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pediatria ANNO V - NUMERO 2/2011 ISSN 1970-8165 ORGANO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PEDIATRIA PREVENTIVA E SOCIALE POSTE ITALIANE S.P .A -SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, AUT. N° 060019 DEL 15/09/06 - DCB BO Mattioli 1885 2/2011 preventiva & sociale BAMBINI E PEDIATRIA LUNGO I 150 ANNI DALL’UNITÀ D’ITALIA

Mattioli 1885 ANNOeV - NUdMERO 2/2i011aISSNt1970-8r165 …cataniaperte.altervista.org/blog/wp-content/uploads/2011/08/RIPPS-2-2011.pdfSi tratta di dare risposte ai grandi problemi

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pediatriaA N N O V - N U M E R O 2 / 2 0 1 1 I S S N 1 9 7 0 - 8 1 6 5

O R G A N O D E L L A S O C I E T À I TA L I A N A D I P E D I AT R I A P R E V E N T I VA E S O C I A L E

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Mattioli 1885

2/2011

preventiva&sociale

BAMBINI E PEDIATRIA LUNGOI 150 ANNI DALL’UNITÀ D’ITALIA

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“...Ci auguriamo che la ricerca scientificae più in generale la cultura pediatricanel nostro Paese facciano sempre di più e meglioper gli effetti sulla salute in età evolutiva,anche attraverso gli straordinari ausili prodottidalla rivoluzione in atto nel campo della comunicazione.Si tratta di dare risposte ai grandi problemi emergentinelle società contemporanee avanzate:i disturbi mentali e comportamentali;le problematiche adolescenzialicon i connessi fattori di rischio a cominciare da incidenti;droghe, devianze;la protezione dello sviluppo in età evolutivanel quadro dei rischi tipici delle società modernea partire da quelli connessi alla televisione e a Internet;le nuove epidemie, dall‘obesità alle infezioni emergenti;il ruolo dei fattori ambientali sulla salute infantile;la qualità di vita dei malati cronici in età evolutiva.Tutto questo richiede cambiamenti importanti per la pediatria,non certo facili anche perché condizionatidalla volontà di ascolto di altri soggetti e poterinel sistema italiano sanitario e della ricerca.Occorre grande impegno unitario,lavorando sul rapporto tra pediatria generale e pediatrie specialistiche;su criteri e modi per realizzare azioni concertate e reti;sul collegamento tra produzione di nuova conoscenzaattraverso la ricerca scientificae trasferimento dei risultati alla pratica pediatrica...”

Armido Rubino

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01-LETTERA MINISTERO:-Colella 20-07-2011 14:35 Pagina 1

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2 pediatria preventiva & sociale

• Giovedì 15 Settembre 2011 •

17.00 Cerimonia InauguralePresentazione del Congresso e Saluto dei Rappresen-tanti delle Istituzioni

17.30 Letture MagistraliPresidente: Armido RubinoBambini e Pediatria lungo i 150 anni dall’Unità d’ItaliaRoberto Giuseppe Burgio

La Pediatria Italiana nei Paesi del III mondo: un’espe-rienza di 25 anni in NicaraguaGiuseppe Masera

La domanda di salute e le priorità della ricerca biome-dicaAlberto Zangrillo

AIUTAMI A CRESCERE......in un ambiente sanoMaria Gramegna

...nel terzo millennioTito Boeri

Conducono: Italo Farnetani, Fabio Fazio

20.00 Cocktail di Benvenuto

• Venerdì 16 Settembre 2011 •

08.30 Comunicazioni oraliPresidente: Luca BernardoModeratori: Giuseppe Caramia, Luigi Greco, Gualtiero Leo

09.30 Voglio essere vaccinatoPresidente: Pier Angelo TovoModeratori: Gianni Bona, Antonio Palma

Ormai sono grande, devo vaccinarmi ancora?Gian Vincenzo Zuccotti

Perché non mi hai vaccinato?Marta Ciofi degli Atti

La vaccinazione MPRVSusanna Esposito

L’esperienza con il nuovo vaccino pneumococcico 13-va-lenteNicola Principi

La prevenzione del meningococcoChiara AzzariDiscussant: Alessandro Fiocchi, Giuseppina Meregalli

11.00 Discussione

11.30 Vogliomangiare benePresidente: Enrica Riva Moderatori: Luigi Falco, GiorgioRondini

Report sul progetto “Mi voglio bene” e “la piattaforma na-zionale sull’alimentazione, l’attività fisica e il tabagismo”Paolo Brambilla, Guido Brusoni, Giuseppe Di Mauro,Daniela Galeone, Alberto G. Ugazio

Allattamento materno ed epigeneticaGiuseppe Banderali

L’alimentazione nel nato pretermineLorella Giannì

Quando e come mi divezziElvira Verduci

Quando mi dai il latte vaccino?Giacomo Biasucci

Difendimi dalla pubblicità cattivaVito L. MinielloDiscussant: Roberto Marinello, Riccardo Longhi

13.00 Discussione

13.30 Pausa

XXIII Congresso NazionaleSocietà Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale

Aiutami a crescere15 - 17 Settembre 2011

Hotel Michelangelo, Milano

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2/2011 3

14.30 Problematiche cliniche quotidianePresidente: Maurizio VanelliModeratori: Giovanni Corsello, Bruno Nobili

Valutazione dell’efficacia di un prodotto probiotico perl'infanzia in bambini con infezioni ricorrenti alle vie re-spiratorie, in corso di terapia antibioticaAnnamaria Castellazzi

Mi aiuti ad ammalarmi di meno? Gli immunomodu-lanti Gian Luigi Marseglia

Sono nato piccolo. Mi aiuti a crescere? L’ormone dellacrescitaSergio Bernasconi

Non voglio avere dolore. I FANSFranca Benini

Voglio respirare meglio. I farmaci antiasmaticiLuigi Terracciano

Non voglio che le mestruazioni mi rovinino la vitaAlessandra GraziottinDiscussant:Vito Console, Marina Picca

16.00 Discussione

16.30 Focus sull’autismo e sul ritardo mentalePresidente: Francesco TancrediModeratori: Antonio Correra, Leandra Silvestro

Il vissuto del genitorePresidente Associazione Milano

Novità in tema di patogenesiPaolo Balestri, Giacomo Rizzolatti

Diagnosi precoce alla nascita e nei primi anni di vitaMaria Luisa ScattoniDiscussant: Luisa Maria Nino, Angelo Selicorni

18.00 Assemblea dei Soci SIPPS

• Sabato 17 Settembre 2011 •

08.30 Comunicazioni oraliPresidente: Roberto Del GadoModeratori: Giuseppe Banderali, Roberto Liguori, Alberto F.Podestà

09.30 Tavola RotondaIl pediatra che vorreiAnna Bartoli, Samanta Bosis, Ilaria Covini, DavideGuarneri, Giuseppe Mele, Giuseppe Saggese, Leo Ventu-relli, Genitori Milanesi

11.00 Aggiornamenti in tema di…

I SESSIONEPresidente: Laura PerroneModeratori: Mario La Rosa, Alberto Villani

Prevenzione delle IVU in pediatriaAmilcare Rottoli

Screening neonatale allargatoGiancarlo La Marca

Le infezioni a trasmissione materno-fetaleMaurizio de Martino

Nuoto e asmaAlessandro Fiocchi

Igiene delle maniLuciano PintoDiscussant: Lorenzo Mariniello, Rino Rosignoli

II SESSIONEPresidente: Giuseppe ChiumelloModeratori: Fabio Mosca, Giovanna Weber

Medicine complementariGianpaolo Salvioli

Il diabeteDario Iafusco

Un bambino che zoppicaSalvatore Savasta

Fibrosi cisticaCarla ColomboDiscussant: Paola Marchisio, Rinaldo Missaglia

12.30 Discussione

13.00 Conclusione e compilazione quiz di valutazioneE.C.M.

Per effettuare l’iscrizione: www.ideacpa.com/sipps2011

Segreteria OrganizzativaiDea congress

Via della Farnesina, 224 - 00135 RomaTel. 06 36381573 - Fax 06 36307682

E-mail: [email protected] - www.ideacpa.com

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SSOOCCIIEETTÀÀ IITTAALLIIAANNAA DDII PPEEDDIIAATTRRIIAA PPRREEVVEENNTTIIVVAA EE SSOOCCIIAALLEE

PPRREESSIIDDEENNTTEEGiuseppe Di Mauro

VVIICCEE PPRREESSIIDDEENNTTIISergio BernasconiAlessandro Fiocchi

CCOONNSSIIGGLLIIEERRIIChiara AzzariGiuseppe BanderaliGiacomo BiasucciAlessandra Graziottin

SSEEGGRREETTAARRIIOOSusanna Esposito

TTEESSOORRIIEERREENico Sciolla

RREEVVIISSOORRII DDEEII CCOONNTTIILorenzo MarinielloLeo Venturelli

PPEEDDIIAATTRRIIAA PPRREEVVEENNTTIIVVAA && SSOOCCIIAALLEE OORRGGAANNOO UUFFFFIICCIIAALLEE DDEELLLLAA SSOOCCIIEETTÀÀ

DDIIRREETTTTOORREE RREESSPPOONNSSAABBIILLEE

Guido Brusoni

DDIIRREETTTTOORREE

Giuseppe Di Mauro

CCOOMMIITTAATTOO EEDDIITTOORRIIAALLEEChiara AzzariGiuseppe Di MauroSergio BernasconiGiuseppe BanderaliGiacomo BiasucciSusanna EspositoLuigi FalcoAlessandro FiocchiAlessandra GraziottinNico SciollaLorenzo MarinielloLeo Venturelli

Registrazione Tribunale di Parma - N. 7/2005Finito di stampare Luglio 2011

EDITORIALE

5 G. Brusoni, G. Di Mauro“…Dobbiamo fare gli Italiani”

L’INTERVISTA

8 G. Di Mauro intervista A. RubinoLa pediatria nell’Italia unitaria

APPROFONDIMENTI

12 G.R. Burgio1861-2011 – Bambini e adolescenti nei 150 anni dalla Unificazionedel Regno d’Italia. Un profilo sociale e pediatrico

34 I. Farnetani, F. Farnetani, F. Di Mauro, S. BernasconiL’evoluzione della pediatria preventiva e sociale dall’Unità a oggi

45 G. Corsello, M. Giuffré, D. Di MauroIl neonato in “cammino”. Dalla Nipiologia e dalla Puericultura allaNeonatologia e alla Terapia Intensiva neonatale

48 S. Bertelloni, E. Dati, R. Camaiora, G. TridentiLa salute degli adolescenti nel 150° anno dell’Unità d’Italia

pediatriapreventiva & socialeORGANO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PEDIATRIA PREVENTIVA E SOCIALE

2/2011

Mattioli 1885 spa - Strada di Lodesana 649/sx,

Loc. Vaio - 43036 Fidenza (Parma)

tel 0524/530383

fax 0524/82537

www.mattioli1885.com

DIREZIONE EDITORIALEEditing ManagerAnna Scotti

EditingValeria Ceci

Foreign RightsNausicaa Cerioli

SegreteriaManuela Piccinnu

DIREZIONE GENERALEDirettore GeneralePaolo Cioni

Vicepresidente e Direttore ScientificoFederico Cioni

MARKETING E PUBBLICITÀDirettore MarketingLuca Ranzato

Responsabile Area ECMSimone Agnello

Project ManagerNatalie Cerioli

Responsabile DistribuzioneMassimiliano Franzoni

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Questo numero della nostra Rivistavuole essere un “contributo della pedia-tria” ai festeggiamenti per i 150 annidell’Unità d’Italia e si propone di riper-correre la storia dell’unità d’Italia attra-verso la storia della Pediatria italiana.“Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamofare gli Italiani” è una celebre frase diMassimo D’Azeglio, che voleva espri-mere l’esigenza politica di arrivare auna reale unificazione fra tutti i “fra-telli d’Italia”. Ci piace però interpreta-re questa frase in senso lato, come sefosse un incitamento ai medici, agliostetrici, ai primi “nipiologi” di 150anni fa ad occuparsi in maniera più at-tenta e specifica della crescita dei neo-nati e dei bambini, i futuri “Italiani”.Sarà un caso, ma è pur vero, certamen-te non per le parole di D’Azeglio, chel’Italia e la Pediatria italiana sono natenegli stessi anni, hanno la stessa età, elo sviluppo politico, sociale e culturaledella società italiana ha determinato dipari passo la crescita della Pediatria.Lo ricorda il Prof. Armido Rubinonell’intervista concessa a Giuseppe DiMauro, sottolineando che molto è sta-to fatto, anche con eccellenze, neicampi dell’assistenza, della cultura edella ricerca pediatrica in questi 150anni. Oggi l’Italia è ai primissimi po-sti nel mondo per i bassi livelli di mor-talità infantile ed è stato possibile rag-giungere questo risultato anche graziea politiche sanitarie “unitarie” su tuttoil territorio italiano, che sarebbero sta-te impensabili senza l’unificazione.É indubbio che molto resta ancora dafare nel futuro, soprattutto rispetto alle

risposte ai nuovi bisogni espressi dallasocietà civile, alla ricerca e alla forma-zione dei futuri specialisti in termini diqualità e di completezza nell’acquisi-zione delle competenze specifiche.Il rispetto dell’individualità e dellapersonalità del bambino, della sua di-gnità, del suo ruolo nella famiglia e nelmondo del lavoro, spiega mirabilmen-te il Prof. Roberto Burgio nel suo ar-ticolo, varia moltissimo nel corso di150 anni, sia da un punto di vista giu-ridico, sia da un punto di vista legisla-tivo, sia per il riconoscimento dei di-ritti, sia per l’approccio da parte deglistessi genitori.Sono variazioni indotte da un progres-sivo miglioramento economico e dellaqualità di vita soprattutto da parte dellefasce più basse della popolazione, maanche da una diversa visione sociale del-l’equilibrio familiare e da una crescentecultura del rispetto della dignità del-l’uomo, qualunque sia la sua età, anzi,soprattutto del rispetto di chi è più de-bole e fragile. Questo è accaduto in Ita-lia e in tutto il mondo occidentale, an-che grazie a organizzazioni internazio-nali. Come dice il Prof. Burgio, “il valo-re dell’infanzia è slittato dalla sfera eco-nomica (inerente al lavoro minorile) aquella del sentimento”, cioè ad “affetto eattenzione”.Nacque così la prima pediatria organi-ca in Italia, “la pediatria di ieri”, ospe-dalocentrica, orientata a ottenere lacura delle malattie e la sopravvivenzadei neonati e dei prematuri: questa pe-diatria è cresciuta culturalmente con lafondazione dei primi ospedali pedia-

trici sul territorio nazionale e, nel1898, della Società Italiana di Pedia-tria. Essa ha permesso lo sviluppo del-la “pediatria di oggi”, prevalente cen-trata sull’assistenza territoriale, sullaprevenzione e sugli aspetti psico-so-ciali della salute del bambino e dell’a-dolescente; vi trovano grande spazio labioetica, l’educazione alla salute el’attenzione all’intero nucleo familiare,ma anche la ricerca avanzata el’assistenza al malato cronico.Le competenze acquisite nel tempodalla Pediatria, sottolinea il Prof. ItaloFarnetani, hanno permesso all’Italia,nel corso di 150 anni, di passare dauno dei paesi industrializzati a più al-ta mortalità neonatale a uno dei paesia più bassa mortalità neonatale e in-fantile, oggi rispettivamente al 2 permille e al 3 per mille, secondo il rap-porto UNICEF 2011.Ciò è avvenuto attraverso l’evoluzionedel concetto di sanità pubblica che hadeterminato un adeguamento pro-gressivo delle strutture dedicate all’in-fanzia, partendo dai brefotrofi delXIX secolo, di valenza soprattutto so-ciale (ruota degli esposti), attraversogli ospizi marini per l’elioterapia aibambini rachitici e tubercolotici, finoalle strutture dell’ONMI e ai veri epropri primi reparti pediatrici e neo-natologici.Assieme all’evoluzione delle strutturevi è stata quella della legislazione: ac-canto all’ONMI furono costituiti iconsultori ostetrico-pediatrici, i con-sorzi provinciali antitubercolari, lamedicina scolastica, gli uffici vaccina-

“…Dobbiamo fare gli Italiani”

Guido Brusoni1, Giuseppe Di Mauro21Direttore di Pediatria Preventiva e Sociale2Presidente Società Italiana Pediatria Preventiva e Sociale

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6 pediatria preventiva & sociale

zioni, fino a giungere alla riformaospedaliera del 1968 e alla legge 833del 1978, istitutiva del Servizio Sani-tario Nazionale, che determinò la na-scita della pediatria di famiglia, leggenota come prima riforma sanitaria, se-guita poi dalla seconda (decreti legis-lativi 502/92 e 517/93, legge419/1998) e dalla terza (legge costitu-zionale 3/2001).Se vogliamo identificare le principalitappe evolutive della Pediatria, fa no-tare il Prof. Giovanni Corsello nel suoarticolo, possiamo affermare che essanasce nel grembo dell’ostetricia nellaseconda metà del 1800, si identifica asé come Nipiologia a cavallo del 1900e come Puericultura negli anni succes-sivi, suddividendosi quindi, subito do-po la metà del 1900, in due tronconi didiverso interesse di studio, la Neona-tologia e la Pediatria preventiva e so-ciale, che rientrano oggi nell’ambitodella moderna Pediatria. La neonato-logia in particolare ha permesso di ri-durre drasticamente la mortalità peri-natale e dei pretermine, soprattuttograzie alle Unità di Terapia IntensivaNeonatale (UTIN), “che sono oggicentri attrezzati in grado di erogareprocedure e prestazioni estremamentesofisticate”.Va sottolineato anche che attualmen-te, riprendendo le parole del Prof. Ru-bino nell’intervista iniziale, “...La na-scita e il progressivo diffondersi e con-solidarsi della figura del pediatra di fa-miglia sono al tempo stesso effetto ecausa del mantenimento di una fortecultura di pediatria generale nel Paese,sia per le cure primarie che per quellesecondarie, a differenza di quanto èaccaduto in molti altri Paesi europeinei quali le cure primarie all’infanziasono affidate al medico di medicinagenerale.Questa felice convivenza di pediatriagenerale e pediatrie specialistiche co-stituisce motivo di vanto per il nostroPaese ed è ampiamente riconosciuta alivello internazionale. Essa è dovutaall’impegno culturale di molti.”

Impegno che, negli anni più recenti, siè manifestato anche attraverso unaspecifica attenzione verso i problemidell’adolescente, come ricorda nel suoarticolo il Dott. Silvano Bertelloni.Tutte le dichiarazioni internazionali,anche quelle recepite ma non completa-mente attuate nella nostra legislazione,configurano l’età pediatrica compresanel range di età da 0 a 18 anni.Di fatto a livello ospedaliero e universi-tario, “oltre il 40% dei minori 5-14 annie la grande maggioranza (quasi l’85%)di quelli 15-17 anni viene invece ricove-rato in reparti per adulti”, con in più lasolita disparità tra nord e sud, dove per-siste ancora troppa “migrazione sanita-ria”, tanto che i ricoveri pediatrici sonocirca il 50% in meno che al nord. Si puòperciò affermare che “l’attuale situazio-ne assistenziale in ospedale altera il di-ritto dell’adolescente a ricevere la “care”più adeguata e nel luogo più vicino allasua abitazione”.L’assistenza pediatrica territoriale èmessa ancor peggio: è “esclusiva fino a 6anni, non esclusiva fino a 14 anni e op-zionale fino a 16”, saltando quindi qua-si completamente la fascia adolescen-ziale. Contro questa complessiva “re-strizione legislativa” dell’area pediatricasi sono attivate, fin dagli anni ’60 delloscorso secolo, le società scientifiche pe-diatriche e quelle di categoria, ottenen-do progressivi incrementi dell’assistenzapediatrica fino a quelli attuali, che nonsono però ancora soddisfacenti. I prin-cipali obiettivi di un’assistenza pediatri-ca fino ai 18 anni sono di fornire una ri-sposta competente ai bisogni assisten-ziali e psicologici degli adolescenti, diattuare una prevenzione primaria ri-spetto ai grossi rischi della devianza, deldisagio, dei rapporti sessuali non protet-ti, dell’uso di sostanze, dei disordini ali-mentari e rispetto all’assunzione di cor-retti stili di vita: non cose di poco contoper futuri “cittadini”.C’è poi un problema emergente, affer-ma il Dott. Bertelloni, di tipo cultura-le, multidimensionale, multidiscipli-nare, normativo, funzionale e struttu-

rale: “la difficile transizione dalle curepediatriche a quelle dell’adulto”, ac-centuato dal fatto che “l’evoluzionedelle conoscenze mediche ha netta-mente migliorato la prognosi e la so-pravvivenza di molte malattie croni-che e/o disabilità, tanto che oltre il90% dei bambini che nascono affettida tali condizioni o le sviluppano inetà pediatrica ha oggi un’aspettativa divita notevolmente aumentata rispettoad alcuni decenni orsono e stimata inoltre 20-30 anni d’età”.I cinque articoli che contribuiscono aformare questo numero speciale dellaRivista dedicato ai 150 anni dell’Uni-tà d’Italia e della Pediatria italiana cipermettono di essere consapevoli deinotevoli sforzi in termini di assistenza,di capacità progettuale e organizzati-va, di politica sanitaria, sociale e uma-nitaria che sono stati operati dai gran-di Maestri della Pediatria italiana pas-sati e contemporanei.Ci permettono di osservare come ne-gli anni vi sia stato un continuo e pro-gressivo miglioramento dell’assistenzaai bambini e ai giovani. Il tutto attra-verso punti di vista diversi, che denun-ciano la passione, il vissuto professio-nale e gli interessi culturali di ciascunodegli estensori degli articoli.Grazie a una profonda coscienza socia-le e sanitaria si è creata nel nostro paeseun’assistenza pediatrica di I, II e III li-vello di eccellenza, osservata con ammi-razione anche da molte altre nazioni.Questo è stato possibile anche grazieal gran numero di specialisti pediatriche sono stati formati nelle scuole dispecializzazione in pediatria negli an-ni ’80 e ’90 del secolo scorso. Negli ul-timi due decenni però è stato intro-dotto il numero chiuso nelle facoltà dimedicina e sono stati drasticamenteridotti i posti disponibili per la specia-lità di pediatria.Ciò ha determinato in questi ultimissi-mi anni una insufficiente disponibilità dipediatri per coprire le necessità dell’assi-stenza, sia territoriale, sia ospedaliera, inquanto si è verificato un saldo negativo

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tra chi va in pensione o smette di fare ilpediatra per qualsiasi altro motivo (valu-tati attualmente tra 400 e 600 ogni an-no) e la formazione di nuovi specialisti(cioè circa 212 borse ministeriali ognianno) (che il Ministro della salute re-centemente ha promesso di aumentarefino a 280), più un numero variabile mamolto limitato -30/50- di contratti ag-giuntivi.Attraverso calcoli di proiezione chetengono conto delle previsioni ISTATdi crescita della popolazione, delle at-tuali leggi, degli accordi collettivi nazio-

nali, dei piani sanitari nazionale e regio-nali, del progetto obiettivo materno in-fantile, per mantenere gli attuali livellidi assistenza si dovrebbero prevedere find’ora non meno di 400 contratti mini-steriali l’anno per la Pediatria.Dai numeri emerge chiaramente che, senon si attueranno correttivi, tra dieci an-ni al massimo (ma probabilmente anche2 – 3 anni prima) si verificherà una evi-dente carenza di pediatri, che diventeràdrammatica tra 15 anni, quando man-cheranno più di 3.000 pediatri (Tab. 1)rispetto a una necessità di 11.280!

Per evitare questa evenienza è neces-sario prevederne fin d’ora circa 200 inpiù all’anno rispetto agli attuali. Essi,spalmati su 15 anni, potranno evitarela carenza e garantire un sufficiente ri-cambio (per formare un nuovo pedia-tra sono necessari 5 anni di studio!).Altrimenti significherà che si sarà de-ciso (consapevolmente? Inconsapevol-mente?) di rinunciare all’attuale livelloqualitativo dell’assistenza specialisticapediatrica in Italia.Cosa che i bambini italiani certamen-te non si augurano!

Tabella 1 - Confronto tra pediatri disponibili e pediatri necessari nei prossimi 15 anni (Elaborazione dati Guido Brusoni)

Pediatri necessari (*) Pediatri disponibili con 212 Differenzacontratti ministeriali/anno (**)

2010 11.394 15.027 3.633

2015 11.532 14.338 2.806

2020 11.449 11.768 319

2025 11.280 8.226 -3054

(*) In base alle previsioni ISTAT sulla crescita della popolazione italiana, all’ACN per la pediatria di famiglia e al POMI del PSN(**) Valutazione previsionale SIP – Biomedia del 2006

[**]Confronto tra pediatri disponibili e pediatri necessari nei prossimi 15 anni (Elaborazione dati Guido Brusoni)Pediatri necessari (*) Pediatri disponibili con 212 Differenzacontratti ministeriali/anno (**)

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8 pediatria preventiva & sociale

L’Italia sta celebrando i centocin-quanta anni della sua storia unita-ria. Come pediatra, quali sono lesue prime considerazioni?Una statistica del 1863 mostra unamortalità infantile (numero di dece-duti nel primo anno di vita rispettoal numero di nati vivi) del 229/1000:uno su quattro nati! Il dato era allo-ra molto peggiore di quello che oggisi registra nel mondo tra i Paesi a piùbasso livello sociosanitario e a piùelevata mortalità infantile! Oggil’Italia è ai primissimi posti nelmondo per i bassi livelli di mortalitàinfantile. Possiamo chiederci se lecose sarebbero andate altrettanto be-ne nel caso in cui l’Italia non avesseavuto una storia unitaria. La storianon si fa con i se, ma sappiamo chela mortalità infantile si correla so-prattutto con le condizioni sociosa-nitarie e sappiamo anche che questecondizioni sono oggi in Italia tra lemigliori al mondo. Inoltre non credoci siano dubbi sul fatto che tra le di-verse regioni del Paese le differenzeoggi sarebbero state molto più mar-cate se ciascuna avesse avuto una suastoria più indipendente dal punto divista sociale ed economico.La medicina di quei primi anni del-la storia unitaria era ancora quelladescritta da Goldoni: salassi, purghee clisteri. Non era ancora nata la pe-diatria, né esistevano significativeistituzioni pediatriche. Nel 1802 era

stato creato a Parigi l’”Hopital desenfants malades”. Tra il 1830 e il1840 erano nati i grandi ospedali pe-diatrici dell’Europa centrale: Berli-no, San Pietroburgo, Vienna, Bres-lau e altri. L’istituzione dell’ospedaledi Great Ormond Street a Londra èdel 1861.Dunque l’Italia partiva conqualche ritardo rispetto al restod’Europa. Credo si possa ammettereche, fatte salve alcune persistentidifferenze, i 150 anni di storia unita-ria hanno registrato un allineamentorispetto ai Paesi europei sui livellipiù avanzati.

Come sono evolute le cose nei pri-mi anni della storia unitaria?I primissimi anni non sembrano averregistrato grandi cambiamenti perquanto attiene alla salute in età evo-lutiva. Tra il 1871 e il 1880 ancora siregistravano dati di mortalità infan-tile intorno al 215/1000.Ma qualco-sa di nuovo iniziò soprattutto neglianni della “Sinistra al potere” (1876-1892). È il periodo in cui nascono iprimi grandi ospedali pediatrici inItalia. Ricordo ad esempiol’Ospedale dei Bambini a Palermonel 1882 e il Meyer a Firenze nel1884.Ma i miglioramenti erano len-ti: ancora fra il 1896 e il 1900 lamortalità infantile era il 168/1000rispetto, per esempio, al 92/1000 deiPaesi Scandinavi. Oltre la metà deidecessi era nel primo mese di vita e

la causa principale di morte nel pri-mo anno era costituita dalla diarrea.Successivamente durante quella che siusa chiamare l’”Età giolittiana” (dal1892 al 1920) accadono cose impor-tanti. Da un lato a livello internazio-nale ci sono salti di qualità. Basti pen-sare a William Roentgen che nel1895 scopre i raggi X con le applica-zioni alla diagnosi in medicina; o aLandsteiner che nel 1900 scopre igruppi sanguigni. In questo periodonasce la pediatria italiana come disci-plina autonoma. Nel 1900 GiuseppeMya diviene cattedratico di clinicapediatrica a Firenze. In una conferen-za del 1907 egli rivendica con forzache: “l’insegnamento universitariodella pediatria deve essere autonomoe obbligatorio”. Intanto nel 1904Rocco Jemma era stato chiamato a di-rigere la pediatria a Palermo. Nel1898 era nata la Società Italiana diPediatria. La Puericultura si staccavadall’Ostetricia. Sorgeva un po’ ovun-que nel territorio nazionale la figuradel “dottore dei bambini”, il cui presti-gio andava rapidamente crescendo.Nel complesso quegli anni furonomolto positivi per le cure all’infanzianel nostro Paese: la pediatria italianaraggiungeva rapidamente livelli corri-spondenti a quelli dei Paesi europeipiù avanzati. In una comunità scienti-fica internazionale nella quale eranoancora relativamente in ombra gli Sta-ti Uniti mentre prevalevano i Paesi eu-

La pediatria nell’Italia unitariaGiuseppe Di Mauro1 intervista Armido Rubino2

1 Presidente Società Italiana Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS)2 Professore Emerito Università Federico II di Napoli. Presidente Società Italiana di Ricerca Pediatrica (SIRP)

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ropei soprattutto di lingua francese etedesca, la pediatria italiana raggiun-geva rapidamente posizioni dignitosee in qualche misura competitive.

