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10-‐4-‐2008. IL TIBET -‐ Il LAMAISMO – LA STORIA VIVIANA VIVARELLI Prima parte Storia -‐ Buddhismo e religione Bon – Le predizioni -‐ L’invasione cinese -‐ Il Dalai Lama Viviana Vivarelli Storia Buddha nasce nel VI secolo a. C (la tradizione parla del 570) in una regione dell’India del nord, che ora e’ del Nepal, e predica il suo pensiero peregrinando nell’India settentrionale, nella pianura del Gange .Siddharta Gautama Sakyamuni era di casta Kchatrya , principe, induista e nell’Induismo cresce e trova una profonda tradizione di conoscenze pregresse. Il Buddhismo si diffonde in India, ove diventa anche religione dominante (insieme con il Jainismo suo contemporaneo) a partire dal 300 AC con l’imperatore ASHOKA che inizia a diffonderlo nei paesi confinanti e lontani . Il Buddismo si diffonde in maniera immensa . Strabone Greco e Megastene parlano di centomila greci buddisti ( e probabilmente jainisti) dopo il ritorno delle truppe di Alessandro Magno – E’ molto probabile che l’ondata di filosofia buddista sia stata molto ben conosciuta in medio oriente . Si stanno trovando grotte buddiste in Turchia. Il Buddismo in India ove resta prevalente insieme a l’Induismo e crea immensi e bellissimi siti architettonici tuttora visitabili , perde intensità dal 500 DC in poi venendo addirittura reintegrato all’interno dell’Induismo, e verso il 1200 viene allontanato prepotentemente dall’invasione islamica. Continua la sua vita in Asia ove ogni comunità o etnia sviluppa una propria forma di buddismo al contempo simile e differente. Sembra ci siano circa 16000 buddità geografiche nel mondo. Nel Tibet si unisce a una preesistente religione a carattere magico sciamanico. Intorno al 760 d.C. il Tibet aveva avuto un grande re che domo’ l’aristocrazia la quale appoggiava la religione BON e protesse invece il Buddhismo. La storia del Tibet mostra continui attacchi cinesi e mongoli. I Cinesi sono sempre stati i nemici secolari dei Tibetani e hanno sempre cercato di assimilarli. I re successivi si dilaniarono in guerre di religione, proteggendo il Buddhismo contro i nobili e la religione Bon; in questa guerra civile la monarchia tibetana si dissolse lentamente mentre crebbe il peso dell’elemento religioso-‐monastico, finche’ verso il 1000 il riformatore indiano Atisa, con la protezione del re, diffuse il Buddhismo in tutto il paese e un po’ per volta la societa’ tibetana prese un carattere teocratico, mentre aumentava l’importanza dei grandi monasteri spesso in lotta tra loro, con abati sempre piu’ potenti. I Cinesi continuarono i loro attentati contro il paese, che divenne per un certo tempo protettorato mongolo. Alla fine il Buddhismo da sistema filosofico divenne chiesa ufficiale, con un governo insieme spirituale e temporale, una TEOCRAZIA, la piu’ grande del mondo, in cui i lama piu’ alti gestivano anche il potere temporale oltre a quello spirituale. Lontano da tutto il mondo e in perfetto isolamento, il Tibet elaboro’ una straordinaria forma politica, affidando il governo locale agli abati dei grandi monasteri e quello centrale al Dalai Lama nella capitale Lhasa. Il Buddhismo nasce con l’intenzione di alleviare il dolore umano e parla costantemente del dolore, il Lamaismo o Buddhismo tibetano si presenta come una religione piu’ serena. In un’Asia dilaniata da continue guerre i Tibetani hanno avuto per mille anni un governo pacifico, praticando la non violenza. Il Dalai Lama La loro guida e’ il DALAI LAMA = ‘Oceano di saggezza’ o ‘Gemma splendente’, considerato il Buddha vivente, incarnazione umana del Buddha della compassione, poiche’ si crede che il Buddha ritorni sulla terra, finche’ ci sara’ vita umana, per aver cura di tutte le cose viventi, amarle e averne compassione. “Finche’ una cosa vivente avra’ respiro, li’, in compassione, apparira’ il Buddha.”
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“Possa io essere una porta, una nave, una barca per coloro che vogliono attraversare l’acqua” “Liberero’ coloro che non sono liberati affranchero’ coloro che non sono affrancati e portero’ gli esseri viventi nel Nirvana” Si pensa che il Buddha rinasca ogni volta in un bambino che viene individuato in base a caratteristiche astrologiche e a certi segni sul corpo, egli sara’ in grado di riconoscere come suoi alcuni oggetti che furono del Dalai Lama precedente. Viene cercato seguendo le visioni che i Lama ricevono, focalizzando la loro attenzione superiore nelle limpide acque dei laghetti di montagna. Ogni volta che un capo spirituale muore, comincia la ricerca del successore e dopo qualche tempo si trova il nuovo bambino in cui il Lama si e’ incarnato, il bambino viene portato a Lhasa ed educato per il suo ruolo. Nel 1933 e’ morto il 13° Dalai Lama, e 4 anni dopo e’ stato trovato il nuovo bambino, il Dalai Lama attuale, Tenzin Gyatso, 14° incarnazione del Buddha della Compassione. Ci sono molte storie su questo bambino che nacque senza piangere, disse di essere il capo supremo, voleva stare seduto a capotavola e avere piu’ importanza del padre, chiedeva sempre di essere portato a Lhasa e seppe riconoscere tra altri oggetti mostrati dai monaci il rosario, la tazza, il tamburello e gli occhiali del defunto Dalai Lama. Due anni dopo il suo ritrovamento, il bambino venne separato dai genitori e portato a Lhasa per essere addestrato ai suoi nuovi compiti. Il 13° Dalai Lama un anno prima della sua morte aveva scritto: “Puo’ accadere che qui nel Tibet la religione e il governo vengano attaccati, che i monasteri vengano saccheggiati e distrutti, che i monaci e le monache siano uccisi o cacciati via, diventeremo come schiavi per i nostri conquistatori, umiliati, indifesi, vilipesi, mendicanti. I giorni e le notti passeranno lentamente con grande sofferenza e terrore”. Era una terribile profezia e purtroppo si verifico’ di li’ a poco; mentre ancora il 14° successore era molto giovane e non era stato ancora insediato come Dalai Lama, nel 1949 Mao Tze Tung sali’ al potere in Cina e impose al Tibet dure condizioni, il Tibet rifiuto’ ma i Cinesi lo invasero proclamando che l’esercito di liberazione popolare andava a liberare i propri fratelli tibetani e riportava il paese alla madrepatria, si disse che la popolazione tibetana accettava con estrema gioia questa liberazione ma non fu cosi’. I cinesi erano e rimasero totalmente stranieri alla cultura ufficiale, due mondi che non potevano essere piu’ opposti. Il Tibet era un paese pacifico, con un piccolo popolo formato da monaci o pastori, senza un valido esercito, era un paese inerme, dedito alla religione, non praticava la guerra, non era armato e non pote’ respingere l’esercito cinese. Mando’ i suoi rappresentanti agli altri paesi asiatici ma non vennero ricevuti, chiese all’Occidente, all’Inghilterra, all’America, all’India che la sua indipendenza fosse preservata ma nessuno oso’ contrastare la Cina. Propose all’ONU di prendere atto di questa violazione ma l’ONU se ne lavo’ le mani. L’invasione di questo piccolo popolo pacifico (oggi sono 6 milioni di abitanti) avvenne nell’indifferenza totale del mondo. Il Dalai Lama aveva allora 15 anni. Per 9 anni cerco’ vie diplomatiche, incontro’ Mao Tse Tung e Chu En Lai, chiese aiuto alle potenze mondiali, mendico’ a tutti i governi. Invece di avere aiuto, vide nel 1954 che l’India firmava un accordo con la Cina con cui si asteneva dal ridiscutere l’occupazione militare del Tibet. La Cina intanto prese a modificare il paese con i massacri. In modo brutale pose fine ad una delle culture piu’ importanti e singolari del mondo. Il braccio di ferro tra lo stato piu’ popoloso del mondo e un territorio immenso, inaccessibile e quasi spopolato come il Tibet (un paese grande 2,5 milioni di km che come estensione e’ pari a un quarto della Cina), durava da secoli. Per molto tempo il Tibet aveva mantenuto la sua autonomia sia politica che religiosa, ma i Cinesi posero fine a tutto questo in modo vergognoso e incontrastato. Essi imprigionarono, torturarono e uccisero centinaia di migliaia di Tibetani, stroncando la loro civilta’ e distruggendo la loro cultura. Arrivarono coi carri armati a Lhasa e cominciarono i bombardamenti, si temette che lo stesso Dalai Lama potesse essere ucciso. I consiglieri e lo stesso popolo tibetano lo scongiurarono di mettersi in salvo, il giovane non voleva lasciare il suo paese, ma l’indovino di corte, in trance, parlo’ con la voce dell’ultimo Dalai Lama morto, e il responso fu :”Dove non si puo’ attraversare un grande fiume, non c’e’ guado, non
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c’e’ bassofondo, dove la sola speranza e’ una barca, ma non c’e’ barca, io porro’ una barca. La ‘Gemma che esaudisce i desideri’ splendera’ dall’Occidente”. Il responso diceva che il Dalai Lama doveva fuggire. I Cinesi dichiararono che avrebbero bombardato Lasha e avrebbero preso misure severissime per impedire la fuga. Di nuovo si interrogo’ l’indovino, che in stato di trance scrisse: “Vada, stanotte, vada”, suggerendo di passare travestiti vicino al campo cinese. Cosi’, il 17 marzo del 1950, a 24 anni il Dalai Lama, dopo una rivolta popolare contro i Cinesi tragicamente fallita, segui’ i consigli dell’oracolo e prese la via dell’esilio, per continuare la sua lotta all’estero. Di notte, travestito da soldato, con un manipolo dei suoi, fuggi’, intraprendendo un viaggio penosissimo che duro’ sette mesi, a piedi, attraverso montagne altissime e neve, per erti sentieri, fino al confine dell’India, dove il povero gruppo stremato ebbe accoglienza. Il governo tibetano fu cosi’ trasferito all’estero. Lo stato piu’ ateo del mondo aveva conquistato lo stato piu’ religioso del mondo, nell’indifferenza degli altri paesi. Alcuni monaci avevano tentato di resistere con le armi ma furono trucidati e cosi’ fu per quella parte di popolazione che tento’ di resistere. L’invasione fu terribile e brutale. Monaci e monache furono scherniti, costretti a fornicare per le strade, i bambini furono armati e obbligati a sparare ai propri genitori, seimila monasteri che erano universita’ di sapienza e possedevano tesori artistici e culturali inestimabili furono rasi al suolo dai bombardamenti, un milione di Tibetani uccisi, migliaia incarcerati e torturati, gli antichissimi testi che attestavano una delle culture piu’ importanti del mondo furono bruciati o servirono ai soldati Cinesi per riparare i piedi dal freddo. Comincio’ dalla Cina l’esodo forzato di famiglie cinesi, 40.000 contadini vennero spostati dalla Cina e mandati una delle zone piu’ inospitali e meno agricole del mondo. Il Dalai Lama costitui’ un governo in esilio, nel Buthan, uno staterello himalayano, presso il Tibet, e da allora non ha mai smesso di girare il mondo per chiedere aiuto per il suo popolo ma ogni volta che entra in un paese la Cina minaccia di interrompere i suoi legami commerciali con quel paese e i governi la ascoltano e chiudono le porte. E’ avvenuto anche con Prodi e Berlusconi, e’ avvenuto anche con papa Raztinger. L’ONU per il momento non ha preso nessuna risoluzione per contrastare la Cina ma la causa tibetana sta facendo sempre nuovi proseliti e l’occasione delle Olimpiadi del 2008 in Cina ha dato nuova visibilita’ ai profughi e alla loro causa. Al Dalai Lama e’ stato permesso di accogliere gli esuli nel Buthan, dove egli ha tentato come ha potuto di salvare quello che restava della sua cultura, istituendo scuole dove si riprendono le danze, la musica, il canto, la lingua, gli insegnamenti sacri del Tibet. I principali Lama e centomila Tibetani vivono dunque ora nel Buthan, ma molti hanno preso la via dell’Occidente e hanno fatto cosi’ conoscere la loro cultura agli altri paesi. Come aveva detto l’oracolo “La gemma che esaudisce i desideri risplendera’ in Occidente”. La seconda carica del paese era rappresentata dal Panchem Lama, considerato l’incarnazione di Amithaba. Al tempo dell’invasione, questi era un bambino di 7 anni ma i Cinesi lo deportarono con tutta la sua famiglia e lo sostituirono con un altro bambino che divenne il nuovo reggente, un fantoccio agli ordini dei Cinesi che diresse poi un falso governo per 5 anni, dopodiche’ fu rimosso mentre il Tibet veniva annesso alla Cina con un’occupazione militare intensiva. Morto il primo Panchem Lama per un attacco apoplettico, i Cinesi hanno scelto un altro bambino che e’ in loro potere con la sua famiglia. Da 50 anni il Dalai Lama e’ in esilio e da 50 anni chiede inutilmente alle organizzazioni internazionali di aiutare il suo paese a riavere la sua liberta’ e di permettere a lui e agli esuli di tornare in Tibet. Ma il Tibet non ha petrolio o oro, come il Kuwait, e le potenze occidentali sanno che la Cina e’ un partner da tener buono per i futuri mercati e una potenza che nessuno vuole scontentare, cosi’ gli appelli del Dalai Lama sono rimasti inascoltati. Pero’, grazie a questo esilio, il Buddhismo tibetano si e’ aperto al contatto con l’Occidente. Un tempo nessun visitatore poteva entrare in Tibet, l’ingresso era vietato assolutamente agli stranieri, oggi col governo cinese e le distruzioni dei monasteri ha meno senso andarci, tuttavia anche col poco che resta costituisce una esperienza indimenticabile per i visitatori, ed e’ possibile andare nel Buthan, che e’ divenuta la nuova sede provvisoria del Dalai Lama. Il Buthan e’ un piccolo paese montano, che esce appena oggi da una condizione medievale, sta costruendo nuove strade, si sta un poco modernizzando. Il Dalai Lama viaggia spesso, e’ venuto in Italia molte volte, rilascia interviste su cui si fanno libri molto intensi, e i monaci buddhisti hanno preso le mille strade del mondo per raccontare agli occidentali del loro pensiero cosi’ diverso e affascinante, cosi’ lontano dal nostro materialismo.
