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Applicazioni biochimiche della cromatografia su gel di destrano G. B. MARINI-BETTùLO Capo dei Laboratori di Chimica Biologica, Istituto Superiore di Sanità, Roma, Italia Qu esta rassegna sulla cromatografia su s upporto di destrani rientra tn que ll e messe a punto di problemi di attualit à nel ca mpo delle sepa razioni c himiche c he ho tenuto da alcuni anni e che servono a trarre un bilan cio ùei ris ultati e so prattutto a preve dere quali applicazioni pratiche po!.'sono deri vare dall e nuoYe tecniche ( 1 ' 4 ). Desidero qui illustrare alcune possibilità pratiche che ci offre, per ri sol- ,·cre taluni problt>mi di ordine biolo gico e bioc himi co, un nuo vo tipo di se· parazione fondato sul principio gnoto della g{' l filtrazione applicato con s ucce!"so da ricerc atori svedesi ( 6 ' 7 ) c on l'impi ego di nuovi colloidi come s upporto. Se si considera la cromatografia seco ndo la definizione di Gordon , Mar- tin e Sy nge ( 8 ) come un qualsia si tipo di sepa razion e che avYiene per perco- laz ionc in una colonna indip end e nt emente dai fe nomeni che si ,-erifi ca no , a nch e le sepa razioni su co lonn e di colloidi di po lid estrano si possono com- prendere nd quadro più vas to della cromatografia. PRI NCIPI Quando si disponga di un composto macromoleco lare do ta to di un suf- !icie nt e numero di legam i trasversa li (cross lìnking) quali i polidestrani, le poliac rilammidi, i polivinilpirrolidoni etc., che si ri gonfia con acqua per dar e un gel, e questo mat e riale si utilizzi in una colonna, si ottiene un s i- ste ma ca pa ce per il s uo s tato fisico di r ea lizzare un cer to numero di S(•pa - razioni, allorchè venga attraversa to da una scela di du e o più sos tanze. Il numero dei lega mi trasversal i del mat eriale di s upporto rapprese nta il fatt ure piìt import ante qu este se parazioni, i11 qu a nto è in relazione di- retta co n le dimensioni d ei pori de ll e particelle. I n fatti la presenza di pochi lt>ga mi trasversali indi ca pori larghi e quindi fo rte capacità di rigonfia mento. , mentr e molti lega mi tra sversali indi ca no pori s tretti e minore capacità di . 1 1111. ! st. Super. Sanil<ì (1966) 2, 2l l ·2t 3.

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Applicazioni biochimiche della cromatografia su gel di destrano

G. B. MARINI-BETTùLO

Capo dei Laboratori di Chimica Biologica, Istituto Superiore di Sanità , Roma, Italia

Questa rassegna sulla cromatografia su supporto di destrani r ientra tn quelle messe a punto di problemi di attualità nel campo delle separazioni chimiche che ho tenuto da alcuni anni e che ser vono a trarre un bilancio ùei risultati e soprattutto a prevedere quali applicazioni pratiche po!.'sono derivare dalle nuoYe tecniche (1' 4) .

Desidero qui illustrare alcune possibilità pratiche che ci offre, per risol­, ·cre taluni problt>mi di ordine biologico e biochimico, un nuovo tipo di se· parazione fondato sul principio già noto della g{'l filtrazione applicato con succe!"so da ricercatori svedesi (6' 7) con l'impiego di nuovi colloidi come

supporto. Se si considera la cromatografia secondo la definizione di Gordon, Mar­

tin e Synge (8) com e un qualsiasi tipo di separazione che avYiene per perco­lazionc in una colonna indipendentem ente dai fenomeni che si , -erificano, a nche le separazioni su colonne di colloidi di polidestrano si possono com­prendere nd quadro più vasto della cromatografia.

PRI NCIPI

Quando si disponga di un composto macromolecolare do tato di un suf­!iciente numero di legami trasversali (cross lìnking) quali i polidestrani, le poliacrilammidi, i polivinilpirrolidoni e tc., che si rigonfia con acqua per dare un gel, e questo materiale si utilizzi in una colonna, si ottiene un si­stema capace per il suo stato fisico di realizzare un certo numero di S(•pa­razioni , allorchè venga attraversato da una nùscela di due o più sostanze.

Il numero dei legami trasversali del material e di supporto rappresenta il fatture piìt importante p~:r queste separa zioni, i11 quanto è in relazione di­retta con le dimensioni dei pori delle particelle. I n fatti la presenza di pochi lt>gami trasversali indica pori larghi e quindi forte capacità di rigonfiamento., mentre molti legami trasversali indicano pori stretti e minore capacità di

. 11111. ! st. Super. Sanil<ì (1966) 2, 2l l ·2t3 .