E arriviamo così ai tempi della pri-ma guerra mondiale e del successi-vo regime fascista...Questo periodo è fatto di luci e diombre. Tra le cose buone è doverosoannoverare l’istituzione della ON-MI. È il tempo degli “igienisti al po-tere sanitario” nel clima generaledell’attenzione alla asepsi e alla pre-venzione antinfettiva fino a certi ec-cessi tipici di quel tempo. BenitoMussolini faceva scrivere sul “Popo-lo d’Italia”: “che si impedisca a ogniitaliano la sudicia abitudine di strin-gere la mano e la pandemia scompa-rirà nel corso di una notte”. Il climagenerale prevalente è ancora quellodelle “grandi malattie”: sifilide, tu-bercolosi, malaria. Accanto agliospedali e alle mutue, alle cliniche ealle cattedre, si va sviluppando unamedicina - e in essa una pediatria –in famiglia e in condotta, che pur inun relativo silenzio vive un rapportopositivo di fiducia tra medico (o pe-diatra) e famiglie e malati.

Tuttavia lei ha parlato anche diombre. A che cosa si riferisce?Mi riferisco al fatto che in quegli annil’Italia restava indietro rispetto all’evo-luzione scientifica nella comunità in-ternazionale. Durante gli anni ‘30 e‘40 la comunità scientifica dell’Europacentrale tendeva a perdere slancio ri-spetto a quella dei Paesi anglosassonidi lingua inglese con in testa gli USA.Intanto con i progressi nelle conoscen-ze si arricchivano i contenuti applica-tivi nella diagnosi e nella terapia. Perquanto riguarda la pediatria nascevanole prime specialità pediatriche in USAcome ad esempio quelle di endocrino-logia, di nefrologia, di neonatologia.Fra il 1932 e il 1938, grazie a Gerhard

Domagk e poi ad altri venivano sco-perti e introdotti nell’uso i sulfamidici,mentre al 1929 risale la scoperta dellapenicillina che però avrebbe trovato lesue applicazioni in medicina solo neiprimi anni ‘40. In particolare si andavasviluppando unamedicina di laborato-rio che, ancora lontana da certi eccessie cattivi utilizzi dei nostri giorni, avevamesso in moto un processo molto ra-pido di sviluppo di conoscenze e con-seguenti applicazioni alla pediatria.Tuttavia in questo processo l’Italia ri-maneva indietro. Essa male si aggan-ciava allo spostamento delle punteavanzate dall’Europa centrale ai Paesianglosassoni, fatto salvo un proficuorapporto che continuava con la vicinaSvizzera. Nel manuale di Pediatriapubblicato da Ivo Nasso nel 1937, suun totale di 660 pagine più di 100 era-no ancora dedicate a tubercolosi e sifi-lide congenita mentre in una accuratae dettagliata esposizione di farmaciimpiegabili in terapia non c’è traccia disulfamidici, mentre accanto a farmacicome aspirina e Simpatol ci si dilungaancora su olio di fegato di merluzzo,rabarbaro, ricino, ecc. Se posso inseri-re qui una considerazione politica, di-rei che uno degli aspetti più perniciosidi ogni dittatura si verifica quando es-sa tende a interrompere le comunica-zioni con la comunità scientifica che èsempre – e per definizione – interna-zionale e senza confini.Tutto questo ovviamente venne aggra-vato dalle vicende catastrofiche dellaseconda guerra mondiale con le sueconseguenze sociali ed economiche.

Siamo giunti alla seconda metà delnovecento, quando esplodono igrandi progressi scientifici chehanno rivoluzionato la modernamedicina, inclusa la pediatria.Proprio così. Si apre allora anche peril nostro Paese e anche per la Pedia-tria un periodo straordinario, con laprogressiva ripresa nella posizione

della ricerca italiana nello scenariointernazionale. Due dati possono es-sere indicativi: nel 1950 la mortalitàinfantile in Italia era ancora 68/1000(a fronte del 24/1000 dei PaesiScandinavi); nel 1974 essa era calataal 23/1000 e il calo sarebbe poi con-tinuato fino agli attuali bassissimi li-velli pari a quelli dei Paesi più avan-zati. Ovviamente è l’evoluzione so-ciale ed economica del Paese ad avergenerato questo straordinario mi-glioramento, ma l’evoluzione scien-tifica e delle applicazioni cliniche inambito pediatrico ha avuto la suaspecifica grande importanza.Non è qui la sede per un’analisi det-tagliata dell’evoluzione della ricercascientifica pediatrica in Italia in queidecenni. So di rischiare omissioni mavoglio ricordare qualche esempio:Roberto Burgio, che aveva iniziato alavorare a Palermo negli anni ‘40 eche si sarebbe trasferito prima a Pe-rugia e poi a Pavia, fondava una gran-de scuola di pediatri, ricercatori in di-versi campi della pediatria. E nume-rosi furono allora gli antesignani nel-la costruzione di nuovi rapporti inter-nazionali con la comunità scientificaeuropea e statunitense: basti pensarea figure come Salvatore Auricchio,Giovanni Bucci, Antonio Cao, Anto-nio Marini, Fabio Sereni , e altri.Quella generazione ha promosso lanascita e lo sviluppo di una serie dispecialità pediatriche italiane chehanno raggiunto ottime posizioni diqualità pienamente riconosciute inambito internazionale. L’imponentetrasformazione sociale degli anni ‘50e ‘60 (con la trasformazione della so-cietà da agricola a operaia e industria-le, e col passaggio da Paese a bassissi-mo tasso di alfabetizzazione fino allascomparsa pressoché totale dell’anal-fabetismo) favoriva e accompagnavail progresso in ambito scientifico ingenerale. In questo quadro la pedia-tria si muoveva bene.

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10 pediatria preventiva & sociale

Dallo scenario internazionale giun-gevano stimoli e novità entusiasman-ti e straordinariamente efficaci. Ba-sti pensare a: ecografia (1958), endo-scopia a fibre ottiche (1951), TAC eRMN (1972-’73), la prima valvolacardiaca artificiale (1961), i trapiantidi rene, fegato, cuore, polmone e lascoperta della ciclosporina per laprevenzione del rigetto (1983). Epoi: il trapianto di midollo osseo(1956-1969) e più in generale glispettacolari progressi nella cura delleleucemie; e poi ancora: i “miracoli”della antibioticoterapia, del cortiso-ne, delle nuove farmacoterapie in ge-nere. Nel 1953 Watson e Crick sco-privano la doppia elica del DNA cuiseguivano la prima sintesi di DNAricombinante, l’ingegneria geneticacon la produzione su larga scala diinsulina, ormone della crescita, fatto-ri antiemofilici, interferoni ecc. Nel1990 partiva il progetto genomaumano e nel 2001 si arrivava alla pri-ma sequenza, La comprensione dellemalattie ereditarie a livello molecola-re assumeva una estensione impo-nente e affascinante con progressiche solo pochi anni prima sarebberoapparsi di pura fantascienza, nelcampo della prevenzione e della dia-gnosi e poi, sia pure più lentamente,anche della terapia.

Quale è oggi la posizione della pe-diatria italiana in questo quadrointernazionale così entusiasmantema complesso?Oggi è possibile valutare la qualitàdella produzione scientifica nell’a-gone internazionale con metodi ab-bastanza oggettivi. Su questa base èlecito affermare che la pediatria ita-liana gode di un’ottima posizionescientifica nello scenario internazio-nale. Ricordo a tal proposito e senzaalcuna pretesa di completezza, spe-cialità pediatriche come gastroente-rologia, nutrizione, endocrinologia,

immunologia, nefrologia, infettivo-logia, reumatologia, pneumologia,neonatologia, oncologia, ematologia,malattie genetiche e metaboliche,per le quali sono più o meno diffusenel Paese punte avanzate ben com-petitive con le corrispondenti condi-zioni negli altri Paesi. Tutto ciò ap-pare ancora più meritorio se si pen-sa che i progressi sono avvenuti inun contesto generale di crisi, tuttorairrisolta, nel Paese sia per il sistemasanitario, sia per quello universitarioe della ricerca scientifica.Non meno importante è il fatto che,contemporaneamente allo sviluppodelle specialità pediatriche, venivamantenuta una solida e diffusa cul-tura di pediatria generale (non a ca-so la definizione ufficiale della pe-diatria come disciplina di insegna-mento nel nostro Paese è “pediatriagenerale e specialistica”). La nascitae il progressivo diffondersi e conso-lidarsi della figura del pediatra di fa-miglia sono al tempo stesso effetto ecausa del mantenimento di una for-te cultura di pediatria generale nelPaese, sia per le cure primarie cheper quelle secondarie, a differenza diquanto è accaduto in molti altri Pae-si europei nei quali le cure primarieall’infanzia sono affidate al medicodi medicina generale.Questa felice convivenza di pediatriagenerale e pediatrie specialistichecostituisce motivo di vanto per il no-stro Paese ed è ampiamente ricono-sciuta a livello internazionale. Essa èdovuta all’impegno culturale di mol-ti. Voglio qui ricordare in particolarei gruppi che hanno promosso e con-dotto iniziative editoriali importantiquali quelle di “Prospettive in Pedia-tria”, “Rivista Italiana di Pediatria”,“Medico e Bambino” e “QuaderniACP”. In particolare e per tutti sot-tolineo il ruolo avuto nel nostro Pae-se dalla straordinaria figura di Fran-co Panizon.

Tutto bello e tutto positivo dun-que?Ovviamente no, ci sono le ombre.L’azione dei pediatri italiani è dentroi sistemi sanitario, della ricerca e uni-versitario. Le difficoltà del sistemasanitario, con le sue differenze regio-nali, le insufficienze nei finanziamen-ti tra sprechi veri e mancati investi-menti altrettanto veri, le frequenti ca-renze di tipo programmatico e orga-nizzativo nel rapporto tra cure pri-marie e cure ospedaliere e con i cen-tri di cura di terzo livello delle pedia-tria specialistiche, i problemi legatialla copertura delle urgenze nell’arcodelle 24 ore: sono tutte questioni nonadeguatamente risolte. Il sistema pe-diatrico, ospedaliero e universitario, èoggi messo in crisi da norme restritti-ve sulle assunzioni di personale, inparte comprensibili ma spesso inac-cettabili nella misura e negli eccessicon cui sono applicate alle situazioniconcrete.C’è poi una crisi intrinseca al siste-ma universitario che condiziona, tral’altro, la formazione specialistica.Questa nel suo complesso, pur con-tinuando a produrre generazioni dipediatri di buona qualità, stenta a li-berarsi di alcuni difetti: la non omo-genea applicazione delle norme cheregolano il coinvolgimento dellestrutture pediatriche non universita-rie nella formazione specialistica, ladiffusa scarsa attenzione alla forma-zione in alcuni settori quali: la pe-diatria per gli adolescenti e la pedia-tria dell’urgenza/emergenza.La fortissima denatalità, peraltro inlinea con quanto accade in tutti iPaesi europei, solo in parte compen-sata dai flussi migratori, dovrebbeessere occasione per conferire piùquantità e qualità alle cure in etàevolutiva, attraverso maggiore effi-cienza ed efficacia nell’attribuzione enell’uso delle risorse. Invece essa vie-ne spesso colpevolmente invocata

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dalla politica e dalle amministrazio-ni come speciosa motivazione perincongrui tagli di risorse.

Concludendo, diamo uno sguardoalle prospettive della pediatria nelfuturo di questa Italia unitaria.La velocità di ogni cambiamento èdivenuta così forte da dare senso aquesta domanda solo se riferita aiprossimi anni. Ci auguriamo che laricerca scientifica e più in generale lacultura pediatrica nel nostro Paesefacciano sempre di più e meglio pergli effetti sulla salute in età evoluti-va, anche attraverso gli straordinariausili prodotti dalla rivoluzione inatto nel campo della comunicazione.Si tratta di dare risposte ai grandiproblemi emergenti nelle societàcontemporanee avanzate: i disturbimentali e comportamentali; le pro-blematiche adolescenziali con i con-nessi fattori di rischio a cominciareda incidenti; droghe, devianze; laprotezione dello sviluppo in età evo-lutiva nel quadro dei rischi tipicidelle società moderne a partire daquelli connessi alla televisione e aInternet; le nuove epidemie,dall‘obesità alle infezioni emergenti;il ruolo dei fattori ambientali sullasalute infantile; la qualità di vita deimalati cronici in età evolutiva. Tuttoquesto richiede cambiamenti impor-tanti per la pediatria, non certo faci-li anche perché condizionati dallavolontà di ascolto di altri soggetti epoteri nel sistema italiano sanitario edella ricerca. Occorre grande impe-gno unitario, lavorando sul rapportotra pediatria generale e pediatriespecialistiche; su criteri e modi perrealizzare azioni concertate e reti; sul

collegamento tra produzione di nuo-va conoscenza attraverso la ricercascientifica e trasferimento dei risul-tati alla pratica pediatrica.

Lei è ottimista rispetto a questequestioni?Sono solo moderatamente ottimistaperché mi pare che il futuro dipendain buona misura da due inversioni dilinee di tendenza: una a livello glo-bale, l’altra riguardante più specifi-camente il nostro Paese.Per quanto riguarda la prima, mi ri-ferisco al paradosso che investe oggil’intera medicina, pediatria inclusa,in tutti i Paesi più avanzati: malgra-do l’imponente crescita delle possibi-lità di diagnosi e cura prodotta dalprogresso scientifico, il rapporto difiducia tra popolazioni e sistemi sa-nitari e tra pazienti e medici (inclusoil rapporto tra pediatri e bambi-ni/famiglie) è entrato in crisi. Ne so-no prova il crescente ricorso, in tuttii Paesi più avanzati, alle cosiddettemedicine alternative e il continuo in-cremento della conflittualità giudi-ziaria e della cosiddetta “medicinadifensiva”. Tutto ciò rischia di porta-re verso la fine della medicina intesacome relazione tra persone, relazioneche, pur basata su conoscenze scien-tifiche, deve mantenere la natura diinterazione, dialogo, reciproca com-prensione, propensione all’ascolto, alservizio, all’aiuto. Il “paziente”, anchese ancora in età evolutiva e con i suoigenitori, è divenuto “esigente”, pre-tende non solo competenza ma an-che disponibilità. Occorre tener con-to dei molteplici fattori che compli-cano il rapporto di fiducia:l’incremento numerico dei pediatri

di riferimento per il singolo sogget-to; l’invadenza della tecnica; gli osta-coli al rapporto medico/pazienteprovenienti dal sistema organizzati-vo; le distorsioni mediatiche; gli ef-fetti non sempre positivi della comu-nicazione elettronica; le interferenze(spesso anche solo apparenti) da par-te dell’industria; la tendenza a tra-sformare legittime attese in pretesecon inevitabili delusioni rispetto auna scienza che continua a offrirenuove possibilità ma che ovviamentenon fornisce risposte risolutive aogni bisogno. In questo quadro è in-dispensabile che a tutti i livelli, nellaformazione come nella pratica assi-stenziale, si torni a dare priorità agliaspetti umani, ovviamente senza di-menticare i concetti della “medicinabasata sull’evidenza”. Il problema ègenerale, ma occorre che la pediatriasappia fare la sua parte con convin-zione e determinazione.La seconda questione, più specifica-mente italiana, attiene alla crisi socia-le riguardante i giovani, alla loro for-mazione e al rapporto fra formazionee lavoro. Da questo punto di vista ledifficoltà coinvolgono, tra l’altro, lacrisi del sistema universitario nel no-stro Paese, crisi peraltro non risoltadalle più recenti novità legislative. Ènecessario un vero cambiamento dirotta, che sappia guardare ai giovaninei fatti e non a parole, non deluderele vocazioni, offrire buona formazio-ne, favorire processi di internaziona-lizzazione, razionalizzare il rapportotra formazione e lavoro, promuoverela cultura della valutazione e del meri-to. Il futuro dipende dai giovani, ma èresponsabilità degli adulti non brucia-re le generazioni.

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12 pediatria preventiva & sociale

Riassunto

Nell’Italia del XIX secolo la disparità economica fra le varie classi (fra i vari ceti) sociali era delle più rilevanti. Ac-canto al pauperismo economico e nutrizionale mietevano vittime numerose il livello igienico assai basso e le malat-tie infettive più proprie dell’infanzia. La mortalità infantile era rilevante: quasi 250‰ nel 1886 (e ancora nel 1918...)e veniva subita con supina rassegnazione spesso accettata (subìta) come evenienza inevitabile e comune. Nel XIX se-colo il lavoro minorile (infantile) nelle industrie tessili al Nord, come nelle miniere al Sud, faceva parte dell’abitualemodo di vivere dei bambini delle famiglie non benestanti (gravemente povere soprattutto al Sud). Una limitazionedi orario lavorativo doveva servire a dare spazio di tempo alla scuola. Nel nostro Paese, dopo le leggi Casati (1859)e Coppino (1877), la legge Orlando venne a conciliare scuola e lavoro: nel 1904, con la istituzione di 3450 scuole se-rali. In realtà, questa attenzione pedagogica rivolta al bambino (ben più lenta a prender campo nel Sud) non fu nél’unica né la prima lungo il (XVIII-)XIX secolo. Nel suo libro «Histoire des populations françaises et de leurs atti-tudes devant la vie depuis le XVIII siecle» Seuil Paris (1971), Ph Ariès annota che “in Francia, fino ad allora (1780-1820, con e dopo Rousseau), il bambino “non era niente” (era negletto in quanto, appunto, non capace di ragionaresul modello degli adulti) e che “da allora in avanti, sarà tutto”. In Italia si attribuisce a Pietro Verri (1728-97) la fi-gura emblematica del “papà illuminista” teneramente coinvolto nel seguire la crescita dei suoi bambini. Qualche an-no dopo Ariès, Zelizer (1981) sintetizza che il grande evento dell’inizio dei tempi moderni è stato l’apparire di unapreoccupazione educativa e che, di conseguenza, il valore dell’infanzia è slittato dalla sfera economica (inerente al la-voro minorile) a quella del sentimento. Alla fine dell’800 i brefotrofi, già nei secoli anaffettivi ambienti di ricoveroper neonati-lattanti abbandonati (“gittatelli”, “trovatelli”), a conduzione anonima-impersonale verso i piccoli, diven-tano umanamente accoglienti e operativamente molto più efficienti. Nel XIX secolo sorgono anche, in Europa, i pri-mi importanti ospedali pediatrici. In Italia il primo “ospedale pediatrico” degno di questa definizione sorse in ap-prossimativa contemporaneità con l’Unificazione del Regno: alludiamo all’Ospedale del Bambino Gesù (1869), aRoma. Una trattatistica pediatrica Europea (specie Gran Bretagna, Germania e Francia), cioè una letteratura dedi-cata esclusivamente alla conservazione della buona salute del bambino e alla conoscenza delle sue malattie caratteri-stiche, fiorente nel XVIII e XIX secolo, è da considerare testimonianza forte del valore somatico –intanto– ma an-che socio-affettivo che l’infanzia veniva acquisendo. E, in funzione di questo valore somatico e socio-affettivo perl’infanzia, nacque in Italia –per la necessità di una coerenza operativa culturale, scientifica e professionale– il biso-gno di organizzare una pediatria con un ufficiale insegnamento universitario pediatrico di essa: prima cattedra, Pa-dova, 1882; e con la fondazione della Società Italiana di Pediatria 1898 (Torino). I diritti del bambino trovarono alivello internazionale una prima codificazione a Ginevra nel 1924. Il 1925 va menzionato per la nascita in Italia del-l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia. Il 1971 fu una grande data per i bambini italiani e le loro famiglie; nel 1971infatti venne fondata a Torino la Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP): prerogativa italiana (meritevole, fi-nalmente, e, per noi, con valore di primato, in Europa). Un grande evento scientifico e di incisiva portata socio-bio-logica internazionale aveva avuto luogo appena 5 anni prima (1966): negli USA. Ci riferiamo alla “diagnosi prena-tale” che (secondo alcuni, almeno) inaugura l’epoca della “Rivoluzione biomedica”. Siamo ai “giorni nostri”...cambia

1861-2011 – Bambini e adolescenti nei 150anni dalla Unificazione del Regno d’Italia.Un profilo sociale e pediatricoGiuseppe Roberto BurgioProfessore Emerito di Pediatria nell’Università di Pavia e IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia

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la società: e cambia l’epidemiologia delle malattie. Si richiede una nuova pediatria, che assista modernamente bam-bini e adolescenti favorendone la migliore qualità della vita e la più lunga durata di essa, che curi la ricerca, che fac-cia aggiornata didattica per la formazione di pediatri al passo con i tempi, che sappia dedicarsi al sociale, di cui la so-cietà ha sempre più bisogno, che viva e insegni a vivere secondo bioetica.

Abstract

In Italy, in the 19th century, the living conditions of children that belonged to poor social classes (but not only) we-re among the most depressed. Alongside the economic and nutritional poverty in which many families lived (andperhaps as a function thereof ), the hygiene level also was very low. Infectious diseases typical of childhood mademany victims, finding immune suppression conditions in malnourished children and spreading easily among them.Infant mortality was substantial: approximately 250‰ in 1886 (and even in 1918...) and was often accepted (suffe-red) as an inevitable and common occurrence. Sick children frequently were not even taken to a physician. Lookingback on the 19th century with one's thoughts, one can say that in our country child labor in the textile industries inthe North, as well as in the mines in the South, was part of the ordinary way of life of children in non-wealthy fa-milies (extremely poor ones, especially in the South). Regulating (in a certain way, reducing) this child labor beca-me a priority goal, at least in some European Countries, in the 19th century. Thus, the United Kingdom formulatedan ad hoc law, the "Factory Act", in 1833. Germany, Belgium and Italy followed with similar acts. A limitation ofworking hours was intended to provide time for school. In our Country, after the Casati law (1859) and Coppinolaw (1877), the Orlando law reconciled school and work in 1904, with the establishment of 3450 evening schools.The time was ripe, at least in the North, for considering that schooling was, for the child, a capital that would lateryield its fruit with a positive effect with respect to the immediate economic performance – which moreover wasusually quite modest – of child labor. Actually, this pedagogic attention to the child (which was much slower to de-velop in the South) was neither the only one nor the first in the (18th-)19th century. Affective and psycho-social at-tentions were given to the delicate "cub of man" in the Age of Enlightenment. Socio-pediatric pedagogy inspires so-me tenderness especially in central Europe. In his book "Histoire des populations françaises et de leurs attitudes de-vant la vie depuis le XVIII siècle", Seuil, Paris (1971), Ph Ariés noted that "in France, up until then (1780-1820,with and after Rousseau) the child "was nothing" (was neglected since it was indeed unable to reason on the modelof adults) and that "from then onwards will be everything". In Italy the emblematic role of the "enlightened father",tenderly involved in following the growth of his children, is attributed to Pietro Verri (1728-97). A few years afterAriès, Zelizer (1981) summarized that the great event of the beginning of the modern era was the onset of concernfor education and that consequently the value of childhood shifted from the economic domain (related to child la-bor) to the domain of feelings. At the end of the 19th century, foundling hospitals, which through the centuries hadbeen affectionless shelters for abandoned newborns and infants ("foundlings"), run anonymously and impersonallywith respect to the children, became humanely hospitable and functionally much more efficient. In the 19th centurythe first important pediatric hospitals were also established: the first example was the Hôpital des Enfants Maladesin Paris (1802). In Italy, the first "pediatric hospital" worthy of this definition was established approximately simul-taneously with the Unification of the Kingdom: the Ospedale del Bambino Gesù in Rome (1869). European pedia-tric literature (especially in the United Kingdom, Germany and France), i.e., literature dedicated exclusively to pre-serving the good health of the child and to knowledge of his characteristic diseases, which flourished in the 18th and19th centuries, is to be considered as a strong testimony of the somatic – for the time being – but also socio-affec-tive value that childhood was acquiring. As a function of this somatic and socio-affective value for childhood, theneed to organize pediatrics with an official university teaching thereof arose in Italy due to the need for functional(cultural, scientific and professional) consistency: the first chair was established in Padua in 1882 an the Società Ita-liana di Pediatria was founded in 1898 in Turin. The rights of the child were first codified in Geneva in 1924 at theinternational level. 1925 deserves mention due to the birth in Italy of the Opera Nazionale Maternità e Infanzia. Agreat date for Italian children and their families was 1971, when the Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP)was founded in Turin: this was an Italian prerogative (finally worthy, and for us, with the value of primacy, in Euro-pe). A great scientific event of remarkable international socio-biological scope had occurred just five years earlier

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14 pediatria preventiva & sociale

A) 1861. Scenari sociali e dignitàdell’infanzia

Il grande evento della Unificazionedel Regno d’Italia (1861) si collocacronologicamente in uno scenariosociale di qualche significatività peril –se pur lento e tardivo- mutare del“modo di vivere” del bambino. Sa-rebbe tuttavia lacunoso parlare ge-nericamente di bambini e di infan-zia, non considerando le enormi dif-ferenze proprio nel loro modo di vi-vere (e di essere considerati) esisten-ti a quel tempo, in Europa e in Ita-lia, in particolare, fra i bambini, infunzione dei ceti economico-socialidi appartenenza delle loro famiglie.In linea di massima, in tuttal’Europa (Dominique Julia, 1996(1), si sofferma soprattutto sullaFrancia, ma non trascura Svizzera,Italia, Germania e Inghilterra), il re-taggio sociale del Medioevo trovaun’infanzia estremamente povera,abbandonata, “vagabonda” (così inparticolare a Bologna, ancora nel1630), accanto a quella borghese e/oaristocratica.In realtà, nella società (medievale-postmedievale) “il sociale” non avevaavuto voce alcuna nel tendere a pere-quare dislivelli economici “di classe”.Contro lo sfacelo dei focolai dome-stici, per i bambini “senza scuola, nélavoro, senza fede né morale” si atti-vavano le “scuole gratuite di carità”(supportate dalla Chiesa, da nobili,devoti, magistrati, alta borghesia)

(1). L’opera di molti ordini religiosisi prodigò in Europa diffusamente.Solo successivamente, il passaggiodall’economia tradizionale all’eco-nomia di mercato (seconda metà delXVII secolo e XVIII secolo), a suavolta inerente alla industrializzazio-ne in sviluppo, ha portato, invece,modificazioni nelle condizioni di vi-ta dell’infanzia (2): ma il lavoro mi-norile, cronica e crudele piaga socia-le di molti secoli, rimaneva il grandediscriminante del livello di vita franon benestanti (poveri) e benestanti.Dalla penna di A. Pisacane (3) vienetracciato un quadro del “modo di vive-re” nel XIX secolo proprio di estesissi-me fasce di famiglie disagiate. Pisaca-ne scrive: “Il giovane stato italiano, al-l’indomani dell’unificazione, si trovòad affrontare enormi problemi econo-mici e sociali, conseguenza in partedella secolare colonizzazione e in par-te della presenza, specialmente al sud,di grandi sacche di sottosviluppo eco-nomico e culturale, più o meno legatoal latifondo delle terre”. La suddetta“secolare colonizzazione” evoca facil-mente l’antesignana e pur premonito-ria (di 7 secoli: inizio XIV secolo)-esclamazione dantesca (Purg VI, 76-79) e la supporta:“Ahi, serva Italia, di dolore ostello, na-ve senza nocchiero in gran tempesta,non donna1 di provincie, ma bordello!”L’originario “sottosviluppo econo-mico e culturale, più o meno legato– nel Sud – al latifondo delle terre”(3), di solito non disgiunto da atavi-

ci interessi egenomico-feudali diclasse, di casta, di famiglie, motiveràil lungo perdurare (cronico, ormai) eil più pesante estrinsecarsi della

(1966) in the United States. We refer to "prenatal diagnosis", which (according to some, at least) ushered in the ageof the "Biomedical revolution". And one can say that, albeit only coincidentally, in that period significant changes inthe way of life in (and of ) society also were felt. A new Pediatrics Science is required which assists in a modern waychildren and adolescents, facilitating a better quality of their life and a longer span thereof, dedicates resources to re-search, provides up-to-date teaching for the training of pediatricians who are in touch with the times, is able to de-dicate itself to the social aspect that society needs increasingly, and lives and teaches to live according to bioethics.