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In Italia abbiamo un centro buddista a Pomaia in Toscana. Il Dalai Lama dice: “In gioventu’ il comunismo ha esercitato del fascino su di me, mi sembrava che fosse possibile una sintesi tra comunismo e Buddhismo. Mi sono pero’ scontrato con le incomprensibili contraddizioni della politica cinese, con la frenesia degli slogan, con il lavaggio di milioni di cervelli…infine ho avuto la certezza che Mao non fosse altro che il distruttore del Dharma”. Il Dharma e’ la giustizia cosmica, la legge della vita, la legge del Buddha. I Cinesi hanno bombardato 6.500 conventi, distrutto opere d’arte inestimabili e intere biblioteche, bruciato i libri sacri, arrestato e torturato migliaia di persone (molti sono stati crocifissi, o hanno avuto lingue e viscere strappate o i corpi smembrati…). I Cinesi in nome di un materialismo totale e di un ateismo assoluto hanno ostacolato il lavoro spirituale dei monaci, hanno imposto loro imposto il lavoro collettivo e i campi di rieducazione. Un milione di Tibetani sono stati uccisi. Centomila hanno preso per sempre la via dell’esilio. Tutto questo era stato profetizzato dal 13° Dalai Lama, Thupten Gyatso, nel 1933, anno della sua morte, nel suo testamento, quando annunzio’ che un terribile pericolo sarebbe venuto dal comunismo. L’invasione cinese Si pensi che i monasteri erano grandi centri di cultura, che il 20% della popolazione faceva parte di ordini religiosi, monaci, monache, eremiti in preghiera nelle grotte, eruditi che insegnavano nei monasteri… La pratica spirituale era lo scopo principale dell’esistenza, tutta la cultura era incentrata sulla vita spirituale. E tutto fu schiantato da un popolo dominato dall’ateismo e dal materialismo (e ora dal neoliberismo) che tento’ in ogni modo di distruggere l’anima del Tibet. Non bastava la distruzione della popolazione, fu messo in atto ogni mezzo per annientarne la spiritualita’, con propaganda, tortura e sterminio. Il fanatismo ateo-‐maoista fu peggiore del fanatismo delle peggiori fedi religiose. Un quinto della popolazione fu ucciso, gran parte fu evacuata e trasferita, i beni espropriati, moltissimi finiti in campi di concentramento, i Cinesi hanno obbligato le donne alla sterilizzazione o ad aborti forzati. E’ stato un vero genocidio. L’estinzione della cultura ha proceduto in modo massiccio, i comunisti non tollerano altra ideologia che la loro, nessuna liberta’ intellettuale, spirituale o artistica. Con accanimento implacabile si e’ distrutta una antica cultura, una civilta’, una lingua, una religione. Il genocidio e’ proseguito per 50 anni nell’indifferenza del mondo. Come dice Matthieu Ricard: “La questione tibetana e’ stata soffocata dall’autocensura dell’Occidente, che era sprofondato nell’idolatria maoista e che non voleva prestare attenzione a nessuna critica nei confronti della Cina comunista”. Il Tibet nella sua scarsa parte boschiva fu disboscato, e il territorio usato come deposito di scorie nucleari o terreno per i test, il suo bellissimo cielo inquinato. Aumento’ via via lo spostamento forzato di popolazione cinese in Tibet. Mentre normalmente il servizio militare cinese dura 3 anni, quelli che sono mandati in Tibet vi restano per sempre. La deportazione forzata ha portato in Tibet 8 milioni di Cinesi contro 6 milioni di Tibetani, in questo modo i Tibetani sono diventati una minoranza etnica nel loro territorio. La Cina ha costruito una ferrovia verso il Tibet per aumentare l’immigrazione cinese. L’invasione e’ cominciata nel 1950, e nel ‘51 il Tibet e’ diventato una Regione Autonoma annessa alla Repubblica Popolare Cinese. Il Dalai Lama e’ fuggito nel ‘59, subito dopo le frontiere sono state chiuse e la repressione e’ divenuta spietata. Uomini, donne e bambini sono stati imprigionati o chiusi in campi di lavoro…immense fosse comuni si sono riempite una dopo l’altra. Le immagini del Dalai Lama sono state proibite. Tutti sono obbligati a studiare il cinese, abbandonando il tibetano, che e’ una lingua a se’ stante diversa dai dialetti indiani, la cui scrittura deriva dal sanscrito. Il Tibet e’ poverissimo di piante e di animali, ma, mentre il Buddhismo predica un grande rispetto per la natura, i Cinesi usano caccia e pesca in modo indiscriminato, hanno tagliato via i pochi boschi e gettato scorie nucleari, e con i test atomici del Sinkiang sono riusciti anche a modificare il clima e il cielo, uccidendo l’ambiente, cosi’ che si segnalano nascite di animali deformi. La dura militarizzazione del paese con i test nucleari e le scorie radioattive hanno rovinato la terra e il cielo. Il clima e’ cambiato, dove non pioveva mai oggi piove spesso, dove il cielo era di un azzurro cristallino ora e’ sporco e oscurato.
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Le richieste del Dalai Lama Nel 1987 a Washington il Dalai Lama ha presentato al consesso mondiale delle richieste molto moderate e democratiche: -‐che il Tibet sia trasformato in zona di pace, -‐che la Cina abbandoni la colonizzazione forzata, -‐che siano rispettate le liberta’ democratiche e i diritti umani fondamentali dei Tibetani, -‐che l’ambiente sia recuperato e protetto innanzitutto con l’abbandono delle attivita’ nucleari, -‐e che si negozi il futuro stato del paese, ma nulla e’ stato fatto. Il Dalai Lama chiede che il Tibet diventi un parco naturale, smilitarizzato, aperto ad ospitare le associazioni internazionali per la difesa dei diritti dell’uomo. Ma le grandi potenze sono sorde e preferiscono pensare ai guadagni che si possono fare delocalizzando lavoro presso i poco pagati e non protetti lavoratori cinesi o agli affari che si possono fare vendendo merci a un paese di un miliardo e 300 milioni di abitanti. La spiritualita’ e la cultura non sono oggi beni che qualcuno intenda difendere, men che mai i capi delle grandi religioni mondiali, come il papa di Roma che nei buddisti e negli islamici vedono solo concorrenti da eliminare. Da un punto di vista strategico, il Tibet potrebbe diventare uno stato cuscinetto tra la Cina e l’India, permettendo il ritiro delle enormi truppe che entrambi gli stati tengono a guardia delle frontiere. Nel 1989 il Dalai Lama ha ricevuto il premio Nobel per la pace, ma i 5 punti della sua richiesta non sono stati considerati. Il territorio Immaginate un paese immenso vicino ai 7000 metri, con 14 cime superiori a 8000, dove l’aria asciutta e rarefatta crea un’ebbrezza insostenibile, la temperatura oscilla tra 45° sotto zero e 15-‐17 sopra, il cielo era di un azzurro profondissimo, e strani piccoli uomini di razza mongoloide da tempo immemorabile si dedicano alla ricerca spirituale. Un grande altopiano corrugato a nord dell’India, il piu’ elevato e inospitale altopiano del mondo, con un paesaggio metafisico. Con una superficie di 2,5 milioni di kmq contro i 300.000 dell’Italia, una larghezza di 2750 km e una lunghezza di 1500, con due giganteschi sistemi montuosi: il Karakorum e il Transhimalaya, che superano i 7000 m (il nostro Monte Bianco e’ 4750). Scalare queste vette altissime e’ l’avventura suprema degli scalatori migliori e solo Messener e’ riuscito in questa impresa. Tra queste inaccessibili montagne ci sono larghi bacini chiusi e moltissimi laghetti di acqua salata, questa terra un tempo era il fondo di un oceano. Il clima e’ rigidissimo con forti escursioni termiche. Piove poco e l’acqua potabile e’ un bene molto raro. Non esiste quasi vegetazione, vastissime zone non hanno nemmeno un albero e solo d’estate producono erbe basse tipo muschio. I prodotti agricoli sono pochi perche’ l’agricoltura si puo’ praticare solo in alcune valli basse: orzo, avena, grano, ortaggi e frutta. Mancano industrie. I pascoli sono sotto i 4000 m., buoni soprattutto per lo yak, un bovide con pelliccia, che, con pecore e capre, da’ latte, burro e lana ed e’ usato persino il suo sterco, che, seccato, funge da combustibile. La religione Bon Il Buddhismo arrivo’ in Tibet tra l’VIII e il X secolo d. C. C’era nel paese una religione piu’ antica, primitiva, legata alla magia e a culti della natura, la religione BON (‘bon’ vuol dire ‘recitare’, esorcisti o maghi recitavano le formule rituali per scacciare i demoni), su di essa si innesto’ il Buddhismo, producendo quella curiosa varianza che e’ il BUDDHISMO TIBETANO. La religione BON o BONPO era un culto di stregoni e esorcisti, una religione sciamanica che contattava le energie misteriose e terrificanti della natura, questa era vista come piena di demoni e spiriti in genere cattivi che dovevano essere esorcizzati. I Bonpo erano sacerdoti che praticavano culti magici “domavano in basso i demoni, sacrificavano in alto agli dei, e purificavano al centro i focolari”. Per conoscere il volere del Cielo divinavano con cordicelle e quesiti sorteggiati o cadevano in trance. Accanto a loro c’erano i Bardi con
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i loro canti e i loro enigmi. Con l’avvento del Buddhismo i Bonpo lottarono per sopravvivere, il re si appoggio’ al Buddhismo, i nobili alla religione Bonpo, con lotte intestine, poi i sacerdoti si appropriarono in parte della nuova dottrina senza abbandonare i loro demoni, per cui il risultato e’ stato un po’ bizzarro e promiscuo, un Buddhismo particolare, legato alla stregoneria e alla magia, molto meno astratto e senza le divinita’ del Buddhismo originale. Il Lamaismo Il LAMAISMO e’ una religione interessante, dove la liturgia e’ molto importante, c’e’ uno spiccato aspetto devozionale, troviamo cerimonie suggestive e esoterici riti e danze che durano molte ore e durante le quali i monaci portano grandi maschere, colorate e mostruose, per atterrire i demoni. Grande ruolo hanno gli oracoli, le profezie, le visioni, i sogni, le premonizioni, i segni, le trance, i rituali magici. Gli oracoli sono responsi curati da medium potenti che entrano in stato di trance e sono educati ad affinare doti congenite di sensitivita’. In stato modificato di coscienza, possono essere posseduti dai demoni o dai defunti e parlare anche con altre lingue. I Lama raccolgono e interpretano i loro messaggi. Il piu’ celebre tra i veggenti e’ l’oracolo di Nechung che incarna il dio Pehar, di cui si servono ufficialmente anche gli occupanti cinesi. La dimensione magica soprannaturale e’ in Tibet molto forte grazie alla persistenza della religione Bon e al carattere superstizioso dei Tibetani. La chiaroveggenza e’ molto praticata, i monaci medium usano anche lo specchio dei laghetti di montagna come sfere di cristallo per la divinazione. Il paese e’ stato chiuso a ogni contatto esterno per un tempo lunghissimo. Prima dell’invasione cinese, Giuseppe Tucci, il piu’ grande studioso italiano del Tibet, poteva giustamente chiamarlo ‘il paese senza laici’, perche’ il potere spirituale, culturale e politico era nei monaci e contadini e pastori non contavano niente; oggi, dopo le stragi e la colonizzazione lo potremmo definire ‘un paese laico’ dove nessuno conta niente, a parte gli invasori cinesi. L’antico sistema teocratico era basato sui monaci. I grandi conventi o lamaserie erano forti unita’ autarchiche che funzionavano come le abbazie medievali; contadini, pastori e artigiani erano servi dei monasteri. Nelle lamaserie era concentrato il potere politico, culturale e religioso di ogni zona. Il Tibet era un paese di monaci e ogni cosa era condizionata alle lamaserie e alla vita spirituale. Il Lamaismo concentrava religione, cultura, governo e amministrazione, controllando totalmente la scarsa economia locale. Il sistema era interamente basato sulla reincarnazione per cui la carriera monastica non veniva scelta, ma i bambini erano scelti per essa in base a indizi di reincarnazione. Il Lamaismo pensa che le propensioni kahrmiche dei Lama si proiettino sui nuovi nati o che i Lama siano Bodhisattva che scelgono di incarnarsi nuovamente, per cui alla morte di ogni capo spirituale si fanno ricerche del bambino in cui egli si incarna, questo viene portato alla lamaseria ed educato intensamente a riprendere il suo ruolo; in tal modo la gerarchia di potere si perpetua nei nuovi nati, come se ereditasse se stessa, come se fossero sempre gli stessi a dirigere attraverso corpi successivi. La religione regola ogni aspetto della vita, e’ un amalgama di Buddhismo indiano e culto BON con le sue componenti magiche e esoteriche, i suoi demoni e dei. La popolazione di contadini o pastori aveva scarsa importanza ed era anche numericamente debole, incapace di produrre una cultura propria. La famiglia era dominata dalla poliandria nel senso che quando una donna si sposava, sposava anche tutti fratelli del marito, e i suoi figli erano anche loro figli, per non dividere le proprieta’. Il Tibet e’ stato indipendente per 2500 anni ed era il paese piu’ isolato del mondo anche perche’ ha sempre impedito l’accesso agli stranieri. L’Himalaya lo separa dall’India e i grandi deserti dalla Russia e dalla Cina. La capitale e’ LHASA, la citta’ sacra, composta praticamente di monasteri, con 50.000 abitanti e’ stata la sede del Dalai Lama fino al 1950. Fu edificata nel VII sec. da un re, Sognten Gampo’, che unifico’ il Tibet e introdusse il Buddhismo, per l’influenza delle sue due mogli, una cinese e una nepalese. Lhasa si trova su un versante dell’Himalaya, a 3650 m di altezza, il suo nome significa ‘Trono di Dio’. La’, a picco su una collina di roccia di fronte a un lago sorge il POTALA, il famoso palazzo del Dalai Lama, bianco e rosso coi tetti d’oro, qui e in una trentina di monasteri vicini vivevano 20.000 monaci con poteri non solo spirituali ma anche politici e amministrativi, ora ridotti a poche centinaia.
