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La forza di una donna

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di Patrizia Berti, sentimentale Giulia è una giovane donna, mamma e moglie a tempo pieno, provata dalla vita, che l'ha privata in giovane età dei genitori, dai tradimenti del marito e delusa dalle amicizie. Decide che è arrivato il momento di cambiare e per farlo si mette alla ricerca di un lavoro. Ma la nuova occupazione porta con sé una serie di avvenimenti che sconvolgono la sua vita, fino a quel momento piatta e noiosa. Trova ad attenderla l'amore, la passione e il tormento, fra le braccia di un imprenditore egoista e presuntuoso: Mauro. Giulia tenta invano di sfuggire alle lusinghe dell'uomo. Dal canto suo, lui scopre di non riuscire a fare a meno di quella donna che inizialmente desiderava solo per cupidigia. La loro relazione clandestina è travolgente e intrigante. Giulia, giovane, bella, appassionata e sensuale, si trova a fare i conti nuovamente con il destino, in un susseguirsi di avvenimenti che sembrano sopraffarla. E una sera, fra le luci soffuse di un piano bar scopre ch

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PATRIZIA BERTI

LA FORZA DI UNA DONNA

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LA FORZA DI UNA DONNA Copyright © 2013 Zerounoundici Edizioni

ISBN: 978-88-6307-593-9 Copertina: immagine Shutterstock.com

Prima edizione Novembre 2013 Stampato da

Logo srl Borgoricco – Padova

Questo romanzo è opera di fantasia, ogni riferimento a fatti o personaggi è da ritenersi puramente casuale.

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A Luca che mi ha presa per

mano, prendendosi cura di me a livello letterario

Grazie!

A Lory e alle mie figlie che mi hanno sopportato e supportato in

questa meravigliosa avventura

Grazie!

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PRESENTAZIONE Tempo addietro ho regalato un mio romanzo all'amica Patrizia che molto timidamente, mi ha confidato che anche lei scriveva. La sua voce era molto incerta, cosa che per la sua personalità mi sembrava alquanto strana. Sembrava proprio che questa sua qualità fosse qualcosa di cui vergognarsi. Mi ha dato alcune cartelle e poi altre e altre ancora, fino a che ho terminato la lettura del suo romanzo. Capitolo dopo capitolo, mi sono reso conto di trovarmi davanti all'opera di una scrittrice con del talento che sa catturare l'attenzione del lettore, impedendogli di chiudere le pagine del libro senza averlo terminato. Mi inchino alla forza e nello stesso tempo alla delicatezza del suo stile per descrivere gli avvenimenti, i luoghi, le persone, ma in special modo i pensieri e le sensazioni che esse provano. Sono sicuro che La forza di una donna di Patrizia Berti abbia le carte in regola per scalare la vetta delle classifiche della letteratura italiana e perché no... diventare un bestseller. Luca Gubellini

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PREFAZIONE Dell'amore è già stato scritto tutto, o forse no. Ogni storia è un mondo a sé. Ogni donna ha nel cuore un universo di emozioni spesso difficili, o impossibili da comprendere. Ma questo libro, vuol essere una dimostrazione di quanto una donna sappia, come una Fenice, rinascere dalle proprie ceneri. Ognuna di noi potrebbe essere Giulia, con il proprio carico di dolore, illusioni, speranze, ma soprattutto una grande forza per affrontare la vita. Orfana e cresciuta con una zia. Una donna sopraffatta dai dispiaceri, che come milioni di altre donne vive il suo tempo arrancando senza amore, solo per il bene dei figli, convinta che il destino è stato scritto e la strada già segnata, tanto vale percorrerla senza porsi domande. Senza aspettative, semplicemente in attesa, che un giorno nuovo nasca e porti via con sé quello appena trascorso. Giulia, una donna legata a un compagno, per un bisogno inconscio di protezione, di sicurezza che, la morte improvvisa e prematura del padre le aveva rubato. Delusa dalle amicizie, rinchiusa a riccio nel suo piccolo mondo. Ma è proprio l'amica, che l'aveva così tanto delusa, nel tentativo di aiutarla a risolvere un problema, suo malgrado le fa conoscere l'amore e i suoi tormenti, nei panni di un intrigante perbenista, egocentrico imprenditore. In questa sconvolgente avventura, lei metterà in gioco tutta se stessa, convinta del fatto che è meglio vivere pochi giorni felici con chi ama, piuttosto di una vita intera nell'inconsapevolezza di questo sentimento. Nonostante quest'amore travolgente e disperato è felice e appagata, ma a tarparle le ali si intromette nuovamente il destino e questa volta sembra impossibile riuscire a opporvisi...

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-L'amore è un crudele e terribile padrone. Uno perde se stesso, per giovare all'altro,

ma così facendo diviene schiavo e miserabile!-

SOFOCLE

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PROLOGO All'Isola d'Elba il cielo era plumbeo e carico di pioggia, pronta a ricongiungersi all'immensa distesa d'acqua sottostante. Il vento caldo e umido di Scirocco che soffiava intensamente, aveva fatto infuriare quel suo amatissimo mare, nello splendido Golfo di Lacona e ora si stava praticamente inoltrando oltre la metà dell'arenile. Pareva che a ogni ondata, quella bianca spiaggia venisse inghiottita dalle onde burrascose, per dover poi scomparire per sempre. Invece miracolosamente a ogni primavera quell'immensa distesa d'acqua, rendeva tutti i centimetri di sabbia rubata, riappacificandosi finalmente con essa durante i mesi estivi, dando tregua a quell'impalpabile rena color avorio, che tornava a essere come ogni estate, gioia e delizia dei turisti. Giulia, avvolta in una mantella di panno blu, con i capelli un po' più lunghi, ma sempre troppo corti per poter essere mostrati al mondo senza doversene vergognare, nascosti da un cappello di foggia maschile a piccole falde, stava seduta a osservare quelle onde, al confine esatto tra pineta e spiaggia, reggendo sulle ginocchia l'immancabile pc portatile. Era uno dei primi giorni del mese di Ottobre. Aveva preferito l'ora più calda della giornata per fermarsi davanti a quell'immensità azzurra, per riflettere e poter in santa pace scrivere quello che aveva racchiuso nel suo cuore in quel giorno, lo stesso che anni prima, le aveva permesso di conoscere l'amore e il tormento. Davanti a sé quella videata aperta la incitava a digitare sulla tastiera un pensiero, un ricordo, o forse solo un sogno. Aprì le pagine precedenti, quante parole adagiate fra quelle righe, esprimevano tutta la gioia, la speranza, il dolore, l'illusione e la passione. Seguitò a leggere e le saltò agli occhi una riflessione scritta i primi giorni del mese di Maggio di quello stesso anno, quel terribile giorno che avrebbe voluto cancellare dalla sua mente... -Giornata melanconica, nell'aria odore di pioggia, nel mio cuore voglia di finire. Fisso il vuoto, la mente rincorre i ricordi. Ricordi che non svaniranno più, che ormai sono parte di me. Come unica amica quest'apatia. Cara, triste compagna. Mauro, un sogno! Mauro, caro nome sussurrato. Mauro, grandi occhi

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conservati in un angolo di cuore. Dolci parole tornano alla mente. Lo ricordo sì, mentre lo accarezzo teneramente, i nostri sguardi pieni d'amarezza per un futuro che non avremo mai. Giorni meravigliosi. I più belli, che questa vita m'ha donato, ma che con barbaro cinismo s'è ripresa, lasciandomi svuotata di tutta la gioia, la passione rubata, a un destino che non era il mio!- Quanta amara verità era racchiusa in quei versi! Giulia, la donna che poco più di due anni prima si ostinava a dire no all'amore, a negare a se stessa il diritto alla felicità, aveva infine trovato in quell'amore tutto ciò che s'era sempre ostinata a rifiutare. Una folata di vento più forte delle altre le fece scuotere le membra e come quando era ragazzina pensò: -Ecco, la morte mi è passata accanto.- La NERA SIGNORA, come lei la chiamava confidenzialmente ora, l'aveva sfiorata davvero cinque mesi prima, aveva tentato di prenderla per mano, lusingandola per farla restare con Lei, lasciandola infine ancora al mondo, forse per farle scontare i suoi peccati. Giulia aveva scelto Lacona, per gettarsi il passato alle spalle, cambiare modello e stile di vita, dare più serenità ai figli e pace a se stessa.

