Carissima figliuola in Cristo dolce Ges. Io Catarina, serva e
schiava dei servi di Ges Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue
suo; con desiderio di vedervi fondata in vera pazienza,
considerando me che senza la pazienza non possiamo piacere a
Dio.
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Perch siccome l impazienza piace molto al dimonio e alla
propria sensualit, e non si diletta altro che d'ira quando gli
manca quello che la sensualit vuole; cos per contrario dispiace
molto a Dio. E perch l'ira e impazienza il midollo della superbia,
e per piace molto al dimonio.
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L impazienza perde il frutto della sua fatica, priva l'anima di
Dio; e comincia a gustare l'arra dell'inferno, e gli d poi leterna
dannazione: perch nell'inferno arde la mala perversa volont con
ira, odio e impazienza. Arde e non si consuma, ma sempre rinfresca;
cio che non viene meno in loro: e per dico, non consuma.
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Ha bene consumata a disseccata la Grazia nell'anima loro; ma
non consumato l'essere, come detto : e per dura la pena loro
eternamente. Questo dicono i santi, che i dannati domandano la
morte e non la possono avere, perch l'anima non muore mai. Muore
bene a Grazia per il peccato mortale; ma non muore all'essere. Non
alcun vizio n peccato che in questa vita faccia gustare l'arra
dell'inferno, quanto l'ira e limpazienza.
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Egli sta in odio con Dio; egli ha in dispiacere il prossimo
suo; e non vuole n sa portare n sopportare i difetti del suo
prossimo. E ci che gli detto o fatto, subito avvelena; e si muove
il sentimento allira e allimpazienza, come la foglia al vento. Egli
diventa incomportabile a s medesimo; perch la perversa volont
sempre lo rode; e appetisce quello che non pu avere, si scorda
della volont di Dio e della ragione dell'anima sua.
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E tutto questo procede dall'albero della superbia, il quale ha
tratto fuori il midollo dell'ira e dellimpazienza. E diventa l'uomo
un dimonio incarnato: e molto fa peggio a combattere con questi
dimoni visibili, che con gli invisibili. Bene la deve dunque
fuggire ogni creatura che ha in s ragione.
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Ma attendete, che sono due ragioni d'impazienza. Questa una
impazienza comune, cio, dei comuni uomini del mondo; che loro
addiviene per il disordinato amore che hanno a loro medesimi e alle
cose temporali, le quali amano fuori di Dio; che per averle non si
curano di perdere l'anima loro, e di metterla nelle mani delle
dimonia. Questo senza rimedio se egli non conosce s, che ha offeso
Dio, tagliando questo albero col coltello della vera umilt; la
quale umilt nutre la carit nell'anima.
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La quale un albero d'amore, che il midollo suo la pazienza e
benevolenza del prossimo. Perch, come limpazienza dimostra pi che
l'anima sia privata di Dio, che nessun altro vizio (perch si
giudica subito, perch c' il midollo, egli l'albero della superbia);
cos la pazienza dimostra meglio e pi perfettamente, che Dio sia per
grazia nell'anima, che veruna altra virt. Pazienza, dico, fondata
nell'albero dell'amore: cio, che per amore del suo Creatore
dispregi il mondo, e ami lingiuria, da qualunque lato ella si
viene.
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Diceva che l'ira e limpazienza era in due modi: cio in comune,
e in particolare. Abbiamo detto dei comuni; ora la dico in
particolare, cio di coloro che hanno gi spregiato il mondo, e
vogliono essere servi di Cristo crocifisso a loro modo; cio in
quanto trovano diletto in lui e consolazione. Questo perch la
propria volont spirituale non morta in loro; e per domandano e
chiedono a Dio, che doni le consolazioni e tribolazioni a loro
modo, e non a modo di Dio; e cos diventano impazienti, quand'hanno
il contrario di quello che vuole la propria volont spirituale.
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E questo un ramoscello di superbia, che esce della vera
superbia; siccome l'albero che mette l'arboscello da lato, che pare
separato da lui, e nondimeno la sostanza della quale egli viene, la
trae pure del medesimo albero. Cos la volont propria dell'anima,
che elegge di servire a Dio a suo modo; e mancandogli quel modo,
sostiene pena, e dalla pena viene allimpazienza; ed incomportabile
a s medesimo, e non gli diletta di servire a Dio n al
prossimo.
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Anco, chi venisse a lui per consiglio o per aiuto, non gli
darebbe altro che rimprovero; e non saprebbe comportare il bisogno
suo. Tutto questo procede dalla propria volont sensitiva
spirituale, che esce dell'albero della superbia, il quale tagliato
e non dibarbicato. Tagliato quando gi ha levato il desiderio suo
dal mondo e postolo in Dio; ma ve lo ha posto imperfettamente: e vi
rimasta la radice, e per ha messo il figliuolo da lato: e cos si
manifesta nelle cose spirituali.
