53
“ORGANIZZARE” IN IMPRESA Secondo Parsons per organizzazione si intende un insieme sociale strutturato in parti, intenzionalmente ordinato e diretto all’ottenimento di un preciso fine, quello per l'appunto del soggetto economico che ne ha il controllo, questo fine è spesso riconducibile nel guadagno, e indirettamente al soddisfacimento dei bisogni umani. Non parliamo quindi di un semplice aggregato di elementi, ma piuttosto di un sottosistema del sistema sociale dove, l'ordine la finalizzazione e il consapevole orientamento prevalgono. Findamentale è anche definire la complessità dell'organizzazione che permette di ampliare il concetto stesso e definendo quindi le basi dell'organizzazione complessa. BOULDING Boulding ha sintetizzato quali sono le forze creatrici dell’organizzazione nel sistema della società, queste forze sono emergenti come la domanda e forze alimentate dall’offerta. Per quanto riguarda la domanda di organizzazione Boulding crede che essa nasca dal bisogno di soddisfare ineliminabili bisogni umani, soddisfatti solo attraverso uno sforzo di gruppo impossibili da soddisfare attraverso lo sforzo di un solo individuo, formalizza inoltre il ruolo assunto da ciascun membro nel concetto di status. Per quanto riguarda l’offerta, Boulding nota come le organizzazioni già create possono essere veicolo di moltiplicazione dei fenomeni organizzativi, questo fenomeno prende il nome di autogenerazione di organizzazione cioè quel processo per cui da un'organizzazione esistente si possono generare nuovi fenomeni organizzativi. Rileva inoltre come le organizzazioni sono strumenti utili per risolvere problemi sociali diffusi, ma possono anche generare dei limiti alla diffusione dei fenomeni organizzativi, sia per carenza di domanda sia per incapacità endogene dell’offerta. Von bertalanffy: definisce i sistemi come i complessi costituiti di elementi in interazione sia tra loro che con l’ambiente circostante, dunque sono “complessità organizzate”. Complessità significa elevato numero di agenti (variabili umane, tecniche, materiali e immateriali) e di interazioni tra detti agenti. Secondo un altro studioso, Stinchcombe, ci sono anche altre possibili forze ad alimentare la domanda di organizzazione, i “motivi” individuati sono: la Consapevolezza che occorre combinare più risorse e più sforzi che resista nel medio-lungo termine, l'opportunità di conseguire benefici futuri ai costi delle risorse impiegate nel presente l'approvazione e concorrenza per il soddisfacimento di alcuni bisogni e in fine la spinta alla strutturazione delle operazioni necessarie al loro impiego. LA COMPLESSITA' Il concetto di complessità ad oggi non è stato mai pienamente espresso da una singola definizione, ma numerosi sono stati gli studiosi che hanno cercato di definirne al meglio il concetto, per complessità si può definire come un elevato numero di elementi in gioco nel fenomeno organizzativo come le variabili umane, tecniche, materiali e immateriali, oppure come un elevato numero di collegamenti tra questi elementi, cioè una varietà e molteplicità di collegamenti infraorganizzativi. La complessità può auto-alimentarsi, quando ad esempio all’insorgere di un problema, di una disfunzione oppure di una crisi, i meccanismi di regolazione danno origine a processi di ridefinizione che portano al cambiamento all'interno della struttura organizzativa. La complessità si esprime attraverso 3 fattori: differenziazione, interazione e integrazione. La differenziazione comporta la divisione dei compiti e quindi dei ruoli ed il loro ordinamento in struttura, una tipica struttura è quella gerarchia che assume forma piramidale e può avere le seguenti configurazioni: Differenziazione orizzontale, inerente ai diversi ruoli specialistici e professionali che prevede la divisione del lavoro entro uno stesso livello, la Differenziazione verticale, inerente alla profondità gerarchica dei ruoli e ai livelli di autorità e la Dispersione spaziale dove si distingue la sede centrale dai dipartimenti o divisioni operative, centri di vendita da quelli di magazzinaggio etc. Le interazioni danno luogo a scambi di risorse materiali ed immateriali, possiamo distinguere 5 tipi di interazioni. Processi decisionali dei partecipanti all'organizzazione che si qualificano per la loro gerarchia, possono essere di routine se presi da livelli bassi della struttura organizzativa oppure strategici se presi dai livelli alti. Le Funzioni che riguardano le relazioni tra ruoli o tra parti, possono essere verticali se sono relazioni tra membri di diverso livello d’autorità, oppure orizzontali se le interazioni sono tra ruoli e parti entro uno stesso livello.

Riassunto cafferata

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Riassunto di Diritto Costituzionale Comparato, per uno studio approfondito del manuale di Cafferata.

Citation preview

Page 1: Riassunto cafferata

“ORGANIZZARE” IN IMPRESASecondo Parsons per organizzazione si intende un insieme sociale strutturato in parti, intenzionalmente ordinato e diretto all’ottenimento di un preciso fine, quello per l'appunto del soggetto economico che ne ha il controllo, questo fine è spesso riconducibile nel guadagno, e indirettamente al soddisfacimento dei bisogni umani. Non parliamo quindi di un semplice aggregato di elementi, ma piuttosto di un sottosistema del sistema sociale dove, l'ordine la finalizzazione e il consapevole orientamento prevalgono. Findamentale è anche definire la complessità dell'organizzazione che permette di ampliare ilconcetto stesso e definendo quindi le basi dell'organizzazione complessa.

BOULDINGBoulding ha sintetizzato quali sono le forze creatrici dell’organizzazione nel sistema della società, queste forze sono emergenti come la domanda e forze alimentate dall’offerta. Per quanto riguarda la domanda di organizzazione Boulding crede che essa nasca dal bisogno di soddisfare ineliminabili bisogni umani, soddisfatti solo attraverso uno sforzo di gruppo impossibili da soddisfare attraverso lo sforzo di un solo individuo, formalizza inoltre il ruolo assunto da ciascun membro nel concetto di status.Per quanto riguarda l’offerta, Boulding nota come le organizzazioni già create possono essere veicolo di moltiplicazione dei fenomeni organizzativi, questo fenomeno prende il nome di autogenerazione di organizzazione cioè quel processo per cui da un'organizzazione esistente si possono generare nuovi fenomeni organizzativi. Rileva inoltre come le organizzazioni sono strumenti utili per risolvere problemisociali diffusi, ma possono anche generare dei limiti alla diffusione dei fenomeni organizzativi, sia per carenza di domanda sia per incapacità endogene dell’offerta.Von bertalanffy: definisce i sistemi come i complessi costituiti di elementi in interazione sia tra loro che con l’ambiente circostante, dunque sono “complessità organizzate”. Complessità significa elevato numero di agenti (variabili umane, tecniche, materiali e immateriali) e di interazioni tra detti agenti. Secondo un altro studioso, Stinchcombe, ci sono anche altre possibili forze ad alimentare la domanda diorganizzazione, i “motivi” individuati sono: la Consapevolezza che occorre combinare più risorse e più sforzi che resista nel medio-lungo termine, l'opportunità di conseguire benefici futuri ai costi delle risorse impiegate nel presente l'approvazione e concorrenza per il soddisfacimento di alcuni bisogni e in fine la spinta alla strutturazione delle operazioni necessarie al loro impiego.

LA COMPLESSITA'Il concetto di complessità ad oggi non è stato mai pienamente espresso da una singola definizione, ma numerosi sono stati gli studiosi che hanno cercato di definirne al meglio il concetto, per complessità si può definire come un elevato numero di elementi in gioco nel fenomeno organizzativo come le variabili umane, tecniche, materiali e immateriali, oppure come un elevato numero di collegamenti tra questi elementi, cioè una varietà e molteplicità di collegamenti infraorganizzativi.La complessità può auto-alimentarsi, quando ad esempio all’insorgere di un problema, di una disfunzione oppure di una crisi, i meccanismi di regolazione danno origine a processi di ridefinizione che portano al cambiamento all'interno della struttura organizzativa.La complessità si esprime attraverso 3 fattori: differenziazione, interazione e integrazione.La differenziazione comporta la divisione dei compiti e quindi dei ruoli ed il loro ordinamento in struttura, una tipica struttura è quella gerarchia che assume forma piramidale e può avere le seguenti configurazioni: Differenziazione orizzontale, inerente ai diversi ruoli specialistici e professionali che prevede la divisione del lavoro entro uno stesso livello, la Differenziazione verticale, inerente alla profondità gerarchica dei ruoli e ai livelli di autorità e la Dispersione spaziale dove si distingue la sede centrale dai dipartimenti o divisioni operative, centri di vendita da quelli di magazzinaggio etc. Le interazioni danno luogo a scambi di risorse materiali ed immateriali, possiamo distinguere 5 tipi di interazioni.Processi decisionali dei partecipanti all'organizzazione che si qualificano per la loro gerarchia, possono essere di routine se presi da livelli bassi della struttura organizzativa oppure strategici se presi dai livelli alti.Le Funzioni che riguardano le relazioni tra ruoli o tra parti, possono essere verticali se sono relazioni tramembri di diverso livello d’autorità, oppure orizzontali se le interazioni sono tra ruoli e parti entro uno stesso livello.

Page 2: Riassunto cafferata

Le relazioni interpersonali, ovvero relazioni faccia a faccia tra individui e partecipanti all'organizzazione.Le relazioni di potere, il cosiddetto comando sul comandato, le Relazioni di leadeship con cui un gruppodi persone viene condotto verso un preciso obiettivo da un componente che assume le caratteristiche del capo (leader) anche se egli non è formalmente investito di tale ruolo.I processi di informazione e comunicazione che trattano dati e le Relazioni interpersonali ovvero faccia a faccia risultano componenti importantissimi per gli studiosi, delle relazioni umane, come Barnard, chesono state descritte come “tessuto informale” che rende ambiguo il “tessuto formale” dell’organizzazione. L’integrazione delle parti, delle persone e dei processi costituenti il sistema è un'altro elemento fondamentale della struttura organizzativa complessa, la complessità di un sistema, quindi, non si determina per sommatoria ma per effetto sinergico di più fattori, quali la divisione del lavoro e l’ordinamento del lavoro diviso in una struttura, le interazioni tra parti e partecipanti, il comportamento degli individui e dei gruppi, e in fine i processi (decisioni, comunicazioni, esercizio del potere, conflitti, contatti faccia-a-faccia) entro e tra i livelli della struttura.

L'ORGANIZZAZIONE

All'interno del sistema organizzativo, possiamo individuare tre principali livelli di complessità, l'individuo, il gruppo e il sistema nelle sue strutture e nei suoi processi.I 4 fondamentali tipi di analisi cui corrispondono i relativi concetti di organizzazione sono:Organizzazione come sistema incluso nel più vasto sistema sociale, cioè le organizzazioni come sottosistemi per soddisfare bisogni umaniOrganizzazione come struttura e cioè lo schema ordinato delle posizioni (ruoli, compiti di lavoro) e delle relazioni di autorità tra le stesse posizioni. Si individuano aspetti statici come la gerarchia e cioè l'organigramma e dinamici come i processi decisionali le relazioni di potere, di informazione e comunicazione, che riassettano continuamente l’organizzazione.Organizzazione come specifica attività del general management d’un sistema ovvero come il processo di amministrazione aziendale.Organizzazione come specifica attività di gestione delle risorse umane l’attenzione è sul fattore umano e quindi sulla sua mansione, sui comportamenti dei singoli e dei gruppi, ovvero l’attenzione è sull’organizzazione del lavoro e sulla direzione del personale.CONCLUSIONIl: Livelli diversi di complessità sociale (individuo, gruppo, sistemi, funzioni, strutture e processi) rappresentano altrettanti livelli d’analisi organizzativa, affrontati separatamente o congiuntamente, da uno stesso autore o da diversi autori.

LA CONCEZIONE RAZIONALISTA CLASSICA DELL’ORGANIZZAZIONE (razionalizzazione dell'organizzazione)TAYLOR a cavallo tra il 19esimo e ventesimo secolo, ideò la teoria dello scientific management. Il contesto in analisi è quello della grande fabbrica più che sull'azienda industriale, inteso come motore dello sviluppo capitalistico, proprio la grande fabbrica secondo Taylor, risultava alquanto disorganizzataa raggiungere il suo scopo principale, era quindi necessario riuscire a soddisfare specifici bisogni organizzativi. Taylor riteneva necessaria la divisione dei lavori attraverso la progettazione delle mansioni più adatte al tipo di attività da eseguire, risultava infatti fondamentale selezionare i lavoratori in rapporto alle mansioni precedentemente progettate dal management, era importante quindi definire unnuovo rapporto uomo macchina applicando con criterio gli operai in esponenziale crescita agli impianti che si sviluppavano quali-quantitativamente.L' organizzazione e la direzione del lavoro vanno visti come oggetto d’osservazione scientifica, generando quindi un nuovo tipo di direzione del personale basato sull’organizzazione funzionale o per compiti di task management, da qui nasce il principio della specializzazione operaia.La massima produttività secondo Taylor è data quindi dall'organizzazione funzionale e dalla specializzazione delle mansioni, il lavoratore infatti diventa uno strumento del lavoro che và curato non solo al momento della selezione, ma anche al momento dell'addestramento.

Page 3: Riassunto cafferata

Ci sono 3 figure professionali emergenti nella fabbrica tayloristica, il caposquadra, l'ispettore e il cronometrista. Il Caposquadra attrezza le macchine, integra il gruppo e insegna i movimenti umani da fare per essere il più rapidi possibile nel lavoro, l'ispettore controlla livello di quantità di prodotto e la qualità del lavoro svolto, mentre il cronometrista prende i tempi sia delle macchine che dei lavoratori.Secondo Taylor inoltre, le mansioni del lavoro devono essere programmate insieme a quelle desiderate per la produzione, la Direzione del personale infatti deve dare un’impostazione scientifica a tutti i lavori definendo regole per i movimenti del corpo e imponendo l’uso di precisi materiali e strumenti.La direzione deve inoltre selezionare, addestrare, istruire e sviluppare i lavoratori con metodi parimenti scientifici al fine di aumentare la produttività e la resa, deve inoltre collaborare cordialmente con tutti i lavoratori per assicurarsi che tutti i compiti siano svolti secondo le regole anche al fine di assegnare retribuzioni premianti.Taylor continua affermando che la ripartizione dei compiti ai lavoratori deve avvenire in modo tale che icarichi di lavoro siano equidistribuiti,e che sia gli operai che capi devono essere maggiormente “responsabilizzati”, per trovare la combinazione perfetta tra subordinati e capi non basta soltanto la responsabilizzazione ma serve anche un cosiddetto “capo ottimista” che sappia generare impegno tra i lavoratori. Anche le comunicazioni dirette risultano importanti, in quanto utili ad evitare malumori e la formazione di sindacati dei lavoratori. Nei suoi studi Taylor ipotizza anche i meccanismi di razionalizzazione del lavoro, è importante infatti la presenza di un Ufficio di programmazione del personale per selezionare, addestrare, istruire e sviluppare i lavoratori, l'utilizzo di Tariffe differenziali, poiché vi sono differenti compiti specialistici la cui esecuzione ottimale comporta l’assegnazione di premi, uno Schema di produzione che programmi il processo produttivo con flusso di materiali in entrata(input) e prodotti in uscita (output) e dei Sistemi mnemonici per classificare i prodotti. Questo ultimo elemento permette ai costi di produzione di essere rilevati con sistemi di calcolo separati da quelli della contabilità generale al fine di poter monitorare la formazione del costo del prodotto attraverso la contabilità analitica.Risparmiare tempo è fondamentale, attraverso l'utilizzo di ogni strumentazione tecnica disponibile, inoltre, ad ogni lavoratore deve corrispondere una scheda personale presso l’ufficio del personale che registri tutti i dati, le mansioni e i turni di lavoro svolti all'interno della fabbrica.Dai principi ai meccanismi sembra profilarsi l’immagine della fabbrica burocratizzata ove tutto converge sul sistema e tutto sembra marginalizzare l’uomo.La formula imprenditoriale vincente per Taylor, denominata one best way si basa su due punti fondamentali, è importante infatti che si verifichino delle condizioni di equilibrio delle relazioni interpersonali endogene, cioè interne alla fabbrica, tali da dare certezza al soggetto economico e delle condizioni di equilibrio delle relazioni interorganizzative esogene,cioè esterne tali da consentire la progettazione interna di un sistema ritenuto tanto perfetto quanto immutabile.Durante il ventesimo secolo l'evoluzione della struttura industriale portò a numerosi problemi, legati innanzitutto alla gestione della complessità aziendale, sia interna che esterna, internamente infatti si assiste alla differenziazione degli stabilimenti e degli uffici, con conseguenti conflitti tra funzioni e tra i capi di queste funzioni, dal lato esterno invece si assiste a una dispersione geografica conseguente alla forte competizione sul mercato. Emergono quindi nuovi bisogni di management, a sostegno della produzione per poter meglio rispondere alle sempre più incalzanti evoluzioni del mercato, come ad esempio le funzione di vendite, di approviggionamenti, ricerca e sviluppo, contabilità e bilancio.Affinchè la gestione della complessità sia efficace e quindi di successo, ed efficiente cioè poco costosa è necessaria la piena separazione delle funzioni dell’imprenditore proprietario rispetto alle funzioni del dirigente che collabora all’impresa.

WEBER RAZIONALITà ECONOMICAAllo studioso Weber si deve l’elaborazione del concetto di burocrazia, secondo la sua analisi, il capitalismo determina uno sviluppo della ricchezza ormai non più contenibile nelle forme organizzative preesistenti e non può essere più coordinabile attraverso i classici metodi, c’è bisogno, secondo Weber di una amministrazione regolata e impersonale.Si sviluppa così il concetto della Burocratizzazione intesa come la configurazione ottimale delle strutture di tipo razionale-legale in cui l’obbedienza è prestata alla regola e non alle persone, basata sullastrutturazione verticale del potere e cioè sulla gerarchia. Viene evidenziata la figura del capo che emette

Page 4: Riassunto cafferata

gli ordini a cui tutti i suoi subalterni devono obbedire. Così come le teorie di Taylor, anche negli studi diWeber possiamo riscontrare dei principi fondamentali. Innanzitutto Le regole sono considerate un elemento onnipresente all'interno della vita aziendale, sono ovunque e interessano ciascuna parte dell’organizzazione sia meccanica che umana, la Sfera di competenza consiste nella divisione del lavoro e comporta che per ogni gruppo o unità di lavoro vi siano determinati obblighi da assumere con i relativipoteri e mezzi per espletare a tali obblighi aziendali. La Gerarchia è fondamentale nel concetto di burocratizzazione, infatti è necessario un apposito sistema di livelli, dal più alto al più basso. Organismo personale è costituito dall’apparato del personale suddiviso per mansioni e autorità e cioè costituito sia da capi che emettono ordini, che da lavoratori che devono eseguirli.Nel concetto di Burocrazia, sono necessarie delle Procedure ben definite, standardizzate e impersonali che sono per l'appunto alla base della condotta amministrativa.La Formalizzazione degli atti consiste nel fatto che ogni operazione svoltasi all’interno dell’impresa deve essere annotata in appositi registri.Nel concetto di burocrazia, la proprietà dei mezzi, cioè degli strumenti di lavoro, degli attrezzi ecc è ben separata dalle persone che in fabbrica utilizzano tali attrezzature.La persona inoltre è separata dal lavoro, infatti la vita personale dei lavoratori è tenuta distinta dalla dimensione dell’ufficio e della mansione svolta durante il lavoro.L’attività amministrativa è una professione, ogni lavoratore che detiene una posizione qualsiasi di autorità è inserito in una carriera.La superiorità tecnica della forma burocratica sta nella precisione dei confini, nell'univocità dei comportamenti richiesti, nella chiarezza degli atti, nella continuità, nella coesione e discrezione, e nella capacità di limitare i conflitti.

CRITICA DI MERTONLo studioso Merton sosteneva che il concetto di burocrazia applicato all'organizzazione è realmente efficace soltanto se vi è una ferrata disciplina, risulta infatti fondamentale, all'interno dell'apparato una ferrea devozione al compito e alle mansioni assegnate ma anche una autolimitazione del potere di iniziativa intrinseco in ogni essere umano e difficile da inibire.Infatti, innalzare le regole al di sopra di tutto genera il cosiddetto spiazzamento dei fini, dove l'obbiettivoprimario diventa il rispetto incondizionato delle regole e non i fini economici cardine del sistema aziendale. Il comportamento regolare del burocrate genera insoddisfazione e reazioni ostili tra i clienti, che spesso danno un significato personale ai propri affari e che possono infastidirsi dall'atteggiamento ligio alle regole del burocrate, l'eccessiva burocratizzazione inoltre non sarà immune a contraddizioni traregole, che possono sollevare attriti e generale conflitti all'interno degli organi direzionali dell'azienda.

FAYOL Direttore d’industria francese, Fayol pose le radici della dottrina del general management. Fayol infatti focalizza quelli che per lui sono i principi flessibili generali di management necessari per raggiungere efficacia che si traduce in maggiore redditività e in successo competitivo, ed efficienza che indica invecemaggiore produttività e velocità del processo produttivo.La funzione manageriale è la più importante delle funzioni del sistema aziendale e non è solo un’attività di ausilio alle funzioni degli operai e impiegati, infatti l’imprenditore può essere assenteista ma il direttore deve essere presenzialista.In questo stesso periodo lo studioso URWICK riformula i principi fondamentali di organizzazione e direzione aziendale, affermando che l'autorità e la responsabilità coincidono, infatti se un individuo è stato allocato a svolgere una determinata funzione deve essere consapevole che a tale ruolo corrispondono specifiche competenze fondamentali per l'ottenimento di specifici obiettivi.L'autorità per Urwick parte dal vertice e si diffonde alla base della gerarchia, attraverso un processo detto scalare, i comandi infatti devono seguire un preciso iter burocratico con specifici livelli di responsabilizzazione, ogni livello di autorità infatti è regolato da un capo che si pone come guida e esercita definiti poteri direzionali. La funzione di guida è spesso di carattere psicologico, da qui si esprime il concetto di direzione informale che si acquisisce sul campo che aumenta il potere detenuto in maniera formale.

Page 5: Riassunto cafferata

La delega è uno strumento fondamentale che permette di esercitare i poteri inerenti ai livelli di autorità via via decrescenti, un sistema complesso non può essere attivato da un unico centro, bisogna infatti decentralizzare l'autorità. Importante è il principio di eccezione, secondo questo concetto il delegante deve surrogare le funzioni del delegato solo in precisi casi. Una volta data una delega ad operare si deve determinare il numero delle operazioni e degli operatori che possono facilmente coordinare, in fine, i compiti attribuiti dalla delega devono essere chiari e i relativi comportamenti devono essere controllabilial fine di prevenire le lotte intestine che nascono in seguito a ordini imprecisi.Ulteriore merito di Fayol è aver sollecitato la costituzione di una serie di staff in posizione non strettamente gerarchica altamente professionalizzati operanti a supporto delle funzioni di direzione generale e/o delle direzioni di area. Da qui sorge l’idea di struttura organizzativa a line & staff.

POST-FORDISMOE' un fenomeno sviluppatosi tra il XX e il XXI secolo, dove assistiamo all'automazione della fabbrica e degli uffici, alla flessibilizzazione delle strutture e delle strategie aziendali. Col post-fordismo assistiamo inolte all'attenta considerazione delle specifiche esigenze del consumatore. Nel periodo del fordismo si verifica il primato dell'elettronica, una lenta innovazione tecnologica, una produzione di massa, un marketing di massa, la presenza di grandi imprese monosettoriali, strutture organizzative gerarchiche, un accentramento decisionale e un taylorismo forte, mentre nel post-fordismo si assiste a un primato dell'elettronica, a una rapida innovazione tecnologica, la nascita di tecnologie flessibili, la produzione in loti ridotti, un marketing di nicchia, strutture organizzative gerarchiche basse, un decentramento decisionale e deleghe dei poteri e un taylorismo debole.

LA CONCEZIONE COOPERATIVA DELL’ORGANIZZAZIONELa teoria della cooperazione viene intesa come formula per integrare il dinamismo delle relazioni umanenell’equilibrio di un sistema socio-tecnico. Il fattore umano e le relazioni interpersonali nei sistemi complessi sono state studiate principalmente da tre filoni di pensiero, l'Orientamento psico-dinamico ad esempio considera i processi di elaborazione mentale, gli stati motivazionali e i sentimenti tipici dell'essere umano, l'orientamento strutturale-comportamentale mette in evidenza le determinanti, sia interne che esterne degli stati mentali e motivazionali dell'orientamento psico-dinamico, alla luce dei quali possono interpretarsi sia le aspettative di comportamento che i reali comportamenti nonché le differenze di performance da individuo a individuo. In fine l'orientamento normativo si interessa ai cambiamenti che avvengono nei comportamenti individuali e si propone di delineare le politiche che i supervisori diretti possono o devono seguire per influenzare i loro subordinati gerarchici.Elemento unificante dei tre approcci è la concezione dell’uomo come soggetto altamente disponibile allacollaborazione e quindi adattabile ai fini organizzativi.

BARNARD è considerato il primo dei fautori della concezione cooperativa dell'organizzazione.Secondo la sua analisi, gli elementi fondamentali dell’organizzazione, non sono tanto le parole e le attività svolte, ma il complesso delle interazioni che uniscono le attività e le persone che vi partecipano. Queste interazioni se composte in un deliberato ordine prendono il nome di organizzazione formale.Importanza delle funzioni che presiedono al soddisfacimento del bisogno di coerenza e di continuità del sistema aziendale sono alla base del modello “funzionalistico” dove le organizzazioni si definiscono come naturalmente fondate sulla collaborazione.Sono proprio i meccanismi consapevoli d’integrazione fondamentali ad assicurare l’equilibrio sistemicoche consiste nell’indissolubile intrecciarsi di formalità e informalità.Barnard ha dato un preciso nome a queste funzioni d’integrazione chiamandole per l'appunto funzioni del dirigente. Le attività direttive costituiscono il sottosistema nervoso del sistema aziendale cioè il tessuto necessario a “mantenere l’organizzazione in funzione” e stanno all’organizzazione delle aziende come il cervello umano lo è al corpo umano, assolve quindi compiti vitali e permette di mantenere il sistema efficiente, ma talune funzioni corporee sono assolutamente indipendenti e da tali a sua volta il cervello è dipendente.Troviamo funzioni ad elevato contenuto tecnico, impersonali come ad esempio il mantenimento di un sistema di comunicazione efficiente, il reclutamento, la selezione del personale, le formulazioni dei fini organizzativi, ma anche dimensioni personali come l'estrinsecazione della capacità di leadership.

Page 6: Riassunto cafferata

Non tutti i managers si possono considerare veri e propri leader, la leadership infatti è la capacità di catalizzare tutte le forze in vista della cooperazione per un fine comune ed è altresì la capacità di “creare fede” attorno a tale fine. La leadership non è intrinseca alla funzione manageriale ma costituisce una caratteristica personale, fondata su creatività e sulla moralità. La creatività è caratterizzata dalla superiorità, fisica e intellettuale dell'individuo, mentre la moralità consiste nella capacità di non confondere i propri fini personali con quelli aziendali.Secondo Barnard la creatività costituisce una funzione della moralità e rappresenta l’essenza della leadership, l'equilibrio, la coesione e la stabilità sono infatti condizioni necessarie per la sopravvivenza di un’organizzazione nel tempo, ma la durata dipende dalla leadership e questa qualità dipende strettamente dall’ampiezza della moralità su cui si basa.