212 !H:~U ARI 1>1 CROMATOGRAFIA

rigontiamcuto. In tal moJo le singole particelle dd colloide nella colonua sono rigonfie di liquido ma sono altresì circondate da altro liquido trattC'­ntlto.

Se a questo punto si fa passare per la colonna una soluzione con tenen t t­una sostanza a basso peso molecolare, può avvenire che, se Jt. dimensioni delle molecol1· sono più piccole di quelle dei pori delle particelle del gel, la !:'ostanza può entrare nel !!cl e , -enire trattenuta, m entre, se si ha una so­stanza ad alto peso molecolare, le cui dimensioni superano quelle dci pori, tale sostanza, non potendo penetrare all'interno del gel, non sarà trattenuta, ma passerà rapidamente ndi'eluato (Fig. l). In questo modo sarà possibile realizzare una efficace separazione di sostam:e sulla bas1· della loro diversa complessità ruolecolare.

% :\ ~ ~ .% ~ ~ ~ ~ ~ % ~ % ~

~ ~

Fig. l . - Principio d elle separazioni di •O­stanze n diverso p eso molecolarr attraverso gel filtra:ion c. Le moll'­cole più piccole (piccoli cerchi neri) penetrano nel gel (cerchi bianchi) e vi vengono trattenute. mentre le molecole più grandi rimangono all'est erno e passano nell' elua t o.

È noto che questo sistema, conosciuto con il nome di gel filtrazione , ha sostituito in molti casi la dialisi per la separazioni' delle proteine dagli elettroliti. In questo caso le IJrime frazioni dcll'eluato di una colonna sa­ranno costituite dalla sosta:nza ad alto peso molecolare, cioè dalla proteina non trattenuta per le sue dimensioni dal gel, mentre le frazioni che passano dopo m1 certo intervallo, saranno costituite dall'elettrolita.

Am•. Jsl . .Supcr. i';(l ll i lù (19GGl 2, 211 · 22:!.

MARINI· DETTÒ LO :!13

A ques to S COfHJ si dispone in commercio dei des trani polimt:rizzati con epicloridrina a diverso grado di legami trasversali preparati da Porath, Flodin e Gelotte (5" 7) a Uppsala, che ne hanno anche p er primi studiato le proprietà e l' impiego.

Dal caso limite della gel filtrazione si può, variando il grado di poli­merizzazione trasversale, ottenere Jel materiale con pori rli rliverse dimen­sioni, capace di separare non solo grandi molecole da picco!e molecole, ma altresì di frazionare sostanze di peso molecolare abbastanza vicino. Si r ea­lizza così un sistema di separazione che si potrebbe riavvicinare a quello dei setacci di diversa dimensione e che appunto per questa somiglianza è !ltato chiamato « setacci molecolari ,, (molecular sieves).

P er realizzare quest e separazioni esistono in commercio già preparati dei polidestrani a diverso grado di legami trasversali con caratteristiche de­terminate (Tab. l e 2). È così possibile con tale sistema procedere al frazio­namento di sostanze macromolecolari di diversa complessità.

G -

G -

G-

G -

TABELLA l.

Separazione di macromolecole di diverso peso moiecolare (PM) mediante gel di polldestranl (Sephadex) di diverso tipo

Limiti di P)l e ntro i qua li

T ipo d i Scphndcx Limite ùi esclusione PJ\1 le molecole possono cssorc

sepa rate in baso a lle <i lrnc nsio ni

25. 5. 000 100 - 5.000

50. 10 .000 500 - 10 .000

75. 50.000 1.000 - 50 .000

100. 100 .000 5 .000 - 100 .000

G - 200. 200.000 5. 000 - 200 .000

Va tenuto presente che in una colonna di gel di questo tipo la separa­zione che a v viene non può essere attribuita, come in altri processi cromato­grafici. ad una sola funzione, quella di setaccio molecolare, in quanto, oltre alla diffu~ione delle molecole attraverso le particelle del gel, esist e an che il liquido adsorbito rhe può a rigore considerarsi la fase star.ionaria di una cro­matografia di partizione: in questo caso interviene un fenom~::no che è det er­minato dal volume di solvente dentro e fuori le particelle dd gel.

Se si considerano le due fasi, il coefficiente rli partizione di una sos tanza tra l'acqua che si trvva dentro le particelle di gel e quella es terna aHà un

. 111 11 . f sl. /S I! Jl<' r. &a11 i là (1966) 2, 21 1·22:!.

214- SEMINARI DI CROMATOGRAFIA

Separazione di particelle di varie dimensioni mediante gel di polldestrani (Sephadex) di diverso tipo

TABELLA 2.