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Onde, se gli manca la consolazione di Dio, e rimanga la mente
sterile e asciutta, subito si conturba e contrista in s medesimo: e
sotto colore di virt (perch gli pare essere privato di Dio) diventa
mormoratore, e ponitore di legge a Dio. Ma se egli fosse veramente
umile, con vero odio e conoscimento di s, s si reputerebbe indegno
della visitazione che Dio fa nell'anima, e si reputerebbe degno
della pena che sostiene, quando si vede essere privato per
consolazione, e non per grazia di Dio.
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Pena sostiene allora perch gli conviene lavorare con ferri
suoi; sicch la volont spirituale ne sente pena sotto colore di non
offendere a Dio: ma ella la propria sensualit. E per l'anima umile
che liberamente ha tratta la barba della superbia con affettuoso
amore, ha annegata la volont, cercando sempre l'onore di Dio e
salute dell'anime: non si cura di pene; ma con pi riverenza porta
la mente inquieta, che quieta; avendo rispetto santo, cio che Dio
gliela d e concede per suo bene, acciocch ella si levi dalla
imperfezione, e venga alla perfezione.
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Quella la via da farvela venire; perch, per quella conosce
meglio il difetto suo e la grazia di Dio, la quale trova in s per
la buona volont che Dio le ha data, dispiacendogli il peccato
mortale. Ed anco, per considerazione che ella ha dei difetti e
delle colpe antiche e presenti, ha concepito odio contro s
medesima, e amore alla somma eterna volont di Dio. E per le porta
con riverenza; ed contenta di sostenere dentro e di fuori, in
qualunque modo Dio gliela concede.
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Purch possa adempire in s e vestirsi della dolcezza della
volont di Dio, d'ogni cosa gode; e quanto pi si vede privare di
quella cosa che ama, o consolazione da Dio (come detto ) o dalle
creature, pi si rallegra. Perch spesse volte addiviene che l'anima
ama spiritualmente; e se non trova quella consolazione e
soddisfazione da quelle creature, come vorrebbe; o che le paia che
ami o soddisfi pi ad altri che a lei; ne viene in pena, in tedio di
mente, in mormorazione del prossimo, e in falso giudizio,
giudicando la mente e lintenzione dei servi di Dio; e specialmente
quella di coloro, di cui ha pena.
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Onde diventa impaziente, e pensa quello che non deve pensare, e
con la lingua dice quello che non deve dire. E vuole allora usare,
per queste cotali pene, una stolta umilt, che ha colore di umilt
(ma egli il figliuolo della superbia, che esce dal lato), dicendo
in s medesima: Io non voglio loro fare motto, n impacciarmi pi con
loro. Mi star pianamente; e non voglio dare pena n a loro n a
me.
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E sta in terra con un perverso sdegno. E a questo se ne deve
avvedere, che sdegno; cio nel giudicare che sente nel cuore, e
nella mormorazione della lingua. Non deve fare dunque cos: perch,
per questo modo, non leverebbe per via la barba, n mozzerebbe il
figliuolo da lato, che impedisce che l'anima non giunga alla sua
perfezione, la quale ha cominciata.
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Ma deve con libero cuore, con odio santo di s e con spasimato
desiderio dell'onore di Dio e della salute dell'anime, e con
affetto di virt nell'anima sua, porsi in su la mensa della
santissima Croce a mangiare questo cibo; cercando con pena e con
sudori d'acquistare la virt, e non con proprie consolazioni, n da
Dio n dalle creature, seguitando le vestigia e la dottrina di
Cristo crocifisso; dicendo a s medesima con grande rimprovero: Tu
non devi, anima mia, tu che sei membro, passare per altra via che
il capo tuo. Sconvenevole cosa che sotto il capo spinato stiano i
membri delicati.
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Che se per propria fragilit e inganno del dimonio, i venti dei
molti movimenti del cuore, per il modo detto di sopra o per altra
via, venissero; deve allora salire l'anima sopra la coscienza sua,
e tenersi ragione, e non lasciarlo passare che non sia punito e
castigato, con odio e dispiacimento di s medesima.
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E cos diveller la radice; e col dispiacimento di s caccer il
dispiacimento del prossimo suo, cio dolendosi pi del disordinato
sentimento del cuore e delle cogitazioni, che della pena che
ricevesse dalle creature, o per altra ingiuria o dispiacere che per
loro le fosse fatto.
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Questo quel dolce e santo modo che tengono coloro che son tutti
affocati di Cristo: perch con esso modo hanno divelta la radice
della perversa superbia e il midollo dellimpazienza, il quale di
sopra dicemmo che piaceva molto al dimonio, perch principio e
cagione d'ogni peccato: cos per il contrario, che come ella piace
molto al dimonio, cos dispiace molto a Dio. Gli dispiace la
superbia, e gli piace l'umilt.
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E in tanto gli piacque la virt dell'umilt di Maria, che fu
costretto per la bont sua di donare a lei il Verbo dell'unigenito
suo Figliuolo; ed ella fu quella dolce Madre che lo don a noi.