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I

L'AMICIZIA Era un pomeriggio del Giugno 2002 la notte precedente aveva piovuto e l'aria era umida e frizzante. Chiusa nel suo tailleur blu a mezza manica profilato di bianco con i bottoni dorati, Giulia Maseri stava lì, seduta a un tavolo in quel bar-gelateria che ben conosceva, ma il suo pensiero vagava altrove. Aveva ordinato un succo di pompelmo e giocherellava nervosamente con il piccolo vaso di fiori, contenente un bocciolo di rosa Tea, appoggiato sul tavolino coperto da una tovaglietta bordeaux, ma la sua mente inseguiva i ricordi. Perché aveva accettato di recarsi a quell'appuntamento? Quanti anni erano passati? Ricordava perfettamente la telefonata ricevuta la mattina del giorno precedente. Era uscita a fare la spesa, le squillò il cellulare, mentre aveva le braccia piene di sacchetti del supermercato e stava per salire in macchina, spazientita posò le borse a terra, convinta che dall'altro capo del filo ci fosse Susan, l'amica di sempre, chissà perché quest'ultima riusciva sempre a indovinare i momenti peggiori per chiamare. Giulia ne era convinta, invece... «Pronto?» un attimo di silenzio, poi dall'altro capo udì una voce, che avrebbe preferito non dover udire e da alcuni giorni la stava tormentando. «Ciao... ti prego non riattaccare, lo so che stai per farlo, ma ti scongiuro, questa volta lasciami parlare.» Quella voce, come poteva non riconoscerla? «Di nuovo tu! Cosa vuoi? E' la quarta volta questa settimana che mi infastidisci.» rispose Giulia irata e proseguì. «Non abbiamo nulla da dirci.» Ma quell'altra voce la incalzò. «E per tre volte, hai chiuso la comunicazione. Ora però ascolta Giulia, non voglio nuocerti. Ho solo bisogno di parlare con te, vorrei vederti, adesso me lo puoi concedere è tutto finito, siamo tutti più sereni adesso... ognuno conduce la propria esistenza, non dirmi di no. Vediamoci al solito posto.» «Non insistere, non voglio aver più nulla a che fare con te, hai detto bene, continuiamo a vivere le nostre vite.» rispose lei perentoria. «Ti prego, dammi la possibilità di spiegarti... di farmi perdonare, dopo se vorrai, non ci vedremo mai più.» Giulia sapeva che se ne sarebbe

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pentita, ma rispose. «D'accordo, ci sarò. Ma spero solo che in seguito non debba essere costretta a sentirti ancora.» la voce concluse. «Stai tranquilla, voglio chiarire solo questa volta e dopo se non sarai tu a volerlo, non ci vedremo, né sentiremo più. Allora a domani alle diciassette, ciao e grazie.» Perché aveva accettato, adesso era tranquilla, perché doveva nuovamente complicarsi la vita? Ma ora lì, seduta al tavolino di quel bar, si rendeva conto che il tempo aveva coperto con un pietoso velo tutte le amarezze di un passato che le pareva ormai lontano anni luce, ora forse avrebbe anche potuto perdonare, chissà. Dopotutto era stata lei a uscirne vincente. Ma in fondo a pensarci bene che cosa aveva vinto? I ricordi le avevano offuscato la mente e non si era resa conto, che erano trascorsi quindici minuti dall'ora fissata per quell'incontro. Aveva voluto arrivare un po' prima a quell'appuntamento per non sentirsi osservata, giudicata nel momento in cui si fosse trovata vis a vis con quella specie di fantasma che riaffiorava dalle nebbie del passato. Ora però i suoi nervi erano stati messi a dura prova. Era già in procinto di alzarsi e pagare quel succo di pompelmo, che sull'onda dei ricordi aveva dimenticato di bere, quando una mano da dietro le spalle la sfiorò e lei socchiudendo gli occhi si risedette. «Scusa il ritardo... sai, un contrattempo all'improvviso.» disse quella voce, ma Giulia ribatté acida. «Stavo per andarmene, vediamo di fare in fretta. Cosa devi dirmi di così importante?» c'era della chiara ostilità nelle sue parole e quella voce tentò di calmarla. «Non stare sulla difensiva, è passato tanto tempo, le ferite si sono rimarginate, sia le tue che le mie.» e così dicendo la persona davanti a lei si stava sedendo e sorridendo affabilmente seguitò. «Ti trovo in splendida forma, sei sempre più bella, il tempo ti ha migliorata.» Ironicamente Giulia rispose. «Sto divinamente, grazie. Soprattutto sono serena ora! Ma non credo proprio che tu sia qui per elogiare la mia bellezza.» dopo aver pronunciato quella frase, la donna si domandò, invero incuriosita, cosa mai potesse volere quella persona. L'altra in quel mentre iniziò a parlare senza indugi, quelle parole fuoriuscivano una dopo l'altra senza tregua, come se finalmente si stesse liberando dai rimorsi. «Vedi, ora anch'io ho raggiunto una serenità che ho cercato per almeno vent'anni ed è forse per merito tuo, anzi vostro se...» Giulia furiosa per quella precisazione, interruppe quella frase. «Senti Valeria, non so nemmeno io perché ho accettato di vederti! Forse è proprio vero che il tempo è un'ottima medicina e guarisce le ferite, ma se permetti ho dei seri dubbi sulla tua buona fede. A ogni modo, ho

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promesso che ti avrei dedicato un po' del mio tempo ed eccomi qua, ma fammelo per favore, cerca per una volta almeno di essere onesta, va subito al dunque!» e Valeria. «D'accordo! E' te che rimpiango, la nostra amicizia, avevamo un rapporto splendido, diciamo che siamo state sopraffatte dagli eventi, per questo è finito tutto così malamente. Ma ora potremmo riannodare il filo di ciò che avrebbe potuto essere e per...» fece un sospiro e riprese. «Stupidità non è stato. Continuarla quell'amicizia iniziata così bene, mi spiace.» Poi assumendo un tono risentito e più duro proseguì. «Ma cosa credi? Non sei stata tu la sola a soffrire, nemmeno per me è stato facile. Cosa ne sai dell'amore, hai mai amato veramente tu?» Alzando il tono della voce Giulia le rispose seccata. «Queste sono cose che a te non riguardano!» Però era stata toccata nel vivo, Valeria diceva il vero, aveva mai amato lei? Di quell'amore grande, appassionato, che ti leva il sonno, la fame e il respiro? Quello stesso sentimento che Valeria Solina aveva pensato di provare otto anni prima? Frugò il suo cuore per un attimo; solo buio, un profondo pozzo senza luce. Le era forse più facile poterla capire ora, quella donna. Non era più accecata dall'odio, dalla rabbia e la guardava con una punta di tenerezza anche se, inutile nasconderlo, il suo ego era quasi stato vendicato. In fondo era stata Valeria, la sua ex amica a volerla rivedere, cercandola ripetutamente al cellulare chiedendole un incontro, in quell'ultima settimana. Si sentiva trionfante Giulia in quell'istante e senza rendersene conto: puntò i gomiti sul tavolino, poggiò il mento sopra i pugni chiusi, inspirò profondamente gonfiando il petto, drizzò le spalle e socchiuse gli occhi, assaporando la propria completa e quasi definitiva vittoria. Così pensava lei. Osservava Valeria che continuava a parlare, ma la voce di quest'ultima non giungeva alle sue orecchie, le pareva solo un borbottio incomprensibile, intenta com'era a osservarla, o per meglio dire, a radiografarla. Notò che aveva un diverso taglio di capelli, anche se erano sempre biondi, prese a scrutare minuziosamente quel volto e pensò: -Com'è stato possibile che sia riuscita a procurarmi così tanti guai? Cosa avrà mai avuto più di me, che io a quel tempo sembrava non avessi?- I suoi occhi erano piccoli e sfuggenti, labbra sottili, il naso ricordava un De' Medici e il mento era sporgente. No quel volto non era perfetto e certamente la sua pelle suggeriva molti più anni di quanti non ne avesse in realtà. Invero era di alta statura, il suo seno era prosperoso e i suoi fianchi tipicamente mediterranei e in più, aveva un incedere spavaldo e provocatorio che attirava su di sé gli sguardi maschili e anche se aveva oltrepassato la cinquantina, faceva ancora una certa figura. -

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L'esuberanza! Ecco quale lato del suo carattere vorrei possedere- pensò Giulia, sì lei avrebbe proprio voluto essere come Valeria, sicura e sfrontata. Giulia invece, aveva quindici anni in meno della donna che le stava di fronte e aveva appena finito di analizzare. Al contrario di quest'ultima, lei era di media statura, anche il suo seno era generoso, mentre il resto del suo corpo era minuto. Però, l'unico suo punto di forza era il viso: occhi grandi e scuri, con ciglia molto lunghe, naso diritto, zigomi alti e labbra carnose. I suoi capelli erano molto lunghi e fulvi, già i suoi capelli, ne andava così fiera. Ma tutto ciò era poca cosa e non serviva a scuoterla dal torpore che la perseguitava da troppo tempo. Per carattere scontrosa, era consapevole di essere diventata quasi misantropa. Aveva un'unica mania, essere sempre truccata e vestita alla perfezione. -Come siamo diverse- pensò. «In conclusione Giulia, ti chiedo almeno di pensarci. Non mi devi rispondere subito, ma sarei così felice di riallacciare quest'amicizia, mi basta solo sentirti qualche volta.» Riaffiorando dal suo divagare, Giulia rispose distrattamente. «Non credo sia il caso.» Ma non era il caso di fare che cosa? Qual'era la domanda alla quale aveva appena dato una risposta così vaga? «Se non vuoi, non sarà necessario vederci, ma almeno potremmo sentirci al cellulare. Lui, non verrebbe mai a saperlo, se non deciderai di dirglielo tu stessa.» Ora Giulia aveva finalmente capito e riemergendo dai suoi pensieri che, come le onde del mare vanno e vengono infrangendosi sulla spiaggia della sua Genova, impulsivamente rispose e subito se ne pentì. «Ok! Ti concedo un'ultima possibilità, anche se non so cosa mi spinga a farlo, ricorda però che questa volta è l'ultima.» Si alzarono, Valeria volle offrirle la consumazione. Appena uscite dal locale, davanti alla porta dello stesso, la donna stringendole la mano, l'attirò a sé e le sfiorò la guancia con un bacio. A Giulia in quel momento, parve di venir folgorata dalla corrente elettrica, s'irrigidì e si ritrasse, d'altronde non era facile dimenticare tutto il passato in nemmeno sessanta minuti, ben sapeva che le ferite dell'anima non rimarginano mai completamente, perlomeno le sue. Sulla strada del ritorno Giulia pensò: -Potrei sempre fargliela pagare, sarebbe un'azione spregevole, come quella che lei ebbe nei miei confronti. Sì, mi vendicherò. Ora è arrivato il mio momento-. Subito dopo però ritrovò la razionalità, che in lei era sempre vigile e riprese. -Ma in fondo perdonare è la miglior cosa, dopotutto ormai che senso avrebbe? Mi conosco, non sono cinica e finirei col far del male solo a me stessa-. Entrata nell'atrio di casa, decise di non prendere l'ascensore, ma di

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salire per le scale, avrebbe così avuto modo di rivivere ancora per un poco quell'incontro nei minimi particolari.

