tanassi so-no innocenti .

  • Ho voglia di continuare ad essere donna

    Roma

    Non mi sono sentita forte l'8 marzo, mi sono sentita ester-na, lacerata da mille contraddizioni, mi sono ritrovata a pen-sare alla mia storia, alla mia vita, a quella che era stata la mia militanza in Lotta Continua, a quel 6 dicembre che avevo fatto dalla parte sbagliata, a quante cose non avevo capito, a tutte le certezze che mi erano crollate, a questo ultimo difficile anno che mi servito per costruirmi donna, per scoprire la mia storia, un anno vissuto con le compa-gne, un anno in cui non c' stato un vero rapporto con i compagni, un anno difficile perch fatto di momenti beli e di momenti brutti, difficile perch i rapporti umani, le cose da fare non erano pi mediate dalla scelta politica ma

    dal personale, difficile perch abbiamo trovato la forza di distruggere un partito.

    Ho rivisto le giornate all'universit: la lotta, la gioia, la creativit, la rabbia, lo i scontro con i compagni, le assem-blee ogni giorno pi difficili. Ho rivisto la manifestazione per il compagno Panzieri, lo striscione Siamo tutti colpe-voli , la prima carica della polizia, il mio essermi vissuta gli scontri dall'esterno, con la voglia di sfondare il vetro che mi divideva e la paura di fare un passo indietro, un passo lungo un anno, perch non ho mai elaborato, partendo da me come donna, che cosa significa violenza, come espri-merla, con quali strumenti, il rapporto con lo stato, con la repressione, con le istituzioni. E nel nostro enorme corteo di marted dove tutte sorridevamo e ci davamo la mano, dove ogni spezzone partecipava con d propri contenuti, dove l'esse-re donna e diverse tra noi ci permetteva di comprimerci in una piazza che non ci conteneva, ho pensato a cosa avrem-mo fatto se la manifestazione non fosse stata autorizzata, a perch e a chi aveva accettato un percorso cos breve, per vicoli nascosti, in una piazza piccola per la nostra forza, per la nostra rabbia. E mi ha fatto violenza il sentir gri-dare, in contrapposizione a Panzieri libero , Panzieri in-cinto , vedere crescere questa frattura fra noi.

    Ho voglia di pai lare di tutto questo, voglia di capire la fase che attraversiamo, ho voglia di continuare ad essere donna.

    Claudia

    Quando l'autorit arriva a tali bassezze

    Questo U testo del discorso di Gio-vanni Lorusso fratello di Francesco che il PCI ha impedito fosse detto du-rante la manifestazione a Bologna.

    Compagne e compagni, non facile, per me, parlare di quello che successo in questi giorni, ma credo che sia necessario. Francesco Lorus-so, militante di Lotta Continua, antifascista, studente di me-

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    dicina morto, ammazzato dai carabinieri e dalla polizia di Cos siga e di Andre etti.

    E' importante dire con chiarezza e senza tentennamenti di chi sono le responsabilit politiche, morali, materiali di quest'omicidio.

    Comunione e Liberazione, un'organizzazione collaterale della DiC, ha voluto una prova di forza, venerd scorso, alla Universit: i pochi (quattro o cinque) compagni che erano andati all'assemblea convocata da loro sono stati percossi, buttati fuori. Poi, questi cristiani di ben strano tipo, hanno chiamato, assieme al rettore, la polizia e i carabinieri per farsi proteggere dagli slogans"di centinaia di studenti. Per-ch solo di slogans, si trattava. Sono arrivati i difensori dell'ordine e hanno caricato violentemente i giovani, i com-pagni su un marciapiede di via Zamboni; dopo le cariche, i colpi di arma da fuoco, e alcuni di questi sparati a freddo vanno a segno: Francesco cade capito a morte. La DC di Gui, incriminato per lo scandalo Lockheed, quella dei mafio-si Gioia e Ciancimino ha cos costruito e sottolineato questo ennesimo omicidio reazionario, usando i suoi figliocci di OL. E la DC, la stessa DC sta purtroppo su questo palco; questo partito che si nutre e ingrassa sulla violenza degli sfruttatori contro gli sfruttati quello dei mafiosi e dei se-questri di persona, dei miliardi delle multinazionali, vorrebbe da qui presentarsi come un gruppo di galantuomini impegnati a lottare per l'ordine e la libert! La loro spudoratezza la-sciatemelo dire, compagni e compagne, cittadini di Bologna, va oltre ogni limite.

    In una manifestazione cerne questa contro la violenza e per la convivenza civile non si pu dimenticare che non c' peggior atto di violenza di un omicidio di un uomo, dell' omicidio di Francesco Lorusso, preparato da CL e attuato dalla polizia. N pu valere qui tentare di mettere sullo stes-so piatto una vita stroncata dalla pallottola e alcuni atti come la distruzione delle vetrine del centro, avvenuti durante la manifestazione che migliaia di studenti hanno fatto nel po-meriggio di venerd. A tutti quelli che in buona o mala-fede si sono cos scandalizzati per la rabbia che gli stu-denti in massa hanno portato in piazza in questi giorni io chiedo con molta fermezza di riflettere e di scegliere tra le vetrine e la vita umana. Cesi come di una cosa bisogna essere coscienti: si muore troppo spesso sulle piazze italiane. Per questo, ed giusto, il movimento di massa degli stu-denti ha deciso di non essere violento e teppista ma di

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    difendere con l'organizzazione di massa, con la mobilita-zione, con la lotta, i suoi cortei, le sue assemblee, la vita dei suoi militanti. Quanta violenza ha fatto in questi giorni la polizia, diretta dalla DC, contro questa citt, quanta violen-za c' nelle autoblindo, nei mezzi corazzati, nelle cariche indiscriminate! Qualcuno vuole seminare il terrore e la pau-ra in citt.

    Qualcuno, il governo, la DC, i padroni, vuole cos schiac-ciare la ribellione degli studenti a questo sistema che pro-duce, sia detto per inciso, 4.000 omicidi bianchi l'anno. Gli studenti in lotta, pur con la paura che abbiamo tutti non si sono piegati e non hanno intenzione di piegarsi: sono andati a discutere, tra mille difficolt, con gli operai nelle fabbriche, con i proletari nei quartieri, hanno fatto, in mi-gliaia, assemblee ogni giorno, in questa citt militarizzata e guardata a vista dalle truppe di Cossiga.

    Io sono cosciente che l'omicidio di mio fratello Francesco, le autoblindo, le cariche poliziesche non sono solo contro gli studenti ma contro tutti i cittadini democratici e pi in particolare contro il movimento operaio nel suo insieme e in tutte le sue articolazioni. Per questo intervengo nonostan-te la presenza democristiana, in questo comizio.

    N mi possibile dimenticare che sua eccellenza il pre-fetto, rappresentante del governo, ha emesso un'infame or-dinanza in cui si vietava non solo il 'funerale in citt, ma anche l'allestimento di una camera ardente nel centro sto-rico. Hanno ammazzato Francesco, ma non gli bastato: la sua salma non poteva essere onorata dalla massa dei suoi compagni e dei cittadini democratici. Quando l'autorit arriva a tali bassezze, a tali indegnit umane e morali, a provvedimenti di questo genere, una sola risposta pu essere data: la lotta dura, militante e ' d i massa. 'Solo l'allontana-mento della polizia e dei OC, le dimissioni del prefetto, la pronta punizione dei colpevoli, pu ristabilire un clima di tolleranza civile: non c', e deve essere chiaro, altra via d'uscita dall'attuale situazione. Sono oltre cento gli studenti in galera, ma nemmeno se fossero mille il potere riuscir a tapparci la bocca, a impedirci di manifestare per i nostri diritti, a schiacciare la nostra protesta.

    Un'ultima cosa e ho finito. Probabilmente molti cittadini non seno d'accordo con certi metodi di lotta praticati dal movimento degli studenti e noi siamo pronti a discutere con tutti. Ma anche chi dissente non pu dimenticare una cosa fondamentale : il compagno Francesco Lorusso morto anche

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    par lui, morto par difendere non scio la sua libert ma quella di tutti. Ognuno pu scegliere, in questa piazza o altrove, tra l'ordine reazionario delle autoblindo e dei carri armati, e quello democratico delle masse popolari, ccn tutte le loro contraddizioni e i loro problemi. Noi la nostra scelta l'abbiamo gi fatta: siamo tutti a fianco del compagno Fran-cesco, cos come siamo al fianco delle centinaia e centinaia di compagni uccisi in questi anni dal piombo poliziesco men-tre si battevano nelle piazze.

    Il socialismo dal volto emiliano lascia il passo ai carri armati

    Roma

    Alla stazione, alle 7 di mattina, la polizia non era an-cora arrivata, pi tardi una ventina di compagni scesi dal treno successivo verranno sciolti dalle forze dell'ordi-ne. Non appena ci siamo avvicinati al centro storico abbia-mo visto i primi mezzi corazzati. Un M-113 di traverso sbar-rava l'accesso a via Zamboni (nella zona dell'Universit), dietro si intravedono i reparti dei carabinieri con mitra spianati.

    I funerali di Francesco si fanno in piazza della Pace, vicino allo stadio, nell'estrema periferia. Ci arriviamo con uno degli ultimi autobus prima dello sciopero. Ad ogni fermata salgono gruppi di studenti. Attorno a piazza Mag-giore e nelle altre strade del centro sono schierati i reparti dei carabinieri, sui muri sono affssi gli avvisi del Prefet-to che vietano ogni assembramento .

    In piazza ci sono gi migliaia di compagni: volti tesi, molti piangono. Rabbia e dolore, centinaia di pugni chiusi: il corteo funebre si avvia lentamente. Dobbiamo metterci un'ora a fare la strada dice con voce emozionata uno dei compagni che portano la bara, riferendosi alla provocazio-ne di concedere solo trecento metri di percorso per il fu-nerale. Gruppi di operai in tuta si uniscono, un vecchio par-tigiano, piangendo, mette sulla bara il suo fazzoletto dell' ANPI.

    Ci si ritrova alle 14 nel quartiere proletario di S. Donato. All'entrata si schiera, in assetto di guerra, il battaglione

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    Padova della PS. I compagni arrivano alla spicciolata, alla fine sono pi di 1.500 su un prato.

    L'elicottero della polizia sorvola a bassa quota e se-gnala la posizione degli assembramenti . Il Padova si muove, la gente esce dai bar e dalle case e osserva agli incroci: era dal dopoguerra che S. Donato non veniva oc-cupata militarmente. La popolazione civile invitata a tornare subito nelle case , ripete in continuazione un al-toparlante della polizia: l'annuncio suona sinistro, il para-gone con le truppe di occupazione naziste immediato, ma la gente rimane sulla strada. I compagni decidono di sciogliersi e di andare in massa all'uscita delle fabbriche. Nella sezione di LC del quartiere si tiene una riunione di studenti medi: compagni stringiamoci, cos che tutti pos-sano entrare; quelli che sono sulla strada si mettano sotto i cornicioni dice qualcuno riferendosi all'elicottero che continua a ronzare in alto.