SELZNICK seguendo il filone barnardiano, ha indagato sui meccanismi attraverso cui i sistemi si orientano all’esterno, nell’ambiente economico e sociale.Secondo Selznick infatti le disfunzioni presenti all'interno dell'organizzazione, rispetto all’ordine previsto fanno parte di quel processo necessario di adattamento definito “istituzionalizzazione” che coinvolge tutti i fattori dell’organizzazione, ma principalmente tutto il personale. L’economia dell’organizzazione è fatta di risorse e di tecniche che sono sottoposte ad amministrazione.Selznick nota particolari difficoltà nell’agire sistemico, infatti potrebbero sollevarsi “tensioni” nel rapporto tra partecipanti o tra unità organizzative. Si riscontra un'elevata probabilità che si manifestino processi indesiderati di adattamento all’ambiente organizzativo e che si verifichino conseguenze non volute dal processo decisionale. Questo fenomeno, denominato da Selznick “recalcitranza” si manifesta con specifici“sintomi” come il rallentamento delle attività produttive, l'assenteismo dal posto di lavoro, lo sciopero o rifiuto di talune tecnologie innovative nella produzione. Tale fenomeno è ricondotto secondo Selznick, al fattore umano. La soluzione a questa problematica si trova nel meccanismo di “cooptazione” che consiste nell'inclusione di uno o più soggetti estranei e “recalcitranti” in un gruppo di lavoro. Attraverso la cooptazione infatti coloro che controllano l’organizzazione a livello proprietario o manageriale cedono a terzi parte del loro potere assecondandone le istanze, in questo modo la direzione riesce a disinnescare il potenziale distruttivo di una critica o attacco, garantendosi così condizioni favorevoli x la sopravvivenza e l'azione futura dell'intero sistema.

EQUILIBRIO ORGANIZZATIVO TRA FORMALE E INFORMALE: E' una tematica affrontata dagli studiosi sin dall'inizio del XX secolo, lo scopo principale di questi studi è quello di massimizzare la produttività aziendale ma utilizzando uno strumento diverso da quello proposto da Taylor.Il filone di studi delle cosiddette human relations, ha individuato un disordine morale nella crescita dell’impresa capitalistica di inizio ‘900, imputando questa problematica alla divisione del lavoro, all’assenza di significato nelle mansioni individuali e alla frantumazione delle relazioni sociali in fabbrica.ROETHLISBERGER & DICKSON (opera Management and the worker) descrivono come in azienda le relazioni interpersonali siano intense ma spesso disallineate rispetto a quelle programmate per massimizzare produttività, si verificano infatti pause, discussioni e conflitti all'interno dei gruppi di lavoro. Un altro fenomeno di rilievo è la nascita delle cosiddette cliques che consistono in gruppi legati reciprocamente da solidarietà ed amicizia che, però, non indirizzano la loro attività necessariamente al raggiungimento degli obiettivi aziendali, tuttavia questo gruppo informale contiene in sé enormi potenzialità produttive, decisiva a tale scopo è la leadership che può far convogliare queste energie positive nel contesto aziendale. Il punto focale rilevato da Roethlisberger e Dickson, così come per Taylor e Barnard è quello della massimizzazione della produttività aziendale. Questo risultato si ottiene assegnando un ruolo critico alla funzione manageriale che deve saper dare spazio agli spontaneismi e ricomporli in via del raggiungimento del fine aziendale, i manager infatti non devono essere soltanto capi, ma anche leader. L’integrazione delle diversità in azienda (gruppi, persone, cose) non è una questione solo di organizzazione del lavoro o di bontà di idee, essa richiede interventi manageriali ad hoc ovvero di ben determinati stili di direzione.Obiettivo delle ricerche di Bernard e Roethlisberger e Dickson sul comportamento umano avevano comeobiettivo comprendere come gli individui in comunità si autogovernino o possano essere diretti e orientati verso un preciso risultato.

Page 7: Riassunto cafferata

BALES: appartemente sempre al filone degli studi sulle relazioni umane, teorizzò il metodo di analisi delle differenziazioni presenti nelle micro-organizzazioni sociali. Bales affermava la necessità di studiare il diverso grado di “accesso” di ciascun partecipante alle risorse organizzate, il diverso grado di “controllo” di un membro su un altro, le differenze di “status”, di gerarchie e prestigio, e le forme di “solidarietà” e “identificazione”.Attenzione di altri studiosi si concentra sul concetto di ruolo occupazionale, situazione che si viene a determinare tra mansioni lavorative, tecnologia utilizzata e struttura formale.

HOMANS appartenente invece alla scuola interazionista che comunque continua a seguire il filone delle Human relations. Homan nota come esista non solo una formale struttura dei ruoli ma anche una spontanea tendenza dei partecipanti ad unirsi in gruppi informali capaci di auto organizzarsi e auto controllarsi. Individua 3 elementi che definiscono struttura e processi nei gruppi umani, le attività, le interazioni e i sentimenti.Secondo Homans ogni gruppo tende ad autodefinirsi e autoregolarsi, a tal proposito sembra efficace il lavoro del management aziendale che, prendendo atto della tendenza all’autogoverno dei gruppi, ne valorizza l’identità, ne responsabilizza i membri e li incentiva ad integrarsi con altri, in vista del perseguimento del fine organizzativoHomans sottolinea che la vita sociale non è sempre totalmente utilitaristica, il gruppo infatti si definisce e si sviluppa qualitativamente attraverso interazioni e sentimenti, sentimenti e attività, attività e interazioni, quindi la sua produttività varia. Il comportamento del gruppo è la risultante di due tipi di forze, le pressioni dall’ambiente, che creano il sistema esterno e lo sviluppo endogeno, che crea il sistema interno.

ZALEZNIK, in continuità col pensiero homansiano, analizzò la propensione dei lavoratori a cristallizzarsi in gruppi che si regolano e agiscono attraverso proprie norme, al di fuori della logica aziendale, del reparto e dell’ufficio di appartenenza.Al fine di poter risolvere questo fondamentale problema dell'organizzazione aziendale è necessario de-cristallizzare i gruppi per limitare o evitare le disfunzioni. La soluzione intravista da Zaleznik è l’adozione di metodi “non convenzionali” di governo che siano tali da sviluppare le comunicazioni ascendenti dal basso verso l’alto e perciò la partecipazione.LEADERCHIP E VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE UMANE : Questo filone di pensiero si sviluppò negli anni ’50 e prese il nome di teoria “non classica” della direzione.TANNENBAUM ad esempio crede che i gruppi possono essere centri di rafforzamento in vista dell’innalzamento dell’efficienza ed efficacia ora, al contrario, punto d’incontro di forze avverse al raggiungimento degli obiettivi.BOULDING adotta il metodo analitico homansiano nello sviluppare la sua teoria dei conflitti organizzativi, ai quali correla i divari di produttività che si rilevano tra azienda e azienda.LIKERT, durante gli anni ’60, avanza una proposta che si fonda sull’importanza dell’osservazione delle variabili definite “intervenienti” nei processi organizzativi. Secondo Likert infatti, il fattore umano deve essere considerato una risorsa da valorizzare ma l’organizzazione scientifica e il modello strutturale gerarchico non sono in grado di farlo. La sua proposta è quella di elevare il grado di “coinvolgimento” e “partecipazione” dei subordinati gerarchici alle decisioni che più direttamente li riguardano. La collaborazione sarà tanto più efficace tanto più ciascun capo, leader, dimostra di poter influire sulle decisioni dei superiori gerarchici.

TEORIA DELLE RISORSE UMANEMCGREGOR pone enfasi alla valorizzazione di tutte le “risorse” umane ed imputa i risultati eventualmente negativi della gestione aziendale all’incapacità dei capi di scoprire ed esaltare le potenzialità creative dei subordinati. La proposta di Mac Gregor consiste nella nuova teoria Y, opposta alla classica teoria X, che si fonda sul postulato che i limiti della collaborazione da parte del lavoratore nell'ambiente dell'organizzazione, non sono tipici della natura umana, ma della capacità della direzione aziendale di scoprire e sfruttare tutto il potenziale di cui dispone, a tale scopo bisogna dunque cercare di creare un'integrazione dei fini personali con quelli aziendali. Tale strategia sarà tanto più facile quanto

Page 8: Riassunto cafferata

più le mansioni di lavoro assegnate ai subordinati saranno aderenti alle aspirazioni e alle qualificazioni personali. Le reciproche relazioni di sostegno importanti per l’equilibrio del sistema aziendale ruotano attorno a manager intermedi con funzioni di “perno”, tipiche del linking pin tra gli organi di base e gli organi di vertice.

SVILUPPO TECNOLOGICO E ORGANIZZAZIONE DEL LAVOROA partire dagli anni ’60 l’organizzazione del lavoro appare come una scienza sempre meno autosufficiente e sempre più influenzata dalle caratteristiche della tecnologia impiegata, a livello di azienda e a livello di settore.Riprendono vigore le indagini sulle esperienze aziendali di organizzazione del lavoro, in parte oscurate dalle riflessioni di orientamento psico-sociologico di Homans e Barnard.Si assiste alla diffusione nuove tecnologie meccaniche all'interno dei processi produttivi. Il nuovo scientismo, diverso da quello tayloristico, non postula un approccio top-down nella progettazione delle mansioni, ma invita alla cooperazione tra portatori di diversi interessi. Affronta inoltre la ricerca della giusta struttura organizzativa del lavoro con riferimento a specifici contesti, abbandonando l’idea del modello unico, ovvero della “one best way”.BROWN afferma che l’ottimizzazione delle strutture organizzative e il miglioramento della produttività del lavoro devono partire dalla valutazione che danno i diretti interessati dei contenuti delle mansioni da svolgere. Il punto di partenza della nuova riflessione è la percezione che il lavoratore ha dei contenuti della mansione assegnata.Walker e Guest ipotizzano che ogni lavoratore trae dalla sua applicazione al lavoro una precisa aspettativa, quella dell’arricchimento del proprio sistema di personalità e professionalità, fissa un precisoprecetto management, cioè fare leva sulla aspettativa-aspirazione. Anche la tecnologia influisce con effetti motivanti o demotivanti. Per elevare soddisfazione e produttività secondo Walker e Guest bisognaaumentare la varietà delle operazioni svolte da uno stesso lavoratodi varietà, autonomia, responsabilità, conoscenza e capacità richieste e più numerose sono le opportunità d’interazione con gli altri soggetti nello svolgimento dei compiti assegnati tanto più i lavoratori rispondono positivamente a queste innovazioni (allargamento orizzontale dei compiti)HERZBERG approfondisce ulteriormente il concetto di distinzione tra fattori che sviluppano soddisfazione e fattori che non provocano soddisfazione all'interno del personale.Herzberg definisce fattori “motivanti” per la risorsa umana, l'apprendimento, la consapevolezza degli obiettivi, la responsabilità individuale, la valorizzazione delle competenze, e gli avanzamenti di carriera.Questi elementi caratterizzanti devono necessariamente diventare intrinseche ai compiti affidati ad ogni singolo lavoratore. Herzberg nella sua analisi, propone il cosiddetto arricchimento verticale dei compiti,che consiste nella rimozione di un certo numero di controlli ex capite senza far venire meno la supervisione dei manager, generando così un aumento della responsabilità individuale.E' inoltre necessario affidare il comando ad una sola persona nell’ambito di una “unità naturale di lavoro”, concedere ampi margini di discrezionalità a chi svolge un compito o insieme di compiti, intensificare la comunicazione diretta periodica tra chi dirige e chi esegue, introdurre percorsi innovativinell’esecuzione del compito originariamente affidato e in fine assegnazione mansioni ad hoc in modo daconsentire una adeguata crescita professionale.La proposta di Herzberg differisce dall’allargamento orizzontale dei compiti proposto da Walzer e Guestche invece rischiava di sovraccaricare di insipienza le mansioni, invece di renderle più intelligenti e sopportabili.

DIFFERENZIAZIONE, INTEGRAZIONE E STILI DI LEADERSHIPLa tecnologia non và vista solo come fattore che condiziona l'organizzazione del lavoro, ma anche comeforza capace di creare maggiori opportunità, forti vincoli all’adattamento e competitività delle aziende.LORSCH dimostra che a più elevata differenziazione delle unità o gruppi in cui è diviso il lavoro corrispondono maggiore bisogno e maggiori difficoltà d’integrazione a livello di sistema aziendale. Lorsch verifica empiricamente che la divisione del lavoro e le modalità d’integrazione variano notevolmente da azienda ad azienda.

Page 9: Riassunto cafferata

Lorsch introduce la “teoria situazionistica” che dominerà la letteratura manageriale dagli anni ’70 ai ’90:l’alta direzione non deve seguire approcci universali ma scegliere soluzioni appropriate a problemi contingenti. Si fa strada la convinzione, nell’ultima parte del XX secolo, che non esistono principi universali, ma esiste un intero campo di possibili soluzioni dei problema della leadership e dell’organizzazione del lavoro.

LA CULTURA AZIENDALELa cultura aziendale è un filone di pensiero sviluppatosi negli anni ’60 in Gran Bretagna, precisamente al Tavistock Institute. Questa teoria, sviluppata da Elliot Jaques e i suoi seguaci, pone enfasi alla funzione che esercita la cultura maturata in impresa nel promuovere l’integrazione e la cooperazione trai differenti partecipanti al sistema aziendale. Per Jacques il sistema impresa si trova in ogni momento in un equilibrio dinamico che consiste nel rapporto che intercorre tra la struttura formale, la cultura aziendale e le caratteristica della personalità dei partecipanti. Se per Homans l'integrazione era data dalle interazioni, dai sentimenti e dalle attività, Jacques, eleva questa teoria, stabilendo che esistono altri elementi che determinano l’integrazione del sistema aziendale, che sono la formalità, la cultura e la personalità di ciascun individuo.Il processo di acculturizzazione comporta quindi dei cambiamenti culturali radicali del modello burocratico al fine di democratizzare delle strutture organizzative aziendali. Ferma restando la divisione dei poteri e responsabilità operative, risulta necessario individuare i metodi di governo che consentano ilconfronto non solo sull’organizzazione del lavoro ma anche sugli obiettivi e sulla valutazione dei risultati della gestione praticata. OUCHI, durante gli anni ’80, da il via al cosiddetto riformismo anti-burocratico, elemento tipico dello sviluppo aziendale giapponese, Ouchi infatti propone la cosiddetta teoria Z che, in continuità del filone delle human relations, promuove il rafforzamento dei legami interpersonali tra i dipendenti e sviluppa un’organizzazione interna di tipo clanistico, ovvero creando piccoli gruppi di lavoro, detti appunto “clan. Tipica di questa struttura è la solidarietà organica tra capi e subordinati, e tra gruppo e gruppo, creando così un forte legame tra i suoi membri.

LIMITI DELLA RAZIONALITà DEL COMPORTAMENTO UMANO NELLE DECISIONI SIMON è sicuramente tra i principali fautori di questo filone di pensiero ed interpreta il sistema aziendale come un tessuto di decisioni che pervadono la gerarchia. Il comportamento di colui che prendedecisioni in azienda, indipendentemente dal livello gerarchico, è ben diverso da quello conosciuto in dottrina, cioè quello “razionale” di tipo tayloristico caratterizzato da onniscienza e chiarezza degli obiettivi. Per Simon, i comportamenti sono intrisi di “irrazionalità” e orientati dall’intuizione personale, dai sentimenti e da una capacità di discernimento che procede di caso in caso. Il comportamento umano è solo nelle intenzioni razionali ma di fatto lo è solo parzialmente, in quanto sviato dai numerosi limiti sia di natura cognitiva che di opportunismo, il leader infatti spesso fallisce o è incapace di assolvere ai propri compiti, risultando quindi limitato.Risulta quindi necessario mettere sotto controllo l’ambiente di decisione attraverso l’istituzionalizzazione dei comportamenti. L'istituzionalizzazione consiste nell'assimilazione di valori condivisi e nell'accettazione dell’orientamento culturale del sistema aziendale. Questi valori fanno da “premessa” alla decisione e vengono sorretti da una efficiente struttura organizzativa che diventa quindil'ambiente della decisione. Secondo Simon inoltre, i meccanismi che influenzano e regolarizzano i comportamenti umani sono, la divisione del lavoro, la standardizzazione nello svolgimento delle operazioni, la gerarchizzazione dell’autorità decisoria la fissazione dei canali di comunicazione per decidere e l'addestramento al lavoro e l’indottrinamento.Con tutte queste regole la struttura organizzativa diventa un ambiente della decisione, cioè un ambiente nel quale le decisione vengono prese con una razionalità almeno intenzionalmente pura, i valori condivisi ne costituiscono la premessa. Pertanto il comportamento umano che è solo intenzionalmente razionale può essere però razionalizzato. In azienda avviene tramite la progettazione di regole e strutture, il processo dirazionalizzazione può esser sostenuto da sistema informativo cioè da strutture e processi automatizzati che aiutano e sostituiscono il fattore umano.

Page 10: Riassunto cafferata

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI ATTRAVERSO IL SISTEMA INFORMATIVO: Secondo questa corrente di pensiero, la gestione dell’informazione è fondamentale nell'ottica del processo emergente di razionalizzazione.Driver e Streufert notano che le performance aziendali dipendono non solo dalla tecnologia impiegata e dalla motivazione del personale ma anche e sopratutto dalle peculiarità e dalle modalità evidenziate da individui, gruppi e organizzazioni nell’elaborazione delle informazioni.GALBRAITH ribadisce che non esiste un unico ottico modo di strutturare le aziende, le soluzioni da trovare per differenziare e integrare i sistemi infatti dipendono dalla considerazione del credo di certezzao incertezza sia interna che esterna. Di fatto maggiore è l’incertezza del compito e maggiore è l’ammontare di informazioni che devono essere elaborate da coloro che prendono decisioni durante l’espletamento del compito stesso, allo scopo di ottenere un dato livello di performance esecutiva. Le forme e le tipologie delle strutture organizzative variano a seconda del modo in cui si deve soddisfareil complessivo fabbisogno informativo. L'incertezza quindi si può definire come la differenza tra il totale dell'informazione richiesta per espletare un compito e il totale dell'informazione già posseduta dall'azienda.Sempre secondo Galbraith, quando si verificano condizioni di assenza di incertezza o “quasi certezza” un primo procedimento per rendere indipendenti parti del sistema aziendale è quello di affidarsi a regole, piani e procedure.Se le configurazioni ambientali e i compiti da realizzare variano frequentemente i comportamenti standardizzati e le regole si rivelano insufficienti, sorge quindi il bisogno di gerarchia ovvero di autorità, poteri e responsabilità nel decidere. Ogni dato raccolto a livello di base deve essere veicolato verso l’alto, saranno in seguito elaborati dal manager provvisto delle qualificazioni per decidere.Galbraith spiega che i canali di trasmissione in senso ascendente (dal basso verso l’alto, top-down) possono sovraccaricarsi di dati troppo diversi per essere elaborati simultaneamente, perevitare questo intasamento quindi bisogna pensare ad un sistema di decisione decentralizzato sia orizzontalmente che verticalmente e bisogna inoltre ridurre la massa delle informazioni da trattare, riducendo il fabbisogno di dati da elaborare.A tale scopo, il management può programmare di abbassare il livello desiderato di efficienza delle proprie operazioni, oppure può predeterminare l’ammontare delle informazioni da elaborare e farle gestire nel modo più efficiente ad unità di business decentrate dotate di specifici organismi amministrativi e direttivi. Questa scelta richiederà adattamenti di struttura organizzativa, in modo da avere un vertice strategico (holding) del gruppo che si avvarrà della struttura divisionale costruita, decentrando a unità amministrative autonome, la responsabilità del raggiungimento di precisi obiettivi digestione. Ogni divisione potrà differenziarsi internamente secondo le specifiche funzioni da assolvere e in base alla clientela da servire, se l’incertezza è elevata è necessario aumentare la capacità di utilizzare delle informazioni ovvero la qualità del sistema informativo. Per ottenere tutto questo è necessario far crescere qualitativamente le risorse umane e materiali esistenti e adottare un sistema di allargamento orizzontale della capacità di ricerca ed elaborazione delle informazioni. E' inoltre necessario un miglioramento della qualità delle relazioni laterali tra aree gestionali e la collaborazione interdipartimentale. I manager infatti affronteranno direttamente le decisioni senza rimandarle in alto, oppure si creeranno gruppi di coordinamento del tipo task force o team.Le task force sono formate da collaboratori estrapolati da dipartimenti diversi uniti per l’occasione per affrontare uno specifico problema, mentre il team nasce per risolvere con una riflessione meno condizionata dai tempi, un problema di natura organizzativa o gestionale. Altre volte ancora l’alta direzione sceglierà di affidare ad un’unica persona il ruolo critico dell’integratore, il cosiddetto middle manager che diventerà l’unico interlocutore del top manager.

LA TEORIA DELLA CONTINGENZA ORGANIZZATIVA:La teoria delle contingenze organizzative è un tema particolarmente caro agli studiosi americani i quali affermano che l’attenzione da rivolgere al fattore umano non deve intendersi come attenzione

Page 11: Riassunto cafferata

caritatevole ad un bene da preservare in sé, ma anzi è un’attenzione che và orientata verso lo sviluppo della produttività e delle capacità competitive dell’impresa.Secondo questa teoria, detta anche situazionale, in un’organizzazione i modelli appropriati di comportamento dipendono dall’ambiente nel quale l’organizzazione è inserita e dalla personalità dei membri dell’organizzazione stessa.La progettazione organizzativa rappresenta un mezzo fondamentale per influenzare i modelli di comportamento in un'organizzazione e ha il compito di determinare:La struttura organizzativa consiste nella definizione dei compiti e delle relazioni fra di essi come risultano dagli organigrammi e dalla descrizione dei compiti.Gli schemi di pianificazione, controllo e valutazione consistono nelle procedure per la definizione degli obiettivi dell’organizzazione e dei metodi per raggiungerli, le ricompense, come premi e remunerazioni, che vanno corrisposte dal management alle persone coinvolte nelle attività lavorative.I criteri di selezione cioè le linee utilizzate per selezionare i titolari dei vari compiti, chiaramente i compiti influenzano la personalità, l’esperienza e la capacità dei membri dell’organizzazione, i criteri di selezione possono influenzare la risposta che le persone danno agli altri elementi che definiscono la progettazione organizzativa.In fine abbiamo l'addestramento e la formazione che non servono solo per trasmettere conoscenze e migliorare le capacità ma sono anche uno strumento a disposizione del management x comunicare ai membri dell’organizzazione le sue aspettative intorno al loro comportamento sul compito.I fattori situazionali che influenzano le scelte di progettazione organizzativa invece sono:L’ambiente, costituito da forze e istituzioni esterne all’azienda con le quali i membri dell’azienda devono necessariamente collaborare per raggiungere gli obiettivi dell’azienda.La strategia dell'organizzazione che consiste nella definizione dell'ambiente o del settore più rilevante per l’organizzazione, degli scopi all’interno di quel contesto e dei mezzi particolari per raggiungere tali scopi.I compiti, detti anche task consistono in azioni che i membri dell’organizzazione debbono svolgere perrealizzare la strategia stabilita, infine, le caratteristiche psicologiche dei membri, consistono in fattori durevoli relativi alla personalità di un individuo.

L’ADATTAMENTO FRA COMPITO (TASK), PERSONE E ORGANIZZAZIONEDalla relazione tra queste tre componenti derivano due importanti conseguenze, innanzitutto gli individui sperimentano un senso di competenza che gli permette di svolgere il lavoro in modo efficace. Grazie a questo senso di competenza, che rappresenta una ricompensa psicologica per il lavoratore, l’organizzazione può conseguire agevolmente i suoi obiettivi.

Compiti differenti sembrano attrarre persone con caratteristiche psicologiche differenti. La differenziazione comporta dei costi che risultano evidenti se si considerano i rapporti fra differenziazionee integrazione, infatti maggiore è la differenziazione maggiore è la diversità dei punti di vista delle unità coinvolte nelle decisioni e quindi maggiore è la difficoltà di raggiungere l’integrazione necessaria al raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione nel suo complesso.Al fine di ottenere l'integrazione è necessario superare alcune problematiche. Innanzitutto più elevato è il

numero delle unità coinvolte maggiore è la difficoltà della collaborazione.L'interdipendenza è un altro fattore da considerare, abbiamo infatti l'interdipendenza generica, sequenziale e reciproca. L'interdipendenza generica si manifesta nei confronti di un’unità centrale, comela direzione centrale e le divisioni prodotto, l'interdipendenza sequenziale consiste nel fatto che ogni unità è interdipendente nei confronti dell’unità che la segue nel flusso di produzione, ad esempio i vari reparti di uno stabilimento, mentre l'interdipendenza reciproca si manifesta fra tutte le unità, ad esempio nel marketing, R&S e produzione in sede di innovazione/introduzione di un nuovo prodotto.

Page 12: Riassunto cafferata

Da considerare anche la frequenza dell’interazione richiesta fra le unità, infatti tanto maggiore è la frequenza necessaria tanto maggiore è la difficoltà di raggiungere l’integrazione.Decisiva anche l'influenza dell’importanza rispetto alla strategia dell’organizzazione, ad esempio sei problemi sono di importanza cruciale per gli obiettivi strategici sarebbe opportuno dedicare all’integrazione uno sforzo maggiore di quello necessario per i problemi di natura marginale.In fine va considerata la complessità e l'incertezza delle informazioni che debbono essere utilizzate, infatti maggiore è l’incertezza o complessità delle informazioni maggiore è il tempo e lo sforzo che devono essere dedicati per individuare, capire e risolvere i punti di vista contrastanti.

IL RAGGIUNGIMENTO DELL’INTEGRAZIONELa qualità dell’integrazione raggiunta dipende da due gruppi di fattori:I meccanismi organizzativi volti a promuovere l’integrazione e le modalità di risoluzione dei conflitti.All'interno dei meccanismi organizzativi troviamo le unità di integrazione, che consistono in unità specifiche con una propria organizzazione interna create per facilitare l’integrazione interfunzionale. Un altro meccanismo è costituito dai ruoli di integrazione che differiscono dalle unità di integrazione in quanto i loro titolari, qualunque sia la loro denominazione, dipendono direttamente dal direttore generale. Entrambi questi meccanismi spostano l’organizzazione verso una struttura di tipo a matrice dove troviamo un asse responsabile dell’integrazione interfunzionale e una responsabile della direzione delle unità funzionali differenziate. Altro meccanismo sono i gruppi o comitati interfunzionali in sostituzione o aggiunta ai ruoli e alle unità di integrazione.Le modalità di risoluzione dei conflitti invece sono due, innanzitutto è importante analizzare il tipo di comportamento adottato per risolvere i conflitti, infatti la qualità dell’integrazione sarà elevata se l'attività dei managers è orientata alla soluzione dei problemi in modo da consentire l’esposizione deivari punti di vista e ricercando accuratamente la migliore soluzione dal punto di vista generale. Se i managers occultano o evitano il conflitto o accettano che chi possiede maggiore potere imponga una soluzione agli altri, i loro sforzi per raggiungere l’integrazione saranno meno efficaci.La risoluzione dei conflitti è più efficace quando la distribuzione effettiva dell’influenza nell’organizzazione è coerente con le conoscenze e la capacità di contribuire alle decisioni, la cosiddetta influenza effettiva.I PROBLEMI DI APPLICAZIONESorgono però alcuni problemi di applicazione, risulta infatti complicato valutare quali sono le reali esigenze dell'ambiente e quali sono i reali bisogni dei potenziali acquirenti, inoltre si evidenziano problematiche nella valutazione della cultura dell'organizzazione e nello stile di leadership, è importante anche la combinazione coerente dei vari elementi della progettazione organizzativa.