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II

LUCA «Dove diavolo sei stata? Lo sai che ore sono?» No! A Luca non avrebbe detto nulla, era un suo segreto, ma non era facile per lei mentire, la sincerità in alcuni casi è un brutto difetto e in lei quel difetto, era elevato all'ennesima potenza, sopratutto nei confronti di suo marito. La lasciava scoperta, rendendola vulnerabile agli attacchi di coloro che la volevano tenere in pugno e Luca quella donna l'aveva sempre avuta sotto il suo totale controllo, pur tuttavia non essendone consapevole. L'aveva sempre definita con tutti: la dura di casa, la più forte. Ma quanti bocconi amari Giulia aveva dovuto ingoiare da quando, poco più che diciottenne si era sposata. «Scusa, ho tardato perché ho dovuto fare alcune commissioni.» Tentò di giustificarsi lei. «E c'è voluto tutto questo tempo? Lo sai che quando ritorno dall'ufficio ho piacere di trovarti a casa.» Brontolò suo marito. «Ti ho chiesto scusa, ora preparo la cena.» Che tipo Luca, per tutti era l'uomo ideale, dedito alla famiglia, fedele, invece com'era diverso fra le mura domestiche. Non si può dire che fosse cattivo, anzi nei loro ultimi due anni di vita coniugale era persino diventato affettuoso e presente, cosa che non era mai stata nei quindici anni precedenti, tanto che Giulia non essendoci abituata, trovava soffocante quest'atteggiamento e levava spazio a lei che già di per sé ne aveva poco, tutta presa com'era sempre, a dedicarsi anima e corpo alla sua famiglia. Infatti Luca fino a due anni prima, era spesso fuori casa e non si preoccupava certo di cosa facesse la moglie, viveva la sua vita e lasciava Giulia sola, a occuparsi di ogni cosa. All'epoca non gli importava se la donna rientrava tardi, perché il più delle volte, lui non rientrava affatto. Tutto questo finché non accadde quel fatto. Ora però, persino quando squillava il telefono, si piazzava di fronte a lei e iniziava a gesticolare cercando di capire chi fosse e non appena la moglie riagganciava, la travolgeva con una sassaiola di domande. E pensare che la cattiva abitudine di volerlo sempre accanto, era stata proprio Giulia a dargliela. No, non era geloso, ma solo curioso. Era come un bimbo che per crescere ha bisogno di risposte e Luca certamente, di domande ne aveva molte da fare. La serata per Giulia

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passò veloce. Ogni sua azione era scandita dal ritmo regolare, inevitabile, inquietante a volte, che il flusso dei ricordi al momento le imponeva. Quella sera era sola in casa con il marito. I suoi cuccioli Enrico il figlio di dieci anni e Gabriele di due, erano a casa dei nonni, caso più unico che raro e lei si sentiva tremendamente vuota, con quel suo compagno di una vita. Si era resa conto ormai da anni, di avere poco o nulla in comune con lui, se non appunto i loro figli. Aveva accettato da tanto tempo quella sua esistenza apparentemente tranquilla, conviveva ormai da anni con quella sorta di apatia, che le aveva fatto credere, seppur ingannevolmente, perfino di essere felice. Aveva dato alle sue giornate una cadenza maniacale, ossessiva, oltremodo noiosa, convinta che dopotutto era così che doveva andare, era tutto stabilito e prima o poi una mattina, guardandosi allo specchio e vedendosi vecchia e brutta, si sarebbe finalmente domandata: -Ma per me che cosa ho fatto? Ho solo vissuto in funzione di ciò che faceva piacere agli altri-. Però fino ad allora poteva andare avanti così, non aveva nulla di meglio da aspettarsi dalla vita, d'altronde era troppo presa dalla sua quotidianità per pensarci. Alcuni giorni dopo, successivi all'incontro con Valeria, Giulia stava stirando, Enrico era seduto sul divano con la testa del fratellino adagiata sulle sue gambe, tutti presi a guardare un anime alla televisione, uno di quei cartoni animati giapponesi che a Giulia proprio non piacevano. Mentre Luca era chiuso nel suo studio piazzato davanti al pc, Giulia non si domandava neanche più, cosa facesse tanto tempo attaccato a quella tastiera, in fondo poteva immaginarlo, ma francamente non le importava assolutamente più nulla. Ecco che il cellulare squillò. Corse a cercare la borsa. In mezzo a quel caos da Mary Poppins non era facile trovarlo, solitamente quando ci riusciva, l'infame aveva già smesso di squillare. Invece quella sera... toh! Eccolo. «Pronto?» Era Valeria. «Eccomi, disturbo? Puoi parlare?» «Ciao, come stai Susan? E' un po' che non ci sentiamo.» Non poteva davvero pronunciare quel nome davanti a Luca, che avendo sentito il trillo, era accorso lì vicino e stava in piedi davanti a lei tentando di capire cosa le due donne si stessero dicendo. Si sentiva talmente ridicola, non riusciva nemmeno a dire una stupida bugia al telefono che, a poco a poco si rese conto di aver le guance in fiamme, tant'era il calore che sentiva e come da bambina, aveva la sensazione di essere stata colta in flagrante a fare una marachella. Valeria intanto di là dal filo diceva. «Sono così felice di questa amicizia ritrovata, dal giorno che ci siamo riviste ti penso spesso, ho così tante cose da raccontarti. Sai di amiche ne ho molte, ma l'amica è un'altra cosa. Prima c'eri tu, dopo di te

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nessun'altra uguale. Ma d'ora in avanti sarai di nuovo presente, dico bene Giulia?» La donna si limitò a un semplice: «Sì» e Valeria nuovamente. «Lui è in casa?» «Certo» rispose lei. Dall'altro capo allora preoccupandosi. «Non voglio farti avere delle noie, ci sentiamo in un altro momento, ciao a domani.» «Ciao Susan, saluta Carlo.» Non appena chiuse la comunicazione, Luca incalzò. «Era Susan?» «Beh! Perché, non l'avevi capito?» «Cosa voleva?» «Chiacchierare un po'.» «Cosa c'era questa volta che non andava?» «Problemi in ufficio, con Carlo. Le solite cose.» Rispondeva distrattamente Giulia, ormai rassegnata a dover soccombere a quell'interrogatorio, inevitabile da subire a ogni telefonata, poi l'uomo aggiunse con voce commiserevole per tutto il genere umano maschile. «Quante storie voi donne! Avete sempre qualcosa di cui lamentarvi, il lavoro, i mariti.» «Pare che qualcuno abbia chiesto il tuo parere. Se certi discorsi ti danno noia, la prossima volta vedi di non ascoltarli.» «Che spiritosa sei!» Bofonchiò lui fra i denti. «Questa è davvero una cattiva abitudine.» replicò Giulia. «Quale?» «Quella di dar giudizi non richiesti.» Contrariato per la risposta appena ricevuta dalla moglie, Luca tornò nuovamente davanti al suo pc, non prima di aver detto alla moglie. «Fammi il caffè, dai!» La quale ribatté. «E magari... per favore, no?» Ma nonostante tutto, andò a preparare il caffè e mentre compiva quel meccanico gesto, la sua mente tornò indietro, al giorno del suo matrimonio che all'epoca sperava sarebbe stato sereno e forse felice. Aveva giurato a se stessa, che negli anni a venire avrebbe fatto il possibile e l'impossibile, perché quella convivenza potesse correre sul binario della tranquillità. Senza grossi slanci forse, ma sereno. Com'era risultata diversa invece la realtà. «Allora, questo caffè arriva o no?» Con un nodo alla gola, lei rispose. «E' quasi pronto, un attimo!» Sapeva bene che il matrimonio non poteva essere una strada coperta da petali di rose, ma senza dubbio sul suo cammino, aveva trovato un tappeto con molte spine. Posò sulla griglia della macchina per il caffè Nespresso la tazzina, nella quale