    Davanti alle fabbriche ci sono molti studenti, alla Sasib siamo almeno 200; si formano grossi capannelli. Il confron-to serrato, molti degli operai che si fermano sono quadri del PCI, ma non ci sono solo loro. Si discute di tutto, di Bologna in stato d'assedio, delle vetrine rotte dagli stu-denti , delle posizioni del PCI. L'elicottero avvista anche questo concentramento e compie molti giri a bassa quota. Ecco contro chi lottiamo dicono i compagni ; qui ci si sente pi sicuri e si risponde con i gesti e con qualche slogan. Vediamo se vengono a caricarci davanti alle fab-briche dice uno studente e un altro aggiunge aspettiamo che venga il buio per muoverci, cos l'elicottero diverr inutile .

    Torniamo alla stazione, mentre centinaia di compagni co-minciano a ritrovarsi in piazza dell'Unit. E' questo un problema fondamentale: dove rrtrovarci con l'Universit chiusa e con la polizia che carica ogni gruppo di pi di cin-que persone? Nessuno per si tira indietro, tutti fanno poli-tica in prima persona: con gli operai erano in molti a par-lare, non i soliti militanti. Lo stato d'assedio pesante, senza precedenti, ma la risposta cos ci sembrava discu-tendone sul treno buona, anche se ancora insufficiente. Per ora sono solo gli studenti a opporsi, gli altri stanno a guardare. Per questo motivo il movimento ieri non ha scel-to la strada dello scontro frontale, ma andato dagli operai ad aprire una discussione.

    Mentre aspettiamo il treno vediamo l'elicottero volteg-giare ancora sulla piazza dietro la stazione dove sono i

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    compagni. Bologna oggi un banco di prova, Cossiga vor-rebbe fare cos in tutta Italia. Su quello che succede in que-sti giorni a Bologna ci sar da discutere molto e a lungo.

    Due compagni di Roma

    Noi operai, diversi da voi Bologna

    Cari universitari, noi operai che scriviamo questa lettera non rappresentiamo tutta la classe operaia bolognese per due motivi: il primo che sono cose che pensiamo noi fir-matari, il secondo perch siamo... autonomi perch una nostra iniziativa nel senso che non abbiamo interpel-lato n avuto ordini dai Sindacati.

    Ci siamo sforzati di capirvi. Ci che abbiamo capito che noi operai anche ss voi siete sensibili alla classe operaia siamo diversi da voi. Gli avvenimenti del passa-to, e ci riferiamo alle varie lotte del movimento operaio, ci insegnano che una lotta si pu fare anche manifestando democraticamente e con ottimi risultati.

    Gli studenti, o meglio dire gli estremisti, secondo noi rea-gendo e manifestando con atti di teppismo, distruggendo negozi o rubando prosciutti non fanno altro che dare la possibilit sia alla classe operaia che all'opinione pubblica di dire loro che sono dei fascisti, che loro sono deglji assassini e che se la polizia spara fa bene, perch spara contro degli assassini .

    Perch alla classe operaia non stato mai possibile dar-gli del fascismo? Il perch chiaro. Anche noi operai abbia-mo avuto degli operai che sono stati assassinati in comizi pacifici ( i morti di Reggio Emilia, quelli di Modena, di Piazza Fontana). Questi compagni sono stati uccisi senza che loro andassero a distruggere vetrine o a bruciare fabbriche.

    Davanti a questi episodi la classe operaia bolognese non stata a guardare, ha reagito con manifestazioni democra-tiche senza scontri con la polizia figli scontri con la polizia roba del passato. I carabinieri sono pure figli del popolo anche se manovrati dal potere), e cos facendo ha avuto credibilit anche verso l'opinione pubblica e non stata data la possibilit a chi ne avesse interesse di darci del fascista .

    Noi pensiamo che se gli studenti al posto di fare del teppismo fossero andati in piazza a manifestare pacifica-

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    mente, a parlare con le persone ed in particolare / con il mondo operaio, a far capire loro quali sono i loro proble-mi, cos' che non va, molti operai sono padri di famiglia ed nel loro interesse aiutare a migliorare la situazione dei propri figli. In questo modo avrebbero avuto anche gli operai con loro e uniti si vince, nessuno avrebbe potuto dire che sono dei provocatori e anche se li ammazzano fanno bene .

    Il motivo della presente per riuscire a capirvi con l'invito per incontrarci e capire il perch vi mettete l'elmet-to (non tutti, chiaro), usate spranghe, catene, bombe mo-lotov come fanno i fascisti, mentre noi non lo facciamo.

    Vi preghiamo inoltre che incontrandoci con i sottoscritti non ci facciate n prediche, n lezioni sui mali del capitali-smo, n come combatterlo: insomma vi preghiamo di non fare con noi i professori.

    Vogliamo incontrarvi perch realmente si realizzi quanto durante le manifestazioni studentesche viene gridato: stu-denti-operai uniti nella lotta .

    Un gruppo di operai che abita in via Guerrazzi, 14 Cascavilla, De Filippis, Della Gatta,

    Del Borrello, Scaramuzzo, Di Biase, Grilli, Alfonsi, Trasformi, Ferri, Pezzini Cammareri, 3 Bruno, Nerini, Russo

    Mi si aprono continue contraddizioni Forl

    Sono un operaio, militante del PCI, dal 1970; dal 1966 lavoro in catena di montaggio alla Becchi-Zanussi di Forl. Dal 1966 al 70 ho vissuto una vita piena di contraddizioni politiche, per sono sempre stato' dalla parte dei lavoratori nel bene e nel male, che fin dal '68 mi hanno eletto dele-gato di linea, e difeso da un licenziamento e fatto riassu-mere.

    Ho avuto simpatie per LC; con questa organizzazione ho vissuto momenti che mi hanno formato ed altri che mi han-no distrutto, ma complessivamente stata un'esperienza negativa.

    Ora nel sindacato e nel PCI svolgo un ruolo positivo, credo, per i lavoratori che ad ogni elezione del CdF mi rieleggono, ma questo non mi basta completamente.

    Perch mi si aprono giornalmente contraddizioni, pro-blemi: i lavoratori sono giustamente esigenti, i loro proble-

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    mi che sono anche i miei mi creano gravi spaccature men-tali, poi c' il lavoro, la catena, che avvilente.

    Perch dico queste cose? Perch mercoled 16 marzo 1977 ero in piazza a Bologna a fare il Servizio d'Ordine sin-dacale.

    La paura era tanta, non era solo fisica, c'erano migliaia di problemi che si intrecciavano lungo il viaggio. Arrivati a Bologna tutto svanito.

    Mi sono trovato in piazza all'angolo di via Rizzoli, di fronte ai giovani di LC. Mi sono sentito sub-ito tranquillo; abbiamo trattato, tutto andato liscio; non c'erano n slo-gans provocatori, n bastoni, ma una compattezza giusta.

    Dopo un po' arriva Bruno Giorgini di LC e mi fa duro ci si schiera sulle barricate e io rispondo certo . Poi cominciano gli slogans duri e noi l.

    Serpeggia un po' di nervosismo, facce scure, basta nulla per scattare. Lo spazio tra noi e LC diminuisce, tutti si prodigano perch non succeda nulla, chi rompe o cerca di provocare viene redarguito ed allontanato dai servizi d'ordine.

    Di fronte a me volti familiari, di amici; non ci salutia-mo o facciamo finta di non vederci. Poi vedo di fronte a me Travaglini e ci guardiamo, e ci torniamo a guardare, ci interroghiamo senza parlare, muti, duri: poi tutto passa.

    Mi arrabbio con uno che vuole vedere -gli indiani , 1' allontano in malo modo, me ne dispiace, ma non mi va di stare allo zoo o al cinema.

    Poi parla il fratello di Francesco. L'aria tesa. Sto piangendo: mi vengono in mente i compagni morti, tutti: Lupo, Boschi, Varalli, Zibecchi, Ardizzone e tutti, troppi, troppi, mi viene voglia di dire basta, basta; non ne posso pi, anche attorno a me i miei compagni, che conosco meno emotivi di me, sono commossi e mi fanno coraggio.

    Poi succede un brutto fatto: uno studente si rivolge ver-so di noi per leggere il comunicato che il fratello di Fran-cesco, distrutto, non riesce a leggere, una cosa che mi pareva giusta, non faceva nulla di male, infatti nessuno obietta nulla.

    Solo uno si fa avanti con fare arrogante e cerca di non fare parlare il giovane. Al che tutti entriamo in discussio-ne con questa scappata arrogante e il giovane pu parlare tranquillo. Non c' pi nessuna tensione, mi sento vuotato da tutto.

    Sono quasi le sei. Il compito affidatoci finisce, andiamo gi per via Rizzoli, discutendo tra compagni, perch ci sono i morti nelle piazze, perch ci sono le squadre speciali,

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    perch si spara nelle piazze, perch tanti giovani si allonta-nano dai lavoratori, o perlomeno dai loro partiti.

    Sono tutti provocatori e teppisti? Che facciamo per dargli una sicurezza, un lavoro, un do-

    mani serio? E' chiaro, con la violenza fine a se stessa, con le vetrine rotte, con le P 38 non siamo d'accordo, ma i discorsi vanno avanti a ruota libera.

    Torniamo a casa, sono le 18,15, non accaduto nulla, c' stata una risposta di massa imponente, dura.

    Per quei giovani coi loro problemi, le loro esasperazio-ni, i loro slogans, non possiamo lasciarli soli, se vogliamo essere una classe egemone e dirigente e non dei paternalisti.

    Valerio Pacchetti

    Quando muore un compagno Tiela

    Cari compagni, quando muore, quando viene ucciso un compagno, che non si conosce, che abita centinaia di chilo-metri distante da t, le prime reazioni sono di stupore, d pensare subito cosa possibile fare: manifesti, volantini. Poi cominci a pensare, a cercare di immaginare come vives-se Francesco, cosa facesse, cosa pensasse, chi fosse.

    E mi sembra quasi di conoscerlo. E mi viene rabbia perch per Andreotti normale e fa-

    tale, perch radio e televisione tutti presi a parlare di tep-pisti e di guerriglia, perch i partiti pi o meno democra-tici tutti presi a condannare la violenza e ad elogiare le forze dell'ordine, dimenticano e vogliono farci dimenticare che Francesco morto, assassinato dalla polizia, dai carabinieri.

    Io non voglio dimenticare Francesco che non conoscevo, come non voglio dimenticare le decine di compagni che non ci sono pi.

    Mi venuta voglia di scrivere di lui e degli altri, di ricordarli.