Dimensioni dello Tipo di S<)Jlhndc x

Volume ml/g l l

g di Sephndux l Particelle di Sopbadux secco sccco/100 mi di gt·l

l fL

G- 25 5 20 -G - 50 10 10 -G - 75 12 - 15 7 4-0 - 120

G - 100 15 - 20 6 4-0 - 120

G - 200 30 - 4-0 3 40 - 120

----

valore K D eh<' è anche una funzione della grandezza molecolarc della so­stan za impiegata . Se si considera a questo punto il volume totale V t di una colonna di particelle di gel, esso sarà eguale alla somma del volume dcii!• particelle v g più il volume vi dentro alle particelle più il volume esterno v o

QueE:to \'Olume esterno, V0 , equivale al volume necessario per eluire la so­stanza attraverso la colonna nel caso che le molecole non penetrino den­tro le particelle di gel.

Il volume di eluizione, ve, di una sostanza dipenderà pertanto dal va­lore del volume esterno alla particella, V

0, e dal coefficient e di distribuzione,

K 0 , moltiplicato per il volume interno alle particelle, V1, cioè per la p arte accessibile alle molecole di una particolare sostanza :

dato che K 0 possiede un valore caratteristico per ogni sostanza indipen­dentemente dalla forma del ge:l si avrà

Il valore di K0 può essere uguale a zero n el caso di molecole che non possono entrare nel liquido dentro le particelle di gel, cioè nella fase sta­zionaria (ad rsempio n el caso delle proteine) o uguale ad l nel caso di molr­cole piccole che entrino completamente nel gel (come nd caso di sali).

A nn. I st. Super. Sanità (1966) 2, 211·223.

l l

l

MARINI-BETTÒLO 215

È possibile a questo punto calcolare il valore del volume di liquido necessario per la separazione, V8 • Esso sarà, secondo l'elaboraziOne di Ge­lotte ('), eguale alla differenza tra il valore di Ve' e di Ve" delle due sostanze da separare e cioè

pertanto per una buona separazione è necessario che il campione venga portato sulla colonna in soluzione in un volume che non sia maggiore di VB (Fig. 2).

i c

-V0 -- V;-- ---

1-Vs--1 Volume di eluzione, v.

Fig. 2. - Separazione di molecole di varia grandezza attraverso colonna di gel, in fun­zione del coefficiente di ripartizione (Kd) . Kd = O, per molecole che non possono entrare nel gel; Kd = 0,5, per molecole che entrano per metà nel gel; Kd = l per molecole che entrano completamente nel gel (schematico). V o= volume esterno, Vs = volume di separazione, Vt = volume interno. In ordinate la concentrazione (C) deUe molecole neU'eluato.

Per riassumere si può dire che una colonna di particelle di gel organico può essere utilizzata per le sue proprietà non solo di setaccio molecolare, ma anche mettendo a profitto la possibilità di una ripartizione tra le due fasi acquose entro e fuori delle particelle, che sono caratteristiche delle sin­gole sostanze da separare (Tab. 3 e Fig. 3). Inoltre, dato che su un supporto non si ha mai un solo fenomeno come si è visto nel caso già della cromato­grafia di adsorbimento, di partizione e di scambio ionico, anche in questo caso, accanto al processo principale sopradescritto, abhiamo fenomeni di adsorbimento che possono talvolta interferire od essere utilizzati in queste separazioni.

Volendo d'altra parte associare il fenomeno di setaccio molecolare e di scambio ionico presentato da questi speciali polimeri, sono stati preparati dei particolari polidestrani contenenti, come nel caso della DEAE-cellulosa, dei gruppi dietilammino-etilici capaci di conferire a questi gel capacità scambiatrici, che nelle colonne consentono di utilizzarll il processo dello scambio ionico assieme a quello del s«.>taccio molecolare.

Ann. Isl. Super. Sanità (1966) 2, 211-223 -

2](• Sl:MINAill Ul CRO}IATOGRAFIA

TABELLA 3.

Caratteristiche di vari tipi di gel di polldestrani (Sephadex)

Vohmw Volu me Volum<• Jlcnsi tA l !'4<•Vhnd l·X totnlt• c• terno lnk•l'IIU

(V,> ( \'o> ( \ ';) (umido)

l

l 5 2 l 2,S l' 13 l

~-~-~J'ipo d

1--G - 2.)

G - .'io l w 4 5 l ,07

G - 75 l 13 5 7 l ,05

G - 100 17 6 LO 1,04

l G - 200 30 9 20 1 ,02

l_

Dall'esposizione di questi principi ci si rende subito conto dellr pos· sibilità che può offrire l'impiego di colonne di setacci molecolari nelle sepa· razioni delle sostanze organiche. Oltre che nella gel filtrazione, che consente la separazione di sostanze a basso peso molecolar<' e il frazionamento di proteine, si possono impiegare queste tecnichr nello studio di una serie di

.500 r------------------------------------------,

.400

.300

.200

.100

l

: 20 l l 30 : I : : II

40 50 60 70 o 10 l o

Tubocuro r ino

Fig. 3. - Separazione mediante colonna Sephadex G-100 di una miscela di tubocura· rina e proteine del plasma (I e Il). In ordinate: assorbimento aii'U.V. ; in ascisse, frazioni dell.'eluato. La netta separazione dei massimi indica assenza

di legami.