1 Donna sta per «domina» (signora). V. anche le due allegate cartine dell’Italia: Fig. 1A) e B). A) 1815, Congresso di Vienna e B) 1858-1870(Unificazione), riprese, con autorizzazione, da: Enciclopedia Zanichelli, a cura di Edigeo, Bologna, 1992 pag. 963)

Fig. 1 - A) 1815, Congresso di Vienna e B) 1858-1870 (Uni-ficazione). Riprese, con autorizzazione, da: Enciclopedia Zani-chelli, a cura di Edigeo, Bologna, 1992 pag. 963)

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maggiore indigenza in quelle regioni(v. anche Fig. 7).Ancora seguendo Pisacane: miseriae latifondo, ignoranza e mancanza diacqua pulita e di smaltimento dei ri-fiuti, case rudimentali e malaria, nu-trizione largamente insufficiente ealta incidenza di malattie trasmissi-bili costituivano una miscela esplosi-va che collocava il giovane stato ita-liano a uno degli ultimi posti in Eu-ropa relativamente a indicatori forti,quale ad esempio la “mortalità infan-tile” (Fig. 2). Quest’ultima era incre-mentata a sua volta dal processo diindustrializzazione con il conse-guente aumento del lavoro femmini-le (molte donne erano costrette amandare il neonato in ospizio, anchese legittimo, o a darlo a baliatico).Anche la mortalità perinatale-neo-natale era elevatissima, associata abasso peso, infezioni, mancanza diqualificata assistenza al parto. Tra-scorso il primo mese di vita, le prin-cipali cause di morte nell’infanziaerano rappresentate, con il morbilloe la pertosse, dalle infezioni ga-stroenteriche e da quelle a carico dibronchi e polmoni. Dopo il primoanno, le malattie infettive continua-vano a rappresentare le principalicause di mortalità con la tubercolosi

e la difterite. La malnutrizione rap-presentava una condizione favorentee aggravante il decorso di quasi tuttele malattie infettive. Nel Sud e inSardegna, nelle zone paludose e nel-le risaie, la malaria mieteva le suevittime in tutte le fasce d’età e costi-tuiva un fattore di indebolimento fi-sico e psichico che apriva la strada amolte altre malattie, oltre a spopola-re intere regioni (3).Ma, tutto ciò premesso e codificatonel tempo e nella storia, va ricono-sciuto che, nonostante nel MedioEvo la dottrina cristiana e le rinno-vate vedute etico-religiose avesserodato luogo ad un corretto riconosci-mento della personalità del bambino(4), pure la dignità dell’infanzia ave-va cominciato a trovare qua e là inEuropa (ad esempio in Francia e inItalia), rispetto al passato, qualcheconcreta configurazione solo nelXVIII secolo (“secolo dei lumi”). Itempi venivano stentatamente ma-turando, dapprima solo negli am-bienti sociali benestanti e più coltiper far sbiadire la configurazione delvalore (e del reddito) economicoche, in funzione del lavoro minorile,si attribuiva tradizionalmente aibambini, per poterli invece, quasi ip-so facto, collocare nella sfera della di-

gnità di soggetti, in sé e per se stes-si, meritevoli di affetto e di attenzio-ne.Poche notazioni, in proposito.Ancora oltre 150 anni dopo la con-clusione del Medio Evo era statoscritto in un trattato sull’educazione(padre B. Gracian, El discreto,1646): Solo il tempo può guarire del-l’infanzia e della giovinezza, che dav-vero sono in tutto età imperfette (5). Esappiamo che questo giudizio di“imperfezione”, diffusamente condi-viso nel XVII secolo e foriero di in-differenza e negligenza verso “i pic-coli”, veniva motivato dalla loro fi-siologica maniera infantile di ragio-nare.Ma sappiamo anche che -per quan-to concerne l’attenzione che al bam-bino era stata dedicata in pedagogia,in letteratura, e soprattutto nella fa-miglia- una franca svolta aveva avu-to luogo a cavallo fra il XVIII e ilXIX secolo (6), al punto che, a pro-posito di questo passaggio di secolo(diciamo dopo Rousseau, specie frail 1750 e il 1765), Ph. Ariès (1971)conclude che, in Francia, fino ad al-lora (1780-1820), il bambino “nonera niente” (era negletto in quanto,appunto, non capace di ragionare sulmodello degli adulti) e che, da allorain avanti, “sarà tutto” (7).Qualche anno dopo Ariès, Zelizer(1981) sintetizza che il grande even-to dell’inizio dei tempi moderni èstato l’apparire di una preoccupazio-ne educativa e che, di conseguenza,il valore dell’infanzia è slittato dallasfera economica (inerente al lavorominorile) a quella del sentimento(8).Il passo successivo poteva essere im-mediato o quasi, e tale è stato. Sen-timento vuol dire “affetto” e “atten-zione”. Viene dato spazio a “nuovepaternità” di autorevoli pensatori delXVIII secolo, fra i quali, nel nostroPaese, Pietro Verri (1728-97), “papàFig. 2 - Tassi di mortalità infantile in Italia e nel Regno Unito (1890-1940) (3)

Italia

U.K.

‰250

200

150

100

50

1890 1900 1910 1918 1920 1930 1940

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illuminista” per eccellenza, intese adosservare e controllare lo sviluppodei “corpi infantili” dei loro bambini(9, 10).La svolta fu significativa: il valoredel lavoro minorile –che pur resiste-va e prosperava- veniva tuttavia ri-considerato in funzione del valore diuna cultura, di una educazione utilein prospettiva di cui si venne consi-derando, nel tempo, il pregio di van-taggiose ricadute economiche.L’educazione scolastica rappresentala più caratteristica differenza ri-spetto al passato. Negozianti di Li-vorno strutturano i primi asili infan-tili (intorno al 1835) (11).Alla vigilia dell’unificazione del Re-gno d’Italia viene promulgata la leg-ge Casati (1859) sull’obbligo scola-stico (prima e seconda elementare);nel 1877 la legge Coppino, più ope-rativa (terza elementare). Nel 1886fu promulgata una legge sul lavorodei fanciulli nelle fabbriche, che vie-tava il lavoro ai bambini di età mi-nore di 9 anni e che fissava l’orariomassimo a 8 ore giornaliere, stabi-lendo limitazioni per le lavorazioninocive e per i turni notturni. Talelegge incontrò una forte resistenzadegli industriali che si vedevano li-mitati nello sfruttamento di una ma-no d’opera a basso costo e facilmen-te ricattabile. Nel 1888 la LeggeBertani fissò a 15 anni l’età perl’inizio del lavoro, ma la legge venneampiamente negletta (3). Miseria,bisogno, “normale” sostegno alla fa-miglia? E’ un discorso, in fondo,analogo a quello dell’abbandono delneonato all’ospizio o alla balia dicampagna.Non si gridava allo scandalo né perl’ospizio né per il lavoro, anche seconcezioni più illuminate si faceva-no strada nella società e comunquele donne di istruzione più alta o conmaggiori possibilità economiche al-lattavano i figli o avevano una balia

in casa e, di certo, non mandavanopoi i propri figli in miniera (3).E si sarebbe tentati di leggere comeun ulteriore segnale di classismo so-cio-economico il successo, presso leclassi benestanti, di alcuni “libri perragazzi” la cui pubblicazione è pro-prio degli anni 80 del XIX secolo. Ciriferiamo a Pinocchio (Carlo Collo-di, 1883), a Cuore (Edmondo DeAmicis, 1886) ad una fioritura di librid’avventura firmati da Emilio Salgari(1863-1911) e ispirati a quelli di Ju-les Verne (francese, 1828-1905), pre-conizzatore di fantascienza e, di fatto,ideatore di romanzi fantascientificiche hanno profondamente inciso sul-la cultura mittel-europea dei giovani,lungo il XX secolo.Un compromesso fra obbligo scola-stico e sempre florido lavoro minori-le viene trovato nel 1904 con la leg-ge Orlando che istituisce le scuoleserali (in numero di 3450). A pocomeno di 50 anni dalla avvenuta Uni-ficazione siamo al tempo (e all’ope-ra) di Maria Montessori, evocatricedi una personalizzazione tutta pro-pria (individuale e creativa) dellamentalità del bambino piccolo e sco-lare (12).La sfida sociale (“pedo-sociale”) fralavoro minorile e istruzione scolasti-ca obbligatoria ha attraversatol’Europa (Gran Bretagna: nei primidecenni del XIX secolo con una leg-ge, il “Factory act” del 1833; Germa-nia, Belgio, Italia nella seconda me-tà dell’ottocento) (2); ma nel nostroPaese occorre attendere il 1923 peruna riforma scolastica destinata a ri-manere fondamentale (riforma Gen-tile), pur con qualche ulteriore ade-guamento ai tempi: 1940, obbligoscolastico fino a 14 anni.Ma, al di fuori di questa sfida e dellasua più vantaggiosa composizione-ri-soluzione (fondamentale, anzi, vitaleper la maturazione del bambino), laacquisizione da parte del bambino

stesso di un suo profilo, di una perso-nalità sociale autonoma (legalmentericonosciuta), ha avuto un iter trava-gliato. Viene ammesso nella letteratu-ra che molto spesso si dà del bambino(inteso come “soggetto sociale”, pre-scindendo dal sentimento affettivo edalle attenzioni educative dedicate-gli), una rappresentazione del tuttomarginale raffigurandolo come unaappendice della realtà che lo com-prende e lo sovrasta, nella quale eglifigura semplicemente come un sog-getto dipendente (2). Sembra un ri-torno al lontano passato della culturagreca e latina nelle quali il bambinonon veniva considerato “in essere” main divenire (13).Vien fatto di soggiungere a questoproposito (precorrendo la cronolo-gia) che sul piano legale il “bambinosociale” ha trovato nel nostro Paesepiena emancipazione solo nella se-conda metà del XX secolo (14). An-cora nella prima metà di questo, ilgoverno sui figli era esercitato eletti-vamente attraverso la patria potestà,intesa come diritto dei genitori sulfiglio e non come una generale fun-zione di tutela e di indirizzo da eser-citarsi nell’interesse del figlio.Si può ben dire che, allo stato deifatti, la potestà genitoriale non è piùun “diritto-potere” da esercitarsi neiconfronti dei figli minori, bensì un“potere-dovere” di mantenere, edu-care e indirizzare i figli promuoven-done le personali propensioni al disopra del dogma giuridico della loropresunta, indifferenziata capacità diagire (15).I principi fondamentali di egua-glianza delle persone e di tutela de-gli individui e il riconoscimento deidiritti del figlio al mantenimento, al-l’istruzione e all’educazione furonolegalmente sanciti (art. 2, 3, e 30 del-la Costituzione Repubblicana, 1947e altresì leggi n. 888/1956; e n.35/1970; 448/1988) (14).

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Non è irrilevante che proprio «il so-ciale» animi e connoti la prima assi-stenza pediatrica organizzata nel no-stro Paese: alludiamo ai brefotrofi; invia subordinata agli ospizi marini.Per i brefotrofi –già nel 787 funzio-nava a Milano quello fondato dal-l’arciprete Dateo- riprendiamo daPatrizia Guarnieri (10): ”Dentro ibrefotrofi, l’accoglienza dei bambiniabbandonati sembra continuare persecoli e secoli allo stesso modo. Maalla fine dell’800 (XIX secolo) tuttocomincia a cambiare: acquisisconouna direzione sanitaria e diventanoluoghi di cura per gli esposti e per ledonne che li allattano, nonché luo-ghi di formazione e specializzazionepediatrica. Il rinnovamento risultaevidente nel caso dello Spedale degliInnocenti di Firenze: una sorpren-dente documentazione archivisticapermette di riconsiderare questionipiù ampie e interdisciplinari: la curamedica e la cura materna, le strategieprivate di assistenza e le ammini-strazioni pubbliche, le interazioni frascienza, politica e mentalità. Messida parte i moralismi di amministra-tori e benefattori di vecchio stampo,emerge un nuovo atteggiamentoverso i bambini –illegittimi o legitti-mi– e verso le loro madri, nubili osposate, specie da parte dei medicipiù impegnati. I quali offrivano alledonne non tanto buoni consigli emiseri sussidi, ma un’assistenza con-creta e gratuita che recepiva le diffi-coltà e le strategie materne. Benchénon esistessero ancora le terapie far-macologiche più efficaci, la soprav-vivenza e la qualità della vita dei pic-coli migliorò e l’abbandono maternodiminuì”.Nel 1894 funzionavano 416 brefo-trofi, molti con l’accoglimento affi-dato alla classica ruota, e nel 1937 neerano funzionanti 58 (16).Per gli ospizi marini, può dirsi cheappena qualche anno dopo il 1860

ne cominciò a funzionare il primo inItalia, a Viareggio (1862), legatonella storia al nome di Giuseppe Ba-rellai (rif. in 17), per bambini scrofo-losi e che la parzialità dell’assistenzaè caratteristica di varie strutture pe-diatriche fondate intorno agli anni60-80 del XIX secolo: è emblemati-co l’esempio di Milano in cui, nel1862, nasceva l’Opera Pia per la cu-ra balneare degli scrofolosi poveri;nel 1875, nasceva il Pio Istituto perbambini rachitici, voluto da GaetanoPini; nel 1881, la Pia Istituzione perla cura climatica gratuita (marina,alpina) per tisici.Merita anche ricordare che nel 1861Giuseppe Barellai scriveva: “E’ ne-cessario ed urgente che il nostro po-polo non si senta solo ronzare e frul-lare nel capo, ma tocchi coi sensi lagran verità che libertà, unità e indi-pendenza d’Italia è dignità, moralitàe carità del popolo italiano” (18).Non meraviglia che proprio in que-gli anni si prestasse grande attenzio-ne alla struttura degli Ospedali: sonodel 1862 il libro di A. Hussonl’”Etude sur les Hopitaux” e del1864 una ricerca del medico sicilia-no G.Gorgone: Rapporto sugliOspedali (19).L’assistenza pediatrica ospedalieratrova anch’essa la sua vera e propriaprima espressione/realizzazione nel1869 a Roma con l’Ospedale Bam-bino Gesù, anche se risulta precedu-ta da una struttura, molto parzialenel suo raggio di assistenza, a Torino(1845), dove l’Ospedale di Santa Fi-lomena per bambine cattoliche nonaccoglieva quelle con malattie infet-tive. Per la nascita di altri ospedalipediatrici degni di questo nome vedianche tab. 1) (20).In sintesi (e nei secoli), brefotrofi,ospizi e –isolatamente– un ospedalehanno aperto l’anagrafe assistenzialepediatrica italiana. Ma è anche rile-vante che l’assistenza medica, ancor-

ché non specificatamente pediatrica,trovasse un serio supporto organizza-tivo nella legge Bertani del 1888, cheaveva istituito una “condotta medica eostetrica” in ogni comune (3).Per quanto riguarda i bambini, finoall’inizio di questo secolo “i condot-ti” si limitavano a raccomandarel’allattamento al seno e l’igiene. Nel1884 si cominciò, non senza polemi-che, ad impiegare la sieroterapia perla difterite e nel 1888 la vaccinazio-ne antivaiolosa ai nuovi nati. Dall’i-nizio del XX secolo fu disponibile (egratuitamente) il chinino contro lamalaria, si cominciò a capire la ne-cessità della reidratazione nella diar-rea acuta e si tentarono cure, anchese assai rischiose, contro la sifilide.Era comunque un’epoca in cui lamortalità nelle prime epoche dellavita era vissuta come una fatalità espesso il bambino non veniva nem-meno portato dal medico (3).

B) Nascita ed evoluzione di unapediatria organica in Italia (“la pe-diatria di ieri”)

Forse più dei pediatri, a quell’epoca, sioccupava di pediatria sociale e di co-munità una schiera di medici condottie di igienisti conquistati da un’ideolo-gia socialista dovuta al quotidianocontatto con la miseria, la malnutri-zione, il degrado degli alloggi (3).“Maiora premunt” e il filone del so-ciale continuò a pesare ancora, e alungo, sullo sviluppo (in senso glo-bale) della pediatria.Ricordiamoci anche che nel 1915 hainizio, per l’Italia, la “prima guerramondiale” in Europa. Alla sensibili-tà del Pediatra non sfugge, forse inprimo luogo, che “ogni guerra fa or-fani” e che molte negative ricadutedi contorno socio-affettivo e socio-economico gravitano intorno al lut-to. In un Paese già triste e povero(pensiamo ancora soprattutto al

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Mezzogiorno) come era l’Italia laguerra non fu certo indolore perestesi nuclei di popolazioni.La nascita della “pediatria universi-taria italiana”, nella sua piena eman-cipazione con la fondazione della re-lativa società nazionale (Torino, otto-bre 1898) ha luogo in un’Italia unifi-cata da quasi 40 anni. Undici anniprima (ottobre, 1887, a Pavia) si eradata ufficialità la Società Italiana diMedicina Interna (SIMI).Una emancipazione dalla MedicinaGenerale della Pediatria potrebbe

essere segnata da un basilare concet-to fisiologico, storico ormai, quantoprofondamente verificato e collau-dato negli “albi del sapere”. Si trattadella sintesi di un pensiero del pe-diatra A. Jacobi (nato in Westfalia,emigrato in America), che suona: “ilbambino non è un adulto in miniatu-ra”; (1889) (21).In coerenza con questo “modo dipensare, pediatrico” il 1889 potrebbericonoscersi come l’anno “anagrafi-co-culturale” di origine di una pe-diatria seriamente scientifica (nel

Mondo), del tutto indipendente dal-la “grande madre” che rimane la Me-dicina Generale nel suo insieme.Ogni paese avrà poi, naturalmente,una sua anagrafe pediatrica nazionalee una sua storia nazionale pediatricafatte rispettivamente di date signifi-cative più o meno emblematiche, adesempio: nascita (fondazione) dellaSocietà di Pediatria e/o istituzionedel primo ufficiale insegnamentouniversitario della disciplina.Per l’Italia, prioritarie date anagrafichealternative di “nascita della Pediatria”

Tabella 1 - Ospedali Infantili (un’anagrafe, secondo Allaria GB. La Pediatria in Italia, Milano, Stampa MedicaItaliana [20] 1937)

Alessandria Cesare Arrigo (Prof. Paolo Bosio) 1886

Ancona Ospedale dei Bambini (prof. Alberto Caucci) 1900

Brescia Umberto I (Prof. Pagani-Cesa) 1902

Cremona Ospedale dei Bambini (Dott. Felice Celli) 1881

Cuneo Regina Elena (Dott. Teresio Cattaneo) 1912

Genova S. Filippo (Prof. Luigi Della Valle) 1888

Livorno Santa Famiglia (Prof. Alberto Funaro) 1888

Lodi Vittorio Emanuele II (Dott. Oreste Garzia) 1927

Mantova Bulgarini* 1858

Milano Ospedale dei Bambini (Prof. Girolamo Taccone) 1899

Palermo Ospedale dei Bambini (Prof. Buccheri–Dott. Carini) 1882

Roma Bambino Gesù (Prof. Sen. Francesco Valagussa) 1869

San Remo A. Nuňez Del Castillo (Dott. Vincenzo Pesante) 1908

Torino Opera Pia Barolo (S.Filomena) (Dott. G.B. Filippello) 1845

Torino Regina Margherita (Prof. Ugo Camera) 1883

Torino Koelliker-Mensi (Prof. Enrico Mensi) 1928

Trento Maria dei Savoia (Dott. Carlo D’Anna) 1920

Trieste Burlo Garofolo (Dott. Paolo Israeli) 1907

Venezia Umberto I (Prof. Ettore Giorgi) 1892

Verona Alessandri (Prof. Giuseppe Zambelli) 1912

* In origine, saltuariamente e stentatamente funzionanteA Firenze, l’Ospedale AnnaMeyer cominciò a funzionare nel 1891, ma venne presto clinicizzato. Probabilmente per questo mo-tivo Allaria non lo ha incluso nella tabella (20).

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potrebbero quindi essere (come appe-na dianzi annotato) il 1898 (ottobre,Torino, con la Fondazione della Socie-tà Italiana di Pediatria) o già il 1882(prima cattedra universitaria ufficiale aPadova), 22 anni dopo l’unificazionedella nostra Italia. In realtà, negli anni1802-1805 Gaetano Pallone avevaavuto un “episodico” incarico didattico(pediatrico) nell’Ospizio degli Inno-centi (17); ma episodi didattici così fu-gaci e poco significativi incidono an-che poco sulla anagrafe della storia.Dalle due date storiche che contanosono passati, rispettivamente, 112 e128 anni. Un tempo di gran lungasufficiente per ammettere e sancirecollaudi; per considerare doverosoriconoscere che la Pediatria è l’areamedica socialmente più impegnata evicina alle famiglie.E’ l’area, ancorché tardivamente defi-nita (1979) come “Area Pediatrica”

(22), che istituzionalmente viene adaver cura della salute degli organismiumani in tenera età e fino ad adole-scenza completata, dei bambini chediventeranno responsabili nella (e del-la) società di domani. Di certo in que-sto senso, vale sancire: “in puero homo”;che va letto come una massima che in-tegra la precedente (“il bambino non èun adulto in miniatura”) e la completacon il messaggio di considerarne tutti idiritti e di ottemperare a tutte le esi-genze che i bambini hanno per cresce-re in completo benessere fisico e psi-co-sociale sia nel tempo reale, cioè nelgiorno dopo giorno, sia in lunga futu-ra prospettiva.In proposito, due brevi riflessioni sulcampo: nulla accade a caso in Medi-cina che abbia, in particolare, unaorigine e un significato sociale. Ledue brevi riflessioni attengono al“modo di crescere somatico” la pri-

ma, e al “modo di crescere psico-so-ciale” la seconda.Pochi dubbi che la convergenza difavorevoli fattori di ispirazione so-cio-pediatrica proiettati verso unmigliore “modo di vivere” (nutrizio-nale, igienico, preventivo-vaccinale,scolastico, di impiego del tempo li-bero, ludico, sportivo...) di bambini eadolescenti ne abbia validamentequalificato il “modo di crescere” so-matico. Il fenomeno della accelera-zione secolare: documentato dall’in-cremento progressivo delle staturedelle reclute, non è né casuale, nébanale! (Riquadro 1).Il modo di “crescere psico-sociale”concerne largamente la scuola e – ri-servandoci di tornare sull’argomento(v. punto C) – vorremmo qui limi-tarci al tema della Medicina Scola-stica (anni 60 dello scorso secolo; ve-di Riquadro 2)

Riquadro 1. - Accelerazione secolare

Negli ultimi 200 anni e fino, quasi, ai nostri giorni in tutti i Paesi con moderno livello di civilizzazione si è notato un fran-co incremento della velocità di crescita staturale lungo l’età infantile-puberale, con una conseguente accelerazione pro-gressiva di raggiungimento della “statura adulta definitiva”: in particolare negli ultimi 100 anni questo “raggiungimento” èpassato dai 20-25 anni ai 15-20.Contemporaneamente si è constatata una anticipazione, progressiva anch’essa, dello sviluppo puberale: l’età media dellaprima mestruazione (menarca) essendo passata dai 15 anni circa di 100 anni fa ai 13 della nostra epoca.Sta di fatto che, in base alla misurazione della statura delle reclute, via via nei successivi decenni se ne è constatato un con-tinuo aumento. Né, del pari, è sfuggita all’attenzione degli interessati all’argomento la conoscenza di un cospicuo incre-mento, nel tempo, della vendita di confezioni di abbigliamento (abiti e calzature) di taglie vieppiù grandi.Alla base dell’accelerazione secolare sono stati accreditatiun miglioramento igienico-alimentare e, in generale con-siderato, del tenore di vita (per esempio più sport, più vi-ta all’aria aperta), ma anche una sensibile contrazione del-le malattie infettive (meno numerose, meno frequenti epiù facilmente contenute dalle cure). Sta di fatto che sfa-vorevoli condizioni ambientali e alimentari, come sonovenute a realizzarsi durante i periodi bellici del secolo,hanno significativamente ridotto il ritmo dell’accelerazio-ne già in corso con limitazione della statura negli adole-scenti di quegli anni (e della statura adulta definitiva).A queste osservazioni sintetizzate un decennio addietro cisembra interessante aggiungere la tabulazione della statu-ra media delle reclute italiane, secondo il loro anno di na-scita 1900-1977.

Statura media delle reclute italiane (nati 1910-1977)

1910 165,501920 166,041930 167,371940 168,471950 169,881960 172,691970 173,961977 174,44 cm

Da: L’Italia in cifre. Istat, territorio, 2000

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Ma l’Area Pediatrica è anche l’areache emancipa e consolida un patrimo-nio scientifico-culturale e letterariotutto proprio, consegnato in libri e ri-viste con il loro valore storico-docu-mentario nel tempo. Dei primi (dei li-bri) nel nostro Paese -e qui, ovviamen-te, prescindendo da quelli ormai solodi pretto valore storico-“rinascimenta-le”, pur accuratamente considerati daMaggioni (16a,b) e nonostante N. La-tronico (17) abbia tentato di valorizza-re “L’Infanzia, trattato del DottoreDomenico Antonio Mandini...”(1805)- potremmo sintetizzare chevaria letteratura trattatistica pubblica-ta in Italia ed entrata nella storia, ri-guarda traduzioni dall’Inglese e dalTedesco di libri pubblicati in pieno se-

colo dei lumi. Si tratta di una bella te-stimonianza della attenzione già alloradedicata in Europa alla salute dell’in-fanzia (Riquadro 3), da un canto, maanche; dall’altro, all’approccio ad una“politica della salute” se vogliamo rife-rirci a qualche commento (postumo,ovviamente, di oltre un paio di secoli,cui dedichiamo il Riquadro 4).Ma qualche testo italiano segue, a bre-ve, nel XX secolo: Luigi Concetti:L’Igiene del bambino, Società EditriceDante Alighieri, Roma-Milano, 1903;Olimpio Cozzolino, Manuale Praticodi Pediatria, Idelson, Napoli, 1911;Francesco Valagussa, Consultazioni diClinica, Dietetica e Terapia Infantile,Morelli, Firenze, 1915. Nel 1928compare il Manuale di Gino Frontali,

L’Alimentazione del Bambino, MinervaMedica, Torino, 1928; ultima Edizio-ne 1958, che diventa per anni il bre-viario del Pediatra Italiano. Nel 1934Carlo Comba e Rocco Iemma insiemea numerosi Collaboratori, pubblicanoil primo grande trattato italiano di pe-diatria in tre volumi (Trattato di Pedia-tria, Vallardi, Milano, 1934). Due an-ni dopo esce un’altra “storica” pubbli-cazione di Gino Frontali, ilManuale diPediatria (Minerva Medica, Torino,1936; una seconda Edizione é del1948 e una terza del 1962). E’ il mo-mento in cui la pediatria italiana senteun particolare fascino culturale-assi-stenziale verso il lattante e lo esprimenel Trattato di Nipiologia di E. Cacacee B. Mussa (Minerva Medica, Torino,

Riquadro 2. - Medicina scolastica

Occorre –riteniamo– pensare, nello specifico, all’articolo 2 del regolamento sui servizi di medicina scolastica, dell’11 feb-braio 1961, dal quale si apprende che: “il servizio di medicina scolastica comprende la profilassi, la medicina preventiva, lavigilanza igienica, il controllo dello stato di salute di ogni scolaro e si avvale della collaborazione della scuola nell’educa-zione igienico-sanitaria”. Per essere “medico scolastico” all’epoca non era affatto necessario essere pediatra; anzi, una spe-cializzazione in igiene (o in medicina scolastica) valeva di più. La visione olistica centrata sulla salute e sul benessere delbambino veniva così penalizzata a favore di una cultura igienistica. Con qualche eccezione territoriale questa figura di me-dico-igienista scolastico ha fatto il suo tempo (oppure, qua e là è stata inserita tra quelle della “pediatria di comunità”); ma,nel bene e nel male, non è stata sostituita. Oggi viene da pensare se la figura di un medico-pediatra non sia di gran lunga,e per molti motivi funzionali-professionali, idonea nell’ambito della scuola (v. anche figura 8) che non può che avvantag-giarsi di solidarietà collaborativa con la pediatria.