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aveva già messo un cucchiaino e mezzo di zucchero, premette il pulsante e attese che la tazzina si riempisse, fatto ciò la posò sul piattino iniziò a far sciogliere lo zucchero con il cucchiaino e glielo portò, appoggiandolo sulla scrivania accanto al pc. Certo, Luca era stato abituato a farsi servire per benino il suo espresso e non solo quello. L'uomo bevve e restituì alla moglie la tazzina vuota, in silenzio, senza guardarla e lei rimase per qualche istante a osservare quel suo uomo. Era alto, fisico asciutto ma muscoloso, aveva i capelli biondi e lisci con un ciuffo perennemente ribelle che gli ricadeva sulla fronte dal lato sinistro, i suoi occhi erano verdi e aveva ciglia chiarissime, un volto senza rughe. Quel suo uomo era in fondo il suo bimbo, per quanto un po' cresciuto, un bimbo di quarantacinque anni anche se portati egregiamente. Come non poteva essere altrimenti, Luca aveva molta cura della propria persona, usava una gran quantità di cosmetici e per restare sempre in forma perfetta andava quasi tutti i pomeriggi, al rientro dall'ufficio, in palestra. Senza contare lo sci in inverno, almeno tre domeniche al mese e il windsurf che vivendo a Genova, poteva praticare appena c'era un alito di vento, fra l'altro era questo uno sport che gli riusciva divinamente. Sì, era davvero un tipo atletico, ma rimaneva inesorabilmente un bambino. Con Giulia aveva trovato la moglie, la mamma, l'amica e l'amante, era logico scaricare su di lei ogni sorta di responsabilità, l'aveva sempre fatto, perché cambiare le regole dopo tanti anni? Cosa gli importava se a trentadue anni, Giulia avrebbe voluto accanto a sé un uomo forte e deciso, che avesse saputo sorreggerla e si fosse preso cura di lei nei momenti di difficoltà. Ma lei era ormai rassegnata da molto tempo e spesso si ritrovava a pensare: -Gli uomini mancano di sensibilità e altruismo, uno è uguale a un altro, tanto vale tenersi quello che si ha-. Di certo non avrebbe rimesso in discussione la sua vita, era così e basta. Aveva superato ben altre prove quella loro unione e lei, aveva speso tante di quelle energie per tenere in piedi quel rapporto e c'era riuscita faticando per così tanti anni. Chi non li conosceva vedendoli insieme, indubbiamente pensava a quanto fossero fortunati, non avrebbe mai potuto immaginare che per Giulia tutta quell'apparente serenità, avesse significato negare a se stessa l'esistere. -Un continuo arrancare in salita- era solita ripetersi, avrebbe mai raggiunto la vetta? Se sì, dopo doveva inevitabilmente giungere la discesa e nulla e nessuno a quel punto avrebbe più potuto fermarla. Passavano i giorni e Valeria era sempre più presente nelle giornate di Giulia, le telefonava anche cinque o sei volte così, solo per dirle: «Ciao, avevo voglia di sentirti.» Avevano talmente tanti anni da recuperare. La più loquace era sicuramente Valeria, perché Giulia aveva

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un'esasperante diffidenza nei confronti del prossimo che la frenava. Non si lasciava mai andare alle emozioni, memore di esperienze passate quando fiduciosa era stata ferita, umiliata da chi non avrebbe mai immaginato potesse farlo. Oltretutto una parte di lei gridava ancora vendetta, anche se si stava rendendo conto che ogni giorno trascorso, rendeva quelle grida sempre più sommesse e lontane. Praticamente dei sussurri. Giulia a poco a poco, con la presenza di Valeria, aveva nuovamente imparato a sorridere. In fondo quella donna, tredici anni prima era stata la sua amica più cara, con lei aveva avuto un rapporto di complicità unico, un'intesa perfetta; più sorelle che amiche. Avevano gli stessi interessi, insieme facevano shopping, oppure gironzolavano per la città senza meta, solo per il piacere di stare insieme. Spesso organizzavano gite, pranzi e week-end interi con le rispettive famiglie. Alle volte si stupivano loro stesse, di come fossero sempre sintonizzate sulle medesime frequenze, avevano gli stessi pensieri nello stesso istante, eppure erano così inverosimilmente diverse. Quante volte nel periodo estivo, quando si trovavano nella casa di Valeria in Costa Azzurra, a Saint Raphael, passavano intere nottate a parlare sommessamente nel salone, mentre mariti e figli già dormivano nelle loro stanze. Le due amiche si confidavano, ridevano e come dicevano loro, si restauravano, facendosi talune volte la manicure, tal altre la ceretta, divertendosi come delle ragazzine. Quelli erano stati veramente bei momenti, chissà se sarebbero di nuovo state in grado di farli ritornare, ma sopratutto chissà se gli anni futuri avrebbero avuto lo stesso sapore? Giulia lo sapeva bene, Valeria esercitava su di lei una strana attrazione, era l'altra metà del suo io. Quella completezza che nessuna delle due donne aveva trovato nel matrimonio, era invece nata con la loro amicizia. Giulia stava sempre rintanata in casa, taciturna e scontrosa. Valeria al contrario, piena di vita ed esuberante com'era, riusciva a scrollarla. Sì, poco alla volta, la loro vecchia complicità riaffiorò, risorse a nuova vita, anzi ora si conoscevano ancor meglio fin giù nel profondo, negli spazi più reconditi delle loro anime. La loro amicizia, così come i loro matrimoni, aveva superato prove molto ardue. Purtroppo però l'unione di Valeria con Guido, alla fine era naufragata, ma quella loro amicizia no, dopo tredici anni di latenza eccola lì, più vibrante che mai. Questa sua frequentazione con l'amica, per Giulia era l'unico segreto che in tanti anni di rapporto con Luca, era riuscita a tenere solo per sé e l'idea di questa piccola trasgressione, la rendeva euforica. Anche lei aveva finalmente, al pari di tante sue conoscenze, un 'qualcosa' da nascondere, anche se apparentemente insignificante. Ma Luca che conosceva molto bene la moglie, iniziò a subissarla di domande, perché era da molto tempo che non la vedeva così frizzante.

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Si era giunti verso la fine del mese di Giugno e lui un giorno le disse all'improvviso. «Da un po' di tempo sei così allegra, troppo.» «Beh! Dov'è la novità, l'estate mi ha sempre fatto star bene, sono sempre di buon umore.» Lui sornione aggiunse. «E tutte quelle telefonate che ricevi? Siamo sicuri che siano le tue amiche?» «Perché, secondo te chi dovrebbe essere?» Domandò non troppo stupita Giulia. «Ah! Non saprei, prova un po' a dirmelo tu!» Esclamò l'uomo. «Vuole essere una battuta spiritosa?» «No, pungente. Inoltre quest'euforia è davvero strana, per una come te.» -Una come te!- perché com'era lei, un' aliena forse? Una donna crudele o cos'altro? Come mai nessuno si domandava perché fosse così? E dire che Luca era a conoscenza del suo infelice passato, ma possibile che non ci fosse proprio nessuno che sapesse leggere nel suo cuore forse, questo può darsi, un po' impietrito? Giulia aveva molto da dare ma finora, a parte i suoi adorati figli, non aveva trovato le persone adatte ad apprezzare il suo amore. Sembrava scostante, glaciale, alle volte persino arida, era in verità soltanto apparenza; semplicemente non era mai stata amata. Perlomeno, non come lei desiderava.

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III

LA GIOVENTÙ NEGATA Venerdì 22 Agosto 1985 -Perché accadono certe cose? Perché voler troncare la propria vita in quel modo così orribile? Per viltà di sicuro, per non essere capace di affrontare gli imprevisti, apparentemente insormontabili sul proprio cammino. Ecco gli uomini: nettamente superiori per massa muscolare, spesso vigliacchi e capaci d'amare null'altro che se stessi. Ricordalo Giulia, non dimenticarlo mai e ogni tanto, torna a sfogliare queste pagine nel corso degli anni, sopratutto per non illuderti che siano più forti e migliori di te!- Quanta amarezza l'inchiostro aveva impresso su quella pagina di diario che Giulia, come ogni adolescente aveva l'abitudine di scrivere, perché come tutti i giovani di quell'età non riusciva a esternare le sue sofferenze, ansie, paure e... speranze. Era il mese di febbraio del 1985 quando l'impresa di suo padre, una piccola azienda che produceva serrature, fallì. Iniziò in quel preciso istante la morte di quella ragazzina e la nascita forzata di una piccola donna. Il 3 giugno dello stesso anno suo padre, Edoardo Maseri, con un colpo di pistola alla tempia terminava la sua vita, riverso sulla scrivania nel suo studio di casa, responsabilizzando a quel punto moglie e figlia, di un carico di problemi chiaramente per loro difficile da gestire. Ecco il perché di tanta rabbia, amarezza e delusione nei confronti degli uomini. Giulia non riusciva a capacitarsi, come un uomo di quarantatré anni, apparentemente forte e sicuro di sé, avesse scelto alla resa dei conti, la via meno tortuosa e più vile. Il campanello di casa squillò. Giulia guardando l'orologio al polso con gesto meccanico e tremante, vide che segnava le ore tre e quarantacinque. Si avviò verso la porta e aprì, trovandosi di fronte a un uomo sulla cinquantina; era alto, decisamente magro, i pochi capelli che aveva sul capo, pareva avessero lasciato il posto a quelli presenti sulla nuca, che invece erano lunghi, grigi e dannatamente unti! I tratti del suo viso però erano gentili e probabilmente in gioventù, doveva essere stato di gradevole aspetto. L'uomo mostrandole un