Amt. / s i. :Supu. :Salti li& (1966) 2, 211 ·223 .

~IARIN I·BETTÒLO 217

problemi di particolare interesse biochimico e biologico. Desidero soflennar­mi appunto su alcuni di questi punti che investono direttamente problemi particolari quali lo studio dei complessi tra ~acromolecole e la separazione e la caratterizzazione dei sieri immuni.

STUDIO DEI COMPOSTI DI ASSOCIAZIONE TRA SOSTANZE A BASSO PESO MOLECOLARE E MACROMOLECOLE

Lo studio di composti tra macromolecole e sostanze a basso peso mole­colare può essere di grande utilità per stabilire le combinazioni tra farmaci e proteine, per avere una misura dell'affinità degli enzimi per i substrati e dei coenzimi per gli apoenzimi, e per altri analoghi problemi di interesse fondamentale per la biochimica e per lo studio del meccanismo d'azione dci farmaci.

Il primo di questi punti è di particolare interesse al fine d'avere una idea sulle combina:lioni tra i farmaci €Ò i recettori specifici. Infatti è noto che p t'r spiegare l'azione specifica dei farmaci si suppone l'esistenza rli r ecet­tori specifici costituiti da det~:rminate proteine facenti parte di diversi tes­suti, ad esempio nelle sinapsi neuro-muscolari, etc. Sulla base di una mag­giore o minore affinità dei farmaci per questi recettori di cui si hanno nume­rose prove indirette, si vuole oggi interprf'tare il meccanismo d'azione dei farmaci.

Non è possibile entrare nella discussione ed esposizione di queste teo­rie per le quali rimandiamo ai lavori E. J. Ariens (~) e che costituiscono la base della moderna farmacologia biochimica. È tuttavia interessante vedere quali metodi il chimico ed il biologo hanno a disposizion e per sta· hilire direttamente l'esist enza di complessi o composti labili tra recettori specifici proteici e farmaci.

Uno dei metodi largamente impiegati è la dialisi: essa consente di di­mostrare l'esistenza di legami tra proteine e farmaci, nonchè di misurare la forza di questi legami. Inoltre è stata studiata a questo scopo la possi· bilità di determinare per via elettroforetica , su di un supporto, la formazione di questi composti. A questo scopo Bickel e Marini-Bettòlo (10) proposero alcuni anni or sono la elettroforesi incroctata, basata sul principio di far migrare in un campo elettrico, su di un supporto come la carta, una pro­teina e un farmaco in modo che questi vengano ad incontrarsi. A parte i fenomeni <li adsorbimento, la proteina che viene disposta su di una linea continua verticale sulla carta, all'incontrarsi con il farmaco può deformarsi in un senso o nell'altro, oppure può rimanere inalterata: nel primo caso si può ammettere che vi sia stata formazione di un c:'omposto che ha pl'rtanto diversa velocità di migrazione, mentre nel secondo caso si deve supporre che non vi sia nessuna reazione tra i due componenti.

A nn. !st. Super . Sanità (1966) 2, 2 11·223.

2111 SEMINARI DI CROMATOGRAFIA

Anche la gel filtrazione può consentire la caratterizzazione della for­mazione di un complesso tra prot eina c una sostanza a basso peso mole­colare. Infatti , mescolando un farmaco con una proteina, sr questi non si combinano, dovrà effluire prima la proteina e poi il farma co formando dur ma!>simi distinti, mentre nel caso di combinazione si avrà in un primo tem­po il composto protr ina-farmaco e quindi eventualmente il farma co solo.

È facile rendersi conto di questo fenomeno quando il compost o a basso peso molecolare sia colorato, o facilmente riconoscibile con una r eazione chimica o con metodi fisici. Lee e Debro (11 ) hanno effettuato l'esperirnza con Sephadex, rosso fenolo cd albumina mettendo appunto m evidenza con una semplice misura colorimctrica la formazion e del complesso tra proteina

e colorante. Non è tuttavia sempre facile stabilire con metodi analitici semplici

la presenza dd farmaco accanto a quella della proteina o della proteina le­gata al farmaco: si ricorre generalmente per questo scopo a reazioni cro­matiche che si possono seguire spettrofotometricamente, o alla misura di­r etta dell'assorbimento nell'U. V. oppure all'impiego di sostanze marcate

con un radioisotopo . Alcuni risultati di interesse indubbio sono stati ottenuti da H ardy t"

Mansford {1 2) che n el ] 962, u sando Sephadex G-25 con dei derivati dell'acido salicilico e con delle penicilline semisintctiche dimostrarono la possibilità che queste sostanze hanno di legarsi con le proteine del siero.