    Non conoscevo Pietro Bruno. / Ci saremmo mai incontra-ti? Forse, una manifestazione. / Noi a cercare soldi per tor-nare gi / Pietro inquadrato in un cordone. / Avremmo fu-mato insieme / e parlato della manifestazione / e della Sicilia e di Lotta Continua? / Forse no! / Ora non pi pos-sibile. / Non ti conoscevo Francesco / Non so se ci sarem-mo mai incontrati. / A Bologna, un viaggio. / 0 in qualche

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    altro posto, una riunione. / Avremmo mangiato insieme, / e bevuto e scherzato e parlato? / Chiss se il tuo accento barese / si sentiva ancora sotto la parlata-del Nord? / Tutto questo, forse, non sarebbe mai successo. / Ora non pi possibile. / Ora non pi possibile / Perch ora vi conosco. / Tu Pietro e tu Francesco / e Tonino e Caludio / e altri e altri ancora, / vi conosco nella morte. / Assassinati! /Dagli assassini di Stato! Il vostro nome, il vostro volto / ora mi familiare / e vorrei che non lo fosse .

    Dario

    Dal pullman

    In riferimento alle notizie diffuse dalla polizia riferite dal Corriere della Sera di luned 14 marzo, per quanto ri-guarda le sparatorie avutesi dopo la manifestazione e che ci ha visti coinvolti. Ecco i fatti.

    Dopo che si era sciolta la manifestazione in piazza Ca-vour, dove erano confluiti la maggior parte dei compagni calabresi, si era tornati alla spicciolata alla stazione Termini dove avevamo appuntamento con i due pullmans.

    Erano le 23.10 ed arrivano i pullmans parcheggiati in una strada vicina e vi saliamo. Si decide di restare an-cora perch mancavano alcuni compagni (poi risultati fer-mati) e una compagna che doveva arrivare in taxi, per mancanza di mezzi pubblici. Si discuteva con alcuni com-pagni che erano a terra, noi sul pullman, e ci informavano che una banda di fascisti di 50-60 persone, armata di pisto-le, era nei pressi della stazione (poi risulteranno poliziotti). In questo frangente arrivano una ventina di persone che ini-ziano a sparare ad altezza d'uomo. Noi partiamo coi pull-mans. Abbiamo visto chiaramente che non meno di dieci pi-stole hanno sparato pi di venti colpi. Ci siamo allontanati girando attorno alla stazione fermandoci poco distante in una strada (c' da dire che la sparatoria avvenuta all'an-golo della stazione uscendo a sinistra, vicino al sottopassag-gio). Dopo aver discusso con gli autisti si decide di fare un giro attorno alla stazione per prendere i compagni so-praggiunti nel frattempo. Si fa il giro e ci fermiamo a de-stra della stazione, cio a pochi metri dalla caserma. Si decide che un pullman faccia alcuni giri per prendere i compagni ancora non tornati, non fermarsi visto i pistoleri

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    in giro e gli autisti che non vogliono. Il pullman blu cerpa di posteggiare per non ingombrare la strada, in questo fran-gente sbucano dalla stazione 5 o 6 persone che vanno verso la caserma. Noi nel pullman accendiamo la radio e sentia-mo radio Citt Futura, di fuori uno di questi ci indica col dito agli altri e si sposta davanti alla caserma, all'angolo per la precisione; dopo aver fatto il segno fascista tirano le pistole fuori e stanno per inginocchiarsi per pigliare la mira. In questo frattempo noi partiamo col pullman a gran velocit.

    C' da notare che dietro questo gruppetto c'era una guardia armata di machine-pistole a non pi di 2-3 metri, e l'ha puntata verso di noi. Altre guardie erano a pochi metri di guardia alla caserma. Si sentito un colpo di pistola, che non ha colpito il pullman.

    Alcuni compagni che erano sul pullman

    Testimoni a Roma Ho raccolto dai compagni, venuti alla manifestazione del

    12 alcune testimonianze che qui di seguito riporto. Verso le 23 avviene una sparatoria all'interno della stazione

    provocata da poliziotti in borghese, con la caccia ai compagni rifugiatisi sui treni. Per questo fatto pu testimoniare un com-pagno di Cosenza presente. Ci che vado a scrivere riguarda ci che avvenuto dopo la sparatoria avutasi davanti alla sta-zione Termini da parte dei poliziotti in borghese. La gran par-te dei compagni si era rifugiata in una pensione, poco distan-te dalla stazione, tra cui un gruppo di Bergamo. Il pullman di Cosenza che girava attorno alla stazione (visto che l'au-tista del loro pullman, parcheggiato vicino alla celere, si rifiutava di andarli a prendere), a due a due li fece uscire dalla pensione (davanti alla quale stazionavano agenti in borghese) li fece salire sul pullman e li accompagn al loro automezzo. Allontanatasi di poco dalla stazione vengono (6 compagni di Cosenza) fermati da alcune giulie della PS, ne scende un ufficiale che sale sul pullman. Con il mitra imbracciato e il colpo in canna, come da lui stesso confes-sato, grida che il caricatore spara 650 colpi al minuto e tira il caricatore. Grida che i compagni sono peggio dei fascisti, anzi sono dei fascisti, provocatori, vagabondi, che fra un

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    anno vi manderemo tutti ai campi di lavoro, che vi fate di-fendere da gente come Lorusso, pieno di soldi. Grida ai compagni di farsi vedere in faccia, non effettua nessuna perquisizione e scende dal pullman. Credo che come infor-mazione a tutt'oggi abbia perso molto del suo significato, visto la piega degli avvenimenti, e i fatti ben pi gravi avutisi in tutta Italia; comunque credo che dal punto di vista politico pu rappresentare qualcosa per capire a quale propaganda i poliziotti sono sottoposti e la loro reazione Non aggiungo altro. Vi saluto calorosamente.

    Raffaele Principe

    "Ospiti" di una famiglia a Roma Trento

    Nella notte di sabato 12 marzo a Roma, nell'inferno sca-tenato dalla polizia alla quale premeditatamente era stata data carta bianca, abbiamo trovato ospitalit in quattro, Romeo, Marina, Oliviero e Rosi, presso una famiglia di Roma, presso la quale decine di altri compagni hanno po-tuto essere ospitati, e, al piano di sopra, altre decine di compagni presso un'altra famiglia. Non abbiamo mai nota-to sul volto di mamma, figlio e figlia maggiori e figlio mi-nore, un minimo segno di disappunto. E' stata la loro una ospitalit incredibile. Hanno dato tutto: coperte, borse d'ac-qua calda, caff, grappa, sacchi a pelo, maccheroni per tutti, imbottite, blue-jeans, calzetti, ecc. Inoltre, Radio Cit-t Futura a disposizione di tutti, canali televisivi e telefono.

    Una famiglia non schierata politicamente in modo pre-ciso, comunque. Anzi, si poteva capire, pi vicina al PCI che altro. Evidentemente per aveva capito con chi stare e cio con i 100.000 pur non risparmiando le debite critiche alle devastazioni compiute da elementi attestati ai margini della manifestazione. Mi pare, ma pu darsi che la mia sia una illazione proditoria, di dover dire che molte di queste famiglie ci devono esser state a Roma schierate attivamente col movimento. Noi stessi abbiamo visto piovere sacchetti di plastica da finestre di case per consentire ai compagni di coprirsi dalla pioggia. E pezzi di limone per il fumo dei lacrimogeni. Sarebbe interessante riuscire a individuare la realt del retroterra di solidariet e di collaborazione atti-va nella giornata del 12 marzo nella popolazione romana.

    Romeo - Marina

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    Bologna: in piazza con i miei padroni non ci voglio andare

    Bologna

    Cari compagni/e, sono un commesso di un negozio di lus-so del centro storico di Bologna. Mercoled 16 non volevo partecipare alla manifestazione. Perch? Tutti i partiti (PCI, DC, PSI, PSDI, PEI) e le organizzazioni sindacali si sono trovati uniti sul palco in Piazza Maggiore contro la vio-lenza dei teppisti e provocatori che rompono le vetrine e per la pi ampia solidariet ai tutori dell'ordine pub-blico . Sono stato male quando stato ucciso Francesco (nessun partito ha partecipato ai funerali), ma poi sono stato ancora peggio: i miei padroni che sono anche fascisti dichiarati (per intenderci vanno a cenare con Almirante quan-do passa da Bologna), e che hanno licenziato una loro com-messa perch aveva fatto uno sciopero (da noi c' il terro-rismo e nessuno ci aiuta), mercoled pomeriggio hanno chiu-so il negozio e sono andati in piazza perch erano d'accordo col volantino che riportava le frasi soprascritte, ma nulla contro il governo e la DC che hanno armato la mano agli assassini dello studente. Quando io timidamente ho detto lo-ro che se gli studenti li avessero riconosciuti li avrebbero menati, mi hanno risposto: Non c' da preoccuparsi; il servizio d'ordine dei sindacati non scherza! . Ho telefona-to dopo a Radio Citt , ch' una radio democratica an-cora aperta, per dire la mia rabbia e la mia vergogna nel vedere padroni come i miei d'accordo in piazza con tutti i partiti, compresi il PCI e PSI, contro gli studenti. Mentre parlavo, non mi vergogno a dirlo, mi sono messo a pian-gere perch non sapevo cosa fare di fronte a questo schifo (tra l'altro non mi hanno messo in diretta perch temevano l'intervento della polizia). Poi ho saputo del sit-in degli stu-denti in via Rizzoli. E sapete del 'grande corteo. Ci sono andato. Nonostante l'imponente servizio di sbarramento del sindacato, migliaia di lavoratori sono venuti in via Rizzoli e questo mi ha dato la forza di entrare nel corteo come gli altri. Non sono di alcuna organizzazione politica, ma ho dato

    i soldi per il vostro giornale, perch io in piazza con i miei padroni non ci voglio andare: loro difendono le loro vetri-ne, milioni e la polizia, io invece non voglio pi che stu-

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    denti e lavoratori siano ammazzati perch lottano per i loro diritti.

    Franco

    Bologna: ecco perch non rinnovo la tessera

    Bologna Al segretario della SUC di Bologna e

    per conoscenza al Manifesto, a Lotta Continua, al Quotidiano dei lavoratori.

    Caro compagno, ti scrivo per comunicarti la mia deci-sione di dimettermi, come credo la prassi esiga. Avrei do-vuto in questi giorni rinnovare la tessera ma ci che accaduto a Bologna l'atteggiamento del partito di fronte a questo mi hanno confermato in una decisione che gi al-tre scelte politiche (finanziamento ai partiti, aborto, rifor-ma della scuola, ordine pubblico ecc.) avevano fatto ma-turare.

    Non posso pensare a quanto accaduto dopo la morte del compagno Lorusso senza provare una rabbia violenta contro l'ottusit mostrata dal Partito. Sabato mattina ho partecipato alla manifestazione in piazza Maggiore e di fronte al servizio d'ordine del POI ho capito che quella li-nea di emarginazione, di scontro con il movimento degli stu-denti era assurda giustificata da una scelta politica rispet-to alla DC, che ci avrebbe portato inevitabilmente ad aval-lare la repressione. Non ci si pu nascondere dietro la tri-ta analisi amendoliana dei fascisti, dei provocatori pagati perch questo movimento, cio gli stessi autonomi, gli india-ni metropolitani esprimono una rabbia vera, una disgrega-zione reale, una lucida coscienza della funzione che il ca-pitale ci richiede di controllo della classe operaia, insomma di una divisione del movimento: noi a rappresentare l'ordi-ne socialdemocratico buono per bottegai, padroni e pa-droncini, loro l'eversione, l'estremismo: il lupo cattivo delle favole.