ORGANIZZAZIONE CHE APPRENDE, CREA E VALORIZZA LA CONOSCENZAEsistono diversi modi per intendere il concetto di organizzazione, ma comunque si rimanda sempre a due prospettive o dimensioni di analisi del fenomeno dell’apprendimento organizzativo, la prospettiva soggettivistica, e la prospettiva olistica-sistemica.Nella prospettiva soggettivista è l’uomo con le sue dinamiche cognitive che genera o ostacola l’apprendimento organizzativo, mentre nella prospettiva olistico-sistemica si privilegiano gli aspetti strutturali e sistemici dell’organizzazione, la struttura con i propri vincoli formali (ruoli, regole, procedure e tecnologie) e il sistema con i propri obiettivi di adattamento all’ambiente, ordinano e orientano le dinamiche cognitive degli uomini indirizzando l’apprendimento organizzativo.Coniugando gli aspetti positivi che emergono da entrambe si è giunti a un’interessante prospettiva di sintesi che assumendo una concezione di matrice evoluzionista dell’apprendimento, attribuisce il giusto rilievo sia alle valenze di natura personale sia alle valenze di natura contestuale sia interne che esterne.Questa ipotesi trova le sue origini nella teoria sistemico-evolutiva di matrice cognitivista di Nelson e Winter. In questa prospettiva esiste una relazione tra l'apprendimento organizzativo, innovazione e strategia aziendale. La dialettica tra conservazione e possibili cambiamenti dell'organizzazione di svolgebilanciando la revisione degli aspetti contestuali e la creazione di nuovi contesti. Nel primo caso si tratta di routines consolidate che presuppongono lo sfruttamento delle conoscenze esistenti, mentre nel

Page 13: Riassunto cafferata

secondo caso, si parla di nuove routines, che presuppongono lo sviluppo di nuove conoscenze attraverso l'esplorazione di nuove possibilità di sviluppo.

LA CONOSCENZAConoscere vuol dire attribuire significato al flusso di esperienza, come risultato di un processo di apprendimento, mediante il quale si interpretano le informazioni sul mondo del reale e grazie al quale si comprende il senso dell'azione.Possiamo affermare come la conoscenza ha natura dinamica perchè con il passare del tempo perde il suosignificato in rapporto ai contesti in evoluzione. Ha un carattere reticolare relativamente dalla pluralità direlazioni tra più soggetti con una pluralità di esperienze passate o presenti, determinado così un “reticolo” concettuale di schemi, esperienze, memorie.Inoltre la conoscenza rappresenta il prodotto complesso dell’apprendimento mediante un processo di elaborazione cognitiva dell’informazione, e si distingue dall’informazione per il fatto di essere sempre orientata all’azione e alla realizzazione di un determinato fine, da qui emerge il carattere dinamico e reticolare della conoscenza.Ai fini della competitività aziendale, è importante considerare il binomio conoscenza-tempo.Altri concetti legati alla conoscenza sono il dato e l'informazione.Il dato è un simbolo, numero, lettera, fatto o immagine privo di significato, il dato fenomenologico si trasforma in informazione quando a quel simbolo si attribuisce un significato (interpretazione), si inquadra in un contesto di riferimento (contestualizzazione) e si organizza in relazione con altri dati (sintesi).Tutto questo comporta una visione soggettiva della informazione sia per chi la fornisce sia per chi la recepisce.L'informazione risulta quindi il prodotto di una attività cognitiva semplice, in quanto riferita al dato e come tale ha natura semplice e rappresenta l'unità elementare del sapere.La conoscenza racchiude al suo interno 2 dimensioni, la conoscenza esplicita e la conoscenza tacita.La conoscenza esplicita consiste nella conoscenza codificata, trasmissibile con un linguaggio formale, mediante manuali, procedure, norme, codici, sistemi informativi. Rappresenta il “saper cosa” (knowledge o know-about o know-why) cioè quella conoscenza tecnica che consente al soggetto l’attivazione del patrimonio di risorse (mezzi) a sua disposizione per l’azione.La conoscenza tacita è una conoscenza prevalentemente personale e più difficile da codificare se non attraverso la dimostrazione pratica. Questa conoscenza è radicata nell'azione, nell'impegno e in uno specifico contesto, coniuga elementi cognitivi e opinioni che ciascuno reca dentro di se e si identifica tanto con il saper fare quanto con il saper essere.La conoscenza tacita e la conoscenza esplicita sono in relazione di interdipendenza tra loro, e si rafforzano a vicenda, mentre la conoscenza organizzativa si differenzia dalla conoscenza individuale dal fatto che, la generazione della conoscenza organizzativa presuppone la condivisione della seconda, risulta quindi indispensabile lo sviluppo di un linguaggio comune che trasferisca le conoscenze tra gli individui di uno stesso gruppo di lavoro, creando così le cosiddette routines, che rappresentino soluzioni da adottare per risolvere i vari problemi ricorrenti nei processi aziendali e quindi risposte meccaniche ai vari problemi di gestione operativa.Tutte le organizzazioni inoltre, per poter funzionare, necessitano di una base di conoscenza collettiva, la cosiddetta knowledge base, che consiste in un insieme di competenze coltivate e conservate dall'organizzazione.

L’APPRENDIMENTO TRA INDIVIDUO E ORGANIZZAZIONEInnanzitutto dobbiamo definire l’apprendimento come il processo che conduce al sapere, da questa definizione possiamo definire il concetto dell'apprendimento organizzativo che consiste nell’insieme dei processi cognitivi mediante i quali un’organizzazione acquisisce interpreta e ricorda conoscenza utile alla modificazione del suo comportamento.Numerosi furono gli studiosi che cercarono di approfondire questi concetti, innanzitutto, FIOL E LYLES ordinarono i diversi contributi teorici sull’apprendimento sulla base di due dimensioni: il contenuto e il livello, riguardo al contenuto troviamo la distinzione tra cambiamento cognitivo, dove

Page 14: Riassunto cafferata

l'apprendimento influenza schemi concettuali e regole comuni e cambiamento comportamentale dove invece l'apprendimento incide sul comportamento organizzativo e sulle azioni.Riguardo al livello distinguiamo invece un apprendimento di livello inferiore che coinvolge tutti i livelli dell’organizzazione e un livello superiore che invece coinvolge solo i livelli organizzativi superiori.MUMFORD invece prefigura l’esistenza di livelli diversi di apprendimento con ordine gerarchico dal singolo individuo in senso piramidale.ARGYRIS E SCHON stilarono una fra le più importanti classificazioni sul tema, nella loro analisi troviamo la distinzione tra apprendimento adattativo o a circuito singolo, detto single loop learning e apprendimento generativo o a circuito doppio detto double loop learning.Il Single loop learning può interessare tutti i livelli di un’organizzazione, come nuove conoscenze pratiche o come gli adeguamenti sulle routine, pertanto può essere definito come un apprendimento di tipo adattivoDouble loop learning invece interessa maggiormente i livelli organizzativi più elevati, come la creazione di nuova conoscenza che può portare a modificare quelle stesse conoscenze di base dell’organizzazione, la sua missione e le sue capacità, gli indirizzi strategici e il sistema stesso, generando un notevole vantaggio competitivo dell'impresa.Importante è capire come l'organizzazione apprende.Principale fonte di apprendimento è l’apprendimento dei singoli all’interno dell’organizzazione, ma l’apprendimento individuale è una condizione necessaria ma non sufficiente: quanto appreso a livello individuale può determinare apprendimento organizzativo a patto che venga interiorizzato, condiviso e trattenuto nel reticolo cognitivo complessivo dell’organizzazione.Dunque, si deduce che l’apprendimento è un processo dinamico dell’organizzazione che interessa tutti i livelli (individuale, di gruppo, organizzativo e inter-organizzativo) e si forma mediante continui processidi valorizzazione delle conoscenze esistenti (exploiting) e di esplorazione del nuovo (exploring). Il nodo cruciale è rappresentato dal difficile passaggio dalla conoscenza individuale a quella collettiva intermini sia qualitativi che quantitativi.

IL PASSAGGIO DALLA CONOSCENZA INDIVIDUALE A QUELLA ORGANIZZATIVALEARNING ORGANIZATIONNONAKA, nei suoi studi articolatisi tra il 1991e il 1994, articola su due dimensioni il processo di creazione della conoscenza delle organizzazioni, la dimensione epistemologica e ontologica. La dimensione epistemologica si fonda sulla distinzione tra carattere tacito e carattere esplicito della conoscenza, facendo riferimento al processo continuo di trasformazione della conoscenza da tacita ad esplicita e viceversa, mentre la dimensione ontologica considera i diversi livelli, individuale, di gruppo,organizzativo e interorganizzativo, coinvolti nel processo di creazione della conoscenza e in essa si coglie il ruolo delle interazioni sociali nello sviluppo di nuove idee tra individui, tra organizzazioni, che condividono la conoscenza.L'organizzazione in questo caso deve concentrarsi sulla creazione di un patrimonio di conoscenze comune necessario per l'azione collettiva e deve lasciare spazio alla creatività del singolo individuo, fondamentale per la rigenerazione della conoscenza collettiva. La conoscenza di genera e si diffonde mediante un rapporto interattivo sociale tra conoscenza tacita e esplicita definito con il termine “conversione”, da cui si individuano quattro modi diversi di conversionedella conoscenza tra loro complementari ed interdipendenti, abbiamo infatti la socializzazione, l'esteriorizzazione, la combinazione della conoscenza e l'interiorizzazione.Per socializzazione consiste nel diffondere la conoscenza tacita tra più persone senza modificarne il carattere tacito, questo può avvenire attraverso l'osservazione, l'imitazione, l'esercizio pratico e lo scambio di esperienze tra squadre o campi di interazione.Esteriorizzazione viene intesa come la conversione della conoscenza tacita socializzata in conoscenza esplicita in modo tale che possa circolare e diffondersi anche all’esterno del gruppo di origine, attraverso il dialogo e soprattutto della metafora e dei linguaggi formali.Nella Combinazione le conoscenze esplicite non solo di più gruppi ma anche di più organizzazioni si integrano fra loro, ricombinandosi e producendo valore aggiunto. Tutto questo avviene attraverso

Page 15: Riassunto cafferata

formazione, mezzi di comunicazione sociale, sistemi informativi che cristallizzano la conoscenza all’interno di strutture reticolari, dette anche network. Interiorizzazione in fine, permette di ricondurre le conoscenze esplicite entro la base di conoscenza tacita di ogni individuo, tutto questo attraverso processi di sperimentazione per prove ed errori, il cosiddetto learning by doing. E' appunto “nel fare” che gli individui apprendono la conoscenza combinata che torna così arricchita al suo stato tacito.La struttura che si delinea è quindi un vortice della creazione della conoscenza che tende ad auto alimentarsi in quanto in ogni fase la conoscenza muta in termini qualitativi ma anche quantitativi, così l’organizzazione crea conoscenze che sono eccedenti rispetto a ciò che è necessario potendo così utilizzarle in contesti anche diversi.Si tratta di uno schema concettuale il cui maggior pregio è nel carattere di circolarità ed interattività dei processi cognitivi

L’ORGANIZZAZIONE: SISTEMA CHE APPRENDESENGE afferma che esiste una condizione fondamentale affinché l’organizzazione possa apprendere, la sistematicità. Secondo Senge infatti, non bisogna più vedere catene lineari di causa-effetto, ma vedere invece interazioni tra tutte variabili in gioco, sono infatti necessarie azioni incentrate sulle relazioni giuste, capaci di produrre adeguati cambiamenti organizzativi.L’idea di base è che nessun cambiamento significativo si può realizzare senza che si modifichi al suo interno non solo il modo di pensare dei suoi partecipanti ma anche e soprattutto la strutturazione del suo contesto. L’effetto leva delle strutture profonde, su cui si svolge la socializzazione, è il frutto di cambiamenti di ordine sistemico attraverso azioni applicate localmente, cioè su quelle relazioni tra persone, strutture e ambiente, giunge a rappresentare i fattori costitutivi di una learning organizzation di discipline ciascuna delle quali si articola su determinate pratiche, principi, e essenzialità. Senge dunque pone l’accento sul “dialogo” come principio alla base dell’apprendimento di gruppo.Fondamentali solo le definizioni delle cinque discipline, la padronanza personale, i modelli mentali, la visione condivisa, l'apprendimento di gruppo e il pensiero sistemico.Padronanza personale: imparare a aumentare la propria capacità di raggiungere i risultati che più desideriamo e costruire ambienti in cui tutti i membri sono incoraggiati a sviluppare sé stessi e gli scopi che si sono prefissati. Modelli mentali: sono la “mappa” implicita di quanto ci circonda, indagabile attraverso la riflessione continua e il chiarirsi degli obiettivi che si vogliono raggiungere. L’indagine sui propri modelli mentali consente di comprendere come questi influenzano le nostre azioni e le nostre decisioni.Visione condivisa: la creazione di un’immagine desiderabile e condivisa del futuro, inclusi i metodi e i principi sulla base dei quali realizzarlo, permette di potenziare il senso di appartenenza al gruppo Apprendimento di gruppo: realizza l’abilità di pensiero collettivo e dialogico in gruppo, che consente lo sviluppo di competenze ed abilità superiori alla somma dei talenti individuali.Pensiero sistemico: sono modalità di pensiero e di linguaggio in grado di descrivere e comprendere il comportamento dei sistemi in termini di forze e di relazioni. Questa disciplina aiuta a comprendere dei sistemi in termini di forze e relazioni. In questo modo è possibile comprendere come realizzare i cambiamenti in modo più efficace all’interno dei sistemi

APPRENDIMENTO E TEMPOSecondo questo concetto, esiste un collegamento tra il tempo e la conoscenza, ai fini della creazione di valore. Questo legame si manifesta nell'apprendimento, utile ad indirizzare la crescita dell'organizzazione in rapporto dialettico sincronizzato con la variabile ambientale, la cosiddetta co -evoluzione impresa-ambiente.La concezione dell'apprendimento organizzativo comporta l'esaltazione del concetto di conoscenza, tempestività e tempismo, che, quando correttamente integrati tra loro, costituiscono un elemento essenziale per eseguire dinamiche cognitive che permettono di generare valore.Possiamo quindi dire che è il tempo è un fattore capace di valorizzare in maniera incisiva la dimensione cognitiva sia dell'organizzazione che del patrimonio di conoscenze che ne è alla base.

Page 16: Riassunto cafferata

Il tempo è quindi una importante leva di cambiamento dell'organizzazione, al fine di valorizzare questa componente, è necessario sviluppare tempestivamente e al momento giusto nuove conoscenze, è importante la diffusione tempestiva della conoscenza, per generare nuove capacità e quindi nuove azioni. Importante anche l'attuazione tempestiva della conoscenza in azioni concrete e l'ottimizzazione della conoscenza accumulata, attraverso una tempestiva ricerca volta a consentire applicazioni alternative delle conoscenze.

IL KNOWLEDGE MANAGEMENT NELLA VALORIZZAZIONE DELLA CONOSCENZA: TRA FORMALE ED INFORMALEUn problema chiave per l'azienda è sicuramente quello di migliorare il rendimento della conoscenza dell’organizzazione sia tacita che esplicita, e quindi trasformare in valore il suo sapere. Per produrre valore bisogna essere efficienti ed efficaci e bisogna integrare efficienza ed efficacia in maniera da creare due condizioni fondamentali, la capacità della conoscenza organizzativa di rispondere appropriatamente e rapidamente alle variazioni di contesto e la capacità della conoscenza organizzativa di creare nuove e diverse alternative future di sviluppo da attuare al tempo giustoEntrambe queste condizioni sono alla base della creazione di valore dell’impresa e permettono all'organizzazione di rispondere adeguatamente alle attese e sollecitazioni dei suoi stakeholders.Per soddisfare queste condizioni il management deve intervenire su due grandi fronti, la tecnologia e le risorse umane. Grazie alla tecnologia è possibile realizzare sistemi informativi adatti allo scopo, mentre grazie alle risorse umane è possibile motivare le persone a collaborare attivamente al processo di creazione, condivisione e impiego della conoscenza.Gestire efficientemente ed efficacemente la conoscenza significa progettare percorsi cognitivi capaci di fronteggiare l’incertezza degli scenari ambientali anche facendo tesoro delle esperienze passate che comunque rimangono di una certa importanza.

STRUTTURE ORGANIZZATIVE E RELAZIONI INTERORGANIZZATIVELA STRUTTURA ORGANIZZATIVA La struttura organizzativa rappresenta l'elemento statico del sistema organizzativo, cioè l'impianto sul quale vengono costruiti una serie di processi tipici dell'elemento dinamico. Per comprenderne a pieno il significato è necessario analizzare altri concetti. Gli organigrammi ad esempio consistono nella rappresentazione grafica degli organi e delle unità organizzative di una determinata entità sociale che pone in evidenza, i settori di attività, i rapporti gerarchici e i rapporti funzionali consultivi (line e staff)Per organo si intende un centro di attività autonomo per direzione esecuzione e controllo di operazioni di impresa, troviamo ad esempio gli organi volitivi, manageriali e gli organi operativi.Per unità organizzativa si intende il nucleo di persone che svolgono un'attività omogenea sotto la supervisione di un capo, che può evidenziare caratteri tipici del leader.I funzionigrammi permettono di individuare quali sono le funzioni tipiche di un determinato organo, mentre il mansionario riporta in modo analitico i compiti e le responsabilità per ciascuna posizione.

I PROCESSIAll'elemento statico, riscontrabile nella struttura organizzativa, si affianca un elemento dinamico, i processi per l'appunto, che consistono in tutte quelle operazioni, appartenenti a una struttura organizzativa che permettono il corretto funzionamento dell'organizzazione. Esempi tipici di processi sono la pianificazione e controllo, la selezione del personale, l'area di marketing ecc.

LA PROGETTAZIONE DELLA STRUTTURA ORGANIZZATIVANel momento in cui si decide di progettare una determinata struttura organizzativa, è necessario fare riferimento a specifici meccanismi chiave, che sono, la divisione del lavoro, l'integrazione, la delega e il line e staff.Quando si vuole progettare una struttura organizzativa, si deve fare riferimento a due meccanismi chiaveche sono per un certo verso opposti e sono,la divisione del lavoro e i meccanismi di integrazione. La divisione del lavoro altro non è che la scelta relativa a quantità di parti e partecipanti a cui si vuole attribuire un ruolo e quindi un compito o una mansione. Tendenzialmente l’estremo della divisione del

Page 17: Riassunto cafferata

lavoro si incontra con la logica taylorista, in cui la divisione del lavoro coincideva con la parcellizzazione. È chiaro che quanto è maggiore la divisione del lavoro tanto maggiore dovrà essere la parte integrativa, che è la capacità di ricondurre ad unità un lavoro estremamente diviso. Quanto più il lavoro viene diviso tanto più questa abbisogna di essere coordinato ed integrato. L’integrazione è un concetto fondamentale e fa riferimento ad un ruolo manageriale. Nelle organizzazione odierne, dove la divisione del lavoro non è così estesa come nella logica e taylorista, le organizzazioni sono molto meno differenziate rispetto a come erano un tempo, anche i meccanismi di integrazione si riducono. Oggi le organizzazioni si dicono flat, piatte, tendenzialmente sono organizzazioni dove c’è una base, pochi ruoli manageriali e subito dopo la proprietà, il middle manager nelle organizzazioni odierne è poco utilizzato.Nelle grande aziende si può incontrare una grande divisione del lavoro con molti livelli manageriali, mentre nelle piccole aziende la divisone del lavoro è molto meno estesa con dei ruoli di integrazione molto più fatiscenti. Altro concetto fondamentale nella progettazione della struttura organizzativa è accentrare o decentrare l’autorità. L’accentramento è la capacità dell’organizzazione di attribuire il potere decisionale ad un solo centro tendenzialmente che è quello più alto nella scala gerarchica o viceversa attribuirlo ad un determinato insieme di centri, ad esempio dove l’organizzazione è ben divisa,perché ci sono molti meccanismi di integrazione, di solito l’azienda sarà accentrata, cioè non delega e non decentra l’autorità e il potere decisionale, se invece non ha una divisione del lavoro accentuata,tendenzialmente la delega e il decentramento vengono distribuiti con maggior vigore.In tutte le organizzazioni è sempre presente un’ampia varietà di tecniche, mediante le quali, sono distribuiti i compiti tra persone e ai gruppi di persone, sono stabiliti i livelli di autorità e sono fissati gli obiettivi dell’intera organizzazione dei singoli gruppi. Secondo studiosi classici due tecniche sono fondamentali per costruire le strutture organizzative, l’organizzazione linea lineare e l’organizzazione con posizioni di staff.

LINE E STAFF:Al fine di costruire le strutture organizzative è fondamentale l'utilizzo dell'organizzazione lineare e l'organizzazione con posizioni di staff.Organizzazione lineare è una struttura in cui ogni subordinato dipende da una sola autorità superiore attraverso una relazione diretta di autorità-responsabilità, la cosiddetta autorità di line.Nell’intera organizzazione questa relazione diretta fluisce in modo concatenato dai livelli più alti a quellipiù bassi, secondo il principio della continuità dell’autorità.L’autorità di line ha quindi il potere di dare ordini ai subordinati, mentre la continuità di flusso dal vertice verso la base assegna a ciascuna posizione organizzativa autorità completa ed esclusiva sulle persone che si trovano in posizione subordinata e conferisce a ciascuna di queste posizioni subordinate l’obbligo di riferire i risultati ad un solo superiore.I principali vantaggi dell’organizzazione lineare sono l’unità di comando, la rapidità di esecuzione dei comandi e la definizione chiara e delimitata delle responsabilità e dell’autorità. Una struttura elementare di line si può sviluppare in due direzioni, direzione verticale e la direzione orizzontale, la direzione verticale si ottiene attraverso la delega dell’autorità in relazione ai numerosi livelli gerarchici, mentre la direzione orizzontale si ottiene attraverso la divisione del lavoro o la specializzazione, in relazione alla numerosità delle funzioni aziendali.Con l'Organizzazione di line e staff si forma invece di ulteriore sviluppo orizzontale della line. La crescente complessità delle operazioni, ha spesso indotto i managers a ricorrere all’aiuto di specialisti, come studiosi o esperti di comunicazione o organizzazione del lavoro o a gruppi di collaboratori a cui vengono assegnati compiti come ad esempio raccogliere informazioni tecniche, successivamente il loto compito è quello di effettuare una prima analisi al fine di determinare le varie alternative possibili relativamente a una precisa decisione da attuare. Questi soggetti costituiscono lo staff e hanno principalmente funzioni consultive ma non esercitano autorità alcuna sulla line. Non sempre però lo staffsi trova in una posizione subordinata rispetto ad un capo o direttore, si possono infatti trovare in una relazione diversa da quella di autorità-responsabilità. Va comunque detto che lo staff gode di una certa autonomia, a volte anche molto ampia.Relativamente alla posizione dello staff nella struttura organizzativa, possiamo definire tre tipi principali, lo staff a livello di direzione, di un'area circoscritta e di tutta la line.

Page 18: Riassunto cafferata

Lo staff a livello di direzione svolge funzione di consulenza relativamente a tutta l’organizzazione e si collega ad altri staff dislocati all’interno delle altre unità operative. Relativamente a questa tipologia di staff riscontriamo diverse versioni, potremmo infatti riscontrare uno staff generale che coordina l’attivitàdegli staff minori oppure un tipo di staff che opera sia per la direzione sia per le unità operative.Lo Staff a livello di un’area circoscritta in genere si trova all’interno di una funzione o di un preciso reparto fondamentale, come ad esempio l'area della produzione, della vendita, o della finanza e si occupadi analizzare e effettuare una consulenza specifica verso quel delicato settore.In fine troviamo lo Staff di tutta la line, un esempio tipico è lo staff dell’ufficio legale che ha la competenza su tutte le questioni legali dell’intera organizzazione aziendale.Struttura elementare di line

CONFLITTI TRA LINE E STAFFLe autorità di line spesso sostengono che lo staff è portato a suggerire soluzioni astratte o solo teoriche senza prima averne provato la perfetta coerenza con i reali problemi da risolvere, inoltre è portato ad ignorare le relazioni già esistenti tra la soluzione di un singolo problema e la situazione generale dell’impresa. D’altra parte lo staff ribatte che leautorità di line sono refrattarie alle innovazionie sono portate a respingere le proposte dei cambiamenti sia perché non desiderano attuarlisia perché hanno idee preconcette sul lavoro dello staff .L’equilibrio tra queste 2 funzioni si trova nella fase di sviluppo dell’impresa in cui lo staff deve gestire e coordinare molte informazioni,

risulta invece più evidente quando l’impresa rallenta il tasso di sviluppo o entra in una fase di recessione. Il dinamismo quindi aiuta a risolvere questi conflitti in quanto riporta la line a svolgere la funzione per cui è nata. Risulta quindi importante rafforzare l’attività della line mediante l’impiego di specialisti.

STRUTTURA ORGANIZZATIVA PER DIPARTIMENTI E DIVISIONI: i principi della specializzazione del lavoro e del coordinamento si riflettono nella struttura organizz. articolata indipartimenti o in divisioni, ossia struttura fondata su una pluralità di unità relativamente autonome.Tra i raggruppamenti più frequenti troviamo quelli per funzione, per prodotto per area geografica e per classi di clienti.

STRUTTURA ORGANIZZATIVA PER FUNZIONILa ripartizione per funzioni è senz’altro la più diffusa. Tutte le operazioni aventi la stessanatura si raggruppano in una stessa divisione e sotto il controllo dello stesso manager, queste operazioni riguardano principalmente la produzione, le vendite, ifinanziamenti, le relazioni con il personale, la ricerca & sviluppo. Sotto il controllo del direttore commerciale si raggruppano, ad esempio, in una divisione, tutte le operazioni concernenti le vendite (rifornimenti, pubblicità, analisi di mercato, ecc.) indipendentemente dallalocalizzazione dei mercati.Se analizziamo l’organigramma che riproduce questo tipo di struttura si rileva che sotto lo stesso direttore si accorpano funzioni e attività dello stesso tipo, per esempio

Page 19: Riassunto cafferata

all’interno delle funzione produzione avremo tante attività omogenee dello stesso tipo che riguardano al secondo livello gli stabilimenti produttivi, così sotto la funzione finanza la direzione finanziaria si occupa di tutte quelle attività che hanno a che fare con l’attività finanziaria, così sulla ricerca & sviluppoe sulle vendite.Questa struttura organizzativa per funzioni si adatta molto bene per ambienti statici, perambienti che si modificano sotto il profilo normativo o tecnologico in modo abbastanza lento ela produzione di pochi prodotti o un solo prodotto.I vantaggi sono sostanzialmente due:1) raggruppando lo stesso dipartimento tutte le operazioni aventi la medesima natura e raggruppando tutti gli specialisti nello stesso campo, si aumenta l’efficacia della direzione in quanto i manager possonola loro attività su un solo settore;2) assegnando a ciascun manager la responsabilità di tutte le operazioni aventi la stessa natura, si rende più rapido, e più efficace il coordinamento tra le diverse funzioni. Questa struttura organizzativa facilita l’economia di scala all’interno delle unità funzionali proprio per la specializzazione dei manager sopra citata, e obbiettivi funzionali che sono definiti sulla base delle strategie implementate dalla direzione generale e stabilite dal consiglio di amministrazione.Per quanto riguarda gli svantaggi sono: a) tempo di risposta molto lento a fronte di un cambiamento ambientale, ad esempio in un ambiente sempre più variabile nel comparto del settore automobilistico il modello Toyota rispetto al modello funzionale Taylorista/Fordista; b) lo sviluppo dell’impresa comportala moltiplicazione dei livelli gerarchici all’interno di ciascuna funzione e rende quindi più difficile il coordinamento tra le funzioni stesse; c) Il controllo dei costi è ostacolato dal fatto che una stessa funzione a più prestazioni ad esempio marketing del prodotto A del prodotto B del prodotto C ecc.a ed è pertanto difficile determinare i risultati; d) I manager che maturano la loro esperienza in solo campo e sono inevitabilmente portati a giudicare la propria funzione come la più importante conservando questo preconcetto anche quando raggiungono i livelli più elevati dell’organizzazione.