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tesserino di riconoscimento le disse. «Salve. Sono l'ispettore di polizia De Carolis, della squadra omicidi. Qualcuno ci ha avvisati che in questa casa un uomo si è tolto la vita. Potrei parlare con la mamma?» «Sono stata io. Si accomodi, la mamma non può.» «Le spiace mostrarmi la stanza dov'è avvenuto il fatto?» Giulia si diresse verso lo studio, ma il suo dolore le impedì di oltrepassare quella porta. L'ispettore, entrando fu seguito da altri agenti e disse loro. «Mi raccomando, controllate dappertutto.» Poi voltandosi verso Giulia che stava appoggiata allo stipite della porta, mostrando le spalle a quel penoso spettacolo e a testa china, egli disse con voce piatta. «Devo farti alcune domande, ti senti di rispondere, non è vero?» «S...Si, penso non possa fare altrimenti.» l'uomo tirò fuori dalla tasca interna della giacca, un piccolo block notes per annotare la conversazione e iniziò a farle le domande. «Come ti chiami?» «Giulia Maseri.» «Quanti anni hai?» «Ho quindici anni.» «Chi ha trovato il cad... il corpo?» si corresse lui. «Io...» Avrebbe voluto aggiungere, -Purtroppo sono stata io- ma il tenente continuò. «Giulia dimmi, era tuo padre vero? Quanti anni aveva?» «Si, era mio padre Edoardo e aveva quarantatré anni.» De Carolis con un tono di voce meno professionale, quasi a volersi scusare proseguì. «Mi spiace piccola, non vorrei tormentarti ma questo è il mio lavoro. Ti ricordi più o meno che ora era?» «Sì, erano le tre.» rispose, rivivendo con la mente quell'istante... Quando lei e sua madre vennero svegliate da un colpo di arma da fuoco. Dalla sua camera da letto Barbara, la madre di Giulia, gridò. «Mio Dio! Edo no!» Giulia atterrita, scese dal letto e corse scalza verso la camera dei genitori. Barbara pallida in mezzo alla stanza, con indosso una vestaglia in raso color acquamarina, continuava a gridare il nome del marito. Era una donna fragile sua madre, non in grado di affrontare e reggere una simile tragedia. «E poi, tu e la mamma cosa avete fatto?» «Siamo corse verso lo studio di papà...» Barbara rimase pietrificata, davanti alla porta chiusa di quella stanza con la mano sulla maniglia, senza riuscire ad andare né avanti, né indietro. Giulia allora, afferrò con dolce fermezza la madre per le spalle

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e la fece sedere sulla Savonarola lì vicino in ingresso, dicendole: «Mamma stai qui seduta, non muoverti.» e la donna in effetti era incapace di muovere perfino il più millimetrico dei muscoli. Era come inebetita, impassibile e nessuna parte del suo corpo pareva avesse vita all'infuori degli occhi, dai quali uscivano dai lati esterni copiose lacrime e ritmicamente ripeteva. «Mio Dio. Edo no!» Il tenente De Carolis proseguì. «Poi cos'hai fatto Giulia?» «Ho aperto la porta dello studio...» Sentiva la paura, attanagliarle la gola serrandogliela, aveva le gambe irrigidite, ma facendosi forza e trattenendo il respiro, riuscì ad aprire quella porta. Quell'uomo non poteva essere davvero suo padre! La testa poggiava sulla scrivania dal lato sinistro, sulla tempia destra un piccolo foro purpureo come così, era il rivolo di sangue che si stava raggrumando e che dalla tempia stessa, correva fino all'angolo della bocca. Gli occhi sbarrati verso l'alto fissavano un punto indefinito del soffitto, come per voler vedere un'ultima volta la vita che volontariamente aveva fatto fuggire. Nella mano destra l'uomo stringeva ancora l'arma, una Beretta calibro 7,65. Era la prima volta che Giulia ne vedeva una. La toccò spaventata, era ancora calda. Non sapeva nemmeno che il padre la possedesse. «Avevo tanta paura, non sapevo cosa fare.» pronunciando quella frase, Giulia ebbe un lieve malore. Le parve di soffocare, tutt'intorno danzavano una miriade di lucine bianche e si accasciò. «Portate dell'acqua a questa figliola!» gridò l'ispettore De Carolis. Nello stesso istante la ragazzina si riebbe, bevve un sorso dal bicchiere, quindi riprese il suo racconto. Con una forza che nasceva dalla disperazione, Giulia senza lacrime e come se nel suo corpo non scorresse più sangue, bensì ghiaccio da poco liquefatto, si avvicinò al telefono e compose il numero di pronto intervento della polizia. Fece un lungo sospiro, poi parlò di getto. «Correte presto! Corso Roma 32. Mio padre si è ucciso!» rimase lì con le braccia penzoloni lungo il corpo. La cornetta telefonica ancora stretta fra le mani, mandava uno strano sibilo. Intorno a sé, un silenzio insopportabile come il suo immenso dolore. «Stai bene piccola?» le domandò una donna poliziotto prendendole la mano che era gelida come il marmo.

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Giulia passandosi una mano sulla fronte, come a voler cancellare quelle immagini rispose. «Credo di sì.» L'appartamento era pieno di agenti e di curiosi, giù in strada numerose pattuglie della volante con le luci lampeggianti, illuminavano a giorno la notte fonda che pareva la volesse inghiottire assieme alla sua disperazione. «Da questo momento, qui non entrerà più nessuno all'infuori della scientifica. Fuori tutti i curiosi, fuoriiiiiiii!» Tuonò l'ispettore De Carolis. Uscirono tutti, i vicini di casa e i parenti accorsi per prendersi cura di Barbara, la quale ora non parlava nemmeno più, era in stato confusionale. A quel punto l'ispettore riprese con le domande. «Dopo che hai telefonato?» «Non so, non ricordo. Forse...» improvvisamente, come se solo in quel momento si fosse resa conto di quello che era avvenuto, piangendo gridò. «Oh! Cristo, papà perché l'hai fatto?» «Calmati Giulia, calmati.» ma lei aveva il volto nascosto fra le mani e singhiozzava convulsamente. «Mi spiace piccola.» disse l'uomo. «Sei l'unica che ci può dire esattamente cos'è accaduto. La mamma è sotto shock, non parla.» «Dov'è la mia mamma?» gridò spaventata. «Non ti devi preoccupare, alcuni vostri parenti si stanno prendendo cura di lei.» poi riprendendo l'interrogatorio. «Hai toccato il suo corpo? L'arma?» «Non me lo ricordo forse...forse la pistola.» «Devi fare uno sforzo per ricordare, è importante.» «Non lo so, non lo so!» Urlò spaventata fra le lacrime. «Calmati ora, su!» e così dicendo l'uomo si tirò fuori dalla tasca un fazzoletto lindo di bucato e lo porse alla ragazzina che vi si asciugò le lacrime, vi si soffiò il naso e rimase a testa bassa a giocherellare con un angolino di quella stoffa. L'ispettore parlottò con un volontario della Croce Rossa, lì in attesa che il Medico Legale e il Magistrato, convalidassero il decesso di Edoardo Maseri. Il quale dopo pochi istanti tornò con un bicchiere d'acqua, all'interno del quale aveva messo alcune gocce di Bromazepan, un blando calmante. Glielo porse e carezzandole la testa affettuosamente, l'uomo dell'ambulanza disse. «Bevi piccola, dopo starai meglio.» «Cosa c'è qui dentro? Non voglio nulla, sto bene!» «Sono solo poche gocce, ti calmeranno e poi ti sentirai meglio. Coraggio Giulia, bevi.» disse l'Ispettore. Con diffidenza e guardando di sottecchi De Carolis, Giulia bevve. Quest'ultimo, fece cenno all'uomo di allontanarsi e maledicendo in quel