    Domenica con l'arrivo dei mezzi blindati, degli attacchi ingiustificati della polizia, degli arresti indiscriminati, delle dichiarazioni di Zangheri non ho avuto pi dubbi: la DC ci ha

    caricato della responsabilit politica del disegno repressi-

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    vo che sta portando avanti con i suoi servi Cossiga in pri-ma fila.

    Le leggi speciali, caro compagno, la classe operaia non ha dubbi che servono solo ad incularla, la storia lo insegna.

    Certo mi si potrebbe chiedere perch allora rientrare nel 1972 nel partito proprio quando esplodeva la linea del compromesso storico ma credo sia superfluo spiegarti che quello che allora ci spinse in tanti a rientrare fu la con-vinzione che fosse possibile attraverso il dibattito e il la-voro politico contribuire ad uno spostamento a sinistra , a ritrovare un reale collegamento con i bisogni che la classe operaia esprimeva anche attraverso le posizioni spes-so contraddittorie dei compagni rimasti all'esterno.

    In questi anni ho dovuto invece verificare, come tanti altri, un progressivo distacco da una linea di classe.

    La mancanza di dialettica, l'emarginazione del dissenso e quindi la conseguente impossibilit ad incidere attraverso la prassi quotidiana non sulla linea ma perlomeno sugli orientamenti politici a livello locale hanno reso sterile que-sta militanza.

    Mi spiace solo che nel momento in cui maturo una deci-sione cos importante qualcuno mi identifichi con la nuo-va polizia in quanto militante fino ad oggi di questo parti-to che scheda i compagni, i diversi cos come i padroni chiudono con le sbarre i pazzi e i delinquenti .

    Vorrei avere le capacit per fare un'analisi pi lucida, usare un linguaggio pi aderente, pi politico, ma non pos-so, provo solo rabbia, tristezza. ,

    Saluti comunisti con la speranza di ritrovarci nella lotta per il comunismo.

    M. Pia Garibaldo, delegata sindacale CGIL

    Quale la "vera" autonomia? Roma

    Quando nei cortei si sente gridare, ed anche alle assem-blee all'Universit, via, via, la falsa autonomia , dobbia-mo forse pensare che questi urlatori accettano dunque la vera autonomia? Ma sanno costoro che la vera autonomia quella delle lotte al Policlinico, quella degli scioperi autonomi, quella che rivendica come momenti di lotta i fatti di piazza 'Indipendenza e la cacciata di Lama, quel-

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    la che scende in piazza per vendicare la morte del compa-gno Lorusso, quella che non isola come provocatori le BR ed i NAP ma che dichiara apertamente che sono compagni che hanno fatto una scelta di classe ben precisa?

    Alberto, un compagno vicino all'area dell' Autonomia

    Il corteo di sabato 12 non stato un punto di riferimento per gli operai

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    Larino (CB) Compagni,

    riguardo alla manifestazione di Roma del 12 pensiamo che sia stato sbagliato che i compagni di Lotta Continua non abbiano partecipato al corteo con un proprio spezzone. Non si pu dire semplicemente che sii tratta di un corteo di movimento quando poi intere file si trovano tra falsi autonomi da una parte e mi dall'altra, senza illu-dersi di non essere coinvolti e condizionati dalle loro ini-ziative. Anche il 'servizio d'ordine era del tutto insufficien-te, soprattutto ai iati ed alla coda del corteo, ed era chia-ro che in quella situazione i bastoni servivano a ben poco. I compagni venuti da fuori Roma si seno trovati, pi de-gli altri, assolutamente in balia degli eventi, dispersi m una citt che non conoscevano; ed abbiamo permesso che una falsa autonomia si facesse scudo di un imponente cor-teo per compiere azioni completamente sbagliate. Tutto questo non deve assolutamente ripetersi. La confusione e la disorganizzazione, e l'individualismo hanno dato spazio a distruzioni e violenze inutili e dannose. 'Parlando con la gente ci diffcile riuscire a portare il discorso al di l delle auto sfasciate e dei negozi assaltati; non cos che si diventa punto di riferimento per tutto il movimento ope-raio.

    Giancarlo Mammarella

    Non facciamo cazzate contro l'unit di classe!

    Roma

    Sono un compagno sottoccupato di Roma che fa riferi-mento a LC, e voglio intervenire sulla manif est azione del 12. Ho avuto la sensazione che si sta diffondendo una brut-ta malattia all'interno del movimento: l'idiozia (propria, prima, della cosiddetta Autonomia , ma ora si sta dif-fondendo). Mi riferisco alle varie cazzate fatte durante il percorso del corteo, giustificate da chi le ha fatte per-ch si repressi , incazzati, e c' una grossa rabbia. D'ac-cordo, anch'io sono represso (dal livello sessuale-affettivo a tutti gli altri), anch'io sono incazzato perch non trovo la-voro, per tanti altri motivi e perch un ennesimo compagno stato ucciso dagli assassini di Stato. Chi non incazzato e represso? Ma se tutti i 100.000 compagni/e del corteo di sa-bato dovevano sfogarsi in quel modo, non bastavano certo le vetrine e le macchine del centro di Roma, bisognava arri-vare nei quartieri pi lontani. Ma il cammino della rivolu-zione non certo un gioco e neanche una terapia psicologica per cui ognuno sfoga in modo stupido in piazza la propria rabbia. Perch se no, qui si cade in una profonda contrad-dizione quando si parla di far prendere coscienza alle masse proletarie e poi si fanno merdate in cui le masse proletarie non si riconoscono e che criticano. Ricordiamoci che quando le masse prenderanno una coscienza, radicale, prenderanno anche il fucile. In questa fase, se ci muoviamo bene, ci pu essere un allargamento ed un consolidamento del movimento di classe.

    Le contraddizioni all'interno del PCI (base) e dei gruppi filo-revisionisti stanno scoppiando. E' nostro compito, da veri comunisti che credono nell'unit del proletariato, lavorare af-finch si possa costruire un movimento omogeneo che possa ritrovare un'unit d'azione nell'opposizione di classe al go-verno DC-PCI.

    Se da un paio d'anni in qua fossero state fatte meno caz-zate (in cui primeggia l' autonomia ), io penso che a quest' ora il movimento sarebbe a miglior punto. Compagni e com-pagne, io voglio cambiare questa merda di societ, ma non fra 60-70-80 anni, perch allora non ci sar pi: per cui, s

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    crediamo veramente nel comunismo, rinunciamo alle cazzate, cerchiamo di gestire in altro modo la nostra rabbia.

    Saluti comunisti Un compagno

    Come bello fare i temi sulla giornata europea

    Ariano Irpino (AV) Tema: Proprio durante la crisi del petrolio che ha creato

    difficolt e tensioni in Europa la Comunit Europea ha potuto inaugurare un nuovo tipo di relazioni fra paesi industrializza-ti e paesi in via di sviluppo legando a se 46 paesi del terzo mondo. Quali tipi di considerazioni vi suggeriscono tali rela-zioni ?

    Svolgimento: Cos' la Comunit Europea? Si parla tanto di questa, ma nessuno si preoccupato di spiegarci cosa sia realmente. Sentiamo parlare di Comunit europea per tle-visione e attraverso i giornali solo quando viene accordato qualche prestito spesso e volentieri al nostro paese: cosa stra-na per che non arrivano mai a destinazione ma... A questo punto pu sorgerci il dubbio che questi soldi vengano real-mente stanziati!!!??? Ma cosa credete? Che in questo com-ponimento diciamo ma s, bravi, belli, bene, continuiamo con le relazioni con tutti i paesi. OK?

    E indubbiamente per l'Italia questa comunit un'ottima equazione risolvente i problemi interni; fa niente se le cose vanno male, tanto c' la Comunit europea.

    Si pu persino rubare di pi, tanto ci sono pi fondi. E intanto i contadini e i giovani aspettano, aspettano che

    i fondi e gli stanziamenti per l'agricoltura e per lo sviluppo che ogni giorno vengono concessi arrivino a destinazione. Quante speranze?! E intanto si continua con le intime rela-zioni fra i tanto amati paesi europei e si va anche all'intimo e umanitario rapporto dettato da uno spirito di benevola coe-sistenza con i paesi del terzo mondo e dicono in coro ma che bravi ragazzi questi arabi e continuano vi insegne-remo la morale e vi insegneremo a pregare e ad amare la nuova patria e la bandiera a righe e a stelle .

    Ma chi l'ha detto che sono accordi verticistiei, non vero, chiedono persino i nostri pareri in questi elaborati! E per far si che noi fossimo pi spontanei e sinceri ecco che si

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    avuta la grande idea di non dare la traccia nemmeno un giorno prima, tanto si presuppone che nelle scuole italiane si minuziosamente informati sui fatti del giorno. A riguar-do dei 46 paesi del terzo mondo, comunque non crediamo di averli gi riscontrati nello studio dell'et moderna e nem-meno in letteratura e tantomeno in filosofia: forse perch non studiamo con seriet e impegno! Ma perch la natura ci ha fatto cos poco diligenti? Fossimo almeno come i politici che hanno tante cose a cui pensare.

    Ritorniamo al dunque. Sicuramente ci sar detto di non aver preso la cosa sul

    serio, ci accuseranno di infantilismo o forse strapperanno questo tema, tanto dubitiamo che esso venga letto.

    Ma noi siamo seri potremo anche dire che siamo stanchi del fumo negli occhi che ci buttano con questa giornata co-siddetta europea .

    Comunque auguriamo che commemorazioni di questo ge-nere vengano incentivate e noi saremo lieti di divulgare le notizie che voi ci avete dato e magari umilmente rispettare i vostri ordini dall'alto.

    H nostro disimpegno che stiamo dimostrando certamente dettato dal benessere che ci circonda nel nostro amato (?) paese. Noi non siamo abituati ad affrontare dei problemi cos grossi! I nostri divertimenti ci allontanano da essi.

    E pensare che ci sono tanti studenti che invece di stare in classe a svolgere tanti bei componimenti, scendono nelle piazze dicendo di avere dei diritti da rivendicare (questi ma-scalzoni ! ).

    Oh! com' pi bello fare 1 temi! E per finire viva la giornata europea.

    La riserva della IV B del liceo scientifico P.P. Parzanese

    E bravo il preside di Terlizzi Terlizzi (BA)

    Care compagne, sono una ragazza di 14 anni. Voglio dirvi tutto ci che mi sta accadendo, perch terribile.

