34
nipoti di 01/2016 unioni civili: cosa cambia concretamente amoris letitia: quale libertà? riforma costituzonale: più spazi di partecipazione? intervista - Andrea Grillo: le cose nuove di Amoris Laetitia 29 21 42 9

Nipoti di Maritain 01/2016

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Unioni civili, Riforma costituzionale, Amoris Laetitia

Citation preview

Page 1: Nipoti di Maritain 01/2016

1n

ipo

ti d

i01/

2016

u n i o n i c i v i l i : c o s a c a m b i a c o n c r e t a m e n t e

a m o r i s l e t i t i a : q u a l e l i b e r t à ?

r i f o r m a c o s t i t u z o n a l e : p i ù s p a z i d i p a r t e c i p a z i o n e ?

i n t e r v i s t a - A n d r e a G r i l l o : l e c o s e n u o v e d i A m o r i s L a e t i t i a

2 9

2 1 4 2

9

Page 2: Nipoti di Maritain 01/2016

Anno I Numero 1

Direttore Responsabile: Piotr ZygulskiRedazione: Lorenzo Banducci, Niccolò BonettiProgetto Grafico e Impaginazione: Mattia Carletti, Gianni Oderda

Editore e Proprietà: Nipoti di Maritain è edito dall’associazione di fatto non riconosciuta – con lo scopo di diffondere il dibattito ecclesiale – denominata “Nipoti di Maritain”, che ne possiede piena proprietà.

Pubblicazione: Nipoti di Maritain è un prodotto editoriale non soggetto ad obbligo di registrazione in quanto privo di periodicità regolare (legge n. 62/2001, art. 1). È pubblicato presso World Wide Web in formato PDF scarica-bile al link https://issuu.com/nipotidimaritain

Diritti: Nipoti di Maritain è distribuito con Licenza Creative Commons Attri-buzione - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale

Pagina Facebook: https://www.facebook.com/nipotimaritain Indirizzo E-mail: [email protected]

Nipoti di Maritain22 giugno 2016

Page 3: Nipoti di Maritain 01/2016

4 Nipoti di Maritain 5

La libertà di potersi voler bene di Omar Vitali

L’accoglienza non basta: abbattiamo lo stigma della diversità di Federico Ferrari

Intransigente, come San Telemaco di Lorenzo Nicola Roselli

Unioni civili: e adesso? di Gabriele Cossovich

Andrea Grillo e le cose nuove di Amoris Laetitia a cura di Lorenzo Banducci

Il bello dell’eresia di Emanuele Pili

La quotidianità della Santa Famiglia nel vangelo armeno dell’infanzia di Vincenzo Romano

Di quale stampa cattolica abbiamo bisogno? di Stefano Gherardi

De nuptiis di Stefano Sodaro

La sussidiarietà e la sfida della complessità di Davide Penna

Il Vangelo del povero peccatore a cura di Lucandrea Massaro

Cittadini più partecipi, se vorranno di Raffaele Dobellini

Referendum e leggi popolari: più spazi, troppe incognite di Gabriele Maestri

L’esperienza concreta: una risposta alla crisi della famiglia di Vincenzo Fatigati

La cautela del gesuita di Andrea Virga

Amoris Laetitia, respiro per la Chiesa di Omar Vitali

Presentazione di Amoris Laetitia di Lucas Van Looy, traduzione a cura di Marco Sergio Narducci

Dibattito RubricheUNioNi Civili iNteRvista

a beN veDeRe

laUDate HoMiNeM

UMaNesiMo iNtegRale

RoDafà

a MisURa D’UoMo

ReCeNsioNe

RifoRMa CostitUzioNale

aMoRis laetitia

1 0

3 3

1 2

3 5

1 5

3 8

1 8

4 2

5 2

4 7

5 4

4 9

5 6

5 9

2 2

2 6

3 0

InD

ICE

llllllllllllllllllllllllll

Page 4: Nipoti di Maritain 01/2016

6 Nipoti di Maritain

Nipoti di Maritain ha assun-to una nuova forma. La pagina facebook e il blog fondati da Niccolò Bonetti e da Lorenzo Banducci, che dal 2012 quoti-dianamente offrono riflessioni e provocazioni su tematiche di attualità ecclesiastica, politica e sociale, adesso sono affianca-ti da questo nuovo spazio. For-se potrà evitare che le migliori considerazioni si disperdano nel flusso continuo di informa-zioni cui siamo esposti nel web e soprattutto nei social network, tuttavia senza fossilizzare alcun-ché. Anzi, vogliamo conservare ciò che contraddistingue i Ni-poti di Maritain, ossia un dibat-tito plurale, aperto alla parteci-pazione di tutti, in cui siano di casa posizioni differenti. Tutto ciò ha riscosso un buon livello

di interesse e di coinvolgimento, certamente più su alcuni temi che non su altri, ma comunque mantenendo un progetto dura-turo nel tempo e contribuendo a divulgare discussioni teologiche ad un pubblico relativamente esteso. Lo abbiamo fatto cercan-do di essere non solo il sale della terra, ma anche il pepe. Ed è no-stra intenzione preservare tale peculiarità anche all’interno di questa nuova pubblicazione, sperando di vincere quei timo-ri e quelle timidezze che le reti sociali digitali ci hanno abituato a superare.Non vogliamo infatti essere una rivista accademica, dal momento che queste spesso si chiudono nell’autoreferen-zialità, ma neppure un portale informativo, perché ce ne sono già molti disponibili online in

editoriale

“essere non solo il sale della terra, ma anche il pepe”

di Piotr Zygulski

6 Nipoti di Maritain

“le esperienze dirette possono gettare un ponte tra le reciproche ostilità”

grado di fornire qualsiasi tipo di notizia con la tempestività di po-chi secondi. Se ci mettessimo a “competere” con loro, non ci sa-rebbe storia. Proponiamo inve-ce qualche riga in più per poter sviluppare quelle riflessioni che non possono essere articolate in un commento di un post su face-book, né tantomeno nei laconici 140 caratteri che mette a dispo-sizione twitter. La scommessa è quella di poter mantenere vivo il medesimo spirito critico e di confronto, magari giungendo a qualche conclusione su ciò che ci accomuna, superando insie-me le sorde contrapposizioni, che in genere si consumano nelle cose accidentali conside-rate erroneamente come essen-ziali; qualora riuscissimo a far risplendere Dio Trinità – che è relazione di amore – al centro del nostro cuore, l’ordinamen-to delle priorità verrebbe da sé. Ogni numero, come potete leg-gere nell’indice, si articola in due sezioni. La prima, quella maggiormente dialogica, inten-de lanciare tre quesiti di dif-ferenti ambiti (etico/morale, politico/sociale, pastorale/ec-clesiale) cui tutti sono chiama-ti ad offrire il proprio punto di vista. La seconda, invece, per-metterà di esaminare alcuni ar-gomenti in rubriche tematiche, oltre a recensioni e interviste. Gli spunti non mancano. In questa prima uscita si parla innanzitutto delle “unioni civi-li” recentemente approvate dal Parlamento italiano, ma – per-

lomeno nella formulazione del nostro quesito – con una par-ticolare attenzione alle conse-guenze nella vita quotidiana. Vorremmo evitare ragionamen-ti astratti, sui massimi sistemi, che tendono a generare intran-sigenze che dal punto di vista spirituale potrebbero rivelarsi assai più sterili della supposta non-fecondità delle relazioni omosessuali. È evidente come il tema sia ancora arroventato, tuttavia le esperienze dirette, se depurate da qualsivoglia deside-rio di vendetta per i torti subiti a livello personale, possono si-curamente gettare un ponte tra le reciproche ostilità. Cogliamo l’occasione per abbracciare Fi-lippo, Mario, Roberto e tutti co-loro che hanno commentato bre-vemente la nostra provocazione perché coinvolti direttamente dalla materia, ma che per i più svariati motivi non se la sono sentita di inviarci un contributo più articolato: Cristo sia sempre presente nei loro affetti. Senza ignorare le divergenze di parten-za – anzi, dopo esserci immersi in esse in modo viscerale, come vedrete – l’atteggiamento risor-gente prospettato da Gabriele Cossovich sembra essere quello più confacente al nostro sentire cristiano: la bellezza non è pos-sibile comandarla ed imporla. La bellezza risplende, si propo-ne, ma poi sta alla ineludibile libertà dell’altro riconoscerla ed accoglierla. In seguito è sta-ta affrontata la Riforma costitu-zionale: anche qui preferiamo ragionare, concretamente, sul-

7

Page 5: Nipoti di Maritain 01/2016

UNioNi Civili« approvate le unioni civili, cosa cambia

concretamente nella tua vita e in quella della comunità (parrocchiale, comunale, conoscenti,

amici) di cui fai parte? »

Dibattito

le eventuali ripercussioni nella partecipazione del popolo italia-no alla vita pubblica. Altro gran-de tema è l’Amoris Laetitia che conclude il percorso sinodale degli ultimi due anni sulla fami-glia. In questo testo, tra le altre cose, Papa Francesco incoraggia la «maturazione di una coscien-za illuminata, formata e accom-pagnata dal discernimento re-sponsabile e serio del Pastore» (§ 303), ma ciò è stato visto im-propriamente da alcuni come un avallo al soggettivismo morale. Nella seconda sezione della no-stra pubblicazione, la stessa esortazione apostolica di Papa Francesco è occasione per un’in-tervista al teologo Andrea Grillo, per un approfondimento con l’a-pocrifo Vangelo armeno dell’in-fanzia di Gesù e per una “litur-gia del quotidiano” offerta da Stefano Sodaro, che ha dipinto la “matrimonialità” del mistero trinitario e l’apertura all’alterità che da esso sgorga copiosa.Ci ri-volgiamo ai catechisti e agli in-segnanti, che potrebbero anche trovare ispirazione per possibili incontri, discussioni o lezioni; ci anche rivolgiamo ai pastori, alle persone impegnate in parroc-chia e nei movimenti ecclesiali e a tutti coloro che desiderino formare in modo retto la propria coscienza, per poterla esercita-re liberalmente. In sintonia con questa finalità, abbiamo inclu-so un “elogio dell’eresia” che ci motiva a confrontarci con essa, per accoglierne quella parte di verità nascosta, che chiede di

essere ascoltata. Era inevitabile una considerazione su Jacques Maritain – nel cui intento, “de-bitori a Voltaire per la tolleran-za e debitori a Lutero per il non conformismo”, ci riconosciamo pienamente – a proposito del-la stampa cattolica. Spazio an-che alla Dottrina Sociale della Chiesa, con la sfida della com-plessità che può essere affron-tata non cedendo a “ideologie dell’Unico” né rifugiandosi in “luoghi comuni” – siano essi “buonisti” o “antibuonisti” – bensì riscoprendo il significa-to del concetto di sussidiarietà, svincolandolo dall’abbraccio di chi pensa sia un sinonimo di deregolamentazione dei merca-ti. Infine, chiude questo numero una recensione al “Vangelo del povero peccatore” scritto due se-coli fa da Wilhelm Weitling e re-centemente pubblicato in italia-no, spunto per scoprire un volto nuovo di Gesù, per interrogarci sulle diseguaglianze sociali di ieri e di oggi e per comprendere quanto sia radicale il contributo che il cristianesimo può dare in vista di una società più giusta. Lo confessiamo: questa pubbli-cazione è una grande scommes-sa. Con il tempo sottratto a tante altre cose, con le poche forze che abbiamo, con le tasche assoluta-mente vuote – ma animati dallo Spirito – prendiamo il largo.

“debitori a Voltaire per la tolleranza e debitori a Lutero per il non conformi-smo”

8 Nipoti di Maritain 9

Page 6: Nipoti di Maritain 01/2016

te questo mio amico che per tan-ti anni ha nascosto, ha fatto fin-ta di nulla. Eppure prima o poi la vita ti prende a pugni e ti porta il conto da pagare. E quasi sempre il prezzo da pagare è molto alto. È il prezzo della vita stessa, degli anni in seminario alla ricerca di chi era e di che cosa poteva fare.

Ora vedo in lui un ragazzo di 35 anni che si deve ri-costruire da zero. E non è facile. Per niente. Ne so qualcosa. Quella sera mi confidava che gli sarebbe pia-ciuto trovare un compagno da amare e poi lasciare fare a Dio.

Una piccola esperienza che non risponde a nessuna doman-da ma ne apre di nuove. Con le unioni civili approvate credo che si apra alla libertà di potersi voler bene. Non credo sia pecca-to, o almeno, non ancora. Vedrei molte persone che finalmente non si devono nascondere. Resta il fatto che condivido il pensie-ro di molti che mantengono la struttura classica della famiglia, ovvero di un padre e di una ma-dre che hanno dei figli: questa è la famiglia. Le unioni civili sono unioni che possono dare spazio ad una coppia. Ad un uomo alla ricerca di un compagno o una donna alla ricerca di una com-pagna. Già in altri Stati molte coppie vivono tranquillamente e non ci sono particolari problemi.

Mi piacerebbe vedere questo

amico – ma anche tutti gli altri che vivono una situazione simile alla sua – più sereno, più felice e magari vivere una vita normale. Senza dire ogni volta “e...”, ma dando spazio e racconto a quei tre puntini, appunto, di sospen-sione.

1111

Ho riflettuto a lungo su questo tema, anche perché in questi anni ho avuto diversi amici in difficoltà che ho pazientemen-te ascoltato. Un amico in modo particolare già dagli anni del seminario era alla ricerca del-la sua vocazione, del suo posto nel mondo. Qualche mese fa l’ho incontrato in un pub, da-vanti ad una birra. Ha iniziato a raccontarmi della sua vita: ha trovato lavoro, vive con i suoi genitori e... Non tanto la “e” fi-nale, ma i tre puntini di sospen-sione mi hanno lasciato di sasso.

– “E... cosa?!”

– “Sono omosessuale. L’ho detto ai miei genitori e...”

– “Altro?”

– “No, basta”.

Quella sera l’ho semplicemente ascoltato e poi ci siamo saluta-ti con un abbraccio stretto. Nei 7 giorni successivi non esagero se dico che non ho dormito, ma ogni giorno mi tornava alla men-

la libertà di potersi voler bene

“una piccola esperien-za che non risponde a nessuna do-manda ma ne apre di nuove”

di Omar Vitali

10 Nipoti di Maritain

Page 7: Nipoti di Maritain 01/2016

razzati, col timore d’essere presi per alieni dal proprio auditorio. Per contro il dissenso sottile tra le opinioni della maggioranza del laicato e le gerarchie non ha avuto ricadute sui regolamenti ufficiali. Intendo dire che ancora oggi non sarebbe possibile indi-care senza suscitare polemiche come catechista una divorziata, né come insegnante di religio-ne una donna che conviva more uxorio col proprio compagno, ed è recente il rifiuto della Santa Sede di accreditare come amba-sciatore un uomo dichiaratamen-te omosessuale. La situazione che si prospetta a breve termine è quella di una chiesa che in nome dell’accoglienza accolga nelle parrocchie le coppie conviventi, etero o gay che siano, ma ponga ogni cura nel ribadire lo stigma della loro diversità e presunta peccaminosità con l’escluderle dai ruoli di insegnamento. Per alcuni anni, ed è difficile prono-sticare quanti, le crepe a questo sistema saranno occasionali: io stesso conosco nella mia diocesi figure di omosessuali dichiarati che prestano servizio come ca-techisti col placet del parroco. Ciò mostra come alcuni prelati siano capaci di andare oltre l’e-tichettatura data ad una persona sulla base del suo orientamen-to sessuale, per vedere invece come questa caratteristica si inserisca nell’insieme della sua persona. E questo ci porta al se-condo punto: è facile etichettare le persone gay come una catego-ria che avrebbe dei tratti distinti dal resto della popolazione, dei

comportamenti peculiari che discenderebbero da questa loro caratteristica, ma solo finché non li si conosce personalmente. È più agevole infatti descrivere i gay come maggiormente promi-scui o dediti a chissà quale incli-nazione disordinata finché non li si conosca di persona, anno-verandoli nelle proprie cerchie di amici, e si apprenda con l’e-sperienza diretta come siano in-distinguibili dalle coppie etero-sessuali, tanto nei pregi quanto nei difetti. Esemplare in questo fu l’atteggiamento del cardinal Schönborn di Vienna che, inter-pellato sull’opportunità di la-sciare una persona omosessuale nel consiglio pastorale di una parrocchia, andò a parlare con questa coppia per scoprire che si trattava di una realtà di amo-re e di dedizione cristiana, e che la coppia s’era protetta e curata anche nei momenti di malattia e sofferenza di uno dei componen-ti. L’omosessualità del ragazzo non costituiva cioè un caratte-re di disordine nell’edificazione della personalità cristiana del ragazzo, ma anzi, si inseriva in un percorso che portava come suo frutto una splendida realtà di amore e dedizione, una fiori-tura esistenziale.