Riquadro 3. - Libri stranieri

La dotta “Storia della Pediatria” di Nicola Latronico (Minerva Medica, Torino, 1977) chiude con un capitolo “I pionieri,figure ed opere” (pagg 641-675) assai ricco di storiografia letteraria, anche trattatistica, di Pediatria Europea ed America-na. Una selezione di opere Europee particolarmente significative dovrebbe comprendere:- 1689 (Gran Bretagna) W. Harris, De Morbis acutis infantum.- 1764 (Stoccolma) Rosen von Rosenstein, 1766 (Gottinga), 1783 (in Italiano) Trattato delle malattie dei bambini.- 1767 (Londra) G. Armstrong, Essay on the diseases most incident to children.- 1784 (Londra) M. Underwood, Treatise on the diseases of children (traduzione in italiano, Venezia, 1794).- 1794 (Berlino) C. Girtanner, svizzero, Abhandlung über die Krankheiten der Kinder und über die physiche Erziehung

derselben.- 1845 (Parigi) E. Bouchut, Manuel pratique des maladies des enfants nouveaunés, des enfants à la mammelle et de la se-

conde enfance.- 1860-1902 (Monaco) A. Vogel, Lehrbuch der Kinderkrankheiten (12 edizioni)- 1881 (Tubinga) C. Gerhardt, Trattato completo delle malattie dei bambini. G. Iovene. Editore. Napoli, 1883.- 1882 (Germania) A. Baginski. Trattato delle malattie dei bambini, in Italiano a cura del Prof. F. Fede nel 1890- 1892 (Parigi) J. Comby. Traité des maladies des enfants.

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1959). La pubblicazione del Trattatodi Puericultura di R. Bulgarelli, in pri-ma edizione (Società Editrice Univer-so, Roma), è del 1958 (V Edizione,1985). A partire dagli anni Sessanta,con uno stile espositivo profondamen-te rinnovato, si impone la traduzionedal tedesco dell’opera di G. Fanconi eA. Wallgren, Trattato di Pediatria(Vallardi, Milano, 1960). Un successi-vo fiorire di libri, ora tradizionali orainnovativi per la presentazione dellamateria clinica (per quadri clinici o perproblemi), costituisce la trattatisticapediatrica italiana del presente.Delle 18 riviste di cui Maggioni (16)riporta le testate dal 1893 al 1975(capostipite “La Pediatria”, Napoli)(23) ne sono rimaste attive 4: Mi-

nerva Pediatrica, dal 1949; PediatriaPreventiva e Sociale dal 1963; Pro-spettive in Pediatria dal 1971; Rivi-sta Italiana di Pediatria (ItalianJournal of Pediatrics) dal 1975 (23).Prospettive in Pediatria e Rivista Ita-liana di Pediatria sono “organi” dellaSocietà Italiana di Pediatria; ad esse siè aggiunta, dal 1999 Area Pediatrica.Numerosi altri periodici sono espres-sione di Società di Ricerca Pediatricaaffiliate alla Società Italiana di Pedia-tria o di Gruppi di Studio di quest’ul-tima o sono “indipendenti”.In linea di massima, molta ricercaitaliana, in prevalenza allocabile nel-la “pediatria di ieri”, è stata pubbli-cata su riviste nazionali. Molti temisono stati affrontati e riportati in un

paziente, accurato lavoro di Farneta-ni I. e Farnetani F. (24) inteso a ri-chiamare l’attenzione su ricerche dipediatri italiani pubblicate nel cin-quantennio 1915-1965 (25-36). Echiudiamo questa “pediatria di ieri”con un significativo ritorno al socia-le che ha occupato buona parte diquesto cinquantennio dal 1924, de-bordandone di un decennio.Il 1924 segna la formulazione dellaprima “carta sociale” (di valore con-diviso e universale) sui diritti dell’in-fanzia. Nasce così un primo docu-mento che dell’infanzia esaltal’importanza e la valenza sociale.(Riquadro 5)Sarà seguito da numerosi altri anchenella pediatria di oggi (ONU-UNI-

Riquadro 5. - Déclaration de Genève

Par la présente Déclaration des Droits de l’Enfant, dite Déclaration de Genève, les hommes et les femmes de toutes lesnations, reconnaissent que l’Umanité doit donner à l’Enfant ce qu’elle a de meilleur, affirment leurs devoirs, en dehors detoute considération de race, de nationalité, de croyance.1.L’Enfant doit être mis en mesure de se déveloper d’une façon normal, matériellement et spirituellement.2.L’Enfant qui a faim doit être nourri; l’enfant malade doit être soigné ; l’enfant arrieré doit être encouragé ; l’enfant dé-

voyé doit être ramené ; l’orphelin et l’abandonné doivent être secours.3.L’Enfant doit être le premier à recevoir des secours en temps de détresse.4.L’Enfant doit être mis en mesure de gagner sa vie et doit être protégé contre toute exploitation.5.L’Enfant doit être élevé dans le sentiment que ses meilleures qualités doivent être mis au service de ses fréres.

Nota. A questa “Déclaration” (1924) su “Les droits de l’enfant 1923-1924”, hanno fatto seguito: una “Résolution de l’Assemblée Générale de l’ONU, 1959”; una “Déclara-tion d’Helsinki, 1964”, revisionata a Tokio (1975) e, soprattutto, la Dichiarazione dell’ONU di New York, Novembre1989, in Italia, Legge 27 Maggio 1991, n. 176. “Rati-fica ed esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 Novembre 1989. Da Gazzetta Ufficiale 11 giugno 1991 n. 135,SO; e quelle di Oviedo eStrasburgo, 1997. Nello spirito e a complemento della difesa dei diritti del bambino (legge 27 Maggio 1991, n 176) in Italia è stata promulgata la legge 285 del 28.8.1997.“Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”.

Riquadro 4. - La politica della salute nel XVIII secolo

Il richiamo alla “cultura della salute” dei bambini cui si dedicano i trattati di pediatria del XVIII secolo (Riquadro 3) con-sente un riferimento alla “politica della salute”. Qui si tratta della ideazione di un “sistema” in grado di far funzionare mec-canismi di salvaguardia individuale, collettiva e sociale che valorizzano, anche sinergicamente, la produzione del benesse-re (dello “star bene” degli umani). Si può dire –seguendo Foucault– che si tratta di mettere in campo obiettivi multipli lun-go la catena delle attività dell’uomo (stili di vita, alimentazione, igiene ambientale e pulizia, ritmi e attività lavorative, sporte attività fisiche...) ma anche accorgimenti medicali e cultura medica correttamente mirata alla “dimensione” malattia e al-la “reciprocità” di questa, cioè alla salute. Riguardo all’infanzia, nel contesto della “politica della salute”, si emancipa (e siauspica) un privilegio: quello di poter contare su una famiglia (genitori) elettivamente orientati a garantire la tutela del “vi-vere sani” ai loro bambini, in sé e per sé nucleare proprio nell’ambito della politica della salute.Riferimento bibliografico: Michel Foucault: Discipline, Poteri, Verità, Detti e Scritti 1970-1984; a cura di Mauro Berta-ni e Valeria Zini. Genova-Milano, Marietti 1820, 2008.

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CEF, New York 20 novembre 1989; inItalia, legge 27 Maggio 1991, n. 176Gazzetta Ufficiale SO) di estremo va-lore sociale.L’istituzione, in pieno periodo di re-gime fascista, dell’ONMI (1925):“Opera Nazionale Maternità e In-fanzia” (16) (su modello Belga,1919) sembrerebbe una risposta ita-liana a questa grande iniziativa in-ternazionale del 1924 (Ginevra),ma, ancorché progettata secondo unordinato programma di attività sani-tarie-consultoriali di ampio respiro(legge n. 2277, 10 dicembre 1925;con modifiche 21 ottobre 1926, re-gio decreto n. 1904), non lo fu, senon molto parzialmente, per preva-lenti motivi di deficit di finanzia-menti e per carenza di operatori sa-nitari preparati. Lungo il deprecato

ventennio, in cui i bambini in etàprescolare erano “figli della lupa” equelli delle classi elementari erano“balilla”, la urlata e spavalda politicadel Regime contrastò sistematica-mente stile e linee programmatichedella Società delle Nazioni (Ginevra1919-1942, poi sostituita dall’O-NU). Coltivò in Italia una politicademografico-demagogica e una(pseudo-)pedagogia di arroganza eprepotenza, specie questa, straordi-nariamente nociva per le giovani ge-nerazioni private –per scelta didatti-ca imposta (rigida, miope e certa-mente colpevole anche a lungo ter-mine)- della possibilità di cimentar-si (e confrontarsi) con i “valori cultu-rali” che più contano nella vita.L’ONMI, in particolare, si colorìprogressivamente di “fascismo” (leg-

ge 298 del 13 aprile 1933) ma de-gradò nei decenni al rango di eroga-trice di “latte in polvere” o altro ali-mento per lattanti e/o, in qualchemodo, di asilo infantile o di suppor-to a famiglie con bambini e adole-scenti (quattordicenni) in difficoltà.Gli anni della seconda guerra mon-diale e il lungo e sofferto dopoguer-ra furono particolarmente difficiliper il funzinamento dell’ONMI.Cessò la sua attività nel 1975.Con un intento e con un panoramadi vedute infinitamente più larghenasce in quegli anni ’70 la Pediatriadi Famiglia, la grande meritevole ri-sorsa medico-pediatrica e socialeche assolve al suo delicato compitoanche nella organizzazione della pe-diatria di oggi (v. Riquadro 6).

Riquadro 6. - Pediatria di Famiglia. Una piccola storia. Un grande merito.

Torino, primi anni 1960 (100 anni dopo l’”Unificazione”), l’ingegner Vittorio Valletta, Presidente FIAT crea una“mutua aziendale” che convenziona – per attività in ambulatorio e a domicilio - sia i medici di famiglia (dei lavora-tori FIAT) sia i Pediatri dei figli di questi lavoratori.Con Alma Ata (OMS, 1978) prende campo il nuovo concetto di salute che non consiste più nella “assenza di ma-lattia”, quanto, invece nel “pieno benessere fisico, psichico e sociale”. Nel Piano Sanitario Nazionale 2003-2005 ilpediatra moderno viene indicato come il professionista che meglio di ogni altro ravvisa nella Medicina una “Medi-cina della Salute” in contrapposizione alla vecchia e obsoleta Medicina della Malattia.L’esempio FIAT viene seguito nel Nord e nel Centro Sud. Questa categoria di Pediatri fonda a Torino, 21 febbraio1971, la Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP).Nel 1979, accanto alla Convenzione di Medicina Generale – inerente alla legge 833 relativa al SSN (servizio sani-tario nazionale) 1978 – viene istituita, per la prima volta, una apposita Convenzione Nazionale per la “Pediatria dilibera scelta” (o Pediatra di Famiglia).In Italia, questa “pediatria di famiglia” va considerata come l’entità primaria più capillare dell’assistenza ai lattanti eai bambini (prevenzione compresa). Per bambini da 0 a 6 anni questa assistenza compete strettamente (per accordonazionale) al pediatra di famiglia; dai 7 ai 14 anni (e oltre, possibilmente fino ai 18), la scelta è opzionale: i genito-ri hanno facoltà di continuare a preferire ancora il pediatra di famiglia o di far passare il loro bambino alle cure delmedico di famiglia.Nella nostra realtà (riferendoci soprattutto alla Convenzione FIMP) un pediatra di famiglia (detto anche “di base”o “di libera scelta”) può assistere da un minimo di 301 fino a 800 (o 880) bambini in età da 0 a 14 anni (legge n.412/91, art. 4, comma 9 e Decreto legislativo n. 502/92, art. 8, modificato dal Decreto legislativo n. 517/93, sotto-scritto il 18 aprile 1996).In anni molto più vicini a noi (Roma, 1995) è stata costituita un sindacato di pediatri di famiglia alternativo allaFIMP, la Confederazione Italiana Pediatri (C.I.Pe) e nel gennaio 2011, a Milano, si è costituito il Sindacato Medi-ci Pediatri di Famiglia (SiMPeF), per scissione dalla FIMP. CIPe e SiMPeF, sempre nel gennaio 2011, hanno co-stituito la "FEDERAZIONE CIPe-SiMPeF " (FCS), che però rimane rappresentativa di una parte minoritaria deiPediatri di Famiglia Italiani.

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C) Infanzia e pediatria di oggi. unapproccio al sociale

Riferendoci all’infanzia, quando siparla di una Società che cambia, lanostra attenzione si indirizza, in pre-valenza almeno, alle caratteristicheambientali che più connotano oggi icontesti, familiari e non, in cui –econ sensibili differenze rispetto alpassato– i bambini vivono.In altri termini, non si trascura che icontesti economici e socio ambien-tali, nonché gli stimoli che da questiultimi ai bambini provengono pos-sono significativamente variare dafamiglia a famiglia e che, peraltro,ogni bambino può reagire a questi(vari) stimoli in maniera abbastanzaindividuale e soggettiva.Ciò premesso, è ormai un luogo co-mune ammettere che i bambini del-la società di oggi sono cambiati ri-spetto a quelli di 50 o 40 anni fa.E’ accettato e condiviso – da gran tem-po, ormai – che un ambiente cultural-mente progredito e al passo con i tem-pi agevoli la maturazione socio-intel-lettiva e comportamentale dell’organi-smo in crescita, anticipandone non dirado alcune evoluzioni psichiche e/opsico-attitudinarie (prontezza dialogi-ca comunicativa, curiosità nell’appren-dere, vivacità ideativa, facile approccioagli adulti). Una famiglia pedocentri-ca, rispetto ad una che non lo è, gio-cherà in questo senso il suo ruolo; maanche di “bambini televisivi” si è par-lato (per caratterizzare così il nostroattuale tempo, in cui i bambini vivono,più che l’eventuale abuso che, spessodella TV vien fatto). E, più compren-sivamente, si è parlato di E-generation(37), distinguendo questi bambini daquelli...nati e vissuti ai tempi delgrammofono...In sintesi, i bambini della nostra so-cietà di oggi (e non poteva essere al-trimenti) sono cambiati (in linea dimassima risultando “precoci”), sem-

bra risentendo del “progresso” che licirconda.Riferirsi poi, cronologicamente allescoperte e ai progressi tecnologicidella Medicina (e della Pediatria),diagnostici e terapeutici, soprattutto,per considerarli recenti (si fa per di-re...di oggi), o meno, può essere rela-tivamente facile. “Di ieri” sono, adesempio, la scoperta dei raggiRoentgen (1895), ma anchel’utilizzo degli ultrasuoni nella dia-gnostica medica (1942) e il diffon-dersi delle tecniche elettroencefalo-grafiche (anni 30-40) ed elettrocar-diografiche (primi anni 50 del XXsecolo), mentre “di oggi” possono ri-conoscersi la risonanza magneticanucleare (1971) e la tomografiacomputerizzata (1972).“Il progresso” in Medicina è di per sé,di solito, un continuum nel cui corsopuò inserirsi qualche evento “partico-lare” e “particolarmente incisivo”,frutto di scienza e ricerca in grado dicostituire una novità o di preparareinnovazioni. Queste possono –piùche altri eventi– aprire, da un canto,più spazio a qualche branca della Me-dicina, anche profondamente modifi-candola, o motivare l’insegnamentodi qualche nuova disciplina. Potrem-mo esemplificare citando la necessitàdi una espansione didattica di talunebranche di Medicina (e Pediatria),considerando da un canto l’emodialisi(1944-47) o la “diagnostica prenata-le” (1966) (e la “pediatria prenatale”)e la patologia, sempre a rischio, del“pretermine estremo” (peso alla nasci-ta ≤ 500gr), con i suoi molteplici pro-blemi trasversali attuali e in prospet-tiva di qualità della vita, e dall’altrocanto l’insegnamento della Bioetica(e verso un “progresso sostenibile”), odella Educazione alla Salute, che po-trebbero corrispondere egregiamenteall’opportunità (alla necessità) di in-novare il bagaglio didattico per i gio-vani!

Più di un motivo, pertanto, per parla-re, in base a queste (e a molte altre)“innovazioni”, di Rivoluzione biome-dica (38) a far tempo dalla applicazio-ne di vari interventi del tutto origina-li (trapianti di organo: rene, 1952; fe-gato, 1963; cuore, 1967; trapianti dimidollo osseo, 1968, questi ultimi se-gnatamente nel bambino (39).Si potrebbe pensare di far coinciderecon queste date (approssimativamen-te a 100 anni circa, quindi, dalla avve-nuta Unificazione che oggi celebria-mo) l’inizio di un nuovo corso della Pe-diatria e della Medicina, nel suo gran-de insieme riconsiderata. Ma una co-incidenza è solo una “evenienza cro-nologica” e, di per sé, non certo unamotivazione causale di qualsivogliainnovazione o progresso.Per quanto più da vicino ci riguarda,questo progresso ha compresol’igiene ambientale (in senso proprioconsiderata, aperta alle esigenze ur-banistiche abitative, ludiche e delverde pubblico), l’igiene e la difesa-profilassi vaccinale da molte malattieinfettive (tab. 2), la corretta Medici-na pre- e perinatale, gli eventualiscreening di coppia e quelli neonata-li (tab. 3) (vaccinazioni e screeningessendo cardini sociali di profilassi),la corretta, razionale dottrina nutri-zionale dei bambini nel suo continuoestendersi, l’attività sportiva di essi(non priva di congrua, ben dosata at-tività agonistica, collettiva e anchepedagogica per gli adolescenti) el’impiego (“ben selezionato e dosa-to”) del loro tempo libero, evitandoogni abuso TV (tab. 4). I “bilanci disalute” (controlli periodici dello sta-to di salute del bambino, della suacrescita, del suo benessere possibil-mente anche psicorelazionale) (37),forniscono preziose informazioni.Pochi dubbi, poi, ovviamente, che unprogresso così eclettico –come in un“circolo virtuoso”– frutto ed emanci-patore di cultura, richieda una didatti-

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ca fortemente potenziata. Se il primoquarto del XX secolo (fino al 1925)chiudeva con l’istituzione (lungo 42anni: 1882-1924) di 20 cattedre di pe-diatria (Allaria 1937 (20,23) non me-raviglia che, lungo la seconda metà del‘900, vi sia stata un’autentica esplosio-ne di cattedre universitarie (anche)della nostra disciplina. (tab. 5) (23) Daun canto per l’incremento (enorme eselvaggio) degli iscritti al 1° anno nel-la facoltà di Medicina e Chirurgia (adesempio 12, 200 ancora nell’anno ac-cademico 1987-88) in attesa dell’ap-plicazione del “numero chiuso” (pro-posito nel 1986-87); dall’altro, perl’espansione, cospicua anch’essa, delloscibile pediatricoAnche lo sviluppo della ricerca pe-diatrica ha dato motivo e spazio aquesta moltiplicazione di cattedre.Sta di fatto che al 1° ottobre 1999 suMurst-Internet figuravano 9 disci-pline inerenti al “Settore F19A Pe-diatria Generale e Specialistica”. Sitratta precisamente di: Adolescento-logia, Cardiologia pediatrica, Malat-tie metaboliche del bambino, Neo-natologia, Neurologia Pediatrica,Oncologia pediatrica, Pediatria, Pe-diatria preventiva e sociale, Terapiapediatrica.Nell’Enciclopedia Medica Italiana(40) sono elencate 13 Società Scien-tifiche (“affiliate alla Società Italianadi Pediatria”)e 16 gruppi di Studio(tab. 6).In effetti, la ricerca pediatrica italia-na è oggi al passo con i tempi. Gliavanzamenti tecnologici di laborato-rio disponibili ne garantiscono unaassoluta sicurezza e modernità. Unainterdisciplinarietà (con la geneticain particolare e con varie “specialisti-che” di organo) la caratterizza fre-quentemente e la rende ampiamentecollaborativa fra team non solo na-zionali. La pediatria clinica è diven-tata spesso anche “molecolare”: è, in-fatti, possibile e congruo con i tem-

Tabella 2 - Date fondamentali nella scoperta delle vaccinazioni. CON, co-niugato; RIC, ricombinante; ATT, virus attenuato.

Vaccinazioni

Papilloma virus 2006

2000

Rotavirus 1997

Epatite A 1992

Pertosse acellulare 1989

H. influenzae b (CON) 1988

Epatite B (Ric) 1986

Rabbia (Diploide) 1980

Pneumococco 1978

Varicella 1974

Meningococco 1968

Parotite 1967

Rosolia 1966

Morbillo (ATT) 1963

Morbillo (virus ucciso) 1960

Polio (Sabin) 1955

Polio (Salk) 1953

Influenza 1943

Febbre gialla 1935

Tetano 1927

Difterite 1925

Pertosse 1923

Tubercolosi (BCG) 1921

Tifo 1912

1900

Rabbia 1885

Carbonchio 1881

Colera dei polli 1880

1800

Vaiolo 1796

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pi, configurare oggi l’essere umanocome un “uomo molecolare” (41) ol-tre che come un “io biologico”, con-sapevole della propria, assoluta, in-dividualità immuno-molecolare(39). La “cellula” è divenuta esplora-bile nei suoi molteplici organuli conenormi vantaggi per la diagnostica ela terapia.

Difronte a questa velocità di avanza-mento del progresso medico va esal-tato il ruolo culturale-professionaleche riveste l’ECM (Educanzionecontinua in medicina)Con un particolare impegno e inten-to di supportare e rinvigorire la for-za della ricerca è stata fondata (Prof.A. Rubino) nel 2007 la Società Ita-

liana di Ricerca Pediatrica (SIRP).Incrementare la produttività scienti-fica, sostenere i giovani ricercatori,limitare (e scoraggiare) la fuga all’e-stero di cervelli, ne sono gli obiettiviprimi e concreti (v. anche 42).Oltre a strutture del CNR (e a talunealtre) particolarmente dedicate, le sedielettive in cui la ricerca pediatrica si

Tabella 3 - Suddivisione applicativa degli screening neonatali

Screening neonatali di massa (applicabili indistintamente a tutti i neonati)

Fenilchetonuria e iperfenilalaninemie (PKU/HPA), ipotiroidismo, fibrosi cistica, displasia evolutiva dell’anca (test siaclinico – manovra di Ortolani e Barlow – che ecografico), retinopatia del pretermine.

Screening neonatali selettivi (applicati con criterio di rischio familiare ed etnico)

Galattosemia, leucinosi, drepanocitosi, deficit di G6PD, HbS, difetti uditivi (ABR-AABR) in soggetti a rischio, scree-ning ecografico della patologia disrafica spinale, cerebrale, cardiaca e renale.

Screening neonatali di applicazione regionale-distrettuale

Sindrome adrenogenitale, malattie di Fabry e di Gaucher, sindrome QT lungo, evocazione del riflesso rosso, screeningapparato uditivo (TEOAE).

Attualmente, in USA con poche gocce di sangue dal tallone del neonato possono essere diagnosticati più di 40 disordinigenetici-ereditari e metabolici rari tramite la tandem mass spectrometry, evoluzione hi-tech della classica spettrometria.

Tabella 4 - Esposizione ai media durante gli anni di scuola*

Paese Soggetti Esposizione TV Esposizione TV Ore scuola(n) (ore: min/die) (ore stimate)* (stimate)

USA 2065 3:16 16-20.000 14.000

Italia 677 2:30 10-14.000 12.000

*6-18 anni (37)

Tabella 5 - Professori ordinari di prima fascia titolari di cattedra di Pediatria (totale: 105)

1 a Ancona, Catanzaro, Chieti, L’Aquila, Trieste, Udine, Varese (Insubria)

2 a Brescia, Modena, Palermo, Pisa, Roma Cattolica, Sassari

3 a Bari, Ferrara, Padova, Parma, Pavia, Perugia, Siena, Verona

4 a Bologna, Catania, Firenze, Messina, Napoli I e Napoli II, Roma Tor Vergata

5 a Genova

6 a Cagliari

7 a Milano, Torino

9 a Roma La Sapienza

(11 fuori ruolo al 31 ottobre 1998: 2 a Firenze e 2 a Genova; 1 per ognuna delle seguenti sedi: Catania, L’aquila,Messina, Padova, Roma La Sapienza, Siena,Trieste) (23)

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esplica sono, in prevalenza, le clinicheuniversitarie e gli importanti ospedali(cosiddetti di III o, anche di II livello),naturalmente le une e gli altri istitu-zionali sedi di ricovero di bambini eadolescenti che negli ultimi 40 anni visono accolti e accuditi con estrema at-tenzione, anche “umana”.La presenza costante della madre ac-canto al paziente è ormai la regola(ed è anche legalmente riconosciu-ta); ma altrettanto, la gaiezza dellastruttura ambientale (con le caratte-ristiche ludiche, scolastiche, di variointrattenimento) è oggetto di atten-zione, come lo è la cortesia empaticadi tutto il personale di assistenza. Larealizzazione di un ambiente e diuno stile ospedaliero “a misura dibambino” è stata anche specifica-mente favorita da ABIO (Associa-zione per il bambino in Ospedale)che ha promosso, con questo specifi-co scopo, prima la Carta di Leida(1988) (43) e poi la Carta EACH(European Association for Chidrenin Hospital, 2001).Questa solidarietà di assistenza e que-sta “umanizzazione”, specie ospedalie-ra, trova la massima motivazione e ap-plicazione nei riguardi di pazienti conmalattie croniche e invalidanti-debili-tanti e in realtà, oggi, epidemiologica-

mente prevalenti nei “repertori” dellepatologie pediatriche e adolescenzialiin generale intese (37 e v. oltre). Unaassai valida forza sociale ospedaliera(para- e meta-ospedaliera) è rappre-sentata dall’associazionismo. Sono in-fatti numerose e molto efficienti le as-sociazioni di genitori (e “amici”) checon slancio e altruistico sentimento siimpegnano nel sostenere a tutti i livel-li la qualità delle cure e della vita diquesti pazienti (dagli oncologici aidiabetici, dagli osteopatici agli anemi-ci cronici, dai celiaci ai malati di fibro-si cistica...). Ma in tema di solidarietàsocio-assitenziale (e guardando lonta-no, anche molto oltre i nostri confininazionali) nel mondo di oggi si è fattaimponente e importante strada unasolidarietà sovranazionale di grandistrutture benefiche internazionali (so-lo qualche esempio: FAO, ONU,UNICEF, UNESCO; OMS, CRO-CE ROSSA INTERNAZIONALE;40). Anche molti pediatri italiani (diUniversità e Grandi Ospedali) si muo-vono, da tempo, e molto efficiente-mente a favore di questi bambini chepopolano le plaghe terresti più poveree derelitte.E torniamo ad alcuni rilevamenti so-ciali (socio-sanitari) di “casa nostra”La previsione (alla nascita) della dura-

ta della vita (aspettativa di vita) si è ul-teriormente allungata: in Italia è pas-sata da 75,4 anni nel maschio e 81,82anni nella femmina del 1999 a 77,8anni nel maschio e 83,7 nella femmi-na, nel 2004 (37). La stima per il 1980era risultata di 70,7 anni per il ma-schio e di 77,4 per la femmina (44).L’Italia è oggi una nazione multietni-ca per immigrazione (tab. 7) e ado-zioni dall’estero.Nel decennio intercensuario 1991-2001 le famiglie con “almeno un com-ponente straniero” sono quasi triplica-te: ne sono state censite 672.506 nel2001 (3,1% del totale delle famiglieresidenti), nel 1991 erano 235.118(1,2% del totale). Nel 2004, si è stima-to a poco meno di 217.000 il numerodelle coppie sposate costituite da co-niugi entrambi stranieri. Erano risul-tate 188.195 nel 2001; i bambini diqueste coppie sono passati da 3,9% del1999 all’8,7% del 2004, sul totale deinati della popolazione residente.Del pari, non possono che aumenta-re i bambini nati da matrimoni mi-sti, stante il sensibile incremento an-che di questi ultimi, che con il censi-mento 2001 risultano essere am-montati a poco meno di 200.000,venendo confermata la prevalenzadelle coppie con partner straniero

Tabella 6 - Società di ricerca (A) e gruppi di studio/lavoro (B) affiliati alla società italiana di pediatria (S.I.P.)