STRUTTURA ORGANIZZATIVA PER PRODOTTO E' composta dal raggruppamento in una sola divisione di tutte le operazioni di produzione, di vendita, finanziarie, riguardanti un determinato prodotto. Questa struttura organizzativa si riscontra principalmente nelle imprese industrialidi grosse dimensioni ma anche nelle banche e nelle imprese di distribuzione. Al vertice dell’organizzazione, si trova di solito una holding, mentre si collocano in posizione di staff gli esperti delle funzioni fondamentali come la produzione, la finanza o il marketing. Dalla amministrazione della holding dipendono poi, in posizione di line, le divisioni prodotto al cui interno si ripresentano le funzioni fondamentali elencate precedentemente, fatta eccezione per il settore della finanza, del personale e della ricerca

e sviluppo, la cui direzione in genere è di esclusiva competenza dello staff centrale. Ogni divisione prodotto corrisponde ad una unità organizzativa, spesso corrispondente a una spa, controllata dall’unità di holding. Al fine di poter realizzare questa tipologia di struttura è necessario che tra i vari prodotti o gruppi di prodotti ci sia una certa autonomia per quanto concerne le attrezzature di produzione, le operazioni di vendita e di controllo.I vantaggi di questa struttura sono numerosi, innanzitutto, ponendo in primo piano i prodotti al posto delle funzioni si agevola la diversificazione, ricondurre sotto la responsabilità un solo manager la produzione la vendita e lo sviluppo di un gruppo di prodotti agevola la flessibilità di tutta la struttura organizzativa evitando temporanee recessioni nei mercati di un prodotto o di + prodotti che possono rallentare il ritmo di sviluppo di tutta l’impresa.

Page 20: Riassunto cafferata

In fine, lo stretto coordinamento al quale tutte le operazioni riguardanti il prodotto sono sottoposte, genera la possibilità di misurare i risultati di ciascuna divisione e di confrontarli con quelli ottenuti dalle altre divisioni.Si possono riscontrare anche alcuni svantaggi. In questa struttura infatti può determinarsi la tendenza di una divisione a prevalere sulle altre, inoltre possono generarsi conflitti tra lo staff centrale collegato all’amministrazione generale e lo staff delle singole divisioni.

STRUTTURA DIVISIONALE PER AREA GEOGRAFICA

Questa tipologia di struttura viene spesso adottataquando ci troviamo di fronte a impianti e mercati di vendita distribuiti su territori molto vasti e quando l’impresa specializzata principalmente nella produzione di o prodotti di una singola tipologia o comunque con caratteristiche molto simili tra loro. In questa struttura ogni divisione geografica corrisponde aduna unità organizzativa decentrata, generalmente una società azioni controllata in ogni caso direzione di una holding centrale. Questa struttura viene spesso adottata dalle banche, dalle imprese di assicurazioni, dalle imprese telefoniche e dalle imprese petrolifere che appunto hanno un limitato portafoglio servizispesso poco differenziati tra loro. Come per la

struttura per prodotti, anche in questo caso la funzione finanziaria, del personale e di R&S sono gestite preferibilmente dallo staff centrale e raramente vengono dislocate per il territorio. Spesso la divisione per area geografica è articolata unicamente rispetto ad una funzione, ad esempio le vendite o gli acquisti,e non si presenta quindi il problema se convenga mantenere al centro alcune funzioni piuttosto che altre.Anche in questa struttura possiamo riscontrare dei vantaggi, in questo caso, la direzione è a contatto contutte le unità operative dell’area, generando comunicazioni più rapide e analisi più efficienti.Abbiamo inoltre una riduzione costi trasporto, una maggiore efficienza della distribuzione, nonché la possibilità di adattare i prodotti alle esigenze locali e interpretare più rapidamente il cambiamento dei gusti dei consumatori.In questa struttura i managers hanno la possibilità di fare esperienza su una pluralità di funzioni diverse ricreando i vantaggi e l’atmosfera delle imprese di medie dimensioni.Questa struttura è però adottabile solo in presenza di prodotti o servizi di un solo tipo o molto simili, in caso di aziende con un ampio portafoglio prodotti, con una ampia differenziazione tra loro, questa

struttura è spesso sconsigliata e si preferisce utilizzare altre strutture.

STRUTTURA DIVISIONALE COMPOSITAPer beneficiare dei vantaggi di ciascuna forma, le imprese adottano infatti strutture composite che impiegano contemporaneamente le varie alternative.La più frequente fra queste strutture complesse è quella che porta al primo livello, l’istituzione di divisioni articolateper funzioni, al secondo livello, divisioniper prodotto collocate in posizione di line rispetto alla funzione della

Page 21: Riassunto cafferata

produzione (posta al primo livello) e le divisioni per territorio pure in posizione di line rispetto al marketing (posta anch’essa al primo livello).

STRUTTURA A MATRICE

La struttura a matrice, viene detta anche struttura divisionale a “griglia”. In questa particolare tipologia di struttura si affidano determinate responsabilità funzionali a precisi manager per l’allocazione delle risorse a ciascun progetto, mentre dall’altro lato si affida ad altri managers le responsabilità della conduzione e dei risultati dei singoli progetti. La struttura genera così responsabili distinti per funzioni e per progetti, che intrecciando appunto le loro competenze e responsabilità creano appunto il caratteristico reticolato. La struttura a matrice è dunque formata da linee orizzontali di autorità e da linee verticali che generano appunto delle intersezioni, ad ogni intersezione troviamo un responsabile delle

decisioni finanziarie, produttive e di marketing, relative a ciascun progetto. Tutti i progetti sono deliberati dal Consiglio d’Amministrazione e controllati da una direzione generale che gestiscono la lororedditività. Grazie alla struttura a matrice risulta alquanto facile risolvere conflitti a livello basso senza spingerli costantemente verso l’alta direzione, ottenendo così una risposta più efficiente in quanto chi deve decidere conosce esattamente i termini del problema che si è presentato.In questa struttura non è necessario attendere che qualcuno prenda una decisione in una fascia più alta della gerarchia e quindi la decisione e la soluzione dei conflitti può risultare molto più rapida.Questa struttura però presenta degli svantaggi, risulta infatti difficile da realizzare a livello pratico, genera conflitti tra le varie intersenzioni delle linee, spesso inoltre risulta difficile definire con chiarezza la posizione all'interno dell'organizzazione di ogni singolo manager impiegato nella struttura. Nella struttura a matrice è stato inoltre riscontrato come coloro che hanno maggiore capacità o potere negoziale nella composizione dei conflitti finiscono per prevalere sugli altri organi e se questi appartengono alla stessa funzione o allo stesso indirizzo la matrice potrebbe lentamente muoversi nella direzione dei più influenti abbandonando così l’impostazione originale di certo molto più efficiente.

LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DELL’IMPRESA MULTINAZIONALE:La struttura divisionale è la struttura più adatta a quelle aziende che operano nei mercati stranieri dove inmolti casi, ha operato già dalla sua costituzione, in questi casi, spesso si assiste alla creazione di un'apposita divisione specializzata, denominata international division. In questa tipologia di struttura è facile comunque riscontrare delle problematiche, si può verificare infatti che gli specialisti di marketing internazionale non sono in grado di seguire contemporaneamente lo sviluppo di tutti i prodotti su tutti i mercati del mondo, oppure che le divisioni che operano sul territorio nazionale e la divisione internazionale diventino rivali, impedendo di conseguenza lo sviluppo di una visione globale della convenienza a produrre su un territorio piuttosto che in un altro, o a vendere in questo o in quel mercato.L’esperienza delle grandi imprese dimostra che la international division rappresenta il primo stadio di un’evoluzione verso una forma finale di struttura organizzativa che per ora non risulta ancora ben definita. All’impresa operante su settore internazionale si presentano cinque diverse alternative.

Page 22: Riassunto cafferata

L'impresa potrebbe inserire la divisione internazionale su una struttura di tipo plurifunzionale oppure su una struttura di tipo multidivisionale, si potrebbe modificare la struttura della divisione prodotti allargandone le responsabilità fino a comprendere tutti i mercati internazionali e ponendo in posizione distaff consulenti per ogni area geografica.L'impresa potrebbe costituire grandi unità regionali autonome comprendenti sia gli stabilimenti di produzione sia le reti di distribuzione e porre in posizione di staff i consulenti per ciascun prodotto.In fine si potrebbe adottare una struttura mista consistente nelle combinazione delle due forme precedenti, l'area geografica e l'area di prodotto oppure impiegare una struttura reticolare del tipo a matrice.Relativamente al modello di impresa multinazionale, possiamo individuare alcune alternative strutturali, innanzitutto abbiamo la divisione internazionale, la modifica della struttura di divisione prodotti, le divisioni per area geografica, e la struttura mista e reticolare.

DIVISIONE INTERNAZIONALE Si parla di divisione internazionale quando le attività di produzione, distribuzione e ricerca che si svolgono all’estero in società affiliate sono alle dipendenze di un dirigente che risponde dei profitti conseguiti dalle suddette imprese.Ai dirigenti delle affiliate vengono assegnate responsabilità operative, mentre alla direzione della divisione internazionale competono il coordinamento delle intere attività internazionali, la consulenza alle affiliate e in molti casi, il coordinamento fra le attività internazionali e nazionali.L’attività della divisione internazionale è particolarmente importante quando occorre coordinare l‘integrazione tra le parti di prodotto fabbricate sul territorio nazionale e altre parti che invece vengono fabbricate da aziende sussidiarie dislocate all’estero.Con la divisione internazionale in pratica l’impresa multinazionale conserva il suo carattere di impresa orientata verso i mercati nazionali o verso i mercati internazionali, come l'unione europea o gli usa, è un'impresa che punta anzitutto a difendersi dalla concorrenza sui mercati tradizionali. Questa struttura comunque presenta alcuni svantaggi, infatti spesso concentra su poche persone, il capo e il suo staff, tutto il peso delle operazioni internazionali. La divisione internazionale nella struttura multidivisionale è una fra le tante divisioni dell’impresa e quindi nell’allocazione delle risorse tra le varie prospettive di sviluppo si trova in posizione di svantaggio rispetto alle divisioni nazionali che possono coalizzarsi contro.L’alta direzione è sempre portata ad anteporre gli interessi delle divisioni nazionali alle strategie di sviluppo su base internazionalePer le imprese ad alto grado di diversificazione, l’adozione della international division comporta minori capacità ad assumere una visione globale nell’utilizzare le risorse poichè la divisione internazionale confina i problemi di sviluppo internazionale in un settore limitato dell’organizzazazione.Inoltre si possono creare conflitti con la divisione prodotti, in quanto nella divisione internazionale operano persone valutate sulla base del successo raggiunto dall’impresa sui mercati internazionali, mentre nella divisione prodotti operano persone che hanno scarso interesse per le suddette operazioni internazionali, inoltre il trasferimento di produzione all’estero riguarda in genere i prodotti con forte mercato, in questo caso oltre a perdere i vantaggi derivanti dalla cessione di prodotti con alti margini di guadagno, la divisione prodotti è costretta ad inventarsi nuove alternative per ristabilire i volumi di vendita precedenti.Questi conflitti si intensificano specie quando non esiste un interscambio di personale tra la divisione prodotti e la divisione internazionale.Se le operazioni internazionali comportano il trasferimento di semilavorati o di assistenza tecnica dalle divisioni nazionali alle subsidiares all’estero, quelli della divisione internazionale si troveranno in difficoltà poichè non hanno ne sufficiente dimestichezza con le tecniche adottate di recente, ne hanno sufficiente grado di controllo sui transfer prices.

LA DIVISIONE PRODOTTINella divisione prodotti si affida la responsabilità globale dello sviluppo di un portafoglio di prodotti ad un solo dirigente in posizione di line, mentre in posizione di staff troveremo ad operare specialisti ed

Page 23: Riassunto cafferata

esperti di operazioni internazionali i quali avranno il compito si proporre nuove alternative di sviluppo sia al top management che alle divisioni. Ogni raggruppamento di prodotto costituisce un profit center. Questa struttura si adatta alle imprese che operano con una gamma di prodotti molto diversificata all’estero, a quelle che producono su commissione e a quelle che richiedono un'alta specializzazione nella vendita o nella distribuzione.I vantaggi della divisione prodotti per l’impresa multinazionale consistono innanzitutto nella pianificazione, ogni divisione infatti, con la consulenza degli organi di staff operanti a livello di top management, elabora i piani di sviluppo concernenti i prodotti, permettendo così all’alta direzione di valutare i piani di sviluppo del portafoglio in una prospettiva globale sia nazionale che internazionale.La divisione prodotti però può presentare degli svantaggi, infatti i canali di comunicazione tra l’alta direzione e le affiliate all’estero passano necessariamente attraverso i product manager che può richiedere tanti manager con esperienza internazionale quanti sono i raggruppamenti di prodotto.

LE DIVISIONI PER AREA GEOGRAFICA:Nelle divisioni per area geografica, troviamo la presenza di un solo responsabile per ogni area geografica che risponde a livello di alta direzione per tutte le operazioni di produzione, di vendita e di R&S per tutti i prodotti fabbricati, montati o esportati nella stessa area. I capi delle varie divisioni geografiche sono collocati allo stesso livello gerarchico tra di loro e ciascuna divisione geografica costituisce un profit center.Di solito riscontriamo questo tipo di struttura nelle imprese multinazionali con prodotti a bassa densità di ricerca e sviluppo con una modesta differenziazione dei prodotti.Nella sequenza del passaggio dalla divisione internazionale, alla fase successiva queste imprese penetrano in un primo tempo all’estero con una varietà limitata di prodotti e dopo espandono la loro produzione, inserendo una vasta gamma di prodotti.Se questi prodotti si possono considerare abbastanza omogenei, la ripartizione geografica deve tener conto delle quote di prodotti collocate sui mercati internazionali, se invece i prodotti sono tra loro fortemente differenziati o è necessario che subiscano notevoli adattamenti, in questo caso allora la ripartizione geografica mirerà ad assegnare a ciascuna area una relativa autonomia di produzione e di vendita.L'ampliamento del portafoglio prodotti nei paesi stranieri non viene effettuata fino a quando il processo di fabbricazione non ha raggiunto un certo grado di standardizzazione, se il processo risulta standardizzato vuol dire che anche altre imprese concorrenti sono in grado di realizzarlo, in questi casi laconcorrenza di baserà principalmente sul prezzo e sulla distribuzione, in questo caso si rileva di fondamentale importanza una adeguata funzione di marketing.Bisogna però ricordare come questa struttura non è realizzabile quando l’attività internazionale comporta il trasferimento da un’area all’altra di tecnologie di produzione, oppure quando la vendita comporta operazioni altamente specializzate, oppure quando sono richiesti numerosi e sostanziosi adattamenti del prodotto. Questa struttura può comunque generare importanti vantaggi a quelle imprese che producono principalmente prodotti standardizzati.

IL RAPPORTO TRA STRATEGIA AZIENDALE E STRUTTURA ORGANIZZATIVAIl concetto di strategia riguarda principalmente la relazione fra impresa e ambiente. La strategia è allo stesso tempo il progetto e il corso d'opera che le imprese intendono seguire affinché possano meglio adattarsi all'ambiente competitivo su cui svolgono la loro attività. Le decisioni strategiche infatti, sono principalmente rivolte a risolvere le problematiche esterne, e non alle problematiche interne dell'impresa. Secondo Ansoff queste decisioni riguardano ad esempio la scelta del mix dei prodotti che l'impresa deciderà di produrre o la scelta del mercato su cui questi prodotti saranno venduti. La struttura invece è considerata il fondamento dell'intero sistema aziendale, nella struttura infatti si inseriscono la gerarchia aziendale e l'intero processo decisionale aziendale. La struttura è infatti un investimento fondamentale, programmato in via consapevole e controllato in funzione di una precisa strategia di adattamento che rapporta l'azienda all'ambiente competitivo esterno. Il rapporto tra questi due elementi viene analizzato da due differenti scuole di pensiero, secondo la prima, sostenuta da studiosi del calibro di Chandler, Scott e Channon, è la struttura che agisce, si modifica e si migliora seguendo la strategia scelta dagli organi di vertice, mentre nella seconda ipotesi, sostenuta da Hall, Saias

Page 24: Riassunto cafferata

e Fredrickson, è la strategia che muta e si adatta alla conformazione della struttura. In ogni caso queste due differenti scuole di pensiero, concordano sul fatto che è importante trovare un punto di intersecazione o di incontro tra queste due variabili, che in questo caso prende il nome di fit, risulta infatti importante la presenza di un allineamento, di un legame, una simmetricità fra il tipo di strategia scelta e il tipo di struttura organizzativa implementata, al fine di evitare l'inefficienza o l'uscita dal mercato competitivo.

METODO DI CHANDLERIl metodo che è stato inaugurato da Alfred Chandler per l’analisi dell’evoluzione del rapporto tra strategia e struttura è il punto di riferimento principale all’interno degli studi che trattano questa tematica. Decisivi, in proposito, sono stati riconoscimenti pervenuti a Chandler da teorici come Nelsen eWinter e sopratutto David Teece, il quale ha riconosciuto ad Chandler il merito di avere dimostrato con metodo storico, nell’evolvere secolare delle grandi aziende americane, che sono le organizzazioni diimpresa a dare impronta ai mercati e non viceversa e che esiste una relazione inequivoca tra cambiamenti nel modo in cui le imprese cambiano strategia e il modo in cui le stesse imprese cambiano la loro intera organizzazione.Notevoli sviluppi dell’analisi di tipo chandleriano si sono avuti anche in Europa e in Italia, dove la ricerca “sul campo” e “dall'interno” delle imprese ha in parte confermato la tesi sul nesso tra cambiamento della strategia e cambiamento della struttura organizzativa, in altri casi ha completato la predetta tesi, rivedendola anche in modo criticoDa un’analisi comparativa di quattro casi aziendali, rapportandoli all’evoluzione che, nel tempo, hanno subito le maggiori imprese americane a metà degli anni ’50, vengono approfonditi i profili storici di quattro grandi imprese americane, tra cui la General Motors e la Standard oil e venne rilevata l’esistenzadi una correlazione positiva tra adozione di una particolare strategia e adozione di una benprecisa struttura organizzativa.I dati raccolti da questa storia americana lunga mezzo secolo ha portato Chandler ad affermare che la struttura segue la strategia e che il tipo più complesso di struttura (quello multidivisionale) è il risultato della concatenazione di diverse fondamentali tappe inerenti a una imponente evoluzione aziendale.Secondo Chandler sarebbero quattro le fasi principali di questa evoluzione aziendale• Nascita e avvio dell’impresa, con crescita per espansione degli affari su scala “locale”; tale forma di crescita conduce, a livello di struttura organizzativa, alla creazione di un ufficio amministrativo per gestire la produzione e la vendita in un’area di mercato delimitata territorialmente.• Crescita aziendale per dispersione geografica degli affari, degli stabilimenti e degli uffici, il che necessita di una direzione centrale per amministrare le diverse unità operanti su più aree, con più clienti e/o fornitori.• Crescita per integrazione verticale di più affari, il che implica: a) la concatenazione di più processi produttivi; b) la creazione di una struttura organizzativa interna “a dipartimenti”, tutti coordinati da un ufficio amministrativo centrale e un direttore generale.• Sviluppo di nuove linee di prodotto (cioè diverse dal core business) e crescita dimensionale su scala non solo locale e nazionale, ma anche internazionale. Tale scelta strategica conduce alla formazione di gruppi aziendali dotati di struttura multidivisionale. Tale forma organizzativa sarà da taluni autori definita MD-form, comprendendo un’unità organizzative di vertice, ad esempio: una holding/capogruppo, e più unità organizzative alla prima subordinate, che possono anche coincidere con altrettante aziende di produzione di distinti beni o servizi, controllate dall’unità di vertice.In ogni caso, la MD-form, prevede un'organizzazione apicale che coordina e controlla l'attività delle organizzazioni decentrate o divisioni di prodotto o anche divisioni di area geografica, strategicamente utilizzate ex-ante e vantate ex-post dall'unità controllante, per i risultati economici e finanziaricui ciascuno perverrà.Chandler, ricorda alla fine del suo studio, che la crescita senza adattamento strutturale può condurre all’inefficienza economica, cioè a un utilizzorelativamente meno profittevole delle risorse, se non rapido declino e al fallimento dell’impresa.Il nesso tra cambiamento di strategia e cambiamento di struttura potrebbe definirsi attraverso un modello a stadi:

Page 25: Riassunto cafferata

Il primo stadio rappresenta l'impresa molto piccola, dove si manifesta un cambiamento strategico che porta a un'espansione del volume d'affari con una sola funzione operativa emergente.Il secondo stadio rappresenta l'impresa medio grande, dove riscontriamo una produzione unica, ma con funzioni differenziate per area funzionale, in questo caso la manifestazione di cambiamento strategico porta a un espansione sia di volume che delle aree geografiche d'affari, ma all'interno di un unico settore produttivo. Nel terzo stadio l'impresa integrata verticalmente, manifesta il suo cambiamento strategico attraverso la crescita del volume del fatturato di più attività produttive in più settori collegati in modo discendente o scendente. Si genere una struttura organizzativa a dipartimenti funzionali con unità organizzative coordinate da una unità centrale.Il quarto stadio riguarda l'impresa diversificata dove la manifestazione del cambiamento strategico si verifica attraverso l'aumento del numero delle produzioni e dei rapporti tra il prodotto e il mercato, correlati tra loro. La struttura organizzativa si impianta su una impresa controllante e più imprese o divisioni di prodotto o area geografica dalla prima controllate.

IL CONTRIBUTO DI SCOTTA partire dalla seconda metà del ventesimo secolo, le pressioni competitive relative alla gestione dell'impresa, spingono le imprese verso la differenziazione del prodotto e verso l'abbandono delle preferenze per le strategie di sviluppo monosettoriale. Le aziende preferirono puntare invece su più settori di attività economica, in modo da collocare le risorse in maniera sempre più diversificata.L’evoluzione dell’impresa relativamente alla crescita comprenderebbe tre fondamentali stadi, nel primo stadio troviamo l'impresa unipersonale caratterizzata da una sola attività produttiva, strutture organizzative “semplici” e uno stile personale di governo. Nel secondo stadio si evidenzia la grande impresa con integrazione verticale dell'attività, in questo caso troviamo strutture organizzative “complesse”, di tipo funzionale, a dipartimenti, coordinati da una direzione generale e da uno stile formalizzato di conduzione aziendale.Il terzo stadio evidenzia un' impresa diversificata caratterizzata da attività produttive distinte per settore di attività economica, strutture organizzative a “divisioni” di prodotto e/o per area geografica, nonché una decentralizzazione delle decisioni strategiche a livello decisionale.Una volta analizzato il modello di Scott, possiamo notare alcune differenze sostanziali tra questo modello e quello di Chandler.Per quanto riguarda la struttura organizzativa divisionale Scott sottolinea che la crescita dimensionale implica una decentralizzazione di decisioni dal livello gerarchico della proprietà (shareholder) a distinti livelli di unità organizzative e di direzione (management), ma tale criterio di amministrazioneaziendale nella realtà non sempre è condiviso, infatti, è possibile anche rilevare un ritorno all’assunzionedi modalità di direzione accentrata nello stadio di sviluppo che comprende la crescita per diversificazione produttiva e l’adozione da struttura multidividionale.- Scott afferma che è sbagliato associare l'idea dell'organizzazione per divisioni all'idea della decentralizzazione delle decisioni di maggior importanza politica. La divisionalizzazione si riferisce alla scelta di una efficiente tipologia strutturale, la decentralizzazione si riferisce invece al modo politico dioperare all’interno di una data struttura e, quindi, all’autonomia strategica da dare alle divisioni.- Scott trova nelle sue ricerche che l’entrata dell’imprenditore/soggetto economico in settori diversi con distinte attività produttive (3 stadio di sviluppo) non esclude che contemporaneamente in un settore prescelto, sia data vita a una organizzazione della produzione integrata verticalmente.Unità aziendali integrate verticalmente convivono, quindi, con unità autonome, distinte per relazioni prodotto- mercato, dentro ai gruppi diversificati.- Per Scott la diversificazione è un concetto di strategia dalla natura sempre più finanziaria, rivolta alla redditività del sistema di gruppo piuttosto che alla massimizzazione della singola redditività (nel singolobusiness), è una strategia orientata verso la crescita e la profittabilità globale, non necessariamente verso l’espansione dei ricavi aziendali in ciascun settore industriale o segmento di mercato particolare. Quantopiù si avvicina al caso estremo dell'impresa conglomerale, cioè diversificata in settori del tutto scorrelati l'uno dall'altro ad esempio elettronica, distribuzione commerciale,

Page 26: Riassunto cafferata

chimica, tanto più dell'eterogeneità delle produzioni orienta l’alta direzione a seguire la legge saggio di rendimento dell’investimento ROI, piuttosto che quella della leadership del prodotto e della massima penetrazione commerciale a livello business; o la legge del ROE, cioè l’orientamentostrategico alla massima redditività a livello di singola divisione.