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momento il mestiere che faceva ormai da oltre trent'anni, avrebbe voluto stringerla fra le braccia quella bimba, portarla via di lì, in un posto dove potesse riposarsi e cercare di dimenticare, per quanto possibile, quella tragedia. Invece doveva continuare a tormentarla e in quell'istante pensò ai suoi figli, uno dei quali aveva pressappoco l'età di Giulia. Loro, questo lo rese felice, erano dormienti e sereni nei loro letti, quindi riprese. «Dopo hai telefonato alla polizia, giusto?» «Sì, questo lo ricordo, poi...» «Poi cosa Giulia, dimmi.» «Sì, ho visto un foglio...» Aveva appena chiamato il Pronto Intervento e voltandosi, qualcosa vicino al corpo esanime del padre, attirò la sua attenzione. Era un foglio di carta da lettere, scritto da Edoardo poco prima di togliersi la vita. Giulia posò la cornetta e con mani sudate e tremanti, lo prese e lo lesse. «Cerca di rammentare Giulia, ti prego.» «Sì, ho visto un foglio. L'ho letto era, era questo.» e così dicendo estrasse dalla tasca della vestaglia rosa di velluto, una pallottolina di carta. L'ispettore la stiracchiò come meglio poté e iniziò a leggere. -Cara Barbara, perdona se puoi questo mio insano gesto, ma non riesco a sopportare di assistere alla rovina di tutto ciò che, con enormi sacrifici eravamo riusciti a costruire. Sicuro, lo ammetto sono un vigliacco, a scaricare sulle tue spalle e su quelle di nostra figlia, tutti i problemi che non sono riuscito a risolvere da solo. Ricorda, sei stata la luce della mia breve vita. Ti amerò sempre, anche da lassù. A te invece cara, piccola Giulia chiedo di perdonare, oltre a questo mio gesto inconsulto, anche la freddezza di cuore avuta nei tuoi confronti per tutti questi anni. Ora che sto per presentarmi davanti a Dio, voglio tu sappia che ho compreso di averti fatto del male, però ti ho voluto e ti voglio molto bene, sai? Anche se purtroppo, non sono stato in grado di dimostrartelo. Con questo ultimo atto, pagherò dinnanzi a Lui, anche per l'amore che non ti ho dato. Ti chiedo di vegliare sulla mamma, ora più che mai ha bisogno di te, sei tu la più forte. Ancora perdono! Addio... Edoardo.- L'ispettore finalmente tirò un sospiro e sollevato per quello che aveva appena letto. «Sono contento piccola.» «Perché, cos'è successo?»

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«Vedi, probabilmente avresti passato dei brutti momenti, dopotutto avevi toccato troppe cose.» «Quali cose? Io non ho fatto nulla!» gridò presa dal panico. «Vero, però sarebbe occorso un po' di tempo per dimostrarlo e magari avresti dovuto passare alcuni giorni in... diciamo così, nostra compagnia.» «Perché? No! Non voglio!» L'uomo le prese le mani gelide e sudate, tentando di calmarla. «Tranquilla, qui c'è la prova che Edoardo Maseri si è suicidato, per fortuna questo biglietto non è andato perduto.» Nel frattempo era arrivata zia Aurora, la sorella di Barbara che si sarebbe presa cura di quella creatura così sfortunata, fragile e indifesa fino a poche ore prima, e ora più adulta e più dura. De Carolis, dopo averle accarezzato il viso, le sussurrò. «Coraggio piccola, sono certo che diverrai una donna forte e coraggiosa. Buona fortuna!» «Sì, così sarà.» rispose convinta lei e venne consegnata alle cure protettive della zia Aurora. Espletate le ultime formalità, il corpo di Edoardo venne portato via. Il Magistrato, il medico legale e la scientifica avevano terminato i sopralluoghi e Giulia lasciò assieme ad Aurora quella casa, per non farvi ritorno mai più.

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IV

IL RISCATTO Dopo quel fatto, Giulia fu costretta ad abbandonare il Liceo Artistico che tanto l'appassionava, sfumava così il suo sogno di poter diventare architetto. Per forza di cose, iniziò a frequentare un corso privato per segretaria d'azienda, dopo pochi giorni dal termine degli studi, lavorava già. Era necessario per il sostentamento suo e di sua madre. Erano anche state costrette a vendere il loro bellissimo appartamento, per sanare una parte dei debiti e ora vivevano in un bilocale in affitto. Il cuore di Barbara, non resse ancora per molto tempo a quel dolore immenso e dopo due anni dalla scomparsa del marito, anche lei se ne andò. Così, in punta di piedi come aveva vissuto. La morte la portò con sé, la mattina del 3 Giugno 1987, esattamente lo stesso giorno della morte del marito, non se ne accorse nemmeno, semplicemente non si risvegliò. Era stata nuovamente Giulia, a scoprire il corpo senza vita della madre. Dopo aver preparato la colazione, gliela portò in camera come faceva tutte le mattine prima di recarsi al lavoro. Aprì le persiane, dopo aver posato il vassoio sul comodino e la chiamò, ma non ricevette risposta. Giulia si sedette sul letto e le accarezzò il viso... era ghiacciata! «Mamma, svegliati!» Gridò incredula e iniziò a scuoterla, mentre le lacrime scorrevano sul suo viso. Non poteva essere vero! I singhiozzi le sconquassavano il petto mentre diceva. «Ti prego mamma, non puoi farmi questo...» In quell'istante credette proprio di morire, anzi era quello che veramente sperava e singhiozzando con un urlo la implorò. «Mamma, per favore portami con te!» Ora era rimasta completamente sola, con i suoi diciassette anni. Da quel momento, visse per circa un anno nella bellissima Villa Orengo, dimora della zia Aurora, amata e coccolata, come non avrebbe mai immaginato. Aurora era la vedova di un Ammiraglio di nobili origini e per di più non aveva avuto figli, amava tanto quella sua unica, piccola e sfortunata nipote. Quello per Giulia fu l'anno più sereno della sua vita e proprio in quell'anno, conobbe Luca. Si incontravano spesso la mattina alla fermata dell'autobus, con il passare dei giorni iniziarono a scambiarsi qualche parola e alla fine divennero amici, finché Luca un

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bel giorno decise di andarla a prendere all'uscita dal lavoro, lei era impiegata nello studio di un commercialista. Da quel momento, lui quasi tutti i giorni l'aspettava lì davanti per rincasare insieme e divennero amici inseparabili. Fra loro non era certo scoppiato l'amore, ma si facevano buona compagnia. Luca, era da poco uscito da una storia sentimentale molto osteggiata dalla famiglia e Giulia voleva vivere una vita tutta sua senza dover pesare sulle spalle di qualcuno, ma vivere da sola in quegli anni non era facile, single era una parola poco conosciuta e una donna solitamente viveva da sola se era vedova, oppure era un'anziana zitella, come venivano chiamate allora le donne senza marito. Questa sua voglia di indipendenza contrariò non poco Aurora che cercò di dissuaderla in ogni modo, affinché non andasse via da quella casa. Fu così che un giorno, inaspettatamente, Luca le chiese. «Senti Giulia, io e te stiamo bene insieme, mi sembra.» «Direi di sì, credo di sì.» «Allora avrei pensato, è da un po' che voglio chiedertelo, insomma cosa ne diresti se ci mettessimo insieme?» Giulia rise e rispose. «Ma io e te siamo amici, non ho mai pensato a noi come a una coppia, non ti sembra un po' avventato?» «Beh! E' un'idea che mi è venuta in mente qualche giorno fa... dopotutto vogliamo tutti e due una vita nostra, visto che andiamo d'accordo... insomma, perché non formare una famiglia?» «Ho sempre pensato che per sposarsi ci si debba amare, ma non mi sembra che io e te...» «Forse non ci amiamo ancora, magari col tempo, tu mi piaci molto e io ti voglio molto bene.» «Anch'io ti voglio bene, ma l'amore credo sia un'altra cosa.» «Pensaci per favore, sono certo che andrà bene.» Così dicendo l'attirò a sé e per la prima volta, le loro labbra timidamente si sfiorarono. A circa un anno di distanza da quel primo bacio, erano già marito e moglie e da quel momento erano passati quattordici anni, malgrado tutto erano ancora insieme, facevano finta persino di essere felici. Da quella loro unione nacquero due figli: Enrico il più grande, che ora aveva tredici anni e Gabriele di tre. Erano i suoi gioielli e per loro viveva. Dalla morte del padre, Giulia aveva sempre lavorato. Prima del matrimonio era impiegata, ma alla donna quella mansione stava stretta, proprio non riusciva a stare chiusa in un ufficio per otto ore di fila, a forza di cercare riuscì a trovare una rappresentanza di prodotti in uso presso le Beauty Farm, quel lavoro sembrava cucitole addosso. Si sentiva realizzata, le sue giornate le passava praticamente in auto a percorrere in lungo e in largo la Liguria, il Piemonte e una parte della Toscana. In tutti quegli anni aveva dedicato gran parte della sua vita,

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tutte le sue energie a quel lavoro, era un'agente di commercio al secondo posto come vendite in Italia e quello per lei era il raggiungimento di un obiettivo importante. Per arrivare ai massimi livelli, era stata costretta a rinunciare a qualche cosa e purtroppo quel qualcosa era rappresentato dalla sua famiglia. Spesso rincasava a notte fonda, trovava Luca ed Enrico, che all'epoca era ancora molto piccolo, profondamente addormentati e la maggior parte delle volte, tutti insieme si incrociavano appena. Luca assecondava questo suo impegno e l'aiutava volentieri a crescere il loro piccolo, perché in cambio lo stipendio che Giulia portava a casa era notevole e all'uomo piaceva molto spendere senza preoccupazioni quel denaro. Certo, l'unica situazione penosa era quella di non riuscire a veder crescere Enrico, però che bel lavoro era stato. Le aveva dato la possibilità di conoscere migliaia di persone, di farsi delle amicizie, spesso passava fuori casa diversi giorni per dover partecipare a dei meeting, in quelle occasioni aveva avuto modo di alloggiare nei migliori hotel in Italia e all'estero. Un lavoro che le desse l'occasione di dimostrare quello che valeva e renderla pienamente soddisfatta ne era certa, non avrebbe mai più avuto la facilità di trovarlo. In quegli anni era stato tutto così esaltante e sarebbe potuto continuare meravigliosamente bene, se il fato per la terza volta non avesse messo lo zampino nella sua vita. Da quel momento, ecco scaturire in lei la decisione di non voler più rinunciare alla sua famiglia, di dedicarsi a suo marito e a suo figlio a tempo pieno, tanto più che Enrico era cresciuto così velocemente e lei era praticamente stata latitante durante quel cambiamento.