Quello che occorre auspicarsi dunque, per il bene della comu-nità ecclesiale, è che sempre più coppie omosessuali si presentino alle rispettive comunità, perché disumanizzare qualcuno che si conosce, incasellandolo in una sterile categoria ghettizzante, è

“il dibattito ha assunto un tono da crociata che indurisce il cuore e lo rende sordo all’ascolto delle vite al-trui”

13

Si possono fare due ordini di di-scorso: il primo riguardo a ciò che sarebbe auspicabile avve-nisse, e il secondo riguardo a cosa è probabile che avvenga nel concreto.

Il primo dato da registrare è che i cambiamenti in materia di mo-rale sessuale e diritti riprodutti-vi maturati nella società italiana nel corso dei decenni passati non sembrano aver causato un cambiamento del magistero su questi argomenti. Lo sfasamento tra i convincimenti della maggio-

ranza della popolazione italiana (incluso il laicato cattolico) e le direttive ufficiali non potrebbe essere più evidente e tuttavia non ha generato mutamenti nel catechismo. Oggi semplicemen-te il parroco dà per scontato che la maggioranza dei propri fedeli trovi ragionevole la convivenza prematrimoniale, la sperimenta-zione sessuale prima delle noz-ze, e la possibilità di divorziare, al punto che su questi argomenti nella predicazione non si ritorna più, se non per dovere d’ufficio e con accenni fuggevoli ed imba-

l’accoglienza non basta: abbattiamo lo stigma della diversitàdi Federico Ferrari

12 Nipoti di Maritain

Page 8: Nipoti di Maritain 01/2016

Mi è stato chiesto di scrivere un intervento sull’approvazione del disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili e, devo essere sin-cero, sul momento ho davvero avuto difficoltà nella scelta di cosa scrivere e come scriverlo. Nel mio piccolo, ho fatto since-ra opposizione a tale provvedi-mento, opposizione non soltan-to argomentativa ma concreta, attraverso le quasi venti veglie delle Sentinelle In Piedi a cui ho partecipato, i due Family Day a cui mi sono recato e persino la presenza del tutto casuale come ospite in alcuni programmi tele-visivi. Difficile, quindi, scegliere le parole giuste per sintetizzare il mio fermo disaccordo con i co-siddetti “PACS italiani”. Troppe sarebbero le cose da dire, sva-riati gli argomenti da utilizzare.

Provvidenzialmente, mi sono imbattuto l’altro giorno nell’a-giografia di un martire dei pri-mi secoli, le cui vicende hanno ispirato queste poche righe: San Telemaco (o Almachio).

Questo monaco originario con tutta probabilità dell’Asia Mi-nore, i cui tratti leggendari si sovrappongono alle di per se scarse informazioni storiche, è particolarmente noto per il gesto dimostrativo che provocò il suo martirio. Telemaco, infatti, reca-tosi a Roma per evangelizzare i pagani latini, capitò per caso al Colosseo proprio nel mentre di uno scontro gladiatorio. Colpi-to dall’efferatezza del combat-timento e dalle grida grondanti sangue del pubblico catarsizzato dalla scena, Telemaco ebbe un

intransigente, come san telemacodi Lorenzo Nicola Roselli

15

un atteggiamento possibile solo ad un farisaico e legalista cuore sterile, incapace di empatia. È plausibile che queste coppie si-ano portate a frequentare la co-munità per il bisogno di battez-zare i propri figli, che neppure oggi potrebbero venire rifiutati in quanto v’è un consenso una-nime sul fatto che non si possa negare il battesimo ad un neona-to sulla base della presunta pec-caminosità dei genitori. Non ci aspettiamo però che coloro che oggi assumono toni apocalittici verso le coppie gay cambino le loro idee, infatti il dibattito ha assunto un tono da crociata che indurisce il cuore e lo rende sor-do all’ascolto delle vite altrui. Il cambiamento avverrà quando la maggior parte di coloro che oggi escludono le famiglie gay finirà sottoterra, e nascerà una nuova generazione in cui il problema dell’accoglienza delle coppie gay non si porrà neppure.

14 Nipoti di Maritain

Page 9: Nipoti di Maritain 01/2016

Lo erano quando San Telemaco si gettò in mezzo all’arena per fermare uno scontro gladiato-rio; quando Papa Paolo III scris-se un’enciclica per denunciare i coloni portoghesi che schiaviz-zavano i nativi americani e le genti dell’Africa subsahariana; quando Sua Eminenza Clemens August von Galen, vescovo di Münster, si oppose all’eugeneti-ca positiva della Germania hitle-riana.

I diritti individuali e le “battaglie civili” sono invece liquidi: cam-biano, mutano, si contraddicono con il passare delle decadi.

Quando l’On. Amintore Fanfani pronunciò le profetiche parole: «Volete il divorzio? Allora dove-te sapere che dopo verrà l’abor-to. E dopo ancora, il matrimonio tra omosessuali», all’epoca, i ra-dicali presenti in Parlamento le presero come un ridicolo spau-racchio della “paranoia cattoli-ca”: il matrimonio omosessuale? Un’assurdità. Si devia il discorso per attaccare l’avanzamento dei diritti, dicevano.

Qui sta tutta la mia opposizione a ciò che va contro l’insegna-mento della Chiesa che non è né conservatore né progressista: semplicemente è di fronte a ad un sistema valoriale tragicamen-te umano, e per tanto volubile che è quello delle nostre società contemporanee. E che ci porta ad essere intransigenti e fermi nelle nostre convinzioni più re-condite... Come San Telemaco.

“Nel nome di Gesù Cristo, fermatevi”!

17

sussulto e con un latino incerto urlò dagli spalti ai gladiatori di interrompere il duello. Del tutto inascoltato, decise allora di av-vicinarsi ai lottatori, facendosi spazio tra gli spettatori ululanti: giunse in prossimità dell’arena, secondo la tradizione, nel mo-mento in cui uno dei gladiato-ri cadde e si espose al colpo di grazia dell’avversario. Ma un momento prima che l’Imperato-re Onorio potesse decretare la morte o la vita dello sconfitto, Telemaco irruppe nella scena, ponendosi esattamente in mezzo ai due contendenti al grido: «Nel nome di Gesù Cristo, fermatevi!»

Vi fu un momento di silenzio to-tale e perplessità, da parte della coorte imperiale come delle mi-gliaia di romani che assistevano al truculento spettacolo. «Nel nome di Gesù Cristo fermatevi, cessate questo orrendo sacrifi-cio!» – pare che urlò, con ancora più vigore, San Telemaco. La fol-la allora, profondamente indi-spettita dalla violenza negata, se la diede da sé, linciando sino alla morte il monaco venuto dall’O-riente che con fanciullesca in-genuità aveva tentato di fermare una consuetudine che andava avanti da sempre. Era infatti una convenzione sociale radicata da tempi immemorabili. Leggenda vuole che solo un uomo rimase davvero toccato da quel folle ge-sto: l’Imperatore Onorio, il qua-le di lì in poi avrebbe proibito i giochi gladiatori. La memoria li-turgica di San Telemaco è quindi è celebrata tradizionalmente il

1° gennaio, poiché il 1° genna-io 404 d.C. è la data dell’ultimo scontro di gladiatori di cui vi sia prova attestata nel Colosseo di Roma.

Perché ripescare questa agiogra-fia dai tratti mitici, direte voi. Vi starete legittimamente chieden-do cosa c’entri la vicenda di que-sto martire con le unioni civili. Perché San Telemaco era, nel suo cristiano eroismo, dramma-ticamente fuori tempo massimo. Oggi chiameremmo il gesto di San Telemaco moderno. Ma mo-derno significa assurdo per l’e-poca e, calandoci nel contesto, effettivamente lo era. Per me in-vece era semplicemente nel vero, nel giusto: perché la giustizia e la verità esistono sempre al di là del fatto che la maggioranza degli agenti assiologici (ovvero gli enti razionali che si pongono il problema morale) sia ad esse vicino o no. Ovvero, la Verità esiste anche in assenza totale di persone che la indichino. Ebbe-ne, talvolta si sente parlare di diritti, di valori in evoluzione a cui il corpo ecclesiale dovrebbe adeguarsi per non costruire un muro di incomunicabilità con il mondo circostante. Questo, per-lomeno, è uno dei motivi comuni di certa pastorale in voga nei no-stri tempi.

Ma vedete, il problema sostan-ziale è che i valori non negozia-bili – su cui insistono tutti quelli che come me si dicono “tradizio-nalisti” – non mutano, ma riman-gono monolitici, fissi nel tempo.

16 Nipoti di Maritain16 Nipoti di Maritain 17

Page 10: Nipoti di Maritain 01/2016

possibile comandarla ed impor-la. La bellezza risplende, si pro-pone, ma poi sta alla ineludibile libertà dell’altro riconoscerla ed accoglierla. E di fronte al rifiu-to la bellezza non oppone resi-stenza, mai. Non è interessata a vincere le battaglie in cui vor-rebbero trascinarla, perché non c’è battaglia che non abbia già vinto per il solo fatto di esistere. Non c’è vittoria che possa farla brillare più di quanto già non risplenda. Anzi, rischierebbe di essere vero il contrario. Perché la bellezza non si riconosce solo da ciò che è, ma anche da come si pone, da come si presenta.

Per noi cristiani Gesù Cristo è il maestro della bellezza. Lui che attraversava i villaggi della Ga-lilea predicando e operando bel-lezza, ma che di fronte a chi non l’ha riconosciuta non ha oppo-sto resistenza; perché opporsi, resistere, l’avrebbe macchiata, distorta, banalizzata. Quasi che Dio fosse un bambino capriccio-so che se non si fa come dice lui scatena il finimondo. Si è inve-ce consegnato senza lottare. Si è lasciato accusare senza pro-ferire parola. Ha lasciato che lo ammazzassero nella maniera più brutale. Ed è stato allora che quella bellezza si è manifestata nella sua pienezza, nella sua for-za più dirompente. E ancora vive risorta.

Una ragazza che conosco, del tutto distante dai nostri am-bienti ecclesiali e cattolici, fe-steggiando l’approvazione della

Cirinnà ha scritto su Facebook: “Anche l’Italia ha la sua legge sulle unioni civili! Ora il matri-monio ha davvero un senso”. E se questa legge invece di essere la “morte del matrimonio cri-stiano”, come ho letto in qual-che commento, fosse l’occasione perché questo possa risplende-re più fulgidamente? Libero da scontri ideologici e scacchiere politiche? L’occasione perché, come Chiesa, possiamo liberarci della preoccupazione di difen-dere qualcosa e concentrarci sul vivere davvero in autentica pie-nezza la bellezza che ci è stata donata?

Sogno una Chiesa così: senza mura di difesa, splendente di bellezza.

Pubblicato il 16 maggio 2016 sul blog

collettivo vinonuovo.it

“la bellezza risplende, si propone, ma poi sta alla ineludibile libertà dell’al-tro ricono-scerla ed accoglierla”

19

Piaccia o non piaccia la legge c’è. E adesso? Passata la prima ondata di commenti all’appro-vazione del ddl sulle unioni ci-vili, provo a mettere per iscritto anch’io qualche pensiero, nella speranza (so già in partenza fra-gile) di uscire dalla contrapposi-zione che ha segnato tutto il di-battito per rimettere al centro la questione vera che per noi come Chiesa è in gioco.

Non riesco a riconoscermi nelle dure reazioni che i telegiornali riportano genericamente come “dei cattolici” all’approvazio-ne del disegno di legge Cirinnà. Non perché non comprenda il dramma sincero di chi, da cre-dente, vede nel riconoscimento civile di unioni diverse un mo-tivo di tristezza. Rimango per-

sonalmente dell’idea che una legge sulle unioni civili (mante-nendo ferma l’inammissibilità della pratica dell’utero in affitto) in Italia fosse necessaria, anche per motivazioni non così distanti dal Vangelo. Ma capisco fino in fondo anche lo sconcerto di chi è fermamente convinto, come an-che io lo sono, del valore e della bellezza del matrimonio cristia-no, e nutre il desiderio, genui-no e non ideologico, che questa bellezza possa essere di tutti; affinché l’intero mondo possa goderne; non perché vuole deci-dere lui per gli altri, ma perché desidera una vita piena per tutti e non solo per sé.