(A) Società Italiana (S.I.) di Neuropediatria (S.I.NP.), S.I. di Endocrinologia Diabetologia Pediatrica (S.I.E.D.P.), S.I. diNefrologia Pediatrica (S.I.NE.PE.), S.I. di Pediatria Preventiva e Sociale (S.I.P.P.S.), S.I. di Gastroenterologia di Epato-logia Pediatrica (S.I.G.E.P.), S.I. di Medicina degli Adolescenti (S.I.M.A.), S.I. di Neonatologia (S.I.N.), S.I. di Nutri-zione Pediatrica (S.I.NU.PE.), S.I. di Allergologia Immunologia Pediatrica (S.LA.I.P.), S.I. di Malattie Respiratorie In-fantili (S.I.M.R.I.), S.I. di Infettivologia Pediatrica (S.It.I.P.), S.I. di Medicina di Emergenza d'Urgenza Pediatrica (S.I.M.E U.P.), Associazione Italiana Ematologia ed Oncologia Pediatrica (A.I.E.O.P.), S.I. Pediatria Ospedaliera (S.I.P.O.), S.I.Malattie Genetiche Pediatriche e Disabilità (SIMGePeD), S.I. delle Cure Primarie (S.I.Cu.P)

(B) Gruppo di Studio (G.S.) di Ipertensione, G.S. di Fibrosi Cistica, G.S. del Maltrattamento e abuso dell'Infanzia, G.S.di Cardiologia Pediatrica, G.S. di Reumatologia, G.S. di Genetica Clinica, G.S. del Trapianto di Organi, G.S. di Fisiopa-tologia Fetale e Neonatale, G.S. per l’Accreditamento il Miglioramento della Qualità, G.S. di Storia della Pediatria, G.S.di Farmacologia Clinica Pediatrica Gruppo di Lavoro di Bioetica, G.S. della Sindrome della Morte Improvvisa del Lat-tante, Gruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Immigrato, G.S. di Ecografia Pediatrica, G.S. Neuroimmunologia Pe-diatrica, G.S. Medicine Complementari, G.S. per le Malattie Neuromuscolari e Neurodegenerative

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donna (76,1%) già dimostrata inpassato.Con buona pace dei fautori della“purezza della razza” (fatuità biolo-gica offensiva per l’umanità), in au-ge nel secondo ventennio dello scor-so secolo, non possiamo che con-trapporre ad essa la “naturale” previ-sione di un fisiologico, progressivometicciato. L’incidenza delle nascite

di bambini stranieri sul totale deinati della popolazione residente èpassata dall’1,7% al 13,6% del tota-le dei nati vivi; in valori assoluti dapoco più di 9 mila nati nel 1995 apiù di 77 mila nel 2009. Tuttavianonostante la più elevata feconditàdelle donne straniere (nel 2007: 2, 4figli per donna, rispetto a 1,27 delledonne italiane) il tasso di natalità nelnostro Paese persiste basso (fra i piùbassi d’Europa). La figura 3 (23) nedimostra la continua progressiva di-minuzione che si snoda, in pratica,lungo tutto lo scorso secolo. Neglianni più vicini a noi il tasso “natali-tà per 1000 abitanti” si mantiene in

qualche modo oltre il 9 per 1000(9,2 nel 1995; 9,7 nel 2004; 9,6 nel2008; 9,4 nel 2009) motivando tut-tavia la previsione di una continuadiminuzione dei “residenti in Italia”(milioni di persone) quale risultadalla fig. 4 (37).La mortalità infantile continua a di-minuire ulteriormente lentamentenel quinquennio 1960-65 (tab. 8a).Un avvicinamento ai tassi calcolatiper EUR 15 si registra dopo il 1995ed è continuato (tab. 8b): 3,7‰ nel2004 rispetto al 4,4‰ nel 2002 (45).Anche la mortalità neonatale è dimi-nuita: 2,4‰ nel 2004 rispetto al3,3‰ nel 2001.

Fig. 4 - Previsoni della popolazione residente in Italia tra il 2010 el 2050

Tabella 7 - Popolazione straniera residente per classi di età.

Classi di età 21.10.2001* 1.1.2003 1.1.2004 1.1.2005 1.1.2006

Valori assoluti: totale e classe di età 0-17 anni

Totale 1.334.889 1.549.373 1.990.159 2.402.157 2.670.514

0-17 anni 284.224 353.546 413.293 503.034 587.513

Incidenza% sulla popolazione totale

0-7 anni 2,9 3,6 4,2 5,0 5,9

18-39 anni 3,8 4,5 5,9 7,1 7,7

40-64 anni 1,7 1,9 2,5 3,0 3,4

65 anni e più 0,4 0,4 0,4 0,4 0,5

Totale 2,3 2,7 4,4 4,1 4,5

*21 ottobre 2001 (Censimento della popolazione); 1 gennaio 2003, 2004, 2005, 2006 e il trend dell’incremento è persistito nei successivi 4 anni. (37)

Fig. 3 - Tassi di nascite per 1000 abi-tanti in Italia, dal 1895 al 1995. Nel1996 il tasso di nascita è stato del9,2‰ (8‰ al Nord; 8‰ al Centro;11‰ al Sud)

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In 150 anni di vita del mondo nonpoteva mancare un grande muta-mento nella epidemiologia delle ma-lattie (che rimarrà, come una sorta di“specchio dei tempi”, uno degliaspetti più significativi connaturatialla pediatria). Ci limitiamo, a pro-porre la tab. 9 (46,47).Nella misura in cui i dati della co-lonna 1900-1950 concordano con lepatologie infantili più tragiche delprecedente XIX secolo (3) (si puòannotare che solo qualche antibioti-co e in realtà, solo negli anni 40, eraappena comparso, applicativamente,

sugli scenari del Mondo...) (Fig. 5)(48). Rimeditando i tempi e le pato-logie che la tabella 9 prende in esa-me, potrebbe venir fatto di attribui-re principalmente al sociale, alle suecarenze, una certa continuità, purcon espressioni cliniche molto etero-genee sui bambini, nel lungo perio-do (1860-1950); segnatamente: gra-vi carenze-colpe del sociale (lavorominorile, lavoro delle madri “nutri-ci”, con la conseguente estensionedel baliatico in campagna e della as-sistenza brefotrofiale, totale negli-genza di cultura della salute e igieni-ca...) Pochi dubbi che questi fattorinon abbiano giocato più ruolo signi-ficativo alcuno nella seconda metàdel 900; ma molti dubbi sorgono in-vece, studiando le colonne 1950-2000 della tabella che altre carenzesociali siano venute di fatto sosti-tuendosi alle precedenti.Nell’ammetterle e validarne le gravi-

tà, specie per quanto attiene alla “la-bilità-fragilità” della famiglia (ed al-le conseguenti negligenze pedagogi-che e affettive), è sotto gli occhi ditutti che molte famiglie non sono (onon sono più sufficientemente) “pe-docentriche”, cioè non consideranoun obiettivo primario “proteggere ededucare” i figli: la protezione com-prendendo una dedizione attenta edaffettiva, foriera di serenità e sensodi sicurezza nei bambini;l’educazione equivalendo alla prepa-razione etica della personalità dibambini e adolescenti ad una digni-tosa maturazione adulta (v. ancheONU, Punto B Riquadro 5), chenon trascuri la migliore utilizzazionedel tempo libero, anche nella sua du-plice accezione dello sport (colletti-vo, di misura agonistico) e, perl’adolescente maturo, di un volonta-riato ricco di motivazioni socio-soli-dali.

Tabella 8a -Tassi di mortalità in-fantile in Italia e nella Comunitàeuropea (Eur 15), nelgi anni dal1960 al 1998 (per 1000 nati vivi)

Anno Eur 15 Italia

1960 34.5 43.91965 27.5 36.01970 23.4 29.61975 18.1 21.21980 12.4 14.61985 9.5 10.51990 7.6 8.21991 7.4 8.11992 6.9 7.91993 6.5 7.11994 6.1 6.61995 5.6 6.21996 5.5 5.91997 5.3 5.51998 5.2 5.3

Fonte:Eurostat-Istituto Statistico Comunità Europea,L’Europa in cifre, Luxembourg 1999, tabella 12.

Tabella 8b - Tassi di mortalità infantile (sul totale di maschi e femmine, nel 1° anno di vita per mille nati vivi)

Anni 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006*Tassi 5,3 5,2 4,5 4,7 4,4 3,7 3,7 3,6 3,4* ultimo dato disponibileBruzzone S,Mignolli N.Mortalità infantile e neonatale. Rapporto Osservasalute 2009, pagg 210-224.

Fig. 5 - Progresso nella terapia antibiotica. Andamento della mortalità (48)

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La disgregazione familiare Fig. 6; 37)costituisce un rischio minaccioso diinsufficienza pedagogica. La povertà(Fig. 7; 49), che produce negli adul-ti (nei genitori) perdita di sicurezza edi serenità psicosociale, turba ognibenessere vitale preliminare e neces-sario ad una efficace dedizione pe-dagogica. Ma è anche facile che ge-nitori egocentrici (proiettati eccessi-

vamente sulla dimensione personaledel successo o del benessere econo-mico) limitino la necessaria dedizio-ne ai figli, trascurando il dovere dicoltivare quest’ultima non fosse cheper l’obbligo “genitoriale” di tenerfede all’impegno assunto procrean-do, all’impegno, cioè, di procreare inmodo “responsabile e consapevole”.Sulla famiglia come prima e fisiolo-

gica nicchia dell’educazione di ognibambino (naturale o adottato) si èscritto molto, ribadendone semprequesta sua prima (e primaria) man-sione pedagogica istituzionale e so-ciale; ma proprio nella nostra socie-tà che cambia in funzione di assaivari mutamenti dei modi di vivere(individuali, familiari e collettivi), infunzione di frequenti sovvertimentidella scala dei valori e della persona-le Weltanschauung che la mutatagerarchia degli stessi valori (e ideali)comporta, è particolarmente sentitala necessità di figure di riferimentoin grado di impartire regole compor-tamentali e stimoli a “ben sentire” ea “ben pensare”, critici e contrastan-ti con i messaggi spesso propostidalla “cattiva maestra TV”.Sarà facile derivarne che, con il suoocchio vigile, il pediatra di famiglia(v. anche Riquadro 2) sarà sollecita-to a stare particolarmente vicino aibambini che ha preso in carico, for-temente integrando di sociale la suaistituzionale professione e professio-nalità di curante. Questo pediatra “di

Fig. 7 - Povertà assoluta per ripartizione geografica. Anni 2006-2009 (valori percentuali)

Fig. 6 - Separazioni e divorzi (Fonte: ISTAT, Italia in cifre, 2005)

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oggi” dovrà, cioè coltivare e profon-dere -con le attenzioni e le “cure so-matiche”– sensibilità anche per leesigenze psichiche del paziente, atti-vandosi in ambiti pedagogici cui at-tendere a tempo e a luogo verso ge-nitori, bambini e adolescenti e dan-do spazio alle proprie capacità di so-stenere e difendere i diritti del bam-bino, appena e comunque fossero arischio di negligenze per motivi, disolito, dal più al meno inerenti al so-ciale di questa nostra società checambia (Tabella 10).In altri termini, oggi la pediatria difamiglia si avvale di professionistiche non sono – come era, assai spes-so almeno– solo “curanti”. Oggi alpediatra di famiglia si richiedonopalesi doti umane e attitudini pro-fessionali che lo rendono anche “an-tenna sociale”, “educatore” e, al biso-gno, “avvocato” del bambino e dell’a-dolescente (Fig. 8; 50).

Preminente con famiglia e pediatriaè il ruolo della scuola. Dina Morley(Organizzazione Young Minds, 27novembre 2005)(33): “In una societàcome quella di oggi la scuola nonpuò più essere soltanto il luogo incui si insegna, ma deve svolgere an-che il ruolo di educatore e di nutri-mento emozionale che molte fami-glie non sono in grado di offrire”(52).Proprio della scuola il Capo delloStato G. Napolitano ha auspicatoche essa sia sempre più “palestra ditolleranza e di democrazia”. Il nostroè diventato infatti, e rapidamentenegli anni, un paese multietnico (37)(Tab. 7, 22): tolleranza e democraziadevono far parte del nostro vivere ci-vile. Non fare pedagogia civica dellasalute e dei sentimenti alla popola-zione scolastica infantile-adolescen-ziale significherebbe perdere occa-sioni e possibilità acculturanti di

estremo valore. Una solidarietà di-dattica da esplicarsi, da parte di pe-diatri di famiglia (o di comunità)nella scuola (Fig. 8) (50) potrebbeprodurre rilevanti vantaggi (formati-vi della personalità, oltre che accul-turanti) sulle giovani generazioni esulla società in fieri che, naturalmen-te, queste generazioni verranno a co-struire. Anche in quest’ottica con-viene ricordare che importanti isti-tuzioni sovranazionali (UNICEF,UNESCO, Banca Mondiale) hannosancito di investire nell’infanzia.Purtroppo non ha fatto, finora, brec-cia nella cultura e nella responsabili-tà di alcun Governo che si è succe-duto dalla Unificazione del nostroPaese in avanti, un concetto del no-stro grande Augusto Murri (1841-1932) “Se tutti i maestri elementarisi persuadessero che il loro più altoufficio consiste, non tanto nell’inse-gnare a leggere, scrivere, fare di con-

Tabella 9 - Principali cause di morbilità pediatrica: 1900→ > 2000

“Classiche” patologie “Nuove” patologie “Dopo” le nuove patologie Morbilità dopo il1900→1950 1960→1980 1980→2000 2000

Alta mortalità Alterate dinamiche Disgregazione Fattori socio-economiciinfantile familiari sociale e salute

Patologie infettive Disturbi Disaffezione Patologie indotte- endemiche dell’apprendimento alle regole da nuove tecnologie- epidemiche

Denutrizione Disturbi emotivi Nuove epidemie Sovrappeso/obesità- HIV

- violenza- alcool/droga

- povertà

Basso livello di cure Stress ambientale Aumentata sopravvivenza Salute mentaleper malattie croniche/rare dei pazienti cronici

Malattie da Insufficiente Pazienti neoplastici Patologie dasovraffollamento educazione guariti, da contaminazione

alla salute controllare ambientale- infertilità- tumori

(Voci bibliografiche 46, 47; riprese da 37)

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to, quanto a tener sano il corpo el’anima, l’Italia si purgherebbe dimille miserie presenti” (53).(Vox clamans in deserto: comel’auspicio di una scuola che apra or-ganicamente alla solidarietà con lapediatria, in chiave di educazione al-la salute; Fig. 9).Ben difficilmente gli “Ospedali di in-segnamento” (una rete didattica ema-

nazione della OMS/WHO) potrannopromuovere (produrre, fornire) in mo-do esteso e capillare una organica edu-cazione alla salute.Elettivamente nella scuola (e dove al-trimenti?) gli adolescenti dovrebberovenire interessati alla salute del pianetain cui viviamo, quindi ai grandi temiche attengono alla cura dell’ambiente,nel più ampio senso del termine inte-

sa (rischio di inquinamento, effettoserra compresi) (54). Si potrebbe forseriportare in proposito la riflessione cherecita «Oggi la qualità della vita è piùalta che in ogni epoca passata, ma for-se lo è anche rispetto a epoche future...Si vive in uno stato intermedio tra lameraviglia di fronte ai progressi rag-giunti e la paura di fronte alle possibi-li conseguenze» (55).Ma, purtroppo, in tema di scuola tor-na, severo, ai nostri giorni, il richiamoa riconsiderare il lavoro minorile (lun-ga, tristissima piaga sociale, vissuta ecombattuta ai tempi dell’Unificazionedel nostro Paese) (vedi punto A), inquanto, in buona parte almeno, fruttodi un abbandono scolastico, o, comun-que collegato con esso. Molto spessoinfatti la scuola viene abbandonata perandare a lavorare (37).Qualche dato concreto sul tasso di sco-larità: per la scuola dell’infanzia le Re-gioni con il minor tasso di scolarità(che è il “numero degli iscritti a scuolaper cento bambini della corrispettivaetà, residenti”) sono il Trentino AltoAdige (94,3%) e la Sicilia (96,3%). Per

Fig. 8 - Caratteristiche avolutive della professionalità del pediatra nel tempo

Tabella 10 - Scenari innovativi della società … che cambia (voce bibl 50)

A Per la rivoluzione biomedica, ma anche per le continue innovazioni tecnologiche (in generale, “per il progresso”)B Per l’evoluzione del concetto di salute (non più assenza di malattia, ma “pieno benessere fisico, mentale e sociale”) e del

ruolo del pediatraC Per la progressiva multietnicità (adozioni dall’estero comprese*)D Per la progressiva iponatalitàE Per l’incremento della povertà e per la disoccupazioneF Per il dilagare di ogni criminalità (minorile compresa)G Per il dilagare degli inquinamenti ambientaliH Per l’enorme diffusione dei media (elettronici), telefonini compresi (e l’abuso del loro impiego)I Per nuovi ideali di vita dei giovani e nuovi concetti dei valori (mutata Weltanschauung)J Per “labilità-fragilità della famiglia” (e insufficienze pedagogico-affettive e sociali)K Per perdita di autorevolezza della scuolaL Per nuovi stili di vita degli adolescenti (“eufemisticamente” vi si comprendono: alcool, fumo, droga...sesso precoce)M Per violazioni somatiche (comprese quelle sessuali) e psicologiche esercitate sui minori in grave antitesi ai loro codifi-

cati diritti*** Con l’adesione dell’Italia alla Convenzione dell’Aja sulla tutela del minore (legge 476/98), è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri la Commissione perle Adozioni Internazionali, che coordina questo settore dal punto di vista legislativo. In tal modo si è messo fine al sistema basato sul traffico dei minori adottati all’estero (37).** Si stima che, in Italia, 60,000 bambini di 2-12 anni (principalmente stranieri), gestiti come in regime di schiavitù, da sfruttatori, producano circa 150 milioni di euro al-l’anno, mediante accattonaggio. Fra i “lavoratori del sesso” molti sono “stranieri non accompagnati” specie fra i 14 e 18 anni.

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le classi elementari il tasso di scolaritànon raggiunge il cento per cento inValle D’Aosta, in Abruzzo e Molise e,principalmente al sud: Calabria e Sici-lia: 95,6 e 96,9% (37).Per la scuola superiore poi (e il fenome-no si embrica con quello del lavorominorile), esemplificativamente il tas-so di scolarità si abbassa nel seguentemodo: Trentino Alto Adige 73,4%,Campania 87,3%, Sicilia 87,6%,Lombardia 87,7%, Puglia 88,9%; nonflette nelle Marche né in Umbria eLazio. Sta di fatto che mentre, in me-dia, in Europa arriva a un diploma il

59% dei giovani, in Italia vi arriva il42% (37)Una quantificazione del lavoro mino-rile emerge dalla figura 10 (56).Se questo lavoro viene svolto da ragaz-zi di oltre 15 anni si configura comeun passaggio alla produttività e al la-voro, rientra nella legalità e viene al-trettanto legalmente disciplinato, con-trollato e tutelato (lavoro minorile –Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n.345. Prime direttive applicative – De-creto Legislativo 18 agosto 2000 n.262). Ma anche un altro lavoro mino-rile, sinonimo di abuso e sfruttamento,

serpeggia subdolo in Italia a carico dibambini in piena età della scuola pri-maria e media.In una ancorché superficiale retrospet-tiva panoramica sulla vita dei bambinie degli adolescenti nel nostro Paese,lungo 150 anni, vorremmo riportarequalche aforisma latino – (oltre quellogià evocato “in puero homo”) – e lo ri-portiamo, conclusivamente, anche peresaltare la nostra italianità (-latinità).Ci verrebbe da ricordare (di Giovena-le):mens sana in corpore sano (che il pe-diatra onora e onorerà sempre) e ma-xima debetur puero reverentia (che sicolloca elettivamente fra pediatria ebioetica, permeandole)

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Fig. 9 -Ambiti in cui si svolge la vita del bambino. Occupazioni. Cura del suo be-nessere

Fig. 10 -Numero di minori di nazionalità italiana, tra 7 e 14 anni, che hanno svol-to attività lavorativa, per classe d’età (anno 2000). B) Principali attività lavorativesvolte dai minori nazionalità italiana tra 7 e 14 anni (anno 2000)

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34 pediatria preventiva & sociale

Introduzione

Il punto di partenza e il nucleo ori-ginario della pediatria è stato il set-tore sociale con finalità di assistenzae prevenzione.La cura e la tutela del bambino si ri-trova fin nelle civiltà antiche, fin dalmomento del parto, talvolta della gra-vidanza, comunque sempre legato in-

dissolubilmente alla figura e al ruolodella madre, sia nel momento della na-scita, sia nei periodi successivi, in cuiimportante era l’allattamento al seno,garanzia di prevenzione delle malattiee di sopravvivenza.Certamente la civiltà romana,espressa anche nel diritto romano,ha delineato maggiormente la figuradel bambino come persona.

Se andiamo ad analizzare la primastruttura assistenziale dedicata aibambini, si scopre che ha una finali-tà sociale con obiettivi preventivi.Quando nell’875 d.C. l’arciprete delDuomo di Milano, Dateo, fondò ilprimo brefotrofio al mondo, lo feceper evitare che i bambini illegittimivenissero uccisi. L’obbiettivo eral’assistenza dei bambini che non ave-

Riassunto

L'Unità nazionale ha promosso l'area pediatrica, la cura e la tutela del bambino. Questi progressi si sono articolati esviluppati in modo diverso nei tre cinquantenni che formano la storia nazionale. Soprattutto nei primi cinquant'an-ni dell'Unità nazionale il giovane Stato emanò numerose leggi, decreti, regolamenti… che modificarono sostanzial-mente l'impostazione della struttura dell’assistenza sanitaria e sociale in Italia, uniformando l’organizzazione deglistati preunitari e modificando l'impostazione generale. Questo tipo di legislazione ha favorito l'infanzia, sia per ilbambino sano, sia malato, sia diversamente abile. Il secondo cinquantennio (1912-1961) fu caratterizzato da un no-tevole impulso del settore preventivo e sociale con la creazione dell’Opera nazionale maternità e infanzia (ONMI) edegli Istituti per l'assistenza all'infanzia (IPAI). Negli ultimi cinquant'anni si è assistito a una modernizzazione del-l'intera area pediatrica attraverso varie riforme sanitarie.

Abstract

The National Unit has promoted the area of pediatric care and child protection. These advances have been articulatedand developed differently in the fifty-three that make up the nation's history. Especially during the first fifty years theyoung National Unity was adopted numerous laws, decrees, regulations... which changed the basic approach of the struc-ture of health care and social in Italy, aligning the organization and changing the pre-unification states' general approach.This type of legislation has encouraged the children and for the healthy child, is sick, and disabled. The second (1912-1961) half-century was characterized by a significant boost of preventive and social sector with the creation of the Ope-ra national maternity and childhood (ONMI) and institutions for child care (IPAI). Over the past fifty years has seen amodernization of the entire area through a variety of pediatric health care reforms.

L’evoluzione della pediatria preventiva e socialedall’Unità a oggi

Italo Farnetani1, Francesca Farnetani2, Francesco Di Mauro3,Sergio Bernasconi41Giornalista-Pediatra-Professore a contratto Università degli Studi di Milano-Bicocca, www. italofarnetani.it2Medico chirurgo in formazione3Facoltà di Medicina e Chirurgia, II Università degli Studi di Napoli4Direttore della Clinica Pediatrica e del Dipartimento delle Età Evolutiva dell’Università degli Studi di Parma. Editor in chief "Italian Journalof Pediatrics"

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vano famiglia e la prevenzione degliinfanticidi. Da allora, fino all’XIX se-colo, la principale cura dei bambini eral’assistenza agli esposti, che dopo ilprimo brefotrofio al mondo, quello diMilano, portò allo sviluppo e al proli-ferare dei brefotrofi in Italia e all’este-ro. Intorno a tali istituti si creò una re-te di associazioni private e istituzionipubbliche che garantivano gli inter-venti socio-sanitari sia a livello ospe-daliero, sia territoriale.Il primo evento pediatrico del mon-do, l’istituzione della prima cattedradi pediatria al mondo, quella volutada Ludovico I, re dell’Etruria (1773-1803) (1), fu creata per cercare di al-leviare le condizioni miserevoli dellapopolazione infantile e fu collocatain un brefotrofio, lo «Spedale de-gl’Innocenti di Firenze».Se la tutela e l’assistenza del bambi-no si ritrova fin nelle civiltà anticheè logico che negli stati italiani preu-nitari ci fosse, pur se con livelli assi-stenziali diversi, sia la volontà poli-tico-amministrativa, sia una realtàsocio-sanitaria finalizzata all’eroga-zione di prestazioni assistenziali e dipediatria preventiva e sociale all’in-fanzia, ma solo con l’Unità naziona-le si ebbe uno sviluppo dell’interaarea pediatrica e se al momento del-l’Unità l’Italia era uno dei paesid’Europa con la più alta mortalitàinfantile (2), oggi si è allineata aimigliori livelli del continente e delmondo (3).L’interpretazione dei dati dimostraproprio che è stata l’Unità nazionalea permettere all’Italia di balzare dal-l’ultimo posto in Europa ai primi nelmondo, infatti l’abnegazione deglioperatori sanitari, la partecipazionedel mondo del volontariato, alloradefinite soprattutto di beneficenza,le risorse stanziate dalle istituzionisono, anche se in forma diversa,sempre presenti, mentre le leggi, iregolamenti emanati dallo stato uni-

tario, la possibilità di contare su unarete articolata e presente in tutte leprovince, ma coordinata a livellocentrale, hanno permesso di creareun sistema che ha promosso la salu-te dei cittadini.È stato così forte il ruolo dell’Unitànazionale che il cammino di promo-zione dell’area pediatrica si è artico-lato proprio nei tre cinquantenni cheformano la nostra storia nazionale.Ognuno dei tre periodi ha una di-versa caratterizzazione strutturale.Nel primo si ha la formazione el’adeguamento delle varie struttureche coincide con la nascita anche inItalia della pediatria e la fondazionedei primi ospedali pediatrici.Nel secondo si ha un notevole im-pulso del settore preventivo e socia-le, mentre negli ultimi cinquant’annisi è assistito a una modernizzazionedell’intera area pediatrica attraversovarie riforme sanitarie.

1861-1911:I cinquanta anni di adeguamentodelle strutture

Con l’Unità d’Italia furono emanatedue leggi valide su tutto il territorionazionale.La prima del 1865 (20mar-zo 1865 n. 2248 con due regolamentidi esecuzione del 1865 e 1874) in cuil’allegato C dettava l’organizzazionesanitaria del giovane Stato. La legge22 dicembre 1888 n. 5849 dava una si-stemazione organica all’interro com-parto della sanità.Il primo T.U. delle leggi sanitarie, checoordinava l’intera materia, fu appro-vato nel 1907 con R.D., n. 636 (4).In base a queste leggi si creò una re-te amministrativa e assistenziale va-lida in ogni provincia. Faceva capo alconsiglio sanitario provinciale, pre-sieduto dal prefetto. Erano previstefigure quali il medico provinciale, imedici condotti e ufficiali sanitari

che venivano affidati alle dirette di-pendenze del sindaco. Si permisecosì che anche nelle strutture più pe-riferiche dello Stato si avesse unastruttura armonica. In tal modol’intero territorio nazionale fu strut-turato e organizzato secondo unmodello a rete.Si deve ricordare che le varie figure,sia a livello del consiglio sanitarioprovinciale, sia dei direttori e deiprimari degli ospedali, degli ufficialisanitari e dei medici condotti, eranofornite di effettivi poteri ammini-strativi e ispettivi. In particolare eradotato di notevoli poteri sia il medi-co provinciale, con funzioni di coor-dinamento, sia i singoli ufficiali sa-nitari. Il prefetto poteva emettereordinanze specifiche.