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V

IL SEGRETO SVELATO I primi giorni del mese di Agosto, Valeria si era presa il suo periodo di riposo dal lavoro, ebbero modo di frequentarsi qualche volta di nascosto. Giulia per poter incontrare l'amica, era costretta a inventarsi scuse che convincevano sempre meno Luca, il quale diventava sempre più sospettoso. Così un pomeriggio mentre, sedute al tavolino del solito bar, ricordavano bei momenti, dissipavano dubbi, cancellavano rancori, per quanto possibile di un tempo passato, Giulia prese una decisione. «Sai Val, penso che presto dirò a Luca che noi due ci siamo riappacificate, cosa ne pensi?» «Penso che tu sia impazzita! Ecco cosa penso.» «Dai smettila di scherzare, dico sul serio.» «Cosa credi di ottenere?» «Esattamente non lo so, perlomeno riuscirò a levarmi questo peso dalla coscienza, non credi?» «Perché questa decisione?» «Perché è diventato sospettoso, lo vedi anche tu, non vuole più che esca da sola.» e così dicendo, rivolse il suo sguardo in direzione del piccolo Gabriele che, buono, buono stava seduto in mezzo alle due donne e mangiava entusiasta il gelato alla crema che anche i suoi abitini dimostravano di gradire. «Senti Giulia, sai meglio di chiunque altro com'è fatto tuo marito, ho paura che non appena saprà di questa faccenda, ti proibirà di vederci.» «Non preoccuparti, non mi proibirà nulla, d'altro canto è un segreto troppo grande per portarlo da sola, quindi voglio che sappia. Anzi cercherò di dirglielo questa sera stessa, poi ti farò sapere.» Era troppo determinata Giulia e niente e nessuno sarebbe riuscito a farle cambiare idea. Valeria si limitò a dire: «Mi auguro per te che capisca.» Con quella frase si salutarono e Giulia col suo bambino per mano, che a stento riusciva a trattenere, tornava verso casa, lo sguardo un po' perso e i pensieri confusi. In quello stato d'animo, non si accorse nemmeno di Luca che, le si parò davanti per sbarrarle la strada, così per forza di cose, distratta com'era, Giulia andò a sbattere sul petto di quell'uomo che di primo acchito non riconobbe esclamando.

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«Ops! Mi scu... ma sei tu? Cosa ci fai qui?» «Venivo a cercarti, a casa non c'eri, ti ho chiamata al cellulare ma non eri raggiungibile, mi stavo preoccupando.» Giulia con tono astioso rispose. «Guarda che la strada di casa la so ritrovare da sola!» ma l'uomo quasi a volersi scusare ribatté. «Volevo dire che ero uscito a fare due passi, visto che ero solo in casa, poi ti ho notato in lontananza e ti sono venuto incontro. C'è qualcosa che non va?» «Va tutto bene, facciamo quattro passi dai.» Gabriele vispo come un puledro, scorrazzava innanzi a loro e Luca si vide costretto a prenderlo in braccio, nel tentativo di riuscire a calmarlo. Che rischio aveva corso Giulia, se lui fosse arrivato qualche istante prima, avrebbe di sicuro incontrato Valeria. Sì, doveva fare in fretta, non poteva più aspettare. Innanzi tutto avrebbe sondato il terreno, poi di fronte a una qualsiasi reazione da parte di lui, avrebbe agito di conseguenza, seguendo l'istinto. Si avviarono verso casa, ormai era quasi ora di cena. Appena rincasati, Luca si occupò del piccolo Gabriele e Giulia dopo essersi infilata un abito da casa e aver lavato le mani, si mise il grembiule da cucina e si avvicinò ai fornelli, ma venne subito presa d'assalto da Enrico, il quale era seriamente intenzionato a farsi coccolare dalla mamma, ma lei pensierosa e preoccupata, non aveva nessuna voglia di accontentarlo e quindi gli disse: «Da bravo Enrico, forza! Vai a lavarti le mani, fra poco si cena.» ma il ragazzo che non aveva nessuna voglia d'obbedire, brontolò. «Mamma, solo un momentino, io sono stato bravo.» poi con voce cucciolosa, ruffiana e lo sguardo implorante seguitò. «Ho anche apparecchiato la tavola, ti prego... per favore...» Era dolcissimo quel suo ragazzo, soprattutto molto legato a lei, pur trovandosi in quell'età in cui un adolescente cerca di svincolarsi dal controllo genitoriale e i suoi interessi solitamente sono gli amici, i video games e il computer. Enrico non rinunciava certamente a tutto questo anzi, ma la dedizione per quella mamma dagli occhi tristi, era immensa e sopratutto per lei non aveva segreti. «Mamma un bacio solo.» sentendo quella frase, Giulia rivide se stessa bambina, quando implorava affetto alla sua mamma e quest'ultima dopo averle carezzato distrattamente i capelli la mandava via. Così lei correva a chiudersi nella sua cameretta e si accovacciava sul suo lettino scoppiando a piangere, sentendosi sempre più sola e disperata. «Scusa amore mio hai ragione, lo sai che ti adoro, è solamente che in questo periodo sono un po' nervosa.» si affrettò a dire e a corrispondere tutto quell'affetto che Enrico le donava gratuitamente, a piene mani. Prese a baciarselo quel suo bellissimo figlio, a stringerlo a sé,

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esattamente come avrebbe voluto che i suoi genitori avessero fatto con lei. Ma ecco che in un attimo, due manine impertinenti afferrarono le sue e una voce cinguettante disse. «Mamma, io Gabiele ciù, via Eico!» Ed Enrico brontolando per quella intrusione. «Ecco lo sapevo, arrivi sempre a scocciare tu, sei proprio noioso!» Giulia, ridendo divertita per quell'improvvisa sceneggiata messa in atto dai suoi figli, cercava di calmare i due contendenti. «Buoni, baci ce ne sono per tutti e due.» e loro baciavano, stringevano, carezzavano quella loro mamma adorata e lei felice con i suoi ragazzi in braccio, rideva. Essi l'amavano profondamente, anche se in fondo era una madre alquanto severa, ma molto amorevole. Enrico l'aveva vista piangere troppe volte e troppe volte era rimasto solo quando era piccolo e lei lavorava, per questo era estremamente sensibile. Fortunatamente Gabriele invece, aveva un carattere più risoluto, era cresciuto con la costante presenza della mamma. Quando Giulia aveva deciso di avere quel secondo figlio, era stato per dare uno scopo alla propria esistenza che, ormai considerava vuota e quasi inutile, ma per amore di Enrico doveva andare avanti, quindi tanto valeva dare un fratellino o una sorellina al primogenito, che all'epoca aveva dieci anni. Ed ecco che in una splendida giornata del mese di Agosto, nasceva Gabriele: nero di capelli con gli occhi azzurro cielo, anche lui era molto bello, come una goccia d'acqua somigliava a enrico, l'unica differenza erano i capelli, quelli del primogenito erano biondi. «Calmi bambini, un bacio a te, uno anche a te.» Così dicendo diede un bacio sulle guance a entrambi i figli, ma... «Hei! Ci sono anch'io, per me non c'è nulla?» s'intromise Luca e continuò. «Anch'io voglio i baci della mamma!» Giulia a quella frase si rabbuiò e un po' risentita gli rispose. «Tu baci ne hai avuti molti, anni fa. Non li hai apprezzati e io per te li ho esauriti.» Luca stava cercando di avvicinarsi alla moglie facendosi strada fra le braccia dei figli che la stringevano, i quali scontenti si allontanarono e si rinchiusero nella loro cameretta, a quel punto Luca, la costrinse ad appoggiarsi al muro, le prese il volto fra le mani con una certa dose di violenza, che lei aveva sempre detestato e fissandola negli occhi tentò di baciarla sulla bocca, ma lei riuscì a svincolarsi da quella stretta. «Dai piantala, devo preparare la cena, è già tardi.» tentando di mantenersi calma e non dare peso a quel gesto, ma Luca seccato, si fece rosso in volto per la rabbia e alzando la voce replicò. «Vorrei sapere cos'hai, da un po' di tempo sei intoccabile, hai sempre la