Dall’altra parte però serve non dimenticarci che stiamo parlan-do di bellezza! La bellezza non è

Unioni civili: e adesso?di Gabriele Cossovich

18 Nipoti di Maritain18 Nipoti di Maritain18 Nipoti di Maritain 19

Page 11: Nipoti di Maritain 01/2016

21

RifoRMa CostitUzioNale

« la Riforma della Costituzione, che dovrà passare il vaglio del referendum confermativo di

ottobre, quali effetti avrà sulla partecipazione dei cittadini alla vita politica dell’italia? »

Dibattito

20 Nipoti di Maritain

Page 12: Nipoti di Maritain 01/2016

limitato rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio, che evito, infatti, di chiamare “Pre-mier” per ribadire il suo ruolo di primus inter pares. Il Consiglio dei Ministri, infatti, dovrebbe es-sere non solo luogo di decisioni esecutive, ma anche di un ampio ed approfondito confronto sulle sorti del Paese. La svolta mag-gioritaria dei primi anni Novan-ta, l’elezione diretta degli organi monocratici di governo locale, il ricorso alle primarie per la scelta del Segretario nazionale del Partito Democratico hanno, col tempo, mutato la natura del Presidente del Consiglio, che è andato accentuando il suo ruo-lo direttivo, a scapito di quello di coordinamento. Sono dell’o-pinione che ibridare i sistemi istituzionali non sempre sia corretto. Se, quindi, si vuole un rafforzamento del ruolo del Pre-sidente del Consiglio, tanto da trasformarlo in un Primo mini-stro o in un Cancelliere, questo va fatto in modo esplicito e con una certa coerenza giuridico-le-gislativa. Schematizzando posso affermare: un sistema di coeren-te rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio era già in linea con il precedente det-tato costituzionale, sarebbe ba-state poche modifiche per sem-plificare il processo legislativo e rafforzare il ruolo di indirizzo del Presidente del Consiglio. È evidente, però, che la Riforma non ha avuto solo quest’intento. Se è vero che Renzi si è mosso secondo il modello del “Sindaco d’Italia” – il combinato disposto

Riforma Costituzionale-Italicum è chiaro in questo senso – è al-trettanto vero che il sistema dei comuni non è immediatamente riproducibile a livello naziona-le. I comuni non legiferano e, soprattutto, l’attività legislativa non può ridursi ad un sempli-ce confronto tra maggioranza e opposizione. Il venir meno dei partiti “ideologici” impedisce di collocare tutti i temi, soprattutto quelli eticamente sensibili, in un confronto tra opposte parti poli-tiche. Al rafforzamento del ruolo dell’Esecutivo e al superamento del cosiddetto bicameralismo perfetto (o paritario) si affian-cano altri due intenti: assecon-dare un elettorato che è sempre più diffidente nei confronti della classe politica e riportare lo Sta-to al centro dell’azione politico-legislativa. Il primo intento è perseguito attraverso la riduzio-ne drastica del numero dei se-natori, l’eliminazione del CNEL, l’esclusione di una indennità di incarico per i nuovi senatori, l’a-bolizione della figura del sena-tore a vita di nomina presiden-ziale (i nuovi senatori di nomina presidenziale dureranno in cari-ca sette anni). Se l’eliminazione del CNEL non costituisce un pro-blema di sorta e, comunque, non costituisce una svolta epocale, diversa è la scelta che riguarda il Senato. Qui bisogna fare alcu-ne precisazioni: in molti Paesi si è fatta la scelta del monocame-ralismo; in nessuno Stato occi-dentale esiste un bicameralismo perfetto; dove esiste una secon-da Camera, questa è spesso og-

23

In autunno gli elettori italiani saranno chiamati ad esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso nei confronti della Ri-forma costituzionale, cosiddet-ta “Renzi-Boschi” o “Boschi-Napolitano”. Già dalla scelta di come appellare questa Riforma si possono comprendere le po-sizioni in campo. Chi la chiama Renzi-Boschi vuole porre atten-zione sul significato che l’appro-vazione della stessa avrà per le sorti del Governo in carica. Chi la denomina Napolitano-Boschi pone, invece, l’accento sul fatto che la legge costituzionale aveva avuto inizialmente l’avallo della maggioranza delle forze politi-che presenti in Parlamento, an-che grazie all’esplicito sostegno del Presidente emerito, Giorgio Napolitano, che aveva accetta-to la propria rielezione per con-

tribuire, tra l’altro, alle riforme istituzionali. Al di là, però, dei risvolti politici che avrà l’esito referendario è opportuno soffer-marsi su quali effetti questa Ri-forma avrà nel concreto e, nello specifico, su come condizionerà la partecipazione dei cittadini alla vita politica.

Come ho premesso, l’attuale Ri-forma assume ben precise colo-riture politiche, che vanno ben oltre quelle che naturalmente assume un cambiamento della Costituzione. Ritengo, pertanto, opportuno esplicitare fin da su-bito i miei convincimenti in ma-teria politico-istituzionale, così da permettere al lettore, soprat-tutto a quello non avvezzo alle materie giuridiche, di orientarsi al meglio. Sono un parlamenta-rista convinto, favorevole ad un

Cittadini più partecipi, se vorrannodi Raffaele Dobellini

22 Nipoti di Maritain

Page 13: Nipoti di Maritain 01/2016

to della riforma c.d. federalista. Nella Riforma costituzionale Renzi-Boschi-Napolitano assu-merà rilievo il modo concreto in cui verranno utilizzati gli istitu-ti di partecipazione popolare e come i senatori intenderanno il proprio ruolo. Come precisato, infatti, non è previsto l’istituto della revoca dei sentori e agli stessi è riconosciuta l’immuni-tà. È discutibile, comunque, fin dove si possa spingere la loro azione politica, quanto cioè pos-sano giovarsi dell’assenza di un vincolo di mandato, pur rappre-sentando la propria Regione. Del resto, a seguito delle obiezioni della minoranza interna al PD, la norma costituzionale preve-de che – relativamente ai consi-glieri regionali da eleggere come senatori – il Consiglio regionale eleggente dovrà tener conto del-le “indicazioni” dell’elettora-to. Come questo avverrà e come questo si tradurrà in una elezio-ne effettiva ad opera del corpo elettorale non è dato saperlo. Sicuramente non dovrebbe av-venire per i sindaci che saranno eletti senatori. Le principali no-vità in termini di partecipazione popolare, però, sono altre e sono spesso passate sotto silenzio, pur determinando importanti cambiamenti. Del resto, sono le riforme che meno hanno subito le obiezioni dei costituzionalisti, godendo di un sostegno quasi unanime. Il maggiore coinvolgi-mento dei cittadini nel processo decisionale passa attraverso: la previsione di referendum pro-positivi o d’indirizzo; l’abbas-

samento del quorum alla metà dei votanti alle ultime politiche, nel caso in cui il referendum sia stato chiesto da almeno 800.000 elettori; l’aver fissato tempi cer-ti per la calendarizzazione delle leggi d’iniziativa popolare. De-terminanti risulteranno le leggi attuative del dettato costituzio-nale. Il superamento del bicame-ralismo paritario e la sottrazione alla scelta dell’elettorato di una parte dei senatori è ampiamente compensata dall’introduzione di queste forme di partecipazio-ne diretta. Su questo versante, quindi, difficilmente la Riforma può essere oggetto di critiche de-cisive.

“è bene soffermarsi solo sugli effettivi cambiamenti prodotti, indipendentemente dalle conseguenze politiche che agli stessi si vuole attribuire”

25

getto di critiche; il ruolo della seconda Camera assume un ruo-lo rilevante nei sistemi federali – es. USA o Germania – dove serve a rappresentare le esigenze del-le realtà regionali/statuali che compongono la Federazione. Il progetto originario della Ri-forma aveva una sua coerenza: guardava al modello tedesco e, pertanto, prevedeva l’elezione di tutti i senatori ad opera dei Consigli regionali e ne prevede-va la caducazione alla cessazio-ne dell’incarico di primo livello (sindaco o consigliere regionale) o al termine della legislatura del consiglio regionale eleggente. Sostanzialmente i senatori erano immaginati come delegati delle Regioni a rappresentare gli inte-ressi della comunità regionale. L’assenza di un diretto mandato popolare giustificava: l’elimina-zione dell’indennità; l’elimina-zione dell’immunità parlamen-tare; il ridotto potere legislativo. Il sistema mancava, però, di uno strumento fondamentale: la pos-sibilità per l’ente delegante di revocare l’incarico al senatore, qualora questi avesse votato in modo difforme agli orientamen-ti della Regione sulle questioni strettamente legislative. Alme-no si sarebbe dovuto prevedere che i senatori avrebbero potuto esprimere solo un voto percen-tualizzato o unitario. Se, infat-ti, il Senato è immaginato come Camera delle Regioni, quello che viene in rilievo è l’ente; quindi nella stragrande maggioranza dei casi i voti si sarebbero dovuti esprimere non in modo indivi-

duale, ma unitario. Cioè ad ogni Regione sarebbe spettato un solo voto e per esprime questo i senatori di ogni singola Regione si sarebbero dovuti accordare o avrebbero espresso un voto pari solo ad un percentuale del voto della Regione.

Nonostante alcuni limiti (anche seri) che presenta la Riforma co-stituzionale ritengo che la stes-sa abbia un indubbio vantaggio: aumenta le occasioni di parte-cipazione democratica. Questa Riforma, pur non incidendo sul-la prima parte della Costituzio-ne – e, quindi, sui principi che reggono il nostro sistema repub-blicano – va ad incidere sul pro-cedimento legislativo e sull’e-quilibrio tra alcuni poteri dello Stato. Soffermarsi sulle convin-zioni politiche e filosofiche alla base di questa Riforma sarebbe troppo complesso. È bene, quin-di, soffermarsi solo sugli effettivi cambiamenti prodotti, indipen-dentemente dalle conseguenze politiche che agli stessi si vuole attribuire. È noto, infatti, che al di là del dato normativo ciò che assume rilievo è anche il modo in cui la dottrina, la giurispru-denza, soprattutto costituziona-le, e la politica comunemente interpretano la Costituzione. La Riforma del Titolo V avvenu-ta nel 2001 è stata, ad esempio, oggetto di numerosi interventi della Corte Costituzionale, che è intervenuta a delimitare e ride-finire il riparato di competenze legislative tra Stato e Regioni, depotenziando di fatto il porta-

24 Nipoti di Maritain

Page 14: Nipoti di Maritain 01/2016

«Oltre il Senato c’è di più». Ver-rebbe da introdurre così la ri-forma della Costituzione su cui saremo chiamati a votare in au-tunno. Si è parlato molto (e in parte a sproposito, semplifican-do troppo e male da una parte e dall’altra) delle trasformazioni che subirebbe la seconda Came-ra, ma ci si è soffermati meno su altri contenuti, non meno impor-tanti rispetto alla struttura e alla formazione del secondo ramo del Parlamento.

Se di spazi di partecipazione po-polare si deve ragionare, è giusto farlo ad ampio spettro. A tutt’og-gi, i cittadini possono partecipa-re alla vita politica in più modi: indirettamente, votando i loro rappresentanti al Parlamento; in maniera diretta, soprattutto pre-

sentando in forma collettiva pro-poste di legge (per proporre alle Camere temi su cui legiferare) o richieste di referendum (per eli-minare dall’ordinamento norme non gradite). Questi ultimi due strumenti, col tempo, hanno mo-strato alcuni limiti: le proposte di legge popolari si impantana-vano puntualmente nelle secche parlamentari, mentre la disaffe-zione dei cittadini verso lo stru-mento referendario (forse anche per un suo abuso) ha impedito spesso di raggiungere il quorum per la sua validità e, a volte, non si è neanche arrivati a raccoglie-re le firme necessarie.

La riforma costituzionale inter-viene su entrambi i punti. Sul piano dell’iniziativa legislativa popolare, a fronte di un innal-

Referendum e leggi popolari: più spazi, troppe incognite

“sarebbe sta-to opportuno dare più re-gole già nel testo costitu-zionale”

di Gabriele Maestri

26 Nipoti di Maritain

zamento sensibile del numero di firme necessarie (da 50mila a 150mila), il nuovo testo dell’art. 71 prescriverebbe che la discus-sione e la deliberazione conclu-siva su quelle proposte di legge «siano garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai re-golamenti parlamentari».

L’asticella in effetti si alza, an-che se superarla non è proibiti-vo (gli elettori, in settant’anni, sono quasi raddoppiati e oggi è più facile firmare e far auten-ticare le firme); in compenso, si dovrebbero avere tempi certi perché nelle aule parlamentari si discuta davvero delle istanze che un numero consistente di cittadini ha tradotto in propo-sta di legge. In teoria sarebbe un passo avanti, rispetto alla poca considerazione di cui hanno go-duto i testi di iniziativa popola-re. Resta personalmente un po’ di rammarico: sarebbe stato op-portuno dare più regole già nel testo costituzionale, invece che delegare la disciplina di tempi, forme e limiti della discussio-ne ai regolamenti parlamentari, cioè alle stesse Camere che fino-ra non hanno tenuto conto delle istanze popolari. Troppa sfidu-cia da parte mia o troppa fiducia in sé del Parlamento?

Se il tema delle proposte di leg-ge è stato poco “gettonato” nel dibattito pubblico, si è parlato di più delle innovazioni della riforma in tema di referendum. Queste riguardano innanzitutto il referendum abrogativo, che

diventerebbe «a geometria va-riabile» (come dice il professor Pasquale Costanzo) in caso di entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 75. Accanto all’attuale ipotesi “normale” (raccolta di 500mila firme e necessità di su-perare il quorum della metà più uno degli aventi diritto al voto), si creerebbe un secondo percor-so “rinforzato”, qualora i pro-motori raccogliessero almeno 800mila firme: per la validità di quella consultazione, bastereb-be raggiungere la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera.

Tornando all’esempio dell’asti-cella, il nuovo testo costituzio-nale farebbe decidere ai cittadini – specie ai promotori – il livello di difficoltà: potrebbero mettere l’impegno consueto nella raccol-ta firme, sperando che poi voti al-meno un elettore su due, o impe-gnarsi di più sulle sottoscrizioni, abbassando l’asticella all’atto di rivolgersi al corpo elettorale. Si è parlato di “controriforma” del referendum, che non rimuove il quorum e aumenta le firme, ma non condivido: si è aggiunta una nuova strada, che chiede sì più firme (ma 800mila sono l’1,70% dei 46,9 milioni di elettori del 2013; 500mila sottoscrizioni, nel 1948, erano l’1,72% dei 29 milio-ni di elettori di allora), ma rende più difficile avere consultazioni invalide (prendendo i dati del 2013, invece che 23,5 milioni di votanti, ne basterebbero 17,6). Un minimo di partecipazione ap-pare comunque necessario, per

2726 Nipoti di Maritain

Page 15: Nipoti di Maritain 01/2016

29

evitare che spariscano dall’ordi-namento norme sgradite a spa-rute minoranze.

Restando sul tema dei referen-dum, se nulla cambia per le consultazioni territoriali e per il referendum confermativo di revisione costituzionale, la ri-forma integra così l’art. 71: «Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazio-ne delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referen-dum popolari propositivi e d’in-dirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Con legge ap-provata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di at-tuazione».

Si tratta di qualcosa che nella Costituzione non c’è mai stato e che è stato chiesto da più parti (dai cittadini come dagli studio-si): nuove occasioni di parteci-pazione, non solo degli elettori ma di tutti i cittadini, come sin-goli e membri di «formazioni so-ciali» (questa parte, però, è tutta da precisare meglio in futuro). Quanto alle nuove forme di re-ferendum, potrebbe aprirsi una stagione di consultazioni propo-sitive (per suggerire temi di cui Parlamento e Governo dovrebbe-ro occuparsi, senza sovrapporsi allo strumento dell’iniziativa le-gislativa popolare) e d’indirizzo (per permettere a chi è al potere di verificare, all’interno del cor-po elettorale, il consenso su po-sizioni e progetti specifici). A oc-

chio, peraltro, questi strumenti avrebbero un valore solo con-sultivo (e non immediatamente produttivo di norme): non sareb-bero comunque disponibili pri-ma di un doppio intervento del Parlamento, prima con una leg-ge costituzionale che definisca meglio questi istituti, poi con una legge ordinaria bicamerale, che attui nel dettaglio le regole ancora da stabilire.

Si è dunque tentati di dire che, in questa lettura della parteci-pazione popolare, chi ha voluto la riforma ha proposto un passo adelante, pero con mucho juicio, lasciando decidere al Parlamen-to che verrà: a volte non c’era altra scelta, a volte si sarebbe potuto fare di più. C’è, infine, la grande incognita sulla for-mazione del Senato: non sareb-be eletto direttamente, ma si è introdotto il principio per cui i consigli regionali e di province autonome dovrebbero elegge-re i senatori «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occa-sione del rinnovo dei medesimi organi». Ci sarebbe dunque spa-zio per far contare, in qualche modo, anche l’espressione degli elettori; toccherà però sempre a una legge ordinaria (bicamerale) stabilire le modalità di elezione dei senatori. Anche qui, dunque, il giudizio dev’essere necessa-riamente sospeso.