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La popolazione del Tibet e’ scarsissima. Noi siamo 60 milioni, ma i Tibetani su una superficie 10 volte maggiore non arrivavano nel 1960 a 6 milioni e oggi sono ancora meno, soppiantati dagli immigrati cinesi. Il Tibet e’ veramente un paese vicino al cielo: vette rocciose elevatissime, nude di vegetazione, spesso rossastre, contro un cielo azzurrissimo, dove la notte le stelle sembrano piu’ vicine, un’aria sottile e rarefatta che facilita le modificazioni di coscienza. Tutto l’altopiano si presenta come un grande luogo sacro pervaso da energie sottili. C’e’ una teoria scientifica espressa dal tedesco prof. Hartmann che vede la terra attraversata da una rete energetica particolare, detta appunto la rete di Hartmann, formata da correnti elettromagnetiche che si incrociano formando dei quadrati di circa 2 metri di lato, i punti nodali di questa rete sono dannosi all’uomo perche’ alterano i suoi campi magnetici, mentre la parte dentro al quadrato e’ protetta. Nel Tibet, a causa dei forti corrugamenti della catena dell’Himalaya, la rete di Hartmann si e’ sfalsata allargando le proprie maglie e creando zone protette, le case dei Tibetani conoscono queste energie perche’ le stanze risultano sempre nelle zone protette. Il Tibet e’ un immenso deserto di pietra che antichissime forze immani hanno sconvolto in epoche molto antiche. Questo sconvolgimento ha modificato incredibilmente i campi magnetici della zona. Le variazioni di potenziale della rete di Hartmann vengono registrate con strumenti di misurazione particolari. I misuratori di energia hanno verificato che gli interni dei monasteri sono luoghi di grande calma, luoghi neutri dove e’ piu’ facile equilibrare anche le nostre energie psichiche. Gli STUPA che sono monumenti simbolici sono posti esattamente nei luoghi di massima concentrazione energetica, cioe’ nei punti nodali, secondo conoscenze perdute. Sulle rupi piu’ alte del Tibet si ergevano le citta’ dei monaci, le lamaserie, dove migliaia di persone si dedicavano fin dalla prima infanzia a una vita spirituale, vivendo col minimo dei mezzi, mangiando e dormendo pochissimo, pregando e meditando, in una continua ricerca interiore. Ogni convento era una unita’ autosufficiente dove si compivano tutti i lavori, da quelli umili del servizio a quelli piu’ alti dello spirito, gli allievi erano detti CHELA, poi venivano i monaci, infine i LAMA, e sopra a tutti il DALAI LAMA, che era la guida spirituale e politica del Tibet. Dalai Lama (Dalai bla-‐ma) vuol dire ‘Maestro la cui saggezza e’ grande quanto l’Oceano’. Il Tibet costituiva uno stato ecclesiale come puo’ essere il Vaticano, ma il suo sistema era fondato sulla santita’, i migliori o piu’ santi sono Lama, per diritto di reincarnazione, il piu’ santo di tutti e’ il Dalai Lama, il grande maestro che non e’ designato da un conclave come avviene per il Papa ma e’ eletto per nascita, in quanto e’ reincarnazione di un Dalai Lama precedente. Si comincio’ col 5° Dalai Lama, alla fine del 1600, che fu visto come incarnazione di Avalokiteshvara. I successivi Dalai Lama sono considerati TULKU ovvero reincarnazioni dei Dalai Lama precedenti. Tulku vuol dire ‘corpo di trasformazione’. Si chiama TULKU una persona che viene considerata la reincarnazione di un grande personaggio spirituale. Grazie ai TULKU le istituzioni monastiche piu’ alte, Lama e Dalai Lama, si perpetuano passando di vita in vita. Il concetto dei TULKU si origina verso il 1200 seguendo la dottrina dei TRIKAYA = tre corpi. Il piu’ importante TULKU contemporaneo e’ appunto TENSIN GIATSO, il Dalai Lama attuale. Un maestro spirituale, Karmapa Rigpe Dorje, e’ stato seguito per 800 anni attraverso 16 reincarnazioni, a partire dal 1100, anch’egli viene considerato la reincarnazione di Avalokita, si tratta di uno studioso, artista e poeta, un asceta che viene incoronato con una corona nera in una particolare cerimonia. Il Dalai Lama e’ la guida assoluta di tutti i Tibetani. Quando i Tibetani raccontano la sua storia, cominciano dalla prima incarnazione nel 1391. Non tutte le incarnazioni furono eccellenti, quattro Dalai Lama morirono precocemente a 10, 21, 17 e 20 anni, tre dettero molta grandezza al Tibet, il sesto fu un grande studioso e poeta. Uno di essi non prese i voti ne’ si fece monaco, perche’ amava le donne e non voleva rinunciarvi. Noi diciamo che il Dalai Lama e’ la reincarnazione di un Dalai Lama precedente, ma cio’ non sarebbe esatto, i Buddisti non pensano che vi sia un’anima individuale che passa da un corpo a un altro, ma piuttosto che cio’ che rinasce e’ uno spirito di compassione, una energia spirituale che non appartiene a una persona in quanto tale, ma sintetizza in se’ tutta la compassione del mondo, la compassione del Buddha e puo’ manifestarsi in molte persone. Ricordiamo sempre che noi parliamo in termini soggettivi, di personalita’ o anima, ma i Buddhisti non hanno il concetto di anima come non hanno quello di dei, il Buddismo non nasce
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propriamente come una religione o una chiesa ma come una teoria filosofica molto emancipata in cui si parla in termini di energia. Il Dalai Lama attuale e’ considerato una manifestazione di Avalokitesvara, il Bodhisattva della compassione; da questo punto di vista sarebbe anche il 64° uomo che rinasce all’interno di un’altra serie di uomini santi che inizia con un bambino che viveva al tempo del Buddha… Non c’e’ un’anima che trasmigra, ma l’emanazione di una forza particolare che continua a manifestarsi e ha bisogno di una apparenza umana per agire nel mondo. Il concetto di reincarnazione e’ sottilmente diverso da quello induista che invece presuppone un atman o anima. L’attuale Dalai Lama e’ chiamato anche KUNDUN o ‘Possessore del loto bianco’ o Yeshi Norbu = ‘gioiello prezioso’. E’ un uomo sorridente, allegro, molto mite e tollerante, aperto alle novita’, flessibile e gentile. All’epoca dell’invasione cinese aveva 15 anni. Quando fuggi’ in esilio ne aveva 24. Era stato messo sul Trono del Leone a 4 anni e mezzo. Aveva 11 fratelli, di cui uno era stato riconosciuto come l’incarnazione di un altro Lama. I genitori erano contadini. Il bambino fu tolto alla famiglia e crebbe tra monaci adulti, ma vedeva spesso i suoi e aveva presso di se’ il fratello maggiore. Fu sottoposto a un iter pesante di studi, ha imparato i tre veicoli del Buddhismo, e infine a praticare la meditazione, la pratica piu’’ difficile. La ricerca di un incarnato puo’ durare anche vent’anni, e puo’ passare del tempo anche tra una morte e una rinascita. Ci sono segni del corpo che facilitano il ritrovamento: l’attuale Dalai Lama ha un marchio a forma di conchiglia sul corpo e sotto le scapole due piccole escrescenze carnose che rappresentano le due braccia in piu’ della dea della compassione. Anche suo fratello e’ una figura importante, la madre aveva perso due figli prima di lui, ma uno di essi era speciale e il Lama che officio’ i funerali disse che il bambino morto sarebbe rinato dalla stessa madre e per riconoscerlo fece col burro un segno sul suo corpicino, poi nacque un bambino che aveva sulla pelle un segno uguale. Era un RIMPOCHE (rimpoce), un reincarnato. Per l’esattezza il Dalai Lama non e’ un reincarnato ma un ‘incarnato’, in quanto rappresenta un’energia gia’ liberata dalla catena corporea, che per compassione, accetta di tornare sulla terra per aiutare gli altri uomini. Nel 1991 il Dalai Lama ha riconosciuto ufficialmente un altro incarnato: un bambino spagnolo di 6 anni, considerato un Lama morto in Tibet nel 1984. Ne la Repubblica del 18 luglio 1994 si leggeva: “A Parigi e’ stato trovato un piccolo Buddha, ha 4 anni cui e’ stato riconosciuto il titolo di Lama. In un tempio della Francia meridionale, che e’ il piu’ grande santuario buddhista d’Europa, oltre 200 persone hanno assistito alla celebrazione del rito: un evento straordinario molto raro nella religione buddhista. Il piccolo reincarnato e’ nato a Parigi da genitori del Buthan e del Tibet, e e’ stato ufficialmente riconosciuto come la reincarnazione di Kalu Rimpoche, uno dei piu’ grandi maestri spirituali della storia del Buddhismo, morto nel 1989 e molto vicino al Dalai Lama. Il bambino francese e’ stato sottoposto a varie prove di conoscenza ed e’ stato identificato dopo che all’eta’ di un anno aveva cominciato a riconoscere diversi oggetti appartenenti al precedente “involucro carnale”. Questo bambino si esprime in lingue diverse: francese, inglese e tibetano. Dopo aver visitato i principali centri buddisti, il bambino volera’ in India, dove entrera’ in un monastero per cominciare una formazione di 12 anni. Nel 93 in Nepal questo bambino aveva avuto la sua prima elevazione al rango di maestro buddista e, durante la cerimonia, avvennero insoliti fenomeni meteorologici.” Voi avete visto una lamaseria nel film di Bertolucci, ‘Il piccolo Buddha’, un film che e’ stato girato non in Tibet ma nel Buthan, a causa del divieto cinese. Dice Ngakpa Chogyam: “Il Tibet non era un paese perfetto, ma quale paese lo fu mai? Sul piano materiale era arretrato, ma molti lo ritenevano il paese piu’ progredito del mondo sul piano spirituale“. La letteratura tibetana e’ essenzialmente religiosa. Tutte le scienze, la medicina, l’erboristeria, l’astronomia, la fisica ecc. hanno senso in un contesto religioso. Non esiste una scienza separata, ma tutte le discipline sono legate in un insieme olistico. Le biblioteche tibetane avevano raccolto un sapere immenso, che sembrerebbe fantascientifico a noi occidentali e che solo per la sua rarita’ e singolarita’ dovrebbe essere salvato dall’UNESCO come patrimonio del mondo, ma hanno dovuto subire due terribili urti distruttivi: l’invasione mongola mille anni fa e quella cinese nel 1950. Alcuni testi sono stati trafugati dagli esuli, ma la maggior parte di queste opere spesso antichissime sono andate perdute. I Cinesi hanno incendiato quello
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che hanno potuto, i soldati usavano addirittura i fogli nelle scarpe per ripararsi dal freddo, o come carta igienica o per accendere il fuoco. C’erano testi scritti su foglie di palma che risalivano a 1500 anni fa. Un romanzo di gran successo Nel libro ‘Il terzo occhio’, libro di fantasia non tutto attendibile ma comunque interessante, di cui il Dalai Lama ha sorriso dicendo che alcune cose erano giuste, altre meno, Lobsang Rampa racconta la sua vita di guaritore, e traccia la figura di un tipo di medico molto diverso da quelli che conosciamo. Lobsang nasce in una normale famiglia del Tibet. A 7 anni, come tutti i bambini tibetani ha per regalo una grande festa e un astrologo predice il suo futuro, perche’ l’astrologia in Tibet e’ una scienza vera e propria, antica di migliaia di anni che gode di grande considerazione coma una scienza. Questo paese cosi’ vicino alle stelle ne osserva da migliaia di anni il movimento dedicando loro studi raffinatissimi e traendone influssi sui destini degli uomini. Il nostro Lobsang riceve questo oracolo: “Un bambino di sette anni deve entrare in una lamaseria, subira’ una severa prova di resistenza, sara’ istruito per divenire prete-‐chirurgo. Dovra’ sopportare gravi avversita’, abbandonare la patria, recarsi tra genti straniere. Perdere ogni cosa, e ricominciare da capo, e infine riuscire”. La predizione si avvera: Lobsang e’ prescelto in base ai segni astrologici come creatura dotata di poteri paranormali, riceve un’educazione che allarga questi poteri per la diagnosi e la terapia. Viene mandato come chela o allievo in una grande lamaseria, dove e’ educato con rigida disciplina a divenire medico-‐veggente, eseguira’, cioe’, diagnosi metafisiche sulla parte energetica sottile dell’uomo, sull’aura, e non sul corpo, come avviene in Occidente. Come l’oracolo astrologico aveva predetto, il Tibet viene invaso dai Cinesi e Lobsang, insieme ad altre migliaia di tibetani, deve prendere la via dell’esilio, il suo compito sara’ andare in Occidente, in Europa, in America, dove diventa famoso attraverso conferenze e libri, realizzando il compito di diffondere la cultura tibetana.. Secondo Rampa, il Buddhismo indiano e’ una religione triste e disperata, che parla sempre di dolore, il lamaismo e’ una fede limpida e serena. Suo elemento distintivo e’ l’essere una via di grande serenita’, importante anche per i nevrotici uomini occidentali, resi schiavi dal desiderio e dal potere. Il Buddhismo invece da’ importanza all’amore, alla pieta’ e alla non violenza. Dice: “Odiate l’atto, ma non chi lo compie” I principi base del Buddhismo sono molto semplici, ma esso viene inevitabilmente modificato da ogni paese che l’adotta, con l’intervento di rituali, credenze e interpretazioni diverse, per cui ogni paese o ogni gruppo di buddisti ha il suo Buddismo. Un proverbio tibetano dice: “Cento valli, cento dialetti, cento monaci, cento religioni”. Non il dogma conta la ma la ricerca.. A 8 anni, come avevano predetto gli astrologhi, Lobsang Rampa comincia la sua professione di veggente. Gli verra’ aperto il terzo occhio, cioe’ una vista superiore. Secondo la concezione indo-‐tibetana, noi siamo formati da 9 corpi interconnessi, sono 9 strutture energetiche, 9 campi elettromagnetici, ognuno dei quali adempie a una funzione particolare. L’insieme di questi 9 campi e’ la nostra realta’, formata da una parte visibile e da una invisibile. Il primo di questi corpi o campi, il piu’ basso, e’ il corpo materiale. Gli altri sono campi di energia sempre piu’ sottile, che prendono numero e nome diverso nelle varie culture del mondo, perche’ non sono presenti solo in Tibet ma in varie culture, come i nativi d’America o i Tungusi siberiani. Normalmente i nostri occhi riescono a vedere solo il corpo materico, le cui molecole sono piu’ addensate, qualcuno riesce a scorgere debolmente i corpi piu’ sottili, i veggenti riescono a vederli. Il Lamaismo seleziona questi veggenti naturali e acuisce i loro poteri, creando dei medici di tipo particolare che non hanno bisogno di lastre, radiografie, elettroencefalografi e altre strumentazioni tecniche per capire la malattia fisica e psichica, perche’ sono essi stessi strumenti di captazione evoluta e sottile. Invece di costruire delle protesi tecnologiche come facciamo noi, i Lama educano i sensi ad oltrepassare i loro limiti. Il medico-‐veggente e’ dunque un uomo modificato, alterato nel corpo, nelle percezioni e nella mente, che puo’ operare diagnosi attraverso la visione diretta dei campi energetici dell’uomo. La medicina tibetana che e’ essenzialmente religiosa e’ basata non solo sul corpo visibile dell’uomo ma sui campi di energia cioe’ sui corpi invisibili. L’educazione lamaista non e’ solo educazione etica e religiosa, ma e’ finalizzata al controllo e alla modificazione dei campi energetici, cioe’ produce un’alterazione della parte frequenziale alta dell’energia.