A questo scopo il siero veniva incuhato con il farmaco e quindi fatto passare sulla colonna . Gli eluati venivano saggiati Fpettrofotometricamcntc dopo trattamento con nitrato ferrico per rivelare i derivati salicilici; nel caso delle penicilline veniva invece impiegato il metodo biologico, mentre la con­centrazione delle proteine veniva misurata per via spettrofotometrica a

280 mf.L· Gli Autori hanno osservato che nel caso di combinazione si avevano

due massimi nel grafico costruito in funzione della concentrazione dei pro­dotti nell'eluato e del numero delle frazioni : uno di questi massimi er a co­stituito da proteina e da farm~co e il secondo dal solo composto non com­

binato. In alcuni casi il complesso è così stabile che si può ulteriormente puri­

ficare ripetendo l'operazione con il frazionamento attraverso Sephadex G-50 DEAE con tampone a pH 6,6.

In una serie di esperienze in corso effettuate con il Dr. Porcelli (13} per

studiare l'eventuale legame tra sostanze curarizzanti c proteine del pla­sma è stato impiegato cloridrato di tubocurarina e plasma umano. Come supporto nella colonna si è usato Scphadex G-1 00, che m eglio degli altri si presta per la sua caratteristica di separare molecole molto diver se pe1· peso molecola re; la tuhocurarina vif!nc lasciat a a contatto con il plasma

Ann. 181. SttJJer. Sa11ilà (1966) 2, 211 ·223.

ì

MARINI·BETrÒLO 219

per qualche tempo prima di essere disposta sulla colonna. Negli eluati si procede al dosaggio quantitativo della tubocurarina e delle proteine pla­smatiche impiegando il reattivo di Lowry-Folin.

Tuttavia, dato che la tubocurarina è sensibile a quest 'ultimo, è diffi­cile disporre di una reazione quantitativa differenziale tra i due componenti ; ciononostante si può constatare la presenza di òue massimi ben differenziati delle proteine del plasma e della tubocurarina (Fig. 3).

Questo risultato è in accordo con quanto era stato osservato con la elet­troforesi incrociata che non rivelava la formazione di composti tra t ubocu­rarina e albumina (1 0

) .

Bisogna tuttavia tenere presente che in questo caso, data la non asso­luta specificità delle reazioni, sarebbe necessario efl'ettuare questo studio quantitativo con l'impiego di tubocurarina marcata, il che d 'altra parte può presentare ancora nuove difficoltà .

La formazione di un complesso stabile e facilmente separabìle su co­lonna Sephadcx, ed eventualmente capace di essere successivamente puri­ficato e separato, è un caso abbastanza particolare che si verifica solo quan­do farmaco o proteina si combinano molto fortemente. Generalmente que­sto legame può essere molto debole così che non sarebbe facile riconoscere in base alle considerazioni sopra espost e la formazione di molti composti.

Barlow e collaboratori (1') hanno proposto per questi casi come misura quantitativa il valore dei K0 . Impiegando la fenitoina e plasma essi otten­tengono con tampone fosfato 0,1 M a pH 7,4 un massimo A corrispondente alle prot eine e un massimo C corrispondente alla fenitoina caratterizzati rispet· tivamente dai valori di K 0 O e di K"D 1,38. Potrebbe in quest o caso sem­brare che non vi sia alcuna interazione tra proteine e farmaco. Tuttavia, se si elui!lce la fenitoina con lo st esso t ampone contenente il 50 % di pla­sma, si ha uno spostamento della curva di eluizione e si può calcolarç per questa frazione un K 0 intermedio tra i due precedenti che va attribuito al composto formatosi. Pertanto questi Autori propongono che la misura delle variazioni del valore di K 0 sia considerata come una misura, sia pure non assoluta, della capacità che tali sostan ze hanno di legarsi con le proteine o con composti ad alto peso molecolare. A conferma di ciò sta il fatto che alcune sostanze, che notoriament e non si combinano con le proteine del plasma, non subiscono variazioni de1 valori di K 0 al variare della concen­trazione delle proteine.

Le differenze di comportamento che si hanno tra farmaci e coloranti sono dovute al fatto che con i secondi il legame è molto più forte e si rag· giungono valori di K 0 = O sia eluendo con tampone che con plasma.