“a volte non c’era altra scelta, a vol-te si sarebbe potuto fare di più”

28 Nipoti di Maritain

aMoRis laetitia

« amoris laetitia: maturazione di una coscienza illuminata o presa d’atto del soggettivismo morale? »

Dibattito

Page 16: Nipoti di Maritain 01/2016

Basta semplicemente sfogliare l’Antico Testamento per capire come in antichità era contempla-ta la stessa poligamia; si vedano le pagine dedicate a Giobbe.

Come dunque porci per poter davvero comprendere in pro-spettiva storica l’importanza – e l’eventuale innovazione – dell’e-sortazione apostolica Amoris Laetitia scritta da Papa France-sco? Per rispondere a questa do-manda e cogliere l’importanza dei punti sollevati dal testo in questione bisognerebbe partire dall’ipertesto, formato dalle sfi-de e dalle crisi che corrodono la nostra contemporaneità, e poi ri-leggere il testo in filigrana. Esso è sviluppato in nove capitoli (325 paragrafi, di cui 7 introduttivi) e si inserisce nella tradizione già tracciata 35 anni fa da Giovanni Paolo II con Familiaris Consor-tio, ma con elementi di innova-zione, anche contenutistici; per esempio c’è con molta meno attenzione al tema dei contrac-cettivi e quello del divorzio vie-ne posto in una luce differente. Quanto all’impostazione forma-le, questa sintesi elaborata dai sinodi indetti sulla famiglia nel 2014 e 2015 sembra dare maggior spazio ai vescovi, quindi mostra un atteggiamento corale e più democratico. Nonostante – ba-sta scorgerne l’introduzione – questa dimensione polifonica di intenti e di sintesi, non segue alcuna vera rivoluzione teologi-ca: «non tutte le discussioni dot-trinali, morali o pastorali devo-no essere risolte con interventi

del magistero» (§ 3), come viene chiaramente specificato.

La tradizione dogmatica, in-somma, viene sostanzialmente conservata; qui si nota un altro elemento tipico del pontificato di Papa Francesco, già eviden-te dalla composizione di quanti l’hanno appoggiato all’indoma-ni dell’elezione: una tendenza a decentralizzare (“de-romanizza-re”) la portata di certi problemi ad una dimensione particolare, a soffermarsi maggiormente sui temi sociali e a lasciare alcune tematiche spinose, come quella della sessualità, aperte a inter-pretazioni che possano integrar-si meglio nelle singole culture particolari. Si lascia insomma più spazio ad interpretazioni at-tente alle tradizioni e alle sfide locali. Infatti, «le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale [...] ha biso-gno di essere inculturato, se vuo-le essere osservato e applicato» (§ 3). L’atteggiamento di fondo dell’Amoris Laetitia quindi è so-stanzialmente cauto, come viene puntualizzato quando si fa rife-rimento alla comunicazione nei mezzi di informazione: bisogna cercare un equilibrio, senza sca-dere negli eccessi di chi vuole «cambiare tutto senza sufficien-te riflessione o fondamento» (§ 2) o, al contrario, di chi cerca di risolvere tutto applicando nor-me astratte, senza considerare i casi specifici e particolari in cui quelle norme andrebbero appli-cate.

31

Se si potesse astrarre dal nostro dizionario quotidiano il termine “famiglia” e leggere l’etimolo-gia in senso genealogico, allora il lettore constaterebbe con me-raviglia che alla nostra defini-zione di famiglia non corrispon-de alcun termine o definizione dell’antichità.

La familia romana, infatti, si ri-feriva letteralmente a tutto ciò che era soggetto all’autorità del pater familias, il quale però non era incluso nella familia, non essendo soggetto alla sua stes-sa autorità. La familia dunque corrispondeva alla proprietà del capofamiglia; essa non era ne-

anche necessariamente intesa in senso monogamico, ma si riferi-va generalmente a gruppi fami-gliari più ampi. Questo significa-to più o meno rimane immutato fino al Medioevo, dove non esi-ste ancora un concetto univoco per definire la discendenza di consanguinei. Anzi, nello stesso periodo troviamo una pluralità di tipologie di famiglia, cioè di nuclei tribali, in base all’estra-zione sociale o alla provenienza. Nella Bibbia, quando si fa riferi-mento alle diverse compilazioni censitarie, si indicano sempre i gruppi tribali: non esisteva un’entità della “famiglia” come oggi noi la possiamo intendere.

l’esperienza concreta: una risposta alla crisi della famiglia

“il lettore do-vrebbe leg-gere i nove capitoli che compongono l’Esortazione Apostolica partendo dall’orizzonte degli stessi problemi nati all’interno della moder-nità”

di Vincenzo Fatigati

30 Nipoti di Maritain

Page 17: Nipoti di Maritain 01/2016

L’esortazione apostolica Amoris Laetitia ha sicuramente destato polemiche, specie da parte tra-dizionalista. Trattandosi di un testo di circa 250 pagine e 400 note, queste critiche si sono dunque concentrate su alcu-ni singoli aspetti, tanto che lo stesso Mons. Fellay (Fraterni-tà Sacerdotale San Pio X; i c.d. “lefebvriani”, NdR) ha ammes-so che «contiene molte cose che sono giuste, che sono belle». In particolare, si parla di cam-biamenti radicali alla dottrina cattolica e di apertura al sogget-tivismo morale. Come sempre, anche da parte progressista (es. “Noi Siamo Chiesa”) c’è stato in-vece un apprezzamento a queste aperture, pur limitato dalla con-statazione che è comunque riba-dita la dottrina cattolica.

Il fatto è che, piaccia o meno, la dottrina non è affatto cambiata, specialmente sui temi di mag-gior importanza: su aborto (§ 83), eutanasia (§ 48), contracce-zione (§ 80), ideologia di genere (§ 56), unioni omosessuali (§ 251) Francesco ripete quello che è l’insegnamento della Chiesa.

Il cambiamento riguarda sem-mai la pastorale, ossia il modo in cui la dottrina morale catto-lica debba essere applicata alle situazioni concrete. In questo, Francesco, da buon gesuita, si riallaccia evidentemente alla casuistica. Insomma, davvero niente di nuovo, se ricordiamo come per secoli, in età moderna, contemporaneamente alla nasci-ta del soggettivismo filosofico, i teologi morali hanno dibattuto

la cautela del gesuita

“il cambia-mento riguarda la pastorale, ossia il modo in cui la dot-trina mora-le cattolica debba essere applicata alle situazio-ni concrete”

di Andrea Virga

33

Allora il lettore dovrebbe legge-re i nove capitoli che compon-gono l’Esortazione Apostolica partendo dall’orizzonte degli stessi problemi nati all’interno della modernità, avendo in men-te quindi la crisi delle strutture sociali – come quella del matri-monio – e di un tessuto sociale che tende verso l’iper-individua-lismo, al fine di ripensare i valo-ri cristiani misurandosi con tali sfide. Non quindi un atteggia-mento dogmatico, cattedratico e razionalista, come in un certo senso lo poteva essere quello di Ratzinger, bensì un tono collo-quiale che tende a soffermarsi sull’esperienza e sulla concre-tezza dei problemi anziché defi-nire una visione idealtipica della famiglia. Così andrebbe letta l’e-sortazione.

Se poi la soluzione al progressivo annichilimento delle istituzioni familiari e religiose sia quella di reimpostare i termini che hanno definito la tradizione culturale cattolica – in modo da preserva-re una visione più ampia, ricca e plurale del cristianesimo – la-sciamo alla Storia rispondere.

“un tono colloquiale che tende a soffermarsi sull’esperien-za e sulla concretezza dei proble-mi anziché definire una visione ide-altipica della famiglia”

32 Nipoti di Maritain

Page 18: Nipoti di Maritain 01/2016

Il giorno in cui hanno pubblicato l’Esortazione Apostolica di papa Francesco ho seguito la presen-tazione del cardinale Schönborn e ho sentito dietro alle sue pa-role, alla sua lettura personale dell’esortazione, un respiro. Sì, un respiro di Chiesa che non sta arroccata dietro a delle leggi, al magistero, ma anzi, parte dal magistero per incontrare le per-sone. Incontra le persone e ne cura le ferite, proprio come papa Francesco dice.

Forse è bene che in due righe mi presenti. Sono un ex sacerdote in attesa di ricevere la dispensa e attualmente insegno religione. Ho trovato interessantissimo il testo del papa. Mi ha aperto di-verse riflessioni a riguardo delle unioni cosiddette “irregolari”, degli omosessuali, dell’amore dei giovani... Credo che la strada giusta da prendere sia quella che ogni giorno ci consegna papa Francesco. Ascoltare i segni dei tempi e non avere paura di cam-biare. L’importante è capire per-

amoris laetitia, respiro per la Chiesadi Omar Vitali

35

riguardo al maggiore o minore peso della coscienza individuale rispetto alla legge morale.

Un caso esemplare è rappresen-tato dalla famigerata nota 351, e qui si sono concentrate le criti-che “da destra”. Al paragrafo che recita: «A causa dei condiziona-menti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situa-zione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpe-vole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio», la nota aggiunge: «In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti […] il con-fessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo del-la misericordia del Signore […] l’Eucaristia non è un premio per i perfetti, ma un generoso rime-dio e un alimento per i deboli».

Ora, chi era in malafede, os-sia pregiudizievole verso Papa Francesco, vi ha voluto leggere lo sdoganamento, sic et simplici-ter, dell’Eucarestia ai divorziati risposati. Eppure, la nota si con-traddistingue per la sua cautela.

In sostanza, dunque, è fuorvian-te parlare sia di “soggettivismo morale”, perché appunto non viene mai negata la realtà og-gettiva della morale cattolica, sia di “coscienza illuminata”. Questo, perché l’esame morale dei singoli casi e situazioni non è mai abbandonato alla scelta individuale, il che rischierebbe effettivamente di sottomettere la dottrina rivelata e la stessa legge

naturale ai placita dei singoli. In-vece, è conservato e sottolineato il ruolo del sacerdote, e in par-ticolare del direttore spirituale e del confessore, come tramite tra Dio e l’uomo, e come interprete della divina misericordia, coe-rentemente alla sua condizione di alter Christus.

Naturalmente, è ben vero che in presenza di cattivi sacerdo-ti questa misericordia può tra-sformarsi in lassismo, però non si può nemmeno invalidare una legge o una prassi per il timore degli abusi. Resta, invece, l’im-portanza di curare con maggiore attenzione le anime dei fedeli, nella corrente situazione di alie-nazione e povertà spirituale che caratterizza il mondo postmo-derno.

“in presen-za di cattivi sacerdoti questa mise-ricordia può trasformarsi in lassismo, però non si può nemme-no invalidare una legge o una prassi per il timore degli abusi”

34 Nipoti di Maritain

Page 19: Nipoti di Maritain 01/2016

gere che di ridere; e tentava inu-tilmente di scongiurare gli uo-mini ad andare, spiegando loro che non si trattava affatto d’una finzione, d’un trucco, bensì d’u-na amara realtà, giacché il circo stava bruciando per davvero. Il suo pianto non faceva altro che intensificare le risate: si trovava che egli recitava la sua parte in maniera stupenda… La comme-dia continuò così, finche il fuoco s’appiccò realmente al villaggio, ed ogni aiuto giunse troppo tar-di: sicché villaggio e circo an-darono entrambi distrutti dalle fiamme».

È un esempio lucidissimo di come anche oggi si possa sentire ogni cristiano che sul lavoro, in famiglia e a scuola tenta di “te-stimoniare” il suo essere cristia-no. Quasi sempre i suoi risultati sono scarsi. Non è questione di vestito di scena o meno, di truc-co o non trucco. Il cristiano può semplicemente testimoniare chi è veramente con la sua vita, con quello che fa e che dice ogni giorno.

“ho provato a pensare quan-do anch’io accompagnavo le coppie al matrimonio o in situazioni difficili. Cosa mi veniva chiesto? Di amare, solo questo: accompagnare e amare senza giudicare. Sen-za mettere davanti le leggi e i decreti e tutto quello che pone muri”

37

ché si cambia e andare avanti con coraggio e fra le mani il Van-gelo. Il Vangelo che innanzitut-to è misericordia. Ecco un’altra parola chiave: misericordia. È il sostegno che ho sentito dalla “madre” Chiesa nel mio periodo di crisi e nel momento difficilis-simo della scelta mia personale. La Chiesa nei momenti terribili – dove non c’era una crisi di fede ma una crisi esistenziale in cor-so – mi è stata vicina, mi è stata di grande conforto.

E con questa Esortazione sento che si sta avvicinando sempre di più alle famiglie e alle cop-pie ferite. Ho provato a pensare quando anch’io accompagnavo le coppie al matrimonio o in si-tuazioni difficili. Cosa mi veniva chiesto? Di amare, solo questo: accompagnare e amare senza giudicare. Senza mettere da-vanti le leggi e i decreti e tutto quello che pone muri. Utilizzare la capacità di un padre o di una madre veri che richiamano i loro figli. In questo respiro che vor-rei trasmettere ci sta il respiro di sollievo di chi non è con l’ac-qua alla gola, ma di chi è aiuta-to, sostenuto, non abbandonato. L’impressione è che i sacerdoti abbiano abbandonato la pratica di accompagnare al matrimonio le giovani coppie e si occupino solo dei documenti. Il prete inve-ce è l’uomo delle relazioni, non l’uomo delle documentazioni.

Ho trovato una piccola sintesi dell’esortazione e l’ho proposta a scuola agli studenti più gran-

di; ho risparmiato loro la lettura completa del testo. Il mio stupo-re c’è stato quando hanno ini-ziato a farmi domande precise sulle situazione dei loro genitori – quelle cosiddette “irregolari” –, sulla sessualità e sulle altre tematiche. Si sono aperte discus-sioni in classe ed è stato molto arricchente per me e per loro, in-nanzitutto per conoscerci e per riflettere alla luce del Vangelo e dei documenti che la Chiesa ci dona.

Mi è capitato di sentire questo racconto in un convegno. È un apologo di Kierkegaard.

«La storiella è interessante. Nar-ra come un circo viaggiante in Danimarca fosse un giorno ca-duto in preda ad un incendio. Ancora mentre da esso si levava-no le fiamme, il direttore mandò il clown già abbigliato per la re-cita a chiamare aiuto nel villag-gio vicino, oltretutto anche per-ché c’era pericolo che il fuoco, propagandosi attraverso i campi da poco mietuti e quindi aridi, s’appiccasse anche al villaggio. Il clown corse affannato al vil-laggio, supplicando i paesani ad accorrere al circo in fiamme, per dare una mano a spegnere l’incendio. Ma essi presero le grida del pagliaccio unicamen-te per un astutissimo trucco del mestiere, tendente ad attrarre la più gran quantità possibile di gente alla rappresentazione; per cui lo applaudivano, riden-do sino alle lacrime. Il povero clown aveva più voglia di pian-

36 Nipoti di Maritain

Page 20: Nipoti di Maritain 01/2016

sua complessità e la presa in ca-rico della grande diversità delle situazioni. È sempre il cammino sinodale che ha permesso di par-lare della responsabilità delle persone sposate, degli operatori pastorali, dei presbiteri e dei ve-scovi.