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Mentre noi conosciamo solo pochi stati di coscienza (veglia, sonno, sogno, ipnosi, estasi, coma) i Lama imparano a controllare e modificare la mente, producendo fino a 60 stati di coscienza. Sul sogno dice Rampa : “Noi riteniamo che l’uomo sia posto in un corpo fisico, debole e imperfetto, per poter imparare e progredire. Durante il sonno lo spirito si sottrae in parte a questo corpo e torna a un diverso piano di esistenza. L’uomo si corica per riposare e lo spirito si libera e scivola via. Lo spirito rimane in contatto col corpo mediante una corda d’argento che esiste fino alla morte. I sogni sono esperienze vissute sul piano spirituale del sonno. Quando lo spirito ritorna nel corpo, lo shock del risveglio deforma il ricordo del sogno, a meno che non si sia particolarmente addestrati a ricordare, cosi’ il sogno sembra molto improbabile.” Il piccolo Rampa viene preparato per un’operazione fisica molto dolorosa, quella che gli aprira’ il terzo occhio, la vista sottile. E’ messo a riposo su una stuoia per qualche tempo, la fronte sterilizzata con erbe, poi un lama blocca la sua testa e un altro preme la sua fronte con un punteruolo a U dentato che viene girato violentemente producendo un krak dell’osso. Nell’osso frontale forato viene inserita una scheggia di legno molto in profondita’. Di colpo il bambino sente profumi insoliti, vede spirali colorate e fumi incandescenti. Per tre settimane la spina resta sulla sua fronte poi viene estratta. “Da quel momento” dice Rampa “vidi gli uomini come realmente sono”. Quello che vede e’ terrorizzante, attorno agli uomini ci sono aloni e fiamme colorate. I Lama gli insegnano cosa significano quei colori, essi sono il corrispondente della salute e della malattia, del corpo e dei nostri corpi sottili, il bambino impara qual’e’ il colore della menzogna o della spiritualita’ o il colore di chi che sta per morire. Gli insegnano anche a capire concentrando la sua mente su un cristallo. E lui dice: “Non c’e’ nulla di magico nelle visioni attraverso i cristalli. Essi non sono che strumenti. Come un microscopio o un telescopio, ci permettono di vedere oggetti invisibili alla vista normale. Il cristallo ci aiuta a mettere a fuoco il terzo occhio, con cui si puo’ penetrare l’inconscio dell’altro. Si puo’ usare cristallo di rocca o una sfera di vetro o una sfera piena d’acqua o un disco tutto nero.” Cosi’ egli riceve il potere della medicina, ma i monaci gli insegnano anche a chiudere il TERZO OCCHIO, quando non lo usa,perche’ vedere continuamente i mali e i difetti degli altri sarebbe un fastidio intollerabile. Cosi’ si forma nel romanzo un monaco-‐veggente tibetano, un essere selezionato per particolari capacita’ naturali, che riceve un rigido addestramento monastico di 12 anni, un addestramento etico-‐religioso, un apprendimento sulle energie, che sa leggere i colori dell’aura, fare diagnosi esatte, usare terapie a base di erbe, un monaco-‐scienziato-‐sciamano. In lui e’ aperto l’occhio della chiaroveggenza, l’occhio della verita’ che si apre su un mondo esatto e reale, senza finzioni e illusioni. Tutte le divinita’ indiane sono rappresentate col terzo occhio aperto e sviluppato, con esso si puo’ vedere e comprendere tutto cio’ che normalmente non si puo’ vedere o capire su questa terra. L’occhio della chiaroveggenza puo’ vedere i corpi aurici. “Buddha e il Buddismo” di Oscar Botto,Mondadori 1999 Tibet-‐Il fuoco sotto la neve” di Palden Gyatso e Tsering Shakya,con prefazione del Dalai Lama (Sperling&Kupfer Paperback,2006). film “Himalaya-‐L’infanzia di un capo” di Eric Valli,candidato all’Oscar nel 2000 come miglior film straniero. Seconda parte IL TIBET – IL LAMAISMO-‐ LA FILOSOFIA Viviana Vivarelli Il libro dei morti – La vita come sogno – La ruota delle vite – L’Oceano di Chiara Luce – L’Hathayoga – I tre corpi – I segni e i sogni di morte – Le Dakini – L’aura, i corpi di luce – Il Dharma Il libro dei morti “Il pensiero della morte e’ costantemente presente al praticante tibetano. Ma, questo pensiero lungi dall’essere triste o morboso, e’ un incitamento a utilizzare ogni momento dell’esistenza per realizzare la trasformazione interiore, a non sprecare un solo istante della nostra preziosa vita” (Matthieu Ricard)
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Il Buddhismo insegna a perdere i radicamenti con la materia, il desiderio, il potere. Con la morte noi arriviamo all’ultimo radicamento, con la vita. La morte e’ vista come un bene, perche’ con essa possiamo sperare di uscire dalla catena delle esistenze. Il Buddhismo aiuta ad avere una morte serena e prepara ad essa per tutta la vita. La morte e’ una tappa dell’essere, una semplice transizione (Bar-‐do). Ci sono molti Bar-‐di, ovvero situazioni intermedie, ponti; anche passare dalla veglia al sonno o dal sonno al sogno e’ un Bar-‐do. Il pensiero costante di un Tibetano e’: “Come posso attraversare il passaggio della morte senza angoscia, con fiducia e serenita’? La vita e’ una preparazione alla morte. Il libro tibetano che aiuta a morire con un apposito rituale si chiama Bar-‐do Todol , o Bar-‐do Thos-‐grol’ “Il grande trattato sull’esistenza intermedia che conduce alla salvazione per il solo fatto di sentirlo recitare“. Si ritiene infatti che recitare questo testo aiuti il passo che ci porta fuori da questa vita verso la liberazione totale dal ciclo delle rinascite. Questo libro fu conosciuto in Europa nel 1927 e venne chiamato ‘Il libro tibetano dei morti’. Non somiglia al ‘Libro dei morti’ egizio, perche’ Tibetani e Egizi hanno una concezione diversa della morte; gli Egizi erano convinti che l’anima potesse andare verso l’Oltretomba solo se il corpo non si corrompeva, percio’ mummificavano i corpi dei Faraoni e degli alti dignitari, in Tibet invece il cadavere non e’ nemmeno inumato a causa del terreno roccioso, e’ bruciato o fatto a pezzi e abbandonato sulle alture affinche’ gli uccelli lo mangino. Si abbandona la materia alla materia affinche’ per l’anima cominci una vita nuova. Il testo appartiene al Buddhismo tantrico, ma se ne parla gia’ in India nel II° sec. (Buddhismo Hinayana e Mahayana). C’e’ chi fa risalire la sua stesura al 1300 d.C. ma esistono fonti precedenti. Il Bardo Todol e’ attribuito a Padmasambhava, un taumaturgo del VIII° sec. d.C., uno dei 48 mitici asceti dotati di facolta’ straordinarie, maestro di Tantra, considerato uno dei fondatori storici del Buddhismo tibetano e venerato come secondo Buddha. E’ una figura leggendaria creata dal fervore religioso, si dice che ando’ come missionario in Tibet per introdurvi il Buddhismo, quando il paese era ancora dominato dai culti Bon, e integro’ il Buddhismo con la religione tibetana dei demoni, che personificavano le energie naturali. Ancor oggi, nell’Himalaya, egli e’ venerato col nome di Guru Rimpoche = maestro prezioso. Si dice che egli abbia lasciato delle dottrine segrete (gter-‐ma=tesori) nascondendole sotto terra, in caverne, rocce o nei pilastri dei templi, per difenderle da razzie o distruzioni. Queste dottrine sarebbero state ritrovate quando i tempi fossero maturi per comprenderle. Ci sono percio’ i gter-‐ston (scopritori di tesori) che riescono a trovarle grazie a sogni o visioni di grande esattezza, una credenza che esiste solo in Tibet. I testi ritrovati sono scritti in tibetano o nella lingua sacra e misteriosa delle Daini, gli angeli femminili. Il libro tibetano dei morti e’ uno di questi, e l’asceta Carmalinga a soli 15 anni lo scopri’ sulle rive di un fiume. Questo libro parla del bardo della morte. BAR-‐DO vuol dire stato intermedio, ponte, passaggio tra due stati dell’essere, periodo transizionale della mente. Gli stati di bardo sono molti, la morte e’ uno di essi, e’ la condizione che collega la morte di un uomo alla sua rinascita oppure alla sua liberazione dalla catena delle nascite. Anche la vita e’ un Bar-‐do in quanto e’ il periodo che sta tra la nascita e la morte, la vita terrena e’ il ‘Bar-‐do della nascita o della visione kahrmica’, un sogno transitorio in cui viviamo nelle visioni create dalle propensioni kahrmiche. Il testo sacro dice che l’uomo nasce a causa dell’ignoranza, non e’ consapevole della condizione originale, per questo la coscienza crea una visione dualistica e illusoria in cui l’oggetto e’ distinto dal soggetto, appaiono i 5 sensi e le 6 passioni, nasce il corpo collegato a piacere e dolore: “Nell’alternarsi ininterrotto di queste visioni ha inizio la trasmigrazione (Samara, la cosiddetta “visione relativa” o condizionata. Quando si esce dalla ruota delle vite si puo’ avere, invece, la visione assoluta. Cio’ che chiamiamo vita terrena, per i tibetani, e’ un’illusione mentale. Noi sogniamo e il nostro sogno ci sembra realta’; la vita terrena e’ un sogno da cui possiamo svegliarci, comprendendo di colpo la natura illusoria di cio’ che crediamo vero. La maggior parte degli uomini non lo capisce, ma il santo ha avuto l’esperienza del risveglio, ha sperimentato una realta’ piu’ vera, dove la sua coscienza e’ diventata pura luce, e’ ‘il risvegliato’, ‘l’illuminato’. Ma chi e’ immerso profondamente nel sogno della vita stenta a credere che la realta’ sia illusoria e potrebbe non svegliarsi mai da questa illusione; e’ cosi’ profondamente addormentato che la sua coscienza passa da un’esistenza a un’altra come si passa di sogno in sogno. I sogni del mondo sono proiezioni mentali disposte lungo fasce vibrazionali, anche se apparentemente dotate di grado diverso di realta’ ovvero di coscienza. Solo chi si sveglia da ogni sogno esce da tutti i mondi
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illusori, umani, demoniaci o angelici, e se ne libera vedendoli come proiezioni offuscate di una realta’ piu’ grande. La coscienza oscurata origina azioni e pensieri virtuali, proiezioni mentali create dagli istinti e dalle passioni, in cui si accumulano azioni positive e negative che diventeranno cause di Kahrma, cioe’ produrranno altri sogni, altre vite. Il Kahrma e’ l’azione che perdura e condiziona altri destini, creando il passaggio da una vita all’altra, da un’apparenza all’altra. Le visioni kahrmiche sono originate da 6 passioni prevalenti: ira, avarizia, ignoranza, orgoglio, gelosia ed egoismo. Piu’ individui possono avere uno stesso tipo di sogno che li accomuna, sono come sognatori che sognano allo stesso modo, cio’ da’ loro identita’ di essere e di visione, sognano tutti insieme e cosi’ partecipano di una stessa realta’ apparente; questo modo comune di sognare e’ un LOKA, una stessa vibrazione, in cui gli esistenti sono tutti sulla stessa lunghezza d’onda, cio’ individua una ‘specie’ (per es. la specie umana o la specie dei demoni) e anche le sue percezioni, capacita’, pensieri e desideri. L’esistenza e’ sofferenza, perche’ e’ vivere in un mondo illusorio, una Maya, in un continuo desiderio che non si placa mai, la morte invece e’ eliminazione della sofferenza, perche’ la materia apparente si dissolve e l’anima torna a identificarsi nell’oceano infinito di luce incolore da cui nasce ogni cosa e a cui ogni cosa torna, l’energia infinita e indefinita. La vita e’ un sogno, il corpo un’ombra; con la morte ci svegliamo e torniamo al vero Essere, alla luce abbagliante e splendente che e’ la vera e unica realta’. Quando il respiro cessa, seguono varie fasi di dissoluzione del corpo e della coscienza. Finche’ la coscienza e’ associata al corpo viviamo nel mondo condizionato; dopo la dissociazione attraversiamo stati diversi di realta’. Al momento della morte, per un brevissimo istante, la coscienza si riassorbe nello ‘spazio luminoso del piano assoluto’, poi passa a uno stato intermedio, il Bar-‐do della morte, transizione tra questo piano dell’essere e il successivo, in cui soggiorna in attesa di diventare luce assoluta oppure di rinascere. Appena il corpo muore, si aprono davanti alla coscienza due vie. -‐Una e’ la luce abbagliante e incolore o l’essere assoluto, balena a tratti come la luce dell’alba nel sonno profondo dello spirito addormentato e, se la coscienza sceglie quella via, si sveglia per sempre e non rinasce piu’, esce dal Samshara, dal ciclo delle vite. Solo gli Eletti, che non hanno piu’ propensioni kahrmiche, sono in grado di farlo. Piu’ volte la Chiara