Sotto questo profilo la gel filtrazione costituisce un not evole vantaggio per lo studio delle combinazioni tra farmaco e substrato in vitro perchè evita la presen:r.a di membran e ch e possono adsorbire i composti e quindi

Ann . I st . l'luper. Sanità (1966) 2. 2 11 ·223 .

220 SEMINARI DI CROMATOGRAFlA

falsan· i risultati e perchè consente di dare una valida indicazione sulla forza del legam e che si forma. La possibilità inoltre di usar~ il substrato come eluente offre un metodo per la separazione di sostanze che hanno una capacità diversa di combinazione con il substrato stesso.

Tale via può pertanto aprire numerose possibilità di studio dei legami tra farmaci e recettori specifici ed aspecifici. L'unica limitazione è dovuta alla sensibilità dei metodi analitici per il riconoscim t'nto dei composti ne­gli cluati. difficoltà che può essere sormontata, per evitare interferenze, con l'impiego di farmaci marcati. È possibil<' con questo sistema portare una notevole luce ad una serie di problemi le!Zat i al meccanismo d 'azione dei farmaci ed ai rapporti tra la stl'nttura st erica di t)uesti e la struttura dd recettore pro• eico.

Oltre che per lo studio dei complessi tra farmaci e proteine, l' impiego della gel filtrazione può essere prezioso per studiare la formazione rli com­plessi difficili a mettersi in evidenza direttamente, come i complessi enzima­substrato.

Ad esempio, Coleman e Yallee ('~) con l'impiego di taluni metallo-enzimi, come la Carhossipeptidasi A che contiene Zinco, ed usando 86Zn + + , hanno ealcolato le costanti di equilibrio per substra t o che si idrolizzi lentamente, ed hanno così messo in evidenza l'influenza del substrato stesso nella formazione nell' enzima dall 'apoenzima in presenza di Zn ""-+ . Questo esempio sta a mostrar<.> come la gel filtrazione possa consentire di seguire m olti aspetti della chimica rlegli enzimi e delle relazioni tra enzimi c suhstrato. Tale v ia sicuramente potrà ancora trovare numerose applicazioni in campo enz1mologico .

Un altro esempio ci è dato dai lavori di Kakei e Glass (16) sulla possi­bilità di separare la Vitamina B 12, il cui peso molecolare è di 1300, da poli­peptidi che si trovano nel succo gastrico e che hanno un peso superiore a 5000, con l 'impiego di Sephadex G-25 che consente di escludere sostanze a peso JUolecolarc superiore a 5000. Questo sistema ha consentito di studiare la separazione della Vitamina B,t da sostanze presenti nel succo gastrico e dal così detto •< fattore intrinseco "· Anch e dall'acqua di mare con questo m etodo è stata separata la B 12 •

Attualmente un problema che interessa la t ecnica farma ceutica è di stabilire se la vitamina B 12 è libera o legata negli estratti epatici: tale via potrebbe oftrirc uno spunto per risolvere questo problema.

È interessante ricordare che per le proprietà generali della gel filtrazione le molecole appaiono n ell'effluente secondo un ordine che è strettamente legato al decrescere delle loro dimensioni m olecolari.

Tale proprietà fu proposta fin dal 1956 da Lathe e Ruthven (") come m ezzo per studiare le dimensioni delle macromolecole.

R ecentemente Andrews ha m esso a punto un m etodo (18) per la de­t erminazione del peso rnolecolare delle proteine basato appunto sull'impiego

A1111. Jsl. Su]Jrt'. 8cmiltì (11166) 2, 211·22:1.

MARINI--BETTÒI.O· 221

della gel filtrazione . La tecnica è stata messa a punto impiegando proteine a peso molecolare noto e facilmente dosabili quali alcuni enzimi proteici come la ribossinucleasi.

Le esperienze condotte dall 'Andrews (18) stanno a dimostrare che è possibile avere una funzione lineare tra volume d'eluizione Ve e peso mole­cole (PM) per determinati tipi di destrani e precisamente per PM com­presi tra 300 e 3500 p er iJ Sephadcx G-25 e per PM tra 5000 e 60000 per il Sephadex G-100. Questi limiti possono raggiungere i valori di 110 e 300.000.

È interessante osservare che questo metodo richiede per una determi­nazione 10 (lg di proteina, se questa è dotata di attivi tà enzimatica, op­pure 100 (lg se non l1a attività.