    Frequento delle femministe e dei ragazzi extraparlamen-tari, che nel mio paese vengono evitati come se fossero de-

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    gli appestati. Una ventina di giorni fa nel corridoio della mia scuola sd avvicinato il preside. (Per darvi indicazioni sul suo conto vi dico che quest'anno ha invitato pi volte i genitori a controllare le loro figlie, affinch si misuri il tempo ohe impiegano per percorrere la strada da casa a scuola, perch un piccolo ritardo pu significare un incontro con i loro fidanzatini ). Ha iniziato a parlarmi dicendo che: come capo di istituto si sentiva in diritto di proibirmi per il mio bene di avere amicizie come quelle che ho. Aggiunse anche che non gradiva elementi come me nel suo (?) istituto, e .avrebbe provveduto sul mio conto, se non mi sarei sacrificata fino all'uscita da scuola. Pochi giorni fa il bidello, sotto la spinta del segretario della scuola che un fascista e per giunta non si fa i fatti suoi, mi ha chiamata in disparte e diispregevolmente con tono da dittatore, mi ha minacciata di farmi prelevare insieme alle altre femministe dai carabinieri nella nostra sede, ed ha concluso dicendo: Ma cosa volete, restate alle vostre case, imparate a fare la calzetta . Cerco di parlare con le compagne di classe e con una insegnante, ma loro non mi capiscono, fingono di non sentire i miei pro-blemi e mi considerano un'anormale.

    Inoltre tutti si preoccupano di me, perch credono che io sia stata solo strumentalizzata; come se non avessi cervello. Tutto questo secondo una mentalit che vede l'impossibilit della donna di interessarsi ad una lotta, specialmente alla mia et. Non so se questo accade solo in un piccolo paese pugliese cerne il mio, dove bisogna guardarsi bene dal non uscire fuori binario. Ho paura che col pubblicare questa lettera qualche professore venga a saperlo e finisca col farmi i soliti paternalismi d cui siamo stufe tutte quante.

    Questa paura comunque vinta dal mio voler esprimere ci che veramente sento.

    Ciao a tutte, frequento la 3a media; Anna

    Che cosa deve fare uno studente borghese compagno?

    Roma Cari compagni,

    la mia lettera certo un po' anomala, diversa dalle altre, pro-

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    prio perch nonostante sia sempre stato dentro il movimento fin dall'inizio, sento il bisogno di scrivere sui miei problemi, incertezze, piuttosto che di sabato 12 o del movimento .

    Voglio portare solo un problema che sento particolarmente e che certo esiste in molti altri studenti: ho dei genitori com-pagni, che mi hanno sempre dato molta libert sia di azione che di pensiero, economicamente stiamo bene, anche se la crisi tocca ormai anche noi.

    In pratica sono uno studente borghese compagno. Con una situazione come questa non mi sento espropriato della cultu-ra '(ma quale?), ho le possibilit per il cinema, i libri, scuo-la, viaggi, ecc. Non mi sento emarginato, vivo in una zona centrale e con vari servizi, certamente pi della media, vivo naturalmente il femminismo come oppressore, anche se il 6 dicembre per l'estrema confusione che avevo, stavo nel cor-teo; naturalmente non sono operaio.

    In pratica rispetto ai movimenti emergenti sono, senza voler usare etichette o schematismi, la destra , la parte meno coinvolgibile sui bisogni della casa, della cultura, della emarginazione, dello sfruttamento.

    Lo sono di pi su quello del lavoro, della disoccupazione ed infatti dalle universit italiane scoppiato, anche se si era espresso gi da tempo, quel problema che coinvolge tutti perch mina l'avvenire e resistenza di ognuno: il posto sta-bile e sicuro.

    Sinceramente sentendomi coinvolto mi sono sentito parte integrante per la prima velia di un movimento complessivo che rivendica il comunismo.

    Fino ad ora sentivo con estrema pesantezza la mia con-dizione agiata, che rimane sempre, anche se adesso il movi-mento universitario per me un punto di riferimento reale che parte dai miei bisogni. Un anno fa partecipai all'occu-pazione di uno stabile sfitto con l'idea che poteva essere tranquillamente di mia madre, essere poi mio. Questo mi ha portato a capire che io l non c'entravo niente, che era un aiuto formale, che non capivo cosa significasse non avere una casa. E' da l che ho capito fino in fondo cosa significa ag-gregare la gente sui bisogni e non sulle idee pi o meno si-mili e sulle piattaforme fatte a tavolino. Mi fermo qui ov-viamente la discussione continua.

    F. B.

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    Fare i conti con tutti Cameri (Novara)

    Gioved 24 state una giornata .importante per noi ope-rai della FIAT, per la prima volta siamo entrati con un corteo dentro gli uffici. Ma voglio raccontare meglio questa giornata.

    Gi marted il primo turno, che passa per essere il turno pi forte, aveva fatto un corteo interno che aveva raccolto la rabbia di questi mesi, la jrabbia verso il governo, verso la 'FIAT che ha messo come capo del personale un fascista come Davico che ha reso la vita impossibile in fabbrica, la rabbia verso una situazione che non sappiamo ancora Cosa garantisce per il nostro stabilimento. Gioved abbiamo scelto una forma di lotta diversa: lo sciopero improvviso.

    Alle 7 di mattina i fischietti e il megafono di un compagno hanno annunciato lo sciopero. Subito la rispondenza operaia stata totale e siamo andati nonostante la pioggia, ai cancelli e abbiamo tenuto il blocco fino alle 10. Nei reparti non c'era nessuno!

    Il capo officina Bagnati ha cercato di entrare; per lui era il suo orario solito, le 7 e 10 ma questa volta ha dovuto aspettare le 10 e cos gli impiegati e il direttore. Davico, informato dai guardioni, non si fatto vedere. Al pomeriggio alle 16 partito il secondo turno. Qui si scelto di fare il corteo interno, dopo aver bloccato lo stabilimento si pas-sati davanti agli uffici, abbiamo cercato di sfondare, ma un folto picchetto di guardioni ce lo ha impedito, allora siamo andati al reparto 1, dove molti operai hanno cominciato a reclamare perch non si era entrati negli uffici, che questo era l'obiettivo. Allora siamo tornati indietro nel piazzale da-vanti alla palazzina, qui si trovata una porticina, abbiamo vinto la resistenza dei guardioni e siamo saliti negli uffici, finalmente! Oltre 100 operai hanno invaso i corridoi, hanno cominciato a picchiare i piedi, a gridare agli impiegati sce-mi - scemi e ancora fuori - fuori , a battere con le dita sui vetri degli uffici sbarrati. Subito dopo siamo andati ai cancelli, abbiamo fatto due ali tra cui erano costretti a pas-sare gli impiegati che avevano deciso di uscire (la paura di restare dentro fino alle 11 era troppa). Anche qui grida rit-mate, slogans come siamo sempre pi incazzati contro tutti gli impiegati , ecc. Il corteo negli uffici stato visto come una grande vittoria, come un salto nella nostra lotta. Ma

    la cosa pi importante che abbiamo aperto una strada che ormai tutti gli altri operai ora vorranno seguire: entrare velia palazzina. Oggi abbiamo preso fiducia nella nostra forza, con questa forza possiamo andare a fare i conti con tutti, con il governo, con Agnelli per la vertenza, con chi vorrebbe sman-tellare lo stabilimento di Cameri e perch no? con chi vor-rebbe toccarci la scala mobile.

    Un operaio della Fiat

    Appuntamento alle assemble Brescia

    L'assemblea del secondo turno del reparto meccaniche deU'ATB (Acciaifici Tubifici Bresciani) era stata preparata con una grossa discussione nei reparti da cui era uscita la volont di andare in assemblea generale e dare battaglia per far passare alcuni obiettivi scaturiti dalla discussione. I capannelli erano cresciuti giorno per giorno a mano a ma-no che sii veniva a conoscenza dell'atteggiamento di una fetta abbastanza grossa di delegati e delle conclusioni delle as-semblee degli altri reparti. In queste discussioni si sono af-frontate le questioni del lavoro notturno, dell'aumento dei carichi di lavoro, del turn-over, della mobilit, dell'ambiente. Si era fatta anche una inchiesta macchina per macchina del numero di operai che mancavano, del cottimo, della pere-quazione fra i due spezzoni di inquadramento unico, quello degli operai e quello degli impiegati di serie A, cio quelli di 6a e 7a categoria.

    L'assemblea era iniziata con un furbo intervento di un delegato che faceva riferimento a DP e che oggi si trova invece schierato organicamente con le posizioni del sindaca-to. Un intervento che riprendendo i termini del dibattito operaio cercava di smontare le basi e di ricondurre tutto nell'ambito della linea decisa dal CdF e sostenuta politica-mente non senza lettere e polemiche da alcuni capi storici del PCI. Lo stesso delegato in una riunione del CdF aveva af-fermato che qualsiasi richiesta non riconducibile alla linea degli investimenti determinava un inquinamento della piat-taforma svuotandone l'importanza.

    Lo scontro tra le due linee stato politicamente duro, era chiaro a tutti che il problema era quello di imporre la discussione sugli obiettivi che erano usciti dal dibattito operaio. L'intervento di un compagno ha cercato di mettere

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    a fuoco la differenza di impostazione fra elaborazione ope-raia e linea sindacale a partire dal turnover, smascherando il fatto che qualsiasi richiesta su questo problema falsa e demagogica se non sostenuta dal blocco della mobilit che lo strumento con cui la direzione ha snaturato le ca-ratteristiche politiche di interi gruppi omogenei permetten-do all'azienda di aumentare la produzione anche in presen-za di una riduzione di organico da 2192 a 2092 operai chia-rendo come oggi chiedere la riduzione di orario per i turni di notte sia anche una richiesta di occupazione se viene g neralizzata, che il problema quello di rispondere al di sagio del lavoro notturno con la richiesta di lavorare di meno, che noi dobbiamo fare i conti di quanti operai devo no entrare con questa operazione. E per ultimo chiarendo che una seria perequazione deve riguardare tutte le categorie anche quelle impiegatizie in modo da restringere la distan-za salariale e denunciando l'ambiguit dell'impostazione del CdF su questo. Il CdF non ha chiarito le sue proposte che sono di un mascheramento della richiesta salariale a pere-quare, perch cos come sono messe non rappresentano n l'uno, n l'altro. Gli interventi degli altri operai hanno ri-preso questi temi, riconfermando gli obiettivi proposti, e rispondendo al sindacalista che bisogna sostenere quegli obiettivi chiarendo a fondo il loro significato e la forza che li sostiene.

    L'assemblea poi continuata nei reparti dove si ridi scusso tutto, decidendo di andare a fondo sulle singole pro-poste, in modo da arrivare all'assemblea generale con le idee chiare e con la forza necessaria per sostenere quelle richieste. L'appuntamento con i sindacati alle assemblee generali.

    PS. Questa lettera stata discussa con gli operai del reparto meccanico.

    Roberto del 131 Giampaolo del 470

    Al padre di Lucia

    Caro Pino, Roma

    come tutti gli antifascisti, aderenti o no al PCI, sono profon-damente indignato per la vile aggressione squadrista di cui

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    stata vittima la compagna Lucia, tua figlia. Per questo mi sono unito al corteo di protesta, che ho visto sfilare per le vie del nostro quartiere. Hanno fatto molto bene i ragazzi a far sentire la loro voce e la ferma volont di opporsi in tutti i modi alle bravate dei fascisti. Per quanto mi riguarda ti esprimo la massima solidariet e la disponibilit a condur-re una lotta efficace contro dei criminali che, perduto il co-raggio di agire a viso aperto, aggrediscono vigliaccamente nell'anonimato.