CHANNON E IL CASO BRITANNICO:Channon nei suoi studi analizza principalmente l’evoluzione delle scelte fatte dalle cento maggiori imprese manifatturiere a cavallo della prima metà e della seconda metà del secolo XX nel Regno Unito.Le imprese britanniche in esame si sono evolute seguendo tre distinte categorie strategiche, l'impresa a prodotto unico, l'impresa a prodotto dominante ma con più linee di produzione e l'impresa con produzioni diversificate correlate più o meno positivamente.Channon nota come nell’impresa britannica, a differenza del modello americano, non emerge lo stadio della crescita attraverso l'integrazione verticale, che costituiva l'elemento principale del modello Chandler-Scott, infatti le imprese britanniche appena integrate verticalmente si sono rapidamente diversificate sfruttando i prodotti della lavorazione principale.Channon evidenzia come in Gran Bretagna s’è infoltita la “categoria” delle imprese diversificate in attività strettamente correlate l’una all’altra, sono cadute in numerosità, invece, le imprese ad unico prodotto, in questo caso è rimasto stazionario il gruppo delle imprese con attività dominante, quindi la multidivisionalizzazione non sembra del tutto specifica delle imprese diversificate.Viene confermata la legge Chandleriana, secondo cui la struttura segue una strategia, ma emerge altresì il dato della gradualità dei mutamenti e delle difficoltà dei passaggi da una categoria strategica all’altra, nonchè da una forma organizzativa all’altra.La separazione delle attività svolte dalla holding rispetto alle attività svolte dalle divisioni rappresenta un primo momento di superamento della struttura interna monolitica e differenziata per aree funzionali. Al pari di Scott, anche Channon nota, però che la forte influenza della holding sulle divisioni sottrae autonomia alle stesse unità e che le imprese controllate da nuclei famigliari resistono alla diversificazione e alla divisionalizzazione.Channon conclude affermando che il sorgere dell’impresa diversificata, necessariamente manageriale almeno a livello divisionale, rappresenta un momento di rottura con la specie dell’impresa dominata da un immutabile soggetto economico. CONCLUSIONE: Gli studi di Scott e Channon sono importanti perchè hanno fatto emergere le contraddizioni del nesso chandleriano tra strategia e struttura, dimostrando che esistono elementi di vischiosità e resistenze nel passaggio da una strategia e da una scelta organizzativa all’altra, per cui ci vuole molta partecipazione di capi e subordinati.E’ cruciale il modo in cui è gestita la transazione da uno stadio di sviluppo all’altro soprattutto nella scelta delle più opportune soluzioni organizzative.Ci sono inoltre evidenti limiti nell’autonomia strategica delle divisioni nei gruppi diversificati che fanno crescere la tendenza a ricentralizzare nella holding “blocchi” di decisioni originariamente decentrate a livello divisionale.E’ diffuso l’instaurarsi di ibridi organizzativi, cioè soluzioni strutturali compromissorie tra vecchio e nuovo, anche nelle imprese diversificate.Concludendo, il cambiamento in impresa incontra spesso resistenze e si svolge in modo lento, talvolta contraddittorio, conservando tradizioni amministrative radicate nel passato e comportamenti personali inadatti alla novità della situazione ambientale.

ORGANIZZAZIONE PER L’INNOVAZIONE E RAPPORTI TRA IMPRESELA COOPERAZIONE TRA IMPRESELa rete di impresa è generata dalla cooperazione, due o più imprese indipendenti si dicono in cooperazione quando assolvono a tre finalità principali, innanzitutto quando hanno un obiettivo comune da raggiungere e quando condividono l'utilizzo di risorse anche diverse, ma complementari. La cooperazione ha molte finalità che spingono le imprese a cooperare in vista di un obiettivo comune, le finalità maggiormente riscontrate sono la ricerca dell'innovazione del prodotto in maniera congiunta, al fine di limitare i costi, ricercare le risorse e le competenze necessarie allo sviluppo, attraverso la combinazione di competenze distinte e autonome, nonché una gestione della complessità ambientale di

Page 27: Riassunto cafferata

riferimento, in questo caso la cooperazione funge da strumento utile a combattere la complessità dell'ambiente. In base alla natura della cooperazione distinguiamo diverse correlazioni, innanzitutto nella cooperazione associata al concetto di specializzazione, troviamo una cooperazione a monte, dove acooperare sono ad esempio un'impresa e un fornitore, oppure possiamo avere una cooperazione a valle, dove a cooperare sono l'impresa e il cliente. La cooperazione si dice laterale quando a cooperare sono più imprese concorrenti, sia diretti che indiretti. Un'altra possibile classificazione della natura della cooperazione è la cooperazione simmetrica e asimmetrica. La cooperazione simmetrica prevede un pari potere negoziale di influenza da parte delle imprese, può anche fare riferimento all'apporto concreto che le organizzazioni mettono a disposizione della cooperazione stessa. La cooperazione asimmetrica inveceè una cooperazione in cui gli sforzi sia tangibili sia intangibili delle imprese non sono bilanciati.Un altra ulteriore forma di cooperazione è quella che si basa sulla presenza di un accordo formale o informale. La cooperazione infatti può essere formalizzata in un accordo scritto o può essere informale.Nella prima ipotesi la cooperazione può essere ulteriormente divisa in cooperazione equity e non equity. La cooperazione equity prevede uno scambio di partecipazioni mentre la cooperazione non equity non prevede scambio di partecipazioni. In ogni caso, essendo la cooperazione basata su un accordo, la cooperazione reciproca con altre aziende limita i poteri di iniziativa di entrambe.

LE RETI DI IMPRESELe reti di imprese costituiscono una forma di cooperazione in cui i rapporti di cooperazione sono durevoli e coordinati. Il concetto di forma a rete si presta a molteplici definizioni. Per autori come Williamson, la rete consiste in una forma ibrida tra mercato e gerarchia, altri sostengono che la rete è una forma alternativa a mercato e gerarchia. Alcuni, studiosi come Grandori e Perrone sostengono che larete sia una forma organizzativa di coordinamento tra imprese che utilizza meccanismi di governance, che vanno oltre il mercato e la gerarchia.

La rete presenta tre fondamentalicaratteristiche, innanzitutto la pluralità dei soggetti, infatti si hauna rete al momento in cui si hanno due o più imprese che decidono di cooperare, nella rete è inoltre necessaria una relativa stabilità delle transazioni, nonchéuna strutturazione dello scambio,cioè una sorta di ordine e divisione del lavoro tra le imprese.La rappresentazione della rete viene spesso effettuata attraversodei cerchi, che rappresentano l'imprese che decidono di cooperare, uniti da frecce che evidenziano una durevole e

stabile relazione, la dimensione dei nodi e dei pallini sta a indicare e individuare il grado di simmetricita o asimmetricità della relazione. La rete è caratterizzata dai seguenti elementi, innanzitutto dall'autonomia formale delle aziende partecipanti, in quanto le aziende che fanno parte della rete sono giuridicamente e economicamente autonome. LE relazioni che legano queste aziende sono multiple intense e ripetute nel tempo e significative per le imprese che le attualizzano. Nelle reti si dà particolare rilevanza alla dimensione sociale-interpersonale che si sovrappone alla semplice relazione economica, sicrea inoltre una convivenza di simmetricità e di asimmetricità dei nodi, che possono essere differenti tra loro e che hanno spesso caratteristiche differenti tra loro. Si instaura tra le imprese in rete una modalità di coordinamento basata sull'aggiustamento reciproco al fine di regolare automaticamente i conflitti che si instaurano.

Page 28: Riassunto cafferata

Affinchè una rete sia stabile e significativa, è necessaria una legittimazione reciproca delle imprese che vi prendono parte, nonché una compresenza di stabilità e rotazione, la rete infatti anche se stabile nei suoi confini, può prevedere una rotazione continua dei nodi che la costituiscono.

LA RETE GUIDATAPer rete guidata si intende una rete caratterizzata dal fatto di essere creata per iniziativa di un'impresa centrale, in questo caso la rete non è formalmente gerarchica ma presenta degli elementi di potere e di influenza dell'impresa centrale, questa influenza prende anche il nome di gerarchia invisibile.L'impresa centrale è caratterizzata da un numero maggiore di relazioni rispetto ad altri nodi, proprio perchè essendo centrale instaura relazioni durature e stabili con tutti gli altri nodi della rete, inoltre l'impresa centrale attiva meccanismi di selezione, influenza e creazione di condizioni per le interazioni diffuse. Esistono tre tipologie di reti guidate, la rete in cui è presente un'impresa guida, e una rete in cuitroviamo un'impresa coordinatrice e la rete di mercato. Per quanto riguarda la prima ipotesi essa viene generata attraverso uno sforzo endogeno, in questo caso alcuni processi riguardanti la divisione del lavoro tra le imprese consentono di apprezzare la dimensione evolutiva degli assetti relazionali per l'organizzazione dei contributi innovativi. Questa prima situazione è individuabile nella tendenza delle imprese a rinunciare a un processo innovativo esclusivamente endogeno, il processo innovativo infatti sorge per volontà dell'impresa centrale la quale ne coordina poi il suo svolgimento. L'impresa centrale funge da fulcro dell'organizzazione a reti ed è proprietaria di competenze chiave, mentre le imprese minori, inserite in un'apposita architettura, dipendono dalle decisioni dell'impresa centrale. Il flusso informativo tra le imprese risulta spesso bidirezionale, ma può anche essere asimmetrico. Inoltre attraverso apposite manovre strategiche, si otterrà tra l'impresa centrale e le altre imprese una gerarchizzazione delle relazioni che in origine risultavano destrutturate. Questa tipologia di rete si affianca principalmente ai distretti industriali che si basano sul concetto di fiducia e alle multinazionali.La rete può anche essere caratterizzata dalla presenza di un'impresa coordinatrice, in questo caso il ruolo di iniziativa e di leadership non è esercitato da un'impresa che viene eletta o riconosciuta per capacità superiori, ma viene governata da un'impresa che nonostante non eserciti una leadership potente e sistematica, funge da coordinatore degli sforzi di tutti gli altri nodi. La gerarchia invisibile creata da quest'impresa è meno potente rispetto a quella generata dall'impresa centrale in quanto basa la sua attività principalmente sul coordinamento senza limitare l'autonomia decisionale delle imprese membro.Questa architettura può essere lo stadio finale di un processo che ha portato l'impresa centrale a modificare il proprio insieme relazionale, inizialmente strutturando le periferie attraverso un ruolo di guida e successivamente, interpretando un ruolo più soft, di coordinamento per l'appunto, generando unadiminuzione del livello di gerarchizzazione dell'intero sistema.La rete di mercato è una strutturazione promossa da imprese nodali dove non emerge un ruolo di guida o di coordinamento, si notano infatti azioni autonome da parte delle imprese fornitrici che possono dar luogo a formule più complesse finalizzate alla fornitura di un prodotto o di un servizio completo e finalizzata a entrare nel circuito relazionale di un'impresa maggiore o di un committente significativo.La rete di mercato inoltre si forma spontaneamente e si autoregola nel suo andamento, le transazioni che si verificano seguono le stesse leggi che si riscontrano nel sistema dei prezzi. In questa forma reticolare le attività sono caratterizzate da libertà di entrata e uscita dal gruppo, dall'automatismo contrattuale e dall'affidabilità dei comportamenti individuali.La rete di mercato di distingue per lo scambio di informazioni, unitamente alle relazioni di business per la mobilità delle risorse umane e per la fiducia e solidarietà interpersonale, elementi che distinguono questa struttura dalla gerarchia e dal mercato in senso stretto.

IL DISTRETTO INDUSTRIALEIl distretto industriale è una particolare rete d'impresa che ha la caratteristica di essere localizzata in un'unica area territoriale o che è territorialmente circoscritta. Si presenta quindi come l'agglomerazione in un'area geografica limitata di un numero molto elevato di imprese che operano all'interno di una stessa filiera produttiva. Il distretto industriale rappresenta un aspetto caratteristico del percorso di sviluppo di molte aree del nostro paese ed è per questo che è diventato un elemento importante anche nelle scelte di politica industriale.MARSHALL

Page 29: Riassunto cafferata

Tra i principali fautori del concetto di distretto industriale abbiamo inannazitutto Marshall il quale analizzando alcune realtà industriali inglesi, ha delineato quali sono le caratteristiche tipiche del distrettoindustriale. Innanzitutto è necessaria la presenza di numerose imprese di modesta dimensione unitaria, raggruppate nello stesso ambito geografico, inoltre, è importante la presenza di economie di scala, che possono essere verticali, laterali o diagonali. Le economie di scala si dicono verticali quando si tratta di fasi differenti di uno stesso processo produttivo, le economie di scala laterali si hanno quando si opera nella stessa fase di processi simili di lavorazione, mentre le economie diagonali si hanno quando si trattadi attività di servizio per le industrie del distretto. Il distretto industriale inoltre è caratterizzato da economie generali e economie specifiche. Le economie generali sono esterne all'impresa ma interne al distretto, le cosiddette economie di agglomerazione, mentre le economie specifiche sono quelle esterne all'impresa ma interne al settore industriale su cui operano, la cosiddetta atmosfera industriale, che favorisce la circolazione delle informazioni e l'apprendimento di tecniche di produzione e formazione.Nei distretti riscontriamo le relazioni economiche da una parte, caratterizzate dalla competitività e dall’altra i principi cooperativi e di fiducia reciproca. Questa appartenenza alla stessa comunità socio-economica secondo Dei Ottati è una caratteristica decisiva per l’efficacia del distretto industriale, utile aridurre i costi economici di reperimento delle informazioni, a ridurre il rischio di opportunismo e permette una continua ricollocazione della forza lavoro specializzata.La regolazione socio-economica scoraggia e sanziona comportamenti opportunistici, permette una riduzione dei costi di transazione e permettono di modificare con notevole flessibilità l’assetto organizzativo. La cooperazione è un concetto più ampio rispetto alla sola veduta economica, infatti l'interazione degli elementi sopra citati genera quella che viene definita “identità collettiva”, o marca “virtuale”.Ai meccanismi “naturali” va aggiunta l’azione regolatrice delle associazioni di categoria e delle autorità economiche locali, che agevolano la stipulazione degli accordi ovviandoli ad eventuali asimmetrie informative e fungono da arbitro fra i diversi interessi.

BECATTINIIl modello distrettuale diventa una valida alternativa alla grande impresa integrata, Becattini giunge ad una distinzione tra il concetto di “distretto industriale marshialliano” e “distretto industriale”. Il distretto industriale marshalliano infatti è costituito da una popolazione di piccole e medie imprese indipendenti, orientate da un gruppo di imprenditori puri, mentre il distretto industriale consiste in un’entità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva in un’area territorialmente circoscritta di una comunità di persone e di imprese industriali.Distretto industriale di Becattini si fonda sulla compresenza ed interazione di una notevole schiera di piccole imprese, in un ambito territoriale delimitato a elevata specializzazione, inoltre rappresenta una peculiare tipologia della struttura e delle relazioni che sono un retaggio della storia della comunità localestessa.PORTERPorter aprì una nuova prospettiva di analisi della tematica distrettuale. Nei suoi studi rilevò la presenza di piccole concentrazioni territoriali di piccole imprese che conquistarono il vantaggio competitivo in settori manifatturieri tradizionali malgrado l’iniziale superiorità tecnologica delle grandi imprese e i bassi costi della manodopera di taluni concorrenti. Da qui Porter affinò il concetto di cluster di imprese, fino a renderlo molto vicino a quello di distretto industriale marshalliano.

L’IMPRESA DISTRETTUALEA differenza del distretto industriale, l'impresa distrettuale risulta profondamente segnata dal nascere e dal vivere in un particolare contesto reticolare. L’atmosfera distrettuale è caratterizzata dalla dimensionedell'impresa distrettuale e dal carattere differenziato delle forme strutturali, inoltre si riscontra un soggetto imprenditoriale dai connotati socio-culturali definiti e con un’influenza determinante sulla vita aziendale. In questo ambito troviamo numerose piccole e piccolissime imprese che convivono con le imprese distrettuali più grandi e che spesso assumono il ruolo di capofila o impresa-guida. La struttura industriale dei distretti presenta una caratteristica differente anche solo per ragioni “tecniche” in quanto le imprese svolgono fasi differenti di uno stesso processo produttivo, cui si

Page 30: Riassunto cafferata

aggiungono differenze legate alla traiettoria di sviluppo perseguita, al ruolo ricoperto nella divisione del lavoro distrettuale e alle formule imprenditoriali e competitive.All'interno dell'impresa distrettuale ritroviamo la figura dell’imprenditore distrettuale che ha storicamente gestito la costruzione di reti ed ha grandi capacità di essere nodi di reti interpersonali.

DINAMICHE COMPETITIVE ED EVOLUTIVE DELLE FORME ORGANIZZATIVE:A partire anni ’80 molti distretti hanno manifestato situazioni di crescita rallentata non imputabili esclusivamente ad andamenti di settore, ma anche a fattori endogeni, come il ritardo nell'introduzione di nuove tecnologie, la fragilità dei sistemi di marketing e commercializzazione, ma anche la difficoltà di migliorare le capacità di competizione nelle funzioni di supporto come il design, ricerca tecnologica, distribuzione, e logistica. Si sono riscontrante anche difficoltà nel controllo di fattori chiave come la qualità del prodotto e servizi alla clientela, nonché un aggravamento della crisi riscontrabile nell’esigenza di assumere dimensione media aziendale maggiore e la convinzione “distorta” che un distretto goda sempre e comunque di una rendita di posizione che lo preservi da turbolenze esterne.A fronte delle mutate condizioni della competizione internazionale il carattere tradizionalmente chiuso del distretto è emerso come un limite da superare.La rete aperta rappresenta quindi il superamento della configurazione di distretto industriale marshalliano, in questo caso si riscontra infatti la tendenza ad un “ricentraggio” sulla singola impresa e sulle sue condotte strategiche come motore principale della competitività del sistema locale.E' necessaria una “Riarticolazione dei rapporti” che configura architetture organizzative molto diverse tra loro. Ulteriore elemento è l'“Internazionalizzazione” dei distretti sia per quanto riguarda il procacciamento delle risorse, come conoscenze, competenze e cooperazioni, sia per quanto riguarda il mercato di sblocco dei prodotti.CICLO DI VITA DEL DISTRETTOTutte queste trasformazioni possono essere interpretate come “ciclo di vita del distretto” che si articola dall’epoca della formazione, relativa alla specializzazione di prodotto o di una fase produttiva, a quella di sviluppo, relativa all'area sistema integrata, ed infine alla maturità nelle sue molteplici manifestazioni.L’avvio di un sistema produttivo locale inteso cm ispessimento localizzato di imprese è contraddistinto dalla specializzazione di prodotto o di fase, può avvenire in seguito a processi di decentramento produttivo da parte di grandi imprese alla ricerca di flessibilità o in seguito allo sviluppo ulteriore di un preesistente tessuto produttivo artigianale specializzato. Si riscontra in questa fase un'elevata parcellizzazione del processo produttivo e un'elevata specializzazione tecnica, nonché un forte individualismo.Nel secondo momento, quello dell’area sistema integrata, il modello di sviluppo del distretto è di tipo endogeno basato sull’utilizzo di risorse locali e sul consolidamento del modello di specializzazione. Si sviluppa inoltre un sistema di interrelazioni sia a monte che a valle della catena produttiva.Nella fase della maturità si manifesta il consolidamento dei vantaggi competitivi, al contempo emergono elementi di erosione della formula organizzativa tradizionale del distretto, seguono 3 possibilistrategie.Nella delocalizzazione si assiste allo spostamento degli impianti del processo produttivo in aree esterne al distretto, la finalità della strategia è quella di insediarsi in aree a basso costo di lavoro. Questa strategia risulta efficace per le lavorazioni che non richiedono un know-how specialistico, caratterizzate da un’elevata incidenza del costo del lavoro. In questa situazione, le imprese capofila, riducono il loro legame con il contesto produttivo locale e cominciano a organizzare una nuova rete di fornitura su scala internazionale.La gerarchizzazione con crescita per linee interne, comporta una internalizzazione di fasi produttive che prima si svolgevano all'esterno, una gerarchizzazione dei rapporti tra le imprese e la comparsa di imprese leader che assumono un ruolo di guida. Si manifesta inoltre uno sviluppo “intensivo” che prevede l’aumento delle dimensioni medie aziendali e una riduzione del numero complessivo di aziende nel distretto.Nella gerarchizzazione con crescita per linee esterne si genera un sistema di accordi strutturati e un processo strategico unitario con imprese terminali che pur essendo di dimensioni ridotte si candidano a svolgere il ruolo di leader e ad assolvere la particolare funzione di interfaccia fra l’aggregato stesso e il contesto competitivo. In questa ipotesi, la scelta dei partners è orientata da criteri di spinta selettiva.

Page 31: Riassunto cafferata

In fine il riposizionamento, in particolari situazioni di crisi, porta l'azienda a spostarsi su posizioni di nicchia dove il distretto è in grado ancora di mantenere una certo vantaggio competitivo. Questa strategia si attua generalmente focalizzandosi su produzioni di gamma medio alta, caratterizzate da una dimensione piuttosto piccola dei lotti, al limite fatti su misura, in modo da non renderli appetibili per le grandi imprese a causa della loro difficile standardizzazione e programmabilità.

LA FORMA DISTRETTUALE CON IMPRESA-GUIDACon la forma distrettuale con impresa guida si assiste a un'evoluzione dell'impresa attraverso la “gerarchizzazione” dei rapporti in cui il potere economico e le leve strategiche tendono a concentrarsi in imprese di medio-grandi dimensioni. L’impresa-guida o impresa leader è come una “unità centrale di una rete di imprese”, la quale si caratterizza per l’elevato numero di relazioni che instaurano con le imprese e per la sua capacità di collocarsi al “centro” di tali relazioni. Si caratterizza anche per la sua influenza esercitabile sulle altre imprese, influenza che si concretizza in una modalità di leadership. Questo stato di leadership è riconosciuto e legittimato dai risultati conseguiti, dalle competenze distintive, dalla grande attenzione riservata alla funzione commerciale e dallo sviluppo della presenza sui mercati nazionali ed internazionali. Le sue dimensioni le consentono all'impresa guida di investire, adeguate risorse finanziarie e costruire rapporti privilegiati con interlocutori esterni, sviluppando sensoridi evoluzione dei mercati e delle tecnologie. Grande importanza non solo alla dimensione commerciale ma anche a quella progettuale e alla gestione delle imprese di sub-fornitura.Importante risulta l'analisi della core capability, che si distingue in: Progettazione del prodotto che consiste nella comprensione dei segnali di cambiamento del mercato e nella messa a punto di efficaci risposte e il Coordinamento di fasi produttive diverse e di flussi logistici complessi, che consiste in un' elevata capacità di mobilitazione di energie e risorse scelta delle imprese da coinvolgere, nella realizzazione del prodotto e nella capacità di coordinamento.Lo stretto rapporto tra le imprese nodali e l’impresa-guida fornisce alle prime una serie di benefici, innanzitutto si garantisce un clima di fiducia e reciprocità delle relazioni più formalizzata rispetto a quella “sociale” del distretto, si genera la possibilità di sfruttare il potere economico dell’impresa-guida.Importante è la condivisione del sistema informativo e dei servizi di supporto messi a disposizione dall’impresa-guida e la possibilità di beneficiare del ruolo di “catalizzatore” in progetti innovativi.All’interno del network creato dall’impresa-guida la relazionalità risulta intensa mentre nei confronti delle altre imprese presenti nel distretto è molto debole. Le configurazioni che possono assumere i legami tra l’impresa-guida e le imprese è quella definita squadra distrettuale costituita da un’impresa finale e dal complesso delle imprese legate alla prima da rapporti di subfornitura e/o servizio. Questa squadra può cambiare continuamente l’assetto delle collaborazioni e da alla struttura distrettuale una flessibilità notevole. All'interno della squadra distrettuale c’è stabilità e rotazione, infatti i confini della rete sono instabili ma la configurazione strutturale è stabile. La rotazione delle imprese nodali è sistematica ma il rinnovo è lento.

FORMA DISTRETTUALE CON META-ORGANIZZATORI Costituisce la forma evolutiva dell’architettura marshalliana. Questa forma distrettuale ha la funzione di“gerarchizzare i rapporti attorno ad istituzioni dette appunto meta-organizzatori.Così come nell'impresa-guida, i meta-organizzatori assumono la leadership riconosciuta e legittimata dalruolo di coordinamento che tale organizzazione svolge.La leadership di natura socio-istituzionale ha come obiettivo integrare più interessi imprenditoriali versocomuni progetti di lavoro e di innovazione verso soluzioni di problemi di interesse generale e di pubblica utilità.Il meta-organizzatore fa la governance del sistema, definisce regole, relazioni e produce organizzazione dando ordine e razionalità all’ambiente delle relazioni distrettuali. L'importanza del ruolo di meta-management è evidente alla luce dell’apertura del distretto da rete chiusa ad aperta e quando la prossimità geografica delle imprese si attenua.Le relazioni tra le imprese sono caratterizzate da concorrenzialità e propensione a forme di collaborazione, il meta-organizzatore in questo caso si qualifica come trust interface distrettuale ossia come figura deputata a ricercare l’armonia degli interessi degli operatori e la loro canalizzazione verso progetti di importanza collettiva.

Page 32: Riassunto cafferata

Di conseguenza, il meta-organizzatore diventa un autonomo centro di costo, che svolge delicate funzioni, come ad esempio promuove lo sviluppo dei meccanismi di coordinamento e di controllo, formalizzare le procedure di relazione, effettuare la selezione di nuovi membri dell’aggregato e l’eventuale uscita di altri, individuare forme sanzionatorie nei confronti dei possibili comportamenti opportunistici o di free-ridership e svolgere mansioni di rappresentanza della rete verso l'esterno.Importante ruolo di meta-management all’interno del distretto industriale è quello (giuridicamente previsto e regolato) che può essere svolto dal Comitato di Indirizzo e di Coordinamento (COICO). Organi consultivi istituiti dalla legge Bersani (L.140/1999), il COICO si qualifica come strumento di governance distrettuale a livello politico-istituzionale.

CONCLUSIONI: Passaggio da una fase del ciclo di vita distrettuale ad un’altra è avvenuto in un contesto tecnologico e competitivo instabile con frammentazione tipica dei sistemi distrettuali e con la presenza di imprese sottodimensionate e/o carenti di risorse manageriali finanziarie e tecnologiche.Si assiste a una trasformazione del distretto ad opera di organizzazioni che diventano punti di riferimento del sistema..Rimane comunque la tendenza al consolidamento cioè nella trasformazione delle forme organizzative distrettuali tramite l’apporto di organizzazioni che diventavano punti di riferimento x l’intero sistema.Il cambiamento che ha interessato i distretti italiani può considerarsi soprattutto di natura organizzativa, che hanno dovuto “rivisitare” le proprie modalità di appartenenza territoriale e radicamento socio-culturale.

I DISTRETTI INDUSTRIALI RICONOSCIUTI DALL'ISTATQuesta analisi svolta nel 1999 evidenzia i distretti industriali districati principalmente nel nord e centro italia che operano in settori molto differenti tra loro, come il tessile, l'abbigliamento o la meccanica.Uno dei distretti più antichi è sicuramente il distretto tessile di Prato. Il distretto di Prato ha avuto origini all'incirca nella prima metà del 1800, ma solo tra gli anni 60 e 70 si è assistito vero e proprio sviluppo dell'area sistema integrata. Negli anni novanta anche in questo caso si manifesta l'evoluzione del sistema, con un conseguente consolidamento negli anni 2000. L'evoluzione del distretto di prato risulta molto caratteristica, in quanto stimolata all'apertura verso la sempre più ferrata concorrenza da parte del mercato cinese. Una forte immigrazione all'interno del distretto, attirata dalle competenze e dalla specializzazione, ha modificato radicalmente la struttura organizzativa del distretto modificando anche le modalità di appartenenza territoriale delle imprese originarie. La liberalizzazione dell'accesso allavoro autonomo dei cittadini extracomunitari, ha fatto in modo che gli immigrati cinesi potessero creareimpresa all'interno di un complesso che originariamente era definito chiuso.La comunità cinese presenta un sistema di valori simili a quello distrettuale alle sue origini, il cinese infatti riconosce il lavoro come strumento di riscatto sociale ed economico, ha un'attitudine al rischio e all'apprezzamento per il lavoro autonomo e presenta la propensione alla mobilità nel mercato del lavoro, queste caratteristiche hanno portato la comunità cinese nel distretto di Prato ad aumentare in maniera significativa nel corso degli anni.In fine va riscontrata la doppia natura delle imprese distrettuali di Prato, un primo profilo riguarda le imprese medio grandi che servono un mercato di fascia medio-alta, come i capi di alta moda, e un secondo profilo, relativo alle piccole imprese cinesi, che creano prodotti di fascia medio-bassa.Relativamente al distretto fermano-maceratese, prevalentemente orientato verso il settore calzaturiero, riscontriamo delle fasi evolutive differenti rispetto a quello tessile di Prato. Innanzitutto nasce durante gli anni sessanta e sviluppa l'area sistema integrata negli anni 70-80. L'evoluzione di questo distretto, avvenuto negli anni 2000, ha visto come elemento fondamentale la gerarchizzazione massiccia, che ha portato a una selezione competitiva all'interno dell'area, per cui alcune imprese che non hanno retto la lotta competitiva sono state escluse dalla rete. Le imprese guida, risultano inoltre fortemente internazionalizzate e volte a strategie di delocalizzazione produttiva, governano generalmente un marchio proprio e puntano tutto il loro marketing sull'esaltazione del made in italy.