Un altro esempio della versatilità del m etodo della gel filtrazione nel campo dello Rtudio degli enzimi ci è offerto da un recente studio di Stonehill e Balis (11

'), che dimostrano come sia possibile mt>ttere in evidenza minime quantità di enzimi presenti non solo allo stato puro ma anche nei t essuti . Essi impiegano a questo scopo una colonna di gel destrano equilibrata con una soluzione del substrato dell'enzima: ad esempio, volendo m ettere in evidenza la xantin-ossidasi, si equilibra la colonna con una soluzione di xantina, quindi si fa passare nella colonna stessa o l'enzima puro o un suo estratto grezzo da un tessuto. In queste condizioni avviene la reazione tra enzima e suhstrato e si forma il prodotto della r eazione (nel caso sopra ri­portato l'acido uri co), che si ritroverà nell'effluente separato dalle proteine dell'estratto e che potrà essere tra l'altro di!ltinto dal suhstrato (xantina) impiegato ; comunque la quantità di prodotto formato sarà naturalmente proporzionale alla quantità di enzima impiegato. Tale metodo consente di rivelare quantità di enzimi molto piccole ed è stato applicato a scopo diagnostico nelle cellule tumorali. Oltre che alla xantin-ossidasi il metodo è stato con successo applicato alle fosfatasi, alla adenilosuccinasi e all'ino­sitodeidrogenasi.

La gel filtrazione non è tuttavia limitata all' impiego di particelle di gel disposte in una colonna per realizzare la separazione di proteine.

Nel 1963 sono apparsi diversi lavori che est endono alla t ecnica dello strato sottile la gel filtrazione, che dopo i primi tentativ i di Determan (20)

e di Johansson e Rymo (21) consentono la separazione di proteine di peso molecolare fino a 2.000.000.

A questo scopo Fasella, Giartosio e Turano (22) hanno impiegato Se­phadex G-100 e G-200 su lastre di vetro in strato di cir ca l mm mantenuto in ambiente chiuso ed impiegando come liquido di eluizione un tampone fosfato 0,05 M a pH 7,4.

Si ottengono in questo modo delle separazioni molto efficaci. Le so­stanze a peso molecolare più elevato come l'emocianina (PM 2.000.000) possiedono una velocità di migrazione più elevata della siero-albumina

Ann. l sl. Super. !:;md lft ( 19Co6) 2, 2 11 · 223 .

222 SEMINARI DI CROMATOGRAFIA

{PM 140.000) c della emoglobina, come era d'altra parte da attendersi in perfetta analogia con i processi su colonna.

Morris (13}, che ha successivamente ripreso il probl!'ma, ha introdotto, siccome l: impossibile riferirsi al fronte del solvente per la misura del valore di migrazione, una sostanza di riferimento quale l 'emoglobina l'd ha cal­colato per var ie sostanze i valori dello !<postamento relativo, chiamato RHb• per il Sephadex G-1 00 c G-200. Questo metodo consente di rilevare quantità di proteine dell'ordine di l-20 fLg ed è anche molto utile per il riconosci­mento rapido di macroglobuline, ad esempio nei sieri in casi di macroemo­globinemia.

Non vorrei t erminare questa mia esposizione sullt• applicazioni bio­chimiche della gel filtrazione senza ricordare alcune applicazioni che riguar­dano la immunochimica, disciplina che si sta evolvendo rapidamente e che ha bisogno di nuove e rapide metodologie per darci nuovi risultati.

J,a gel filtrazione si presta p~r le sue caratteristiche particolarmente alla purificazioue c quindi alla caratterizzazione degli anticorpi ed al fra­zionamento di sieri immuni. Ad esempio Salvi ed Angeletti (1

U 6) hanno preparato un stero immune iniettando ad un cavallo del NGF (Nerve-Growth­Factor) : in questo siero, dopo la determinazione degli anticorpi, è possibile procedere alla separazione delle varie frazioni .proteiche : ottimi risultati si hanno con DEAE Sephadex.

L 'esame dell'eluato, mediante il metodo di Lowry, indica un recupero del 95 % e mostra l'esistenza di varie frazioni che si possono riconoscere rispettivamente come y-, ~-, oc.-globuline ed infine come siero-globuline.

L'associazione delle proprietà filtranti e scambiatrici consente in tal modo una separazione molto più efficace di quanto non si poteva realizzare con altri sist emi sia pure con la DEAE-cellulosa, in quanto rende possibile la separazione di proteine tra loro vicine come peso molecolare.

Anche lo studio delle proteine attive sulla crescita del sist ema nervoso (NGF) è risultato molto efficace con l'impiego d~lla gel filtrazione.

Con colonne di Sephadex G-200 si può mettere in evidenza la comples­sità di quest e frazioni proteiche che contengono accanto a fattori di crescita _anche enzimi proteolitici. Tali sostanze possono essere nuovamente fra­zionate e purificate ripetendo l'operazione della gel filtrazione sul Sepha­dex G-200.

