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Luigi Compagnoni: “IDEOGRAMMI” con annotazioni di Ulrico S. Montefiore

Luigi Compagnoni - Ideogrammi

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Luigi Compagnoni: “IDEOGRAMMI”

con annotazioni diUlrico S. Montefiore

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Conosco Luigi Compagnoni da alcuni decenni. Ci frequentiamo, siamo amici; pertanto, sono il meno adatto a scrivere della sua arte; del tutto impos-sibilitato a redigerne un'analisi col necessario di-stacco. Tratteggerò alcune annotazioni che princi-palmente riguardano la predilezione che provo per un aspetto del suo lavoro; settore che reputo assai accattivante. I disegni, nel caso presente. Da una ricerca grafica realmente vasta e diversificata, l'artista stesso ha selezionato e proposto le immagini che costituiscono questa serie. Della sua attività creativa viene così documentato un singolo interesse estrapolato dal complesso vistoso cui sopra accennavo; sequenza che si dipana senza diluirsi, gioco ritmato, incalzante ed estatico, quasi fosse l'annuncio di una nuova epifania.

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I disegni di Luigi Compagnoni? Evidentemente non va cercato quello che non c'è. Meglio ravvisarvi un arcipelago sospeso a mezz'aria, senza mappa né punti cardinali, metafora di quell‘Hortus conclusus, luogo della sorpresa incantevole; circoscritto territorio dei poeti che sanno inventarsi un Eden fiorito, dove confluiscono canti liturgici senza tempo, intricate simbologie miste a ritrovate certezze e, soprattutto, la dignità della ricerca ispirata. Ma anche le più tenere allusioni amorose.

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Sono disegni che si pongono quali realizzazioni accurate e responsabili, riflesso autentico di un pensiero che li coordina; compendio di segni meditati, vergati con pressione diseguale, viva e sensibile, infinitamente superiore (perché umana) al grafico della più sofisticata apparecchiatura diagnostica. Le parole, o parte di esse, presenti nelle composizioni grafiche di Compagnoni, sono utilizzate per la loro tipologia di segno/segnale, piuttosto che per il portato significante o di-scorsivo. Forse palesano un segregato desiderio di solitudine, di silenzio operoso. Tali compo-sizioni vanno infatti accolte quali ideogrammi saturi di qualità evocative. Ricordano qualcosa di puro, di rarefatto anche, come l'aria che si respira ad altitudini elevate.

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Alcuni elaborati portano l'iscrizione: ricerca. Suggeriscono una strada in salita che porta, sul culmine, segni che ricordano un Calvario. Un'ascesa guidata, quindi, perentoria; un tracciato la cui nudità contiene la grande luminosità di un cielo specchiato, la limpidezza di un campo innevato, di una sorgente alta.

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Alcuni di questi ideogrammi portano sul retro del foglio una sorta di continuazione; per leggerli compiutamente vanno guardati in trasparenza (come per una diapositiva) unificandone il percorso grafico. Rivela molto il fatto che il supporto cartaceo per queste esperienze assai raffinate, sia del tipo termico. Ciò significa che i disegni su tale superficie sono destinati a svanire, a decomporsi in breve tempo (una scelta estrema, certo un atteg-giamento pudico). Viene naturale porre alcune domande: è Il proposito di svincolarsi da sentimenti possessivi, di rifiutarsi al mercato e altre convenzioni materialistiche? Forse una pronunciata e gelosa riservatezza per le cose più intime? A questo proposito Luigi Compagnoni amplifica il suggestivo cerimo-niale dell’indimenticabile Yves Klein che, nelle acque della Senna, disperdeva l'oro rice-vuto in pagamento per la cessione delle sue idee poetiche.

Disegno su due facciate visto in trasparenza

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Disegno su due facciate visto in trasparenza

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I disegni sono sempre importanti e rivelatori. Nel mondo degli artisti si pongono quale soliloquio struggente, talvolta abrasivo; spesso un cesto colmo di ortiche. Disegnare è obbe-dire a un bisogno profondo, imperioso; forse l'ingiunzione interiore che sfocia nel rapporto interlocutorio che un artista ha con il proprio intimo. Tale relazione, Luigi Compagnoni la mantiene stretta e i disegni ne sono il rendiconto, il diario, il protocollo maggior-mente affidabile.

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Nei disegni di Luigi Compagnoni il simbolo della biforcazione è sempre presente; quasi l'impegno di ricordare che l'esistenza tutta si qualifica nella scelta perpetua fra il bene e il male, fra luce e tenebre. La divergenza quindi, la dicotomia bruciante che designa così chiaramente la nostra libertà di aprirci ai valori della felicità esistenziale, a quanto è giusto e virtuoso, o perseguire inclinazioni anche rovi-nose. Strano trovare intimazioni così serie nell’incantevole gioco di un eterno fanciullo!

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Grazie per l’attenzione