Luce assoluta balena dinanzi alla coscienza, il primo momento e’ subito dopo il decesso, ma e’ cosi’ abbagliante da spaventare e solo i santi e gli asceti, che hanno la vera conoscenza e non sono tratti piu’ in inganno dalla Maya, sanno riconoscere il fuoco divino sfolgorante senza averne timore; essi allora vanno verso di lui, attratti dalla luce calda e piena di amore, ormai noncuranti della vita che lasciano, facendo cadere la vana architettura della Maya con tutte le erronee apparenze del mondo. Fanno questa scelta rapidamente perche’ in vita hanno meditato sull’illusione della Maya, hanno compreso che realta’ esterna, Io e vita sono solo solo proiezioni mentali, ombre del Kahrma, frutto del principio cosciente che ottenebra la indiscriminata impassibilita’ della luce assoluta, nascondendola sotto una fantasmagoria di apparenze. Colui che vede che nulla e’ reale tranne la coscienza assoluta va verso di lei, come il sognatore che si sveglia attratto dalla chiara luce dell’alba, e allora la coscienza esplode immediatamente, liberata dal carcere illusorio della vita e non rinasce piu’. -‐Ma se questo non accade, si ha una nuova reincarnazione nel mondo terreno, con tutti i suoi colori e seduzioni; in quel caso la coscienza non ha capito nulla, non ha svelato l’inganno della Maya, ha attivato nuove forze kahrmiche che la riportano al sogno terreno. Lo stato intermedio della morte dura 49 giorni, in cui la coscienza del morto, offuscata e protesa verso scelte errate, puo’ ancora sentire i suggerimenti dei Lama che recitano il rituale dei morti, le mostrano la vera via e la aiutano a scegliere bene, dal momento in cui compaiono i segni della morte finche’ si tagliera’ a pezzi il suo cadavere per darlo in pasto agli avvoltoi. Nel Buddhismo indiano e tibetano la morte non e’ la fine della vita ma l’inizio di un nuovo e piu’ vero stato dell’essere. Si parla di coscienza perche’ non si crede a un’anima individuale; la coscienza e’ il pensiero, la sintesi del nostro essere psico-‐fisico, il centro morale dell’individuo, cio’ che e’ responsabile di ogni azione e crea percio’ il Kahrma e il ciclo delle vite oppure se ne libera, e’ il soggetto sognatore con la sua libera scelta di sognare mondi diversi o di liberarsi per sempre dall’inganno dei sogni.
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Nel Kahrma la coscienza e’ un flusso di energia che porta con se’ le infinite conseguenze delle azioni passate e le possibilita’ di quelle future. E’ una sostanza rarefatta, poco densa ma tuttavia materiale e fisica perche’ anche il pensiero e’ concepito come fisico e fenomenico, esistente nel regno della Maya, mezzo che agisce a distanza, passa da un corpo a un altro, esiste anche fuori dal corpo e comunica con altre menti, elemento mobile, irrequieto e curioso, che si appoggia al respiro e ne fa il suo sostegno, che si appoggia al corpo pur essendo addirittura molto piu’ chiaro quando abbandona il sostegno sia del respiro che del corpo. Nel momento della morte, il corpo si disfa e il respiro cessa, ma la coscienza resta. Ed entra in un questo stato intermedio in cui deve scegliere se salvarsi o rinascere. Il Bar-‐do e’ la condizione provvisoria dopo la morte, e’ ancora una proiezione kahrmica, un momento di passaggio, da cui o si torna nel Samshara o si va nell’Oceano infinito di luce che non nasce e non muore. Nel Bar-‐do della morte la coscienza da una parte e’ attratta dalle propensioni kahrmiche gia’ note verso una nuova vita terrena, dall’altra e’ folgorata per brevissimi istanti dalle vibrazioni della coscienza essenziale, luce abbagliante, ignota e terribile. Le vibrazioni del Kahrma possono apparire in modo simbolico, come divinita’, entita’ o figurazioni. Ma, quando si dice ‘divinita’’, nel mondo tibetano si parla di supporti mentali, non di entita’ effettivamente esistenti, perche’ gli dei nel lamaismo non esistono, non ci sono divinita’ ma solo pensieri sull’energia, raffigurati con immagini che simboleggiano qualita’. Ogni divinita’ rappresenta una energia mentale e sara’ irata o sorridente secondo la qualita’ del nostro pensiero. Che durata ha il bardo? Induisti e Buddhisti hanno da sempre discusso con sottili argomentazioni la durata e le fasi del Bardo, che puo’ andare da 7 giorni a 49. Ma ‘giorno’ e’ un tempo astratto e 7 e’ numero simbolico che indica un ciclo compiuto. Ogni 7 giorni la coscienza ricorda il momento della morte, all’ora della morte. Dopo il tempo massimo di 49 giorni, chi ancora non ha scelto la luce, rinasce nell’esistenza fenomenica, rientra nella ruota del Kahrma. All’inizio il Karma era una struttura rigida e inesorabile contro cui non si poteva fare nulla, col tempo il meccanismo fu addolcito e si penso’ che potesse essere corretto grazie ai meriti dei Bodhisattva, il santo sovrabbonda di meriti e può distribuirli ai fedeli, essi potevano invocare un santo per annullare miracolosamente il proprio Kahrma negativo. Anche la conoscenza esoterica produce l’immediata ‘revulsione del sostegno’, cioe’ l’abbandono istantaneo del corpo fisico. Cosa succede nei 49 giorni dell’esistenza intermedia? Una cosa diversa per ognuno. Al momento della morte gli yogi superiori unificano direttamente la loro energia con quella assoluta e si dissolvono nel “Corpo d’arcobaleno”. Gli altri hanno sorti diverse, c’e’ chi ha gia’ elaborato la conoscenza salvica e vede con occhi limpidi e sicuri, e chi e’ offuscato dalla materia e ha intelligenza greve e vista opaca. Appena morti, in un breve istante, l’assoluto balena come una folgorazione e la coscienza umana deve scegliere. Tutto dipende da quell’istante. Se la coscienza sceglie la luce primigenia, il suo folgoramento brucia ogni scoria di illusione e ogni esistenza scompare, si diventa Buddha, risvegliati. Altrimenti il Bar-‐do continua, e tutto il resto del tempo e’ un periodo di gestazione, un travaglio lento e oscuro, come la notte che precede l’alba. Quando l’uomo e’ spiritualmente evoluto e ha seguito in vita insegnamenti esoterici, il riconoscimento della luce avviene di colpo perche’ la scintilla che e’ in lui riconosce la luce infinita e si fonde istantaneamente con essa. Ma per chi e’ sempre stato legato alla materia la liberazione non e’ possibile. In mezzo stanno gli incerti, per loro le parole dette all’orecchio dai monaci possono essere di grande aiuto per una buona scelta. Come vivere Quando si e’ in vita si puo’ migliorare noi stessi con l’HATHAYOGA, o ‘yoga della scuola violenta’, che facilita il distacco dalla realta’ fenomenica. L’Hathayoga immagina che l’energia vitale (o Prana) si appoggi al respiro e scorra in due canali che partono dalle narici (IDA e PINGALA), paralleli a un canale mediano (SUSHUMNA) lungo la spina dorsale, sboccando sopra la testa, nel punto di incontro tra la sutura sagittale e quella lambdoidea. Il principio cosciente dell’individuo, che dipende dal Kahrma e lo determina, cavalca l’energia vitale. Nello stato di veglia o di sonno la coscienza va su e giu’ col respiro, ma quando, nella meditazione, il respiro e’
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concentrato sul canale centrale, il pensiero viene sottratto a quel moto e si raccoglie nel canale mediano, facilitando il passaggio dall’esistenza individuale a quella cosmica. Dominare il respiro vuol dire dominare l’energia per sciogliersi dalla Maya. Il principio cosciente perde allora i colori (simboli dei pensieri concreti) e diventa energia incolore e purissima, simile all’energia assoluta che nel momento estremo ci balenera’ dinanzi, una luce cosi’ viva e abbagliante che la nostra vista non potra’ resistere. Se i vari colori dell’esistenza fenomenica si dissolvono nella luce incolore della coscienza assoluta, il processo samsarico e’ interrotto, il divenire e’ assorbito dall’Essere, la coscienza riconosce intuitivamente la sua identita’ con la luce infinita, si dissolve in essa e non si incarna mai piu’. Ciascuno di noi ha un punto (BINDU) nel cuore, una goccia dove giace l’energia mentale allo stato grezzo (SEM). Essa puo’ purificarsi e trasformarsi con un lento processo. Questa energia individuale e’ connessa all’energia vitale del cosmo (LUNG = drago, in sanscrito PRANA). Quando l’energia individuale si identifica con quella cosmica e cio’ puo’ avvenire con le esperienze tantriche, la meditazione o l’ascesi, si entra in uno stato purissimo detto ‘Corpo di conoscenza sublimata’, il punto piu’ alto cui possiamo giungere sul piano della Maya; piu’ oltre il corpo scompare riassorbito dal ‘Corpo della infinita Potenzialita’ spirituale’. Nel momento della morte, energia individuale e cosmica si proiettano fuori dal cuore e resta solo il ‘Corpo mentale,’ influenzato dal bene e dal male compiuto, pura energia morale disincarnata. Durante la vita occorre compiere un processo liberatorio, le sue fasi sono: -‐SCIDU = il vivere, stato in cui si e’ inseriti un tempo e luogo, in virtu’ delle propensioni kahrmiche create dal nostro pensiero, esso e’ il Bar-‐do della vita in genere come esperienza transeunte e impermanente. -‐LAM = la strada, il percorso spirituale, cioe’ la capacita’ di raggiungere per brevi attimi la conoscenza esoterica, dopo aver seguito i maestri e la Legge, appresa la meditazione e raggiunta l’estasi. -‐TREBU = il frutto, o risultato, quando si e’ conseguito uno stato di perfezione spirituale; la purificazione assoluta che porta la coscienza alla totale consapevolezza, ad uno stato di santita’ raro e prezioso. I tre corpi Nel Buddhismo Mahayana si dice che un Buddha possiede tre corpi (TRIKAYA). Poiche’ il Buddha e’ uno stato di coscienza, cio’ vuol dire che possiamo raggiungere tre condizioni dell’essere, tre stati di Buddhita’, tre livelli di cambiamento: -‐un fine alto ma non assoluto si ha quando si arriva al Paradiso o Terra Pura. Chi e’ in questa condizione ha il ‘Corpo di Delizia’, e’ nel SAMBOGAKAYA = uno stato paradisiaco o di estrema beatitudine. In esso il santo puo’ entrare a tratti anche mentre e’ in vita, grazie alle sue buone opere e agli atti di illuminazione. Cio’ che percepisce e’ ancora uno stato mentale ma a un gradino molto alto della sua evoluzione spirituale a cui arriva con l’estasi e l’illuminazione. Si pensa che il santo possa andare dopo morto in uno di questi regni di beatitudine o paradisi di Buddha, che vengono prima del Nirvana assoluto. Qua la coscienza persiste come ‘Corpo di Co-‐fruizione’, vede la verita’ in veste simbolica, si libera dalle illusioni materiali usando i simboli degli dei dunque ha ancora bisogno di supporti simbolici, perche’ non sa ancora fissare lo sguardo nell’assoluto, e i simboli religiosi gli servono da tramite. Per questo il santo che ha meditato lungamente in vita su un’immagine religiosa, al momento della morte, o anche in vita, rivedra’ quella immagine (sia essa Buddha o Cristo) e riconoscera’ che i raggi, la luce e i colori che vede sono manifestazione della propria energia. -‐lo stato di coscienza piu’ alto si ha pero’ quando si e’ identici alla realta’ assoluta e tutt’uno col DHARMA (tutt’uno con il grande ordine dell’universo), questo e’ il DHARMAKAYA = stato del Dharma in cui si entra nell’essenza delle cose cosi’ come sono, si e’ fusi con l’ordine universale, si sente che l’Essere e’ Uno, coscienza cosmica al di la’ di tutti i concetti, fuori del tempo e dello spazio, imperituro presente, che non si identifica in immagini sante, ma ‘e’ ‘. Chi e’ in questo stato ha ‘il Corpo Essenziale’ o corpo di potenzialita’ assoluta, l’illusione terrena e’ caduta del tutto e si rivela la coscienza essenziale come Luce nella sua elementare purezza che trascende ogni atto del corpo e ogni atto dell’intelletto, qui il mistico si dissolve in luminosa unita’. Quando lo yogi e’ nel Dharmakaya sorgono le visioni della saggezza e la saggezza e’ LUCE: la coscienza dello spazio e del tempo si dissolve in sfere di luce multicolore, e tutto si annulla nella Luce suprema dove tutto si manifesta, raggi e suoni, in una intensa condizione d’energia, come se l’individuo si annullasse in un oceano di luce colorata, dove sorgono mandala scintillanti. Questo e’ il fine piu’ alto. Dire che il Buddha e’ Dharmakaya vuol dire che l’energia trascendente e’ tutt’uno con l’energia esistente. Questo e’ il NIRVANA.