Il Papa invita all’accompagna-mento, al discernimento dello Spirito e all’integrazione. In qua-lunque circostanza, ogni cristia-no è membro della Chiesa. Egli non è dunque scomunicato, ma vi dimora quale figlio di Dio. La Chiesa ha il dovere di prendersi cura di ciascuno. In una famiglia ogni figlio è veramente un figlio, indipendentemente dalla situa-zione ove si trova. Così, per Dio, ogni essere umano è suo figlio. In un bellissimo capitolo dell’en-ciclica, Papa Francesco sviluppa “l’inno all’amore” di San Paolo (I Co 13). Egli vi sottolinea come «l’amore tutto tollera, tutto cre-de, tutto spera, tutto sopporta». Qui, a partire dalla Sacra Scrittu-ra, il Pontefice disegna un cam-mino di integrazione totale per ciascuno.

Arriviamo così alla difficile que-stione dell’Eucarestia per i di-vorziati che vivono una nuova situazione familiare. In primo luogo, il Papa avverte che l’in-tenzione non è di giudicare o di sviluppare una disputa teologi-ca, ma è quella di riconoscere queste persone e di accompa-gnarle. La Comunione, afferma nella nota 351, «non è un pre-mio destinato ai perfetti, ma un

generoso rimedio e un alimento per i deboli».

Quanto alla questione dell’omo-sessualità, essa non è stata af-frontata in questo documento, dal momento che non era all’or-dine del giorno al Sinodo. Le persone omosessuali devono in ogni caso essere pienamente ri-spettate e riconosciute nella loro situazione, senza tuttavia che la loro unione sia considerata sullo stesso piano del matrimonio tra un uomo e una donna (cfr. 250-251). Il Papa desidera che la per-sona, poco importa il suo orien-tamento sessuale o la situazione in cui si trova, sia considerata a tutti gli effetti membro della comunità. In risposta all’amore di Cristo, la Chiesa è chiamata a comprendere e accompagnare ciascuno in vista di una piena integrazione.

Una parte importante del testo è consacrata alla preparazione dei giovani al matrimonio, la qua-le dovrebbe già fare parte della catechesi. In effetti non è felice che i giovani riducano l’amore al romanticismo. La realtà è tutt’al-tra. È per questo che la Chiesa deve sforzarsi, sul piano locale, di dare un’immagine completa del significato di questo impe-gno importantissimo. Troppo a lungo la Chiesa ha parlato della sessualità e delle relazioni d’a-more in maniera problematica. La tenerezza, l’inno all’amore di San Paolo, la misericordia e il necessario dialogo per gestire i problemi e i conflitti permettono

39

Manifestamente, l’esortazione apostolica di Papa Francesco vuole mettere fine alla percezio-ne di una Chiesa troppo severa allorquando parla di amore e di sessualità. Il linguaggio eccle-siale troppo spesso si è rinchiuso nella propria autoreferenzialità, senza tenere conto a sufficienza del fatto che l’amore è un proces-so, che i giovani sono chiamati a crescere verso il matrimonio, so-prattutto se desiderano aprirsi al sacramento. Dopo la benedizio-ne nuziale, resta ancora un lun-go cammino da percorrere.

Questo è un testo chiaramente pastorale. Non tocca la dottrina, il tono è completamente diverso. «Non si è toccata la dottrina, è

la Chiesa che è cambiata!», così ha potuto affermare il cardinale Danneels alla fine del Sinodo del 2015. Ecco perché il Papa fa ap-pello alle famiglie, ai pastori e ai vescovi affinché mettano in cam-po un accompagnamento pasto-rale di qualità, a livello diocesa-no e parrocchiale, per le giovani coppie che intendono sposarsi, affinché siano sostenute nei loro problemi piccoli e grandi, e an-che nelle loro disillusioni.

Il cammino di questi due anni – i questionari rivolti a tutto il Po-polo di Dio e i due sinodi – non è dunque stato senza importan-za. È tale cammino che ha reso possibile al Papa questa descri-zione del matrimonio in tutta la

Presentazione di amoris laetitia

“la Chiesa ha il dovere di prendersi cura di cia-scuno”

di Mons. Lucas Van Looy, Conferenza Episcopale Belgatraduzione a cura di Marco Sergio Narducci

38 Nipoti di Maritain

Page 21: Nipoti di Maritain 01/2016

Rubriche

41

di aprire il cammino verso una relazione sana e piena tra gli sposi, senza che le situazioni di crisi siano tuttavia evitate.

Il Papa parla egualmente, e in modo molto intimo, della gravi-danza e della nascita del primo figlio. Egli sviluppa il quadro della responsabilità della madre e del padre, ma anche il legame indispensabile con il tessuto so-ciale nel quale si situa la fami-glia.

Quanto è bello vedere in Papa ri-volgersi direttamente alle perso-ne: “Cari genitori…; Cari fidan-zati…; Mamma…; Papà…”. Egli va incontro a tutte le situazioni e prova a raggiungere ogni per-sona. Parla in maniera diretta e molto concreta: «Cari fidanza-ti: abbiate il coraggio di essere diversi, non lasciatevi divora-re dalla società del consumo e dell’apparenza» (n. 212); «Io supplico i genitori separati: non bisogna mai, mai, mai prendere un bambino come ostaggio!» (n. 245).

In conclusione, noi possiamo dire che siamo di fronte a un ap-proccio pastorale. Questa esor-tazione incoraggia la crescita in vista di una integrazione concre-ta nella comunità, grazie all’ac-compagnamento dei laici e dei sacerdoti. Questo testo è aperto a situazioni diverse e circostan-ze attenuanti, vuole considerare il bene nella diversità, chiamar-lo e riconoscerlo. Le parole d’or-dine sono: accompagnare in vi-

sta dell’integrazione, escludere tutte le esclusioni.

Noi non possiamo che ringra-ziare Papa Francesco per que-sto cambiamento di paradigma, che apre le porte all’avvenire. Questo cammino non è tuttavia concluso. Questa esortazione mi pare essere un nuovo inizio per una Chiesa che si fa accogliente con tutti.

+ LUCAS VAN LOOY

Vescovo di Gand“il Papa de-sidera che la persona, poco im-porta il suo orientamento sessuale o la situazione in cui si trova, sia conside-rata a tutti gli effetti membro del-la comunità”

40 Nipoti di Maritain

Page 22: Nipoti di Maritain 01/2016

mi – nuove soluzioni. Si pensi, ad esempio, al cambiamento di comprensione della “condizione oggettiva di peccato”, che de-termina conseguenze pastorali e giuridiche assai rilevanti. Chi non capisce dice due cose oppo-ste: AL non cambia niente, oppu-re, AL nega la indissolubilità del matrimonio. Chi capisce ricono-sce che la continuità nell’annun-cio del “per sempre” dell’amore comporta una discontinuità nel modo di concepire la relazione tra adulterio e seconde nozze. In qualche modo, nel non accettare più la semplicistica identifica-zione tra seconde nozze e adul-terio, AL traduce la dottrina di sempre in una disciplina nuova.

Nel sottotitolo alla Sua pubbli-cazione, Lei parla di un Papa che “traduce il sentire cattolico”. Cosa intende con questa peri-frasi? A cosa si riferisce quando parla di “sentire cattolico”?

La definizione di “sentire cat-tolico” è stata elaborata alcuni anni fa da Mario Perniola, in un libro interessante. Io non la as-sumo in senso tecnico, ma mi pare importante sottolineare che il testo di Papa Francesco non segna soltanto una “svolta” nel modo di leggere la dottrina e la disciplina, ma traduce anche il “sentire” ecclesiale, a riguar-do dell’amore e della famiglia. Inaugura in modo ufficiale un discorso “non risentito” e “non aggressivo” sull’amore. Questo, a mio avviso, dipende da una sana presa di distanza da quella

forma di “idealizzazione aggres-siva” che ha caratterizzato una parte consistente delle posizio-ni cattoliche sul matrimonio a partire dalla fine del 1800. Ciò ha creato e in parte alimentato una reazione contraria, di cui la Chiesa stessa ha dovuto fare le spese molto amaramente. Un cattolicesimo che usa la “natu-ra” non per unire, ma per divi-dere, ha bisogno di ritrovare uno stile davvero “cattolico”, che nell’ultimo secolo aveva spesso smarrito.

Una delle questioni più interes-santi dell’esortazione apostolica è quella dello “sdoganamento” di certa dissidenza che, finora, aveva vissuto con molta clande-stinità all’interno della Chiesa, ma che risulta essere presente su tante tematiche. Come si farà dunque a bilanciare la necessità di “unire dottrina e prassi” con la diversità nelle interpretazioni di alcuni aspetti della dottrina? Non si dovrà qui accompagnare questo obiettivo molto alto di Papa Francesco con programmi di formazione più aggiornati e rinnovati dei vescovi, dei parro-ci, ma anche dei laici che svolgo-no servizi da educatori in tante realtà associative e parrocchiali?

Non credo che questo sarà un problema insormontabile. La questione, semmai, è quella in-versa: ci sono “quadri” della Chiesa cattolica in campo fami-liare che negli ultimi 40 anni sono stati formati con un ap-proccio rigido, massimalistico,

“avremo bi-sogno anche di un lavoro teologico di mediazione, a livello sa-cramentale, spirituale e catechetico”

43

Professor Andrea Grillo, con il titolo del suo ultimo libro Le cose nuove di “Amoris Laetitia” – Come papa Francesco traduce il sentire cattolico (Cittadella, 2016) ci lascia già intendere la Sua opinione, molto positiva, sul testo dell’esortazione. Ma cosa sono in concreto queste “cose nuove”? Sono solo novi-tà nello stile, nel linguaggio e nell’approccio o c’è qualcosa di concreto?

Anzitutto voglio chiarire un punto decisivo: le “cose nuove” sono una formulazione che tra-duce Rerum Novarum, ossia la esperienza che la Chiesa visse

nel 1891, di fronte al testo di Leo-ne XIII che inaugurava una nuo-va fase del magistero ecclesiale, quella che da allora chiamiamo “dottrina sociale”. Era allora un mutamento epocale. Altrettan-to possiamo ora dire per Amoris Laetitia, che rinnova profonda-mente l’approccio e le forme di linguaggio di fronte all’amore e al matrimonio. Dopo Amoris La-etitia le parole amore, matrimo-nio e famiglia “suonano in modo nuovo”. Queste sono vere novità, che determinano fatti concreti, che mutano il modo con cui con-sideriamo una serie di questioni, le quali ottengono perciò nuova definizione e – se sono proble-

intervista

andrea grillo e le cose nuove di amoris laetitia

a cura di Lorenzo Banducci

42 Nipoti di Maritain

Page 23: Nipoti di Maritain 01/2016

tale, spirituale e catechetico. In questo campo la Chiesa ha più da imparare che da insegnare. E può testimoniare il Vangelo anche così, investendo risorse più in ospedali da campo che in tribunali. Anche il lavoro dei giuristi sarà prezioso, purché i canonisti si convincano che la loro dogmatica giuridica non è preordinata, ma subordinata alla dogmatica teologica e pasto-rale. Oggi non è così: in campo matrimoniale abbiamo spesso il prevalere di vecchie impostazio-ni di dogmatica giuridica, che condizionano in modo indebito il pensiero e la prassi pastora-le. I canonisti avranno molto da lavorare in questa “conversione pastorale”, che li chiama ad un inaggirabile responsabilità. Do-vranno superare soprattutto let-ture ingenue e fondamentaliste della scrittura e acquisire una prospettiva genuinamente stori-ca e sacramentale di compren-sione della salvezza. Se manca questo, le idealizzazioni aggres-sive diventano il sostitutivo del-le accurate distinzioni di cui vive il mestiere del giurista.

Vi sono singole questioni o sin-gole tematiche dove si attende-va maggior coraggio da parte di Papa Francesco?

Non credo che le attese rispetto al documento potessero essere diverse, almeno in considera-zione dello svolgimento dei due Sinodi, con tutto ciò che questi eventi ecclesiali avevano lascia-to ragionevolmente pensare.

Direi, invece, che mi attenderei domani un progresso nel “co-ordinamento” degli interventi finora intervenuti in campo ma-trimoniale. Ricordo, infatti, che prima di Amoris Laetitia il Motu Proprio Mitis Iudex aveva pro-fondamente modificato il pro-cesso canonico di dichiarazione della nullità del vincolo. Ora, a me pare che, accanto ad una riforma procedurale e ad una nuova e giusta prospettiva di considerazione pastorale delle famiglie felici e ferite, occorrerà mettere mano al “diritto sostan-ziale”. Una riforma della norma-tiva matrimoniale del Codice di-venterà, di giorno in giorno più urgente. Altrimenti rischieremo di avere una Chiesa che dichiara più facilmente la nullità del vin-colo e che può far percorrere iti-nerari di integrazione alle coppie in seconda unione ma che, for-malmente, continua a pensare il matrimonio secondo una dog-matica giuridica e una disciplina canonica corrispondente ad una “esperienza degli uomini” che non ha più corrispondenza né con la storia né con il Vangelo. Una nuova e sorprendente cor-relazione tra legge civile e legge canonica sarà l’orizzonte verso il quale dovremo muovere con decisione, superando tutte le inevitabili resistenze temporali-stiche o i disfattismi neo-apolo-getici. Uno sguardo “americano” ha reso possibile in soli tre anni quello che da 50 anni stavamo aspettando. E chissà in altri tre anni che cosa potremo ancora vedere! Forse proprio il centesi-

45

intransigente, autoreferenziale insopportabilmente clericale e che ora si sentono perduti. Non si riconoscono in una Chiesa misericordiosa e povera, in una Chiesa della periferia esistenzia-le e non del centro autoritario. Questi quadri erano da decenni sfasati non solo rispetto alla cul-tura, ma rispetto al Vangelo, che traducevano in forme troppo an-guste e pesantemente clericali. È sufficiente pensare al fatto che, da 35 anni, abbiamo potuto pen-sare di risolvere i problemi delle “seconde nozze” con la proposta di convincere marito e moglie a vivere come fratello e sorella. Una tale presunta soluzione at-testa una profonda deformazio-ne nel comprendere il problema, con la intenzione più o meno cosciente di volerlo rimuovere e accantonare. Sembrava essen-ziale “negare la realtà”: di fron-te al contrasto tra “due nozze”, o si negavano le prime con la nullità, o le seconde con la “pro-messa di vita fraterna”. E tutto tornava a posto, come per mira-colo. Si è preferito creare una ir-realtà idealizzata, piuttosto che fare i conti con la realtà imbaraz-zante, ma vera. Ciò che la Chie-sa non aveva ancora compreso è che la sessualità non può essere sottratta ad una relazione, senza alterarla irrimediabilmente. Ma questa differenza dipende dalla evoluzione della cultura tardo-moderna, che legge la sessualità come una dimensione che le ge-nerazioni precedenti non cono-scevano. Se la Chiesa pensa di potersi permettere di concepire

la sessualità come se fosse sem-plicemente una “dotazione na-turale per la generazione” resta fuori dalla esperienza di coloro che la vivono nell’ultimo secolo.

Come verrà recepito questo do-cumento nelle diocesi, nelle parrocchie e nelle associazioni? Non vi è il rischio concreto che si continui a fare come si è sempre fatto un po’ a causa della pigri-zia e un po’ a causa dello scolla-mento che vi è fra un certo tipo di linguaggio alto, come quello di un’esortazione apostolica, ed i problemi concreti, quotidiani e semplici che si affrontano ogni giorno in queste realtà?