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testa fra le nuvole.» «Non ho nulla in particolare, semplicemente ho bisogno di stare tranquilla.» ma lui alzando ancor di più la voce. «A cosa servo io, solamente a portarti lo stipendio a fine mese? Sembriamo fratello e sorella! Non ti fai baciare, di fare l'amore non se ne parla nemmeno, non accetti neppure più gli scherzi, quelli almeno prima ti divertivano, ora guai a fare una battuta spiritosa.» «Non urlare, i bambini sentono! E poi, quando ero ragazzina questi atteggiamenti mi facevano sorridere, ora da donna vorrei accanto un uomo vero!» «Sarò serio da qui in avanti, se è questo ciò che vuoi.» disse lui facendole una smorfia e arricciando il naso. «Magari! Ma a te sarebbe chiedere troppo, la vita la prendi sempre troppo alla leggera, quasi fosse un gioco, non riuscirai a essere mai veramente un uomo.» «Io non sarei un uomo?» a questa frase, lei rispose caustica. «Tu sei un maschio, questo è certo! Ma per essere anche uomini, bisogna essere maturi e questa è l'unica cosa che non sei!» Detto ciò, rigirandosi sui tacchi, gli voltò le spalle e si mise a preparare la cena. Il resto della serata era passato tra bronci, sguardi che parevano lingue di fuoco e un nervosismo nell'aria che presagiva bufera. In quell'atmosfera carica di tensione, era assolutamente impensabile poter svelare alcunché a Luca, però lei doveva almeno tentare. Quell'idea era diventata un chiodo fisso. Ma per far ciò, era necessario creare la situazione adatta e cosa non da poco, placare l'animo di suo marito. Al termine della cena aiutata da Enrico, sparecchiarono la tavola, misero i piatti nella lavastoviglie e mentre il ragazzo preparava il caffè per il padre, lei spazzò la cucina. Quando ebbe finito disse al figlio di andare a giocare con il fratellino perché la mamma e il papà dovevano parlare da soli, senza essere disturbati. Un bacio al suo cucciolo, dopodiché con la tazzina del caffè tra le mani, si presentò nel salone, dove Luca stava semi sdraiato sul divano, guardando immusonito il telegiornale della sera. Gli porse la tazzina e quando ebbe bevuto, lei riprese il tutto e lo posò sul tavolino di cristallo davanti a loro poi, forzando come ovvio se stessa, si sedette sulle ginocchia di lui che la guardò con aria interrogativa. Lei gli infilò le dita tra i capelli e dolcemente come non faceva da molto tempo, gli sfiorò la guancia con un lieve bacio. Nel sentire su di sé il calore di quelle labbra, Luca s'infervorò all'istante e dal suo sguardo si dissolsero la rabbia e le domande senza risposte, che il diverbio di qualche istante prima vi aveva posato. La guardò languidamente e dopo averla cinta per la vita con il braccio sinistro, con la mano destra cercò d'insinuarsi sotto la gonna, carezzandole le cosce morbide, ma istintivamente lei s'irrigidì. A quel punto lui le disse con

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voce calma. «Senti Giulia, non ho intenzione di mettermi di nuovo a discutere, ma è mai possibile che quando mi avvicino diventi un pezzo di ghiaccio? Perché allora sei venuta qui accanto a me e mi hai baciato?» «Non è colpa mia se quando mi avvicino, anche solo per una carezza, praticamente mi assali, frugandomi da ogni parte.» fece una breve pausa e riprese. «Non pensi che forse vorrei solo essere abbracciata, coccolata e non solo usata?» «Sfido io! Facciamo l'amore così raramente... E poi sono anni che non prendi tu l'iniziativa, è chiaro che non appena ti avvicini mi viene voglia di te, anzi non hai bisogno di starmi accanto, perché io ti desidero sempre e più di prima!» Giulia avrebbe avuto voglia di gridargli per l'ennesima volta, il perché del suo comportamento. Sarebbero state parole sprecate, lui aveva la memoria corta riguardo all'argomento. Però! Luca aveva appena detto una frase bellissima, peccato che fosse giunta fuori tempo massimo. Molto meglio troncare quel discorso ormai consunto, che da troppi anni ormai si ergeva a barriera fra di loro, allontanandoli sempre più e andò a sedersi sulla poltrona di fronte a lui dicendo. «Non torniamo sempre su argomenti stantii, ti prego.» «Parliamone invece.» insisté lui, intenzionato più che mai a riaprire la questione. «Luca sai benissimo come la penso.» «Perché devi sempre rivangare il passato? Non si vive solo di brutti ricordi.» «E io ti domando allora, perché dovrei dimenticare? Quando io ti cercavo, trovavi sempre mille scuse per non far l'amore con me, ero una ragazzina e sono cresciuta nella convinzione di essere brutta. Non hai idea di cosa abbia voluto dire questo tuo comportamento per la mia autostima? Ma fortunatamente si cresce e si impara a vivere.» fece un sospiro, un nodo le stava chiudendo la gola, se avesse seguitato a parlare sarebbe senz'altro scoppiata a piangere per la rabbia. Quell'uomo troppe volte aveva visto le sue lacrime e l'aveva derisa per questo, perciò svuotò la mente per un istante, si schiarì la voce e riprese. «Come volevi che mi sentissi? Ero offesa, umiliata.» «Ma la mia era solo stanchezza.» «Sappiamo entrambi che non è vero.» Nelle sue parole c'era la calma consapevolezza di chi non è mai stato amato. «Ma io ti desideravo anche allora.» Solo a quelle parole Giulia si scosse e gridò rabbiosa. «Balle! Solo per me non avevi attenzioni... e io stupida ingenua che mi

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fidavo di te. Per meglio dire, mi volevo convincere che tu non fossi ciò che palesemente dimostravi di essere! Cretina, cretina! Quante volte me lo sono gridato da sola.» «E tutto passato, ora sei tu che mi rifiuti e io ti inseguo» così dicendo si alzò dal divano e andò a sedersi sul bracciolo della poltrona, cercando di accarezzarla, ma lei con uno scatto si spostò e la mano gli si fermò a mezz'aria. Giulia gli rispose, ricercando in sé tutta la calma che, le avrebbe permesso di cambiare discorso. «Non ho più voglia di mortificazioni, ho subito troppo, sono stanca credimi.» «Ora però non ti respingerei e questo lo sai bene.» ma lei era stufa di dover ripetere sempre le stesse cose, quindi si voltò e si mise a guardare, falsamente interessata, il programma televisivo. In realtà stava cercando il modo, di poter parlare con lui di quella cosa, ma come? Certamente quello non era il momento adatto, lo sapeva bene, ma ormai aveva deciso, doveva dirglielo quella sera stessa! Passarono circa venti minuti, nei quali tutti e due fingevano interesse per quello schermo innanzi a loro. Poi a poco, a poco, quasi involontariamente, come se una mano dall'interno gliele spingesse su verso la gola, ecco affiorare sulle labbra le prime timide parole. «Sai cosa mi è capitato... alcuni giorni fa... vedi, volevo dirti...» «Insomma, cosa stai tentando di dire?» Titubante come non mai, lei proseguì. «Ecco... come reagiresti se ti dicessi che ho rivisto una persona? Lo so che la cosa ti seccherà...» «Forza fuori il rospo! Chi hai incontrato?» Ma d'improvviso, come se nella mente dell'uomo si fosse spalancata una finestra sulla verità, sbarrando gli occhi e inarcando le sopracciglia, capì. «Hei! Non mi dirai che hai rivisto... no! Valeria Solina.» «Sì, Valeria.» ripeté lei piantandogli gli occhi negli occhi. «Spero almeno che non sia stata tu a cercarla.» «Ma non dire stupidaggini, io non ho cercato nessuno, è stata lei a chiamarmi qualche mese fa. Mi aveva chiamata diverse volte e io interrompevo sempre le telefonate, finché una mattina...» «Sei stata ingenuamente ad ascoltarla, era necessario vero?» ma Giulia senza dar peso. «Stavo per staccare nuovamente la comunicazione.» «Peccato non l'abbia fatto!» «Invece non so perché, sono rimasta ad ascoltare, così ci siamo riviste. L'ho trovata molto cambiata.» «Una come quella non può certo cambiare, forse può far finta di essere

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ciò che non è. Ti sei fatta abbindolare bellamente.» «Lei non sarà una Santa, questo è certo, però ha avuto dalla sua il buon gusto di non rinnegare il passato, di assumersi le sue responsabilità, ma soprattutto di aver riconosciuto, seppur a distanza di tanti anni i suoi errori e di aver cercato il mio perdono. Meglio tardi che mai.» Luca, incassando il colpo cambiò il tono della voce e quasi come a scandire le parole disse. «Non avrai per caso l'intenzione di frequentarla? Grattacapi a causa sua, mi sembra che tu ne abbia avuti abbastanza. Vedi di regolarti.» Lei che per ovvi motivi non aveva apprezzato quella frase, rispose. «Forse hai perso di vista la realtà, ma i problemi che ho avuto, non sono stati causati da lei soltanto, correggimi se sbaglio.» Nel sentire quella frase l'uomo non sapendo più cosa dire, concluse. «Vedi un po' tu. Fai come meglio credi, sei grande abbastanza per decidere, basta mi tenga al di fuori da questa storia.» Giulia aveva ottenuto ciò che voleva, ormai Luca era a conoscenza di tutto, in quel momento si sentì libera da quel macigno che la opprimeva e lasciandosi ricadere sullo schienale della poltrona, sospirò impercettibilmente. Era riuscita nel suo intento, rendere ufficiale la sua rinata amicizia con Valeria Solina. Fine anteprima.Continua...