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-‐il santo, una volta compiuto il suo percorso di ascesi, puo’ tornare ad essere un corpo terreno, rientrare nel piano fenomenico, nella Maya, per aiutare gli uomini a salvarsi, qui il santo assume il ‘Corpo della Trasformazione’, NIRMANAKAYA o ‘Corpo Apparizionale’, che riappare nel tempo e nello spazio, si ripresenta nella realta’ fenomenica, si reincarna come Buddha della compassione; la luce torna al piano terreno, si fa uomo tra uomini (come il Cristo o il Buddha Shakyamuni), appare in terra agli uomini di buona volonta’ per predicare la dottrina e salvarli, e, finche’ vive in sembianze umane, e’ soggetta alla malattia, all’invecchiamento e alla morte come gli altri uomini, ma, quando muore, il suo corpo si dissolve, i fedeli non lo ritrovano piu’, come avvenne al corpo di Cristo. All’inverso colui che procede verso il risveglio della perfezione passa attraverso questi tre stati dell’essere: ‘il Corpo Apparizionale’, ‘Il Corpo di Co-‐fruizione’, ‘Il Corpo Essenziale’. Per i Tibetani la trasmigrazione della coscienza si riduce alla trasmissione di un errore, una scelta sbagliata, il mondo ha natura ideale, e’ pensiero di pensieri, l’uomo e’ solo pensiero, pensiero illusorio ed erroneo se non si riconosce come miraggio e non si accorge che ogni cosa e’ un’ombra. E’ come uno spirito che sogna credendo che i sogni siano realta’ e cosi’ si muove di sogno in sogno, finche’ non accettera’ di svegliarsi. Se sai di dormire ti svegli, esci dal sognare; la conoscenza ti libera; il risveglio ti salva. Dopo la morte Fasi del periodo dopo la morte: al momento della morte l’individuo possiede una chiarezza 9 volte maggiore di quella che la sua coscienza ebbe in vita. Cio’ puo’ servirgli per fare il balzo verso la fusione con la coscienza assoluta. Ma puo’ essere che il salto nella luce assoluta non avvenga nel primo momento dopo la morte, e si presenta un succedersi di stati mentali, pieni di visioni ondose, dove ogni immagine e’ precisa e simbolica. Il libro tibetano dei morti descrive in dettaglio tutto cio’ che accade, e le sacre parole del rituale che debbono essere pronunciate, mentre via via il corpo si disintegra e la realta’ esterna si decompone con le sue immagini e le sue visioni colorate. Essendo la coscienza 9 volte piu’ lucida, sentira’ e capira’ perfettamente le parole del Lama. Il periodo dopo la morte viene distinto in 3 fasi: -‐Bardo del momento della morte, sekyes-‐gnas i bar-‐do, 7 giorni di visioni che si manifestano dai primi sintomi della morte fino al cessare delle pulsazioni interne. Nei primi 3 giorni e mezzo del primo Bar-‐do, la coscienza cade nel torpore, perde ogni sensazione e abbandona il respiro, mentre il corpo comincia a disfarsi, qui si ha subito la prima manifestazione della luce e, se il defunto in quel momento desidera per sua misericordia divenire Buddha, tornera’ nel mondo per salvare altre creature, oppure si salvera’. Quando appare la bianca luce abbagliante, la coscienza sperimenta immediatamente la propria reale natura come luce assoluta, puo’ darsi allora che si identifichi immediatamente con questa luce e si liberi, andando verso il suo abbraccio con amore. Ma puo’ darsi che ne abbia paura, l’essere cade per 3 o 4 giorni in uno stato di ignoranza e si forma il ‘Corpo di coscienza’, energia che sara’ il soggetto di successive esperienze, Se in vita avremo sentito parlare della grande luce, se ci saremo preparati ad essa, se qualche volta ne avremo visto il riflesso, sapremo riconoscerla nel momento supremo, vinceremo lo sgomento e ci abbandoneremo fiduciosi al suo tremendo splendore. Chi invece per colpa del suo cattivo Kahrma non ha la consapevolezza e non si abbandona all’assoluto, deve aspettare le altre manifestazioni. Intanto la coscienza abbandona i sensi, diventa piu’ serena, esce dal corpo e lo guarda da fuori, senza tuttavia rendersi conto che la morte e’ avvenuta. E possono aversi due situazioni: -‐o la coscienza si svuota anche delle apparizioni magiche (metodo perfetto) cioe’ abbandona le immagini degli dei, -‐o ne ha bisogno come momenti di evoluzione cosmica, per cui ognuno vedra’ le proprie divinita’ tradizionali, e si passa poi al secondo momento: -‐Bardo della piu’ alta Verita’, chhos-‐nyd i bar-‐do=chos-‐nyd=dharmata, in sanscrito ‘essenza’, periodo che dura 14 giorni. Svaniscono i sensi, il principio cosciente si e’ definitivamente staccato dal corpo, e si manifestano le proiezioni della mente; e’ come se l’asceta assistesse al dramma della creazione dell’universo e del suo assorbimento nella luce (metodo evocativo), e’ tutto un balenare di visioni, di lampi e di luci che rappresentano simbolicamente la vita dell’uomo e il suo destino. Si succedono vari Buddha, immagini simboliche, forme del pensiero, simboli dell’energia, archetipi, supporti alla meditazione. La coscienza comprende che ogni essere e’ un mistico diagramma, fascio di incontro di 5 forze elementari:
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coscienza, acqua, terra, fuoco e vento. Si possono avere fenomeni luminosi a 5 colori, disposti in un mandala a croce, detti i 5 Buddha, che simboleggiano i 5 elementi naturali e si dissolveranno uno a uno. Il mandala rappresenta un modo di riconoscere lo Stato della Coscienza a livello di visione. La coscienza percepisce poi 42 divinita’ pacifiche e 58 deliranti, disposte in un mandala in evoluzione, con tutto lo spettro delle passioni umane, e anch’esse devono consumarsi, in gigantesche visioni di lampi, luci colorate e suoni. Se non si e’ capito che luci, colori e suoni sono solo proiezioni della mente comincia il -‐Bardo del divenire (srid-‐pa i bar-‐do= bardo dell’esistenza), che dura 28 giorni, in cui si ha la visione del cosiddetto ‘Corpo mentale’, stato che si protrae finche’ la coscienza non sara’ imprigionata di nuovo in un corpo fisico, in una nuova esistenza; rinascono allora i sensi e la sensazione di dolore e piacere, si ricorda il corpo che si aveva in vita anche se si e’ immateriali e si puo’ passare attraverso i muri e vedere ogni cosa e persona e si e’ in grado di percepire tutto. A questo corpo mentale i Tibetani offrono incensi e profumi per purificarlo. Qui i colori sono tenui e leggeri, e corrispondono a 6 forme di esistenza possibile, e’ ormai deciso che si dovra’ rinascere e si presentano le 6 regioni o fasce vibrazionali della possibile rinascita. Nelle prime 3 settimane di questo bardo ognuno rivive il proprio Kahrma cioe’ rivede tutte le azioni passate come in un film rapido cosi’ da giudicare in modo lucido le proprie scelte e da essere condotto all’esistenza che gli spetta, negli ultimi 7 giorni cerca la nuova nascita. La ruota delle esistenze La ruota delle esistenze e’ divisa in 6 parti, 6 regioni dello spazio o possibilita’ di esistere, 6 tipi di sogni, detti LOKA: dei, Titani, uomini, animali, spiriti insaziabili e esseri infernali. I LOKA sono ‘mondi’, fasce vibrazionali diverse entro cui e’ possibile incarnarsi, partendo dai Kahrma precedenti. Il loro numero varia notevolmente nelle diverse interpretazioni. Ci sono 3 mondi principali (TRILOKA), cielo, terra e inferi. Ma si parla anche di 7 mondi superiori e 7 inferiori (Patala) e le scuole di filosofia Sankhya e Vedanta parlano di 8 Loka superiori e 8 inferiori. In genere abbiamo: -‐gli esseri infernali posti nella fascia di vibrazione dell’ira furente o dell’ira fredda, vivono in una condizione di fuoco incandescente o di ghiaccio perenne, un luogo atroce da cui non c’e’ fuga. La loro vibrazione si manifesta come una luce grigia opaca. -‐i PRETA o spiriti famelici, mossi dall’avidita’ di possesso, simili a botti dalla pancia gonfia e dal collo sottile, in cui puo’ passare solo cio’ che e’ piu’ piccolo di uno spillo, esseri insaziabili, sempre alla ricerca di cibo, vampiri dell’energia, che dissolvono il cibo appena lo inglobano, o che possono masticarlo ma non inghiottirlo o esso arriva allo stomaco come fuoco; la loro vibrazione si manifesta con una luce giallastra acida, -‐gli ANIMALI, ‘coloro che vanno curvi’, esseri materiali immersi nell’ignoranza, nell’errore, incapaci di evoluzione; la loro vibrazione si manifesta come una luce verdastra, -‐gli UOMINI, pieni di orgoglio e di egoicita’, che cercano affermazione e successo. Hanno una luce azzurro opaca, -‐gli ASURA o dei gelosi, accecati dalla gelosia, come guerrieri in lotta, sempre pronti a litigare e a combattere; la loro vibrazione si manifesta come una luce rosso pallido, -‐gli dei celesti o DEVA, che cercano il piacere e la bellezza, ma sono pieni del loro ego; la loro luce e’ bianco pallido. Il Bardo Todol da’ istruzioni affinche’, se uno proprio deve rinascere, lo faccia come dio o uomo, cioe’ nasca in una fascia superiore della realta’ illusoria. Ma alcuni intendono queste regioni della ruota delle vite come tipi di vita o di personalita’, qualita’ in cui l’energia si organizza in base al Kahrma e allo stesso tempo modi di percezione del mondo, perche’ ogni essere percepisce il mondo per come e’. La sua vibrazione crea la visione del mondo. Una storia dice: “Un giorno, presso un fiume, si incontrarono i rappresentanti delle sei Loka. Ognuno vide una cosa diversa: l’essere infernale vide fuoco e ghiaccio, lo spirito affamato vide sangue, l’animale vide i pesci, l’uomo vide acqua da bere, il dio geloso un campo di battaglia, il dio celeste un paradiso di luce. Ognuno vide secondo cio’ che era e vide il mondo in modo diverso.” Le 6 dimensioni dell’esistenza non sono luoghi concreti e oggettivi, perche’ in realta’ non esiste nulla che la mente, sono luoghi mentali, tipi di sogni, perche’ tutto e’ pensiero e proiezione del pensiero, quindi essi sono qualita’ del pensiero, lunghezze d’onda a cui corrispondono modi della visione che costruiscono