LE RETI IN FRANCHISINGOrganizzazione in franchising definita dall'Art. 1, co. 1, legge n.129/2004 è una particolare tipologia di rete esterna e guidata di imprese composta da un’unità centrale denominata impresa guida o impresa

Page 33: Riassunto cafferata

focale, comunemente detto franchisor e da altre imprese nodali i franchisee o unità in franchising legatefra loro ed al franchisor da relazioni multiple, sistematiche, stabili e di lungo termine che scaturiscono e vengono regolate dal contratto di franchising.FRANCHISORIl franchisor crea di propria iniziativa la rete in franchising, cedendo ai franchisee un insieme di diritti diproprietà industriale ed intellettuale, con i relativi marchi, disegni, diritti d’autore, know how, brevetti, assistenza tecnica e consulenza tecnica e commerciale.A fronte di tale concessione i franchisee si impegnano al pagamento di una fee di ingresso nella rete ed al pagamento periodico di royalty oltre ad assumere specifiche obbligazioni variabili da caso a caso e regolate dal contratto di franchising.L’organizzazione del franchising consegue ad una strategia di crescita, si sviluppa nella seconda metà del XX sec. in coincidenza con il declino del Taylorismo, quando la competitività delle imprese comincia a fondarsi sull’equilibrio tra flessibilità e grande dimensione. Si fanno avanti due principali profili teorici che portano all'adesione al franchising, la teoria delle risorse scarse e la teoria dell'agenzia.Nella teoria delle risorse scarse le imprese soprattutto se giovani e di piccole dimensioni costruiscono organizzazioni in franchising per far fronte alla scarsità di risorse necessarie al proprio sviluppo. Secondo questa teoria, l'azienda necessita di risorse finanziarie, infatti in un primo momento il franchising è visto come fonte di capitali a basso costo e risorse manageriali come il ruolo del capitale umano, talento manageriale, conoscenza dei mercati locali. La teoria dell'agenzia invece si basa sui rapporti tra principal e agent e sull'esigenza di adeguati meccanismi di controllo del principal rispetto all'agent. Le ricerche che analizzano questa prospettiva individuano nel franchisor il principal e nel franchise l'agent e giustificano lo sviluppo del franchising col fatto che esso offre soluzione al problema di agenzia verticale.L’impresa franchisor principale, in questo caso si trova a scegliere tra due alternative di crescita, l’espansione attraverso il franchising, con sottesa esigenza di regolazione del rapporto con il franchisee e l’espansione attraverso unità di proprietà, con la sottesa esigenza di regolazione del rapporto con manager dipendenti.Di fronte a queste due alternative l’impresa franchisor opera una scelta confrontando i costi organizzativi, di monitoraggio e di integrazione. La prima alternativa risulta più conveniente quando i franchisee sono proprietari di una o più unità dell’organizzazione in franchising per cui i franchisee saranno più motivati rispetto ai manager. In questa alternativa, il franchising massimizza congiuntamente l’utilità del principal e dell'agent in quanto la remunerazione di entrambi è legata alla performance di quest’ultimo. Il reddito del franchisor è infatti costituito principalmente dalle royalty legate alle vendite del franchisee.Se invece il franchisor non può beneficiare della stessa condivisione di obiettivi, l'alternativa per cui si preferisce unità di proprietà soffre della propensione da parte dei lavoratori dipendenti a comprimere il livello delle proprie capacità e dei propri sforzi. Se ci troviamo di fronte a una dispersione geografica il costo connesso al controllo viene notevolmente aggravato, ed è quindi fondamentale capire se le difficoltà di eventuali inefficienze siano da imputare al comportamento dei manager o a problemi relativi alla domanda.

LA COOPERAZIONE NELLA RELAZIONE TRA FRANCHISOR E FRANCHISEEIl modello di sintesi della cooperazione organizzativaelaborato da Perrone individua quali strumenti sono utili per influenzare e spingere un altro soggetto a coordinarsi all’interno di un’organizzazione e sono 1)lo scambio, 2) l’autorità, 3) la persuasione, 4) la fiducia, 5) i valori.lo scambio consiste nella propensione a cooperare, il franchisee infatti coopera ed accetta di conformare i propri comportamenti alle prescrizioni del franchisor e quindi ne riconosce l’autorità, se e nella misura in

Page 34: Riassunto cafferata

cui percepisce l’equità della distribuzione delle risorse e nello scambio dei propri contributi con gli incentivi conseguenti l’affiliazione.Analizzando il rapporto franchisor e l’impresa neocostituita (franchisee) notiamo come in un primo momento l’impresa franchisee è disposta a conferire all’impresa franchisor un contributo economico ed a contribuire alla crescita dimensionale dell’intera organizzazione, in cambio chiede il supporto necessario, ottenendo la possibilità di applicare la formula imprenditoriale del franchisor e, per mezzo del know how distintivo trasmessole dal franchisor può replicarne l’offerta. Ciò comporta una riduzione del rischio d’impresa del franchisee, e la riduzione dei costi da sostenere. Nella prima fase del franchising si manifestano i seguenti aspetti:Innanzitutto un accorciamento della fase iniziale del proprio ciclo di vita che comporta maggiori ricavi, emerge una situazione di convenienza rispetto a quella di un’impresa che non entra in franchising, in quanto si assiste a una diminuzione dei costi di avviamento relativi all’organizzazione, alla selezione e addestramento del personale, alla possibilità di usufruire di economie di scala e di scopo, ad economie diapprendimento, all'accesso ai canali di distribuzione, al superamento delle barriere governative e legali, nonché a una migliore opportunità di far fronte a possibili ripercussioni dei concorrenti.La seconda fase riguarda lo scambio in continuità del rapporto di franchising quando il franchisee corrisponde annualmente al franchisor le royalty commisurate al proprio fatturato che rappresenta la contropartita per l’assicurazione della contrazione dei rischi e per l’incremento della capacità di profitto del singolo franchisee da parte del franchisor.Il franchising infatti genera un aumento di prestigio derivante dallo sviluppo dell’intera organizzazione edall’incremento del valore del marchio, un notevole tasso di innovazione tale da innalzare o rafforzare barriere all’entrata di possibili imitatori, un'assistenza continua di ordine gestionale commerciale e giuridico.Il franchisor comunque veglia affinchè sia rispettato il livello della qualità delle prestazioni e scongiura il pericolo di processi di de responsabilizzazione di alcuni franchisee.L’autorità può essere incorporata nella figura di un capo oppure istituzionalizzata in norme organizzative. L’autorità del franchisor appare legittimata dalla presenza di una “gerarchia invisibile”derivante dalla sua posizione di centralità nella rete e dalle norme fissate nel contratto di franchising, pur lasciando un necessario spazio d’autonomia al franchisee.

La persuasione: Per essere persuasivi bisogna sottolineare gli elementi che avvicinano il fine organizzativo ai diversi fini individuali, intensificando la comunicazione diretta periodica e sviluppando il senso d’appartenenza all’organizzazione con metodi “non convenzionali” come l'organizzazione di convegni e seminari, bollettini di informazione, periodici aziendali e“servizio di post-vendita” ai franchisee. Tali strategie consentono di sviluppare le comunicazioni ascendenti (dal basso versol’alto) al fine di creare partecipazione.La fiducia secondo Perrone consiste nell’aspettativa che un individuo nutre neiconfronti di un altro soggetto il quale però

deve comportarsi in modo predicibile, affidabile e si comporti in modo equo anche quando potrebbe invece opportunisticamente guadagnare a spese di chi si fida. Il concetto di fiducia si genera in presenza di determinati fattori, cui, la reputazione delle parti, la longevità prevista dalla relazione, la numerosità degli scambi e l’equità distributiva e procedurale percepita nella relazione.La solidità e continuità di un sistema fondato sulla fiducia è sempre fortemente minacciato dalle mutazioni esogene, in ogni caso la fiducia può rivelarsi come una variabile in grado di ridurre i costi di negoziazione degli accordi di franchising.

Page 35: Riassunto cafferata

I valori costituiscono la componente intangibile, definiscono un modello etico cui far riferimento nell’operatività, fungendo da forza centripeta contrastante le forze centrifughe della disgregazione facendo leva sul coinvolgimento. Emergono soprattutto laddove ci sono differenze culturali tra le diverse unità organizzative e, tipicamente, nel caso di una strategia di sviluppo aziendale in franchising,per cui il know-how organizzativo è difficilmente trasferibile da una unità all’altra. Nelle organizzazionicosiddette culture-free, si adottano norme ad alto livello gerarchico che configurano la cosidetta cultura flessibile. I sistemi imprenditoriali in franchising devono mirare a diventare globali raffinando la propriacultural sensitivity e cioè salvaguardando le autonomie e le differenze culturali come i valori di intradipendenza, creatività, adattabilità, flessibilità e tolleranza delle opinioni divergenti.

CRITICITA’ QUALIFICANTI LA RELAZIONE TRA FRANCHISOR E FRANCHISEE: Le criticità possono produrre l’affievolimento della forza della relazione tra le parti perchè influenti sulle motivazioni ke spingono all’accordo formalizzato e dunque sulle basi della collaborazione. L’origine della natura bivalente della relazione franchisor-franchisee, perchè fondata sulla dicotomia di interdipendenza-autonomia, è la divergenza che può condurre da un lato il franchisor a comportamenti opportunistici, dall’altro il franchisee a discostarsi dalle indicazioni del franchisor. E’ possibile distinguere in dirette e indirette le criticità. Il franchisor potrebbe avviare attività logisticamente vicine tra loro, potrebbe rifiutarsi di rinnovare il contratto di un franchisee per potersi appropriare del suo mercato, potrebbe monopolizzare le forniture osovrastimare il valore della royalty, o potrebbe prevedere clausole contrattuali squilibrate in proprio favore. Il franchisee potrebbe invece diffondere le informazioni riservate del franchisor, potrebbe rifiutare o ritardare il pagamento delle royalty oppure non uniformarsi agli standard qualitativi della rete. Le problematiche del secondo tipo danneggiano l’immagine dell’organizzazione nel suo insieme, facendo si che gli investimenti di un franchisee comportano benefici anche per tutti gli altri, quindi un franchisee potrebbe:Scegliere di nn contribuire agli investimenti pubblicitari e promozionali a sostegno del marchio e beneficiare comunque degli investimenti degli altri oppure potrebbe risparmiare a scapito della qualità dei proprio prodotti, confidando nei benefici derivanti dalla soddisfazione dei clienti delle altre unità. Tali problemi possono essere arginati dal franchisor incrementando il monitoraggio sui franchisee il quale potrebbe portare a svilire il vantaggio chiave delle unità in franchising rispetto a quelle di proprietà, vantaggio rappresentato dal risparmio nei costi di monitoraggio e integrazione connessi.Per far fronte alle rilevate criticità oltre alla cooperazione è necessaria anche un’attenta progettazione della struttura organizzativa del franchisor, struttura che preveda tutte le funzioni e le figure professionali necessarie alla gestione di una relazione virtuosa con la rete affiliata, come potrebbe esserel’organigramma delle figure professionali della funzione franchising:

Direttore franchisingPiani di marketing,

Responsabilesviluppo

Ricerca, selezione e nomina degli affiliati

Responsabile gestionerete

Gestione sistema informativo, ordini e logistica

Responsabileformazione

Formazione iniziale e formazione continua

Responsabilearea/area marketing

Ispezione sul campo e consulenza ai franchisee

AnimatoreConsulenza e animazione

Page 36: Riassunto cafferata

Sotto la supervisione del direttore franchisor, il responsabile sviluppo seleziona e nomina i franchisee, in seguito i formatori trasmettono ai franchisee il know how, quest’ultimi saranno assistiti dai responsabili di area (area manager) per l’ubicazione del punto vendita/stabilimento e per tutti gli aspetti tecnici, commerciali e amministrativi, prima e durante il lancio dell’attività. Gli animatori visitano con regolarità i franchisee, ne raccolgono i suggerimenti e sviluppano insieme a loro i diversi piani d’azione.

CONCLUSIONI: la cooperazione fra imprese è uno dei più positivi percorsi di sviluppo del capitalismo moderno. Le reti basate su meccanismi di governance che vanno oltre il mercato e la gerarchia vengono intese come scelta strategica fra le diverse fondamentali opzioni di crescita finalizzata alla ricerca di maggiore flessibilità, efficienza e massimizzazione nell’utilizzo delle competenze specifiche dei diversi attori partecipanti. In questo contesto di diffusione delle forme reticolari hanno trovato sviluppo le organizzazioni in franchising. Maggiore sono le propensioni cooperative tra le parti, minori si rivelano i costi di monitoraggi e di controllo del valore del capitale immateriale. Nel modello di sintesi della cooperazione di Perrone troviamo lo scambio, l'autorità, la persuasione, la fiducia e i valori. Dove la fiducia dipende dall’esperienza pregressa (positiva) e nel franchising tale esperienza è spesso nulla; e un sistema di valori condiviso deriva da una cultura comune e nel franchising la dispersione geografica comporta spesso culture distanti; la convenienza (scambio), le norme organizzative (autorità istituzionalizzata) e la persuasione sembrano assumere maggior rilievo quali forze da gestire e controllare nel’intento di incrementare la cooperazione tra gli attori.

TEORIE ORGANIZZATIVE DELLE RISORSE UMANECon l’aumento dei lavoratori ed esigenze di standardizzazione delle mansioni conseguenti alla produzione di massa sorse la necessità di una razionalizzazione accurata dell’organizzazione del lavoro edell’utilizzo della manodopera. In quest’ambito si colloca il contributo di TAYLOR: scientific management finalizzato a condurre il potere organizzativo nelle mani della direzione aziendale la qualeha il compito di programmare accuratamente la razionalizzazione del lavoro.Tra i principi chiave di questa teoria si trovano gli elementi fondamentali della direzione del personale: progettazione delle mansioni, selezione, formazione, relazioni interne, leadership, controllo e motivazione.Taylor inaugura una fase di notevole attenzione alla gestione efficiente ed efficace dei lavoratori che verranno considerati in modo sempre più articolato nella pratica aziendale e in dottrina.Emergono progressivamente alcuni filoni di pensiero:1) Scuola delle relazioni umane, iniziò durante gli anni ’30,e pose l'attenzione verso i meccanismi utili a stimolare i rendimenti operai, aggiungendo ai fattori economici i fattori di natura psico-sociale, come ad esempio il lavoro di gruppo, le pause, la supervisione dei superiori, il punto focale è quindi il comportamento individuale nell’ambito lavorativo –fatica, monotonia, rilevanza dei rapporti informali- mirando alla soddisfazione del lavoratore attraverso la creazione di un ambiente di lavoro gradevole e armonico. Il filone delle relazioni umane non deve peròessere considerato un superamento del taylorismo, in quanto l’impostazione metodologico e concettuale rimane analoga, pur con l’enfasi del retroterra psicologico dei lavoratori.2) Filone socio-tecnico nel quale si sottolinea come l’organizzazione aziendale sia il risultato del più stretto connubio sistematico tra componenti tecniche (la tecnologie) e sociali (gli uomini), e come sia necessaria una progettazione congiunta di tecnologia ed organizzazione per garantire l’equilibriodell’impresa. Impostazione definibile di organizzazione e gestione delle risorse umane.3) Terzo filone comportamentista che trova radici nel contributo di BERNARD che propone modalità più sostanziali di integrazione del lavoratore nell’impresa. E’ compito dei dirigenti bilanciare incentivi (retribuzione e premi) e contributi (prestazioni di lavoro), motivando i lavoratori.4) Nel secondo dopoguerra la tecnologia assume un nuovo ruolo, e si tenta un superamento del taylorismo, i sociologi del lavoro, come Friedmann, sostengono che il taylorismo è semplicemente la risposta organizzativa ad una determinata fase di sviluppo tecnologico dell’impresa, peril superamento dell’ “one best way” tayloristica, avviene una trasformazione del lavoro in quanto l’evoluzione tecnologica consente una potenziale qualificazione del lavoro.

Page 37: Riassunto cafferata

5) Negli anni ’50 e ’60, con gli studi della motivazione di cui Maslow, Herzeberg e Likert i più noti esponenti, analizzarono i bisogni e le necessità di crescita della personalità sottesi allo svolgimento dell’attività lavorativa, nella convinzione che le risorse umane si differenziano profondamentedalle altre risorse d’impresa e che bisogna comprenderne le esigenze per ottimizzarne il contributo allo sviluppo aziendale. Di fatto, però, i modelli di organizzazione del lavoro continuano ad essere prevalentemente basati sulle logiche tayloriste, sarà infatti necessario aspettare molti anni per vedereapplicate queste nuove idee.6) Nell’ultimo triennio Croizer, Friedberg, Schein e Pfeffer analizzarono il ruolo della cultura nel funzionamento delle organizzazioni e studiarono il potere come importante chiave di lettura delle relazioni, mettendo al centro della teoria organizzativa l’essere umano in quanto può migliorare opeggiorare la cultura organizzativa.Negli anni ’70 emergono nuovi ambiti di competenza aziendale che richiedono professionalità specifiche: la selezione, la formazione, la valutazione del personale, la negoziazione ecc. Si sviluppa la “direzione del personale”che diventa una funzione di elevate dimensioni in alcune imprese.L’obiettivo di molte imprese diviene quello di dotarsi di sistemi di sviluppo delle risorse umane che utilizzano una strumentazione più sofisticata rispetto a quella tradizionale. La formazione diviene “sviluppo” delle risorse umane; la retribuzione si evolve in un “sistema premiante” e nellaprogrammazione delle carriere, le relazioni sindacali divengono “transazioni di lavoro”.Durante gli anni 80, dapprima negli Stati Uniti e successivamente in Europa, si diffondono dei contributi che possono essere raccolti sotto il titolo di Human Resource Management, questo filone di management si occupa in modo strutturato della gestione delle risorse umane, ridisegnandol’approccio classico, imperniato sulla contrattazione tra controparti organizzate (Beer 1985, Beardwell, Golden 1997, Ambrosini 1995). Questi studi sono arricchiti d’analisi che cercano di misurare in contributo delle risorse umane al vantaggio competitivo.Conclusioni: è questa la prospettiva che vede la gestione personale soprattutto in chiave di sviluppo di risorse umane, di cui si deve ottimizzare l’efficacia e il valore, chiamate a fornire un contributo diretto alla crescita della conoscenza aziendale, alle caratteristiche distintive dell’impresa e alla competitività del mercato di riferimento.

MINTZBERG illustra come le diverse forze operanti all’interno dell’organizzazione possano agire in sette differenti direzioni:Spinta all’accentramento dal vertice aziendale che tende a non delegare autonomia.Spinta alla balcanizzazione di cui possono essere fautori i responsabili della linea intermedia, che perseguono una crescente autonomia decisionale nella gestione delle proprie unità.Spinta alla standardizzazione operata dagli specialisti della tecnostruttura.Spinta alla collaborazione di cui sono fautori gli organi di staff che si propongono cm fornitori di servizialla clientela interna.Spinta alla professionalizzazione con la conseguente riduzione dei livelli gerarchiciSpinta alla coesione a cui sono specificamente dedicate le unità di indottrinamento o socializzazioneSpinta all’atomizzazione che può essere originata dalle coalizioni esterne (sindacati, concorrenti, clienti, gruppi di interesse specifico)L’insieme di queste forze ha reso utile, nell’evoluzione dell’impresa, disporre di una funzione specializzata nella gestione delle risorse umane, in grado di promuovere una sufficiente mediazione, coordinamento e coesione nelle relazioni tra attori interni, tale funzione ha lo scopo di contemperare le esigenzedel sistema impresa, in termini di ottimizzazione nell’uso di una risorsa peculiare, quale la risorsa umana e del fattore umano, in termini di motivazione, soddisfazione e realizzazione individuale.Mintzberg privilegia soprattutto la “spinta” alla collaborazione, alla coesione e alla professionalizzazione.

L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E LA GESTIONE DEL PERSONALE NELLE IMPRESELa direzione del personale si configura a seconda di quattro variabili: la denominazione, la collocazione,la configurazione e l’articolazione della funzione del personale.

DENOMINAZIONE

Page 38: Riassunto cafferata

La scelta della denominazione della funzione può essere utile per comprendere natura ed estensione della direzione del personale , in questo caso troviamo la presenza di diverse tipologie di funzione del personale: l'amministrazione del personale, la gestione del personale, la direzione, lo sviluppo delle risorse umane e la valorizzazione delle risorse umane. La dizione “amministrazione del personale” identifica una separazione della componente di direzione del lavoro da quella più prettamente amministrativo-contabile, questa separazione può dipendere da diverse opzioni:a) la politica del personale è prerogativa dell’imprenditore/proprietario;b) la responsabilità e i poteri di gestione del personale sono delegati ai capi intermedi;c) non si è sentita la necessità di uno sviluppo interno dei compiti della funzione, ricorrendo a supporti esterni. Nelle prime fasi di evoluzione della DP la sua funzione è strettamente amministrativa e il responsabile del personale ha scarse relazioni con il vertice strategico e con la linea operativa.Nella tipologia “gestione del personale” invece vi è un impiego anche gestionale delle risorse umane e non solamente amministrativo, tale funzione avrà una propria autonomia, non dipendendo più da un’altra direzione.La funzione “direzione e sviluppo delle risorse umane” identifica una stretta integrazione tra le politiche delle risorse umane e le scelte strategiche, mentre il modello “valorizzazione delle risorse umane” è ricondotto al capitale umano nella prospettiva degli “intangibile assets”, cioè risorse fondate sulla conoscenza che sono alla base del vantaggio competitivo delle imprese. La funzione personale deve alimentare il vantaggio competitivo attraverso la valorizzazione e lo sviluppo di competenze distintive.

L'AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE• La dizione “amministrazione del personale” identifica una separazione della componente di direzione del lavoro da quella più prettamente amministrativo–contabile (riconducibile a paghe e stipendi, adempimentigiuridici e amministrativi).• Nel settore privato, tipicamente, questa tipologia è rinvenibile in imprese nelle prime fasi evolutive del ciclodi vita, in questi casi infatti la politica del personale è

prerogativa dell’organo di governo o viene delegata all’esterno, come ad esempio gli enti locali, formazione in modalità mista o piccole imprese, che delegano all’esterno la formazione. La responsabilità ed i poteri sono dei capi intermedi e non vi è necessità di uno sviluppo interno dei compitidella funzione, ricorrendo a supporti esterni.

TIPOLOGIA GESTIONE DEL PERSONALENella tipologia gestione del personale (GRUgestione risorse umane) troviamo anche un impegnogestionale e non solo amministrativo. La funzioneha competenze specialistiche più vaste rispetto alleprecedenti, propone soluzioni ma non intervienenelle scelte strategiche. Alcune agenzie statali (adesempio le agenzie fiscali) e tipicamente le impresemedio-grandi, presentano questa tipologia di funzione delpersonale.DIREZIONE E SVILUPPO DELLE RISORSEUMANELa dizione “direzione e sviluppo delle risorse umane”identifica, invece, una stretta integrazione tra politichedelle risorse umane e scelte strategiche. Tale tipologiadi funzione si ritrova, a livello di pubblicheamministrazioni, prescritta a livello normativo nella

Page 39: Riassunto cafferata

Direttiva 13 dicembre 2001 “Direttiva Frattini” sulla formazione e valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni.

COLLOCAZIONEIn termini di collocazione organizzativa la direzione del personale può presentarsi in diversi modi:• Può essere una funzione collocata al primo livello funzionale, presidiando la gestione complessiva delle attività inerenti il personale;• Può essere un organo di staff della presidenza o dell’amministratore delegato che coordina le politiche del personale, valorizzando pienamente il ruolo della linea;• Può essere un’unità specialistica dotata di competenze, capacità e strumenti di analisi, valutazione, progettazione;• Può essere una funzione presente esclusivamente in unità organizzative decentrate (divisioni di prodotto o geografiche)

CONFIGURAZIONEAttualmente la funzione di gestione del personale può essere considerata come ‘un organo di supporto che fornisce servizi ‘specialistici’ su richiesta e che opera di sua iniziativa per sollecitare, sostenere e coordinare l’azione delle diverse unità organizzative (Frey, 2007).Il termine configurazione della funzione del personale può essere utile per designare il grado di decentramento della direzione e la sua natura in termini di organo di staff o di line.Da molti anni è oggetto di discussione la prevalenza di una logica di staff piuttosto che di line, la tendenza attuale infatti è che la direzione del personale è un’attività diffusa nell’organizzazione e i singoli capi sono direttamente protagonisti per le risorse umane a loro afferenti. La funzione del personale in questa prospettiva è un organo di supporto che fornisce servizi specialistici “su richiesta” e che opera di propria iniziativa per sollecitare, sostenere e coordinare l’azione delle diverse unità organizzative. In sintesi alla direzione del personale è attribuita un’autorità e responsabilità funzionale sulla gestione delle risorse umane. L’attività di coordinamento può anche prevedere il coinvolgimento diprofessionalità esterne all’impresa

ARTICOLAZIONE DELLA FUNZIONE DEL PERSONALENell’articolazione della funzione delpersonale, le imprese possono optare per una maggiore o minore estensione dei compiti di cui tale funzione è

titolare. La funzione del personale è disaggregata in una decina di sotto-unità, responsabili di attività chesono gestite in modo strutturato soltanto dalle imprese di maggiori dimensioni.Di seguito una possibile articolazione della direzione del personale, con al primo livello le attività ad essa tradizionalmente attribuite, al secondo livello (tratteggiato) ci sono le attività che sono presenti nelle maggiori imprese multinazionali, e difficilmente troviamo nelle piccole e medie imprese.

STRUMENTI E FASI DELLA GESTIONE DELLE RISORSE UMANELe risorse uname hanno un particolare ciclo di vita, vengono infatti selezionate, entrano in funzione, sono valutate e ricompensate, vengono amministrate, hanno un percorso di carriera, e in fine terminano

Page 40: Riassunto cafferata

la loro attività. E’ necessaria una capacità di programmazione del personale che sappia integrare in un quadro le diverse opzioni, attività, strumenti della gestione delle risorse umane. La programmazione deve tenere conto della sostituzione delle figure chiave dell’azienda secondo opportuni piani di successione, della crescita interna dei quadri e dirigenti tramite specifici piani di sviluppo, dell'assorbimento dell’obsolescenza del personale attraverso adeguati piani di conversione professionale,del mantenimento della cultura e del senso di appartenenza aziendale con programmi di socializzazione e sensibilizzazione, dell'aggiornamento delle competenze aziendali attraverso sistematici piani di formazione e informazionenonché il rinnovo delle risorse umane attraverso opportuni piani di assunzione e mobilità.