    Debbo per esprimerti, e me ne dispiace, anche la mia di-sapprovazione ed il mio sdegno per le gratuite affermazioni che hai fatto alla TV. Le ho lette, in parte, nel corsivo di Lotta Continua che ti mando, perch giusto che anche tu lo legga.

    Tra me e te ci sono profonde contraddizioni, la pensia-mo diversamente su tante cose, e in ci non vi nulla di strano. Penso che ognuno ha il diritto di avere le proprie idee e di esprimerle anche liberamente. Per nessuno, credo, ha il diritto di sputare sentenze calunniataci e demagogiche (a meno che non si diano le prove). Quanto hai detto in TV, se le prove non le hai e non le fornisci, ti fa somigliare pi ad un benpensante qualunquista in vena di esibizioni che ad un militante comunista. Scusami se forse sono un poco eccessi-vo, ma come si fa a dire a milioni di ascoltatori che molti del MSI si sarebbero trasferiti in LC, se non si indicano almeno alcuni di questi pendolari , magari anche per permettere una epurazione > delle file di Lotta Continua? Come fai a dire certe cose, quando sai benissimo che, se i missini han-no dovuto cambiare aria dalla Laurentina, come scrive l'Unit, ci stato in primo luogo per l'azione intransigente di compagni non pi iscritti al PCI e di giovanissimi compa-gni extraparlamentari e simpatizzanti di Lotta Continua, tutti schierati su posizioni anticapitalistiche e di antifascismo non solo verbale? Come fai tu a dire certe cose, se nel quartiere in cui lavori politicamente, e di cui dovresti conoscere meglio la realt, Lotta Continua non esiste neppure in quanto organiz-zazione e perci non pu avere al suo interno n missini n altri? O hai accesso ad informazioni riservate riguardanti Lotta Continua sul piano cittadino e nazionale?

    Caro Pino il metodo della calunnia un metodo che non fa onore a chi lo adotta. E' infamante per sua natura. Mi d un lieto conforto il fatto che la Federazione romana abbia detto che il tuo un parere personale , prendendo in una certa misura le distanze dalla tua incauta affermazione.

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    Io sono rimasto amico e compagno di molti vecchi mili-tanti della sezione Laurentina, dei quali conservo il massimo rispetto, sebbene non condivida certe loro idee, e loro le mie.

    Solo con un atteggiamento di tal genere, anche nella po-lemica politica aspra, si pu superare la contrapposizione ste-rile ed avviare un dialogo costruttivo, senza prevaricazioni. Atteggiamenti come il tuo, invece, allontanano dal PCI i gio-vani (molti dei quali, ormai un fatto, seguono la sinistra rivoluzionaria) e non contribuiscono a far s che essi operino tutti insieme per impedire agli squadristi di nuocere.

    Per quanto concerne il problema del Movimento sociale e del fascismo in generale, credo'che un merito della nuova si-nistra, LC compresa, sia stato proprio quello di aver saputo cogliere le esigenze di tanta parte delle nuove generazioni e di aver funzionato come polo di aggregazione nei loro con-fronti, togliendo spazio alla demagogia ed alla protesta stru-mentale fomentata dai missini del boia chi molla . Non scordarti che diffusa l'ostilit per la politica e l'ideologia dei sacrifici fuori da ogni distinzione di classe e perci in-trise di cattolicesimo medievale. I giovani respingono questa societ ingiusta e violenta, che li discrimina senza piet. Ep-pure proprio in questa fase si sta dileguando ogni forma di opposizione parlamentare al sistema capitalistico e la sinistra storica si astiene dal promuovere una svolta reale e tangibile non solo nella sfera della politica e del potere, ma anche in quella del costume, della morale e della cultura .

    Le esigenze di moltissimi giovani vanno oltre quelle del compromesso storico , che ad essi appare realizzabile solo in un orizzonte di conservazione dell'assetto sociale e dei ruoli precostituiti.

    Prima di chiudere voglio ricordarti, visto che ti sei voluto ergere a giudice implacabile, due versi di un grandissimo poeta russo rivoluzionario, Vladimir Majakovskij :

    I giudici disturbando gli ucclli e le danze, / e me e voi e il Per.

    Tanti saluti. Stefano

    aprile Sfondato il paniere, libera la via per l'aumento dei prezzi. Inizia con le firme l'avventura dei referendum, il Cristo si fa uomo in Zeffirelli nel Primo e Fo nel Secondo si incarna nel papi e provoca la mil-leunesima crociata. Il complotto macina chilome-tri. Catalanotti come Nuvola-ri. Sono le mille miglia, V Italia, gi Europa. Per gli studenti in assemblea nazio-nale a Bologna l'accoglienza lo stato d'assedio. Claudia Caputi viene sevizia-ta. 50.000 donne a Roma. Tan-te in tutta Italia : Non pi puttane non pi madonne . Elezioni, ogni tanto. Dura fles-sione del PCI a Castellamare di Stabia. A Rovigo invece ...supera i gi elevatissimi livelli . Ma non una nuova alluvione. Gli operai, l'opposizione ope-raia, 300 consigli di fabbrica promuovono l'assemblea detta del Lirico, teatro milanese. Sgomberano ancora l'Univer-sit di Roma. E' il 21. L'agen-te Settimio Passamonti muo-re in uno scontro a fuoco. Nostro figlio non avrebbe voluto essere vendicato in questo modo dicono i geni-tori di Francesco Lorusso. Cossiga abolisce il 25 aprile e il 1 maggio. Mai pi cortei. Peggio di Tambroni. Nono-stante il divieto cortei il 25. Uno alle Fosse Ardeatine. Il 9 nasce un piccolo Fabrizio. E' fratello di Fabrizio Cera-so, assassinato a S. Basilio dalla polizia. Il 23 un altro Fabrizio Panzieri torna alla luce del sole dopo due anni di carcere.

  • Gatti e cavi Roma

    Cari compagni, ho letto con commozione la pagina Trabajar con tristeza dedicata all'Argentina nell'anniversario del colpo di stato, con le bellissime lettere dell'operaio che racconta di come gli ope-rai riescono a lottare nonostante la onnipresenza dei milita-ri all'interno delle fabbriche . Molto bella e istruttiva la descrizione delle azioni di sabotaggio operaio. Un particolare mi ha colpito per dolorosamente: l'uso dei gatti per bloc-care gli impianti. Gli operai buttavano sabbia e gatti tra i cavi dell'elettricit in modo da provocare corti circuiti... .

    Si dir: contro una dittatura sanguinaria che si regge sulla tortura e l'assassinio di uomini e donne tutti i mezzi sono buo-ni; vero. Ma possibile che la classe operaia che padroneg-gia la scienza e la tecnica non sappia trovare altri materiali, possibilmente inorganici per condurre le sue lotte, comprese quelle a gatto selvaggio ? Il capitalismo opprime spietata-mente, assieme alla maggioranza degli uomini, la natura e gli animali. Io credo che i proletari possano invece trovare un buon alleato nella natura e dei buoni compagni di lotta negli animali, a patto di assumerne il punto di vista. 0 vo-gliamo lasciare la tutela dei gatti a guardie zoofile sul tipo del pistolero Franco Cerrai?

    Ludovico T.

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    Basta! Bergamo

    Non c' giorno che sul giornale non compaiono le denunce delle violenze inaudite fatte alle donne, alle compagne, dalla compagna torturata dalla polizia a Padova, alla compagna del POI sfregiata a Roma, alla giovane proletaria Claudia Caputi violentata da 15 persone, alla manifestazione del 12 a Roma con la carica della polizia alle compagne, le pi indifese ;>.

    La violenza contro le donne aumenta man mano che cre-sce l'unit, la forza, la voglia di ribellarsi, di denunciare tut-to ci che devono subire dai maschi, dai fascisti, dai genito-ri, dalla societ. Anche qui a Bergamo durante la manifesta-zione indetta dalle studentesse l'8 marzo questa violenza si manifestata in modo palese.

    Durante il corteo che girava per le vie della citt la ma-dre (ma non sembrava neppure una donna ) ha aggre-dito una giovane compagna a schiaffi e pugni, l'ha caricata in macchina insultando lei e le compagne presenti. Io non co-noscevo questa compagna ma immediatamente ho sentito una rabbia incredibile, ma anche un senso di impotenza. Al de-siderio di reagire, di levare dalle mani di quella virago la compagna, di farle provare con la forza della nostra unit e della nostra violenza tutto il terrore che regalava alla figlia, si contrapponeva l'incertezza e la paura di quello che da sola avrebbe dovuto subire dopo . Alle compagne che protesta-vano per la violenza con cui si scatenava contro la figlia, que-sta donna urlava: E' sua figlia?. Questa domanda estremamente significativa, esemplifica come sui figli e so-prattutto sulle figlie , viene esercitato il desiderio di potere, come sono considerate oggetti completamente dipendenti, che devono rispettare , ma non essre rispettati, ma continua-mente venir violentate dentro e fuori le mura di casa.

    E' ora che tutte diciamo basta. Le denunce devono molti-plicarsi, diventare migliaia ogni giorno, perch le violenze sono migliaia ogni giorno, la forza e l'unit del movimento deve incidere ogni situazione, perch scappare di casa non facile (e spesso ti prendono e la repressione diventa bestia-le), aspettare la maggiore et terribile, sopportare tutto e diventa sempre pi impossibile. Spesso porta alla dispe-razione.

    Ricordiamo la minorenne caduta dalla finestra a Geno-va. Dicono: non voleva suicidarsi, voleva scappare . Ma pensiamo a quale disperazione era stata costretta. Vorrei do-

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    mandare a tutti di salire al quinto piano di una casa e guar-dare da basso, e poi chiedersi se proverebbero a calarsi di sotto con un lenzuolo. Barbara

    Il tifo organizzato Verona

    Cari compagni, sono un compagno, che assai spesso va allo stadio e sente in prima persona il discorso dello sport di massa e del tifo or-ganizzato.

    Ho letto l'articolo sui fatti della bomba allo stadio di Ve-rona e penso, che con l'affermazione che essa possa essere un'arma dei fascisti veneti, non abbiate sbagliato, o almeno non abbiate detto una cazzata/

    Infatti da alcuni anni la presenza di picchiatori fascisti allo stadio massiccia, essi hanno raccolto purtroppo attorno a loro una piccola massa. di tifosi organizzati, provenienti da quartieri periferici, i quali sfogano la loro rabbia al grido di EIA-EIA e salutando romanamente.

    Tutto questo avvenuto anche per colpa dei compagni che mai hanno capito questo fenomeno, e si sono limitati a fare una analisi superficiale del fenomeno calcio.

    Ritornando al discorso dei fasci essi fra l'altro .hanno mi-nacciato pi volte me e altri compagni che hanno avuto il coraggio di andare nella loro curva, che guarda caso quella da cui si presume sia stata lanciata la SRCM.