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realta’. Anche l’illuminazione non e’ che una vibrazione mentale e anche il Nirvana, che esiste solo nella mente, e’ uno stato mentale. Il Maestro Padma Sambhava dice: “La nostra mente e’ la base/della trasmigrazione e dell’illuminazione /Oltre la mente/non esistono/ne’ Samshara/ne’ Nirvana” Sia le cose fenomeniche che le visioni interiori, come i pensieri e i sentimenti, sono solo visioni illusorie prodotte dal Kahrma. Non esiste nulla di oggettivo, nulla e’ concreto e reale, gli esseri sono vibrazioni diverse dell’energia che hanno visioni diverse. Anche la trasmigrazione e il Nirvana sono mente, pensiero, vibrazioni del pensiero; fuori dalla mente non esiste nulla salvo la realta’ assoluta. I segni della morte Il Libro tibetano dei morti viene meditato anche in vita, cosi’ che la sua memoria si depositi in fondo alla coscienza e possa essere risvegliata nel momento della morte. La vita e’ una preparazione alla morte e non ha altro scopo che quello di farci morire bene, svincolandoci dai legami con la Maya. Parte del Bar-‐do tibetano riguarda i segni di morte. La morte e’ una porta ma bisogna prepararsi a superarla e non arrivarci inconsapevoli. Occorre che la morte arrivi quando siamo lucidi e coscienti, perche’ e’ dalla nostra scelta che dipende il nostro futuro. I Tibetani hanno scritto molto sui segni premonitori della morte, che stanno tra la diagnostica, la magia, l’astrologia, le tradizioni popolari e l’oniromanzia. La vita e’ l’ombra di un sogno ma l’uomo ama tuttavia questo sogno e non lo lascia facilmente, per cui gli stessi Tibetani cercano poi di rimandare la morte e di prevenirla. Abbiamo tutta una serie di segni divinatori che circolano nel pensiero indiano e tibetano, sia popolare che erudito. Quando il medico vede uno di questi segni sa che la sua opera e’ inutile. Percio’ i presagi compaiono anche nelle piu’ serie opere di medicina. “Se, guardandoti in un lago o in uno specchio, vedi la tua immagine distorta e incompleta, la morte e’ vicina, perche’ l’immagine e’ come il corpo sottile della persona; se ti si storce il naso, se le orecchie diventano piu’ alte o piu’ basse; se vedi l’arcobaleno a mezzanotte; se all’alba senti uno sciacallo ululare; se vedi a sud un lampo nero; se percepisci i colori come un solo turchino, o i sapori come acido… allora la morte e’ vicina.” “La carne sotto le unghie perde colore (e questo significa che la circolazione periferica comincia a non funzionare). Il colore dell’iride si affievolisce. I capelli sulla nuca rimangono sollevati. Scompare il normale ronzio udibile a orecchie coperte. Se ci si pone con le spalle al sole dell’alba e non compare il normale leggero alone di fumo. Se si pone il pugno destro sulla fronte e si guarda verso la luce, la linea del polso si interrompe..” Un test molto diffuso per sapere se uno sta per morire e’ l’esame della figura della vita: in una notte di luna piena si stendono le braccia verso l’alto a gambe aperte dando le spalle alla luna e si fissa per 20 minuti il centro della propria ombra per terra, poi si guarda di nuovo nello spazio dove compare l’immagine dell’ombra, se l’immagine e’ incompleta ci sono nel corpo degli squilibri di energia ed e’ possibile fare una diagnosi, se l’immagine e’ priva di testa la morte e’ vicina. Per quanto la morte sia presentata come una liberazione, anche i Tibetani cercano di esorcizzarla; per es. se l’ammalato ha 70 anni, si liberano 70 pesci presi nelle reti o 70 capre destinate al macello, si scolpisce il mantra della lunga vita su una pietra che si mette nell’acqua viva di un ruscello, o si va al monastero e si chiede che sia suonata la conchiglia rituale o il gong cosi’ che tutti accorrano a pregare. Si pensa che il morente perda un po’ alla volta i 5 elementi fondamentali: -‐quando svanisce l’elemento terra, non sente piu’ il proprio peso e non prende piu’ cibo -‐quando svanisce l’acqua, perde gli umori interni e la circolazione si ferma, -‐quando svanisce il fuoco, bocca e naso sono secchi, e i piedi freddi -‐quando svanisce l’aria, la respirazione e’ difficile e gli occhi si volgono in basso. I segni piu’ difficili da capire sono quelli che compaiono nei sogni, qui le fonti del Bar-‐do sono immense e i libri di medicina straripano di oniromanzia. Esempi: “Se sogni capelli, carbone o cenere di rogo, o sogni di danzare e ridere vestito di rosso o nero, o sogni di andare verso sud montato sopra un orso o su una scimmia, o sogni di salire su un formicaio…… Se al momento della morte si perde calore dalla testa o si muove la mano destra, si rinascera’ come divinita’. Se si perde calore sotto i piedi e si muove il piede sinistro e gli occhi si volgono all’insu’, si nascera’ come demoni infernali. Se si perde calore dalla ascella
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destra e dalla bocca e si borbotta qualcosa, si nasce Asura. Se il calore esce dalla bocca, il colore e’ giallo, e gli occhi vanno indietro, si diventa spirito famelico. Se il calore e’ negli occhi e si pronunciano parole chiare e la mente e’ lucida, si nasce uomini”. Le Dakini Nel Buddhismo tibetano abbiamo una categoria di aiuti spirituali, chiamate Dakini. Sono forze che facilitano la meditazione e risvegliano le forze spirituali addormentate. DAKINI vuol dire ’spazio’, ‘etere’, ovvero ‘movimento nell’etere’, ‘colei che rende possibile il movimento nell’etere’. La Dakini e’ l’energia che ci permette di passare in una dimensione diversa. L’universo e’ dinamismo, movimento, onda, flusso, ma questo movimento si situa su campi energetici diversi. La Dakini e’ la forza che ci fa passare a piani superiori, analogamente al nostro Angelo, che ci fa comunicare con altri livelli di energia, che rappresenta l’energia delle ali, della ascesa ad un piano di conoscenza piu’ alto. Il radicamento alla materia ci rende rigidi, pesanti, prigionieri; la Dakini crea in noi fluidita’, leggerezza, liberta’; ci scioglie dalle catene sensoriali e ci immette in una consapevolezza piu’ aperta e fluida. Nel Cristianesimo intendiamo gli angeli come personalita’, essi hanno un nome e delle caratteristiche precise; la Dakini non e’ propriamente una sostanza unitaria che esiste fuori di noi, ma una forza segreta del nostro io piu’ profondo, il che e’ come dire che esiste in noi; l’Ego la soffoca legandoci alla materia, ma quando diventiamo piu’ leggeri, la Dakini comincia a liberarsi e a rende piu’ mobile, dinamica e aperta la coscienza. Come i nostri Angeli sono situati in una scala di potenza, cosi’ le Dakini hanno vari livelli. La piu’ alta e’ la VAJRA YOGHINI, energia potente che libera le nostre infinite esperienze, rendendole coscienti a un livello molto piu’ alto di quello dell’intelletto, forza salvica ma anche terribile, che, come tutte le rappresentazioni buddhiste, puo’ essere sorridente e colma d’amore come piena d’ira. Si considera che in ogni cosa ci sono due energie contrapposte, il Tao le chiama yin e yang, in Tibet sono yab e yum. L’armonia si ha quando le due energie si sposano, e si ha lo yab-‐yum, le nozze cosmiche tra la grande Madre e il grande padre del mondo, o tra energie femminile e maschile della psiche. La Dakini e’ l’impulso interiore che tende a questa unione e porta dunque alla saggezza profonda. Quando le due energie riescono a fondersi si ha la massima trasformazione della mente. Anche Jung mirera’ a questo processo di unificazione aiutandosi con spiriti-‐guida, personificazioni delle energie della psiche. Una sara’ il saggio Filemone con cui Jung colloquia e riflette, portatore della sua saggezza profonda. Nel Buddhismo tibetano il guru assegna all’allievo una Dakini in base alle sue necessita’ per favorire il suo progresso, essa e’ per lui guardiano e guida e lo aiutera’ con segnali nascosti. La Dakini, come le divinita’, non e’ un’entita’, ma un riflesso della mente in grado di suscitare esperienze interiori, manifestandosi in modi e momenti molto vari. (Anche Jung, come il Buddhismo, tende a contattare queste forme, integrandole nella psiche. Questa integrazione e’ un’esperienza religiosa, che non ha niente a che fare con la fede o l’osservazione di riti o l’adesione a chiese particolari, che anzi queste cose possono bloccare l’anima e renderla sterile. Secondo Jung l’esigenza di armonizzare gli opposti, pacificando l’interiorita’ e arricchendo tutte le proprie energie, e’ molto radicata nell’uomo, ma si realizza solo con un’esperienza personale diretta, che non passa per il logos. L’esperienza religiosa e’ un’esperienza di amore, di fusione e armonia totale. Jung dice: “I teologi si affannano a spiegare la luce ai ciechi” questo e’ tragico. Ognuno puo’ vedere, ma i ciechi sono coloro che non lo sanno. Vedere e’ un atto di esperienza diretta. Le immagini religiose dormono nel cuore di ogni uomo, ma alcuni non sanno ritrovare una connessione con esse e restano alienati dalla loro parte piu’ profonda. Quando si sviluppa la capacita’ di visione interiore, la psiche diventa veicolo (yana) di trasformazione. Dal profondo dell’inconscio dell’umanita’, da tempo immemorabile, grandi energie cosmiche si proiettano in immagini che costituiscono le grandi mitologie; anche l’uomo ateo di oggi continua a produrle, nei sogni, nell’arte, nell’immaginario, nel delirio.. perche’ la funzione mitica e’ indipendente dalla cultura e produce essa la cultura. In questo contatto con l’immagine e il simbolo del sacro, l’uomo puo’ trasformarsi e rinnovarsi. Se’, Buddha, Dakini, Angeli non sono realta’ esterne, ma archetipi, funzioni della nostra energia sottile, che si possono attivare in noi).