Pediatria preventiva e sociale

Nel 1861, al momento dell’Unitànazionale, in Italia esisteva una retedi assistenza pediatrica ben ramifi-cata nel territorio nazionale, anchese era caratterizzata da differenti li-velli assistenziali e organizzativi,frutto delle diverse amministrazionipubbliche, che talvolta risentivanodella formazione avuta dai gover-nanti e dai monarchi precedenti, siadalle differenti condizioni economi-che dei singoli stati preunitari.C’era però la comune costante del-l’interesse della tutela e assistenzadell’infanzia.Al momento dell’Unità l’elementoprincipale dell’assistenza pediatricaera costituita da una rete di brefotrofi,nati per la tutela e l’assistenza deibambini illegittimi o orfani ma che siera caratterizzata per fornire una for-ma di assistenza sanitaria e sociale (5).Ai brefotrofi faceva capo una ulterio-re ramificazione nei territori comuna-li, intercomunali o provinciali.Il motivo della presenza territoriale

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36 pediatria preventiva & sociale

dei brefotrofi era la possibilità datain ogni parte del territorio nazionaledi avere un punto di riferimento, cheera la ruota degli esposti, ove poterlasciare i bambini illegittimi. Nellostesso tempo i bambini che venivanoaccolti nei brefotrofi, se in condizio-ni cliniche critiche, venivano ricove-rati, se invece presentavano una con-dizione soddisfacente, venivano affi-dati alle balie esterne, realizzandouna prima integrazione tra ospedalee territorio; ma nello stesso tempo siformò la vocazione ospedaliera e lasuccessiva trasformazione dei brefo-trofi in reparti di pediatria.Il bambino malato veniva curato dalmedico condotto. Il territorio nazio-nale infatti era interamente suddivi-so in circa ottomila condotte medi-che a cui faceva capo il medico con-dotto, figura che dipendeva dall’am-ministrazione comunale e che avevala responsabilità del territorio checostituiva la propria condotta medi-ca. Il medico condotto doveva cura-re gratuitamente i poveri perchél’amministrazione comunale gli cor-rispondeva una parte di stipendioproprio per poter erogare tali presta-zioni gratuite.I problemi si presentavano quandoil bambino doveva essere ricoveratoin ospedale perché i nosocomi e i re-parti per gli adulti non li accoglieva-no sotto una certa età, oppure nonavevano un’assistenza adeguata al-l’età.Una simile situazione era comuneanche agli altri stati europei, perquesto nell’Ottocento, che è il «se-colo lungo della pediatria», si creòun movimento pediatrico forte perpoter dare al soggetto in età evoluti-va un medico specifico e nosocomidedicati ai bambini.L’Italia, che, come abbiamo visto,possedeva una tradizione millenariadi attenzione e assistenza ai minori,spesso con livelli di eccellenza (Fig.

1), non poté far sviluppare il movi-mento pediatrico, come avrebbe po-tuto, perché esisteva una frammen-tazione in piccoli stati che propone-vano modelli assistenziali diversi,che perciò rendevano difficoltosaun’integrazione e un’organizzazioneunica. Con l’Unità, cessate le turbo-lenze risorgimentali, il nuovo stato,tramite il ministero degli interni, alquale spettava la gestione dell’igienee della sanità pubblica, iniziò a ema-nare direttive comuni, valide perl’intero territorio nazionale, checontribuirono a creare una primaunificazione dei servizi. Dal 1883(6) si crearono le cliniche pediatri-che che dettero una spinta, sia a li-vello di ricerca sia di assistenza, alprogresso degli studi pediatrici.Con una circolare emanata l’8 settem-bre 1892 Giovanni Giolitti (1842-1928) ribadì che l’assistenza e la tute-la dell’infanzia rientravano nei doveridella società e dello stato verso i suoimembri perciò non andava lasciata al-la sola pubblica beneficenza.

La nipiologia

Nel 1905 Ernesto Cacace (1872-1956) (Figg. 2, 3) creò una specializ-zazione della pediatria, la nipiologia,che doveva occuparsi del bambino neiprimi anni di vita, soprattutto per gliaspetti di igiene e medicina preventi-va. Si stava affermando, già dai primianni del Novecento, la necessità diistruire le madri fin dal periodo dellagravidanza, per questo vennero stam-pati vari opuscoli di educazione allasalute e vennero organizzati anchecorsi di formazione per le gestanti e leneomamme. Nello stesso tempo fudata particolare importanza anche alcontrollo e alle ispezioni nelle scuoleche erano affidate in genere al medicocondotto o a personale dedicato.Fra le varie proposte del Cacace c’eraquella delle «cattedre ambulanti di pe-diatria», in modo da poter portare, an-che nei paesi più sperduti, il teamostetrico-pediatrico. Su tale modello siformarono i consultori dell’ONMI.Quando nel 1926 iniziò a divenireoperativa la struttura prevista dal-

Fig. 1 -Milano: fine Ottocento. Mezzo per il trasporto di bambini disabili. Esem-pio di tutela e assistenza sociale per i bambini che oggi si definiscono «con bisognispeciali»

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l’ONMI si ebbe l’unificazione el’omogenizzazione di tutti i serviziitaliani di pediatria preventiva e so-ciale.Nel frattempo i brefotrofi si stavanotrasformando in reparti ospedalieri.La necessità all’assistenza ai bambi-ni illegittimi, che maggiormentepresentavano basso peso alla nascitao parti pretermine, avevano stimola-to l’acquisto delle prime incubatricie la formazione, come nel caso delbrefotrofio di Milano, dell’istituzio-ne di reparti per gli «immaturi» (7).

La ruota degli esposti

Alla fine del XV secolo era stata isti-tuita la ruota degli esposti per ridurreil numero degli infanticidi o degliaborti provocati.Con l’Unità d’Italia fu abolita la ruotadegli esposti e la provincia di Ferrarafu la prima a sopprimerla nel 1867. Ilprimo luglio 1868 fu abolita a Milanoe a Como e nello stesso periodo anchea Firenze,mentre a Siena furono chiu-

se quelle secondarie. Nell’arco di 10anni la ruota degli esposti fu abolita in31 province.I motivi dell’abolizione della ruota de-gli esposti furono molteplici. Alcunifurono etico-religiosi, ritenendo cheoffrire la possibilità di abbandonare ibambini fosse un modo di favorire ocomunque accettare l’adulterio, perciòun attacco alla famiglia.Altri riteneva-no che fosse un invito e uno stimoload abbandonare i figli, considerandoche quando furono istituite le ruote siebbe un incremento del numero deibambini abbandonati.I medici invece erano favorevoli allasoppressione della ruota degli espostiperché, anche se la madre non ricono-sceva il bambino e lo lasciava in unbrefotrofio, era utile che allattasseugualmente il figlio, anche perché sipotevano avere i vantaggi psicologici eaffettivi sia per la madre sia per il bam-bino e inoltre sostenevano che dopoun periodo di allattamento era più fa-cile che la madre riconoscesse il figlioe per questo venivano concessi anchesussidi di tipo economico.

Ospizi marini

Nell’Ottocento gli ospedali avevanoancora principalmente una vocazionechirurgica, infatti i trattamenti medicioffrivano pochi risultati terapeutici,per questo la necessità di ricoveroospedaliero per i bambini era piuttostolimitata,mentre la parte preponderan-te doveva richiedere il trattamento didue patologie croniche e estremamen-te diffuse, la tubercolosi (8) e il rachi-tismo.Non è un caso pertanto che la prece-denza fu data alla fondazione degliospizi marini e degli istituti per rachi-tici rispetto agli ospedali e ai reparti dipediatria.Gli ospizi marini ebbero una grandediffusione nella seconda metà dell’Ot-tocento.Gli ospizi marini erano stati creati dalmedico fiorentino Giuseppe Barellai(1813–1884) che nell’estate del 1856aveva fondato aViareggio il primo (9).L’idea di realizzare una profilassi igie-nico-climatica soprattutto per i bam-bini delle classi più disagiate gli era

Fig. 2 - Rapallo 14 al 16 maggio 1949 - V congresso nazionale di nipiologia eprime giornate internazionali nipiologiche svoltesi a: da sinistra a destra: Euge-nio Schwarz Tiene, Ernesto Cacace, Gaetano Salvioli e Giovanni De Toni.

Fig. 3 - Copertina del trattato di ni-piologia di Ernesto Cacace e Baudoli-no Mussa, pubblicato nel 1958

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38 pediatria preventiva & sociale

sorta quando nel 1834, appena laurea-to, aveva svolto le funzioni di medicocondotto all’Isola d’Elba. Nel 1859fondò l’ospizio marino a Livorno.Nel 1869 furono accolti negli ospizimarini circa 3000 bambini che saliro-no a 54.165 nel 1885. Gli ospizi cheerano 10 nel 1869 divennero 14 nel1876 e 19 nel 1885.Gli ospizi marini sono stati un’eccel-lenza italiana che è stata copiata intutto il mondo, ma la scarsità delle ri-sorse economiche disponibili unita aldisinteresse delle istituzioni verso iproblemi dell’infanzia è dimostrata dalfatto che non furono trovate le risorsenecessarie per sviluppare questa formadi trattamento, che allora era l’unicapossibile nei confronti della tubercolo-si e del rachitismo.Alla fine dell’Ottocento la tendenzaera di trasformare gli ospizi marini inveri sanatori infantili, in quanto si erareso necessario prolungare la degenzapresso gli ospizi. Si era rilevato comefosse inutile tenere bambini tubercolo-tici per periodi brevi di 15-30 gior-ni,infatti non si aveva miglioramento.Pertanto anche in Italia si iniziò a se-guire l’esempio di alcuni ospizi pre-senti all’estero in cui ricoveravano ibambini anche per 5 anni arrivando aottenere guarigioni fino al 90%, comefu attuato nel sanatorio marino di An-zio. Accanto a questo tipo di colonieterapeutiche vennero istituite le «colo-nie scolari» in cui venivano mandati,durante le vacanze scolastiche i bam-bini per una durata di 30-40 giorni perottenere un benessere fisico. Nel 1911erano circa novanta.

Istituti per rachitici

La creazione degli istituti per rachiticiconferma l’impostazione dell’organiz-zazione ospedaliera dell’Ottocento.C’era l’esigenza dell’assistenza alle pa-tologie croniche, di cui il rachitismo

era una delle principali. La necessità diospedalizzazione era legata all’eroga-zione di prestazioni e trattamenti or-topedici e così si conferma ulterior-mente la vocazione chirurgica dell’as-sistenza ospedaliera.Negli anni Settanta dell’Ottocentovennero fondati i primi due istitutiper rachitici, uno a Torino e l’altro aMilano, mentre nel 1911 eranoquattordici.A conclusione del primo cinquanten-nio dell’Unità nazionale il servizio diassistenza all’infanzia era già piuttostoarticolato. Oltre agli ospizi marini eagli istituti per rachitici, che abbiamogià illustrato, c’erano venti istituti cheallora venivano definiti «per deficien-ti», ventitre per ciechi, cinquantadueper sordomuti, centodue per «derelit-ti», più di cinquecento ricreatori, no-vecento orfanotrofi, cinquanta colonieestive, ventotto asili per lattanti cheospitavano duemilacinquecento bam-bini, tremiladuecento asili infantili cheospitavano trecentomila bambini, cen-toquarantadue brefotrofi in cui veni-vano ricoverati ottantamila esposti.Esistevano anche trecento Congrega-zioni di carità, 5.700 associazioni divolontariato e strutture privatisticheper l’assistenza all’infanzia. In nume-rose associazioni erano coinvolti anchepediatri, fra cui la più autorevole era la«Pro infantia».L’attenzione nei confronti del bambi-no si ampliò, non più solo alla preven-zione di alcune importanti infezioni,ma si iniziò a delineare già una tutelaglobale della salute; un esempio è losviluppo che ebbe l’odontoiatria pe-diatrica con l’istituzione di ambulatoricomunali di odontoiatria pediatrica,una maggior educazione alla saluteorale, in particolare con la prevenzionedella carie dentale (10).Nel 1911 esisteva in Italia un serviziodi odontoiatria pediatrica a Milano,Padova,Torino,Genova, Livorno,Ro-ma. A Genova i medici scolastici ri-

portavano le condizioni del cavo oralein un modulo da consegnare all’odon-toiatra oppure se la famiglia era indi-gente, in uno dei due ambulatoriodontoiatrici municipali. A Milano,l’Istituto stomatologico italiano (11)aveva attivato una convenzione per lacura odontoiatrica degli alunni. A Ro-ma esisteva un ambulatorio odono-toiatrico comunale, mentre a Torinoera stata istituita una convenzione perun odonotoiatra per ognuna delle cin-que zone in cui era divisa la città.Durante la seduta inaugurale del VIICongresso pediatrico italiano che sitenne cent’anni fa a Palermo, dal 20 al23 aprile 1911, venne festeggiato inmodo solenne il cinquantesimo anni-versario dell’Unità, come riferì Gaeta-no Parlavecchio, preside della facoltàdi medicina dell’Università di Paler-mo.

«L’importanza dei nostri Congressi diventamaggiore quest’anno che in Italia, in mezzo allepiù vive simpatie di tutto il mondo civile, si cele-bra il 1° cinquantenario della sua redenzione po-litica e della affermazione dei suoi imprescrittibi-li diritti su Roma redenta dall’onta teocratica.Quest’anno l’Italia colle sue mostre ed i suoi con-gressi passa in rivista in faccia a sé stessa ed almondo i progressi mirabili realizzati in mezzosecolo di vita nazionale, in tutti i campi dell’atti-vità umana.I nostri Congressi daranno la misura delle no-stre conquiste nel campo dello scibile medico: e seconsideriamo che da noi in questi 50 anni si èdovuto crear quasi tutto ex novo e che malgra-do le più scoraggianti ristrettezze di mezzi, afuria di sagrifizi personali, la cultura e la pro-duzione medica italiana son giunte a conqui-stare un posto assai distinto…» (12).Il presidente del congresso, RoccoJemma (1866-1949) (fig. 4), nel suointervento di apertura sottolineò lacapacità di aggregazione, per favori-re la formazione della Nazione,compiuta dai congressi pediatrici.«E insieme con tale affratellamento di spirito,di intelletto e di propositi, un altro, egualmen-te nobile e patriottico, ne compiono i nostri con-vegni: l’affratellamento vero delle varie regio-ni d’Italia, dalle Alpi nevose, dove Danteguarda a Trento e Trieste, a quelle che videro la

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pensosa ed irrequieta adolescenza di Garibaldie di Mazzini, giù, giù per gli Appennini, finoall’Erice azzurro, e ai monti di Gallura lonta-ni» (13).

1912-1961:I cinquanta anni dello sviluppodella pediatria preventiva e sociale

Dopo la Grande guerra si determinòin Italia un notevole dissesto socio-economico che agì pesantemente su-gli aspetti socio-sanitari dell’infanzia.L’alto numero di caduti, invalidi emutilati crearono un gran numero diorfani, di illegittimi e si allargò la fa-scia di povertà. I medici richiamati al-le armi e la sottrazione di molti postiletto pediatrici che vennero destinatiagli ospedali militari ridussero i livelliassistenziali, inoltre dopo la guerra cifu un incremento della prevalenza deicasi di tubercolosi, di malattie tra-smesse sessualmente e di malaria.Dopo gli anni dell’immediato dopo-guerra, dominati da tali emergenze,s’iniziò a guardare con più attenzio-

ne al momento preventivo.Un esempio è la strategia nei con-fronti della tubercolosi. Oltre che al-la cura del paziente cronico, s’iniziòa investire notevoli risorse per laprevenzione dei soggetti a rischiotubercolare, soprattutto se, come ve-nivano definiti allora, erano bambini«gracili» o pazienti nelle fasi inizialidella malattia. La strategia fu quelladi creare preventori e colonie eliote-rapiche che servissero proprio a ri-durre il rischio.Un’ulteriore strategia fu quella diestendere l’assistenza pediatrica intutto il territorio per poter agire di-rettamente sulla prevenzione dellevarie patologie sia durante la gravi-danza, sia al momento del parto chenei primi anni di vita.Grazie alle leggi nazionali che deter-minarono l’istituzione dell’ONMI edei consorzi provinciali antituberco-lari, furono realizzate importantistrutture ospedaliere: gli ospedali sa-natoriali e gli istituti per l‘assistenzaall’infanzia (IPAI).

Opera nazionale maternità e in-fanzia (ONMI)

Nel 1919 fu presentata una propostadi legge alla Camera per la realizzazio-ne di un progetto assistenziale che inseguito fu attuato con l’ONMI (14).Con l’istituzione dell’ONMI (15) furealizzata la prima e più radicale rifor-ma pediatrica italiana, infatti fu datauna sistemazione razionale e organicaa tutti i servizi sanitari che vennerounificati in sede provinciale.L’ONMI, che era istituito come en-te parastatale, si ispirava al modellobelga, ove già dal 1919 esisteval’«Opera nazionale dell’infanzia» cheperò, a differenza di quanto fu attua-to in Italia, si occupava solo dellaparte pediatrica ignorando la fasedella gravidanza.In ogni provincia fu istituitol’Istituto provinciale per l‘assistenzaall’infanzia (IPAI), che assorbiva ivari brefotrofi presenti.All’IPAI era affidato il compito del-l’assistenza per la maternità legittima eillegittima, l’assistenza e ricovero deineonati legittimi e illegittimi e il rico-vero di bambini legittimi e illegittimifino al quattordicesimo anno di età.Ogni istituto era fornito di sale diammissione e di osservazione, di re-parti per bambini lattanti e divezzi edi un reparto di isolamento per lue-tici, per oftalmici e per malattie in-fettive o contagiose, separati daglialtri locali con servizi ausiliari an-nessi, compresi laboratori per analisichimiche e cliniche. I brefotrofi piùgrandi disponevano anche di servizianatomopatologici e di terapia fisi-ca. Nell’infermeria lattanti c’era lasala delle incubatrici dotata di culletermostatiche e di una sala refrigera-ta per la cura degli enteritici.L’istituzione dell’ONMI dette unnuovo impulso a tutta l’area pediatri-ca, infatti si creò una rete di consulto-ri nel territorio che richiesero un gran

Fig. 4 - Palermo 1911: in prima fila, seduti, da sinistra a destra: Salvatore Mag-giore, Giovanni Di Cristina, Rocco Jemma, Ignazio Florio Junior, Giuseppe Ca-ronia. In seconda fila, in piedi, da sinistra: Sebastiano Cannata e, dopo una per-sona, Francesco Luna.

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40 pediatria preventiva & sociale

numero di pediatri. Nello stesso tem-po furono condotti corsi di pediatria epuericultura per i medici condotti e fudato ampio spazio all’informazioneanche attraverso strumenti filmatiprodotti dall’Istituto LUCE.L’ONMI realizzò una rete di consul-tori ostetrico-pediatrici in tutto il ter-ritorio nazionale, anche nelle frazionipiù periferiche, in modo chel’ostetrico consultore e il pediatraconsultoriale potevano visitare le don-ne gravide e i bambini, garantendocosì l’assistenza ostetrica e pediatricain tutto il territorio nazionale.Fra le varie strutture presenti c’era an-che la «Casa della madre e del fanciul-lo» ove venivano accolte le donne congravidanza a rischio sociale.Furono attuate anche colonie eliote-rapiche che si dividevano in marine,fluviali e montane di tipo permanenteo colonie elioterapiche diurne, pre-senti nelle città e nei paesi (fig. 5).La presenza almeno di un brefotro-fio in ogni provincia permise dicompletare quella rete ospedalierache è stata la base di ogni riformasuccessiva. Il brefotrofio divennenon solo il luogo ove venivano accol-

ti e curati gli illegittimi o i bambiniabbandonati, ma si integrò con iconsultori ostetrici e pediatrici inmodo da poter prendere in cura ilbambino fino dalla gravidanza. Ven-ne ulteriormente organizzata la mo-dalità di tenere i bambini più vitalipresso le balie esterne, infatti ricor-diamo che fino all’introduzione de-gli antibiotici l’unica forma di profi-lassi delle malattie infettive era quel-la di ridurre i contatti tra bambini.La seconda guerra mondiale determi-nò una nuova grave situazione perl’infanzia. Oltre all’aumento dellamorbilità, le carenze alimentari, ferite,mutilazioni, decessi dovuti sia a dannidiretti causati dalla guerra e, in campopediatrico, a incidenti dovuti a ordigniinesplosi, si ebbe un incremento degliillegittimi, oltre al numero degli orfa-ni, inevitabili, in coincidenza di ogniguerra.Tale situazione coinvolse note-volmente l’intero comparto pediatrico.

La Costituzione

È interessante notare che il proble-ma dell’assistenza agli illegittimi,

che ha costituito uno dei primi epreponderanti motivi di interesse siaa livello di pediatria preventiva e so-ciale, sia a livello di pediatria gene-rale, era ancora preponderante nel-l’immediato dopoguerra e aveva in-fluenzato l’attività dei pediatri costi-tuenti che avevano ispirato in mododeterminante alcuni articoli dellaCostituzione della Repubblica, co-me riferì Mario Cotellessa (1897-1978), che fu alto commissario all’i-giene e alla sanità pubblica e deputa-to all’assemblea costituente, in unacomunicazione al XVIII congressoitaliano di pediatria nel 1947 (16).

«… l’art. 25 del progetto di Costituzione, oradivenuto 24, ma modificato nel 30 capoversocon la dicitura: « La legge assicura ai figli natifuori del matrimonio ogni tutela giuridica e so-ciale compatibile con i diritti dei membri dellafamiglia legittima ».Questa modifica è un giusto freno per quanticredono che sia facile e lecito infrangere il vinco-lo famigliare e dare poi a questi frutti di illecitiamori un riconoscimento giuridico di parità.»Nel 40 capoverso lo stesso articolo 24 della Co-stituzione detta le norme ed i limiti per la ri-cerca della paternità.Non si può in un progetto di Costituzione scen-dere a dettagli che potranno essere fissati dalnuovo legislatore e cosa provvedere alla riso-luzione del figlio illegittimo come già han fat-to altri importanti stati di Europa.Nell’art. 25 della Costituzione nel testo defini-tivo approvato si dice: «La Repubblica agevolacon opportune misure economiche ed altre prov-videnze la formazione della famiglia el’adempimento dei suoi oneri, con particolareriguardo alle famiglie numerose, provvede allaprotezione della maternità, dell’infanzia e del-la gioventù, favorendo gli istituti necessari atale scopo ».Si affida dunque allo Stato l’onere della tuteladella Maternità ed Infanzia ma è chiaro edeloquente che l’azione dello Stato debba essereben diversa nella sua applicazione e nel suo po-tenziamento. Né sarà inutile qui ricordare cheil Gruppo Medico Parlamentare (17) (fig. 6 –Roma, 18 luglio 1946, Aula ottava dell’ulti-mo piano di Montecitorio. Seduta di costitu-zione del Gruppo medico parlamentare. Da si-nistra a destra, in piedi: Piero Fornaia e Ma-rio Merighi, seduti: Ezio Coppa, GiovanniCaso, Giuseppe Alberti, Giuseppe Caronia,

Fig. 5 - Colonia montana permanente: seduta elioterapica giornaliera.

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Mario Cotellessa, Diego D’Amico, BeniaminoDe Maria) ha con il suo referendum (18) pro-spettata la necessità della centralizzazione inun organo tutorio di quanto di sanitario e diassistenziale vi è in Italia. Se contingenze delmomento non lo hanno ancora permesso nondeve, a priori, rinunciarsi in Italia ad un Mi-nistero (19) o Sottosegretariato autonomo checomprenda e coordini tutte le molteplici assi-stenze frammentarie e divise sotto ministeridiversi, direzioni varie, enti talora anche con-trastanti e non bene organizzati.L’Alto Commissariato per la Sanità non ha bril-lato per dinamismo ed autonomia: ha bisogno dimaggiore iniziativa, di migliore prestigio, di piùcompleta azione. Molti gravi problemi devonoessere radicalmente affrontati. e fra questil’assistenza al bambino, la cui mortalità è anco-ra molto elevata, non è tra gli ultimi.Il legislatore deve comprendere che accanto allabonifica della terra, alla costruzione della casa,della scuola, dell’acquedotto, al miglioramentodell’edilizia urbana, al perfezionamento deitraffici e delle comunicazioni vi è un’altra boni-fica non meno sacra ed urgente che è fondata sul-la sanità e sull’igiene.Solo così potremo risolvere i gravi problemi (…).(…) ai bambini riconosciuti dalle madri si negail ricovero come si può provvedere in Provinciedove i brefotrofi esistenti non riescono a ricovera-re i figli di ignoti.Come si potrà imporre alla madre l’allattamentodel proprio bambino se non si giungerà ad im-

porlo con una disposizione di legge? Come si po-trà fare attraverso I’ OperaMaternità ed Infan-zia opera efficace se i consultori saranno ancoraaffidati a medici non puericultori e se a capo del-le Federazioni Provinciali non vi saranno uomi-ni tecnici, eliminando le ingerenze burocratichedegli organi amministrativi Provinciali ?Nelle sue conclusioni il relatore ci addita giustis-sime considerazioni quali il riconoscimento ma-terno e paterno, l’obbligo dell’allattamento finoal 4° mese di età, il ricovero degli illegittimi rico-nosciuti con le madri, l’organico dei medici ispet-tori e tante altre provvidenze veramente efficaciper l’assistenza agli illegittimi.Ma non dimentichiamo che tutto questo graveproblema è problema economico per cui lo Statonella impossibilità di adempiere a questi suoi ob-blighi li trascura e non ne ha ancora trovato unaadeguata soluzione.Io mi auguro che agitando, in questo, nostro Con-gresso tale importante problema e facendocene eco,porteremo al legislatore, che dovrà applicare iprincipi della nuova Costituzione, un preziosocontributo, cui non potrà mancare l’azione con-corde e decisa della rappresentanza medica parla-mentare che speriamo torni più numerosa ed effi-ciente nelle nuove elezioni.La sanità della stirpe è il fondamento della vitasociale, e se tanto facilmente ricordiamo dell’anti-ca Roma i passi e le glorie immortali, non dimen-tichiamo che la potenza e la forza di una Nazio-ne sono legati oltre che alla saggezza alla sanitàdel suo popolo.»

Nel dopoguerra il disagio fu accresciu-to anche dal commissariamento del-l’ONMI, che durò fino a metà deglianni Cinquanta.Dopo la gestione della grave situazio-ne determinata dalla guerra, la situa-zione pediatrica cambiò radicalmentecon l’arrivo, anche in Italia, degli anti-biotici, che determinarono una nettariduzione della mortalità infantile, chegià alla fine degli anni Quaranta si eraridotta al 6%. La possibilità di una te-rapia delle principali malattie infettive,grazie all’introduzione di nuovi anti-biotici, che risultavano già un perfe-zionamento dei primi introdotti nel-l’immediato dopoguerra, permise aipediatri di potersi interessare e rispon-dere a nuovi bisogni.Nel dopoguerra si vide una progressi-va espansione dei reparti di pediatria,in molti casi di derivazione brefotrofi-ca,associata all’ospedalizzazione delparto che si sviluppò dagli anni Ses-santa in poi.

1962-2011:I cinquanta anni delle riforme sa-nitarie

In occasione del centenario dell’U-nità nazionale si svolse il XXVIIIcongresso nazionale di pediatria aTorino (20).L’introduzione in Italia della vacci-nazione antipolio orale tipo Sabin,resa obbligatoria nel 1966, determi-nò un a drastica riduzione dei casi dipoliomielite, di cui si era avuta unagrande epidemia nel 1958.Oltre alla riduzione della disabilitànella popolazione generale, si ebbe lapossibilità di orientare ad altre for-me di prevenzione i centri antipolio-mielitici che erano stati notevol-mente sviluppati negli anni Cin-quanta in tutta Italia, in tal modo laprevenzione in età pediatrica ebbeun ulteriore sviluppo.

Fig. 6 - Roma ,18 luglio 1946. Assemblea Costituente, Montecitorio. Gruppomedico parlamentare: (da sinistra a destra) in piedi: Piero Fontana e Mario Me-righi; seduti: Ezio Coppa, Giovanni Caso, Giuseppe Alberi, Giuseppe Caronia,Mario Cotellessa, Diego D’amico, Beniamino De Maria

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42 pediatria preventiva & sociale

Negli anni Sessanta ebbe un parti-colare sviluppo la medicina scolasti-ca che fu anche regolamentata a li-vello legislativo (21).L’obbiettivo della medicina scolasti-ca è bene indicato:

«Il servizio di medicina scolastica comprende laprofilassi la medicina preventiva, la vigilanzaigienica, il controllo dello stato di salute di ogniscolaro e si avvale della collaborazione dellascuola nell ’educazione igienico-sanitaria»(22).