Io credo che vi sia una doman-da autentica di rinnovamento e di richiesta di nuove vie per la pastorale familiare. Ma gli stes-si vescovi che nascondevano nei cassetti i questionari pre-sino-dali o che facevano compilare diversi moduli alla stessa perso-na, pregandola di usare penne di colore diverso, non saranno così solleciti a darsi nuovi stili e nuove ottiche di azione. Lo scol-lamento non è tra il linguaggio della Esortazione e i problemi concreti, ma tra la serietà delle questioni in gioco e la evasività delle soluzioni che finora erano state proposte. Si era confusa la grande tradizione con piccoli escamotage di seconda catego-ria, dettati dalla paura e dalla disperazione. Occorre dire che, in tutto questo, avremo bisogno anche di un lavoro teologico di mediazione, a livello sacramen-

44 Nipoti di Maritain

Page 24: Nipoti di Maritain 01/2016

Nel sentire comune la Santa Fa-miglia di Nazareth è ancora per-cepita come il luogo idilliaco ove: «regna l’amore, ineffabile vibra la gioia, domina la pace; nell’ombra assorta gli angeli contemplano ammirati»1 .

Se i Vangeli canonici non ci of-frono molte notizie sulla vita quotidiana di Nazareth, molto di più ci raccontanogli Apocrifi. In questa sede vogliamo interro-gare il vangelo armeno dell’in-fanzia, scoperto dal padre Isaia Daietsi2 . Questo Vangelo, pur essendo filo-nestoriano per la

forte accentuazione dell’umani-tà di Cristo, da una parte presen-ta molte comunanze con Luca e Matteo, dall’altra se ne distanzia attestando tradizioni diverse: la data del Natale, ad esempio, con un calcolo ben congegnato è po-sta al 6 Gennaio e non al 25 Di-cembre3 ; la dimora da fidanzati di Giuseppe e di Maria non è po-sta a Nazareth, ma a Gerusalem-me, e così via… Mi sembra che l’utilità della lettura di questo apocrifo stia nella sua continua tensione tra miracoloso e quoti-diano, tra una ricerca continua di eventi che trascendono il dato

laudate hominem la quotidianità della santa famiglia nel vangelo armeno dell’infanziadi Vincenzo Romano

47

mo anniversario del Codex del 1917 potrebbe essere la occasio-ne storica per intervenire su uno dei punti più delicati della isti-tuzione ecclesiale, che sul piano della normativa familiare risen-te di un clima culturale e di una visione ecclesiale ormai irrime-diabilmente consegnate al pas-sato. La questione che si aprirà, domani, sarà quella di rendere il sistema coerente. Se riconci-lieremo anche sacramentalmen-te i coniugi in seconda unione, dovremo poter adeguare il loro “status giuridico canonico”: al-trimenti rischieremo di avere un nuovo problema. Ossia di essere riusciti ad aver coerenza tra co-munione ecclesiale e comunione sacramentale, ma di non riusci-re a riconciliare identità civile e identità ecclesiale dei soggetti. Questa duplicazione delle identi-tà diventerà presto un problema che non potrà essere affrontato solo con “processi” o con “itine-rari”. Una Chiesa che riscopre il primato del tempo sullo spazio deve riformare un approccio giu-ridico al matrimonio che afferma in modo unilaterale il primato dello spazio sul tempo.

“accanto ad una riforma procedurale e ad una nuo-va e giusta prospettiva di conside-razione pa-storale delle famiglie felici e ferite, oc-correrà met-tere mano al diritto so-stanziale”

46 Nipoti di Maritain

Page 25: Nipoti di Maritain 01/2016

Che la fede cristiana si basi sul riconoscimento di un Dio trino dovrebbe far sobbalzare invece che acquietare nell’indifferenza.

Come se le supposte rigidità dog-matiche si fessurassero.

Come se dentro un blocco mono-litico si scorgessero crepe.

L’algidità dell’idolo, che costitu-isce sempre un rischio prossimo per le strutture religiose, si con-fronta con la vivacità di un Tu a tal punto esuberante da rivelarsi un Voi.

Però c’è qualcosa di ancor più sconcertante.

Tre e non due.

I nostri modelli fanno centro in-torno alla coppia, ma non riesco-no a sopportare concettualmen-te un’ulteriore disarticolazione dei due in più di due.

È come se non fossimo pronti.

Se devono essere più di due, al-lora saranno figli e parenti. Vi è terrore al solo pensiero di novità inaudite al riguardo.

La Trinità è invece dogma straor-dinariamente postmoderno.

Dogma debole, per così dire.

I Tre sono eguali, Uno, ma sono diversi, Tre appunto.

Ciò che vorremmo osar appena sussurrare è che la pericoresi trinitaria – cioè il “riversamen-to” di ognuna delle tre persone divine nell’altra, salva la loro “personale” missione cosiddetta “economica”, cioè “funzionale” alla salvezza dell’uomo, al suo riscatto, alla sua ricollocazione, al suo recupero di dignità –, que-sta “circolazione” di Nomi divini ha natura, identità, caratteristi-che (le parole scontano un’insu-perabile inadeguatezza) proprie di un matrimonio.

Il Padre sposa il Figlio che sposa lo Spirito che sposa il Padre. Un

rodafà

De nuptiis

“il Padre spo-sa il Figlio che sposa lo Spirito che sposa il Pa-dre. Un ma-trimonio a tre”

di Stefano Sodaro

4949

storico e un costante rimando alla quotidianità che viene as-sunta in tutti i suoi lati, negativi e positivi, esaltanti ed umilianti.

La Santa Famiglia vive questa tensione tra doxa e sarx, tra la carne e il divino. Tralasciando gli episodi fiabeschi per cui Ma-ria e Giuseppe vengono arrestati a causa dei prodigi operati dal piccolo Gesù, o dei templi pa-gani che crollano quando Gesù vi passa vicino – episodi questi che tendono ad accentuare il carattere miracoloso –, anche la storia relativa è fortemente valorizzata: senza paura di ir-riverenza si narrano i travagli vissuti da Maria e Giuseppe nel dover continuamente cambia-re residenza, delle traversie di Giuseppe riguardo al suo lavo-ro, dei tormenti della Madonna circa questo Figlio che, anche se adulto, non sa ancora cosa fare .4 Si racconta, cioè, di come Ma-ria e Giuseppe abbiano dovuto continuamente imparare a fare i genitori, si narra della loro con-tinua conversione, di come vi-vendo con Gesù abbiano dovuto man mano imparare ad allargare continuamente il loro cuore ac-cettando ed amando tutti gli al-tri. Scopriamo così un divino che non ha paura di comprometter-si con l’umano, di una Famiglia che non ha le soluzioni a tutti i problemi che le capitano, ma che li sa assumere, anche soffrendo. Una Famiglia dunque, che più da contemplare è da sentire vici-na e che ci mostra come si ama e si educa.

NOTE:

1 Liturgia Ambrosiana delle Ore, Inno

alle Lodi della IV Domenica di Genna-

io, festa della Santa Famiglia. NOTE:

2 Due manoscritti sono conservati nel-

la biblioteca dei monaci mechitaristi

dell’isola di san Lazzaro in Venezia.

Una copia datata 1824 è stata eseguita

dal p. Esaiean sulla base di un codice

che era conservato nel patriarcato ar-

meno di Adrianopoli, ma che un chie-

rico molto zelante ha bruciato, ritenen-

dolo eretico.

3 Per la questione della data del Natale

rimando a J. RATZINGER, Introduzione

allo spirito della liturgia, San Paolo, Ci-

nisello Balsamo (MI) 2001, pp. 103-106,

e all’articolo di V. MESSORI sul Corrie-

re della Sera del 9 luglio 2003.

4 Nel capitolo XXV, ad esempio, abbia-

mo un episodio di questo tipo: Maria,

sfogandosi con Gesù, dice «Ecco di che

cosa sono in pena: noi abbiamo avu-

to cura di farti apprendere durante la

tua infanzia, tutti i mestieri, e tu non

ne hai fatto alcun profitto e non ti sei

applicato a nulla. E adesso che sei di-

ventato grande, che cosa intendi fare e

come pensi di vivere su questa terra?»

Gesù le risponde: «Hai detto cose asso-

lutamente insensate. […] Tu sei ancora

incredula, dopo tanto tempo che sono

stato con te!», I Vangeli Apocrifi, a cura

di M. CRAVERI, Einaudi, Torino 2005,

pp. 203-204.

“un divino che non ha paura di compromet-tersi con l’umano”

48 Nipoti di Maritain

Page 26: Nipoti di Maritain 01/2016

realtà che non corrispondono all’ordine di natura, oppure re-altà che nascondono altri inte-ressi ed altri scopi.

Sembra quasi esservi un singo-lare assioma: se c’è matrimonio, c’è motivo di sospetto.

Il matrimonio rischia di diventa-re un fossile sacro, che ci si pas-sa di mano in mano compiaciuti che l’immagine rimanga visibile nonostante i millenni, ma da cui non può scaturire nuova vita.

Sarebbe più comodo che ci fosse soltanto un Padre – Dio – ed un Figlio – il Dio che si fa uomo –.

Ma dover considerare un terzo – concettualmente incomodo –, lo Spirito, crea un enorme disagio intellettuale, spirituale, religio-so.

Che significa?

Niente poco di meno che viene creduta un’inabitazione dell’al-terità in Dio stesso.

In Dio, in quell’immagine di Dio che ci è stata tramandata, addi-tata, insegnata, c’è Altro.

Il Dio che ci è familiare non ba-sta. C’è un altro Dio.

Le cronache registrano, proprio in questi giorni, prese di posizio-ne culturali, prima ancora che politiche, sulla presenza delle persone Rom nei nostri contesti urbani, di cui alcuni auspicano

addirittura l’eliminazione, anzi, lo “sterminio”.

Sembra, ad ascoltare tali prese di posizione, che vi siano alterità incomprensibili ed inaccettabili. Da sterminare appunto. Il male ha il volto dell’altro (come affer-mava Sartre? O Sartre metteva proprio in guardia contro l’in-ferno che gli altri creano rispetto alla nostra stessa alterità?).

Ebbene, per quanto ci riguar-da, è invece proprio la presen-za Rom ad interrogare la tenuta della nostra cultura e, per i cre-denti, della loro stessa coerenza evangelica.

Sì, il Dio di Gesù di Nazaret ha un volto rom.

Si può sposare con questo volto. Maschile o femminile.

Così come ha un volto nuziale eritreo. Come ha un volto italia-no. Come ha volto di monaco e di laico.

Come ha un volto sconosciuto. Di là da scoprire.

E dunque, per ciò stesso, trinita-rio.

Buona domenica.

Pubblicato nel numero 317, del 31 mag-

gio 2015 – Domenica della Trinità – de

“Il giornale di Rodafà. Rivista online di

liturgia del quotidiano”

“il matrimo-nio rischia di diventare un fossile sacro, che ci si pas-sa di mano in mano compiaciuti che l’imma-gine riman-ga visibile nonostante i millenni, ma da cui non può scaturire nuova vita”

51

matrimonio a tre.

La seconda lettura, proclamata nelle chiese cattoliche romane questa domenica, riporta il gri-do, quasi intraducibile, di Paolo nell’epistola ai Romani: Abbà! Padre!

Il testo latino parla di un “cla-mor”: «Clamamus: “Abba, Pa-ter!”»

Si può leggere alle pagine 142 e 143 di Nostro Signore del de-serto, riedito da Rubbettino nel 2013 e di cui è autrice la monaca eremita Adriana Zarri:

«In ogni caso dobbiamo parla-re a Dio con parole che sappia-no di casa, di tavola, di mensa, con discorsi che ci coinvolgano pienamente: noi, le nostre cose, e lui con noi. Parlargli come al signore, al fratello, all’amico, all’amante, con un linguaggio di volta in volta calmo, pacato, appassionato, disteso, pressan-te, immaginoso, abbandonato, lirico, folle. Soprattutto folle. Se l’immagine privilegiata dell’a-more di Dio è l’amore sponsale, difficilmente esso ha un linguag-gio ragionato; e non certo nei momenti culminanti dell’effu-sione amorosa. In quei momenti c’è il silenzio, il grido, il balbet-tio; parole animate e sconnesse, in disperata lotta col silenzio, nel tentativo di dire l’indicibile; discorsi incrinati, sillabe rotte, appelli spenti in gola e liquefatti in un disteso silenzio. Questo, al suo vertice, è il linguaggio del-

la preghiera: non più domande, non più discorsi, non più paro-le: soltanto la Parola eterna che chiama, in noi, “Abba, Padre”, soltanto il sospirato gemito dello Spirito che invoca, piange, ride, gioca con Dio all’interno di lui; e noi insieme, trascinati e coinvol-ti nel quieto e vertiginoso vortice che sembra un uragano ed è una brezza (1 Re 19, 11-12)».

La notizia dell’approvazione referendaria in Irlanda di un’u-nione matrimoniale tra persone dello stesso sesso ha provocato, nella settimana appena chiusa, la reazione del card. Parolin, Se-gretario di Stato, che ha defini-to tali determinazioni popolari “una sconfitta dell’umanità”.

La predicazione cristiana dell’a-more sembra poter conoscere tutte le colorazioni e declinazio-ni possibili, ma con un obbligo normativo di fermarsi ad un cer-to punto.

Oltre non si può andare. Hic sunt leones.

E questo “leone” sarebbe per appunto il matrimonio, che pre-sidia una specie di recinto sacro inviolabile.

Perché è avvertita come tanto destabilizzante quella che si po-trebbe definire una “matrimo-nializzazione” dei rapporti affet-tivi?

Perché verrebbero così masche-rate, travestite – si sostiene –,

50 Nipoti di Maritain

Page 27: Nipoti di Maritain 01/2016

tengono che siano peggiori pro-prio quest’ultime. Ma il punto è un altro: molti – forse troppi – al solo manifestarsi dell’eresia si stracciano le vesti ed ergono muri per segnare la distanza, per non contaminarsi con la fal-sa doctrina. Ciò facendo, essi si tolgono la possibilità di entrare più profondamente in quello in cui credono. Perdono il bello che l’eresia offre: l’occasione di addentrarsi ulteriormente nel cammino di ricerca della verità di se stessi e del mondo.

Non è a caso che si parla di verità. Ogni eresia, infatti, porta con sé una parte, più o meno grande, di verità. L’essere uma-no può sbagliare, errare, travi-sare, confondere… ma è fatto per la verità. Di conseguenza, per quanto l’uomo possa allon-tanarsi dalla verità, esso non se ne distaccherà mai del tutto. Ogni eresia ha una parte di veri-tà che chiede di essere ascoltata e accolta. Non di rado, inoltre, le parti di vero presenti nell’e-resia non sono state sondate in tutta la loro portata; in molti casi esse sono state poco os-servate e poco meditate. È così che l’eresia si rende appetibile: senza una parte – seppur pic-colissima – di verità, essa non sarebbe considerata da alcuna persona. E invece l’eresia non solo si riveste di tale verità, ma la presenta come nuova in virtù dell’essere stata poco osservata.