SELEZIONELa selezione nasce dall'emersione di un fabbisogno sia in termini quantitativi, cioè il numero di risorse umane necessarie sia in termini qualitativi cioè le caratteristiche tipiche del personale.

Successivamente abbiamo un’analisi del capitale umano disponibile all'interno e all’esterno dell'azienda con la successiva decisione di selezione/inserimento da parte della direzione del personale, la quale svolge un ruolo di “contenimento” e “bilanciamento” delle necessità espresse dalla linea. La valutazione quantitativa del fabbisogno può avvenire attraverso tecniche matematiche o statistiche come

l’analisi dei trend, che stima la necessità di personale basandosi sulla crescita passata delle risorse umane, attraverso la ratio analysis, che si basa su indici opportunamente individuati, e attraverso la simulazione, in cui viene utilizzato il computer per stimare i fabbisogni futuri di personale in funzione del volume atteso di attività.Tra i diversi modelli utilizzabili per l’analisi e la valutazione delle caratteristiche qualitative ce né uno molto semplice proposto da Cocco che individua una matrice a 4 quadranti sulla base di 2 variabili: la complessità delle attività e la frequenza delle attività. Una volta caratterizzato il fabbisogno occorre verificare se esistono già all’interno dell’organizzazione professionalità adeguate alla necessità, oppure se sia necessario reperire professionalità all’esterno. La preferenza nel ricorso al mercato interno-aziendale del lavoro rispetto a quello esterno dipende dall’impostazione strategica dell’azienda. Viceversa il frequente ricorso al mercato esterno implica un’attenzione all’immissione di risorse e competenze nuove che se da una parte arricchiscono il patrimonio aziendale dall’altro possono abbassareil senso d’appartenenza. Nella selezione attraverso il mercato interno molte componenti sono già note alle parti, tutto questo rende più fluido e chiaro il processo di selezione e negoziazione. In questo caso sia l’impresa, sia il lavoratore hanno precise aspettative nella prosecuzione del rapporto di lavoro. Una volta verificata invece l'esigenza di reperimento sul mercato del lavoro esterno la segnalazione può essere realizzata in vari modi, ad esempio i canali istituzionali obbligatori che sollecitano candidature attraverso un’informativa sul mercato del personale o incaricando società specializzate nella ricerca di personale, sollecitando o ricevendo richieste da parte di soggetti privilegiati (dipendenti, università, sindacati) che propongono determinati candidati.Il processo di selezione è finalizzato a ridurre il più possibile l’incertezza legata alla carenza di informazioni precedenti all’assunzione e nell’effettuare la scelta dei candidati adatti all’organizzazione. Tra i molti strumenti si cita lo screening dei curriculum, i colloqui, i test, le dinamiche di gruppo ecc. Una volta individuato il candidato, avviene l’accoglimento e dunque l’inserimento sul lavoro. Al termine del periodo di permanenza si pone il problema della separazione e dell’uscita che può essere letto da due punti di vista: quello dell’impresa, che ha come obiettivo la minimizzazione del conflitto e dei costi di uscita, e quello del lavoratore, che ha l’obiettivo della massimizzazione del premio di uscita e delle opportunità di out placement nel mercato del lavoro.

Page 41: Riassunto cafferata

DEFINIZIONE DEI PERCORSI DI CARRIERALa carriera è strumento fondamentale per il perseguimento della motivazione del personale.Schein illustra questo ruolo di matching tra le due tipologie di istanze: organizzazione e individuo.

Il matching passa quindi attraverso un insieme di leve proprie che si possono snodare all’interno della programmazione delle carriere. Dal punto di vista del datore di lavoro una tipica programmazione delle carriere consente di dilazionare alcuni meccanismi premianti nel futuro a fronte di prestazioni richieste nel presente. I percorsi di crescita individuabili sono lo sviluppo verticale limitato, lo sviluppo orizzontale e lo sviluppo diagonaleLo sviluppo verticale limitato riguarda principalmente le attività specialistiche, caratterizzate da elevate specificità e scarsa trasferibilità in un contesto funzionale diverso delle competenze tecnico-professionali, ad esempio nella ricerca e sviluppo, ma anche nella funzione del personale.Lo sviluppo orizzontale è una prospettiva sempre più auspicata, permette l’intercambiabilità delle mansioni, nella logica non solamente della job rotation ma anche del job enlargement. La job rotation è una tecnica organizzativa finalizzata ad aumentare la polivalenza dei lavoratori, accrescendo la conoscenza di diverse attività presenti nel processo produttivo e aumentando la varietà delle mansioni. Oltre alla job rotation e al job enlargement c’è anche il job enrichment, cioè l'arricchimento delle mansioni.Lo sviluppo diagonale consente di contemperare le logiche di crescita verticale con quelle di allargamento orizzontale. Più si cresce nella collocazione gerarchica più ampio diventa lo spettro di conoscenze delle attività da conoscere per cui è necessario aver avuto esperienze funzionali diverse.

ALLARGAMENTO DELLE MANZIONI (job elargement)Presuppone, invece, che questa polivalenza sia utilizza sistematicamente, modificando l'ampiezza delle singole mansioni. Nelle lavorazioni di fabbrica ciò può anche limitarsi al passaggio una fase di lavorazione di pochi secondi ad una lavorazione di qualche minuto contenente più operazioni elementari. Una pratica di job elergement è rinvenibile in alcune situazioni operative in cui un dipendente di area tecnica (produzione o commerciale) si inserisce in una task force per sviluppare ad esempio nuovi percorsi di carriera di tipo tecnico. Il dipendente allargherà il raggio delle sue mansioni, apprendendo ed usando nuove competenze sui processi di carriera e utilizzando la capacità di leadership e organizzative per contribuire agli obiettivi della task force.

L’ARRICCHIMENTO DELLE MANSIONI (job enrichment) che riguarda la valorizzazione della mansione realizzate attraverso l’attribuzione di compiti di programmazione, auto-controllo, valutazione al soggetto incaricato dell’esecuzione. Questa soluzione accresce la responsabilizzazionedegli attori e la flessibilità del sistema. Prendendo ad esempio un caso, come quello di Melfi l’arricchimento delle mansioni riguarda, in particolare, il capo UTE (unità tecniche elementari), che diventa una figura

Bisogni dell’organizzazione Processi di “matching” Bisogni individuali

Pianificare l’ingresso delle Analisi e progettazione del ruolo, Scelta di un lavoro e di un per-risorse umane selezione e socializzazione corso di carriera

Pianificare la crescita e lo svilup- Supervisione e affiancamento, valu- Iniziare bene la carriera compre-po delle risorse umane tazione, percorso di carriera e for- ndendo l’impresa mazione

Pianificare la mobilità delle Formaizone continua, aggiornamen- Continuare bene la carriera risorse umane to, job redesign ed enrichment… diventando esperti

Pianificare l’uscita e la sostituzio- Aggiornamento della disponibilità Finire bene la carriera sfruttandone delle risorse umane di RU, ricollocamento, nuovo ciclo l’esperienza di inserimento

Page 42: Riassunto cafferata

chiave nell’organizzazione della produzione, integrando nella sua figura le responsabilità della qualità, della gestione risorse umane, del rispetto dei tempi per l’utilità a cui è preposto. L’arricchimento delle mansioni rientra nella logica di sviluppo verticale, anche se presuppone il mantenimento dicompiti precedentemente svolti. In altri termini è un percorso tipico nei processi di appiattimento delle strutture organizzative. (Sequenza di posizioni all’interno di una occupazione (membro della facoltà universitaria: da ricercatore a professore associato ad ordinario);Mobilità interna: ad esempio un ingegnere inizia la carriera come membro di una squadra di progettisti, poi diviene specialista, poi esperto ed infine capo progettista.Sequenza unica di mansioni posizioni ed esperienze, concetto emergente, -carriera multiforme, cioè che cambia continuamente in base ad interessi valori e caratteristiche del contesto-lavorativo.)

...un dato dal Ministero del lavoro...- La formazione continua in Italia è uno strumento ancora poco utilizzato, soprattutto rispetto al resto dell’Europa. È ciò che emerge dal Rapporto annuale sulla Formazione Continua presentato dal Ministerodel Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali e realizzato in collaborazione con l’Isfol.- La media europea delle imprese che hanno offerto formazione ai propri dipendenti è pari al 60%, mentre in Italia raggiunge appena il 32%. Questi numeri ci collocano al terzultimo posto in Europa, con una performance che ci avvicina a quelle registrate nei paesi neocomunitari.- Questo dato è determinato in prevalenza dall’assetto che il sistema produttivo nazionale assume in alcuni settori tradizionali (ad esempio, nel tessile, nel turismo, nel commercio al dettaglio), in corrispondenza di una ridotta struttura dimensionale e di una bassa intensità di innovazione tecnologica

ANZIANITA' MERITO E POTENZIALEI percorsi di carriera possono seguire diverse logiche, come l’anzianità, il merito e il potenziale.Privilegiare un criterio di anzianità significa rafforzare la fedeltà all’azienda, l’oggettività e la trasparenza dei percorsi di carriera, ridurre l’opportunismo e i “costi d’influenza” cioè il costo di mettersi in luce di fronte alla direzione. D’altra parte l’esperienza ha evidenziato come la carriera per anzianità riduca l’impegno e il coinvolgimento del personale. Per esercitare pienamente il proprio ruolo incentivante, la programmazione delle carriere deve essere legata al merito, a tal fine si devono introdurre momenti di valutazione e non bisogna limitarsi alla misurazione del risultato ma alla presenzadi potenzialità che rispondono ai requisiti delle posizioni di livello più elevato. Nella maggior parte dei casi quindi si tratta di utilizzare congiuntamente tutti e tre i criteri.

LA PRESTAZIONEPer prestazione si intende un risultato attraverso il quale il manager verifica che le attività svolte dai suoidiretti collaboratori, siano in linea con le direttive e con gli obiettivi che l'azienda si è prefissata, al fine di raggiungere il tanto sperato vantaggio competitivo.La prestazione viene determinata attraverso più fasi, innanzitutto è necessario definire le attese, cioè quello che l'azienda vuole raggiungere, successivamente si misurano i contributi e i feedback.Le finalità sono innanzitutto strategiche, in quanto si crea un collegamento tra le attività svolte dai dipendenti e gli obiettivi aziendali generali, le finalità sono anche gestionali, in quanto la prestazione influenza le decisioni amministrative, come la gestione delle retribuzioni, dei premi individuali, le promozioni, i piani di sviluppo e via dicendo.In fine, troviamo le finalità di sviluppo, cioè, la capacità di far crescere le persone dal punto di vista professionale al fine di renderle efficaci nell'espletamento della propria mansione.

LA VALUTAZIONE DELLE RISORSE UMANE La valutazione della prestazione è un’attività propedeutica a molte decisioni di gestione del personale. La retribuzione, le politiche di acquisizione delle risorse umane, i percorsi di carriera, i fabbisogni formativi possono essere meglio formulati se preceduti da una analisi di valutazione del lavoro. Tra le principali tecniche di valutazione, oltre alla job evaluation, che consiste nel risultato della prestazione erogato in una data posizione e all’MBO (managment by objectives).

Page 43: Riassunto cafferata

Troviamo inoltre metodologie di rating che illustrano schemi di valutazione delle capacità del lavoratore, in cui per ogni variabile il responsabile diretto deve indicare quale è il livello, all’interno di una scala di merito dettagliata. Il metodo Hay, un’evoluzione della job evaluation, consente di misurare le caratteristiche delle diverse mansioni, in termini di competenze, responsabilità, capacità richieste, e quindi di associare ad esse una determinata retribuzioneGli assessment centers nei quali gli individui sono sollecitati a reagire a situazioni tipiche dell’attività lavorativa che svolgono o che dovranno svolgere.I risultati delle attività di valutazione possono essere utilizzati per definire la dinamica retributiva individuale, per articolare itinerari di carriera e definire i tempi di permanenza in determinate posizioni, supportare le scelta in termini di turnover, stimolare modifiche nell’organizzazione del lavoro e individuare i bisogni di formazione.

RICOMPENSA – SISTEMA PREMIANTELa definizione del sistema premiante, per quanto possa discendere da un processo divalutazione, è un momento di sintesi importante nell’ambito della definizione delle retribuzioni lavoro e del conseguente rapporto di scambio contributi-ricompense.Nel sistema premiante possono essere utilizzati diversi strumenti per le premiare e incentivare i lavoratori:ricompense monetarie quali bonus, premi produttività, straordinari o in base a criteriquali l’anzianità, premia la fedeltà all’azienda, di merito e cioè un sistema più incentivante collegato ai risultati conseguito nella posizione coperta, alla potenzialità e cioè legato a quello che si può fare in futuro. ricompense non monetarie possibilità di apprendere, maggiori responsabilità organizzativa, opportunità di carriera, influenzano la qualità della vita ma non si concretizzano in erogazioni di cassa.Nelle organizzazioni pubbliche spesso il criterio di ricompensa che segue ad una valutazione è quello legato alla anzianità di ruolo.

TEORIE DELLA MOTIVAZIONE Fondamentale per l'azienda risulta l'adeguata attenzione verso il fattore umano, dotato non solo di “razionalità economica” ma anche di “sentimenti ed emozioni” e di bisogni psicologici e sociali che se adeguatamente soddisfatti non soltanto possono incrementare la performance individuale nello svolgimento dei compiti lavorativi, ma possono anche generare lo sviluppo organizzativo.La semplice supervisione del lavoro non è sufficiente, occorre infatti intervenire sui comportamenti degli individui e sulla natura stessa del lavoro, in questi casi si manifesta un rapporto di causa-effetto tra la crescita della personalità dei lavoratori e lo sviluppo organizzativo dell’impresa.La motivazione può essere definita come un insieme di forze psicologiche nell’individuo, come le aspettative, i valori, le attitudini, i pregiudizi e le percezioni, legati alla dimensione umana e sociale che è alla base di ogni comportamento umano.Motivazione e comportamento sono due elementi distinti, la motivazione è uno dei fattori di influenza del comportamento, mentre quest’ultimo rappresenta il punto d’arrivo del processo motivazionale ed è qualcosa di visibile e valutabile.E’ possibile individuare 3 elementi che caratterizzano il comportamento nell’ambito lavorativo, la direzione del comportamento che l’individuo sceglie di tenere per raggiungere l’obiettivo, il livello di impegno utilizzato nello svolgimento del lavoro e la persistenza a continuare il lavoro in caso di ostacoli. La direzione del comportamento indica quale atteggiamento una persona sceglie di assumere nello svolgimento del proprio compito, il livello di impegno rappresenta la quantità di energia che una persona impiega per mantenere il comportamento scelto, mentre il livello di persistenza fa riferimento alla capacità di un individuo di continuare a tenere un certo comportamento, quando si trova ad affrontare gli ostacoli e i problemi che naturalmente sorgono nel corso dell’attività lavorativa e nell’interazione con colleghi, superiori e subordinati.Motivazione e performance sono due concetti diversi, la performance infatti implica la valutazione dei risultati di un certo comportamento e spesso è vincolata a standard esterni stabiliti dall’organizzazione e verificati dal management, la motivazione costituisce uno dei principali fattori che sono alla base della

Page 44: Riassunto cafferata

performance. L’idea diffusa è che una persona fortemente motivata esegue bene il proprio lavoro, ma è limitativo considerare solo la motivazione come elemento alla base della performance.Altra importante distinzione è quella tra la motivazione intrinseca e quella estrinseca. La motivazione intrinseca è quella che trova nel lavoro stesso una gratificazione personale, infatti scaturisce come energia interna dell'individuo in funzione del lavoro, è proprio quel lavoro che costituisce in se una gratificazione interiore per chi lo esegue, generando quindi un ciclo di motivazione che si autoalimenta. Hackman e Oldham definiscono delle proprietà distintive del lavoro che permettonodi generare della motivazione intrinseca, come la varietà delle capacità, la significatività del compito, l'autonomia, i feedback e l'identità del compito. Importante fattore da tenere in considerazione è la percezione del lavoratore.Relativamente alla motivazione estrinseca, concetto approfondito da Silvestrelli, possiamo definirla come un comportamento lavorativo tenuto principalmente per acquisire ricompense economiche e sociali e per evitare qualsiasi tipo di sanzioni o punizioni disciplinari. In questo caso il comportamento viene selezionato in base alle conseguenze che porta, mentre sono importanti nell'ambito di questo contesto, i sistemi di rinforzo di tipo economico e psicologico.

LA TEORIA DELLA GERARCHIA DEI BISOGNIMaslow (1954) psicologo statunitense parte dal presupposto che gli individui sono motivati da dei bisogni da soddisfare e ci sono dei fattori interni che stimolano il comportamento e classifica i bisogni secondo una scala. Abbiamo infatti bisogni fisiologici, legati alla sopravvivenza, come il bere e mangiare, bisogni di sicurezza, riguardano la sopravvivenza nel lungo periodo, come la stabilità del post lavoro e la sicurezza dell’ambiente lavorativo, bisogni sociali, relativi all’esistenza di un ambiente sociale gradevole e al bisogno di interazione sociale e di amicizia, bisogni dell’ego, legati alla consapevolezza delle proprie capacità e all’aspirazione ad un riconoscimento sociale del proprio status; e in fine bisogni di autorealizzazione, riguardano l’aspirazione a un lavoro che realizzi le potenzialità dell’individuo, gratificando la dimensione psicologica e spirituale.Queste cinque categorie sopra raggruppate all'interno di due macro divisioni, quella dei bisogni di ordine inferiore, bisogno fisiologico e di sicurezza, e quelli dei bisogni di ordine superiore, bisogni sociali dell'ego e di autorealizzazione.I termini inferiore e superiore non stanno a indicare la minore o il maggiore importanza dei bisogni, ma il fatto che i bisogni fisiologici e di sicurezza sono quelli che accomunano tutte le persone, sono bisogni la cui soddisfazione è fondamentale per l’esistenza stessa e perciò hanno la precedenza su tutti gli altri. Regole e presupposti:- Un bisogno non soddisfatto rappresenta un elemento motivante e quindi utilizzabile per stimolare un individuo a svolgere un compito, nel caso in cui questo consentirà di soddisfare quel bisogno; una volta che il bisogno è stato soddisfatto perde la sua forza motivante e quindi non è più forte dimotivazione. I dirigenti dovranno prestare attenzione alla scelta dei metodi degli strumenti in grado di motivare i lavoratori, a fronte di bisogni emergenti e non ancora soddisfatti.- Non è possibile saltare da un gruppo di bisogni ad un altro è possibile soddisfare i bisogni di un livello soltanto se si sono soddisfatti quelli del livello inferiore e processo continua fino alla allo stadio della autorealizzazione, ovvero la piena realizzazione delle potenzialità individuali.La teoria motivazionale di Maslow si sottopone a diverse critiche nelle quali evidenziano che i bisogni sono differenziati a seconda dei soggetti quindi ogni individuo ha la sua scala inoltre secondo Alderfer la classificazione è considerata troppo rigida (cinque categorie).

LA TEORIA ERC ALDERFERLa teoria ERC stilata da Alderfer nel 1969, consiste in una classificazione dei bisogni in 3 principali categorie, i bisogni esistenziali, i bisogni di relazionarsi e di crescita.In questa classificazione viene meno il concetto di gerarchizzazione, infatti il bisogno può essere motivante anche se quello di ordine inferiore non è soddisfatto, inoltre l'individuo può nnche essere motivato da più bisogni contemporaneamente. La teoria di Alderfer comporta le seguenti implicazioni, innanzitutto i bisogni inferiori possono comunque essere motivati anche se quelli superiori non sono o non possono essere soddisfatti, inoltre i bisogni soggettivi sono influenzati dalle differenze culturali e

Page 45: Riassunto cafferata

individuali e possono variare nel tempo in base alle circostanze esterne ed allo stadio di vita dell'individuo.

TEORIA DELLA MOTIVAZIONE IGIENE HERZBERGHerzberg si ricollega indirettamente a Maslow neltentativo di individuare i legami esistenti tra lavoro e motivazione al lavoro. Sottolinea, in particolare, l’importanza che l’individuo attribuisce allo sviluppo delle proprie potenzialità.L’organizzazione orientata allo sviluppo delle persone si pone come obiettivo anche il miglioramento di quegli elementi che piùcontribuiscono alla motivazione individuale. Dagli studi condotti da Herzberg e colleghi nel 1959, volti ad indagare il modo in cui si sviluppano i bisogni di stima e di autorealizzazione, si evidenzia che vi sono due tipi di fattori che incidono sull’insoddisfazione e sulla soddisfazione del lavoratore. I fattori detti igienici come la retribuzione, le condizioni di lavoro o le relazioni interpersonali,

che non sono direttamente motivanti, ma se restano insoddisfatti inducono malcontento e demotivazione.Rientrano in questo gruppo la supervisione tecnica da parte dei superiori, le politiche e l'amministrazione dell'azienda, le condizioni di lavoro (orario, riposo settimanale, stipendio), le relazionicon i superiori, i pari ed i subordinati, lo status, la sicurezza del lavoro e gli effetti sulla propria vita personale. I fattori igienici sono in grado di ridurre l’insoddisfazione, ma per ottenere una motivazione più durevolebisogna agire su quelli che Herzberg chiama fattori motivanti come le opportunità di carriera, le responsabilità, il riconoscimento, la crescita professionale, il contenuto del lavoro, la soddisfazione, ecc. che contribuiscono più direttamente alla motivazione lavorativa e soddisfano bisogni di livello superiore.Quando le persone si pongono obiettivi di motivazione, attivano processi di effettiva crescita psicologicavolta alla ricerca di realizzazione,riconoscimento, riconoscimento personale e miglioramento nella gestione di responsabilità. Diversamente, quando gli individui sono orientati a conseguire obiettivi di igiene, cercheranno di concretizzare buoni livelli retributivi, buone condizioni fisiche di lavoro e coerenti relazioni interpersonali. E’ evidente che permane il problema di individuare correttamente da un lato i bisogni specifici delle persone e, dall’altro, di attuare le condizioni organizzative che favoriscono il soddisfacimento di tali bisogni. Condizioni organizzative ideali per questo obiettivo, secondo Herzberg, sono: 1) Il continuo aggiornamento e allargamento delle conoscenze legate ai contenuti di lavoro di ciascuno.2. Accettazione degli aspetti creativi e innovativi dei diversi comportamenti legati al raggiungimento degli obiettivi; 3. Allargamento dell’area di responsabilità individuale e aumento di consapevolezza dei contenuti discrezionali di tale responsabilità; 4. Aumento della capacità di prendere, di assumere rischi, di programmare attività coerentemente con quanto richiesto dalla mansione;5. Creazione di un clima atto a conseguire una reale crescita psicologica al di là dei legami che ciascuno ha con i gruppi di lavoro e con l’organizzazione nel suo complesso.

LA TEORIA DELLA MOTIVAZIONE AL SUCCESSO MCCLELLANDMcClelland (1985) postula la presenza di tre bisogni fondamentali, il successo (achievement), il potere (power), affiliazione (affiliation), che operano contestualmente in ogni persona, anche se uno dei tre è particolarmente rilevante rispetto agli altri.

Page 46: Riassunto cafferata

Il bisogno di successo, condiziona le performance individuali, è caratterizzato da una forte spinta verso la riuscita, l’assunzione di responsabilità personali, l’accettazione di moderati livelli di rischio, la preferenza per il lavoro individuale ed il bisogno di feedback e valutazione delle prestazioni.Il bisogno di affiliazione sollecita comportamenti di accettazione e amicizia e di cooperazione e contribuisce a sviluppare il senso di appartenenza. Le persone in cui emerge questo bisogno preferisconoil lavoro di gruppo e mostrano un moderato interesse ai riconoscimenti professionali e sono più attente alprocesso di lavoro e poco al risultato. Il bisogno di potere si manifesta con esigenze di controllo ed influenza, facilmente stimola la competizione, ma costituisce spesso uno strumento di evoluzione dell’organizzazione. La rilevanza di uno dei bisogni spinge la persona ad attuare comportamenti adeguati al soddisfacimento del suo bisognoe, parallelamente, tenderà ad attribuire valore a situazioni che, anche indirettamente, contribuiscono alla soddisfazione del medesimo bisogno. McClelland poi evidenzia il valore delle esperienze passate nella determinazione del comportamento di avvicinamento/allontanamento da uno stimolo specifico. L’intensità di una tendenza all’avvicinamento dipende anche dalla percezione della raggiungibilità dell’incentivo connesso, inteso come caratteristica stabile dell’ambiente in grado di attivare emozioni negative o positive. “Quando una varietà di segnali è costantemente associata ed attiva una specifica classe di incentivi, si può considerare formato un motivo.”

LA TEORIA DELLA CRESCITASecondo D. McGregor esistono due gruppi di individui a cui corrispondono due diversi tipi di management che prendono il nome di Teoria X e Teoria Y.Il primo gruppo, detto Teoria X, corrisponde alla visione tradizionale della natura umana secondo cui l'uomo è fondamentalmente pigro, poco incline al lavoro, privo di ambizioni e di iniziativa, irresponsabile e avverso ai cambiamenti. La conseguenza inevitabile è che, nell'impresa c’è bisogno di un management che assuma le decisioni e che controlli i propri subalterni. Senza tale intervento gli individui avrebbero un atteggiamento passivo o, a volte, addirittura ostile nei confronti delle esigenze dell'impresa. Da qui la necessità di forme di controllo, di punizione e di meccanismi di incentivazione. In un simile contesto lo stile di leadership da adottare è di tipo autoritario, dove il manager prende tutte le decisioni e fa un ampio ricorso alla coercizione.La Teoria Y, invece, ritiene che le persone non sono per natura passive o addirittura ostili all'impresa: quando ciò accade spesso è la conseguenza delle esperienze vissute in azienda. Le persone, adeguatamente motivate, possono essere inclini al lavoro, capaci di autonomia e di autocontrollo, disposte ad assumersi responsabilità e a ricercarle. Il conseguimento di una ricompensa, in termini di gratificazione e autorealizzazione, può spingere ad impegnarsi sempre più nel conseguimento degli obiettivi dell'impresa.Spetta al management riuscire a motivare, responsabilizzare gli individui, dirigere il loro comportamentoverso i fini aziendali e favorire in essi il riconoscimento e lo sviluppo delle proprie caratteristiche positive. Quindi, il compito principale della direzione aziendale, è quello di realizzare le condizioni organizzative che permettono ai dipendenti di raggiungere gli obiettivi dell'impresa e incoraggiare la loro crescita.Lo stile di leadership da adottare è quello democratico: il manager si riserva l'assunzione delle decisioni di maggiore importanza, ma delega agli altri quelle meno rilevanti, può anche coinvolgere il personale incitandolo a proporre idee e soluzioni anche per le decisioni di maggior rilievo.Le due teorie, quella X e quella Y, appaiono tra loro contrapposte, ma esprimono il diverso comportamento che il lavoratore può avere a seconda dell'ambiente di lavoro e delle scelte del management. Per questo, secondo McGregor l'ambiente è estremamente importante poiché esso ha un ruolo decisivo sulle persone.