Con la prima riforma ospedaliera del1968 (L. 132) i nosocomi venneroriorganizzati in base a un criterio va-lido per l’intero territorio nazionale.I singoli ospedali vennero tolti dallagestione delle singole amministra-zioni, per essere riorganizzati in ba-se a un’impostazione generale. Pergli ospedali generali erano previstitre tipologie, regionale, provinciale odi zona.Con la prima riforma ospedaliera siebbe la realizzazione di un reparto dipediatria non solo negli ospedali re-gionali e provinciali, ma anche inquelli di zona.Negli anni successivi si è assistito auna progressiva deospedalizzazionee accorpamento delle strutture ospe-daliere.Nel dicembre 1978 con la Legge833 fu varata la prima grande rifor-ma sanitaria, che prevedeva una for-te integrazione fra ospedale e terri-torio, fra comparto sanitario e so-ciale. Nacquero le Unità sanitarielocali.Dal primo gennaio 1979, conl’introduzione del Servizio sanitarionazionale, fu istituita la figura delpediatra di libera scelta. Nello stessoperiodo vennero costituiti i distrettisociosanitari di base che, in molti ca-si, avevano nell’organico un pediatrache assunse la qualifica di pediatra dicomunità. Molte funzioni che eranostate assicurate dai consultori del-

l’ONMI (23) vennero trasferite aidistretti sociosanitari di base, fornitedi un apposito team di assistenti so-ciali, e per la parte pediatrica dal pe-diatra di comunità.Agli inizi degli anni Novanta si ebbel’aziendalizzazione del Servizio sa-nitario nazionale che rappresentò laseconda riforma sanitaria. Il dirittoalla salute venne subordinato alleesigenze di bilancio, cioè alla conta-bilità della spesa e furono stabiliti ilivelli essenziali d’assistenza.I decreti legislativi 509/92 e 517/93introdussero il finanziamento a pre-stazione, assicurato attraverso il pa-gamento di un corrispettivo prede-terminato, i DRG (Diagnosis reletedgroup) o ROD (Raggruppamentiomogenei di diagnosi).Con la Legge 30 ottobre 1998 n°419, fu delegata al governo la razio-nalizzazione del Servizio sanitarionazionale, attraverso la programma-zione, mediante il piano sanitarionazionale e i piani sanitari regionali.Con la Legge costituzionale 18 ot-tobre 2001 n° 3, fu stabilito che latutela della salute spetta alle Regio-ni, salvo che per la determinazionedei principi fondamentali e dei livel-li essenziali di assistenza (LEA), chespettano al ministero della salute.Questa è la terza riforma sanitaria.

Conclusioni

Se non ci fosse stata l’Unità nazio-nale che ha permesso di poter creareuna rete, prevista dalle varie leggidello stato unitario, non si sarebberopotute creare strutture e servizi chehanno permesso di offrire ai cittadi-ni le migliori opportunità terapeuti-che, la possibilità di accedere anchenelle zone più periferiche ai servizinazionali e pertanto di avere unamaggiore aspettativa di vita e di po-ter esercitare il diritto alla salute.

Basta immaginare l’assistenza nellaprima metà dell’Ottocento, per capi-re lo sviluppo che ha determinatol’Unità d’Italia.La dimostrazione dell’evoluzione siadell’assistenza sociosanitaria dell’etàevolutiva che si è avuta nei centocin-quant’anni dell’Unità nazionale, siadel cammino percorso dalla medici-na, si evince anche dal cambiamentodel nome della Società italiana di ni-piologia, che fu fondata come rispo-sta a quella che era una delle fasce dietà più a rischio, cioè i primi anni divita. Grazie all’introduzione degli an-tibiotici, allo sviluppo delle vaccina-zioni, ai progressi della neonatologia,aveva ottenuto dei notevoli progressi,in cui è necessario incentrarel’attenzione più sugli aspetti preven-tivi e di tutela sociale della popolazio-ne infantile: per questo la società sitrasformò in «Società italiana di pe-diatria preventiva e sociale» (fig 7).Vogliamo concludere questo studiosull’evoluzione della pediatria pre-ventiva e sociale nei centocinquan-t’anni dell’Unità nazionale, ripor-tando l’esempio dello screening del-l’ipotiroidismo congenito, perchérappresenta un successo italiano el’esempio di un coordinamento na-zionale efficace e vincente e, nellostesso tempo, è un modello di inte-grazione tra strutture centralizzate erealtà locali.L’ipotiroidismo congenito è una gra-ve malattia determinata, nella mag-gioranza dei casi, da assenza, mal-formazione o cattivo funzionamentodella tiroide.Alla nascita spesso non sono eviden-ti segni clinici che possano far so-spettare la presenza di tale malattiache si scopre solo quando si sono giàinstaurati danni significativi rappre-sentati principalmente da grave ri-tardo della crescita staturale, che puòperò essere recuperata con la terapia,e soprattutto da ritardo dello svilup-

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po mentale, che può sfociare in unpiù o meno grave handicap definiti-vo e incurabile.La diagnosi precoce della malattia èquindi indispensabile perché offre lapossibilità di somministrare farmacicontenente l’ormone che la tiroidenon è in grado di produrre, evitandoin tal modo qualunque tipo di dan-no, e far sì che il bambino crescasenza nessun problema con livelli diapprendimento simili agli altri.Per poter attuare una diagnosi la piùprecoce possibile si debbono eseguire,come avviene anche in Italia, degliscreening su tutti i neonati, prelevan-do alcune gocce di sangue dal tallone.Sotto l’egida del Ministero della Sa-lute, endocrinologi pediatri e dell’a-dulto e responsabili dei laboratoriregionali di screening si sono rego-larmente riuniti dal 1982 a Parmapresso la Clinica Pediatrica, alloradiretta da Giorgio Giovannelli, enell’ultimo decennio a Roma pressol’Istituto Superiore di Sanità, per fa-

cilitare l’ estensione dello screening atutto il territorio nazionale ed effet-tuare gli esami di laboratorio in cen-tri altamente specializzati, in mododa poter garantire la sicurezza el’omogeneità dei risultati.I centri sono attualmente ventisei e so-no presenti in tutte le regioni italiane.Un atto di particolare importanza èstato l’istituzione nel 1987 del Regi-stro nazionale dell’ipotiroidismo con-genito (24), coordinato dall’Istitutosuperiore di sanità, con lo scopo diraccogliere tutti i dati clinici dei neo-nati risultati positivi allo screening..Sono 5.000 i bambini italiani ai qualiè stato diagnosticato l’ipotiroidismocongenito nei primi venti anni di atti-vità del Registro nazionale di tale ma-lattia (25.I 5.000 bambini che in questi annisono stati identificati sono stati cu-rati e seguiti con appositi program-mi di follow up.L’accuratezza degli esami di labora-torio effettuati nei centri regionaliha permesso di identificare molti ca-si che altrimenti sarebbero passatiinosservati: infatti in Italia si ha uncaso di ipotiroidismo congenito ogni2.400 nati, superiore al valore di unoogni 3-4.000 nati, riscontrato in al-tre parti del mondo, dimostrandocosì che sono stati identificati casiche in altre situazioni sarebbero pas-sati inosservati.

Note

1. Cfr. Italo Farnetani, Storia della pediatriaitaliana, pp. 11-13.

2. Nel 1886-90 la mortalità nel primo anno divita in Italia fu del 193 su 1.000 nati vivi,mentre in Norvegia era circa la metà, 96‰.

3. L'Italia ha uno dei livelli di mortalità neo-natale più basso del mondo (2‰),. Solo inpochi stati è ancora inferiore (1‰): Giap-pone, Islanda, Singapore, Lussemburgo..Anche i livelli di mortalità infantile sonofra i più bassi del mondo (3‰), infatti soloin pochi stati è inferiore (2‰): Giappone,

Islanda, Liechtenstein, Lussemburgo, Sin-gapore, Slovenia, Svezia. ( Fonte:La condi-zione dell’infanzia nel mondo UNICEF2011)

4. In seguito fu emanato, con R.D. 27 luglio1934, n. 1265, il nuovo T.U. delle leggi sa-nitarie che, fino alla riforma sanitaria del1978, ha fissato le specifiche funzioni deisingoli organi dell’amministrazione sanita-ria.

5. Nel 1884 i bambini abbandonati dalle fa-miglie furono 140.000 di qualunque età deiquali 92.000 furono assistiti nei brefotrofi oaffidati a balie esterne, ma sotto la tutela eil controllo del personale dei brefotrofi.

6. Nel 1883 a Firenze fu istituita la prima cli-nica pediatrica universitaria, mentre a Pa-dova fu attuato l'insegnamento di pediatria.

7. Era la definizione data allora ai bambiniche in seguito vennero chiamati «prematu-ri» e ora »piccoli per l'età gestazionale» o«pretermine».

8. Era definita «scrofola»:era una forma di lin-fadenite cervicale tubercolare Nel XIX se-colo gli ospizi marini erano la forma più ef-ficace di cura per i bambini «scrofolosi»,.

9. Già dal 1842 l'Amministrazione dell'ospe-dale e degli ospizi di Lucca, durante il du-cato dei Borbone di Parma, aveva iniziato apraticare le prime cure marine sulla spiag-gia di Viareggio.

10. Un primo passo per comprenderel'evoluzione del concetto di salute è quellodi seguire la parafrasi del lemma salute ri-portato nei vocabolari delle varie epoche.Nel 1931 per salute si intende: «Liberazio-ne da ogni danno e pericolo» (Il Nuovissi-mo Melzi- dizionario italiano completo.Milano:Antonio Vallardi Editore; 193 1; p.691). Questa definizione di salute equivalead assenza di malattia. In questa concezio-ne, la salute è individuata come uno statoinevitabilmente soggettivo: sia dal punto divista fisiologico che, ancora di più, sotto ilprofilo psicologico, ogni individuo risentein modo diverso dei fattori di rischio, ovve-ro degli elementi capaci di causare un dan-no; quindi alcune condizioni di lavoro po-tranno risultare più dannose verso un sog-getto rispetto ad un altro posto nelle iden-tiche condizioni. Numerosi elementi indi-viduali rendono gli esseri umani analoghi,ma non uguali: esiste cioè una notevole va-riabilità o suscettibilità individuale, checomporta come conseguenza una differen-te probabilità di sviluppo di un danno a pa-rità di fattori di rischio.Nell'immediato do-poguerra si è verificata una prima evoluzio-ne del concetto, infatti si intende: «Integri-tà. Incolumità» (A. Albertoni, E. Allodoli.Vocabolario della lingua italiana. Firenze:

Fig. 7 - Copertina del trattato di pueri-cultura di Giovanni De Toni pubblicatonel 1939, nel sottotitolo si legge: «Pedia-tria preventiva individuale e sociale». Sitratta del primo testo di questa

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Felice Le Monnier; 1948; p. 797). Come sivede si è già introdotto il concetto della pre-venzione che si esprime attraverso la parolaincolumità. Infine si arriva alla definizioneusata attualmente per cui per salute si in-tende: «Condizione di benessere fisico epsichico dovuta a uno stato di perfetta fun-zionalità dell'organismo» (G.Devoto,G.C.Oli. Nuovissimo vocabolario illustrato del-la lingua italiana Milano: Selezione dalReader's Digest; 1997; p. 2734). Come sivede nel tempo la concezione del bene "sa-lute" si è evoluta, per giungere alla defini-zione dell'Organizzazione Mondiale dellaSanità (OMS) di salute intesa come «con-dizione di benessere fisico, psichico, socia-le» della persona. Questa definizione ponemaggiormente l'accento sulla centralità del-la persona e della famiglia.

11. Fondato nel 1908.12. Cfr. Atti del VII Congresso pediatrico ita-

liano. Palermo: Stabilimento tipografico A.Giannitrapani, 1912, p. 22.

13. Cfr. op. cit., pp. 26-27.14. All'inizio si chiamava ONPMI (Opera na-

zionale per la protezione della maternità edell'infanzia).

15. Legge del 10 dicembre 1925 n. 2277 e Re-gio Decreto 15 aprile 1926 n. 718 riguardoall’attuazione.

16.Mario Cotellessa [intervento in discussio-ne], in Atti del XVIII congresso italiano dipediatria Pisa, 31 maggio-4 gikugno 1947,editor G. Fiore, A Gentili, pp. 686-688.

17. Il 2 giugno 1946 si svolsero, oltre al refe-rendum istituzionale per la scelta fra mo-narchia e repubblica, anche le elezioni perl’Assemblea costituente. Risultarono eletti581 deputati fra i quali 28 medici, che fon-darono il «Gruppomedico parlamentare». Ipediatri erano 6.

18. Il Gruppo medico parlamentare indisse unreferendum fra i 40.000 medici italianiiscritti ai vari ordini professionali. Venneroposti 13 quesiti che vennero inviati ai presi-denti degli Ordini dei medici provincialiche avrebbero dovuto sottoporre ai propriiscritti, spogliare le schede ed elaborare i ri-sultati. I risultati ottenuti furono trasmessial Gruppo medico parlamentare che li ela-borò e li inviò all’Alto Commissariato perl’Igiene e la Salute Pubblica (eral’equivalente del Ministero della Salute)

che elaborò gli schemi di riforma legislati-va, in base ai risultati del referendum, e iprogetti furono trasmessi al Gruppo medi-co parlamentare che li presentò all’Assem-blea Costituente per la conversione in leg-ge.

19. Il Ministero della sanità fu istituito nel lu-glio del 1958. Il primo titolare del dicaste-ro fu Vincenzo Monaldi (1899-1969), di-rettore dell'Ospedale sanatoriale di Napolie direttore della cattedra di tisiologia pressol'Università partenopea.

20. Il congresso si svolse dall'8 al 10 ottobre1961 e coincise con l'inaugurazione dellanuova Clinica pediatrica. Nei quattro volu-mi degli Atti del congresso non ci sono pe-rò riferimenti al centenario dell'Unità na-zionale.

21. D.P.R. 22 dicembre 1967, n. 1518 (1). Re-golamento per l'applicazione del titolo IIIdel decreto del Presidente della Repubblica11 febbraio 1961, numero 264 (2), relativoai servizi di medicina scolastica.

22. Ibid,Titolo I, art. 2.23. L'ONMI fu sciolto nel 1975.24. Legge naz. n°104 del 5/2/1992 che preve-

de, nell'ambito degli interventi di medicinapreventiva, lo screening neonatale per l’ipotiroidsmo congenito.

25. I risultati del primo ventennio di attività delRegistro sono stati pubblicati su ItalianJournal of Pediatrics www.ijponline.net.

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Il neonato in …. “terra” ostetrica

Le origini storiche della neonatologia,lungo il percorso che ha condotto al-l’evoluzione della medicina moderna,vanno ricercate tra le “carte” dell’oste-tricia. L’interesse per il neonato, per isuoi processi biologici di normalità edi fisiologia, per le sue patologie col-legate con la prematurità e lo stato diincompletezza anatomica e funziona-le è una realtà moderna ed evoluta acui si deve tra l’altro la marcata ridu-zione della mortalità perinatale e in-fantile degli ultimi decenni.È l’ostetrica, e con lei il medico oste-trico/ginecologo, il professionista acui sino al XX secolo sono affidate in

esclusiva le cure del prodotto del con-cepimento nel periodo prenatale, pe-rinatale e neonatale. Le prime indica-zioni anche di ordine clinico sulla fi-siopatologia neonatale la troviamo in-fatti (spesso in forma di appendice !)sui testi di medicina ostetrica della se-conda metà del XIX secolo o degliinizi del novecento. Rileggendo quel-le pagine si avverte una competenzafatta di esperienza e di conoscenzeche riguardano il neonato a termine,fisiologico o con patologie comuni, didiagnosi e gestione prevalentementedomiciliare, quali le onfaliti, le anemieo la malattia emorragica. La gestionenutrizionale era basata in modo pres-soché esclusivo sull’allattamento al se-

no, materno o baliatico, e rientravaanche per consonanza nelle proceduredi ordine ostetrico.Poiché nella storia, anche secondo gliinsegnamenti vichiani, i “corsi” ten-dono a diventare “ricorsi”, anche oggiche la neonatologia è diventata unadisciplina vera, integrata nella pedia-tria ma con un pool di conoscenze ecompetenze che richiedono un cursusspecifico e un training dedicato, si co-minciano a risentire proposte di affi-damento del neonato “sano” agli oste-trici. Si saltano così un cumulo di evi-denze mediche e scientifiche e di ele-menti di ordine clinico e sociale chehanno reso il neonato un’entità unicae peculiare che non può essere consi-derata una appendice del feto, ma co-me un organismo in via di evoluzionebiologica globale che ha diritto allecure di un professionista con compe-tenze certe e dedicate quale è il pe-diatra. Di questi dati non c’era traccianelle conoscenze mediche sino allaseconda metà del XX secolo se non inalcuni contributi di veri pionieri dellapediatria.

Nipiologia e Puericultura

LaNipiologia comincia a differenziar-si come disciplina, sia pure integrata eall’interno della Pediatria, quando agliinizi del XX secolo si comincia a dis-cutere in modo più tecnico e appro-

Il neonato in “cammino”. Dalla Nipiologia edalla Puericultura alla Neonatologia e allaTerapia Intensiva NeonataleGiovanni Corsello1, Mario Giuffrè1, Dora Di Mauro21Dipartimento Materno-Infantile, Università di Palermo2Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Parma

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fondito degli aspetti nutrizionali dellattante, del bambino cioè nel suo pri-mo anno di vita, per il quale il latte èl’alimento prima esclusivo e poi preva-lente, fondamentale in termini quali-tativi e quantitativi per la sua crescitafisica e il suo sviluppo.Questa discipli-na venne rapidamente inglobata nellaPuericultura, termini usati spesso co-me sinonimi, ma che in realtà vennescelto (con la dizione originaria di“Puericoltura”) per identificare nonsolo le “Leggi e le tecniche del norma-le allevamento”, ma anche la pediatriacon orientamento preventivo e sociale,al punto da trasformarsi sul finire delXX secolo in Pediatria Preventiva eSociale.La necessità di occuparsi delle fasi ini-ziali dell’infanzia non solo in terminidi diagnosi e cura,ma con un’ottica te-sa a migliorare, tutelare e promuoverela salute, era in qualche modo un fattoinnovativo e collegato con istanze del-la popolazione che avevano un impat-to crescente. La riduzione della mor-talità infantile grazie al progressivomiglioramento delle condizioni igie-niche e ambientali, il controllo pro-gressivo delle malattie infettive attra-verso procedure di immunizzazioneattiva (le vaccinazioni dell’infanzia) el’uso di chemioterapici e di antibioticisono state le premesse epidemiologi-

che per gli ulteriori progressi ed avan-zamenti culturali, scientifici ed orga-nizzativi della pediatria.Pensiamo al grande ruolo di preven-zione, oltre che di diagnosi e cura, chel’Opera Nazionale Maternità e Infan-zia (ONMI) ha avuto sin dalla suafondazione negli anni ’30 del XX se-colo e sino alla sua scomparsa avvenu-ta dopo circa 40 anni di vita e di atti-vità, per cedere il passo e il posto allapediatria di base oggi diventata Pedia-tria di famiglia realtà in cui oggi si ero-gano le cure pediatriche primarie a li-vello territoriale.Uno dei punti di forza della puericul-tura erano le cure neonatali, lo studiocioè delle fasi iniziali dello sviluppoorientate non solo verso gli aspetti del-l’allattamento e della nutrizione, maanche verso la diagnosi e il trattamen-to di patologie responsabili di mortali-tà infantile e di esiti spesso invalidan-ti. Cominciarono a diffondersi, tra icultori della puericultura, i pediatri chesi occupavano delle patologie del neo-nato e della sua assistenza. Possiamoconcludere che dalla Puericultura sisono sviluppate due aree culturali di-verse per sviluppo, interessi assisten-ziali ma fortemente necessarie alla pe-diatria: la Pediatria Preventiva e So-ciale da un lato e la Neonatologia dal-l’altro.

Dalle origini della Neonatologiaalla moderna Terapia IntensivaNeonatale

Le origini della Neonatologia in Italiavanno ricercate intorno agli anni ’60del XX secolo all’interno della Pueri-cultura. I progressi ottenuti dalla Neo-natologia nel corso dei circa cinquantaanni che ci separano dalla sua nascitacome disciplina integrata all’internodella pediatria e della puericulturahanno contribuito in modo determi-nante ad abbattere nel nostro paese lamortalità infantile e la mortalità peri-natale. Nello stesso tempo, grazie alladiffusione della cultura e dell’assisten-za neonatologica, si è ottenuto uncambiamento del destino dei neonatipretermine, per secoli consideratipressoché incompatibili con la soprav-vivenza se non in modo aneddotico eoccasionale.Le Unità Operative di Neonatologiae Terapia Intensiva Neonatale(UTIN) sono oggi centri attrezzati ingrado di erogare procedure e presta-zioni estremamente sofisticate; pen-siamo alle modalità differenziate diventilazione, di farmacoterapia e dinutrizione parenterale, ai nuovi ap-procci di trattamento di patologiecon ridotte possibilità di trattamentosino a pochi anni orsono, come

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l’ipertensione polmonare rivoluzio-nata dal trattamento con l’ossido ni-trico e l’asfissia perinatale, sempre piùcollegata ad una riduzione di esiti adistanza grazie all’ipotermia cerebra-le. Contemporaneamente ai progres-si clinici e tecnologici si è assistito adun cambiamento delle strategie di co-municazione e di relazione all’internodelle UTIN; la “care”, intesa come si-stema di accudimento del neonatopretermine individualizzato ed inte-rattivo tra personale e genitori, si èdimostrata in grado di minimizzare

lo stress neonatale e di migliorare laqualità dello sviluppo, l’allattamentomaterno o con latte umano anche deipretermine, il counselling multidisci-plinare delle gravidanze a rischio, lestrategie di profilassi delle infezioninosocomiali sono tutti esempi di unamodifica importante e sostanziale de-gli assett culturali sui quali si basa og-gi l’attività dei neonatologi.Nel corso degli ultimi anni si sentesempre di più in Italia l’esigenza di as-sicurare che gli standard assistenzialielevati in neonatologia siano estesi atutta la popolazione e che in tutti icentri nascita (anche in quelli di I e IIlivello che non sono garantiti dallapresenza di una UTIN) si possano ga-rantire assistenza e rianimazione allanascita adeguati in tutte le situazionidi emergenza.Questo comporta la ne-cessità di una guardia attiva pediatri-co/neonatologica 24h/24 in tutti icentri nascita, dove siano garantiti lacentralizzazione delle gravidanze a ri-schio verso i centri di III livello, e ilservizio per il trasporto di emergenzaneonatale (STEN) in tutto il paese,che siano progressivamente accorpati icentri nascita con numero di nati peranno inferiore a 500 con l’obiettivoche tutti i centri nascita abbiano alme-

no 1000 nati per anno come soglia checonsenta di delineare percorsi nascitain condizioni di sicurezza sia a livelloostetrico che neonatologico.La neonatologia è una disciplina inpiena evoluzione: da attività pionie-ristica e sperimentale, nata come co-stola della puericultura, è oggi unadisciplina piena integrata nella pe-diatria ma con autonomia assisten-ziali e di ricerca. Su questa evoluzio-ne si giocano le prospettive di vita edi salute di neonati estremamentefragili sul piano clinico e biologicoquali i neonati esterni pretermine e inati di peso molto basso.Inoltre, è oggi sempre più fortel’esigenza di identificare i neonati confattori di rischio per patologie disme-taboliche o degenerative ad emergen-za anche in età adulta per impostareprogrammi di prevenzione a più vastoraggio. Ne è un esempio la malnutri-zione fetale e neonatale, causa di ritar-do di crescita intrauterino e postnata-le, evento correlato con alterazioniepigenetiche e di programmazionemetabolica le cui ricadute si hanno nelcorso dell’età evolutiva o nell’adultocon l’insorgenza di obesità diabete,sindrome metabolica e patologia car-diovascolare.

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Introduzione

Il moderno concetto di “adolescenza”,probabilmente quasi sconosciuto nel-la concezione odierna fino alla primametà del secolo scorso, ha presentatoun particolare sviluppo a partire daglianni ‘60 del XX secolo in considera-zione dei nuovi bisogni sociali e assi-stenziali di una fascia di popolazione,che si ampliata negli ultimi 150 anninelle società occidentali, Italia com-presa (Figura 1) (1).Tale ampliamento deriva in primoluogo da aspetti di tipo sociale, carat-terizzati dall’incremento del tempodedicato all’istruzione (anni medi discolarizzazione: 4.3 nel 1915-‘18; 11.6nel 2000-’05) (2) e il concomitante ri-tardo dell’ingresso nel mondo del la-voro – quindi nel ruolo di adulto - ri-spetto alla società contadina e pre-in-dustriale dei decenni precedenti (Fi-gura 1). A questo fenomeno hannoprobabilmente contribuito aspetti ditipo biologico, come l’anticipazionedell’inizio dello sviluppo puberale, chesi è verificato negli ultimi due secolinelle società occidentali (Figura 1) e la

maggiore diffusione di stili di vita “arischio” favorita da comportamentiemulatori più rapidamente diffusi dainuovi media elettronici (1).Molte delle caratteristiche biologi-che e neuro-psicologiche degli ado-lescenti così come le loro principalicause di morbilità e mortalità hannopoi acquisito caratteristiche proprie,

che le differenziano sia da quelle deibambini che da quelle dell’adulto (1,3). In effetti, come un bambino nonè un adulto in miniatura ( Jacobi)(4), un adolescente non è né un pic-colo adulto né un grande bambino(1), ma un cittadino a tutti gli effet-ti seppure con limitazioni delle pro-prie capacità decisionali (5).

“Nel 1859 durante la guerra per la liberazione della Lombardia, un ragazzo d'una dozzina d'anni,…… un bel ragazzo, dal viso ardito, dagli occhi grandi e celesti, coi capelli biondi e lunghi……Poi s'avvicinò alla casa, levò dalla finestra la bandiera tricolore e la distese come un drappo funebre sul piccolo morto…”

(E. De Amicis: La piccola vedetta lombarda)

La salute degli adolescenti nel 150° annodell’Unità d’Italia

Silvano Bertelloni1, Eleonora Dati2, Rita Camaiora3, Gabriele Tridenti41Presidente Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (SIMA), UO Peditria 1, Dipartimento Materno-Infantile - Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisa, Pisa2Commissione Giovani della SIMA, UO Pediatria 1, Dipartimento Materno-Infantile, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa3Cattedra di Storia, Istituto Tecnico “Don Innocenzo Lazzeri”, Pietrasanta (LU)4Presidente Società Italiana di Ginecologia dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SIGIA), Struttura Complessa di Ostetricia e Ginecologia, ArcispedaleSanta Maria Nuova, Reggio Emilia

Fig. 1 - Evoluzione del concetto di adolescenza in rapporto alle modificazioni so-matiche (anticipo dello sviluppo puberale) e sociali (prolungamento del tempo de-dicato alla formazione, globalizzazione dei comportamenti anche favorito dall’usodei media elettronici con ritardata assunzione di un ruolo sociale adulto economi-camente indipendente) (1).

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In pratica, la situazione attuale sidifferenzia notevolmente da quellache contraddistingueva la stessa fa-scia di popolazione quando si realiz-zava l’Unità d’Italia. Gli adolescentiavevano probabilmente in quel mo-mento una caratterizzazione socialemolto differente da quella attuale ebisogni sanitari del tutto differenti -ma sicuramente hanno contribuitosia “sul campo” con piccoli o grandiepisodi sia dal punto di vista simbo-lico al percorso di unificazione del-l’Italia come testimonia il raccontodi De Amicis (6).

Alcuni riferimenti storici: gli ado-lescenti e l’unificazione dell’Italia

Nel 1848, l’anno della I Guerrad’Indipendenza, la “bella Gigogin”(15 anni) faceva l’amore, come reci-ta un famoso canto patriottico (7) ecome fanno molte delle adolescentiodierne (1). La Gigogin è dunque unaltro dei tanti simboli adolescenzialidel Risorgimento italiano.Nello stesso 1848, i milanesi insor-sero contro gli austriaci agitando ilTricolore e cantando l’Inno di Ma-meli1. Il 1848 fu un anno decisivoper la futura Italia; le rivolte scop-piarono, oltre che a Milano, in mol-te altre aree. A Palermo, FerdinandoII, re delle due Sicilie concesse perprimo la Costituzione, seguito daLeopoldo II di Toscana, Carlo Al-berto - che concesse lo Statuto Al-bertino - e poi da Pio IX. Seguirononella rivolta Venezia, Parma, Mode-na. Dopo i moti prevalse la reazione;solo il Regno Sabaudo di Carlo Al-berto mantenne lo Statuto.L’insuccesso della I Guerra di Indi-pendenza fece capire che né le insur-rezioni mazziniane né la collabora-zione tra i soli stati italiani potevanoriuscire a dar vita all’Italia unita, cheperaltro nessuno sembrava desidera-

re in Europa (8). In quegli anni, enei decenni successivi, migliaia digiovani più o meno consapevolmen-te morirono per una Patria unita co-me ricorda la Spigolatrice di Sapri[“…trecento (che) eran giovani eforti/E son morti!”] a epitaffio diquei patrioti che il 25 giugno 1857 -guidati da Carlo Pisacane - sacrifi-cano le loro vite (9).Negli stessi anni, dei “pericolosi gio-vanissimi sovversivi”, secondo lacensura austro-ungarica, ricoprironoi muri di Milano con la scritta “WVerdi” (famoso acronimo per “WVittorio Emanuele re d’Italia”) (8).Sono giovani anche quelli che dalloggione della Scala, a Milano, inon-darono la platea austriaca di volanti-ni bianchi, rossi e verdi, che si posa-rono sulle giubbe dei soldati austria-ci, questi ultimi magistralmente ri-tratti dal Giusti in Sant’Ambrogio(10)2. Si possono poi ricordare glistudenti universitari di Pisa e Siena,che sempre nel 1848, guidati dai lo-ro professori, parteciparono alla bat-taglia di Curtatone e Montanara efurono immortalati, come molti altri

adolescenti-patrioti, dagli artisti delXIX secolo (Figura 2).Come emblema successivo alla sto-ria dell’Italia Unita, si possono poiricordare i “ragazzi del '99”, che du-rante la I Guerra Mondiale furonoprecettati quando non avevano an-cora compiuto diciotto anni. Fretto-losamente istruiti, il loro apporto,unito all'esperienza dei veterani, sidimostrò fondamentale per la vitto-ria finale (11).Dunque, chi si fece concretamenteportavoce e interprete del Risorgi-mento che portò 150 anni fa all’uni-tà di Italia e mise eroicamente ingioco la sua vita stessa per realizzarequegli ideali? Per lo storico LucioVillari si trattò di “Anni di impetogiovanile di ragazzi pensosi del loropresente e del loro futuro... Giovaniquindi con ideali di libertà, di demo-crazia, di liberazione del territorioitaliano dallo sfruttamento e dalleimposizioni delle dominazioni stra-niere…” (12), come dimostrano i“rivoltosi” arruolati nelle truppe diGaribaldi, che avevano età oscillantidai 14 ai 25 anni (8).