Dunque, colui che intende supe-rare l’eresia non può chiudere

le frontiere della propria ragio-ne senza condannare se stesso e ciò in cui dice di credere. La domanda di verità che soggiace ad ogni discorso umano chiede di essere accolta e stimata. Non si tratta, qui, di avere un atteg-giamento falsamente irenistico, ma di comprendere seriamente che ogni apparente ostacolo nasconde un appuntamento con la verità. Antonio Rosmini, grandissima – anche se troppo spesso sottovalutata (quando non ignorata) – figura della modernità, ne era profonda-mente convinto: chi accoglie la sfida dell’eresia e si spinge ad un livello di riflessione maggio-re agisce «come colui, che dalla valle recatosi all’altezza delle vette de’ monti, di colà scorge un orizzonte smisuratamente più vasto del primo» (A. ROSMI-NI, Introduzione alla filosofia, n. 5).

C’è poi un piccolo e ultimo aspetto da considerare. In fon-do, la ragione che si chiude, il grido allo scandalo, lo stracciar-si le vesti, l’erigere muri, non rivelano la profonda sfiducia nel fatto che la storia e le vicen-de di questo mondo siano nelle mani di Dio?

“la domanda di verità che soggiace ad ogni discorso umano chie-de di essere accolta e stimata”

53

«Molte verità riguardanti la fede cattolica vengono messe in di-scussione dagli eretici ma, per difenderle contro di loro, sono esaminate con maggior attenzio-ne, sono interpretate con mag-gior evidenza ed esposte con maggior premura. Così una con-troversia suscitata dall’avversa-rio diviene stimolo all’apprendi-mento».

AGOSTINO D’IPPONA, De Civi-tate Dei, XVI, 2.1. Ancora oggi, le parole di Agosti-no hanno la forza della profezia. Il cristianesimo si è da sempre confrontato con correnti cultu-rali, più o meno forti, diverse dalla propria. In ogni tempo, il pensiero di matrice cristia-na ha dovuto fare i conti con tali correnti e, quando è stato

grande – si pensi, per dir due nomi pesanti, allo stesso Ago-stino e a Tommaso d’Aquino – non ha semplicemente scar-tato o eliminato l’“avversario”, ma lo ha studiato e meditato approfonditamente,con l’inten-zione di distinguere il giusto dall’ingiusto, il vero dal falso, il bene dal male. Lo svilupparsi del confronto ha costretto ad attingere alle profondità delle proprie convinzioni, talora illu-minando aspetti non ancora ben compresi o non eccessivamente considerati, talora ricollocando la centralità di altri elementi. Il confronto rinnova, sempre.

Anche il nuovo millennio porta con sé le nuove eresie. Se qual-cuno le vede solo al di fuori della Chiesa – ma c’è realmente un al di fuori? – altri le vedono anche al suo interno, e alcuni ri-

a ben vedere

il bello dell’eresia

“ogni eresia, infatti, porta con sé una parte, più o meno gran-de, di verità”

di Emanuele Pili

52 Nipoti di Maritain

Page 28: Nipoti di Maritain 01/2016

manifesto che facciamo nostro.

«I periodici del secondo tipo si tengono sul terreno tempora-le stesso, ciò che suppone che hanno preso le loro posizioni concrete e determinate sulle questioni di quest’ordine, e che hanno adottato non solo una fi-losofia politica e sociale, ma una concreta linea politica e sociale ben caratterizzata – non solo in funzione degli interessi religiosi o del bene della Chiesa, ma an-che bensì in funzione del bene temporale e terreno della città e della civiltà.

Per ciò stesso è manifesto che non impegnano la Chiesa – an-che se, come è desiderabile, at-tingano nel modo più esplicito e più ardito la loro ispirazione nella saggezza cristiana – e che non derivano da altra iniziativa che quella delle persone parti-colari o dei gruppi che li hanno fondati.

E senza dubbio, nella misura in cui la loro ispirazione è vera-mente e integralmente cristiana, portano testimonianza del Van-gelo e servono in modo efficace alla penetrazione del cristiane-simo nel mondo e nella vita. Ma il fine proprio e diretto cui mira-no non è l’apostolato, è un’ope-ra temporale da compiere, una verità temporale da servire, un bene terreno da assicurare.

E le osservazioni proposte prima ci fanno capire che le posizioni temporali così difese sono nor-

malmente diverse, persino con-trarie. Che cattolici formino sul piano temporale gruppi diversi, e anche opposti gli uni agli altri, ciò è normale; tutto ciò che qui si domanda è che conservino in questa diversità e in queste op-posizioni le regole di verità, di lealtà, di giustizia e di carità alle quali sono tenuti a conformare le loro azioni, non solo di fronte a coloro che condividono la loro fede, ma di fronte a ogni uomo»1.

Vorrei sottolineare tre punti:

1) il portare, almeno indiretta-mente, testimonianza del Van-gelo;

2) il fine proprio: l’opera tempo-rale, la verità temporale e il bene terreno;

3) la necessità di verità, lealtà, giustizia e carità.

Spero possano essere i tre fari che guideranno questa nostra piccola impresa.

NOTE:

1 J. MARITAIN, Umanesimo integrale,

Borla, Roma 1977, p. 319

“i cattolici conservino in questa di-versità e in queste op-posizioni le regole di ve-rità, di lealtà, di giustizia e di carità”

55

Il nome di Jacques Maritain (1882-1973), filosofo francese interpellato dal Beato Paolo VI durante il Concilio Vaticano II, è molto probabilmente noto al let-tore. Ci limitiamo quindi, prima di riportarne un piccolo ma inte-ressante testo sulla stampa cat-tolica, a ricordarne brevemente alcuni momenti della vita, a par-tire dalla sua conversione. Mari-tain infatti, insieme alla moglie Raïssa, affrontò una duplice conversione filosofico-religiosa, che fa venire in mente, per in-tensità, quella di un Sant’Agosti-no. I giovani sposi si liberarono, frequentando le lezioni di Henri Bergson, da quello scetticismo che li aveva portati alla dispera-zione e, anche grazie all’incon-tro con lo scrittore Léon Bloy, trovarono un approdo sicuro in Cristo. Per Jacques vennero poi

il momento di affrontare l’ope-ra di San Tommaso, la carriera da professore in Francia e negli Stati Uniti, la stesura di numero-si libri – tra cui Distinguere per unire o i gradi del sapere (1932), Umanesimo integrale (1936) e L’uomo e lo Stato (1951) – e an-cora l’incarico di ambasciatore francese in Vaticano e, dopo la morte della moglie, il ritiro nella comunità dei Piccoli Fratelli di Gesù a Tolosa.

È verso la conclusione di Umane-simo integrale che Maritain si è interrogato su come possa esse-re realizzata la stampa cattolica, distinguendo tra «periodici spe-cificamente cattolici» e «perio-dici specificamente “temporali” e cattolici d’ispirazione». Ripor-tiamo di seguito il brano dedi-cato a quest’ultimi, una sorta di

“un’opera temporale da compiere, una verità temporale da servire, un bene terreno da assicura-re”

di Stefano Gherardi

54 Nipoti di Maritain

umanesimo integrale

Di quale stampa cattolica abbiamo bisogno?

Page 29: Nipoti di Maritain 01/2016

nico è più che mai presente. Ma, accanto a questo, si staglia sem-pre di più la tentazione dell’in-differente luogo comune, altra non risposta alla complessità. Il luogo comune del buonismo che, spesso in comode poltrone lontane dalle difficoltà dell’or-dinario, snocciola dogmi senza alcun riferimento alla realtà. Gli esempi possono essere tanti: “è necessario accogliere tutti”, sen-za riflettere come possa avvenire questa accoglienza, chi la possa effettuare e che futuro dare a chi si accoglie; “occorre risanare il debito pubblico perché l’Italia è un paese sprecone”, senza sape-re che siamo il paese che ha un risparmio privato, una riserva aurea e un sistema tra i più so-stenibili dell’Occidente; “cam-biamo tutto perché se non lo facciamo è l’Apocalisse”, come spesso si sente dire da chi ha la ricetta d’ogni bene in tasca e ri-tiene la sovranità popolare uno scomodo inciampo, a meno che non gli dia ragione. In questo senso, la propaganda che ci sta avvicinando al referendum co-stituzionale non è affatto rincuo-rante.

L’Unione Europea sta facendo grossi passi indietro rispetto alla sfida della complessità. La sua politica sembra avere come unico fine il Moloch di un libe-rismo sfrenato che come ogni eccesso tradisce il suo ideale e che, soprattutto, ha abbandona-to il vocabolario del bene comu-ne, della solidarietà tra i popoli, della cooperazione per la pace,

il benessere e lo sviluppo. Ma soprattutto, sembra che la gran-de ambiguità che sottintende al progetto politico ed economico dell’UE sia relativa ad un princi-pio essenziale della Dottrina so-ciale della Chiesa cattolica (d’o-ra in poi DSC): la sussidiarietà. Essa, come la storia del XX seco-lo ci ha insegnato, è un elemento essenziale per la vita democrati-ca. Come recita la DSC n. 187:

«Il principio di sussidiarietà protegge le persone dagli abusi delle istanze sociali superiori e sollecita queste ultime ad aiuta-re i singoli individui e i corpi in-termedi a sviluppare i loro com-piti. Questo principio si impone perché ogni persona, famiglia e corpo intermedio ha qualcosa di originale da offrire alla comuni-tà».

Per uno sviluppo a misura d’uo-mo, che torni a parlare la lingua del bene comune come benesse-re di chi sta peggio, occorre re-cuperare – e in tempi brevi – il significato della sussidiarietà, vera risposta alla complessità. Sussidiarietà intesa non solo e non tanto come progressivo eso-do dello Stato negli investimen-ti, soprattutto in settori chiave come la sanità, l’istruzione, il lavoro, la previdenza sociale. L’ambiguità di cui accennavo consiste proprio in questo: spes-so l’UE e i vertici degli Stati mem-bri confondono sussidiarietà con disimpegno statale, con ta-gli alla spesa pubblica. A ben ve-dere questo disimpegno limita la

57

È indubitabile che il contesto storico, sociale, culturale ed economico nel quale stiamo vi-vendo sia sotto il segno della complessità. Prendere coscien-za di questa sfida è importante perché come in tutti i momenti di crisi (dal greco krisis, sepa-ro) le tentazioni immediate sono quelle del demandare all’ideo-logia ogni possibile soluzione o, d’altra parte, quella di essere talmente convinti di non poter far nulla da restare indifferenti. Il paradigma della complessi-tà, invece, permette di assume-re uno sguardo prudente e, allo

stesso tempo, convinto della necessità del proprio impegno. La complessità guarisce dalla tentazione dell’Unico, idolo ge-nerato dalla paura, che porta ad una narrazione già vista nel cor-so della storia: si individua (in genere a ragione) un male; si in-dividuano (in genere a torto) un pugno di colpevoli che tramano, a suon di leggi, contro il bene comune; si scelgono degli eletti che devono far fuori i colpevo-li traditori che, a poco a poco, coincidono con tutti quelli che non la pensano come noi. Il ri-schio di questa Ideologia dell’U-

di Davide Penna

56 Nipoti di Maritain

a misura d’uomo

la sussidiarietà e la sfida della complessità

Page 30: Nipoti di Maritain 01/2016

In tempi di revisione ideologica della sinistra, disorientata ormai da oltre un quarto di secolo dalla fine del comunismo e dalla ap-parente vittoria del Capitale sul-la Storia, studiare gli inizi di una tradizione politica non è uno sfor-zo inutile ma fondamentale per capirne gli esiti, a maggior ragio-ne se sempre più leader mondiali della cosiddetta sinistra guardano oggi con simpatia alla Dottrina Sociale della Chiesa e addirittura al papato: oggi carismaticamente Francesco ma, almeno in Italia, c’è stata una breve stagione dei cosiddetti “marxisti ratzingeriani” (Tronti, Vacca, Barcellona), pri-ma che la rottamazione renziana oltre all’establishment del parti-to post-comunista spazzasse via anche il dibattito culturale sulle radici dell’umano, della società, sui limiti della libertà individuale

e collettiva che pure tra il 2012 e il 2013 si era avviato. Dicevamo del-le origini, ed ecco che spunta – tra gli arnesi della propaganda – una sorpresa: nella radice più antica del socialismo e del comunismo fa capolino una versione eretica del Cristianesimo: “Il Vangelo del po-vero peccatore” [ed. orig. 1843] di Wilhelm Weitling. Di questo “Van-gelo apocrifo” del comunismo pre-marxista siamo debitori dell’uni-ca traduzione e introduzione ad Emanuele Pinelli – studi filosofici alla Sapienza di Roma, per lungo tempo scout, e dottorando in Sto-ria delle dottrine politiche a Pisa – che ha dato alle stampe da poche settimane il libro di Weitling per i tipi di Castelvecchi.

Contrariamente a quanto la mag-gior parte di noi pensa, Weitling nella storia del Comunismo tede-

Recensione a cura di Lucandrea Massaro

59

vera sussidiarietà, che non deve solo proteggere i singoli dagli abusi delle istanze superiori, ma deve far sì che queste ultime aiu-tino i singoli e i corpi intermedi a sviluppare i loro compiti. Poli-tiche, vere, per la famiglia, come maggiori diritti per chi è in ma-ternità o paternità; investimen-ti o possibilità di finanziamenti pubblici (evoco questo spirito, con buona pace di chi crede che questo sia il male italiano) per le libere associazioni di cittadi-ni; incentivi per chi intraprende iniziative culturali a favore della comunità: questo potrebbe aiu-tare a sfidare la complessità e a valorizzare il contributo, unico e originale, di ciascuno alla comu-nità.

“spesso l’UE e i vertici degli Stati membri con-fondono sus-sidiarietà con disimpegno statale, con tagli alla spe-sa pubblica”

58 Nipoti di Maritain

recensione il vangelo del (di Wilhelm Weitling, traduzione e introduzione di emanuele Pinelli, Castelvecchi, Roma 2016)

povero peccatore

Page 31: Nipoti di Maritain 01/2016

Gesù parla del suo tempo e del fu-turo, e dice con chiarezza che tutto ciò a cui un uomo rinuncia gli sarà restituito, cento volte più abbon-dante, in questo tempo. Ma solo con un sistema economico dove si lavora in comune, e dove si met-tono i beni in comune, è possibile aumentare il tenore di vita di tutti, a tal punto che ogni uomo si ritro-vi con più libertà, con più godi-menti, con meno preoccupazioni di quante ne avesse quando aveva le sue case, il suo denaro e le sue proprietà» (p. 87).

Anche sul matrimonio Weitling ha una idea precisa che riconduce al tema del comunismo:

«Oggi, se una storia d’amore è di-sonorante agli occhi del mondo, spesso è per colpa dell’idea di pro-prietà. Ma un cristiano, che è libe-ro da questi pregiudizi, dovrebbe infischiarsene del mondo. Se ac-cettasse questi odiosi pregiudizi offenderebbe Gesù, sua madre e i suoi antenati.

Matteo menziona quattro donne quando ripercorre l’albero genea-logico di Gesù: Tamar, che aveva sedotto il padre del suo marito morto, la prostituta Raab, Ruth, che aveva conquistato suo cugino intrufolandosi di notte nella sua camera, e Betsabea, l’adultera, moglie di Uria. Gesù ha spiegato chiaramente cosa pensava sul ma-trimonio.

In Marco 10, 11-12 e Luca 16, 18 dice che ogni divorzio è un adul-terio, e che è un adulterio perfino

lasciare a una divorziata la libertà di risposarsi.

Ma secondo Mt 19, 9 ogni divorzio può essere giustificato dall’adulte-rio, e in Mt 5, 27-28 Gesù arriva a chiamare adulterio qualsiasi desi-derio per un’altra donna.