    In alcuni periodi lo stadio stato palestra per alcuni gros-si picchiatori, fra i quali uno dei pi grossi spacciatori di eroina.

    L'ultima volta che ho avuto a che fare con loro stato nel corso della partita con il Bologna. Infatti in quell'occasione alcuni compagni bolognesi furono aggrediti e io sfuggii per un pelo ad una aggressione armata. Per finire questi fascisti ca-ratterizzano bene la loro matrice, sventolando bandiere trico-lori, portando sciarpe e fazzoletti neri, gridando slogans tipo sesso, violenza, brigate giallo-blu e salutando romanamen-te, il tutto con rassenso, mascherato da noncuranza per certi fenomeni, dello squallido giornale locale L'Arena e del buon presidente Garonzi.

    Per finire vorrei invitare i compagni delle altre cjtt ad aprire un dibattito sul fenomeno calcio e in particolare su chi sta dietro alcuni calcio-club (tipo le brigate giallo-blu di Verona). Radice

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    Era un bravo ragazzo. Roma

    Mi sono stancato di scrivere la cronaca e i commenti po-litici quando qualcuno muore d'eroina. L'ultimo si chiamava Massimo, come me, e per lui l'unica alternativa a un matri-monio fallito stato il buco.

    I giornali: era un bravo ragazzo... aveva smesso... per la famiglia un caso umano... disumano speculare sulla sua morte , dice la madre.

    Sentirsi sulla pelle questa cosa tutti i giorni quando incon-tri compagni, giovani che conosci e che bucano, con i quali non riesci a parlare di nulla, quando cerchi l'erba e ti of-frono una busta, quando ti accorgi che, nonostante tutta la tua bella analisi sul problema non riesci a risolvere nulla neanche con persone che conosci bene perch fare il missio-nario non la tua vocazione, perch non puoi dire, e non serve a nulla dire, non ti devi bucare .

    Per me sempre stato difficile avere rapporti con giova-ni che fanno eroina. E' troppo sfasato rispetto al quotidiano il loro modo d'essere da me che ho avuto la fortuna (perch a volte si tratta solo di fortuna) di non essermi mai bucato; sempre stato difficile perch l'aridit che l'eroina riesce a creare amplifica l'incomunicabilit che il suo miglior con-cime; perch quando nei rapporti la centralit di me e di te viene scalzata da una necessit fisica, non c' pi nulla di fronte a cui si ferma il cammino verso la busta e tutto va a puttane se non buco anch'io.

    Allora ho voglia di muovermi partendo da me perch vo-glio distruggere tutto ci che mi fa star male.

    Massimo

    Non sono masochista Tre giorni dopo aver visto il film di Pasolini Sal ho

    deciso di scrivere questa lettera. Non mi interessa ora entra-re nel merito di una discussione che esiste sull'autore.

    Voglio invece raccontare il modo con cui ho vissuto il film. Devo dire che sono riuscita a resistere (perch avrei dovuto?) sino alla fine. Sono uscita dal cinema con una spa-

  • 40 41 ventosa angoscia dentro, ma c'era anche rabbia e insieme tristezza. Mi sono chiesta perch questo film mi ha fatto sta-re cos male e mi fa male ora parlarne.

    Non facile per una donna (ma credo per tutti i giovani) assistere a quelle scene in modo distaccato e magari ten-tare anche di farne una critica politica o di esprimere un giudizio. Io non ci sono riuscita. Forse non ho nemmeno ten-tato.

    Quelle scene mi hanno sconvolta, violentata, hanno porta-to dentro di me in modo angosciante un senso di morte.

    E inutili sono stati i miei tentativi di pensare alla vita, al-l'amore. Sempre quelle scene davanti agli occhi per tutta la notte. E insieme all'angoscia la tristezza. Inutili anche i ten-tativi di un compagno che mi diceva non pensarci solo un film . So benissimo che non vero.

    Sal non solo un film, una realt che io vivo tutti i giorni come donna e come giovane oppressa e violentata dal potere dei padroni, dei genitori, dei maschi. Sal ha sconvol-to la mia fantasia, anzi l'ha uccisa, ha schiacciato la mia creativit. Mi sono ribellata a tutto ci uscendo dal cinema, con le lacrime agli occhi mentre sentivo ridere i maschi den-tro la sala.

    Ho maledetto Pasolini per tutto questo, ho pensato che forse anche lui girando quelle scene potesse aver provato un gusto sadico da maschio e da adulto. Ma' non conosco Pa-solini e questo non vuole essere un giudizio su di lui.

    Credo per che i contenuti (per fortuna un po' pi chiari che in altri lavori) avrebbe potuto portarli sulla scena in mo-do meno violento, o meno violentatore. Non per nascondere una realt, ma perch pochi (almeno spero) sono coloro che vanno a vedere un film impegnato per ricevere violenza. Io non sono masochista.

    Carmen Del Bene

    minacce ed intimidazioni di ogni genere e pi volte mi sta-to detto di smetterla di fare politica. Nei miei riguardi ci sono molte discriminazioni, sono in contatto con alcuni compa-gni ma sembra che la posta a loro non arrivi. Avrei bisogno di cure, ma non mi vengono concesse.

    Questa lettera spero che vi arrivi perch l'ho inserita in una lettera scritta ai miei che gi sanno. Desidero parlare con un compagno perch vivo nel terrore e nella paura e non so come far a resistere.

    Ho bisogno di parlare con un compagno, magari un me-dico.

    Un saluto a pugno alzato. Frullani Severino

    TV, e il ricordo di Francesco Roma

    Quella strana sensazione davanti alla scatola meccanica che con parole false e immagini caleidoscopiche cercava di giustificare un omicidio, il ricordo di un'estate in Sicilia e Francesco a parlare di Bologna e di quella gente con la qua-le tante volte aveva parlato del suo modo di cambiare lo stato di cose presenti, Francesco a giocare, a criticare le mie immagini; poi quella decisione, il ritorno a Parma per la manifestazione nazionale e l conoscere il suo modo di stare assieme ai compagni; la voglia di ricordarlo cos ma quella scatola mi perseguitava, allora esco, il Pantheon, gli indiani sono sempre l oggi stanno diffondendo il loro giornale, si ri-de, si scherza, quell'estate ritorna ma ora la scatola definiti-vamente distrutta ed attorno la gioia di cambiare e seguitare a lottare.

    Gualtiero

    Urgente dal carcere di Arezzo Cari compagni di LC,

    sono un compagno detenuto nel carcere di Arezzo da dove provengo da altri carceri dove i fascisti mi hanno derubato alcune volte e sono stato aggredito e picchiato per le mie idee di sinistra.

    Sono tutt'ora perseguitato ed ogni carcere nuove violenze;

    Quel forte bisogno del comandante Palermo

    Cari compagni, sono un militante del FUORI! di Palermo. Mi sono accostato al vostro quotidiano da quando ho saputo che nelle vostre pa-gine trovano finalmente spazio anche le iniziative dei compa-

    r

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    gni radicali. Ma non solo io mi sono avvicinato al vostro giornale. Lo hanno fatto anche molti compagni del FUORI!

    E continueremo, stando cos le cose, a diffondere questa te-stata di controinformazione. Lotta Continua l'unico gior-nale (oltre a Notizie Radicali) in antitesi con le altre testa-te, che sono quasi tutte di regime.

    Ora, su Lotta Continua di gioved 31 marzo leggo con profondo sgomento la comunicazione del comandante della caserma Ulivelli Monte Mario, resa nota grazie alla volont di alcuni compagni, i quali hanno strappato la comunicazione e l'hanno inviata a Lotta Continua .

    A riguardo ho alcune cose -da dire a questo comandante terribilmente ossesso :

    1) Cosa c' di strano se un militare si trattiene a parlare con degli omosessuali alla stazione o al Colosseo? Nulla: vuol dire che si sono stufati di trattenersi con quanti stanno in ca-serma. Chi sono coloro che stanno in caserma? Semplice: .so-no coloro che ci succhiano il sangue, sono i padroni in uni-forme , sono i repressi sessuali, sono le zecche parassita-rie per dirla con Danilo Dolci. Pertanto fanno bene i sol-dati ad intrattenersi con gli omosessuali: segno che con noi i militari si sentono pi liberalizzati. Poi mi chiedo: Cosa ci vanno a fare gli ufficiali di vigilanza nei cosiddetti luoghi equivoci ?

    Semplice: ci vanno per cercarsi l'avventura. E siccome hanno paura di essere riconosciuti, giustificano a priori la lo-ro presenza in quei luoghi dicendo che ci vanno per vigilare.

    Noi omosessuali queste cose le sappiamo, perch molti uf-ficiali di vigilanza , molti militari, molti comandanti sono ve-nuti a letto con noi. Non vorrei che quel comandante fosse uno di quelli che viene a letto con noi.

    Niente di strano in tutto questo, per non il caso di avere paura. Se a me omosessuale piace un uomo io lo dico. Ma se a qualcuno piace un uomo e lo nasconde, vuol dire che terribilmente represso.

    2) Il comandante comincia a dare segni di squilibrio psi-cologico quando afferma che intrattenersi con un omosessua-le costituisce atto osceno e che la cosa degradante in s e per s e per il decoro della divisa.

    Questo squilibrio del comandante, in verit, runico atto osceno , visto che ignora radicalmente il significato del con-cetto di osceno del nostro codice penale civile. Non solo, cos imbecille da ignorare che i nostri migliori amanti sono stati proprio i militari. E questi militari non solo si sono sen-

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    titi accrescere il decoro e la dignit personale, ma hanno anche capito che l'unica cosa indegna di cui sono rivestiti proprio quell'inutile uniforme e che l'unica cosa degradante vedere questa stessa uniforme addosso ai parassiti che ci sfruttano: gli ufficiali. Ed io mi vergogno di pagare le tasse sia per mantenere imbecilli come questo comandante, sia per tenere in vita una istituzione perfettamente inutile. D ra-gione a Cassola e a tutti coloro che credono nel disarmo.

    3) Ora, la sifilide non si prende andando con un omo-sessuale. La sifilide si prende andando a letto con quanti mer-cificano il loro corpo.

    E la mercificazione dei corpi la vuole il potere, la chiesa, la repressione e la violenza delle istituzioni. Chi vive il rap-porto sessuale alla luce non prende certo la sifilide. La sifi-lide si prende solo se continueranno ad esserci comandanti mediocri e servili come quelli della suddetta caserma. La si-filide nelle loro teste. Noi amiamo con gioia.

    4) Infine, se questo stesso comandante feroce ha desiderio di conoscere gli omosessuali, lo dica pure liberamente. Non necessario aspettare che qualcuno faccia la spia. Il regime delle spie una componente essenziale dei regimi fascisti. E' per questi motivi che lottiamo contro tutti i fascismi, anche contro quello del citato comandante che ha un forte bisogno di prenderlo in culo.