Fig. 2 - P. Senno: I toscani a Curtatone (campagna 1848). La Battaglia di Curta-tone e Montanara fu combattuta da soldati toscani e napoletani da una parte etruppe asburgiche dall'altra il 29 maggio 1848 nei luoghi situati tra i due paesi, neipressi di Mantova, e rappresenta una fra le più simboliche battaglie della primaguerra di indipendenza

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Gli adolescenti hanno dunque con-tribuito in maniera determinate al-l’Unità d’Italia. E’ opportuno quindichiedersi come l’Italia unita rispon-da alle loro esigenze di salute dopo150 dalla proclamazione dello statounitario.

Unabreve sintesi: la salutedegli ado-lescenti a 150 dall’Unità d’Italia

Gli adolescenti (età 10-18 anni) ol-tre ad avere specifiche esigenze assi-stenziali (1, 13) hanno presentatonegli ultimi anni un peggioramentodi alcuni indicatori di salute (Tabel-la 1) (1). A ciò si aggiunge un decre-mento della mortalità notevolmenteridotta rispetto a quello rilevato inetà infantile negli ultimi 50 anni(15-19 anni: maschi -41%; femmine-52 vs. 1-4 anni: maschi -85%; fem-mine -86), tanto che nei paesi occi-dentali il tasso di mortalità infantilerisulta ormai inferiore rispetto aquello in adolescenza (14). Inoltre, leprincipali cause di morte in quest’ul-tima fascia di età, riconducibili atraumatismi e avvelenamenti, sonospesso conseguenza di comporta-

menti a rischio come l’abuso di alcol(15) e presentano un’importante dif-ferenza tra Nord (54/100.000) eCentro-Sud d’Italia (45 e42/100.000) (16). Una analoga si-gnificativa differenza esiste ancheper il tasso di suicidio (1), suggeren-do che le differenze culturali/socialiche tutt’ora sussistono tra le variearee geografiche possano contribuirea variazioni nello stato di salute de-gli adolescenti (1, 13, 14), come ri-portato anche in alcuni paragrafisuccessivi.

Abitudini e stili di vita in adole-scenza: le differenze Nord-Sud

L’adolescenza è il periodo della vitain cui, di regola, inizia un’attività so-ciale maggiormente indipendentedalla famiglia con adozione – spesso– di comportamenti e stili di vita arischio (1), che possono tuttavia ri-entrare nel fisiologico percorso ado-lescenziale di crescita a meno chenon evolvano in un pericoloso e pa-tologico “acting out” fisico o psico-logico (17). In questo senso è spessocompito degli adolescenti “rompere”

con la tradizione per contrappor-re/proporre nuove forme di svilupposociale (17), che sono vitali per ilprogredire della Società; in quest’ot-tica possiamo forse leggere anchel’entusiasmo e la partecipazione deigiovani del Risorgimento al proces-so di unificazione (8). A volte sonoinvece i comportamenti quotidiani, acui dedichiamo meno attenzione co-me adulti di riferimento, che posso-no portare a pericoli per la salutepresente e futura.A questo proposito, in tabella 2 sonoriassunti alcuni dati rilevati sul no-stro territorio nazionale nei ragazzidi 11, 13 e 15 anni dall’indagineHBSC (Health Beaviour in SchoolAged Children) Italia 2010 promos-sa dall’Organizzazione Mondialedella Sanità.L’analisi di tali dati dimostra, ad esem-pio, come gli stili alimentari risultinocaratterizzati da scarso consumo difrutta e verdura a cui si associa unaprogressiva riduzione dell’attività mo-toria, in particolare nelle ragazze (Ta-bella 2) (18). Il consumo di frutta everdura così come l’attività fisica risul-tano poi meno frequenti nelle regionidel Sud, dove invece sono percentual-

Tabella 1 - Indicatori dello stato di salute degli adolescenti: dati italiani

Indicatore I rilevazione II rilevazione Δ, %Uso di contraccezione nei primi anni 1987: 55% 2005-06: 54.5% —dei rapporti sessuali (età 14-25 anni)^

Interruzione volontaria di gravidanza (età < 20 anni) 1983: 8.0%o 2008: 7.2%o* -10.0

Consumo di alcolici fuori pasto (età 14-17 anni) 1998: 12.6% 2008: 18.7% +48.4

Uso di cannabis negli ultimi 12 mesi (età 15-19 anni) 2000: 25.6% 2008: 24.1% -5.8

Uso di cocaina negli ultimi 12 mesi 2001 (15-24 anni) 2008 (15-19 anni)M: 2.8% M: 4.6% +64.2F: 1.0% F: 2.6% 160.0

Suicidio (maschi; età 15-19 anni) 1970-’72: 2.8/104 2000-’02: 3.4/104 +21.4

Disturbi della condotta alimentare Anni ’60: 2-3% Anni 2000: ~10 +200

^dati del consultorio giovani di Siena; *da notare, la riduzione nelle donne di 25-29 anni: 1983: 27.6 %o; 2007: 14.9 -%o (46.1%) [da: Bertelloni S, De Simone M.L’adolescente e la sua salute. In: Bertelloni S. Adolescentologia: percorsi medici e socio educativi.Tecniche Nuove,MI (2011)]

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mente maggiori il sovrappeso/obesitàe il consumo di alcolici (Tabella 2). Perquanto riguarda quest’ultimo parame-tro, si deve sottolineare che si stannomodificando le modalità di consumonei giovani, in quanto si è passati daun’assunzione “classica mediterranea”durante i pasti a quella occasionalefuori pasto, anche con lo scopo delibe-rato di ubriacarsi o fare baldoria (il co-siddetto “binge drinking”, cioè il con-sumo di più di 6 bicchieri di bevandealcoliche in un’unica occasione) (1,15). Questa modalità di assunzione dialcol è più preoccupante e particolar-mente a rischio nei minorenni inquanto la capacità di metabolizzarel’alcol dipende anche dal grado di svi-luppo (1). Spesso il luogo del consumoè concentrato in singole occasioni, fa-vorendo comportamenti a rischio e in-cidenti stradali durante il ritorno a ca-sa (15).L’altro dato di rilievo è l’importateincremento di alcune abitudini ne-

gative nel sesso femminile, che in al-cuni casi, come per il fumo, diventa-no del tutto equivalenti a quelle ma-schili e il fatto che gli aspetti negati-vi tendono in larga parte rimanerestabili o ad aumentare nel corso del-l’adolescenza, come ad esempio lapercezione di stato discreto o sca-dente della propria salute, che peg-giora da 11 a 15 anni in particolarenelle adolescenti (Tabella 2) ma sen-za differenze significative tra le varieregioni, confermando quanto già ri-levato in un’analoga indagine nel2006 (18). Dall’indagine emerge in-fine che, come la bella Gigogin, cir-ca il 25% dei maschi e il 20% dellefemmine a 15 anni hanno già rap-porti sessuali completi, ma il 20-30% non usa precauzioni come ilpreservativo (18), pur trattandosiusualmente di rapporti di coppianon stabili o occasionali (1, 17).Altri fenomeni sociali di rilievo co-me il bullismo non sembrano invece

avere differenze significative tra levarie regioni, ma presentano una si-gnificativa differenze di genere asfavore dei maschi e una tendenza eridursi con l’età in ambedue i sessi(Tabella 2) (18).Un basso livello socio-economico èrisultato in grado di influenzare ne-gativamente la pratica di attivitàsportiva regolare, il sovrappeso, ilconsumo di alcol e di verdura (18), aconferma che le diseguaglianze so-cio-economiche hanno un rilevanteimpatto sullo stato di salute (16).A questo proposito si deve ricordareche nel 2009 risultava in condizionedi povertà relativa circa l’11% dellefamiglie italiane con una maggioreincidenza (Figura 3) e intensità delfenomeno nelle Regioni del Sud, co-sì che tra Emilia-Romagna (la piùvirtuosa) e Calabria (quella conmaggiore frequenza di famiglie po-vere) vi è una differenza di quasi 7volte (19).

Tabella 2 - Studio HBSC Italia 2010: sintesi dei dati (18)

Indicatore (dati in % del campione) Gruppo di età (anni)

11 13 15(n = 25079) (n = 26048) (n = 25986)

M F M F M F

Verdura: consumo quotidiano 18 23 17 21 18 23

Frutta: consumo quotidiano 43 47 36 41 35 40

Attività fisica (almeno 1ora/die)° 48* 35* 51 34 47 27

Obesità/sovrappeso 29 19 26 17 25 12

Alcol: almeno 1 volta/settimana 10 3 17 9 40 23

Ubriachezza (almeno 2 episodi) NR NR NR NR 17 11

Fumo: almeno 1 volta/settimana 1 — 4 4 19 19

Rapporti sessuali (almeno 1) NR NR NR NR 26 18

Uso del preservativo NR NR NR NR 78 67

Bullismo subito^ 6 3 4 3 3 1

Percezione della salute: discreta/scadente 6 8 ~6* ~10* 7 14

NR = non rilevato; °per più di 3 giorni a settimana; *valore ricavato dal grafico; ^almeno 2 negli ultimi 2 mesi

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Aspetti economici e socioculturali ol-tre che scolastici e personali sono poiimplicati nel fenomeno dell’abbando-no scolastico, per cui oggi in Italia unragazzo su cinque non consegue né di-ploma né qualifica professionale e19.000 studenti appaiono letteralmen-te “scomparire” dopo essersi iscritti alprimo anno della scuola secondariasuperiore (20). Questi adolescenti ri-sultano più spesso caratterizzati dacomportamenti a rischio e problema-tiche personali, come bassa autostima(20), determinandosi una stretta inter-relazione tra abbandono scolastico edevianza giovanile (20).La politica nazionale non è quindi an-cora riuscita attenuare i “gap” tra Norde Sud, che possono contribuire a spie-gare oltre alle differenze odierne anchegrandi fenomeni del passato comequello migratorio (21). A questo pro-posito merita di essere ricordato cheper alcuni aspetti, come l’abbandonoscolastico, la linea di differenziazioneoggi non corre più fra Nord e Sud del-l’Italia, perché anche città del Nordinserite in contesti socioeconomicifortunati, presentano periferie o zonedi povertà ed emarginazione con unelevato potenziale di peggioramentodei comportamenti a rischio degliadolescenti.

Il problema dell’assistenza agliadolescentiSebbene diverse indicazioni nazio-nali ed internazionali riconosconol'opportunità del ricovero degli ado-lescenti in strutture pediatriche (1,22), in Italia, oltre il 40% dei minori5-14 anni e la grande maggioranza(quasi l’85%) di quelli 15-17 anniviene invece ricoverato in reparti peradulti (1, 23).Il ricovero numericamente rilevante diadolescenti - ma anche di bambini - aldi fuori dell’Area pediatrica, oltre acontribire a un depauperamento di ri-sorse professionali ed economiche del-le strutture pediatriche e a una ridu-zione delle possibilità di formazione ericerca per i pediatri, comporta di nonoffrire al minore la migliore assistenzapossibile e le migliori possibilità di cu-ra, soprattutto nel caso di patologiecroniche e gravi (1, 22, 23). Ad esem-pio, in caso di leucemia linfoblastica, iragazzi di età dai 14 ai 18 anni curatinelle strutture pediatriche conmodali-tà e protocolli pediatrici hanno unasopravvivenza maggiore rispetto aquelli della stessa età trattati in centridell’adulto con protocolli orientati al-l’adulto (24).Permane poi una forte discrepanzatra le varie aree del Paese; al Nord si

attua il ricovero fino ai 17 compiutinel 50% dei reparti pediatrici e alSud solo nel 25% (Tabella 3) (25).Dunque, l’obiettivo del “ricovero ditutti i minori in area pediatrica” (26)rimane ampiamente non raggiunto egli adolescenti vengono ancora trop-po frequentemente ricoverati in con-dizioni di promiscuità con pazientiadulti/anziani e assistiti da persona-le medico e paramedico non adegua-tamente formato sugli aspetti medi-ci e relazionali/educativi per questafascia di età (1, 27). Inoltre, la dis-eguaglianza per quanto riguarda illimite di età per il ricovero nei re-parti pediatrici (25) determina difatto una disomogeneità nei serviziofferti ai minori e alle loro famiglie,che in alcune aree del paese social-mente e economicamente svantag-giate già fin dai primi anni dopol’unificazione può contribuire a unaminore efficacia, reale o percepita,dei percorsi di cura e al troppo ele-vato tasso di migrazione sanitariasud-nord che caratterizza soprattut-to gli adolescenti affetti da patologiacronica e grave (23).La mobilità ospedaliera riguarda inmedia circa l’8.5% dei minori, valoresolo di poco superiore alla migrazio-ne per tutte le fasce di età (7,7%)(28). Si deve però notare che tale fe-nomeno risulta particolarmente ele-vato in alcune regioni del Sud (Basi-licata 26%, Molise 23%, Calabria eAbruzzo~14%), suggerendo unamancata organizzazione di serviziospedalieri adeguati ai minori (23,29), risultandone un evento sociosa-nitario troppo rilevante anche te-nendo conto della migrazione fisio-logica motivata da ragioni sanitarieoggettive o da situazioni oro-geo-grafiche specifiche. L’aspetto negati-vo è rappresentato dalla migrazione“evitabile” dovuta a un’inadeguataallocazione dei presidi diagnostico-terapeutici o a inefficienze delle

Fig. 3 - Incidenza di povertà relativa (per 100 famiglie) nelle varie regioni italia-ne; è evidente l’importante differenza tra le regioni del Centro-Nord e quelle delSud (1/25 in Emilia-Romagna vs 1/3.5 in Calabria).

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strutture locali (29). Anche se un’a-nalisi più approfondita richiedereb-be un’attenta valutazione dei settorinosologici che più incidono sullamobilità di bambini e adolescentidalle regioni del Sud a quelle delNord, non si devono trascurare leinevitabili conseguenze in terminieconomici, sociali e psicologici per inuclei familiari (Riquadro A) (30).In sintesi, l’attuale situazione assisten-ziale in ospedale altera il diritto dell’a-dolescente a ricevere la “care” più ade-guata e nel luogo più vicino alla suaabitazione (31). Rimane inoltre la ne-cessità di strutturare una rete naziona-le di servizi di ricovero specialistici –oggi del tutto carente – per patologietipiche dell’età adolescenziale ad altacomplessità assistenziale che, dopo150 anni dall’Unità d’Italia, copra inmaniera omogenea il territorio nazio-nale (1, 13, 23).

Una situazione analoga, ma per certiversi invertita, è oggi presente perquanto riguarda le attività consulto-riali per adolescenti. Queste strutturesono nate per offrire al giovane unmodo autonomo di affronare alcuniaspetti legati alla sessualità, al disagioe alla devianza (32). Secondo i datiforniti dal Ministero della Salute(www.salute.it), ne sono attualmenteoperanti circa 500 e la loro distribu-zione geografica dimostra una distri-buzione territoriale abbastanza omo-genea rispetto a soli criteri geografici,ma non in rapporto alla popolazione10-18 anni (Tabella 4). Si ha inoltreuna disparità per provincia all’internodelle varie Regioni, suggerendo che,almeno in parte, queste strutture sia-no nate senza un’attenta pianificazio-ne anche se potrebbero aver avutoorigine da specifiche esigenze territo-riali (1).

A livello delle cure primarie, la Pe-diatria di famiglia ha età di compe-tenza assistenziale esclusiva fino a 6anni, non esclusiva fino a 14 anni eopzionale fino a 16 (33).Di fatto, permolti adolescenti si verifica un “ta-glio” innaturale del rapporto con illoro pediatra proprio nel momentocritico dell’adolescenza (1, 33). Inol-tre, solo il 50% delle Regioni preve-dono i bilanci di salute tra 10 e 14anni da parte dei Pediatri di famigliache potrebbero intercettare specificiproblemi di salute oltre ad offrire untempestivo intervento terapeutico eun'attività di counselling, intesa co-me educazione alla prevenzione dicomportamenti a rischio (1, 33). So-lo un Regione (Sicilia) prevede unbilancio di salute effettuato dai me-dici di medicina generale intorno ai18 anni, che può permettere – oltre auna conoscenza tra l’adolescente e il

Riquadro A. - La migrazione sanitaria: effetti sociali*

Giuseppe, di Sciacca (AG) ammalato di linfoma non Hodgkin dall’età di 8 anni e curato in una Clinica Pediatrica delNord, racconta:• Queste prime volte veniva su anche mio padre, per cui non poteva lavorare.• Erano viaggi costosi, ogni quindici giorni per tre persone. Non so quanti viaggi ho fatto, ma posso dire che ho viaggia-to per dei mesi, perché dopo aver finito i cicli ho dovuto fare per cinque anni dei controlli.

• Secondo me mia sorella è stata un po’ trascurata per il motivo che venivamo qua a Modena a fare le cure per me…È stata lasciata a casa di amici e, secondo me, questo fatto le ha cambiato il carattere.

• Noi abbiamo avuto problemi di soldi per tutti i viaggi che abbiamo dovuto fare da giù a su. Lo Stato ha tanti sol-di nostri…

• Allora i miei si sono trasferiti tutti a Modena… Se io vado giù e poi sto male devo andare all’ospedale di Sciacca, chepoi deve telefonare a Modena per avere spiegazioni, poi magari i medici giù non vogliono essere comandati …

*da: L. Galli, G.Montalbano, Nella vita chi è felice è pazzo. E. Foster Publishing,Modena, 2006.

Tabella 3 - Età limite di ricovero in Area Pediatrica (25)

Età limite di ricovero, anni* Nord, % Centro, % Sud, % Totale, %(n = 143)° (n = 95)° (n = 145)° (n = 383)°

14 18 17 49 26

15 9 8 6 8

16 20 22 26 22

17 50 46 25 39

*compiuti; °numero di UU.OO. di Pediatria che hanno risposto all’indagine

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suo nuovo medico - l’individuazionedi disordini somatici o psico-com-portamentali non ancora emersi nelperiodo di presa in carico da partedel Pediatra (1).

Un problema emergente: la diffici-le transizione dalle cure pediatri-che a quelle dell’adulto

Dal punto di vista assistenziale, sipuò definire come transizione “ilpassaggio programmato e finalizzatodi adolescenti e, in alcuni paesi an-che di giovani adulti, soprattutto seaffetti da problemi medici o neuro-psichiatrici di natura cronica, da unsistema di cure pediatrico ad unoorientato all’adulto” (34).La transizione è un processo multi-dimensionale e multidisciplinare,volto non solo ad occuparsi delle ne-cessità di cura della persona nel pas-saggio dalla pediatria alla medicinadell’adulto, ma anche delle sue esi-genze psico-sociali, educative e pro-fessionali mediante un delicato pro-cesso dinamico incentrato sul pa-ziente, effettuato secondo linee gui-da prestabilite con una grande atten-zione alle esigenze di ogni singoloindividuo (34).Attualmente, la maggiore attenzionededicata a questa fase clinico-assi-stenziale nasce dalla considerazioneche l’evoluzione delle conoscenzemediche ha nettamente migliorato

la prognosi e la sopravvivenza dimolte malattie croniche e/o disabili-tà, tanto che oltre il 90% dei bambi-ni che nascono affetti da tali condi-zioni o le sviluppano in età pediatri-ca ha oggi un’aspettativa di vita no-tevolmente aumentata rispetto adalcuni decenni orsono e stimata inoltre 20-30 anni d’età (22). Tuttavia,nel nostro paese, la transizione è lar-gamente frammentaria e mantiene icaratteri della volontarietà sponta-neistica di cui si fanno carico, framille difficoltà, le famiglie e gli ope-ratori sanitari di singole realtà locali.Manca una cultura specifica allarga-ta agli amministratori, mancanospesso i luoghi stessi della transizio-ne, per cui tale processo rimane unarealtà largamente disattesa se nonaddirittura omessa con una penaliz-zazione dei percorsi clinico-terapeu-tici (34).In sintesi, appare oggi indispensabi-le che i vari “attori” che possonosvolgere un ruolo nella fase dellatransizione (personale sanitario eamministrativo, società scientifiche,responsabili di strutture sanitarie,associazioni di genitori, etc.) elabo-rino dei percorsi che da un lato faci-litino il passaggio dalle cure pedia-triche a quelle dell’adulto e che dal-l’altro garantiscano il completo sod-disfacimento in ogni “setting” assi-stenziale di quel concetto di “careglobale”, che viene oggi consideratoindispensabile (1). Si dovrebbe poi

favorire una maggiore collaborazio-ne tra pediatra di famiglia-medico dimedicina generale, attribuire un pe-so decisionale alla volontà dell’ado-lescente e della famiglia non ponen-do rigide barriere di competenza peretà, poichè entrano in gioco sia lecaratteristiche del medico che quelledel cittadino-adolescente (professio-nalità del singolo professionista sucondizioni sub-specialistiche parti-colarmente rare, legame forte adole-scente-pediatra, disagio dell’adole-scente nell’essere accolto assieme ai“bambini” nello stesso contesto am-bientale, percezione della transizio-ne verso il medico dell’adulto comeindicatore di emancipazione sociale,etc.) (31). Pertanto, consentire mar-gini di libertà di scelta all’adolescen-te e alla famiglia significa aver ri-spetto per esigenze e valutazioni checoinvolgono la sfera sanitaria ma an-che quella psicologica e sociale.Si deve comunque sottolineare chel’innaturale permanenza di adulti af-fetti da patologie croniche all’inter-no dei reparti pediatrici rappresentauna limitazione ad una normale ecompleta crescita psico-fisica e alraggiungimento di un ruolo socialeadulto e indipendente, che è uno de-gli obiettivi primari di tutti gli ado-lescenti – anche di quelli con unamalattia cronica – e che ogni medi-co dovrebbe promuovere e ricercarein tutti i suoi assistiti (1, 34).

Tabella 4 - Consultori/ spazi giovani in Italia (Ministero della Salute, dicembre 2007)

Area N. consultori giovani Minori 10-18 anni* Minori/consultorio

Nord 159 4.643.047 29.000

Centro 101 1.997.701 20.000

Sud 145 2.861.420 19.500

Isole 108 1.302.721 12.000

*Dati dicembre 2009 (www.istat.it); di cui 93 in Sicilia (1/11.000)

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La medicina dell’adolescenza inItalia

La medicina dell’adolescenza è unasub-specialità pediatrica (35) di ori-gine recente (36). Nei pediatri italia-ni, l’interesse per i problemi assisten-ziali degli adolescenti è nato piuttostotardivamente dopo quasi 100 annidall’unificazione d’Italia e a quasi 80anni dalla costituzione della SocietàItaliana di Pediatria (SIP) (1).Nel 1974, nell’ambito di una storicatavola rotonda moderata da G. Ro-berto Burgio (Limiti cronologici e dicompetenza della moderna pedia-tria) (37) veniva per la prima voltaufficialmente affermata la compe-tenza dei pediatri su questa fascia dietà. Negli stessi anni, un piccolo nu-mero di pediatri fondò il Gruppo diStudio di Adolescentologia dellaSIP (7-12-1975). Poco dopo (1978)ad opera di un gruppo di ginecologitra cui F. Gasparri, R. Forleo, M.Maneschi, A. Salvati, veniva fondatala Società Italiana di Ginecologiadell’Infanzia e dell’Adolescenza (SI-GIA), collegata alla SIP dal 2006,con l’obiettivo di promuovere la sa-lute riproduttiva nelle bambine enelle adolescenti. Nel 1992, i Pedia-tri costituirono la Società Italiana diMedicina della Adolescenza (SI-MA) (Primo Presidente C. Vullo),affiliata subito alla SIP, che - normadi Statuto – ha lo scopo di diffonde-re la teoria e la pratica adolescento-logica nel nostro Paese. La SIMA haoggi referenti e soci in tutte le regio-ni, anche se quelle del Sud rimango-no più attive dal punto di vista cul-turale. Nel 2010, la SIRPed (SocietàItaliana di Ricerca Pediatrica Presi-dente A. Rubino) ha istituito, tra leproprie commissioni, una specificaCommissione per la Ricerca in Ado-lescenza, aspetto questo che rimanea tutt’oggi uno dei campi più soffe-renti in tutte le aree del Paese.

Nel 1978, è stata formulata la primaproposta sugli aspetti organizzativied assistenziali per l’intera età pedia-trica, che prevedeva servizi specificiper gli adolescenti (22); più di re-cente, la SIMA ha aggiornato que-sto documento delineando sotto lapresidenza T. De Torri la specificitàdella funzione specialistica “medici-na dell’adolescenza” (38) e indican-do sotto la presidenza G. Raiola ipercorsi formativi e le competenzenecessarie per l’assistenza agli adole-scenti (13).In prospettiva, tutte le società scienti-fiche che hanno nei loro scopi statuta-ri il benessere degli adolescenti do-vrebbero rafforzare le sinergie già esi-stenti in modo da attivare programmidi formazione, che possano portare amigliori capacità di ricerca, assistenzae prevenzione per gli adolescenti inmaniera uniformemente diffusa sututto il territorio nazionale.

Conclusioni: una riflessione disintesi

Nel 150° anno dell’Unità d’Italia,emerge sempre più forte la necessitàdi dedicare maggiore attenzione edenergie alle politiche sanitarie a fa-vore degli adolescenti per cercare dicolmare le lacune e le diversità chetutt’ora persistono nelle varie areedel Paese e per migliorare gli aspetticritici che in più “setting” stannoemergendo.Anche se molto rimane da fare, èquesto un atto dovuto ai tanti giova-ni che molto hanno dato un secolo emezzo or sono per la realizzazionedell’Italia unita. E’ un atto dovutoanche alle future generazioni, inquanto se non riusciremo a miglio-rare lo stato di salute degli adole-scenti (benessere fisico, psichico esociale) avremo una popolazioneadulta con maggiori problemi sani-

tari, in quanto stili di vita più ade-guati acquisiti in adolescenza tendo-no a perdurare nel tempo. È inoltreindispensabile, per avere un Paeseunito, che i percorsi assistenziali e dipromozione alla salute così comequelli di formazione per gli operato-ri sanitari riescano a diventare mag-giormente omogenei tra le varie Re-gioni.

Note

1. Goffredo Mameli (1827-1849): Studente epoeta precocissimo, poco più che adolescen-te (1847) aderì al mazzinianesimo; nellostesso anno partecipò alle grandi manifesta-zioni genovesi per le riforme e compose IlCanto degli Italiani. Da quel momento inpoi dedicò la propria vita di poeta-soldato al-la causa italiana: nel marzo del 1848, a capodi 300 volontari partecipò alle cinque gior-nate diMilano, tornato a Genova, collaborò-con Garibaldi e, in novembre, raggiunse Ro-ma dove, il 9 febbraio 1849, fu proclamata laRepubblica. Sempre in prima linea nella di-fesa della città assediata dai Francesi, il 3 giu-gno fu ferito alla gamba sinistra; morìd'infezione a soli ventidue anni.

2. “Entro, e ti trovo un pieno di soldati,/di que'soldati settentrionali,/come sarebbe Boemi eCroati,/messi qui nella vigna a far da pali:/difatto se ne stavano impalati,/come soglio-no in faccia a' generali,/co' baffi di capecchioe con que' musi,/davanti a Dio, diritti comefusi”.

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