Ne deduciamo che ogni matrimo-nio consiste in una coppia di adul-teri, e quindi che in ogni matrimo-nio ci sono le basi per il divorzio. Tant’è che i discepoli commenta-no:

Mt 19, 10 “Se è così, non è vantag-gioso sposarsi”.

11 Ma egli rispose “non tutti gli uo-mini possono mettere in pratica questo precetto, ma solo coloro ai quali è stato dato”.

Queste parole dimostrano che Gesù non riteneva che i discepoli fossero in grado di capire il suo in-segnamento sul matrimonio. Pre-ferì non turbare i discepoli, alcuni dei quali erano sposati, piuttosto che suscitare in loro i più rozzi so-spetti» (p. 94).

Una lettura a tratti divertente, in cui alcune tematiche sono di strin-gente attualità circa il rapporto tra società, equità e fede cristiana, ma soprattutto per capire come dav-vero come diceva qualcuno, il Co-munismo è stata l’ultima grande eresia del cristianesimo, e di come – al contempo – il cristianesimo sia la radice più profonda di ogni critica alle disuguaglianze e delle ingiustizie nel mondo.

“Gesù, che viene de-scritto come un tipo vi-gliacco, vendicativo, imbroglione e peccatore appunto, è così imper-fetto proprio per dimostra-re che la via della felicità è raggiungi-bile da chiun-que”

6161

sco precede di oltre un decennio l’avvento di Marx. La sua opera tuttavia si svolse principalmente in Francia dove i tedeschi si spo-stavano per cercare lavoro e dove lui fu esule per diversi anni. La sua attività inizia con le leghe socia-liste, egli viene coinvolto presto dall’ala più radicale del movimen-to di cui diventa il principale ani-matore tramite la nascente Lega dei Giusti: essa sarà attiva dal 1836 fino al 1847 quando il movimento verrà egemonizzato da Marx ed Engels divenendo così Lega dei Comunisti. Marx eredita in prati-ca la struttura costruita da Weit-ling e altri portando Feuerbach e la sinistra hegeliana – colta – a sostituirsi alle ideologie più popo-lari, tra cui quello del comunismo cristiano, che avevano fino a quel momento sostenuto le rivendica-zioni della Lega. Nel “comunismo cristiano” alla denuncia di una realtà corrotta, al passaggio di un messaggio messianico, c’è una palingenesi che cambia il mon-do trasformandolo in un paradi-so in terra. Con Marx questa cosa si esaspera dentro le leggi ferree dell’economia. Se tutte le eresie hanno la tendenza alla desacraliz-zazione, in Marx in un certo senso questo viene esasperato al pun-to tale da espungere la Religione stessa dal discorso rivoluzionario, sostituendosi completamente al discorso di Weitling che utilizza-va parole e concetti trascesi dal cristianesimo per veicolare la pro-paganda social-comunista negli ambienti popolari.

Che cos’è il “Vangelo del pove-

ro peccatore”? È una vita di Gesù scritta e commentata da Weitling in cui l’autore non solo cerca di dimostrare che Gesù fosse un co-munista, ma anche che egli fosse un peccatore: ma perché questa necessità? Perché – ed è qui la ge-nialità del messaggio di Weitling – : «Dio ci ha dato un modo per essere felici: la società comunista» e Gesù, che viene descritto come un tipo vigliacco, vendicativo, im-broglione e peccatore appunto, è così imperfetto proprio per dimo-strare che la via della felicità è rag-giungibile da chiunque, anche da questo “contro-Messia” che non è perfetto né senza peccato, ma ec-cezionalmente umano in tutta la sua fragilità. Con una mentalità da eretico professionista egli critica e rifugge ogni interpretazione uffi-ciale al solo fine di propagandare la futura società comunista:

«Sul serio può l’abolizione del-la proprietà essere invocata più esplicitamente che in questi nu-merosi passi? Non sarebbero pri-vi di senso, se parlassero d’altro? Giudicate da soli:

Lc 14, 33 “Chi di voi non rinuncia a tutto ciò che ha non può essere mio discepolo”.

Lc 18, 29-30 “Non c’è nessuno che non lasci casa, moglie, fratelli o genitori per il Regno di Dio che non riceverà cento volte tanto in questa vita e nel tempo a venire la vita eterna”.

Soffermiamoci su questo passo. È privo di qualunque ambiguità.

60 Nipoti di Maritain

Page 32: Nipoti di Maritain 01/2016

62 Nipoti di Maritain 6362

Lorenzo BanducciNato a Lucca nel 1988, si è laureato in Odontoiatria a Pisa nel 2012 e dal 2013 eser-cita la professione in vari studi della Toscana. È stato fra i rifondatori del gruppo FUCI di Lucca nel 2009 per poi esserne responsabile regionale per la Toscana dal 2010 al 2012. Dal 2011 ad oggi ha incarichi diocesani in Azione Cattolica di Lucca dove attualmente è Vice-Presidente del Settore Giovani. Con Niccolò Bonetti è tra i fondatori del blog Nipoti di [email protected]

niccolò BonettiNato a Lucca nel 1990, dopo la maturità classica ha conseguito la laurea triennale e poi quella magistrale in Filosofia presso l’Università di Pisa, con particolare in-teresse per la storia del pensiero patristico e medievale. È impegnato nell’Azione Cattolica, nel Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale e nella Federazione Uni-versitaria Cattolica Italiana, per la quale è stato consigliere centrale. Con Lorenzo Banducci è tra i fondatori del blog Nipoti di Maritain.

Gabriele CossovichNato a Milano nel 1985, ha studiato Teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale. Responsabile laico d’oratorio in una parrocchia della diocesi di Mi-lano e attivo nell’Azione Cattolica Ambrosiana.

Raffaele DobelliniNato a Napoli nel 1978, si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Avvocato, lavora a Roma presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Uni-versità e della Ricerca. Iscritto all’Azione Cattolica.

Vincenzo FatigatiNato a Napoli nel 1988, dopo la maturità classica si è laureato in Filosofia all’Uni-versità Federico II di Napoli con una tesi sui teoremi di incompletezza. Attualmente è studente del corso di Laurea Magistrale all’Università Statale di Milano, dove si sta specializzando sulle logiche non classiche e in generale sull’aspetto scientifico della filosofia. Interessato da sempre a tutto ciò che ruota intorno al mondo religio-so, ha frequentato, tra i vari ambienti, anche quello della [email protected]

Federico FerrariNato a Brescia nel 1986, dopo la maturità classica ha studiato filosofia all’Universi-tà di Venezia dove è stato anche borsista per tre anni presso la scuola dottorale del medesimo ateneo, scrivendo una tesi sulla tradizione platonica. Attualmente inse-gna nelle scuole superiori. I suoi interessi principali sono la filosofia della religione e l’esegesi neotestamentaria.

Stefano GherardiNato a Genova nel 1986, ha ottenuto la laurea magistrale in Metodologie Filosofiche presso l’Università degli Studi di Genova. Attualmente frequenta l’Istituto Superio-re di Scienze Religiose di [email protected]

Andrea GrilloNato a Savona nel 1961, si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Ge-nova e in seguito, nel medesimo ateneo, anche in Filosofia. Ha compiuto studi te-ologici presso la scuola “Ut unum sint” legata al Seminario di Savona e poi a Pa-

autori

62 Nipoti di Maritain

dova, presso l’Abbazia di S. Giustina di Padova, conseguendo Licenza e Dottorato in teologia presso l’Istituto di Liturgia Pastorale. Dal 1996 al 2000 ha fatto parte della Commissione CEI per il nuovo rito del sacramento del Matrimonio. Dal 2002 al 2006 è stato Vicepresidente dell’Associazione Professori di Liturgia. Attualmente è Professore Ordinario di Teologia Sacramentaria presso la Facoltà Teologica del Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma e docente di teologia presso l’ILP di Padova e l’Istituto Teologico Marchigiano di Ancona. Inoltre ha insegnato, come professo-re invitato, nella Facoltà Teologica di Lugano (CH) e nella Facoltà Teologica della Pontificia Università Gregoriana.

Gabriele Maestri @GabriMaestri Nato a Guastalla (RE) nel 1983, laureato in Giurisprudenza, è dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università “La Sapien-za” di Roma; attualmente è dottorando in Studi di Genere all’Università di Roma Tre. Giornalista pubblicista, si occupa molto di diritto dei partiti e delle elezioni, ha scritto alcuni libri sui simboli politici ed è caporedattore della testata giornali-stica online Termometro [email protected]

Lucandrea Massaro @JarlucNato a Roma nel 1980, dopo la laurea in Storia e la laurea magistrale in Scienze delle Religioni presso l’Università di Roma Tre ha collaborato con la divisione radiofonia della RAI e con alcune testate del mondo del lavoro. Giornalista profes-sionista, attualmente è co-editor e social media manager di Aleteia, network sulla fede cristiana. [email protected]

Marco Sergio narducciNato a Venaria Reale (TO) nel 1991, ha frequentato il seminario minore arcivescovile di Torino. Dopo la maturità classica si è iscritto al corso di laurea triennale in Beni Culturali (curriculum storico-artistico) laureandosi nel 2014 con una tesi su Giovan-ni Spadolini e la fondazione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Attual-mente sta terminando il biennio magistrale in Storia dell’ Arte presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e l’Université Catholique de Louvain-la-Neuve, in Belgio. È attivo come volontario nel Gruppo Abele di Don Ciotti, partecipa a grup-pi di spiritualità ignaziana ed è organista nella Parrocchia del Santissimo Nome di Maria a Torino.

Davide PennaNato a Genova nel 1988, dopo la laurea in Filosofia con una tesi su San Severino Boezio ha conseguito la laurea magistrale in Metodologie Filosofiche presso l’Uni-versità di Genova, approfondendo le tematiche morali nell’opera di Pietro Abelar-do. Nel 2013 ha conseguito il Diploma in Fondamenti e prospettive di una Cultura dell’Unità, con indirizzo Ontologia Trinitaria, presso l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano. Nel 2015 ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento della storia e della filosofia; dallo stesso anno ha iniziato a insegnare nei licei e il percorso di dottorato presso il consorzio FINO (Filosofia del Nord-Ovest) che riunisce le facoltà di filosofia di Genova, Torino, Pavia e Piemonte Orientale. È presidente dell’Asso-ciazione culturale “Arena Petri” e di Amici di Sophia.

Emanuele PiliNato a Genova nel 1988, dopo la laurea in Filosofia ha conseguito la laurea magi-strale in Metodologie Filosofiche presso l’Università di Genova e in Fondamenti e prospettive di una Cultura dell’Unità con indirizzo Ontologia Trinitaria presso l’I-stituto Universitario Sophia di Loppiano. Attualmente svolge il proprio dottorato di ricerca in Filosofia presso il consorzio FINO e collabora con diversi centri di ricerca (Istituto Universitario Sophia, Rosmini Institute, Circolo San Tommaso d’Aquino). È autore di pubblicazioni in ambito [email protected]

Vincenzo Romano Nato a Vico Equense (NA) nel 1987, dopo la maturità classica ha studiato Lettere

Page 33: Nipoti di Maritain 01/2016

64 Nipoti di Maritain

nel prossimo numero: Ambito etico/morale: Un cristiano, nel proprio testamento biologico, che cosa può e/o non può scrivere?

Ambito politico/sociale: Quale tipo di fraternità e dialogo è possibile tra cristiani e musulma-ni? Hai esperienze da raccontarci?

Ambito pastorale/ecclesiale: In che modo il diaconato, anche femminile, potrebbe servire meglio alle necessità odierne della Chiesa?

Accettiamo interventi di risposta di 600 parole circa da farci pervenire all’indirizzo [email protected] entro il 15 settembre 2016

65

Moderne presso l’Università Statale a Milano, laureandosi in Lingua Latina; ora fre-quenta la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. Fortemente legato al carisma carmelitano, presta servizio presso la Parrocchia S. Teresa di Gesù Bambino in Le-gnano (MI). [email protected]

Lorenzo nicola Roselli @LorenzoRoselliXNato a Roma nel 1994, ha conseguito la maturità classica al Liceo San Leone Magno. Attualmente è studente di Filosofia presso la sede milanese dell’Università Cattoli-ca del Sacro Cuore. In passato membro dell’Azione Cattolica, ora è iscritto alla FUCI. Collabora settorialmente con il blog Campari & De Maistre e con il gruppo editoriale Radio Spada, per il quale ha curato la pubblicazione di un’opera dell’autore anti-modernista ottocentesco Antonio Puja. [email protected]

Stefano SodaroNato a Trieste nel 1968, dopo la maturità classica si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Siena. È stato presidente provinciale delle ACLI di Trieste e nella medesima città ha frequentato dal suo inizio la Scuola di Filosofia coordinata da Pier Aldo Rovatti. Già cultore della materia in Diritto Canonico ed Ecclesiastico presso l’Università degli studi di Trieste, è giornalista pubblicista e dirige “Il gior-nale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano”. È socio dell’Associazio-ne Teologica Italiana (ATI), della Consociatio Internationalis Studio Iuris Canonici Promovendo, della Società per il Diritto delle Chiese Orientali, dell’Associazione Italiana Giuristi d’Impresa (AIGI), socio aggregato del Coordinamento Teologhe Ita-liane (CTI) e membro del Gruppo Italiano Docenti di Diritto Canonico (GIDDC).

Lucas Van Looy S.D.B.Nato a Tielen (Belgio) nel 1942, membro della Società Salesiana di San Giovanni Bosco, dal 2004 è vescovo di Gand, nelle Fiandre Orientali. Ha fatto parte del Consi-glio Generale dei Salesiani, divenendo responsabile per le Missioni Salesiane – con particolare attenzione alla Corea del Sud – e per la pastorale giovanile salesiana. Tra i vari incarichi, è stato assistente ecclesiastico presso l’Unione Mondiale degli Insegnanti Cattolici.

Omar VitaliNato a Bergamo nel 1981, ha conseguito il Baccalaureato in Teologia presso il Semi-nario Vescovile “Papa Giovanni XXIII”. In attesa di ricevere la dispensa dagli oneri sacerdotali, attualmente insegna religione presso le scuole primarie e secondarie di primo grado della provincia di [email protected]

Andrea VirgaNato a Casale Monferrato (AL) nel 1987, dopo la maturità classica ha frequentato la Scuola Normale Superiore di Pisa, ottenendo un diploma di primo livello in Di-scipline Filosofiche e poi la Laurea Specialistica in Storia e Civiltà, approfondendo le tematiche della Rivoluzione Conservatrice anche con soggiorni in Francia e in Germania. Attualmente è Dottorando di Ricerca in Political History presso l’IMT - Istituto di Alti Studi di Lucca, con un progetto di ricerca su fascismo e nazionalismo a Cuba, svolto tra L’Avana, Berlino e Madrid.

Piotr Zygulski @piozygNato a Genova nel 1993, dopo la maturità scientifica e la laurea in Economia e Com-mercio conseguita all’Università di Genova, si è iscritto all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano per la laurea magistrale in Fondamenti e prospettive di una Cultura dell’Unità, indirizzo Ontologia Trinitaria. È organista dell’Oratorio di San Lorenzo e della Chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore in Cogoleto (Diocesi Savona-Noli). È autore di pubblicazioni in ambito filosofico. Giornalista pubblici-sta, dal 2014 è redattore della testata giornalistica online Termometro [email protected]

Page 34: Nipoti di Maritain 01/2016

nip

oti

di