    Baci, baci. Giuseppe Di Salvo

    Cronaca nera? Monte S. Angelo

    Io credo che il giornale debba parlare di cronaca nera . Ma non per questo che vi scrivo; per parlarvi di una

    donna. Una donna che rinchiusa nelle carceri di Foggia e che (io credo) abbia bisogno di aiuto legale e morale . Un aiuto che il movimento femminista potrebbe offrire essendo il pi idoneo a farlo. Io non so nemmeno se questo aiuto lei lo accetterebbe, credo comunque che un tentativo vada fatto. Fin qui niente di strano; il fatto che questa donna, di 26 anni, qualche settimana fa ha ucciso tre dei suoi quattro figli, il quarto ricoverato in fin di vita al policlinico di Bari. Que-sto succedeva in una contrada di campagna in provincia di Foggia.

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    Di fronte ad episodi di questo genere si rimane sconvolti e se si pensa alla violenza che hanno subito i bambini (massa-crati a colpi di sgabello in testa) la tristezza che ti assale soffocante, non ce la fai a vincerla, specie se questa gente la conosci dato che abita nel tuo stesso quartiere (nel mio), hai visto tante volte i loro volti passarti accanto, rinchiusi in se stessi, volti impenetrabili, senza mai un sorriso, che nascon-dono quei piccoli fatti che succedono nella vita di ogni giorno e che poi sono la causa di tragedie di questa portata.

    Il senso di impotenza che ti assale viene ingigantito dalle frasi che l'opinione pubblica , fatta di proletari, sottopro-letari, piccolo-borghesi, sussurra a mezza voce, tra i denti: E' pazza da rinchiuderla in uri manicomio criminale , quan-do si scopre che non lo , una donna da punire, da schiaccia-re (la pena di morte). Il giorno dopo il suo arresto le detenu-te del carcere la stavano linciando per... punirla.

    Un compagno deve vincere il senso di impotenza, non pu fermarsi, deve rifiutare la logica corrente che ogni cosa 'Che non rientra nel razionale pazzia; deve rifiutare la logica della vendetta, della punizione (un giorno, un mese, un anno, 30 anni di carcere, la pena di morte). Un compagno si pone il problema di come salvare il malato, ma soprattutto di cosa fare affinch episodi di questo genere non succedano pi, ed allora non si ferma alla tristezza (o al pianto) ma cerca di capire per rimuovere le cause.

    L'orrendo massacro dei bambini in questo caso specifico non dovuto a un'improvvisa pazzia ma il prodotto di una vita squallida condotta da questa donna; della violenza che ha dovuto subire da parte del marito, della famiglia, dell'am-biente sociale (morale ed economico), violenza che ha scari-cato sui suoi figli (in un rapporto di amore odio) per libe-rarsi (farla finita) e molto probabilmente per liberare le vittime (innocenti) dallo squallore di una vita quotidiana sen-'za prospettive decenti. Liberarsi uccidendo i propri figli. Una cosa assurda, incomprensibile a qualsiasi persona sana di mente. Eppure per questa donna stato l'unico mezzo che riuscita a darsi. Un mezzo giustificabile dalle persone nor-mali solo con la pazzia. Solo che questa donna non pazza (un discorso lunghissimo bisognerebbe fare sui meccanismi che scattano quando un individuo va verso la pazzia). Ho ucciso i miei figli adesso devi uccidere anche me , ha detto al vicino di masseria accorso alle sue grida. E ancora: Ho ucciso i miei figli perch odio mio marito , stata la prima frase che ha detto quando l'hanno arrestata mentre va-gava per la campagna. Dietro questa frase vi la storia

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    delle tragedie quotidiane di questa donna; vi la storia di una vita fatta di ignoranza, passata tra le greggi fino ai 16 anni quando ha conosciuto il marito durante la transumanza; marito costretta a sposare ; vi sono i rapporti di tremenda violenza (subita) con il marito; vi sono i rapporti di violenza morale (di un livello inaudito) con i familiari del marito e tanti altri episodi.

    Non voglio a tutti i costi giustificare un crimine cos orren-do. Ci sono per sufficienti elementi di analisi che mi per-mettono di dire che non giusto lasciare questa donna sola, rinchiusa in se stessa a meditare su una tragedia che molto probabilmente porter alla sua distruzione fisica e psichica, in balia di una giustizia capace solo di reprimere e di una opinione pubblica reazionaria che invece di sforzarsi di capi-re non fa che esprimere giudizi che contribuiscono al verifi-carsi di episodi come questo.

    Saluti comunisti. Gambuto Leonardo

    Soldato Rocchi, deceduto Casarsa

    Con un fonogramma fumoso e chiaramente preparato ad arte, stato reso noto alle alte sfere del Gruppo Specialisti Artiglieria Ariete che il soldato Franco Rocchi, 21 anni appena compiuti, deceduto presso l'ospedale militare di Bo-logna. Era stato ricoverato per bronchite e per non meglio specificati dolori addominali . Moriva in sala operatoria mentre veniva preparato per l'anestesia.

    Scrupolosamente i macellai di -turno inviavano il soldato presso il centro di rianimazione di S. Orsola dove si consta-tava che non c'era pi nulla da fare.

    Altrettanto scrupolosamente sono stati avvertiti i familia-ri , come si usa nei classici casi d'incidente: ma bisogna gridare forte che non di incidente si tratta ! ! ! Ci sono invece gravi responsabilit per la mancanza di una seria assistenza medica, inesistente in questa come in altre caserme!

    Il menefreghismo e la superficialit di ufficiali medici e del comandante di gruppo (ci sono testimoni di quando il Te-nente Colonnello Torelli si recato in infermeria per ordina-re che non venissero dati giorni di riposo n mandati all'ospe-dale i soldati del suo gruppo) hanno fatto s che una bron-

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    chite sia diventata tanto pericolosa da portare un giovane alla morte.

    Nucleo soldati democratici gruppo specialisti artiglieria Ariete

    caserma Trieste

    Francesco, non ci credo Bologna

    Non credo, Francesco, che tu sia morto. Non credo che i tuoi occhi non vedranno pi che le tue mani mai stringeranno altre bandiere rosse. E credo che udir ancora la tua voce calma: compagni, fate le file... Non credo che il tuo cuore sia freddo e che la tua rabbia sia sepolta. Ho creduto di vederti al tuo funerale fra la folla, piangere sommesso ed abbracciare i compagni tristi. Ma era forse un altro funerale uno dei tanti imposti dal regime. Ricordi quel mattino quando un gatto nero mor sotto i nostri occhi? Ci sentivamo strani, pessimisti. E tu dicevi: che brutta la morte! E il gatto agonizzava ed era atroce guardarlo. Non ci credo, adesso. Non credo

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    che anche tu sia morto, giovane forte e sano e sempre in prima fila sempre con i compagni. Perch mancavi ieri al funerale del compagno ucciso? Non ci credo, Francesco.

    In carcere dal 12 marzo Carla

    Finalmente ho una penna. Oggi ho visto mia madre. Mia madre bellissima, sono contento di mia madre. Ha sofferto molto in questi due anni ma non si mai persa. E sono in questi due anni che io ho conosciuto, scoperto molto di mia madre. Anche stamattina l'ho vista bene. Ho pianto un po' con lei. Dopo abbiamo parlato.

    Siamo stati presi io, (...) e (...) alle 22,30 a via del Gallo, vicino a piazza Farnese. Ci siamo incontrati da quelle parti e vista l'aria tempestosa che c'era, abbiamo deciso di andare a mangiare, avevamo molta fame; siamo stati in un ristoran-te a via del Gallo. Verso le 22,30 siamo usciti e dopo siamo andati a casa di S. che abita proprio sopra il ristorante; ma S. non c'era.

    Siamo ritornati gi in strada. Appena usciti dal portoncino una Mini ci passa vicino a tutta velocit, si ferma di botto, ne escono fuori cinque giovanissimi (ventenni) con le pistole in pugno, ci perquisiscono, a me non trovano niente. Ci fan-no montare in macchina con due di loro e ci portano in cen-trale. Appena arrivati dentro la questura e scesi dalla mac-china stata una cosa allucinante. Una trentina di poliziotti ci hanno pestato.

    Non so quanti pugni e calci ci sono arrivati. (...) ca-scato per terra, quando l'ho rivisto poco dopo aveva il viso sfigurato, era una maschera di sangue. Il peggio venuto dopo.

    Ci hanno messo uno in una stanza diversa, ma abbastan-za vicini, le manette dietro la schiena. Ci hanno interroga-to gli stessi della Mini (pare che siano dell'antiterrorismo di Fiumicino) contemporaneamente facendo la spola fra noi tre. Siamo stati due o tre ore in questa situazione, i pugni e gli schiaffi si sprecavano.

    Mi ricordo che ero calmo, non avevo molta paura. Voglio dire questo: in tanti anni di botte ne avevo anche prese, ma

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    anche date: quando litigavo da ragazzo io con i fasci. Incas-savo bene, questo me lo ricordo, ma mi ricordo pure che dopo qualche ora di questo trattamento dovevo vomitare e sono svenuto. E' stata la mia fortuna perch mi hanno la-sciato perdere a parte uno schiaffo finale prima di portarci a Regina Coeli. Vi sembrer strano ma non vedevo l'ora di an-dare -in galera.

    A Regina Coeli ho rivisto (...) e (...). A (...) (...) e (...) era conciato male: il naso spaccato, il viso gonfio, un taglio in testa, dolori alle costole. Si sono accaniti con estrema cat-tiveria contro (...). Pensate: volevano che confessasse che noi uscivamo da un covo , la casajdi quella compagna che era-vamo andati a trovare.

    A Regina Coeli non sono stati teneri. Eravamo quelli che avevano fatto il casino, avevano sparato, distrutto, eccetera. Ma per fortuna non ci hanno trattato male a parte qualche spintone.

    Non so cosa pensavo in quel momento, forse niente. Mi sentivo stravolto, allucinato per i dolori che avevo in tutto il corpo, ero bagnato, volevo dormire!

    Mi hanno messo in una cella dove c'erano dei detenuti che dormivano, mi sono sdraiato, ho dormito, ma mi svegliavo, c'era un detenuto che parlava da solo.

    Alle sei e trenta mi vengono a prendere. Mi portano allo isolamento, continui controlli, mi fanno spogliare, mi rivesto, mi portano in cella; riesco a vedere un attimo (...) portano anche lui in cella. Passo quasi tutta la domenica a letto, cer-co di muovermi meno che posso, respiro piano e lentamente, mi fa male tutto il torace, le costole, lo stomaco, le spalle, mi fa male anche la faccia e la testa.

    Dormivo qualche ora e mi svegliavo. Quando mi sveglia-vo pensavo. Con il cervello ero lucido. Pensavo alla mia nuo-va condizione, non ero libero, ero prigioniero, dentro una cel-la d'isolamento. I pensieri si accavallavano veloci. Mi sentivo calmo. Ho subito accettato la mia condizione di detenuto.

    Pi che a me in questo momento pensavo a fuori, pensa-vo a mia madre, ai suoi casini (...). Pensavo ai compagni e alle compagne che conoscevo (