Per concludere si può dire che le t ecniche della gel filtrazione ampliano notevolmente le possibilità di studio di sostanze molecolari complesse, con­sentono di studiare le reazioni di sostanze a basso peso molecolare tra di loro ed in particolare con proteine, offrendo al chimico, al biologo ed al me­dico uno strumento prezioso per affrontare lo studio di taluni problemi tuttora rimasti insoluti e aprendo nuove prospettive allo studio del mec­canismo d'azione dei farmaci, ·allo studio degli enzimi e alla immunochimica.

Ann. /81 . Suptr. Sanità (1966) 2 , 211 ·223.

MARINl-BETTÒLO 223

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Aggiornamento sulle Tecniche Microanalitiche (•)

SECONDO CONVEGNO DEI MfCROA NALISTI

IsTITUTO SuPERIORE DI SANITÀ

28-29 maggio 1965

W. ScHoNIGER (Basilea) : Erfahrungen auf dem Gebiet der organischen Mik.ro­elementaranalyse {28 maggio) .

S. CAIROLI (Casatenovo) : Sulla microdeterminazione dell'azoto in un labo­ratorio industriale (28 maggio).

A. CAMPIGLIO (Pavia) : Impiego del cromato di bario nella microanalisi organica elementare (28 maggio).

E. PELLA (Milano) : Miglioramento del metodo per la determinazione diretta dell'ossigeno mediante introduzione di argo come gas portante. Comuni­cazione preliminare (28 maggio).

A. PIETROGRANDE (Padova) : Determinazioni di analisi quantitativa orga· nica su scala decimilligrammica (28 maggio) .

M. MARZADRO (Roma) : R ecenti sviluppi della microdeterminazione degli alogeni (28 maggio) .

(• ) Promosso dalla Società Italiana di Scienze Farmaceutiche. Presieduto dalla Prof.ssa

M. Marzadro.

NP.i giorni 28 e 29 maggio 1965 ha avuto luogo a Roma, nell'Aula dei Convegni dell'Istituto Superiore di Sanità, il secondo Convegno dei Microana· listi promosso dalla Società Italiana di Scienze Farmaceutiche.

Il Prof. G. B. Marini-Bettòlo, Direttore dell'Istituto, ha dato il benvenuto ai partecipanti, ricordando poi lo sviluppo della microanalisi in Italia e rile· vando l'importanza dei micrometodi analitici specialmente nello studio delle sostanze naturali e nelle sintesi in serie. Ha poi presentato il Dr. W. Schoniger, chimico di fama internazionale, Capo del Reparto di Microanalisi del Labo­ratorio di Ricerche della Sandoz di Basilea.

È seguita la conferenza del Dr. W. Schoniger che ha porto il saluto della Società dei Microanalisti Svizzeri e della Commissione per LP. Tecniche Microa· nalitiche della Unione Internazionale di Chimica Pura ed Applicata, ed ha poi esposto i recenti progressi nella strumentaziorte, dai vari tipi di ultra· micro bilance ai vari C-H-N-Analyzer.

Dopo la conferenza, sono iniziati i lavori del Convegno presieduto dalla Prof.ssa M. Marzadro. Hanno partecipato al Convegno, oltre ai Capi dei Re· parti di Microanalisi di vari Istituti Universitari e di Laboratori di Ricerche, numerosi Soci della Società Italiana di Scienze Farmaceutiche.

Le comunicazioni riguardavano : le micro· ed ultramicro- determinazioni dell'azoto, del carbonio e dell'idrogeno, degli alogeni e dei gruppi ossialchilici. A l termine delle comunicazioni è seguita un'ampia discussione sui vari argo· menti trattati, con animati interventi specialmente sull'uso dei vari apparec· chi automatici per la determinazione del carbonio, dell'idrogeno e dell'azoto e sulla convenienza dell'uso di detti apparecchi, con particolare considerazione dell'eventuale risparmio di personale così come della spesa iniziale di esercizio e di manutenziorte.

Ha chiuso i lavori il Pro f. A. Soldi, Segretario Generale della Società fta· tiana di Scienze Farmaceutiche, ringraziando il Prof. G. B. Marini-Bettòlo per l'ospitalità ed i partecipanti al Convegno, ed in special modo il Dottor W. Schoniger, per le loro comunicazioni e per essere intervenuti così numerosi. Ha poi comunicato il gentile invito del Prof. Pratesi, vice Presidente della So·

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cietà Italiana di Scienze Farmaceutiche, di tenere il prossimo Convegno dei Microanalisti nell'Istituto di Chimica Farmaceutica dell'Università di Pavia.

Il giorno 29 mattina i convenuti si sono recati presso il Reparto di Microa­nalisi dei Laboratori di Chimica dell'Istituto Superiore di Sanità dove sono continuate le discussioni sui vari metodi microanalitici. Il Convegno ha avuto termine con una visita al Museo e ai Laboratori di Chimica Biologica e Chi­mica Terapeutica dell'Istituto.