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Sapete bene, che fino che Maria non mostr col suono della
parola l'umilt e la volont sua, dicendo: Ecce Ancilla Domini; sia
fatto a me secondo la parola tua; il Figliuolo di Dio non incarn in
lei; ma, detta che ella l'ebbe, concep in s quel dolce e immacolato
Agnello, mostrando in questo a noi la prima dolce Verit, quanto
eccellente questa virt piccola, e quanto riceve l'anima che con
umilt offre e dona la volont sua al Creatore.
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Cos, dunque, nel tempo delle fatiche e delle persecuzioni,
ingiurie, strazi e villanie, ricevendole dal prossimo suo, e
battaglie di mente, e privazione di consolazioni spirituali e
temporali, dal Creatore e dalla creatura (dal Creatore per
dolcezza, quando ritrae a s il sentimento della mente;
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che non pare allora che Dio sia nell'anima, tante son le
battaglie e le pene che ha; e dalle creature per conversazione e
ricreazione, parendole pi amare che ella non amata); in tutte
queste cose, dico che l'anima perfetta con la umilt dice: Signore
mio, ecco l'Ancilla tua. Sia fatto in me secondo la tua volont, e
non secondo quello che voglio io sensitivamente.
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E cos getta l'odore della pazienza verso del Creatore e della
creatura e di s medesima. Gusta la pace e la quiete della mente; e
nella guerra ha trovata la pace, perch ha tolto di s la propria
volont fondata nella superbia, ed ha concepito nell'anima sua la
divina Grazia. E porta nel petto della mente sua Cristo crocifisso,
e si diletta nelle piaghe di Cristo crocifisso, e non cerca di
sapere altro che Cristo crocifisso; e il suo letto la Croce di
Cristo crocifisso. Ine annega la sua volont, e diventa umile e
obbediente.
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Perch non obbedienza senza umilt, e non umilt senza carit. E
questo trova nel Verbo; perch con l'obbedienza del Padre, e con
l'umilt corre all'obbrobriosa morte della Croce, conficcandosi e
legandosi col chiodo e col legame della carit, e sostenendo con
tanta pazienza che non udito il grido suo per mormorazione. Perch
non erano sufficienti i chiodi a sostenere Dio-e-Uomo confitto e
chiavellato in Croce, se l'amore non l'avesse tenuto.
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Or questo dico che gusta l'anima: e per non si vuole dilettare
altro che con Cristo crocifisso. Che se gli fosse possibile
acquistare le virt, fuggire l'inferno e avere vita eterna senza
pena, e aver le consolazioni nel mondo spirituali e temporali, non
le vorrebbe: ma piuttosto vuole con pena, sostenendo fino alla
morte, che per altro affetto avere vita eterna, pure che si possa
conformare con Cristo crocifisso e vestirsi degli obbrobri e delle
pene sue. Ella ha trovata la mensa dellimmacolato Agnello.
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Oh gloriosa virt! chi non volesse darsi mille volte alla morte,
e sostenere ogni pena per volerla acquistare? Tu sei regina, che
possiedi tutto quanto il mondo: tu abiti nella vita durabile;
perch, essendo ancora, lanima che di te vestita, mortale, tu la fai
abitare per affetto d'amore con quelli che sono immortali.
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Poi, dunque, che tanto eccellente e piacevole a Dio ed utile a
noi e salute del prossimo, questa virt; levatevi, carissima
figliuola, dal sonno della negligenza e dellignoranza, gettando a
terra la debolezza e la fragilit del cuore, acciocch non senta pena
n impazienza di nessuna cosa che Dio permetta a noi; sicch noi non
cadiamo nellimpazienza comune, n nella particolare, siccome detto
di sopra; ma virilmente con libert di cuore e con perfetta e vera
pazienza servire il nostro dolce Salvatore.
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Facendo altrimenti, nella prima impazienza perderemo la Grazia,
e nella seconda impediremo lo stato perfetto; e non giungereste a
quello che Dio v'ha chiamata. Dio pare che vi chiami alla grande
perfezione. E a questo me ne avveggo, perch egli vi toglie ogni
legame il quale ve la potesse impedire. Perch, secondo che io
intendo, pare che abbia chiamata a s la vostra figliuola, che era
l'ultimo legame di fuori.
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Della quale cosa sono molto contenta, con una santa
compassione, che Dio abbia sciolta voi, e tratta lei di fatica. Ora
voglio dunque, che al tutto voi tagliate la propria volont,
acciocch ella non stia attaccata altro che a Cristo crocifisso. E
per questo modo adempirete la volont sua e il desiderio mio.
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E per vi dissi, non conoscendo altra via perch voi la
adempiste, che io desideravo di vedervi fondata in vera e santa
pazienza: perch senza essa non potremo tornare al nostro dolce
fine. Altro non dico.