CHRIS ARGYRISUn'ulteriore elaborazione fu prodotta da Chris Argyris che definì la coesistenza all'interno del lavoro di bisogni personali dei lavoratori e di bisogni dell'organizzazione e che i lavoratori danno la preminenza al

Page 47: Riassunto cafferata

soddisfacimento dei propri bisogni. Nelle situazioni in cui i due ordini di bisogni non coincidono, o sono addirittura in contrasto, si creano situazioni di conflitto, di tensione, di insoddisfazione. Per questo motivosecondo Argyris occorre che l'organizzazione sostenga la possibilità per i lavoratori di soddisfare i propri bisogni di ordine superiore e che sia realizzata una direzione ispirata alla teoria Y, poiché è l'unico modo per promuovere la crescita professionale ed umana del lavoratore. Gravi sarebbero, infatti, le conseguenzenel caso in cui in presenza di lavoratori con personalità mature, fosse realizzata una direzione di carattere prescrittivo, autoritario, rigido e punitivo, in quanto porterebbe alla passività, alla dipendenza, alla frustrazione ed alla insoddisfazione professionale. Per questo motivo occorre coniugare lo stile direttivo alle caratteristiche del lavoratore valorizzandone i talenti, gli interessi e le abilità: solo così la crescita della persona si coniuga ad un aumento della produttività del lavoratore e anche l'organizzazione ne trae beneficio.

LA TEORIA DELL'EQUITA' ADAMSIn questa teoria si studia la relazione tra i risultati che il lavoratore vorrebbe ottenere con l'attività lavorativa, e le competenze, le conoscenze e l'impegno che infonde nel suo lavoro. In questo caso risulta fondamentale la percezione del lavoratore tra la sua proporzione e quella invece di un altro suo collega. Secondo questa teoria, si possono generare due tipi di iniquità, un'iniquità positiva e una negativa. L'iniquità positiva si ha quando il rapporto personale tra i lavoratori percepito dal lavoratore risulta migliore rispetto alla percezione del proprio collega di lavoro, mentre l'iniquità è negativa quando il rapporto personale percepito dal lavoratore risulta peggiore di quello invece percepito da un suo collega.In seguito, Cropanzano e Colquitt in seguito, approfondirono questi studi, denominati giustizia organizzativa, riuscendo a distinguere una equità distributiva, un'equità procedurale e un'equità di interazione.

LA TEORIA DELL'ASPETTATIVA E DEL VALORE VROOMLa teoria sull'aspettativa e il valore venne stilata dallo studioso Vroom nel 1964, questi studi fanno riferimento alla capacità dell'individuo di anticipare le possibile conseguenze del proprio comportamento in ambito lavorativo, la motivazione al lavoro quindi si aziona in base agli obiettivi che il lavoratore si è prefissato di raggiungere. Vroom inoltre sostiene come la motivazione non è altro che la scelta da parte del lavoratore della quantità di energia da impiegare in una determinata situazione lavorativa, in relazionea quello che si potrebbe ottenere con lo svolgimento di quella particolare mansione.Possiamo quindi dire che la motivazione è data dalla moltiplicazione tra aspettativa e incentivo.La motivazione del lavoratore, secondo Vroom è generata da tre fattori scatenanti, l'aspettativa, che riguarda la convinzione che un certo sforzo possa portare a un determinato livello di prestazione, la strumentalità, riferita al rapporto tra causa e effetto tra prestazione e risultato, e il valore che può esserepositivo o negativo in base ai risultati, che rappresenta il grado di soddisfazione soggettiva relativa alla scala dei bisogni dell'individuo. Un ulteriore contributo a questa teoria venne dato dallo studioso Fontana che nel 1997 definì tre assiomi relativi alla scelta occupazionale, alla soddisfazione del lavoro e alla performance, La scelta occupazionale consiste nella forza che spinge un individuo a scegliere un'occupazione, questo valore si ottiene quindi moltiplicando la valenza dell'occupazione per la probabilità di ottenere tale occupazione. La soddisfazione del lavoro consiste nella propensione nel rimanere nello stesso posto di lavoro, tale valore viene definito dalla moltiplicazione tra valenza del lavoro per la probabilità soggettiva di mantenerlo per più tempo possibile.In fine abbiamo la performance, che consiste nella forza necessaria ad eseguire un determinato lavoro o una particolare mansione, corrisponde alla moltiplicazione tra la valenza dei diversi livelli di performanceper le diverse probabilità di conseguire tali performances.

L'ORGANIZZAZIONE INNOVATIVADa sempre al concetto di innovazione si associa la critica all'eccessiva burocratizzazione o alla lentezza e inadeguatezza delle strutture e delle procedure, si deve però fare attenzione, infatti si rischia di scivolare nel caos, è necessario quindi gestire l'innovazione, affinchè permetta all'organizzazione di evolversi nel modo migliore.

Page 48: Riassunto cafferata

LA VISIONE CONDIVISA E LEADERSHIPL'innovazione riguarda principalmente l'apprendimento e il cambiamento ed è spesso destabilizzante, costosa e rischiosa. L'innovazione ha infatti bisogno di energia per superare questa inerzia e di determinazione per appunto cambiare determinate situazioni. Fondamentale per una corretta innovazione è il ruolo della leadership, che deve essere in grado di attuare strategie e fare opportune scelte al fine di cambiare la visione dell'organizzazione in positivo. Per avere un'innovazione di successo infatti l'alta direzione deve notevolmente impegnarsi, accettando anche il rischio derivante dalle sue scelte, in quanto strategie sbagliate potrebbero far si che l'innovazione generi un insuccesso.

LA STRUTTURA APPROPRIATALa struttura è un altro elemento determinante per il successo dell'innovazione, innanzitutto è necessario creare un contesto organizzativo circostante che permetta alla strategia di applicarsi in maniera efficace e di portare quindi il giusto grado di innovazione nel sistema. A tal proposito, numerosi sono stati gli studiosi che hanno cercato di individuare la struttura organizzativa più appropriata al fine di rendere l'innovazione un successo. Burn e Stalker ad esempio hanno delineato le caratteristiche di quelle che possono essere definite come organizzazioni organiche e organizzazioni meccanicistiche. Le organizzazioni organiche sono ambienti adatti alle situazioni in rapido cambiamento, mentre le organizzazioni meccanicistiche sono più adatte a situazioni stabili. Altre ricerche indicano che maggiore èl'incertezza e la complessità dell'ambiente, maggiore è il bisogno di strutture e processi gestionali flessibili, questo in parte spiega perchè alcuni settori a crescita veloce sono spesso caratterizzati da forme organizzative più organiche, mentre le industrie mature spesso indicano strutture più meccanicistiche. Gli studi effettuati da Lawrence e Lorsch hanno preso in analisi l'innovazione di prodotto, affermando che peressere un'organizzazione di successo, le industrie mature, come quelle del settore alimentare devono disporre di strutture sufficientemente differenziate e integrate, al fine di aumentare la soddisfazione del settore.Concludendo, nessuna strategia volta all'innovazione può funzionare se non è supportata da un'idonea struttura organizzativa, il bilanciamento tra la strategia e la struttura è una condizione utile alla realizzazione efficace ed efficiente dell'obiettivo innovativo.

INDIVIDUI CHIAVE L'individuo chiave è colui che è disposto a sostenere l'idea innovativa, con l'energia e l'entusiasmo necessari per diffonderla all'interno dell'organizzazione. Spesso a famose innovazioni sono state affiancate delle figure chiave che possono essere la fonte della conoscenza critica, cioè l'inventore o il capo team responsabile dell'operazione, capace anche di risolvere le varie problematiche legate al processo innovativo intrapreso. Il ruolo dell'organizzazione è fondamentale, infatti è grazie al suo operato che l'innovazione può progredire, spesso infatti si presentano problemi di natura non tecnica, come la raccolta dei fondi necessari alla realizzazione del progetto innovativo, da questo principio emerge il secondo ruolo chiave, lo sponsor organizzativo. Il ruolo dello sponsor organizzativo è spesso ricoperto da una persona che di solito detiene il potere, ha una certa influenza ed è capace di tirare i fili dell'organizzazione, ma che non necessariamente ha una conoscenza tecnica dell'operazione, ma in ogni caso deve necessariamente crede fermamente nel progetto. Grazie alla sua attività lo sponsor è in grado dirimuovere gran parte dei problemi e degli ostacoli differenti da quelli prettamente tecnici. Un esempio di figura chiave ci viene dal Giappone, precisamente dall'Honda dove troviamo lo shusha, o caposquadra che ha l'autorità di passare per quei progetti, anche sopra le scelte del direttore generale. Fondamentale in questo processo è che le informazioni e le comunicazioni tra i vari settori del progetto avvengano in maniera efficiente, a tale scopo nasce la figura del guardiano della tecnologia, che ha appunto il compito di permettere un facile scambio di informazioni.

ADDESTRAMENTO E SVILUPPOLa capacità di un'organizzazione di fare un miglior uso di una nuova tecnologia o di realizzare prodotti innovativi, dipende in larga parte dalla conoscenza e dalle abilità di coloro che sono coinvolti nell'attuazione di queste innovazioni. L'addestramento e lo sviluppo sono anche componenti essenziali permettere le persone in grado di assumersi maggiori responsabilità e di dimostrare maggiore iniziativa, i

Page 49: Riassunto cafferata

cosiddetti esercizi di empowerment. L'addestramento risulta fondamentale per permettere all'innovazione di essere recepita anche da quegli individui che non sono particolarmente propensi ai cambiamenti, ad esempio quando si innova all'interno del processo produttivo inserendo un calcolatore, è fondamentale effettuare un adeguato piano di addestramento proprio per evitare malumori e attriti tra il personale, è necessario quindi investire nell'innovazione e quindi nel nuovo macchinario, ma anche nell'addestramento. La scoperta e la condivisione continua di nuova conoscenza, permette alle innovazioni di essere accettate in maniera più facile e con meno problematiche possibili. La learning organizzation ha proprio il compito di permettere ai dipendenti di sapere il modo migliore per apprendere,anche attraverso corsi non prettamente inerenti all'ambito lavorativo, ma che aiutano i dipendenti a individuare il modo più idoneo per imparare.IL COINVOLGIMENTOUn altro elemento che caratterizza un'organizzazione innovativa è il coinvolgimento nell'innovazione.Anche se l'innovazione spesso è vista come una materia di competenza di esperti, ingegneri e progettisti, in realtà il successo di una innovazione, dipende anche dall'attività dei soggetti che fanno parte dell'intera organizzazione, anche di coloro che all'apparenza non sembrano utili al progetto. L'intervento di soggetti esterni al progetto, attraverso opinioni o suggerimenti, permettono di innalzare notevolmente la qualità del prodotto finale. Un esempio di coinvolgimento ci viene dato dal sistema per lo sviluppo prodotti chiamato oobeya, utilizzato dalla toyota. L'oobeya, che significa ufficio aperto permette di mettere insieme persone che provengono da tutta l'azienda una volta al mese per due anni, affinchè si possano condividere le informazioni e discutere su come poter migliorare il prodotto, diminuire i costi e gli errori e semplificare la produzione. Altre aziende invece raccolgono i suggerimenti provenienti dai collaboratori, ricevendo un suggerimento da ognuno di loro ogni settimana e attribuendo un premio ai collaboratori con rendimenti più elevati e costanti.

IL LAVORO IN TEAMIl lavoro in squadra facilita sia l'efficienza che l'innovazione, permette una maggiore comunicazione dei soggetti che riescono a comunicare in modo più efficace e a condividere più facilmente le idee. Un esempio tipico è quello della boeing che ha impiegato circa 250 team per realizzare il modello 777, alcuniteam sono stati creati per particolari parti dell'aereo, come la cabina, i motori, o sono stati creati per servire specifici clienti.IL CLIMA CREATIVOUn'organizzazione per dirsi innovativa deve necessariamente aver sviluppato un'apposita cultura, che consiste in un insieme di idee credenze e valori che permettono all'azienda di attuare in maniera corretta ilprocesso innovativo. Il clima creativo però può essere ostacolato da diversi fattori, infatti la cultura è limitata quando l'organizzazione è predominata da relazioni verticali restrittive, da scarse comunicazioni trasversali, da risorse limitate ecc.BPR TQMIl bpr rappresenta la capacità dell'organizzazione di innovare radicalmente i suoi processi, mentre il Tqm rappresenta la capacità di gestire tali processi e innovarli non in modo radicale ma in modo incrementale.Il bpr sta per ridisegno dei processi di business, utilizza determinate leve tecnologiche per migliorare notevolmente la performace attraverso un'integrazione trasversale tra sistemi informativi e risorse umane e organizzative, un esempio tipico di innovazione è il passaggio da una struttura verticale a una orizzontale, con dipendenti che operano su particolari processi in gruppi anziché essere separati in unità separate e autonome. Relativamente al tqm, assistiamo a un miglioramento di tipo incrementale cioè a piccoli passi relativi all'emersione di piccoli aspetti del processo che non aggiungono valore e che vanno quindi eliminati, un esempio tipico di cambiamento incrementale è la creazione di un team di vendita all'interno dell'unità di marketing.

LA LEADERSHIP LA FUNZIONE DI INTEGRAZIONEPer leadership si intende il processo mediante il quale un soggetto, attraverso particolari caratteristiche e doti, riesce a influenzare un altro soggetto. Il soggetto può essere individuale o un gruppo. Nel concetto dileadership si evidenzia una relazione tra due soggetti, uno detto leader e uno detto follower, il leader è quel soggetto che applica un processo di influenza modificando il comportamento di un altro individuo, il

Page 50: Riassunto cafferata

follower per l'appunto. Partendo da una visione Barnardiana del concetto di leadership si evidenza la funzione dell'integrazione che ha il compito di coordinare le parti sistemiche differenziate, favorendo il raggiungimento degli obiettivi inerenti al fine generale da perseguire. Questa funzione inoltre controlla che le stesse parti non disperdano le loro energie, siano cioè produttive relativamente agli standard. Sempre con riferimento al pensiero Barnardiano, possiamo individuare in questa prospettiva due dimensioni, la dimensione impersonale e la dimensione personale. La dimensione impersonale non dipende dal soggetto deputato ad essere leader proprio perchè impersonale, e fa riferimento alla creazionedi un sistema complesso di comunicazioni efficienti, che si ottiene attraverso le regole, la progettazione dell'architettura e dei meccanismi di burocratizzazione nonché una maggiore fluidificazione delle comunicazioni. Il sistema personale fa invece riferimento alla figura del leader e consiste nella capacità di aggregare le variabili umane, convogliandole verso il fine comune dell'azienda, caratteristiche tipiche del leader sono la moralità e la creatività. La moralità consiste nella capacità di distinguere i fini personali dai fini aziendali, mentre la creatività è la capacità di creare consenso attorno a un determinato fine. Gli studi relativi al concetto di leadership si dividono principalmente in tre filoni, abbiamo degli studi riconducibili ai fattori personali, altri che si rifanno ai fattori ambientali, e un ultimo raggruppamento relativo ai fattori di cambiamento.

FATTORI PERSONALI: L'APPROCCIO INNATISTASecondo questa teoria, le caratteristiche intrinseche che rendono un soggetto il leader, sono tutte capacità innate cioè che appartengono a quel soggetto per natura. Questo approccio si basa sulla teoria del grande uomo, quindi la leadership si può esprimere solo in quanto una persona possiede precise qualità legate appunto alla sua personalità. Esistono diversi tratti della personalità che se posseduti da un individuo possono generare un leader, come ad esempio l'intelligenza, l'energia, la dominanza, la stabilità emotiva, l'onestà e l'integrità, e il bisogno di ottenere dei risultati. Esistono comunque dei limiti, in questo approccio infatti si riscontra una scarsa attenzione alle caratteristiche dei follower e del contesto in cui la leadership viene espressa, infatti escludere il carattere ambientale, concentrandosi solo sulla figura del leader rappresenta il limite principale a questo approccio.

FATTORI PERSONALI: L'APPROCCIO COMPORTAMENTISTASTILI DI LEADERSHIPIn questa teoria rientrante sempre nella categoria del fattore umano, si pone l'attenzione sui comportamenti del leader che a differenza delle qualità personali possono essere oggettivamente osservabili. Studiosi come Lewin, Lippitt e White, concentrarono i loro studi su gli stili di leadership in grado di influenzare il comportamento dei follower o comunque delle persone che nella loro mansione hanno a che fare con il leader. Gli stili di leadership più importanti sono lo stile autoritario, lo stile democratico e lo stile lassez faire. Nello stile autoritario, il leader prende le decisioni senza ascoltare il parere dei suoi collaboratori, nello stile democratico invece avviene uno scambio equilibrato di informazioni tra il leader e i followers, mentre lo stile di lassez faire il leader non gestisce nessuna

situazione, non fissa gli obiettivi e non impartisce ordini, creando una situazione di nonleadership. Mcgregor invece attraverso la teoria x e la teoria y, identifica i diversi stili di leadership, l'uno negativo e l'altro positivo, nellateoria x, si identifica l'uomo come un soggetto pigro che per dare dei risultati ha bisogno di incentivi da parte del leader, mentre la teoria y viceversa afferma che il leader non deve ordinare e elargire ricompense, ma deve collaborare per raggiungere lo stesso obiettivo. Gli studiosi Blake e Mouton, evidenziarono come il comportamento del leader deve essere analizzato anche in relazione alla sua efficacia

Page 51: Riassunto cafferata

nel portare a termine un determinato compito o progetto e in base alla qualità delle relazioni che intreccia con i followers o comunque con i suoi collaboratori. A tal proposito Blake e Mouton proposero uno schema a forma di griglia dove venivano evidenziate le varie tipologie di leadership, in relazione all'orientamento del leader alla produzione e o alle persone. Questo schema è composto da due assi, nell'asse verticale troviamo l'intestazione “interesse per le persone” che è un aspetto che predilige la figura del leader mentre nell'asse orizzontale troviamo la dicitura “interesse per la produzione” che invece enfatizza l'efficienza dell'organizzazione. L'interesse potrà essere più o meno rivolto alle persone e più o meno rivolto alla produzione, incrociando queste due assi si formeranno quattro quadranti dove all'interno ho diversi aspetti riguardanti gli stili di leadership. Il primo quadrante in basso a sinistra, prende il nome di gestione povera e prospetta un basso interesse per le persone e un basso interesse per la produzione, in questo caso troviamo un leader indifferente o apaticoche ha pochi contatti con il suo staff e che esegue quel minimo sforzo richiesto necessario a non perdere ilsuo status nell'organizzazione. In alto a sinistra avremo la gestione del Club, con un maggiore interesse per le persone e un minimo interesse per la produzione, in questo caso si genera una premurosa attenzionedei bisogni relazionali in modo da generare un'atmosfera cordiale e una alta qualità del lavoro. In alto a destra troviamo la gestione del team, composta da una maggiore attenzione sia all'aspetto personale che di produzione, dove il conseguimento dei risultati è opera di persone impegnate, con un comune interesse allo scopo dell'organizzazione che genera rapporti di fiducia e di rispetto. In fine, in basso a destra troviamo una maggior propensione verso la produzione e una minore propensione al personale, in questo caso si parla di accondiscendenza all'autorità, in questa ipotesi, il leader è esigente e rigoroso, l'efficienza infatti deriva da condizioni di lavoro che non consentono all'elemento umano di interferire.

FATTORE AMBIENTALI: L'APPROCCIO SITUAZIONALENata dagli studi effettuati da grandi esperti in materia, come French, Stodgill e Cattell, l'approccio situazionale, mette in evidenza come non sono soltanto i tratti tipici del leader a condizionare l'organizzazione e la sua evoluzione, ma anche il contesto, di persone e gruppo in cui il leader si esprime, il successo infatti dipende anche dalle condizioni del gruppo e dagli atteggiamenti dei collaboratori.L'efficacia della leadership è quindi influenzata dal rapporto tra leader e follower, dalle caratteristiche del compito da svolgere e dalla posizione ricoperta dal leader, questi tre aspetti possono comunque limitare l'efficacia della leadership. Secondo l'approccio situazionale, risulta fondamentale personalizzare la leadership il più possibile, combinando anche vari stili, aumentando anche la flessibilità del leader.Ulteriori studi affrontati da Danserau, specificarono come il fattore situazionale più rilevante è il singolo follower e non l'intero gruppo, si evidenzia così la cosiddetta leadership personalizzata, dove il processo che porta all'emergere della leadership parte da un singolo individuo. Per migliorare le performance di leadership, in questo caso, il leader deve creare un rapporto preciso con ogni singolo follower alimentando così un circolo virtuoso. L'attivazione di questo processo implica la considerazione di alcuni elementi, quali il tempo che si passa con il superiore, l'interazione diretta e singola, la ricerca di aiuto, del supporto sociale, la difficoltà di veder soddisfatti bisogni particolari da parte del leader e le differenze conil leader. Meindl invece enfatizza il concetto del mito della leadership, dove il leader viene generato da un processo di costruzione sociale da parte dei seguaci, a prescindere dal leader stesso. Questo processo siautogenera in particolari situazioni di crisi e di incertezza.Vroom si focalizza invece su alcuni fattori del contesto relative alle caratteristiche decisionali che il leader affronta, mettendoli in relazione con lo stile di leadership autoritario e partecipativo, in questo casoil leader deve utilizzare uno stile di leadership ben definito e in linea con gli obiettivi aziendali, adattandolo ai diversi momenti e situazioni che deve affrontare durante la realizzazione del progetto.Concludendo, tutte le teorie appena analizzate hanno il pregio di far risaltare la necessità del leader di rispondere in maniera adeguata alle varie situazioni che si troverà ad affrontare, ma vi sono comunque deilimiti, infatti porre troppa enfasi al contesto potrebbe sminuire l'importanza delle caratteristiche personali del leader.FATTORI AMBIENTALI: APPROCCIO TRANSAZIONALEL'approccio transazionale, venne ideato da Hersey e Blanchard deriva dalla prospettiva situazionale e pone in evidenza l'interazione dinamica tra il leader e la situazione nel suo complesso e quindi la situazione delle persone, del gruppo e dell'ambiente. Gli stili di leadership secondo l'approccio transazionale, risultano dalla combinazione di due possibili atteggiamenti del leader, cioè la guida e il

Page 52: Riassunto cafferata

sostegno, in relazione al grado di maturità dello staff. Da questa relazione possiamo individuare quattro diversi stili di leadership, prescrivere, vendere, coinvolgere e delegare. Quando all'interno del team, troviamo un leader incapace, incompetente e riluttante, sarà importante applicare lo stile del prescrivere, con un'elevata direzione e poche relazioni, con un'alta guida e un basso sostegno. Se invece il leader è incapace, ma disponibile lo stile più adeguato è quello del vendere, dove si afferma la condivisione delle decisioni, nonché un alta guida e un alto sostegno. Se il livello di maturità risulta invece medio alto, cioè con un leader capace, competente ma riluttante, lo stile più adeguato sarà quello del coinvolgere, cioè non direttivo ma a sostegno psicologico, caratterizzato da un alto sostegno e bassa guida.

FATTORI DI CAMBIAMENTO: APPROCCIO CARISMATICOTra i principali fautori della leadership carismatica abbiamo certamente Weber, il quale nel 1947 definì ilcarisma come un lato speciale della personalità posseduto solo da pochi soggetti che conferisce poteri eccezionali al di fuori dell'istituzione e spesso anzi in opposizione ad essa.Lo studioso Etzioni nel 1961 invece aggiunge nuovi elementi alla teoria precedentemente illustrata, secondo questo studioso infatti la leadership carismatica si può sviluppare anche all'interno delle organizzazioni e afferma che questa fa riferimento all'abilità di un soggetto ad esercitare una diffusa e intensa influenza sugli orientamenti normativi di altri soggetti. Nel 1976 si sviluppò un nuovo concetto: lanew leadership paradigma ideata da House, il quale affermava che i leader carismatici hanno delle caratteristiche uniche che influenzano i followers i quali accettano in maniera incondizionata la supremazia del leader e obbediscono in maniera assoluta alle sue direttive. Il carisma del leader ha anche una forte influenza sul coinvolgimento dei followers verso gli obiettivi da lui selezionati. House individuametaforicamente il carisma come il fuoco, il leader come la scintilla, i followers come materiale infiammabile e l'ambiente favorevole come l'ossigeno. Solo la giusta combinazione di tutti questi elementi può rendere efficiente l'intero processo. Da queste metafore si evince come il leader deve agire come una persona competente, deve elaborare finalità etiche e deve coinvolgere verso gli obiettivi collettivi, deve sacrificarsi e correre eventuali rischi e deve avere elevate aspettative rispetto ai suoi collaboratori. Di conseguenza i followers devono essere remissivi e dipendenti, devono seguire gli stessi obiettivi del leader e devono dimostrare un orientamento normativo e non pragmatico. L'ambiente più consono al leader carismatico è senza dubbio quello con una elevata incertezza.

FATTORI DI CAMBIAMENTO: LA LEADERSHIP TRASFORMAZIONALEIl concetto di leadership traformazionale fu coniato dallo studioso Downton , il quale affermava che il leader è colui che opera sulla motivazione dei suoi followers al fine di raggiungere gli obiettivi comuni. Secondo Downton il termine trasformazionale fa riferimento alla capacità del leader di mettersi in collegamento con gli altri, cercando un legame tale da far aumentare il livello di motivazione e di moralità dei suoi followers. A differenza della leadership transazionale, la leadership trasformazionale eleva ed elabora gli obiettivi facendoli aumentare di livello e non puntando al loro semplice conseguimento così come nella seconda leva. Inoltre La leadership trasformazionale attua solo piccole modifiche nelle organizzazioni, mentre la seconda permette mutamenti importanti nelle organizzazioni.Questa teoria venne ulteriormente approfondita da Bass il quale colloca la leadership trasformazionale, transazionale e del laissez faire in un continuum, mentre Tichi e Devanna nel 1990 videro il cambiamentodi un'organizzazione come un dramma sviluppatosi in tre fasi, nella prima fase abbiamo un riconoscimento dell'esigenza di rivitalizzazione, cioè la necessità nella modifica dell'assetto organizzativo perchè ad esempio i nostri competitors hanno innovato le tecnologie e operano in modo più efficiente. La seconda fase consiste nella creazione di una visione, che significa creare un modo di vedere la proiezione organizzativa in un contesto di cambiamento, si vanno a creare quindi processi in linea con le previsioni della prima fase. L'ultima fase è l'istituzionalizzazione del cambiamento, che significa mettere il sistema in regime e quindi creare quel nuovo meccanismo per far entrare l'organizzazione in una modalità ordinaria, cioè il processo di cambiamento diventa istituzionalizzato.Nadler e Tushman pongono invece l'accento sull'istituzionalizzazione del cambiamento nel team direzionale quindi a un livello più elevato rispetto a quello operativo.

DIFFERENZA TRA MANAGER E LEADER

Page 53: Riassunto cafferata

Questi due ruoli non sempre coincidono, infatti il manager assume un ruolo di comando non necessariamente di guida, usa il potere gerarchico che deriva dal ruolo e dalla posizione occupata, si occupa del funzionamento operativo delle attività e dei processi, svolge attività di direzione aziendale mediante il coordinamento e la supervisione, persegue gli obiettivi aziendali e garantisce la complessità delle attività economico-aziendali. Il leader invece non è legato da particolari posizioni gerarchiche, può esistere anche nei livelli inferiori della piramide organizzativa, svolge attività di integrazione tra i partecipanti e le parti, ha una visione ampia del proprio operato, cura gli aspetti interpersonali del lavoro eha il compito di orientare e motivare le persone verso il fine stabilito dell'organizzazione.