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La teoria dei 9 corpi Secondo la tradizione indo-‐tibetana, l’uomo e’ formato da molti corpi, 7 o 9, che stanno l’uno attorno all’altro. Solo il primo e’ abbastanza denso da essere visibile, gli altri sono sempre piu’ rarefatti e formati da particelle che vibrano a frequenze sempre piu’ alte sfuggendo ai nostri sensi. Solo persone particolarmente dotate riescono, in certe circostanze, a vedere i primi corpi sottili. Gli ultimi sono troppo al di fuori delle percezioni ordinarie, ma il fatto che se ne parli prova che e’ esistito qualcuno che in qualche modo e’ riuscito a individuarli. “Una leggenda tibetana dice che c’era un tempo in cui gli dei camminavano tra gli uomini e gli uomini dotati del terzo occhio li vedevano. Ma un giorno essi decisero di uccidere gli dei e allora essi chiusero loro il terzo occhio e divennero invisibili. Oggi, solo ogni tanto nasce qualche uomo che ha il terzo occhio parzialmente aperto“. Nella filosofia occidentale la teoria piu’ vicina a questo puo’ essere quella della ghiandola pineale di Cartesio. Il filosofo francese aveva operato migliaia di autopsie su animali e, non riuscendo a capire come facesse il pensiero, che non e’ materia, a muovere il corpo, che non e’ pensiero, aveva ipotizzato che vi fosse un luogo di incontro tra spirito e corpo e lo aveva individuato nella ghiandola pineale, al centro della fronte, nello stesso luogo dove Rampa situa il terzo occhio, l’occhio fisico che vede i corpi sottili. Anche i biologi dicono che molte specie avevano un tempo tre occhi (certi anfibi per es.) e anche l’uomo era tra queste, il terzo occhio poi si atrofizzo’ restando come un indurimento interno o come un organo (ghiandola) di cui si ignora l’uso. La scienza occidentale si occupa dell’uomo visibile ma l’uomo, come ogni altro organismo, e’ solo un punto in cui il campo dell’energia in atto si organizza. Parlare dell’uomo interamente significa parlare dell’uomo nella sua interezza, visibile e invisibile, denso e sottile, quello che la scienza ha esaminato e quello che le discipline esoteriche hanno intuito. Quando l’energia si organizza per formare la creatura, lo fa secondo piani e livelli, che vanno dalle vibrazioni piu’ sottili a quelle piu’ dense, ma noi non vediamo tutti questi piani o livelli. I nostri organi sensoriali hanno una ristretta fascia di possibilita’, non percepiscono al di qua e al di la’ di quella fascia, ne’ sopra, ne’ sotto. Vedono i 7 colori in cui si flette la bianca luce indifferenziata, ma non vedono i colori che stanno fuori dalla nostra accessibile banda cromatica, non vedono gli ultravioletti, gli ultrarossi… Allo stesso modo ci sono odori sottili che non sentiamo, onde elettromagnetiche che non percepiamo, forme a noi invisibili, suoni inascoltati. E tutte queste cose, forme, visioni, luci, colori, suoni, odori, movimenti e colori sono manifestazioni di vibrazioni piu’ alte e lontane di quello che possiamo contenere. La gamma del percepibile e’ molto piccola ma quella dell’esistente e’ molto grande e richiederebbe sensi piu’ ampi. Solo rari uomini nascono con una maggiore ampiezza percettiva. Se noi siamo come radio sintonizzate su una piccola banda di frequenze, il veggente e’ come una radio che riesce a sintonizzarsi su una banda piu’ ampia. Ha la capacita’ di strutturare l’energia diversamente e dunque la ‘vede’ diversamente. Anche noi, casualmente o a seguito di certe esperienze limite, in casi di sconnessione dal piano materico, possiamo avere, una percezione dilatata, un’espansione di coscienza. In tali situazioni di sensitivita’, uomini di culture e tempi diversi hanno visto ‘l’uomo’ come movimento di energia, cio’ che si chiama AURA. L’aura Una traccia di questa visione non del corpo materiale ma dell’energia che lo produce e’ l’aureola (da aurum, oro, luce dorata). Nella pittura agiografica che raffigura i santi, il capo o le spalle di Gesu’, della Madonna o di altre figure spirituali sono circondati da una chiara luce dorata. Essa corrisponde all’Energia e alla vita. Un fisico puo’ dirci che ogni corpo e’ circondato da un campo elettromagnetico rilevabile mediante appositi strumenti. Ogni oggetto vivente o no e’ formato da atomi, energia vibrante, e’ il centro di un insieme di campi di diversa frequenza organizzati per produrre quell’oggetto. L’energia si organizza in unita’ multipla, strutturandosi secondo livelli vibrazionali, che vanno dal meno denso al piu’ denso. Ognuno di questi livelli di vibrazione ha una sua funzionalita’ e specificita’, e sono uno dentro l’altro, come tanti campi di forza con un centro comune. Il piu’ ampio e rarefatto e’ quello esterno che tutti comprende, quasi invisibile anche ai veggenti, nell’uomo ha la forma di un sacco, alto circa 2 m e 10 e largo 1 m e mezzo, e’ come un pallone ampio in alto e piu’ stretto alla base, e’ l’uovo cosmico. Poi vengono corpi meno rarefatti formati da vibrazioni diverse, piu’ basse e dense.. Essi variano di numero nelle diverse culture, 5 o 7 o 9, tanti quanti i
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veggenti riuscirono a vedere. Il piu’ interno e 1° di questi corpi e’ anche il piu’ denso, e’ il corpo visibile, le sue molecole sono fitte, la sua vibrazione e’ bassa e lenta e i nostri occhi sono in grado di vederlo, e’ quello che chiamiamo ‘corpo fisico’. Uno scienziato potrebbe dire che noi siamo un’unione intenzionale di campi energetici diversi e interferenti, uniti per formare uno stesso insieme informativo. Ogni piano ha la sua capacita’ di informazione ovvero di strutturazione funzionale, il tutto e’ un organismo energetico individuato cioe’ unico anche se ha caratteristiche di una specie. Se abbiamo un tumore, una sezione della nostra aura presentera’ agli occhi del veggente una macchia scura, non e’ il tumore che produce la macchia ma e’ l’energia male organizzata a causa del nostro vivere che provoca il tumore, la causa e’ l’energia. Anche se noi siamo impauriti o non sinceri, puo’ prodursi nella nostra aura una variazione di colore. Una disfunzione a livello di energia apparira’ alla fine come malattia a livello di materia. Per questo il medico tibetano, se e’ un veggente, puo’ leggere la salute dell’energia e da questa trarre previsioni anche su malattie non ancora comparse. I campi contengono onde di informazioni, una cattiva informazione produce una malattia del corpo o dell’anima, per cui il medico puo’ agire direttamente sul piano energetico. L’informazione e’ formazione e non c’e’ alcuna differenza tra pensiero, emozione e carne, ne’ tra causa ed effetto perche’ cio’ che una volta puo’ essere la causa, successivamente puo’ diventare l’effetto. Ci sono flussi di interazione continua tra corpi sottili e corpi visibili. Abbiamo un insieme comunicante che si esprime secondo la modalita’ vibrazionale di ogni livello. Se c’e’ una distorsione nell’energia, questa si evidenziera’ come malattia fisica, depressione, squilibrio mentale, cambiamento d’umore, e potra’ essere vista anche come mutazione di colore o di pulsazione dell’aura, tutto a un tempo o in tempi successivi, o a volte in tempi non lineari o rovesciati. La vita, o energia, il corpo splendente, si organizza ‘prima’ nei livelli piu’ sottili o matrici o forme (eidos direbbe Platone), poi a livelli e forme visibili (sostanze o materia). Prima nasce il programma, poi esso si attua. La forma, in questo caso l’informazione, e’ incomparabilmente superiore alla sostanza materiale. Quando sul ramo di un albero deve nascere una foglia, il veggente vede la forma ideale della foglia, la forma aurica, sottile e preesistente alla foglia, come il progetto che l’architetto fa della casa e’ preesistente alla casa, e il veggente puo’ vederla. Dovremmo accettare l’idea che l’essenza possa esistere senza materia. La materia e’ energia organizzata visibilmente nel tempo e nello spazio, ma l’energia e’ organizzazione senza tempo ne’ spazio. Non e’ detto che la foglia venga a esistere bene secondo il progetto, basta uno spiffero, una corrente d’aria, una mancanza di luce o di acqua, un insetto, una perturbazione per rovinare il progetto ed essa potrebbe accartocciarsi, degenerare, ingiallire, macchiarsi. E ogni foglia sara’ un pochino diversa dall’altra, persino due gemelli monozigoti saranno diversi, perche’ la natura non tollera cloni. Oppure posso venire con le forbici e taglio via una puntina di foglia. Anche in quel caso il veggente vedra’ col suo terzo occhio la foglia tutta intera, e la pianta sentira’ anche la foglia che non c’e’, come l’invalido di guerra a cui hanno tagliato il braccio continuera’ a sentire l’arto fantasma, che dara’ una sensazioni di dolore o prurito, perche’ il braccio fisico non c’e’ piu’, ma il braccio sottile, aurico, quello c’e’ ancora. Noi siamo dunque, prima che apparenze fisiche, organizzazioni di energia a vari livelli. Secondo la tradizione indo-‐tibetana, l’aura e’ un grande uovo luminoso che contiene tutti i corpi dell’uomo, tutte le organizzazioni della sua energia, dalla meno visibile alla piu’ visibile, la totalita’ di 9 corpi, dal piu’ denso al piu’ sottile che, come un uovo, e tutto e’ racchiusa nella pelle aurica, luogo ideale dove si riflettono tutti i nostri eventi, non solo quelli della nostra vita attuale, ma anche quelli delle vite precedenti e future, che, pure, il veggente puo’ intravedere in forma reale, piu’ spesso simbolica. Nell’iconografia cattolica, pittori e narratori indicano l’aura come una luce giallo chiara molto luminosa dietro o sopra il capo dei santi, l’aureola a forma di cerchietto o piattino o fiamma, alone o raggera. Michelangelo raffigura la statua del Mose’ con due cornetti, che dovrebbero essere due fiamme, o raggi di luce. L’arte perpetua la memoria di cio’ che l’uomo vedeva col suo emisfero destro, e ora non vede piu’ con i suoi sensi addomesticati. Luminosita’ e colori dell’aura non sono che vibrazioni molto sottili, lunghezze d’onda della luce al di fuori della nostra soglia sensoriale. Noi non li vediamo che raramente, ma certi animali, gatti e cani, sembra che
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siano in grado di captarli, cosi’ come sentono gli ultrasuoni o avvertono l’arrivo di un sisma o di un temporale. Probabilmente anche l’uomo primitivo aveva queste capacita’ sottili cosi’ come aveva un olfatto e un udito piu’ sviluppato o capacita’ telepatiche di gruppo, poi la civilta’ ha sviluppato l’emisfero ‘scientifico-‐razionale’ inibendo i poteri primitivi, e siamo diventati dei ciechi intelligenti, bene addestrati a organizzare la materia, ma perduti al mondo sottile. Ma ci sono civilta’ che hanno mantenuto le facolta’ antiche altrove perdute. Come puo’ essere rappresentata l’aura? Se si accende una candela, la fiamma comincia in un punto ma prosegue poi in un alone tutto attorno facendosi sempre piu’ indefinita. I colori passano dal rosso, all’arancio, al giallo, verde, all’azzurro. La temperatura piu’ alta (si pensi al cannello della fiamma ossidrica), e’ l’azzurro, non il rosso. La fiamma azzurra indica una temperatura superiore al giallo. Cosi’ nei nostri corpi sottili abbiamo una progressione cromatica dal rosso all’azzurro, con l’aumento delle frequenze. La stessa progressione compare nella rifrazione della luce solare o arcobaleno. Quando un raggio di luce bianca e neutra attraversa un prisma, la luce viene rifratta e si scompone nei colori dell’iride. L’arcobaleno e’ un fenomeno simile, la scomposizione della luce nelle sue componenti cromatiche avviene per il suo passaggio attraverso goccioline d’acqua sospese in aria dopo il temporale, che funzionano come un prisma. Anche qui si passa dal rosso, all’arancio, al giallo, al verde, all’azzurro, all’indaco, al violetto, i 7 colori fondamentali. Rampa dice: “L’aura psichica che circonda il corpo e che ognuno puo’ imparare a vedere, allorche’ vengono a determinarsi certe condizioni, e’ semplicemente il riflesso della forza vitale che arde interiormente.” E’ come se noi fossimo una candela, ma non riusciamo a vedere l’alone che la circonda. E’ un po’ come la corona solare, che diventa visibile durante un’eclisse. Forse un tempo noi vedevamo i raggi che escono dal sole, come vedevamo i raggi che escono dal corpo. I bambini disegnano il sole con una corona di raggi. Quando un adulto insegna a un bambino a disegnare il sole, lo disegna con questa corona, come riportando un’antica memoria. “Il fatto che la gente creda o no non ha realmente importanza. Tu puoi essere incredulo sulla corona solare solo perche’ non l’hai mai vista. Se la vedessi cambieresti idea. Ti basi sulla tua esperienza che e’ molto limitata. Ma la corona solare esiste lo stesso, che tu ci creda o no. Lo stesso vale per l’aura psichica. Una volta aperto il terzo occhio, la puoi vedere.” I veggenti di diversi tempi e luoghi raccontano esperienze simili Questa capacita’ e’ la CHIAROVEGGENZA=conoscenza diretta. Chi ha questo potere puo’ aumentarlo con tecniche particolari. Dice ancora Rampa: “Voi potete pensare che il Tibet sia uno strano paese, in cui non ci sono vetri alle finestre, ne’ specchi, ne’ ruote o telescopi, ma la gente non voleva queste cose. Non volevamo le ruote, esse implicano la velocita’ e la civilta’, ma nella fretta della vita, portata sul piano commerciale, non e’ piu’ possibile dedicare tempo alle cose dello spirito. Il nostro mondo fisico aveva proceduto di un passo tranquillo e per conseguenza le nostre conoscenze esoteriche avevano potuto aumentare ed espandersi. Per 4000 anni abbiamo conosciuto la verita’ della chiaroveggenza, della telepatia e altre branche della metafisica. Un lama puo’ stare nudo sulla neve fredda e scioglierla col calore della volonta’. I poteri metafisici non hanno niente di magico, sono semplicemente il risultato del giusto uso delle leggi naturali“. Per i Tibetani questo tipo di conoscenza non e’ magia ma e’ scienza. … Commento Che qualcuno abbia dimenticato che la lotta della sinistra era contro l’oppressione nel mondo e l’abbia annegata nell’odio per il diverso lo disapprovo profondamente. Io non frequento nessuna chiesa e non aderisco a nessuna fede, ma non mi permetterei mai di aggredire un oppresso perché lui, al contrario di me, vuole la sua chiesa e ha la sua fede. Se facessi questo, entrerei a far parte della schiera degli oppressori. Aggredire qualcuno perché non ci somiglia è quanto fecero i gesuiti nella colonizzazione delle Americhe che portò alla distruzione totale di quelle culture. Ed è quanto fa il governo cinese oggi negando e distruggendo la cultura tibetana. Oltre a ciò è innegabile che mezzo secolo di dominazione cinese è stato rivolto a umiliare, torturare uccidere e disconoscere i tibetani, rifiutando i loro diritti. Pretendere che ciò sia giusto e legittimo, solo perché i tibetani credono profondamente in valori spirituali che noi non condividiamo e che
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facciamo fatica a capire, è pura faziosità, anzi è malvagità assoluta e mi rifiuto di credere che in una sinistra onorevole l’ateismo e il materialismo siano così profondamene radicati da diventare imposizione dittatoriale e dunque disconoscere la storia e deformare gli eventi. Credo nel processo di consapevolezza e di evoluzione e metto in quello anche la liberazione dal giogo delle chiese oppressive ma non avrei rispetto di me stessa se pretendessi di imporre la mia fede o il mio ateismo agli altri con violenza. Sarei accomunata agli oppressori e qualunque messaggio volessi mandare sarebbe squalificato. Il lamaismo non è una filosofia che noi occidentali possiamo capire facilmente, è molto lontana dai nostri paradigmi o dai nostri stili di vita, ma pretendere la distruzione di ciò che non arriviamo a comprendere è da barbari. Viviana 10-‐4-‐2008. IL TIBET -‐ Il LAMAISMO – LA STORIA VIVIANA VIVARELLI Masada 2008 http://www.masadaweb.org